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PRESENTAZIONE
Settembre… mese di fine e di inizio! STOP alle vacanze, alla tintarella, alla dolce voglia di
non far niente, alle serate a suon di musica, pizza e gelato, ai falò in riva al mare o alle
avventure in montagne. Avanti tutta verso nuovi impegni, tabelle orarie sempre più
schizzate, nuove ansie, prossimi esami, esaltanti progetti! Siamo appena tornati… o forse
non siamo mai partiti. Eppure ci aspetta un nuovo cammino, nuove scelte e nuovi
incontri. Per qualcuno ci saranno momenti avvincenti ed emozionanti; per altri, tempi di
solitudine e stanchezze, …per tutti: una strada da percorrere fatta di salite e discese, di
bivi da superare, di ponti da attraversare, di scelte da vivere.
Cari amici,
il Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile ha elaborato una proposta per la
programmazione dell’itinerario educativo per gli adolescenti e i giovani, per l’anno
pastorale 2010/2011.
Il progetto parte dal tema che Papa Benedetto ha pensato per la Giornata Mondiale
della Gioventù 2011: RADICATI E FONDATI IN GESU’, SALDI NELLA FEDE;
e dalla riflessione su quanto scrive Pietro: “Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli
uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive
per la costruzione di un edificio spirituale” (1Pt 2, 4-5a).
Si tratta, quindi, di abilitare i giovani a costruire/edificare il proprio progetto di vita, in
modo stabile, su Gesù e sul racconto esperienziale e salvifico del suo Vangelo, per vivere
nel quotidiano i valori del Regno, richiamati e resi visibili, in germe, dalla e nella
comunità ecclesiale.
Come sfondo teniamo presente il III Convegno Ecclesiale della Puglia, che si
svolgerà a San Giovanni Rotondo dal 28 aprile al 1 maggio 2011, dal titolo:
I LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETA’ PUGLIESE.
Fanno da guida le immagini di Chiesa che presenta la Costituzione
DogmaticaLUMEN GENTIUM6-8, così come ce le ha offerte nella sua riflessione p.
GianCarloBregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano, al convegno del Centro
Orientamento Pastorale, tenutosi a Bitonto nel giugno 2009.
Non dimentichiamo, tuttavia, la svolta trans-ecclesiale che pone in essere la Costituzione
PastoraleGAUDIUM ET SPES, con particolare riferimento al capitolo IV.
Ecco l’itinerario:
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SEI STATO NOMINATO: Gregge e Pastore, storia di una chiamata.
WRITE THE FUTURE: l’Olivo, un progetto che prende forma.
LA NOTTE…E’ BIANCA:la Sentinella, uno sguardo vigilante.
NOI CHE SE SIAMO UNITI…: una Casa per tutti.
CONSIGLI PER LA VITA:la Vigna, indicazioni per portare frutti.
SCELTA D’AMORE:la Sposa, alla ricerca dell’Amato.
ANCHE QUESTO E’ UN UOMO: il Corpo di Cristo nei crocifissi della storia.
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I MODULO
SEI STATO NOMINATO:
GREGGE E PASTORE, STORIA DI UNA CHIAMATA.
Orizzonte: il giovane si sente riconosciuto e, perciò, chiamato per nome dentro una
comunità, dove scopre l’importante servizio della guida che precede e indica il cammino.
E in questo percorso impara a conoscere e condividere una Chiesa che è dentro la storia
dell’umanità; una Chiesa che non afferma se stessa e non fugge, ma sta davanti/di
fronte alla vita, accompagna le persone nelle loro gioie, cerca la pecora smarrita, invita
alla conversione, difende la vita soprattutto quando è in emergenza, affronta con coraggio
i lupi predatori della dignità umana.
LA PAROLA
Dal Vangelo secondo Giovanni (10, 1-4.11-15)
In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale
da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle
pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore,
ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore,
cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce.
Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore.
Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il
lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un
mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore
e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do
la mia vita per le pecore.
RILEGGIAMO…
E’ il tempo delle suonerie personalizzate: siamo soliti contraddistinguere il numero di
telefono della persona che amiamo con una musica inconfondibile che, tra le tante, ce la
fa riconoscere subito. Ci sono suoni che ci riportano a delle attenzioni…a cose che
amiamo….che ci fanno battere il cuore. Chi ha avuto la grazia di innamorarsi sa.
La voce di ciascuno ci distingue dagli altri perché ogni persona, come ha un volto che è
unico, così ha una voce che per il suo timbro, la sua sonorità, la sua musicalità è
soltanto sua e di nessun altro. Quanto è bella la voce degli squilli del telefonino delle
persone che amiamo. Non solo. Pensiamo solo un attimo all’uso del telefono:
riconosciamo le persone dalla voce tanto che, quando questo non accade, si rimane
mortificati e ci si sente obbligati a chiedere scusa.
Il Pastore buono di cui parla questa pagina di Giovanni, ha anche Lui una voce
inconfondibile, per cui le pecore sanno distinguerla dalle altre: le pecore la riconoscono e
l’ascoltano volentieri.
Chissà come doveva essere la voce di Gesù. Si sa che le folle ne erano affascinate. E
affascinati possiamo essere anche noi perché la sua voce è misteriosa, discreta,
fascinosa, segreta.
“Una voce! L’amato mio” (Ct 2,8). E’ una voce che ci dà la certezza di una presenza: è
perciò una voce meravigliosa come è meravigliosa la presenza di Cristo. Dietro questa
voce ci si può perdere per tutta la vita. Quella voce ci raggiunge, penetra nel profondo e
suscita come risposta il desiderio di farsi condurre: il pastore apre il cammino; non c’è
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che da seguirlo fidandosi del Suo amore. Dove ci condurrà questo pastore premuroso?
Non sia mai di non ascoltarlo e non seguirlo: rischieremmo l’esperienza dell’assurdo,
appunto, che ci rimanda proprio all’idea dell’essere surdus, del non aver saputo ascoltare
la parola di vita che salva. Sì, perché Lui è il Buon Pastore. Il Pastore Bello e Buono. Noi
possiamo non ascoltarlo, non riconoscere la sua voce suadente ed amata, meno che mai
seguirlo, ma Lui no, non vuole e non può dimenticarsi di noi. A Lui importano le pecore,
tutte, l’una e le novantanove. Importano: cioè sono importanti. Noi di fronte all’unica
pecora smarrita diremmo: che fa! E’ una sola! Lui no: quell’unica pecora lontana da Lui,
fa! Perché semplicemente gli appartiene ed è disposto a dare la vita per lei.
“Conosco le mie pecore”, dice Gesù. Si tratta qui di una conoscenza profonda. La stessa
con cui il Padre e il Figlio vivono la loro reciproca, totale comunione d’amore. Gesù ci
conosce nel profondo, vede in noi la nostra appartenenza al Padre, scopre in noi una
Bellezza interiore nascosta a noi stessi. Lo sguardo del Signore è uno sguardo amante.
Ed è talmente grande questo amore con cui ci guarda che Gesù offre la Sua vita. Si fa
Dono. E invita il Suo gregge a fare altrettanto. Dietro questo Pastore s’impara la lezione.
Dare la vita è l’unico comando, è l’unico modo per farla bella e grande e trovare pienezza.
I TAPPA
“SALVI” CON NOME
Obiettivo
I ragazzi e i giovani vengono aiutati a riconoscere se stessi. Attraverso il sentirsi chiamati
per nome mettono ordine alla propria vita. Vengono aiutati a sentirsi chiamati per nome
all’interno della Comunità
In profondità
La giovinezza è un'età affascinante, fatta di grandi aspirazioni e di drammi nascosti: è
l'età dell'«ancora tutto è possibile». E' l'età segnata dal volersi distaccare dal controllo
direttivo dei propri genitori (che spesso si prolunga anche nei trentenni ancora inseriti
nel nucleo famigliare) dal desiderio di dimostrare che si è capaci da fare le cose da soli, di
essere in gamba e autonomi...
E' l'età dei "vorrei" e dei "mi piacerebbe", della ricerca di quelle cose che quando le fai o se
potessi farle, ti fanno sentire soddisfatto di te stesso... Alle volte è solo desiderio di
evasione o trasgressione, altre volte sono veri e propri "sogni nel cassetto" o "progetti per
il futuro".
In definitiva è un momento che, tra paura e desiderio, uno impegna per prendere in
mano sé stesso e la sua vita. Questo è il punto nodale dell'esperienza intima dell'essere
giovani: per prendere in mano sé stessi bisogna conoscere cosa si è! E' il presupposto
della propria autonomia del proprio diventare adulti: scoprire sé stessi.
L'esempio della caffettiera che vuole fare il frullatore... Pur riempiendosi di pezzettoni di
frutta, mettendosi nel fornello non farà altro che decretare la sua autodistruzione
annullando i sogni di qualsiasi frappe. Se si cerca di diventare ciò che non si è si finisce
per auto distruggersi.
Qual'è il risvolto cristiano che il credente dovrebbe affrontare per scoprire sé stesso?
Si tratta di partire dal dubbio che non siamo frutto del caso, abbandonati agli eventi
che ci circondano, ma siamo creature di Dio e se siamo fatti da Dio e fatti "di" Dio, allora
in quel Dio c'è qualcosa di noi stessi.
San Paolo ha scritto ai cristiani: "Siamo stati chiamati prima della creazionedel mondo
per essere santi e immacolati nell'amore".
Noi siamo ed esistiamo perché siamo stati "pensati" e "amati" da Dio: noi siamo noi stessi
se recuperiamo quel "pensiero", quella "parola" di Dio che ci fa esistere.
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Si dice che Gesù è il "Verbo", la "Parola" del Padre fatta carne. La parola d'Amore
del Padre si è espressa qui sulla terra nella vita e nei gesti d'amore di Gesù.
Così c'è una parola d'Amore che Dio pronuncia dall'eternità e si "ode" qui sulla
terra col nome di "Giulia, di "Marco", di Valentina"... e si esprime nei gesti
d'amore di Giulia, Marco, Valentina...
Adesso ha senso parlare di "vocazione": è ascoltare la Parola d'Amore di Dio e
sentirsi chiamati per nome, è potersi voltare e dire: "si, sono io...". E'
un'espressione personale dell'unico amore del Padre del Cielo. E' la cosa più
intima e più profonda, che fa di me "me stesso", e senza il quale tutto può essere
anche bello ma tragicamente vuoto. E' una chiamata ad essere ciò che mi fa
uomo: amare!
Si può anche non "centrare" la propria vocazione. Cosa fa la differenza? Non è
detto che se non la "centri" fai, per così dire, una vita brutta, però...
•
Significa trovare il motivo profondo di ciò che vivo, ciò che darà senso,
pienezza e realizzazione, fornendo soprattutto gli stimoli per ricominciare di fronte
alle inevitabili avversità e fallimenti della vita.
•
Significa innestarsi in un disegno di grandi dimensioni, di comunione e di
"salvezza", perché significa partecipare al progetto di Dio sulla Chiesa, rendendoci
inconsapevoli (o consapevoli) intermediari dell'amore di Dio per gli uomini.
Questo amore del Padre, che è il nostro essere, la nostra vocazione, si manifesta in
ciascuno in modo proprio e autonomo, personalissimo, così come un tulipano non è una
rosa, e come ogni rosa non è mai identica all'altra, pur crescendo tutti sullo stesso
terreno.
PER I GIOVANISSIMI
Si può partire utilizzando il seguente link
http://www.fedemarkez.com/msn_messenger/msn_crea_nickname.html
(molti giovanissimi forse già lo conoscono perché l’hanno utilizzato) facendo
creare ad ognuno il proprio nickname. Ci sarà la creatività, l’originalità, l’essere
unici nella creazione del nick, perché rispecchierà la propria personalità, il
proprio stato d’animo in quel momento, le proprie emozioni.
Anche dal mondo dello spettacolo ogni tanto abbiamo qualche testimonianza positiva in
merito (leggi Allegato 1: MISS ITALIA niente più numeri: le ragazze chiamate per nome)
L’educatore quindi presenta il brano “Il suo nome è ZAFIRA” (vedi Allegato 2: IL SUO
NOME È ZAFIRA) e successivamente si passa al confronto con i ragazzi partendo dagli
spunti ricevuti e cercando di far venir fuori la loro personale esperienza in merito.
Il passaggio successivo è quello di allargare il cerchio e passare dalla propria persona, dal
conoscere se stesso al riconoscersi in un gruppo della comunità. E’ l’occasione anche
essendo all’inizio dell’anno pastorale parrocchiale per far conoscere ai giovanissimi i vari
gruppi esistenti nella comunità.
PER I GIOVANI
Si può partire utilizzando ilpowerpoint Allegato 3: 50EURO.
Poi si passa ad analizzare il brano Allegato 4: CHIAMATO PER NOME (testimonianza di
mons. Diego Coletti)
Il sentirsi chiamati per nome all’interno della comunità, passa attraverso l’Essere
convocati, che in realtà, corrisponde all’iniziativa di Dio. È lui che ci convoca, che ci
chiama, oggi, come ha chiamato le grandi donne e i grandi uomini del passato. Di loro,
attraverso la Sacra Scrittura o la vita dei Santi, conosciamo la maniera con cui hanno
risposto a Dio, ponendolo “al centro” della propria vita. Pertanto sorge una domanda: e
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noi come rispondiamo alla chiamata di Dio? Come dobbiamo rispondere alla chiamata di
Dio, per essere cristiani veri ed efficaci testimoni in questo “mondo che cambia”? In
questo mondo che ha tanto bisogno di Dio?
La riposta è questa: non basta la consapevolezza dell’ “essere convocati”, ci vuole “la gioia
del sentirsi convocati”!
Ecco qual è la “risposta” che dobbiamo dare al mondo, dopo essere stati chiamati dal
Signore: “la gioia”.
Essere coscienti che chi ci convoca è il Risorto e che Lui non può che produrre gioia al
nostro cuore, gioia al nostro spirito, gioia alla nostra vita.
Come potremmo essere credibili nella nostra fede, in un mondo pieno di problemi, se non
testimoniassimo il Risorto partendo dalla gioia? Se usciamo dalla chiesa, dopo aver
partecipato alla Messa, con le stesse preoccupazioni con cui siamo entrati e con la stessa
tristezza sul volto; se affrontiamo il nostro lavoro con noia e fastidio; se andiamo al
mercato con lo sguardo spento; se rientriamo a casa e, ritrovando i nostri figli, li
accogliamo col volto triste … come potremmo essere credibili?
Se in noi si annida la tristezza, quale Risorto stiamo testimoniando?
Abbiamo forse dimenticato l’esperienza di Maria Maddalena che, dopo aver incontrato il
Risorto, il mattino di Pasqua, corre al Cenacolo per annunziare agli Apostoli la grande
notizia? Secondo voi, com’era in quel momento il suo volto?
Era certamente il volto della gioia! Era certamente il riflesso del Volto del Risorto!
Certamente il suo volto di donna risplendeva del Volto di Cristo … perché erano diventati
un unico volto: “il volto della gioia”!
II TAPPA
SISTEMA TUTOR
Obiettivo
L’obiettivo di questa tappa è di aiutare i giovani a rientrare in se stessi, per riconoscersi e ri-scoprire un Dio che li guida e li precede grazie anche e soprattutto
all’accompagnamento spirituale, quale strumento migliore di sintesi e orientamento per
la propria crescita.
In profondità
Come percepisco la presenza di Dio nella mia vita? Come affronto i problemi e le sfide che
la vita mi propone? Sono disponibile a lasciarmi guidare da Dio? Ogni giorno siamo
bombardati da proposte accattivanti, che a volte ci disorientano e non ci aiutano ad
essere creativi, appassionati, decisi. Il sistema ci propone luoghi sacri, nuovi templi, dove
l’attrattiva e la vanità sono da contemplare e le maschere che ci mettiamo servono per
coprire le nostre vere realtà: l’importante è non farsi scoprire.
Il peccato del popolo d’Israele (Es 32,1-6) è un peccato contro la speranza: non confida
più in Mosé e nella possibilità di completare la liberazione. E’ un rifiuto alla trascendenza
di Dio, è la perdita della propria identità. Israele dovette allora camminare nel deserto,
imparare dalla vita la fedeltà e la riscoperta della propria identità.
E oggi, per noi, cosa vuol dire camminare? Con chi? Perché? Intanto si tratta camminare
nella certezza di essere sia preceduti che seguiti, su strade aperte da alcuni ma anche
costruendo vie nuove che altri debbano poter percorrere. Non è il cammino a essere
difficile, ma è il difficile a essere cammino
La mente dell’uomo pensa molto alla sua vita, ma il Signore dirige i suoi passi (Pr 16,9).
Come allora prestare attenzione al disegno di Dio che si fa strada attraverso gli
avvenimenti? Come imparare a riconoscere la Sua voce? Ci sono nella Chiesa molti aiuti
che ci permettono di comprendere dove il Signore ci sta conducendo (omelie, catechesi,
liturgia...), ma senza dubbio la via privilegiata che ci aiuta a comprendere è
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l’accompagnamento spirituale. Un’attenta e prudente direzione spirituale si pone come
lo strumento migliore per favorire la sintesi delle varie esperienze e orientare la crescita
umana, prima che cristiana, anche nella prospettiva di una ricerca vocazionale.
PER I GIOVANISSIMI
Ogni giorno i messaggi che influenzano i comportamenti dei giovanissimi sono molteplici
ed è quindi importante essere consapevoli dei modelli che vogliono imitare. Ogni persona,
a seconda del ruolo che ricopre, delle esperienze che ha fatto, del rapporto che ha con
loro, esprimerà opinioni diverse riguardo al problema che gli sottopongono.
Partendo da situazioni di vita a loro vicine, i giovanissimi riflettono su come si orientano
e “se e su chi volgono lo sguardo” e, aiutati dalle sollecitazioni e dai testi proposti, riscoprono l’importanza di una sana guida spirituale.
UN AIUTO PER CRESCERE
La lettera di Lucia, una adolescente, può avviare un “gioco di ruolo” all’interno del
gruppo per avviare e stimolare la discussione…
Mi chiamo Lucia e ho 16 anni. Tre mesi fa ho conosciuto un ragazzo che mi piace
molto e ci siamo messi insieme. Io lo amo molto e anche lui dice di amarmi, però ho un
grave problema e vi prego di aiutarmi a risolverlo. Io non ho mai avuto un ragazzo
prima, mentre lui, che ha tre anni più di me, ha già avuto molte ragazze, anche perché
è molto bello e ci sa fare.
Il mio problema è che non so come comportarmi quando sono sola con Roberto, perché
non ho esperienza e lui mi dice che se non mi sveglio un po’ magari mi lascia. Roberto
me la conta sempre sulle altre ragazze e dice che sono inibita e che al giorno d’oggi
non dovrei farmi tanti problemi.
Io ho sempre molti dubbi e non so come fare. Aiutatemi voi che scrivete sempre queste
cose per i ragazzi, ma non ditemi di lasciarlo perché non potrei farlo.
Personaggi per i gruppi:
Educatore dell’Oratorio, diacono o sacerdote
Amica del cuore
Genitore o chi ne fa le veci
 Personaggio carismatico del proprio gruppo
 Psicologo giornalista della rubrica “Cuore & batticuore” della rivista mensile
“Boys &Girls2000”
Per riflettere …
 Perché scegli un interlocutore piuttosto che un altro? Per sentirti dire quello che
vuoi tu?
 Ti è mai capitato di prendere come modello personaggi famosi, attori o protagonisti
di libri o film?
 Pensi che anche la pubblicità, la stampa, la televisione, … possono proporre in
modo indiretto dei modelli da imitare?
 Hai mai preso come modello di vita, almeno in qualche occasione, Gesù e il suo
Vangelo?
 Pensi di riuscire a seguirlo anche quando la società e i media ti propongono
modelli più allettanti?
MI FIDO DI TE
La canzone ed il video “mi fido di te” (rif. Allegato_01 e Allegato_02) presentano diversi
spunti per avviare una riflessione in gruppo sulla considerazione e sull’esigenza
dell’accompagnamento spirituale.
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Nella




stesura del percorso si ci può aiutare anche da alcuni testi proposti per la tappa:
Identikit guida spirituale ((rif. Allegato_03)
Il dialogo spirituale ((rif. Allegato_04)
Il quaderno spirituale (rif. Allegato_05)
Dialogo spirituale - riflessione di don Roberto CARELLI (rif. Allegato_06)
LETTERA CONFESSIONE
La lettera di un ragazzo che si interroga sul senso della Confessione (rif. Allegato_07)),
può avviare una riflessione sul senso di questo Sacramento e sulla necessità di ben
distinguere e, allo stesso tempo, valorizzare il cammino sacramentale rispetto ad una
attenta guida spirituale.
La riflessione di Alessandro BARBAN, monaco camaldolese (rif. Allegato_08)
approfondisce in dettaglio il rapporto tra sacramento riconciliazione e direzione
spirituale.
PER I GIOVANI
I giovani, riflettendo e sperimentando il loro “essere gregge”, cercano le persone e i valori
di riferimento per la loro di vita; quindi si interrogano sul “bisogno di Dio”,
individuandolo come il “Pastore per eccellenza”, il riferimento principale, la guida che
precede e indica la via.
Quando si è in cammino poi, non si è mai soli: c’è qualcuno che precede ma anche
qualcun’altro preceduto. Aiutati da una riflessione sull’accompagnamento spirituale, i
giovani mettono anche a fuoco il loro seguire ed essere seguiti, il loro essere guidati ma
anche guida, … l’essere gregge ma anche pastore.
LA MIA RADIOGRAFIA
“Di Dio non ne sento la necessità: perché cercarlo?”. Una radiografia sintetica può aiutare i
giovani nello “sbriciolamento” dall’idea di fondo della tappa in tanti mini-atteggiamenti da
scoprire (tutti o alcuni di essi – rif. Allegato_09):
 desiderio grande di pregare
 capacità di ascolto di Dio e degli altri
 capacità di profondità e di verità
 capacità di responsabilità e di fiducia
 capacità di disponibilità e di accoglienza
 capacità di fortezza nella padronanza
UN RIFERIMENTO
Partendo da un piccolo gioco/attività su alcuni riferimenti di vita (persone e valori) si può
arrivare al “bisogno” di non fossilizzarsi in un'unica direzione/ruolo/compito: nel bene e
nel male, si riceve sempre ciò che si dà; ciò che ci accade non sono buona o cattiva sorte,
bensì lo specchio delle nostre azioni.
Per le



A)
B)
C)
D)
seguenti richieste…
il totale deve fare 100
sono ammessi anche i numeri con la virgola
…non si bara!!!
Quanto gli altri sono di riferimento per me? ……%
Quanto i valori sono di riferimento per me? ……%
Quanto io sono riferimento per altri? ……%
Quanto sono disposto a “disconoscere”
i miei riferimenti per svolgere i miei impegni? ……%
9
E) Dal seguire i miei riferimenti e valori, resta qualcosa per me? ……%
F) E quanto Dio è un riferimento per me? ……%
Ricomponi ora il tutto su cerchio:
ogni spicchio deve corrispondere alle % indicate
A=
B=
C=
D=
E=
F=
……. %
……. %
……. %
……. %
……. %
……. %
L'eco della vita
Padre e figlio stanno passeggiando nella foresta. A un certo punto, il bambino inciampa e
cade. Il forte dolore lo fa gridare: "Ahhhhh!". Con sua massima sorpresa, ode una voce
tornare dalla montagna: "Ahhhhh!". Pieno di curiosità, grida: "Chi sei?" - ma l'unica
risposta che riceve è: "Chi sei?". Questo lo fa arrabbiare, così grida: "Sei solo un codardo!" e la voce risponde: "Sei solo un codardo!" Perplesso, guarda suo padre e gli chiede cosa
stesse succedendo. E il padre gli risponde: "Sta' a vedere, figliolo!", e poi urla: "Ti voglio
bene!" - e la voce gli risponde: "Ti voglio bene!". Poi urla "Sei fantastico!" - e la voce
risponde: "Sei fantastico!". Il bambino era sorpreso, ma ancora non riusciva a capire cosa
stesse succedendo.
Così suo padre gli spiegò: "La gente lo chiama 'eco', ma in verità si tratta della vita stessa.
La vita ti ridà sempre ciò che tu le dai: è uno specchio delle tue proprie azioni. Vuoi amore?
Dalle amore! Vuoi più gentilezza? Dalle più gentilezza. Vuoi comprensione e rispetto? Offrili
tu stesso. Se desideri che la gente sia paziente e rispettosa nei tuoi confronti, sii tu per
primo paziente e rispettoso. Ricorda, figlio mio: questa legge di natura si applica a ogni
aspetto delle nostre vite".
AFFIDAMENTO
“Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie,
ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel
nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in Lui. Nella lotta contro il
peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la Grazia del Signore vincono!“.
La parole di papa Giovanni Paolo II (Roma, Gmg 2000) possono essere lo spunto per una
riflessione sull’accompagnamento spirituale, introdotta anche dalla canzone Mi Fido di Te
di Jovanotti (rif. Allegato_01) e guidata da un tratto dell’opera “Filotea” di San Francesco
di Sales (rif. Allegato_10).
Possono essere utili anche altri testi sull’accompagnamento spirituale:
 Identikit guida spirituale (rif. Allegato_03)
 Il dialogo spirituale ((rif. Allegato_04)
 Il quaderno spirituale (rif. Allegato_05)
 Dialogo spirituale - riflessione di don Roberto CARELLI (rif. Allegato_06)
 Il direttore Spirituale (rif. Allegato_11)
Sul tema può essere anche organizzato un incontro/testimonianza del proprio parroco (o
di altro sacerdote).
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GIOCHI di CONOSCENZA
LA MASCHERA- Si distribuiscono a tutti i componenti del gruppo delle maschere di
cartone o semplicemente un cartone ovale con elastico, e si mette a disposizione di tutti
delle forbici, pennarelli, carta colorata, graffettatrici... .Con questi materiali ogni ragazzo
costruisce la sua maschera per presentarsi agli altri, cercando di esprimere nella
maschera le proprie caratteristiche, i propri interessi, oppure il suo modo di presentarsi
agli altri in una particolare circostanza della vita (vacanze, scuola, casa, amici...). Poi
insieme o a coppie si cerca di decifrare ciò che ha voluto rappresentare nella maschera, il
compagno commenta, specifica, rettifica... fa capire al gruppo ciò che voleva esprimere
attraverso quella maschera. Questo gioco, adattato, può essere anche usato per riflettere
sulle maschere che indossiamo e che ci separano dagli altri, non ci fanno essere veri.
GLI SPOT - Si colloca un faretto o una lampada a circa un metro da un muro e si invita i
membri del gruppo a passare tra il muro e la lampada ad uno ad uno. Intanto un altro
componente o l’animatore con un pennarello o una matita tratteggiano su un foglio
appeso al muro il profilo del soggetto. Così per tutti i membri del gruppo. Poi ogni
proprietario del profilo ritaglia il proprio e scrive su di esso il nome. Si può aggiungere
anche l’indirizzo, l’hobby preferito, il soprannome... . Si mette poi in comune il frutto del
lavoro. Questo gioco permette di conoscersi e di ornare la sala dove si fa abitualmente
riunione.
LA VALIGIA DEI CAPPELLI - Ci si pone in cerchio e si pone al centro una cesta o
scatola o valigia piena di cappelli e altri indumenti particolari come scialli, veli,
fazzoletti... . A turno ogni membro del gruppo va al centro della sala e prende un
indumento che gli sembra rappresentare la sua personalità al meglio e si presenta così
agli altri magari spiegando le ragioni della scelta.
TECNICHE di ANIMAZIONE
Per suscitare la partecipazione riguardo a un tema…
RAGGIO - Consiste nel partire da una persona ben precisa del gruppo che è disposto in
cerchio invitandola ad esporre il suo parere, riflessione, riguardo a un tema preciso; si
prosegue poi in senso orario od antiorario. Tutte le persone vengono obbligate a parlare.
E’ una tecnica da usare in gruppi che sono ben integrati, in cui non ci sono problemi a
parlare, o se ci sono non creano tensioni nel gruppo.
CUSCINETTO A SFERE - Il gruppo è disposto in due cerchi concentrici in modo che ogni
persona del cerchio interno possa guardare in faccia una del cerchio esterno. Lo scambio
tra i due viene guidato da un animatore che suggerisce una domanda a tutto il gruppo.
Dopo un certo tempo di scambio quelli del cerchio esterno girano di una sedia in senso
orario in modo che si formino altre coppie di scambio a cui l’animatore propone un’altra
domanda. E’ una tecnica adatta soprattutto per temi di cui si può far fatica a parlare
tutti insieme.
BRAINSTORMING - Lo scopo di questa tecnica è di raccogliere idee su un certo tema, sia
in fase di presentazione, sia in una fase sucessiva di riflessione. Si cerca di visualizzare
su un cartellone appeso ad una parete le idee principali che sorgono riguardo
all’argomento in questione.
TIRARSI LA PALLA - In questo caso la partecipazione dei componenti di un gruppo a
dire la loro sull’argomento che si stà trattando è suscitata da una palla che i componenti
del gruppo si tirano. Chi riceve la palla deve esprimere il suo pensiero e dopo passarla ad
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un altro membro che ripeterà la medesima operazione. Questo fino ad esaurimento dei
componenti.
SCRIVERE LETTERE - Ogni componente del gruppo è invitato a scrivere una lettere
indirizzandola ad un amico su una certa tematica esprimendo il suo pensiero, le
motivazioni, le sue esperienze a riguardo... . E’ possibile fare una condivisione successiva
delle lettere sia leggendole in cerchio, sia scambiandosele dopo averle raccolte tutte e
mischiate.
PROCESSO - Si comincia a dividere il gruppo in due parti: una che sosterrà la difesa,
l’altra l’accusa. Si pone anche qualcuno come giudice, verbalista. L’accusa comincerà ad
esporre le prove che ha contro una certa prospettiva di analisi del tema. La difesa
cercherà di controbattere demolendo le tesi o esponendo il reale punto di vista. Alla fine il
giudice che fino a quel momento ha finto da mediatore può emettere un verdetto.
TOVAGLIA ROTANTE - Si divide il gruppo in sottogruppi di otto persone. Si pone sul
tavolo un grande foglio di carta bianca su cui ognuno è invitato a scrivere una domanda
sull’argomento che viene trattato. Poi si gira il foglio di carta e ogni componente deve
cercare di rispondere alla domanda posta dal proprio compagno. Se si vuole si può girare
ancora e il sucessivo dovrà completare o dare un’altra risposta. Si può utilizzare questo
metodo anche invitando a scrivere una lettera ad un amico su un certo tema, dopo un
po’ di tempo si gira il foglio e il vicino deve cercare di continuare la lettera. Alla fine si
può leggere ciò che è venuto fuori.
RILANCIO DELLA DOMANDA - Dopo aver esposto un tema, attraverso un innesco di
vario tipo (vedi “tecniche per presentare un argomento”) l’animatore del gruppo pone una
domanda di riflessione a un componente preciso del gruppo, il quale la rimanda (la
stessa od una diversa) ad un altro componente a sua scelta.
BIGLIETTI MISCHIATI - Questa tecnica può essere impostata in vari modi. Un primo
modo può essere quello di invitare a scrivere personalmente, su un biglietto un dubbio,
una riflessione... riguardo a un certo tema proposto dall’animatore. Dopodiché si
raccolgono tutti i biglietti e si mettono in un contenitore (per esempio un cestino) e si
ridistribuiscono casualmente. Ognuno è poi invitato a leggere il contenuto del biglietto
(anonimo), oppure a rispondere alla domanda in esso contenuto. Un secondo modo può
essere il seguente: l’animatore prende alcune cartoline o foglietti bianchi e ne consegna
uno a ciascun componente del gruppo invitandolo a scrivere una domanda su una
tematica presentata o da presentare. Poi li raccoglie tutti, li mischia come un mazzo di
carte e le pone su un tavolino al centro del cerchio. Divide il gruppo in piccoli sottogruppi
di 5-8 persone e li invita a tirare un dado. Ogni gruppetto a turno tira il dado, conta il
numero delle cartoline corrispondenti, gira l’ultima e risponde alla domanda contenuta.
Per presentare un argomento…
CANZONI - Si tratta di scegliere una canzone che presenta una riflessione sul tema che
si vuole trattare e di farla ascoltare ai giovani con cui si lavora proponendo loro una pista
di riflessione su quella canzone fatta da interrogativi, provocazioni... . Si sconsigliano
canzoni straniere con testo a fronte oppure canzoni risalenti a decenni precedenti. Se si
usano canzoni in voga in quel periodo si ha il vantaggio di aiutare a riflettere su qualcosa
che sentono più loro e inoltre di dare loro un modo più critico di ascoltare la musica.
LETTERE/TESTIMONIANZE/VIDEO - Anche in questo caso si cerca del materiale già
pronto di riflessione e lo si presenta con una pista di riflessione, sollecitando poi un
dialogo sul tema. Più il materiale è provocatorio più può aiutare a riflettere,
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eventualmente integrare con una spiegazione per far capire dove si vuole andare a
parare. Invitare magari a sottolineare ciò che ha più colpito.
ACROSTICO - Si sceglie una o più parole chiave della tematica che si vuole trattare e si
invita a scriverla verticalmente su un foglio di carta. In corrispondenza ad ogni lettera si
invita a scrivere una parola in orizzontale che richiami la parola chiave o la espliciti o... .
Le parole che si scrivono possono essere anche non necessariamente sulla prima lettera.
Questo gioco può essere fatto a vari livelli anche profondi. Una possibile applicazione può
essere: scrivere verticalmente il proprio nome e orizzontalmente alcuni propri pregi o
difetti. Oppure: scrivere vertivalmente la parola amicizia e orizzontalmente cosa può voler
dire per me amicizia o il nome di alcuni dei miei più cari amici. Questa tecnica può
essere utilizzata anche come stimolo alla riflessione sucessivo.
IL PUZZLE - Si divide il gruppo in alcuni sottogruppi di 4-5 persone (o anche meno) e si
consegna loro una foto, evidentemente inerente all’argomento che si vuole trattare,
tagliata e messa in una busta invitandoli a ricostruirla. In antecedenza è stato disegnato
su un cartellone un grande fiore con un numero di petali pari al numero dei gruppetti.
Ogni gruppo, ultimata la ricostruzione del puzzle lo inserisce nel petalo del fiore
presentando ciò che vi è rappresentato e il possibile riferimento al tema del’incontro.
INCHIESTA - Utilizzando un registratore o alcuni block-notes, si invita i membri del
gruppo (magari divisi a gruppetti) ad andare a intervistare alcune persone su un
determinato tema, magari facendo riferimento a delle domande preparate prima insieme,
allo scopo di mettere poi in comune le risposte avute ed intavolare una discussione su un
certo argomento.
FAR SPIEGARE UNA PARTE - Si prende un libretto o degli articoli di giornali che
parlano di un certo argomento e si invita ogni singolo membro del gruppo a presentare ai
compagni il contenuto dello scritto. L’animatore può nel frattempo può riportare su un
cartellone i punti salienti di ciò che viene esposto. Gli altri membri del gruppo possono
intervenire per chiedere chiarimenti al compagno su ciò che ha detto.
LABORATORIO DI DIAPOSITIVE - In conclusione della discussione su un certo
argomento (o anche all’inizio), si invita i membri di un gruppo, divisi in piccoli
sottogruppi a sviluppare una propria riflessione scegliendo delle diapositive adatte tra
quelle messe a disposizione, oppure fabbricandosele con dei lucidi e pennarelli, con un
testo adatto, una colonna sonora... . Dopo un certo tempo ci si ritrova insieme e ogni
gruppo presenta il proprio elaborato.
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III TAPPA
FUORI TUTTI!
Obiettivo
Il gruppo facendosi “condurre fuori”da Gesù buon Pastore diventa “mediazione” di una
chiesa che sa accogliere e ascoltare gioie paure speranze, domande, talvolta inespresse,
della gente e soprattutto dei giovani
In profondità
Il buon pastore ripete per due volte (vv. 3-4) che conduce le pecore "fuori" dal recinto.
Strano... Istintivamente verrebbe da pensare che il pastore voglia soprattutto chiudere al
sicuro le sue pecore dentro un recinto ben protetto “a prova” di smarrimento!! Invece no.
Gesù ci conduce "fuori".
….dai nostri egoismi e dalle nostre presunzioni. Fuori dalle ristrettezze di una fede fatta
di gestualità vuote o di pratiche pseudo-religiose. Gesù ci conduce "fuori" e si mette
davanti a noi. Questo ci fa capire che l'esperienza cristiana autentica non si fonda su un
adempimento di precetti, ma su un cammino serio libero e gioioso.
Allora vivere da pecore (non da pecoroni!) significa prendere sul serio le parole di Gesù,
riferirsi a lui nelle scelte quotidiane, amare e amarci come lui ci ha chiesto, vivere da
risorti, da salvati. Non si tratta di salvare il mondo, si tratta di creare delle zone franche,
degli spazi di verità nelle nostre città isteriche in cui ognuno sia sé stesso nel
riconoscimento dell’altro.
PER I GIOVANISSIMI
È tempo di preparare i ragazzi ad andare… a giocarsi nel loro mondo con la loro giovane
fede, con la loro identità di giovani cristiani. Il gruppo è chiamato a riflettere sul valore
della testimonianza cristiana nel quotidiano, nella scuola.
Proviamo a trovare però un altro punto d’entrata: partiamo da quello che gli adolescenti
vivono a scuola, sperimentano, dalle loro domande, dai loro interessi per “portarli verso”,
per “farli arrivare a” guardare le cose da un punto di vista diverso e a viverle in un modo
nuovo.
Sarebbe bello in questa attività coinvolgere i rappresentanti del MSAC (movimento
studenti di Azione Cattolica), unico movimento cattolico presente nella scuola.
L’obiettivo dell’incontro deve essere innanzitutto di conoscenza della realtà del MSAC
(vedi all.2 e 3) e delle sue dinamiche per poter successivamente far nascere il movimento
all’interno di qualche istituto di scuola superiore frequentato dai ragazzi del gruppo. Per
poter contattare i rappresentanti del MSAC potete contattare il Centro diocesano di ACI.
PER I GIOVANI
Il gruppo è condotto fuori dal proprio recinto per incontrare la gente del proprio territorio
recandosi soprattutto nei luoghi d’incontro dei giovani (se il gruppo è numeroso si
possono formare dei gruppetti, altrimenti si possono individuare altre parrocchie o
gruppi con i quali collaborare).
È bene dividere l’attività in due parti:
1. Preparazione dell’attività:
 cercare il materiale necessario (articoli, musiche, filmati, statistiche, libri)
 contattare l’esperto o il testimone
 individuare il luogo
 chiedere i permessi
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 organizzare la pubblicità
 formulare degli inviti specifici
 prevedere l’accoglienza
2. Realizzazione dell’attività… bella, essenziale, coinvolgente
Alcuni suggerimenti sui luoghi e sulle attività da poter realizzare
Luoghi:
• Piazza, corso, pub, bar, centro commerciale, giardini pubblici, discoteca
Attività:
• Incontro con un esperto al quale si chiede di presentare una riflessione su “giovani
e territorio”. Questo incontro può tenersi in un pub o bar, presso uno stand
realizzato in piazza o al corso o ai giardini pubblici
• Incontro - lezione dal tema “conducenti e codice della strada”. Si possono invitare
all’incontro agenti di pubblica sicurezza (carabinieri, polizia stradale, vigili urbani)
e familiari di vittime della strada. Questo incontro può realizzarsi allestendo uno
stand al centro commerciale o nella piazza del paese oppure in discoteca in un
pub o al bar
• Animazione per i giovani (e non solo) in piazza o ai giardini pubblici con giochi
bans e attività che parlino del proprio “territorio”.
• Mostra sui testimoni del nostro tempo che si sono fatti “condurre” da una grande
passione per l’uomo (alcuni esempi sono presenti nella presentazione in
PowerPoint all. 1). Per realizzare l’attività si possono utilizzare forme di poesia,
canta – storie o musica dal vivo
• passeggiata culturale alla riscoperta delle origini storico - religiose del quartiere o
del paese
IV TAPPA
MERCENARIO O PASTORE?
Obiettivo
Aiutare il giovane/giovanissimo a riscoprire il volto di una Chiesa che, in cammino sulle
strade della storia, sta dalla parte dell’umano e promuove la vita.
In profondità
“Il buon pastore dà la propria vita per le pecore” di mons. Vincenzo Paglia.
Gesù, in piena polemica con la classe dirigente d’Israele, si presenta come il "buon
pastore", ossia come colui che raccoglie e guida le pecore sino ad offrire la sua stessa vita
per la loro salvezza. E aggiunge: "Chi non offre la vita per le pecore non è pastore bensì
mercenario". In effetti, l’opposizione tra il pastore e il mercenario nasce proprio da questa
motivazione: il pastore svolge la sua opera per amore, rinunciando al proprio interesse
anche a costo della vita, mentre il mercenario agisce per interesse personale e per
denaro, ed è quindi logico che nel momento del pericolo abbandoni le pecore al loro
destino. L’evangelista, per indicare il pericolo, usa l’immagine del lupo che "rapisce e
disperde" le pecore. È una sferzata durissima ai farisei, accusati di "pascere se stessi... e
non il gregge" (Ez 34,2), mentre egli è venuto per "raccogliere in unità i figli dispersi" (Gv
11,52).
A guardare bene, l’opera del lupo è congeniale all’atteggiamento del mercenario.
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Ad ambedue, infatti, interessa solo il proprio tornaconto, la propria soddisfazione, il
proprio guadagno e non quello delle pecore; si realizza così una alleanza di fatto tra
l’interesse per sé e il disinteresse per gli altri. Ne viene fuori una sorta di diabolica
congiura degli indifferenti e degli egoisti contro i più deboli e gli indifesi. Se pensiamo
all’enorme numero di persone che hanno smarrito il senso della vita e vagano senza mèta
alcuna, se guardiamo i milioni di profughi che abbandonano le loro terre e i loro affetti in
cerca di una vita migliore senza che nessuno se ne preoccupi, se osserviamo lo
sbandamento dei giovani in cerca della felicità senza che ci sia chi gliela indichi,
dobbiamo purtroppo constatare la triste e crudele alleanza tra i lupi e i mercenari, tra gli
indifferenti e coloro che cercano solo di trarre vantaggi personali da tali sbandamenti.
Scrive il profeta Ezechiele: "Le pecore del Signore si erano disperse su tutta la faccia della
terra e nessuno andava in cerca di loro e se ne curava" (Ez 34,6). Viene il Signore Gesù e
con autorità grande afferma: "Io sono il buon pastore, e offro la vita per le mie pecore".
Non solo lo ha detto. Lo ha anche mostrato con i fatti, particolarmente nei giorni della
Settimana Santa, quando ha amato i suoi fino alla fine, sino all’effusione del sangue. Sì,
finalmente è arrivato in mezzo agli uomini chi spezza la triste e amara alleanza tra il lupo
e il mercenario, tra l’interesse per sé e il disinteresse per gli altri. Chi ha bisogno di
conforto e di aiuto ora sa dove rivolgersi, sa dove bussare, sa dove muovere i suoi occhi e
il suo cuore. Gesù stesso lo aveva detto: "Quando sarò elevato da terra, attrarrò tutti a
me" (Gv 12,32). Tutto il Vangelo, in fondo, non parla d’altro che di questo legame tra folle
disperate, abbandonate, sfinite, senza pastore e Gesù che si commuove per loro. "Chi di
voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove e va dietro a quella
perduta, finché non la ritrova?" (Lc 15,4), dice il Signore. Si attribuisce a san Carlo
Borromeo la frase: "Per salvare un’anima, anche una sola, andrei sino all’inferno".
Questo è l’animo del pastore: andare sino all’inferno, ossia sino al limite più basso per
salvare una persona. (……). Neppure da morto, potremmo dire, Gesù si è fermato a
pensare a se stesso; come buon pastore è andato a cercare chi era perduto, chi era ed è
dimenticato, chi era ed è negli inferni di questo mondo che il male e gli uomini hanno
creato.
Il Vangelo sembra dire che o si è pastori in questo modo o altrimenti non si può che
essere mercenari. È vero, solo Gesù è "buon pastore": o si somiglia a lui o si tradisce la
sua stessa missione. Sappiamo bene di essere inadeguati, ed è il suo Spirito effuso nei
nostri cuori che ci trasforma perché possiamo avere "in noi gli stessi sentimenti che
furono in Cristo Gesù" (Fil 2,5). La odierna pagina evangelica - come questa domenica
suggerisce - si applica anzitutto a coloro che hanno responsabilità "pastorali" nella
Chiesa, in particolare ai vescovi e ai sacerdoti. Ed è opportuno, anzi doveroso pregare, e
non solo oggi, perché i "pastori" somiglino sempre più a Gesù vero ed unico "buon
pastore". Ed è anche urgente intensificare la nostra preghiera perché il Signore doni alla
sua Chiesa giovani che ascoltino l’invito ad essere "pastori" secondo il suo cuore, secondo
la sua stessa passione d’amore. Ogni comunità cristiana è chiamata tuttavia a guardare
l’abbondanza della "messe" e la scarsità degli "operai". Potremmo dire che c’è una
responsabilità "pastorale" che appartiene a tutti i credenti, non solo ai sacerdoti. Ogni
discepolo, infatti, è nello stesso tempo membro del gregge del Signore ma, a suo modo,
anche "pastore", ossia responsabile dei fratelli, delle sorelle e del prossimo. In tante altre
pagine della Scrittura emerge questa responsabilità "pastorale" di ogni credente. A partire
dalle origini dell’umanità quando Dio chiese conto a Caino di suo fratello. E non fu certo
esemplare la risposta di Caino: "Sono forse io custode di mio fratello?". Sì, Caino era il
custode (in questo senso si può dire che ne era il "pastore") di Abele. E ogni credente deve
esserlo per il suo prossimo. La preghiera perché nella comunità cristiana ci siano coloro
che ascoltino la chiamata del Signore a servire la Chiesa nel ministero ordinato è parte
della spiritualità di ogni credente e di ogni comunità cristiana. Ma è da un terreno pieno
di "pastoralità", ossia di credenti che sanno preoccuparsi degli altri, che possono nascere
"pastori" per l’oggi. Una comunità appassionata genera pastori. Il buon pastore, infatti,
non è un eroe; è uno che ama; e l’amore porta là dove neppure sogneremmo di arrivare.
L’amore inserisce nelle preoccupazioni stesse del Signore: "Ho altre pecore che non
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appartengono a quest’ovile: anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e si
farà un solo gregge e un solo pastore". L’amore di Dio intenerisce il cuore: ci fa
commuovere su coloro che vagano nelle nostre città in cerca di un approdo, su quelli che
non sanno ove trovare conforto, sui milioni di disperati che coprono la faccia della terra,
su quell’uomo o quella donna vicina o lontana che aspetta consolazione e non la trova.
Scrive Matteo: "Gesù vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e
sfinite, come pecore senza pastore". E aggiunge subito l’evangelista: "Allora disse ai suoi
discepoli: pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe" (Mt
9,36-37). Tutta la comunità cristiana è unita al Signore Gesù che si commuove ancora
sulle folle di questo mondo. E con lui prega perché non manchino gli operai per la vigna
del Signore. Ma nello stesso tempo, ogni credente, davanti a Dio e davanti "ai campi che
già biondeggiano per la mietitura" (Gv 4,35) deve dire con il profeta: "Ecco, Signore,
manda me!" (Is 6,8).
PER I GIOVANISSIMI
I parte
I giovanissimi riflettono sull’esperienza di Chiesa propria e del gruppo, confrontandola
con l’immagine che di essa percepiscono attraverso i media e le relazioni
interpersonali.Per favorire l’analisi si predispone un cartellone, diviso in due parti:
“Chiesa SI” (per gli aspetti positivi), “Chiesa NO” (per i nodi problematici).
II parte
A partire dal brano del Vangelo i giovanissimi realizzano un’intervista doppia tra
“mercenario e pastore”.
Gli educatori, che avranno preparato in precedenza le domande, dividono i ragazzi in due
gruppi: il gruppo del mercenario e il gruppo del pastore. Ricevute le domande, i due
gruppi avranno 15 minuti di tempo per concordare le risposte; sceglieranno poi un
portavoce che in assemblea risponderà a nome del gruppo all’intervista.
Conclusa l’intervista doppia, l’educatore, a partire da uno tra i testi di don Tonino Bello e
di don Angelo Casati tratteggerà il volto di una Chiesa serva dell’umanità, che difende la
sua gente, che si espone, che si schiera dalla parte dei più piccoli e va in cerca dei
lontani.
PER I GIOVANI
I parte
I giovani riflettono sull’esperienza di Chiesa propria e del gruppo, confrontandola con
l’immagine che di essa percepiscono attraverso i media e le relazioni interpersonali.
II parte
A partire dai testi di don Tonino Bello e di don Angelo Casati (vedi allegato 1 e 2)
ricompongono i tratti del volto di una Chiesa serva dell’umanità, che difende la sua
gente, che si espone, che si schiera dalla parte dei più piccoli e va in cerca dei lontani.
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CELEBRAZIONE
Salmo 22
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
SEGNO
Ciascun ragazzo viene segnato con l’olio
PREGHIERA
Signore Gesù, Buon Pastore,
venuto a guidarci ai pascoli della vita,
fa’ che ci sia dato di intravedere,
anche solo per un istante,
il fulgore della tua bellezza,
perché da essa rapiti ti seguiamo con ardore
senza che più nulla o nessuno ci lusinghi o ci seduca.
Il nostro cuore, infatti, è stanco e deluso
dalle brutture prodotte dai nostri egoismi
e cerca un sentiero di speranza.
Donaci occhi per riconoscerti nell’innocenza dei piccoli,
per ammirarti nella generosità dei giovani,
per esserti vicino nella solitudine degli anziani.
Ogni nostro fratello sia per noi pura trasparenza del tuo volto
finché, dopo averti amato e servito in ognuno di loro,
gustiamo la gioia di contemplarti in eterno
nella luce senza tramonto dei pascoli eterni.
Amen.
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II MODULO
WRITE THE FUTURE:
L’OLIVO, UN PROGETTO CHE PRENDE FORMA
Orizzonte: il giovane è consapevole che si costruisce il presente solo dentro una
prospettiva di futuro, sognato e desiderato. Egli scopre la necessità di dare forma al
sogno intuito, attraverso il progetto della storia personale, attraverso la scelta di una
propria regola di vita. Va, quindi, alla scoperta delle radici, della linfa, degli innesti, dei
valori che lo possono far crescere. Viene aiutato a leggere in modo significativo anche le
esperienze di potatura, come occasione di trasformazione in vista della maturità umana.
La vita è un progetto, un lungo percorso intrapreso da ogni giovane/issimo che lo porti a
realizzare il suo sogno. Il tempo, però, può allontanare o avvicinare dal suo progetto
iniziale, secondo il proprio vissuto. Occorre, quindi, accompagnare il giovane/issimo nel
suo progetto di vita, rendendolo artefice della “trasformazione”, in vista della maturità
umana. Ogni giovane/issimo intreccia in sé storie ed esperienze, attraverso cui scopre
che la costruzione del presente può avvenire solo con uno slancio verso il futuro: “il
sogno”. Il sogno è il progetto che prende forma. Quale tipo di forma? Un sogno intuito,
tramite la storia personale e la scelta di una regola di vita. Per il giovane/issimo sognare
è d’obbligo. Trascorre il presente per innaffiare e far germogliare il suo futuro, ma giunge
in una fase in cui smarrisce la propria identità, perdendo di vista anche il sogno. Non
diviene più consapevole dei frutti racchiusi in lui, capaci di alimentare il sogno
desiderato. Il giovane/issimo fa parte di una storia, di un passato che spesso dimentica e
va quindi condotto nella rilettura della sua vita, passando attraverso la scoperta delle sue
radici, della linfa, degli innesti, dei valori che possono far crescere e continuare ad essere
libero di sognare. E va aiutato a leggere in modo significativo e positivo le esperienze di
potatura come occasione di trasformazione e rinvigorimento di sé.
LA PAROLA
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (11, 16-24)
Se le primizie sono sante, lo sarà anche l'impasto; se è santa la radice, lo saranno anche
i rami. Se però alcuni rami sono stati tagliati e tu, che sei un olivo selvatico, sei stato
innestato fra loro, diventando così partecipe della radice e della linfa dell'olivo, non
vantarti contro i rami! Se ti vanti, ricordati che non sei tu che porti la radice, ma è la
radice che porta te.
Dirai certamente: i rami sono stati tagliati perché io vi fossi innestato! Bene; essi però
sono stati tagliati per mancanza di fede, mentre tu rimani innestato grazie alla fede. Tu
non insuperbirti, ma abbi timore! Se infatti Dio non ha risparmiato quelli che erano rami
naturali, tanto meno risparmierà te!
Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti;
verso di te invece la bontà di Dio, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà.
Altrimenti anche tu verrai tagliato via. Anch'essi, se non persevereranno nell'incredulità,
saranno innestati; Dio infatti ha il potere di innestarli di nuovo! Se tu infatti, dall'olivo
selvatico, che eri secondo la tua natura, sei stato tagliato via e, contro natura, sei stato
innestato su un olivo buono, quanto più essi, che sono della medesima natura, potranno
venire di nuovo innestati sul proprio olivo!
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RILEGGIAMO…
In questa sezione della Lettera ai Romani, s. Paolo sta parlando del mistero del popolo di
Israele, da una parte chiamato per primo all’alleanza con YHWH, unico Dio, e dall’altra
soggetto del rifiuto della rivelazione di Dio avvenuta in Gesù di Nazareth, dai cristiani
celebrato come Cristo e Figlio di Dio.
A proposito del rifiuto di Israele opposto alla Nuova Alleanza sigillata nel sangue di Gesù
Cristo, nel nostro brano s. Paolo ne sottolinea la temporaneità utilizzando due immagini
– quella della pasta e quella dell’albero d’olivo – che tendono a evidenziare come Israele
rimanga pur sempre il popolo di Dio, il popolo della promessa, la radice santa, e che in
forza di questa vocazione Dio ha sempre il potere di innestarlo nuovamente nell’albero
della vita e della salvezza.
Già il profeta Geremia (11,16) si era servito del paragone dell’albero d’olivo per raffigurare
la sorte di Israele in seguito alla sua infedeltà all’alleanza con YHWH, qui però il
riferimento dell’Apostolo non è a tutto il popolo bensì ai singoli membri di esso (“i rami”).
D’altro canto, l’oleastro sono i cristiani provenienti dal paganesimo, i quali non per loro
merito ma per grazia di Dio sono entrati a far parte del popolo di Dio, delle sue promesse
e delle sue benedizioni. Attenzione: non che i cristiani abbiano preso il posto degli ebrei,
ma Dio ha accolto i pagani e li ha resi partecipi delle sue ricchezze. Del resto, non può
esserci nessun vanto dei pagani nei confronti degli ebrei dal momento che è da questi
che scaturisce l’origine e il fondamento della Chiesa e non il contrario.
Dunque, confutando il pensiero dei pagano-cristiani, Paolo afferma che i Giudei non sono
stati “tagliati” dall’albero della vita a causa dell’innesto dei cristiani, bensì per la loro
infedeltà. E se c’è un vanto da parte dei cristiani nei confronti dell’antico popolo
dell’alleanza, questo può venire solo dalla fede, l’unica virtù che permette loro di ricevere
l’innesto da parte di Dio nell’albero della salvezza.
La fede poi va consolidata, non è data una volta per sempre, anzi potrebbe vacillare nella
sua stabilità e quindi essendoci la possibilità di cadere, il cristiano potrebbe perdere il
suo “stare” nella salvezza. Ecco perciò l’esortazione dell’Apostolo ai vv. 22-24: non si da
garanzia automatica e autosufficiente di salvezza per nessuno, ne tantomeno per i
cristiani. L’unica garanzia di salvezza è la fede e la fedeltà alla bontà di Dio. Per questo
motivo anche il Giudeo ha ancora la possibilità di un nuovo innesto, purchè abbandoni
l’infedeltà e creda.
L’attualizzazione di questo brano biblico sembra vertere su due punti di riflessione
collegabili tra loro:
(i) la vita, il futuro, la salvezza di ogni uomo sono nelle mani di Dio, nessuno può ergersi
a giudice di se stesso o del prossimo; semmai il nostro sforzo consiste nel restare fedeli
all’amicizia con Dio resa concreta nella persona di Gesù, ascoltare e lasciarsi plasmare
dalla sua Parola sono l’unica garanzia di felicità e di senso della nostra vita; non le nostre
preghiere, ne la partecipazione alla Messa, ne tantomeno le nostre devozioni assicurano il
nostro ingresso in Paradiso (tutte cose peraltro buone e utili) bensì solo e unicamente la
nostra corrispondenza al comandamento dell’Amore consegnatoci dal nostro Maestro:
“…anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13,14) o anche detto: “Vi do un
comandamento nuovo: che vi amate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi
anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete
amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35);
(ii) Dio è uno che non sta con l’orologio in mano; vivendo nell’eternità, Egli non conosce
l’ansia del tempo che scorre, anzi come dice l’autore della Seconda lettera di Pietro: ”Una
cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come
mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua
promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno
perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. […] La magnanimità del Signore nostro
giudicatela come salvezza” (3,8-9.15).
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L’ESPERIENZA
“L’ ultimo corso del mio vecchio professore si teneva una volta alla settimana a casa sua,
accanto alla finestra dello studio da cui si potevano scorgere i petali rosei che cadevano
da una pianticella di ibisco. Le lezioni avevano luogo il martedì, e iniziavano subito dopo
la colazione. L’argomento era “Il significato della vita”. Il docente attingeva alla sua
esperienza.Non si davano voti, ma ogni settimana si sosteneva un esame orale.
Bisognava rispondere alle domande poste e altresì formularne di proprie. […] non c’erano
libri di testo eppure si coprivano molti argomenti fra i quali l’amore, il lavoro, la
comunità, la famiglia, il perdono. […]
(da “I miei martedì col professore” di MitchAlbom)
“ […] Dio sa utilizzare tutto, anche i rami di una pianta selvatica; fa di ogni frammento
una pienezza. I rami per terra? Non restano secchi né aridi.
Ma sono in attesa, di una rifioritura. Perché Dio ha tempi più lunghi dei nostri. […] Lo
stile educativo di Dio di fronte ai NO dell’uomo è pienamente normativo, perché liberante
e fiducioso.
[…] E verrà il giorno in cui li rinnesta, con stupore di tutti, nella bellezza di una pianta
che fiorirà in pienezza.
[…] Dio è gratuito, e gratuita è al sua grazia. Non ci ama perché siamo buoni, ma per
renderci buoni. […] Abitua a TRASFORMARE il male in bene. Le ferite in feritoie […].
(Mons. Bregantini)
I TAPPA
“LA MIA STORIA TRA LE DITA”
“[…] Dio sa utilizzare tutto, anche i rami di una pianta selvatica; fa di ogni frammento una
pienezza. I rami per terra? Non restano secchi né aridi”. (Mons. Bregantini)
Obiettivo
Il giovane/giovanissimo, partendo dalle sue esperienze di vita, cerca di capire chi è? E in
cosa è radicata la sua esperienza?
In profoindità
La vita è un dono che Dio pone nelle nostre mani ed ognuno tenta di plasmarla secondo
le proprie capacità, idee, progetti, esperienze. Vivendo, ogni giorno si prova a realizzare il
sogno che si desidera. Tutti i momenti vissuti, tutti i passi che possono aver condotto
l’essere umano lungo la strada del sogno, ma anche quelli che lo hanno allontanato,
portandolo anche a vivere l’incubo, sono testimonianza di un storia che permette la
crescita umana. Proprio la storia della vita permette di rispondere ai quesiti
dell’esistenza: chi sono? Da dove vengo? Cosa voglio essere? Il primo passo per
rispondere è raccontare e prendere consapevolezza della propria storia. Nessuno meglio
di se stesso è capace di raccontarla perché ne è il protagonista.
“Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrai sapere prima di tutto dove
sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e
compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield,
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ma a me non mi va proprio di parlarne. D’altronde non ho nessuna voglia di mettermi a
raccontare tutta la mia dannata autobiografia e compagnia bella. Vi racconterò soltanto le
cose da matti che mi sono capitate verso Natale prima di ridurmi così a terra da dovermene
venire qui a grattarmi la pancia.” (“Il giovane Holden”, Salinger)
La storia è la disciplina che si occupa dello studio del passato tramite l'uso di fonti, cioè
tutto ciò che possa trasmettere del sapere. Più precisamente, la storia è la ricerca e la
narrazione continua e sistematica di eventi nel passato di importanza per la specie
umana. Per questo ogni individuo ha un passato diverso da raccontare che lo rende
unico. La storia di ogni uomo è una continua ricerca della felicità. Tutte le persone,
quindi, durante la loro ricerca pensano di non trovare i mezzi giusti per il raggiungere il
loro sogno con il rischio di non avvalorare la loro stessa vita (“Se davvero avete voglia di
sentire questa storia, magari vorrai sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la
mia infanzia schifa”). La storia è anche una narrazione elaborata tramite l'immaginazione
e proposta a un pubblico interessato di lettori. E anche se crediamo che agli uomini non
possa interessare la nostra storia, essa agli occhi di Dio è fondamentale, risulta
meravigliosa. Dio, infatti ci dice di amare la vita in tutti i suoi frammenti (“fa di ogni
frammento una pienezza”). Storia significa "conoscenza acquisita tramite indagine,
ricerca" di noi stessi accompagnata, tra le mani di Dio.
Io sono come una piccola matita
nelle Sue mani, nient'altro.
E' Lui che pensa.
E' Lui che scrive.
La matita non ha nulla
a che fare con tutto questo.
La matita deve solo poter essere usata.
Madre Teresa di Calcutta
PER I GIOVANISSIMI
All’inizio dell’incontro si proverà a sollecitare i giovanissimi ad una discussione sulla
propria esperienza di vita, facendoli partire dalle proprie radici. Convincerli che la loro
storia ha un valore e non è un fluire di elementi pass(ati)- ivi.
I parte
Suddividendo i giovanissimi in gruppi verrà distribuito loro un foglio dove saranno scritte
due celebri incipit: “C’era una volta” e “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per
una selva oscura chè la dritta via era smarrita.”
Attraverso queste due frasi i giovanissimi devono riflettere sulle loro radici: gli incontri, le
esperienze, la loro educazione, le loro motivazioni, le loro ambizioni, le persone
importanti, la famiglia. Devono ripercorrere le fasi salienti della loro vita, considerando
ogni aspetto e ogni emozione.
“C’era una volta”: il giovanissimo racconterà gli eventi e i talenti che lo hanno formato e
continuano a sviluppare il suo sogno. Scriverà quali sono le sue radici che lo hanno fatto
crescere in maniera salda.
“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura chè la dritta via era
smarrita”: il giovanissimo dovrà descrivere i momenti della sua vita in cui ha visto o vede
i suoi sogni svanire. Dovrà scrivere gli attimi in cui si è sentito smarrito, in cui si è perso
e ha perso dei punti di riferimento (un amico, un fratello, la fiducia in Dio …)
Dovranno scrivere, anche in forma poetica o di narrazione un breve racconto di max 10
righi, elencando tutto ciò che di significativo ha rappresentato la loro vita fino a questo
momento.
22
Successivamente chi desidera potrà leggere al gruppo la propria opera.
Per la realizzazione del loro sogno è importante che i giovanissimi riescano a prendere
coscienza delle loro radici, provino a descriversi con tutte le loro sfaccettature.
II parte
I giovanissimi, insieme, vedranno e ascolteranno la storia de “I tre alberi” (Video).
Conclusione
A conclusione dell’attività verrà chiesto ai giovanissimi di concentrarsi sul loro sogno, su
una loro speranza o una loro emozione che potranno scrivere sotto forma di preghiera su
un post it che attaccheranno su un cartellone intitolato “M’ILLUMINO D’IMMENSO”.
PER I GIOVANI
Il giovane percepisce la realtà che lo circonda in maniera differente perché è già in
possesso di un passato certamente pieno di esperienze, emozioni, amicizie, esperienze
sociali e di fede. Ogni momento della sua “vita vissuta” è prezioso soprattutto per le
scelte future che dovrà affrontare. Il giovane incomincia già a voler toccare il suo sogno,
si trova in una posizione in cui voler compiere il salto di qualità per la sua affettiva,
lavorativa, di responsabilità. Guardando al suo passato, il giovane deve scovare le basi
per percorrere la sua strada, sapendo scegliere attentamente quello che è utile ed
importante per lui. Il giovane è chiamato ad una fase in cui deve essere capace di
scrivere il suo futuro, di credere fortemente ai suoi sogni. Ma senza determinazione,
senza sacrificio, senza una visione obiettiva delle sue esperienze nei diversi luoghi, la
casa, la scuola, la parrocchia, l’università e senza, perché no, affidarsi alla misericordia
di Dio, il giovane potrebbe avere difficoltà a realizzarsi. Infatti il giovane vive in una realtà
che gli offre mille e allettanti possibilità di scelta che possono anche allontanarlo da
quello che rappresenta il suo vero io, la sua vera realizzazione. E se non avrà affondato le
sue radici in un terreno stabile e fertile rappresentato dai valori che lo hanno formato e
la fede, rischia di abbandonare il suo sogno alla prima difficoltà. Tra i numerosi richiami
della realtà esterna il giovane deve essere molto attento e abile a percepire con chi e a
cosa affidarsi.
I parte
Ai giovani viene consegnato il testo della canzone “Che fantastica storia è la vita” e verrà
proiettato il video.
Che fantastica storia è la vita
(Antonello Venditti)
Mi chiamo Antonio e faccio il cantautore,
e mio padre e mia madre mi volevano dottore,
ho sfidato il destino per la prima canzone,
ho lasciato gli amici, ho perduto l'amore.
E quando penso che sia finita,
è proprio allora che comincia la salita.
Che fantastica storia è la vita.
Mi chiamo Laura e sono laureata,
dopo mille concorsi faccio l'impiegata,
e mio padre e mia madre, una sola pensione,
fanno crescere Luca, il mio unico amore.
A volte penso che sia finita,
ma è proprio allora che comincia la salita.
23
Che fantastica storia è la vita.
Che fantastica storia è la vita.
E quando pensi che sia finita,
è proprio allora che comincia la salita.
Che fantastica storia è la vita.
Mi chiamano Gesù e faccio il pescatore,
e del mare e del pesce sento ancora l'odore,
di mio Padre e mia Madre, su questa Croce,
nelle notti d'estate, sento ancora la voce.
E quando penso che sia finita,
è proprio allora che comincia la salita.
Che fantastica storia è la vita.
Che fantastica storia è la vita.
Mi chiamo Aicha°, come una canzone,
sono la quarta di tremila persone,
su questo scoglio di buona speranza,
scelgo la vita, l'unica salva.
E quando penso che sia finita,
è proprio adesso che comincia la salita.
Che fantastica storia è la vita.
Che fantastica storia è la vita.
II parte
Ai giovani verrà chiesto di associare accanto ad alcuni importanti eventi storici, positivi e
negativi, gli episodi che hanno segnato la loro vita, in qualunque ambito affettivo,
relazionale, accademico, scolastico, lavorativo. Ogni giovane scriverà accanto all’evento i
suoi momenti di vita particolari che hanno suscitato diverse emozioni. I giovani
proveranno a collocare accanto ad ogni evento storico anche le sensazioni che
determinati episodi della loro vita hanno suscitato: dal dispiacere, all’armonia, dalla
rabbia alla pace interiore, ecc. Ovviamente, agli episodi negativi dovrebbero
corrispondere sensazioni di paura, mentre agli episodi storici positivi dovrebbero essere
associate emozioni di felicità. Ogni giovane, però deve rimanere libero di affiancare
all’elenco storico qualsiasi momento della sua vita per lui significativo perché per alcuni,
un momento triste della propria vita potrebbe anche aver suscitato una spinta a
migliorare
123456789101112-
1441:
1492:
1789:
1815:
1860:
1914:
1922:
1939:
1945:
1969:
1989:
2001:
LA PRIMA BIBBIA A STAMPA
SCOPERTA DELL’AMERICA
RIVOLUZIONE FRANCESE
CONGRESSO DI VIENNA
UNITA’ D’ITALIA
PRIMA GUERRA MONDIALE
ASCESA DEL FASCISMO
SECONDA GUERRA MONDIALE
BOMBA ATOMICA SU HIROSHIMA E NAGASAKI
IL PRIMO UOMO SULLA LUNA
CADUTA DEL MURO DI BERLINO
ATTACCO ALLE TORRI GEMELLE
24
Conclusione
Dopo una breve condivisione, verrà proiettato il video “Il sogno di un uomo – discorso
all’umanità” di Charlie Chaplin
“Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore non è il mio mestiere non voglio governare
né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti se è possibile: ebrei, ariani, uomini neri e
bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre dovremmo godere solo della
felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per
tutti, la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi. La vita dovrebbe essere felice e magnifica
ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori. Ha precipitato il
mondo nell’odio, ci ha condotto a passo d’oca fra le cose più abiette. Abbiamo i mezzi per
spaziare ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà.
La scienza ci ha trasformato in cimici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e
sentiamo poco. Più che macchinari ci serve umanità. Più che abilità ci serve bontà e
gentilezza, senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. La televisione e la radio
hanno riavvicinato le genti, la natura stessa di queste invenzioni reclama la fratellanza
dell’uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. Perfino ora la mia voce
raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di persone donne e bambini disperati,
vittime di un sistema che impone agli u omini di torture e imprigionare gente innocente. A
coloro che mi odono dico: non disperate! L’avidità che ci comanda è solamente un male
passeggero. L’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L’odio degli
uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al
popolo, e qualsiasi mezzo usino la Libertà non può essere soppressa. Soldati non cedete a
dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare,
cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie,
non vi consegnate a questa gente senza un’anima! Uomini macchina con macchine al posto
del cervello e del cuore! Voi non siete macchine! Voi non siete bestie! Siete Uomini! Voi
avete l’amore dell’umanità nel cuore, voi non odiate. Coloro che odiano sono quelli che non
hanno l’amore altrui. Soldati non difendete la schiavitù ma la Libertà! Ricordate nel
vangelo di San Luca è scritto “il regno di Dio è nel cuore dell’uomo”. Non di un solo uomo, di
un gruppo di uomini ma di tutti gli uomini! Voi, voi il popolo avete la forza di creare le
macchine, la forza di creare la felicità. Voi, voi il popolo avete la forza di fare che la vita sia
bella e Libera, di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi in nome della
Democrazia usiamo questa forza! Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia
migliore che dia a tutti gli uomini un lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza.
Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere, mentivano! Non hanno
mantenute quelle promesse e mai lo faranno. I Dittatori forse sono liberi perché rendono
schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse. Combattiamo per
liberare il mondo eliminando confini e barriere, eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza.
Combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a
tutti gli uomini il benessere. Soldati nel nome della democrazia siate tutti uniti.”
25
II TAPPA
“PROPRIO COME UN ALBERO”
Ma sono in attesa, di una rifioritura. Perché Dio ha tempi più lunghi dei nostri. […] Lo stile
educativo di Dio di fronte ai NO dell’uomo è pienamente normativo, perché liberante e
fiducioso. (Mons. Bregantini)
Obiettivo
Accompagnare il giovane/giovanissimo nella scoperta della sua essenza, della propria
linfa, ovvero le esperienze vissute, le relazioni intrecciate nei vari ambiti di vita ( famiglia,
amicizie, scuola/università, lavoro, comunità ecclesiale, del “muretto”…).
In profondità
Fare la gioiosa, e a volte dolorosa, fatica di rileggere la vita come personale storia di
salvezza ti porta piano piano ad accogliere in senso globale ciò che sei. Così impari ad
apprezzare il bene presente in te, a godere di ciò che sei e di ciò che hai ricevuto come
capacità, doni, abilità, attitudini; impari a ringraziare per quanto hai ricevuto nelle tue
relazioni familiari, amicizie, persone significative, e ad accogliere quanto non hai
ricevuto. Lì ritrovi i segni della fedeltà di Dio.
Nella ricerca devi esserci tutto! È solo nell’esperienza del mettere a disposizione tutto ciò
che sei per compiere quanto il Signore ti chiede, che la tua risposta diventa autentica.
1. La linfa…forza vitale degli alberi!
La soluzione di acqua e sali minerali che le radici delle piante assorbono dal terreno
prende il nome di linfa grezza. Grazie ad un insieme di forze , la linfa sale attraverso i
vasi conduttori del legno (trachee) e raggiunge le foglie, dove avvengono complesse
reazioni chimiche. Tutte le piante, siano esse erbacee o legnose, hanno un complesso
sistema di circolazione dei liquidi. La foglia, che in poche parole è il laboratorio di
tutta la pianta, è la zona dove i sali e l'acqua, tramite la luce vengono trasformati in vari
composti, principalmente in zuccheri. La linfa viene poi trasportata dalle zone di
produzione, quindi dalle foglie, agli altri distretti.
La soluzione di acqua e sali minerali che le radici delle piante assorbono dal terreno
prende il nome di linfa grezza. Grazie ad un insieme di forze , la linfa sale attraverso i
vasi conduttori del legno (trachee) e raggiunge le foglie, dove avvengono complesse
reazioni chimiche.
Tutte le piante, siano esse erbacee o legnose, hanno un complesso sistema di
circolazione dei liquidi. La foglia, che in poche parole è il laboratorio di tutta la pianta,
è la zona dove i sali e l'acqua, tramite la luce vengono trasformati in vari composti,
principalmente in zuccheri. La linfa viene poi trasportata dalle zone di produzione, quindi
dalle foglie, agli altri distretti.
2. La linfa vitale...per gli uomini!
Oggi sono come un albero nel pieno dello splendore,
rami ben curati, foglie sempre verdi.
Non risento dell’inverno che ormai è alle porte.
Ma fino a poco tempo fa ero un albero che si stava appassendo.
Lentamente le mie radici non si nutrivano più dalla terra…
La mia terra era senza risorse… senza linfa vitale per me.
Un giorno tra le nuvole che mi sovrastavano…
un raggio di luce fece capolino su me.
Quel raggio di sole era averti conosciuto,
26
era la tua presenza intorno a me.
Ma anche se questo raggio era ben caloroso...
io quasi mi piegavo verso la terra per non carpirne il calore,
quasi pauroso di poter tornare ad essere un albero vivo.
Ogni giorno le foglie appassivano sempre più...
i rami diventavano secchi.
Lentamente un venticello si alzò,
le nuvole iniziavano a dissolversi pian piano.
Eri tu che soffiavi per allontanare quelle nuvole da me...
Il cielo si stava aprendo,
ma nonostante questo,
iniziò a piovere.
Goccioline cadevano su me,
si infiltravano nel terreno.
Non riuscivo a capire...
pian piano sentivo che le mie radici stavano riprendendo a nutrirsi.
La terra sotto di me stava riacquistando nuova linfa...
Quelle goccioline erano le tue lacrime...
piangevi perché non capivi il perché io mi stessi lasciando andare...
piangevi perché non capivi il perché non volessi riscaldarmi del tuo calore...
Senza saperlo le tue lacrime entravano in me...
erano piene di voglia di vivere e d’amare,
sono state la linfa vitale di cui mi cibavo,
linfa che mi stava ridando quella forza ormai persa...
Giorno dopo giorno nuove foglie prendevano il posto di quelle ormai appassite...
L’albero aveva ripreso le sue forze… il suo splendore…
Il sole ormai era il padrone del cielo…
Il cielo era ormai privo di nuvole..
Tu sei il sole che mi riscalda…
Tu sei la mia linfa vitale…
La tua presenza tiene lontano le nuvole sopra di me…
La tua presenza mi dona il calore per riscaldarmi…
...e io...
...grazie a te...
...sono tornato a fiorire.
PER I GIOVANISSIMI
I parte
Si può iniziare l’incontro con l’ascolto, oppure la visione del video della canzone “Lo
strano percorso” di Max Pezzali, distribuendo ai giovanissimi il testo della canzone. La
canzone che qui presentiamo parla di un passato che non può tornare, la strada
imprevedibile, gli incontri, gli addii, il sentire il bisogno di raccontare che c’è un tempo
per ciascun evento della vita. Alla fine dell’ascolto/ visione si chiede ai giovanissimi cosa
ha scatenato questa canzone. (A questo momento si dedicheranno solo 5 minuti…).
27
Lo strano percorso
(Max Pezzali)
C'è un tempo per i baci
sperati, desiderati
tra i banchi della prima B
occhiali grandi,
sempre gli stessi,
un po' troppo spessi
per piacere ad una così…
C'è un tempo
per i primi sospiri
tesi insicuri,
finché l'imbarazzo va via,
col sincronismo dei movimenti,
coi gesti lenti
conosciuti solo in teoria,
come nelle favole,
fin sopra alle nuvole,
convinti che quell'istante durerà
da lì all'eternità...
Lo strano percorso
di ognuno di noi
che neanche un grande libro
un grande film
potrebbero descrivere mai
per quanto è complicato
e imprevedibile
per quanto in un secondo
tutto può cambiare
niente resta com'è.
C'è un tempo per il
silenzio/assenso,
solido e denso,
di chi argomenti
ormai non ne ha più
frasi già dette,
già riascoltate in 1000 puntate
di una soap-opera alla TV
sarà l'abitudine
sarà che sembra inutile
cercare tanto
e alla fine è tutto qui
per tutti è tutto qui...
C'è un tempo per qualcosa
sul viso, come un sorriso
che non c'era ieri e oggi c'è
sembrava ormai lontano
e distante, perso per sempre,
invece è ritornato con te,
con te che fai battere il cuore
che fai vivere il tempo
per tutto il tempo che verrà…
28
II parte
I giovanissimi verranno divisi in due gruppi, e a ciascun gruppo verranno distribuite
delle schede contenenti delle riflessioni a partire da delle frasi della canzone “lo strano
percorso”, con delle domande a cui ciascun giovanissimo dovrà dare risposta.
Qui di seguito ve ne proponiamo qualcuno, sta a voi educatori decidere quali fanno al
vostro caso, essendo voi liberi di poterne aggiungere delle altre.
1)
“C’è un tempo per i baci sperati, desiderati…La storia personale di ciascuno di
voi, è segnata da varie tappe che ne scandiscono il cammino, la crescita. In questa
crescita ha una grande importanza la dimensione affettiva. Il bisogno di amare e di
essere amati ci accompagna fin dal primo momento che veniamo al mondo e
gradatamente trova forme di espressione sempre più adeguate. Così dal bisogno di
protezione tipico del bambino si passa al bisogno di amicizia, di relazionalità, di
tenerezza e di affetto propri di voi adolescenti.
 Nel tuo cammino di crescita quanta importanza ha l’affetto che ricevi e che
doni?
2)
“Lo strano percorso di ognuno di noi che neanche un grande film potrebbe
descrivere mai per quanto è complicato e imprevedibile per quanto in un secondo
tutto può cambiare niente resta com’è”: la vostra vita è un libro vivente che voi
scrivete giorno per giorno, fatto di momenti belli e anche difficili, di tappe che rimangono
come pietre miliari nel vostro cammino. E’ un percorso “strano” perché non sempre va
come voi vorreste. Ci sono gli imprevisti, le battute di arresto, le deviazioni, le sorprese, i
tagli con il passato che a volte vi fanno soffrire… Ma tutto questo significa crescere!
 Qual è la tua reazione davanti alle novità e agli imprevisti della vita?
3)
“sembra inutile cercare tanto e alla fine è tutto qui per tutti è tutto qui”:
rinunciare a cercare il senso della propria esistenza, ad andare in profondità, a volare più
in alto è un po’ come darsi la zappa sui piedi perché ci condanniamo ad essere infelici. La
vera felicità non sta “tutta qua” ma nella ricchezza della sua interiorità, nella capacità di
scoprire Dio nascosto nelle cose, nella bellezza del creato, nella tua stessa vita che è il
regalo più bello che hai e che non puoi buttare via.
 Per te cosa significa crescere?
4)
“C’è un tempo per qualcosa sul viso, come un sorriso che non c’era ieri e
oggi c’è”: la vita ci riserva anche gioie profonde che dobbiamo vivere fino in fondo. Dopo
la notte c’è il giorno, dopo il buio c’è la luce, dopo la prova e il dolore c’è la pace e la gioia,
dopo la solitudine c’è il sole dell’amicizia.
 Quali sono le gioie più grandi della tua vita? Come le hai vissute?
III parte
Come momento finale dell’incontro, ai due gruppi vengono distribuite due grandi
immagini del quadro “l’albero della vita” di Gustav Klimt, e si chiede a ciascuno di essi di
scrivere sui rami i nomi delle persone con cui hanno relazioni significative, e sul tronco
cosa rappresenta la loro “linfa”, cioè cosa li sostiene, di che pasta son fatti, cosa scorre
nelle loro vene.
Conclusione
Si fanno riunire i due gruppi, a ciascuno di essi si chiede di illustrare il “proprio albero
della vita”, e prima di congedarli, si consegna loro e si legge la poesia di Klimt.
29
L'albero della vita (Gustav Klimt)
Ama, ti prego ama.
Dai un nome alle emozioni.
Nel bene o nel male.
Se odi chiamalo odio,
se è passione chiamala passione.
Se ami dì che ami.
Se provi dolore chiamalo dolore.
Conosci te stesso e dai un nome a ciò che provi.
Nel bene o nel male dagli un nome,
non negarlo mai.
Non reprimere l'odio,
non reprimere l'amore, non reprimere la passione,
non il dolore, non la gioia.
MAI.
Ama, ama, ama.
Non smettere mai, anche quando sei stanco.
Ama la vita. Ama ciò che senti.
Non avere Paura.
Come si può riuscire a violentare sè stessi
negando le emozioni?
Come negare acqua ad un albero.
come negare crescita alla vita...
PER I GIOVANI
I parte
In un momento iniziale si possono ripercorrere i luoghi fondamentali in cui i giovani
trascorrono la loro vita (famiglia, scuola, università, lavoro, amicizie, parrocchia, il
“muretto”…). È possibile associare ai vari luoghi, sia dei momenti in cui i giovani hanno
sperimentato i dubbi e le angosce, sia delle figure fondamentali che li hanno aiutati ad
affrontarli e superarli. L’importante è creare nell’ambito dell’incontro, dei momenti di
riflessione in cui i giovani possano intraprendere un viaggio nella memoria e nel presente
per individuare la rete in cui è innestata la loro esistenza.
Una parte specifica dell’incontro, potrebbe essere dedicata alla cronistoria dei momenti di
crisi affrontati, a cui associare un nome e un volto.
II parte
Si fornisce a ciascun giovane una copia dell’immagine del quadro di Gustav Klimt,
l’albero della vita, accompagnato dall’omonima poesia, e si chiede loro di scrivere su ogni
ramo “dell’ albero” (che rappresenta la propria vita) da un lato i momenti di crisi vissuti
nei vari ambiti di vita, e dall’altro il nome delle persone con le quali hanno intessuto
relazioni e vissuto esperienze significative.
30
III parte
Come momento finale dell’incontro, si distribuiscono ai giovani dei foglietti colorati, e li si
invita a scriverci su cosa è la loro “linfa”, cioè cosa li sostiene, li sostenta, cosa scorre
nelle loro vene!!! Viene poi presentata un’immagine ingrandita dell’albero della vita di
Klimt, sulla quale ciascun giovane dovrà attaccare il suo foglietto-linfa.
Conclusione
Proponiamo di far vedere ai giovani un video di riflessione, sulle note della canzone “Degli
alberi” di L’aura, consegnando loro il testo della stessa.
Degli alberi
(L’Aura)
Io come te
un tempo avevo mani per
stringere gli animi
e raccontar favole ai tuoi simili
Sai degli alberi
E di un fiore che ride,
ed anche degli uomini,
dei loro pensieri,
ciò che annienterà le tue emozioni?
Che ne sarà
Dei miei fratelli fragili
Quando di respirar
Gli uomini
Si scorderanno
Tu non dimenticar degli alberi
E di un fiore che ride
31
ed anche degli uomini,
dei loro pensieri,
ciò che annienterà le tue emozioni
Cos'è quel di cui temi?
Perché distruggersi?
Sono dentro di te
E in tutto ciò che esiste
Non dimenticarti gli alberi
E di un fiore che ride
ed anche degli uomini,
dei loro pensieri,
ciò che annienterà le tue emozioni
Sai degli alberi
E di un fiore che ride,
ed anche degli uomini,
dei loro pensieri
ciò che annienterà le tue emozioni?
III TAPPA
“E TI VENGO A CERCARE”
“[…] E verrà il giorno in cui li rinnesta, con stupore di tutti, nella bellezza di una pianta che
fiorirà in pienezza”. (Mons. Bregantini)
Obiettivo
Il giovane/ giovanissimo prende consapevolezza dei propri valori, che lo aiutano e
(ri)leggere con luce nuova le potature e gli innesti, riscoprendo in essi l’amore di Dio, che
“pota ma non stronca!” (Mons.Bregantini)
In profondità
Il verbo cercare è il verbo più umile e più grande di ogni vita e di ogni rapporto; nelle
scienze come nella amicizia, negli incontri con gli uomini e anche nell’incontro con Dio,
nel matrimonio come nelle comunità laiche e religiose.
L’uomo infatti è sempre in ricerca: ed è bello che sia così.
È bello davvero cercare... perché chi non cerca è ormai un sazio che non sa andare al di
là dei bordi del proprio piatto.
... Perché chi cerca, invece, sente il bisogno di cercare persino quando ha già trovato: dal
momento che qualunque cosa, qualunque persona e innanzitutto Dio hanno sempre
nuovi orizzonti da svelare.
Non basta una vita per comprendere una persona! Figuriamoci se basta una vita per
scoprire la presenza di Dio!
Ancora è bello cercare... perché l’amore si esprime non solo nello scoprire continuamente
nuove profondità, ma nel valorizzare addirittura quei doni che l’uno ha fatto nascere
nell’altro.
.. perché chi cerca lealmente non è mai colpevole anche se si trova su una strada
sbagliata; sbaglia invece il presuntuoso che si illude di essere arrivato.
... perché chi cerca è un generoso che ha scoperto in sé tante energie da donare; e nello
stesso tempo è un povero, ma saggio, che conosce come i suoi limiti e le sue povertà
possono essere superate con i doni che scopre negli altri.
32
In fondo ognuno è ciò che cerca.
Se cerchi persone... dunque tu sei persona;
se cerchi comunità sei già comunità;
se cerchi Dio, Lui, come se lo avessi già trovato, è gia con te, e in te.
1. PREGHIERA: Cercatore di perle
La perla di grande valore è nascosta profondamente.
Come un pescatore di perle, o anima mia, tuffati.
Tuffati nel profondo, tuffati ancora più giù, e cerca!
Forse non troverai nulla la prima volta.
Come un pescatore di perle, o anima mia,
senza stancarti, persisti e persisti ancora,
tuffati nel profondo, sempre più giù, e cerca!
Quelli che non sanno il segreto si burleranno di te,
e tu sarai rattristato, ma non perdere il coraggio,
pescatore di perle, o anima mia!
La perla di gran valore è proprio nascosta,
nascosta proprio in fondo.
È la tua fede che ti aiuterà a trovare il tesoro
ed è essa che permetterà che quello che era nascosto
sia infine rivelato.
Tuffati nel profondo, tuffati ancora più giù,
come un pescatore di perle, o anima mia.
E cerca, cerca senza stancarti.
(SwamiParamananda)
2. POTATURE
Tempo di potatura per gli olivi.
I motivi principali per cui l'olivo va potato sono: la formazione e il mantenimento della
pianta; ottimizzare la produzione in modo di avere un raccolto costante da un anno
all'altro.
Esiste il fenomeno dell'alternanza di produzione, che in parte si può contenere con
una potatura più o meno forte rispetto all'anno di carica e di scarica.
La scelta dei rami da tagliare non è sempre ovvia, specie negli alberi molto vecchi e
magari potati male in precedenza. Dobbiamo sapere che l'olivo fruttifica
principalmente nei rametti dell'anno precedente e che deve avere un'esposizione
solare più ampia possibile.
La forma delle mie piante è principalmente a vaso, che consiste in una forma a
imbuto, con un tronco principale abbastanza basso, (meno di un metro) che si dirama
con tre branchie principali, diventando sei in altezza. Su tutte le branchie partono i
rami di sfruttamento, che necessitano di un ringiovanimento nel tempo, sostituendoli
con nuovi ributti.
Adesso proverò a scrivere il mio metodo di potatura.
Guardo l'aspetto generale della pianta, perché non tutte le piante devono essere
potate allo stesso modo. Salgo sopra togliendo i polloni, (questi non fruttificano e
tolgono forsa ai rami principali) tolgo i rametti che s’indirizzano verso l'interno, poi
salgo sulle branchie fino a che posso arrivare nella parte più alta, dove la vegetazione
è molto vigorosa e necessita maggior sfoltimento. Per il taglio dell'estremità più alta è
importante aver visto prima di salire se l'altezza della pianta è giusta. Continuo
scendendo in basso, tagliando i rami incrociati, quelli che hanno già fruttificato e a
sfoltire dove la luce non riesce ad entrare. Bisogna fare attenzione a non togliere rami
importanti nella parte bassa, perché l'olivo tende sempre a formare nuovi rami in alto
dove c'è più luce e in basso tende a rimanere scoperto. Finisco con riequilibrare la
pianta da terra usando magari lo svettatoio.
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Non uso mai la scala per potare, sono del parere che, se non puoi arrivare da sopra la
pianta a tagliare i rami estremi, va tagliato il ramo più grosso dove si può arrivare.
(I sogni di Harlock)
INNESTI
Miracoli della natura!
Innestare è una cosa che mi dà molta soddisfazione, specie se il risultato è positivo.
Sembra che in questa stagione gli innesti stanno andando molto bene.
Nel mio uliveto ormai ci sono molte piante innestate da me. Ho imparato innestando
castagni qualche anno fà. Il modo migliore per far diventare un marrone, una
semplice pianta di castagno, è l'innesto a corona fatto su una giovane pianta di circa
5 cm di diametro. Ma un'altra tecnica quasi infallibile è l'innesto ad anello: il nesto è
un intero anello di corteccia con una gemma, che viene inserito nel portainnesto di
uguale misura.
Per una maggior probabilità di riuscita è bene proteggere l'innesto dagli agenti
atmosferici. Io uso dei coni di cartone, (scarti della tessitura) perfetti per lo
scopo, ma va bene anche carta o cartoncino. Lo scopo e di creare un
contenitore per poter metterci della rena, in modo da impedire che il nesto (o
marza) non si disidrati. (I sogni di Harlock)
3. I VALORI
I valori sono gli ideali a cui miriamo, quelli che guidano tutte le nostre scelte e quindi
il nostro destino. Se siamo consapevoli di quali sono le cose che più apprezziamo
nella vita, quali sono i nostri ideali più elevati e impegnandoci a vivere in base ad essi
sempre possiamo raggiungere il livello maggiore e più elevato di realizzazione della
nostra vita.
Se non facciamo chiarezza su quello che più conta per noi nella vita, su quello cioè
per cui siamo disposti a lottare veramente, allora come possiamo aspettarci di
prendere decisioni efficaci?
Se vi siete trovati in difficoltà decidere su qualcosa è perché non avevate le idee
abbastanza chiare in merito. Essere in grado di prendere decisioni dipende da quanto
siano chiari i propri valori. Essere coerenti con i propri valori e vivere in base ad essi
dà una grande forza, perché la filosofia di vita e le azioni sono una cosa sola.
Dobbiamo cercare di vivere secondo i nostri ideali qualunque cosa accada, anche se
non veniamo ricompensati o aiutati.
L'unico modo per essere felici è vivere secondo i nostri ideali più elevati, agire
coerentemente con quello che secondo noi è il senso della nostra vita. Ma non
possiamo farlo se non sappiamo con chiarezza quali sono i nostri valori. Questo è uno
dei più grandi problemi dell'umanità: molti sanno perfettamente cosa vogliono ma
non hanno idea di chi vorrebbero essere, di qual'è il loro scopo supremo, la loro meta
spirituale. Ottenere delle cose, vedere esauditi i vostri desideri materiali non vi
realizzerà. Solo vivere e fare quello che secondo voi è giusto vi darà quel senso di
intima forza che tutti meritano. Vivere secondo i propri valori, dà un grande potere,
una grande sicurezza e autostima, un senso di certezza, un senso di profonda
serenità e di totale coerenza, che è difficilmente raggiungibile in altri modi. Spesso la
gente si crea dei comportamenti frustranti o distruttivi (bere troppo, fumare, stare per
ore davanti al televisore, cercare sesso, mangiare troppo). Ma perché lo fa? Cosa c'è
dietro? Qual è il vero problema? Questi comportamenti sono spesso il risultato del
senso di vuoto interiore che si prova quando non si ha uno scopo nella vita e si cerca
di distrarsi da quel senso di vuoto tentando di colmarlo con comportamenti che
producono un provvisorio quanto instabile cambiamento di stato d'animo. Questo
comportamento diventa poi un abitudine e spesso ci si concentra sul come cambiare
il nostro comportamento invece di guarirne la causa.
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La consolazione è che ogni volta che ci atteniamo ai nostri valori, proviamo una gioia
immensa. La vita ci appare ricca e non abbiamo bisogno di palliativi.
Ogni decisione che prendiamo è guidata da valori che, se non sono consapevoli, nella
maggior parte dei casi, non li abbiamo stabiliti noi. Provengono dall'educazione, dalla
società, dai mass media, dagli amici.
Se vi chiedessi di fare una lista di 10 valori più alti nella vostra vita e scriverli in un
preciso ordine d'importanza, pochi di voi sarebbero in grado di farlo. Ma se non siete
in grado di farlo, come potete prendere delle decisioni chiare? Come potete fare delle
scelte essendo sicuri che a lungo termine produrranno il vostro bene? Conoscere i
vostri valori è essenziale per vivere rispettandoli.
PER I GIOVANISSIMI
I parte
All’inizio dell’incontro chiederemo ai nostri giovanissimi di darci una definizione
di valori, e su un cartellone appunteremo le loro risposte; subito dopo gli
chiederemo di farci un elenco veloce dei valori che loro conoscono. Infine porremo
loro questa domanda: “cosa vogliamo? Quali sono le situazioni, i sentimenti o le
emozioni che più desiderate provare sempre? (Amore, successo, libertà, intimità,
sicurezza,
avventura,
potere,
passione,
comodità,
salute,
...).
Tutti abbiamo una gerarchia di valori. La vostra gerarchia di valori determina il modo in
cui prendete le vostre decisioni in ogni momento?”
II parte
Dopo aver distribuito dei fogli colorati e delle penne, faremo fare ai giovanissimi un
esercizio:
Individuare i valori
Scrivi su un foglio quali sono i tuoi attuali valori? (Sistemali in ordine di importanza).
Quali sono i sentimenti o le emozioni che desideri provare sempre? (Amore, successo,
serenità, libertà, intimità, sicurezza, avventura, potere, passione, comodità, salute,
amorevolezza, altruismo, generosità, lealtà, sincerità, fede, fiducia, fedeltà, gioia,
entusiasmo, pace, onestà, intelligenza, solidarietà, imparare, crescere, servire,
divertimento, insegnare ideali, …altro….).
III parte
Un altro esercizio che i giovanissimi dovranno fare, sarà quello di:
Individuare il valore che “vale”
Ogni giovanissimo rispondendo alle seguenti domande, farà una riflessione su ciò che ha
raggiunto, su ciò che bisogna “potare” e su quali sono gli “innesti” da fare…senza mai
perdere di vista, la presenza nella sua vita di Dio, che lo guida nell’eliminare ciò che non
lo aiuta, e nell’aggiungere ciò che può rinvigorirlo!
-
Che cosa conta di più per me nella vita?
Quali devono essere i miei valori per realizzare il destino che voglio e merito?
Quali devono essere i miei valori per creare il mio destino supremo e io possa
essere la persona migliore che potrei mai essere?
I valori che ho adesso mi aiutano, ma quali altri potrei o dovrei aggiungere?
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A conclusione di questo momento, si potrebbe mettere su “un’ asta dei valori”. Ad ogni
giovanissimo verrà distribuito un numero limitato di banconote, con le quali potrà
acquistare dei valori che non ha, ma che potrebbero servirgli per la sua crescita.
Conclusione
Vi consigliamo di far vedere un video, “i valori della vita”, della durata di soli tre
minuti, in modo da presentare ai giovanissimi, in maniera leggera quelli che sono i valori
fondamentali per la vita di ciascuno.
PER I GIOVANI
All’inizio dell’incontro, per creare l’atmosfera si può leggere questo testo:”La nostra vita
deve essere sostenuta da dei valori che portiamo in fondo al cuore, che abbiamo a mente
e che ci conducono nel nostro cammino nel tempo.
Questi valori fondamentali li ritroviamo in tutto ciò che facciamo e che pensiamo, nella
vita quotidiana, nei progetti futuri, nelle reazioni di tutti i giorni.
Influenzano la nostra persona, i nostri rapporti con gli altri e con la società in cui
viviamo.E sono questi valori che noi dobbiamo tramandare alle future generazioni”.
I parte
Proiettiamo l’immagine, oscurando il titolo, e chiediamo ai giovani di dirci cosa evoca in
loro, e quale titolo darebbero a quest’opera.
FAR GERMOGLIARE CON I VALORI GIUSTI LA VITA!
II parte
Dividiamo i giovani in sei gruppetti, tanti quanti sono i valori da noi individuati, e di
seguito elencati. A ciascuno gruppo verrà affidato un valore con la relativa scheda
riassuntiva, e in 15 minuti dovrà inventare una spot che promuova “il prodotto” . lo spot
dovrà mettere in risalto le qualità del valore, la sua importanza, come fare x conquistarlo,
come evitare i rischio di perderlo o di sminuirlo, ecc.
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I Valori Della Vita
RISPETTO
Il rispetto verso le persone e le cose, ma ancor prima il rispetto verso noi stessi, verso la
nostra stessa vita.
Sì, quella cosa stupenda che ci è stata donata non per nostra scelta, ma della quale, per
fortuna, possiamo godere per anni e anni. Quel miscuglio di gioie e dolori, vittorie e
sconfitte, amore e odio, bene e male che dovremmo assaporare in pieno, minuto dopo
minuto, secondo dopo secondo. Siamo noi a costruirla pezzo per pezzo, siamo solo noi a
decidere come andrà, ma la scelta non può e non deve essere mai la fine.
Il suicidio non è mai la soluzione. A niente. E per prima cosa mancheremmo di rispetto
nei confronti di questo dono immenso di cui non riusciamo spesso a comprenderne le
dimensioni.
Rispetto verso chi e cosa ci circonda, verso la società in cui viviamo, il mondo stesso.
Diamo rispetto e poi potremo pretenderlo a nostra volta.
FAMIGLIA
Cosa si può dire? Non è un culto della famiglia, è semplicemente ciò che viene subito
dopo la nostra stessa vita, la cosa più importante che, dopo di noi, viene al mondo.
Chi ci ha dato la vita, chi ci ha cresciuto, chi condivide con noi ogni singolo aspetto delle
nostre esperienze, chi condivide il nostro stesso sangue. Un legame che non ha eguali,
un legame che resterà per sempre.
Amiamoli i nostri familiari, rispettiamoli, aiutiamoli nei momenti di difficoltà, sproniamoli
nei momenti di debolezza e non abbandoniamoli mai, perché loro non ci lasceranno soli e
non troveremo mai niente del loro valore nella nostra vita
ONORE
Sembra quasi un principio vecchio, di tempi andati o, peggio, di tempi recenti ma
sicuramente bui.
Invece è un valore che purtroppo si sta perdendo al mondo d’oggi dove le vigliaccherie, i
tradimenti e le scorrettezze prendono campo.
L’onore di una persona la descrive, l’integrità di un individuo è cosa rara, ma da elogiare.
Una persona che non tradisce, una persona che non sparisce nel nulla senza lasciar
traccia, una persona che non ha bisogno di scorrettezze per raggiungere un obiettivo, un
risultato. L’onore nobilita l’uomo che lo conserva e lo coltiva.
CORAGGIO
Anche collegato all’onore. Un altro valore che determina grande qualità nelle persone.
Il coraggio delle proprie azioni, nonché delle proprie parole. Il coraggio di prendere delle
decisioni, il coraggio di guardare sempre negli occhi una persona parlandole, il coraggio
di affrontare la vita a viso aperto.
Il coraggio di raggiungere gli obiettivi nonostante le difficoltà, il coraggio di non mollare
mai. Il coraggio di rimanere, di non voltare le spalle e fuggire
AMORE
L’amore è fondamentale nella vita.
Amare il mondo che ci circonda, le persone, gli animali, l’ambiente. Non sono alcune cose
che ci rendono felici, ma è tutto l’insieme. Amiamo a cuore aperto: questo ci espone agli
attacchi dall’esterno e a delle maggiori sofferenze, ma ci può dare alcune delle più grandi
soddisfazioni della nostra vita. Anche un semplice sorriso può cambiare le cose. E non è
poco.
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AMICIZIA
Quella vera dura tutta la vita. Non è un legame di sangue, un legame affettivo presente
fin dalla nascita, ma è forse il legame più forte che ci possa essere, differente dall’amore.
Un vero amico è un pilastro fondamentale della nostra vita. L’amicizia ci aiuterà nei
momenti difficili, ci farà essere vicini ai nostri amici in difficoltà, ci farà fare le cazzate, i
divertimenti tra amici, ci farà crescere…sempre. Ci porterà anche delle ferite, pugnalate
alle spalle… Ma il gioco vale la candela.
III parte
Concorso “miglior spot”! Ognuno dei gruppi presenterà il suo spot-valore; si chiederà a
tutti i giovani di votare ogni spot, e quello che avrà più punti, si aggiudicherà il concorso.
A conclusione di questo momento, si proietterà il video “Valore, di Erri De Luca”, ed ogni
educatore farà una breve riflessione sull’attività appena svolta, in modo da aiutare i
giovani a riflettere sulle difficoltà, le “potature”, e sulle necessità, gli “innesti”, di
diventare adulti e protagonista della propria vita. Riconoscendo in questo percorso la
presenza della mano di Dio.
Conclusione
Come momento conclusivo, si consegnerà a tutti i giovani e la si leggerà insieme, la
poesia di Gandhi “ Un dono”.
Un dono
Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l'ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell'animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l'amore,
e fallo conoscere al mondo.
(Gandhi)
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IV TAPPA
“COM’ERA L’ALBERO, COSI’ SARA’ IL FRUTTO”
“[…] Dio è gratuito, e gratuita è la Sua grazia. Non ci ama perché siamo buoni, ma per
renderci buoni. […] Abitua a TRASFORMARE il male in bene. Le ferite in feritoie […]”.
(Mons. Bregantini)
Obiettivo
Il giovane/giovanissimo, giunto alla certezza di avere un sogno, ne delinea le prospettive,
partendo dal qui ed ora. Così come le foglie e i frutti rappresentano la bellezza dell’albero,
così il suo sogno da senso e bellezza alla sua storia personale. E’ qui che il progetto
prende forma!
In profondità
Sforziamoci di ascoltare i nostri sogni, i nostri desideri, le emozioni e gli stati d’animo.
Coltiviamo i nostri sogni, come quella forza che ci stimola ad essere migliori a puntare in
alto. Il sogno rimarrà lo strumento che con fiducia e speranza, ci farà essere contento di
noi stessi. Il sogno è l’elemento che tiene in tensione la vita, quello che gli attribuisce un
senso. E se il sogno diventa progetto, proiezione virtuale di una vita più appagante, o
semplicemente di una bella situazione, sognare è vivere sì più vite, alcune virtuali e
alcune reali, ma anche un segno della volontà di evolversi. Sognare è saper immaginare
per se stessi e per gli altri un futuro migliore, è l’adoperarsi per ottenerlo. Tutto ciò che ci
circonda e che è stato creato dall’uomo è sempre partito da un sogno, da un’intuizione a
prima vista impossibile. La storia dell’umanità è densa di imprese “impossibili”. Riuscire
ad inseguire i sogni è faticoso all’inizio, ma quando si comincia, allora diventa quasi
impossibile frenarsi. Tutto il sognare diventa impulso di cambiamento, di speranza. E
non appena un piccolo, piccolissimo sogno si realizza ecco che il desiderio di provarci
ancora, di rincorrere anche i sogni perduti, il tempo perduto, diventa inarrestabile. Pochi
diranno di essere riusciti a realizzare un sogno; pochissimi credono ancora di poterlo
realizzare; nessuno ti dirà di non averne mai avuti. Tutti hanno sognato perchè una vita
senza sogni non ha sapore.
I sogni sono qualcosa di profondo, qualcosa di sconosciuto e più intensamente si sogna,
più il sogno diventa esperienza emozionale forte. Il pericolo sta nel lasciarsi travolgere dal
sogno per fuggire la realtà, per isolarsi, per preferire la vita sognata a quella reale. Invece
se il sogno diventa progetto, sognare è anche un segno della volontà di evolversi. Il
cambiamento prefigurato dai sogni è il saper immaginare per se stessi e per gli altri un
futuro migliore, e l’adoperarsi per ottenerlo. Si può sognare perciò per abbracciare il
futuro; oppure, se il sogno è fine a se stesso, per fuggire il presente.
Prima o poi bisogna spostare i sogni dall’area del “sogno impossibile” a quello della
“possibilità”. Non esistono sogni impossibili ma solo sogni inchiodati dall’apparenza delle
condizioni che lo frenano. Riuscire ad inseguire i sogni è faticoso, è una scommessa
molto ardita: ma per quanto difficile sia, è possibile farcela. Per realizzare un sogno, per
prima cosa bisogna trovarlo. Può sembrare una banalità, ma non lo è affatto. Se chiedete
un po’ in giro quali sono i sogni che la gente vorrebbe realizzare, molto facilmente
riceverete risposte del tipo: "una decappottabile rossa", "la villa a Courmayer", "il viaggio
alle Seychelles", e via discorrendo. Un sogno autentico è scritto a caratteri indelebili nel
DNA della nostra anima e non avremo pace finché - nella nostra vita - non l'avremo
realizzato.
Un sogno autentico è un disegno che riusciamo a cogliere solo in alcuni - rari - momenti:
è un puzzle che ci viene svelato a tratti, pezzetto per pezzetto. E solo chi ha fede nel
proprio sogno ha la possibilità di vederlo un giorno realizzato. Quindi, per realizzare un
39
sogno, la prima cosa è trovarlo: e per trovarlo bisogna saper ascoltare. Dobbiamo
imparare ad ascoltarci come parte di un tutto. È quell’ascolto che va al di là della
superficie delle cose. Bisogna ricordare che il buono di un frutto non è nella sua buccia,
ma all’interno.
Il Sogno inoltre non si realizza dall’oggi al domani: ha bisogno di tempo, ha bisogno di
occasioni, ha bisogno di impegno e coinvolgimento personale. Come giovani, come
adolescenti, c’è una fretta folle per bruciare i tempi, per avere tutto subito. Eppure anche
chi è giovane e adolescente deve sottostare alla legge del tempo: bisogna riconciliarsi col
tempo perché il tempo è nostro alleato. Perché ciò che sembra impossibile o
irraggiungibile ora col tempo può diventare possibile e raggiungibile. Solo che bisogna
stare al gioco del tempo e non rimanere passivi e immobili. Giocare col tempo significa
imparare a scrutarlo mentre scorre, mentre offre le occasioni per esprimersi: un fatto,
una persona, una situazione anche banale possono diventare il punto di svolta che
cambia la storia, la nostra storia. Ma quando il tempo passa con quella persona, con quel
fatto, con quella situazione, bisogna esserci senza distrazioni: bisogna vivere il presente
con forza e intensità, senza banalizzare mai niente. Anche noi possiamo essere presenti
nel presente per raccogliere la sfida del tempo e saper giocare con esso. Perché io voglio
continuare a vedere il sogno della mia vita svelarsi ogni giorno che passa finché non
arrivi al suo pieno compimento.
PER I GIOVANISSIMI
I parte
Come lancio dell’incontro si può iniziare l’incontro con la distribuzione del testo e
l’ascolto della canzone di Eros Ramazzotti “Non siamo soli” che può servire da spunto per
riflettere su sogni e progettualità.
Non siamo soli
(Eros Ramazzotti)
E’ la voglia di cambiare la realtà che mi fa sentire ancora vivo
e cercherò tutti quelli come me che
hanno ancora un sogno in più… un sogno in più.
Dentro un libro che nessuno ha scritto mai,
leggo le istruzioni della vita,
anche se so che poi non le seguirò, farò ciò che sento…
Oltre le distanze noi siamo soli,
figli della stessa umanità,
anime viaggianti in cerca di ideali,
il coraggio non ci mancherà.
Supera i confini di qualunque ideologia,
l’emozione che ci unisce in una grande idea.
Un altro mondo possibile c’è
e lo cerco anch’io e lo voglio anch’io come te…
Nelle pagine lasciate in bianco noi
diamo spazio a tutti i nostri sogni
nessuno mai il futuro ruberà dalle nostre mani…
Oltre le distanze, noi non siamo soli
senza più certezze e verità,
anime confuse, cuori prigionieri
con la stessa idea di libertà… libertà.
Oltre le distanze, non siamo soli
l’incertezza non ci fermerà.
Supera i confini, non conosce geografia
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l’emozione che ci unisce in una grande idea.
Oltre le distanze noi non siamo soli,
sempre in cerca della verità.
Anime viaggianti, cuori prigionieri,
con la stessa idea di libertà.
Un altro mondo possibile c’è e lo sto cercando insieme a te.
Anch’io con te. Insieme a me. E tu con me…
II parte
Si lascia che i ragazzi discutano liberamente per qualche minuto sul testo della canzone
iniziando a pensare su quali frasi ritengono legate al cambiamento quale mezzo concreto
della realizzazione dei sogni. Quindi si può procedere all’analisi delle frasi riportate nella
scheda ponendo loro alcune delle domande che si trovano di seguito o altre ancora che
l’educatore può liberamente integrare.
“E’ la voglia di cambiare la realtà che mi fa sentire ancora vivo”:
le esperienze ripetitive e cristallizzate, le forme stereotipate di conoscenza significano la
rinuncia ad essere vivi. Spesso la paura del nuovo impedisce quel cambiamento
necessario per affrontare le sfide che la vita continuamente pone. La tentazione è di
accontentarci di quello che abbiamo già raggiunto. Dio, però, ci ha affidato il mondo non
solo per custodirlo, ma anche per trasformarlo con la nostra creatività e intelligenza. Con
il nostro impegno partecipiamo all’opera creatrice di Dio. La dinamica del cambiamento e
della trasformazione del mondo, perciò, è insita in ognuno di noi.
“cercherò tutti quelli come me che hanno ancora un sogno in più”:
coltivare dei sogni èimportante per non cadere nellaroutine e nella “sindrome da
assuefazione”. Se un sogno è condiviso è più facile da realizzare. Il sogno è una molla che
ci spinge in avanti, che ci indica traguardi nuovi, creando una tensione dinamica che ci
fa uscire da noi stessi, dalla sicurezza dei nostri nidi.
“Oltre le distanze noi non siamo soli, figli della stessa umanità”:
le distanze possono essere geografiche, culturali, razziali, religiose, politiche, sociali…
Ma ciò che ci accomuna tutti è l’avere un’unica radice in Dio. Siamo tutti suoi figli e
fratelli tra noi. Spesso lo dimentichiamo. Dovremmo imparare a cogliere quello che ci
unisce e non quello che ci divide! Potremmo superare così tante solitudini e
discriminazioni.
“anime viaggianti in cerca di ideali”:
la nostra è definita una “generazione senza ideali”. E’ vero solo in parte. C’è ancora chi
ha ideali in cui credere e per cui lottare! Sarebbe un grande impoverimento fare il viaggio
della vita senza ideali da vivere e realizzare. Avere degli ideali significa passare dal “non
senso” a una vita ricca di senso, metterci in gioco per qualcosa di grande che non ci fa
sentire inutili e rende davvero felici!
“Supera i confini di qualunque ideologia”:
a nostra epoca è stata testimone di ideologie che hanno mortificato l’uomo e la sua
dignità. L’ideologia è un pensiero chiuso che soffoca la persona e che in ogni epoca
assume forme diverse. E’ importante smascherarne i meccanismi per andare oltre.
“Un altro mondo possibile c’è e lo cerco anch’io e lo voglio anch’io come te”:
a volte la rassegnazione ci impedisce di credere che il mondo può cambiare. E’
importante non arrendersi, lottare fino in fondo. Non siamo soli. Altri, come me,
desiderano un mondo diverso. Unire le forze, coltivare la cultura della solidarietà è
importante per imparare a volare più in alto.
“Nelle pagine lasciare in bianco noi diamo spazio a tutti i nostri sogni, nessuno mai
il futuro ruberà dalle nostre mani”:
con la nostra libertà, creatività e responsabilità possiamo essere protagonisti del futuro,
scrivere pagine nuove nella storia dell’umanità. Questa è una potenzialità che nessuno
può rubarci.
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“senza più certezze e verità, anime confuse, cuori prigionieri… l’incertezza non i
fermerà”:
in un clima di grande confusione senza più punti di riferimento, è importante non
annegare nel “fango” del relativismo culturale ed etico, ma continuare a sognare una via
di uscita liberante per tutti.
“sempre in cerca della verità. Anime viaggianti”:
la ricerca della verità ha appassionato l’uomo di tutti i tempi. Senza di essa è come se
l’uomo tradisse la sua natura e smarrisse la sua identità di figlio di Dio. L’uomo è un
“essere che cerca” e tutta la sua vita è un “andare oltre” fino all’incontro definitivo con
Colui che è la sua origine e il suo fine.
Sei contento del mondo in cui vivi? Cosa fai per migliorarlo?
Hai dei sogni da realizzare? Quali?
La solitudine è una realtà che vivi? Cosa fai per uscirne?
Hai degli ideali in cui credi? Quali sono?
Quanto le ideologie di oggi influenzano i tuoi comportamenti e le tue scelte?
Dove cerchi la tua verità?
É stato detto:
“Non riuscivo a trovare l’auto sportiva dei miei sogni, così l’ho costruita da solo”
(F. Porsche)
“Datemi un sogno in cui vivere, perché la realtà mi sta uccidendo” (J. Morrison)
“E’ sempre stato difficile venire al mondo. Gli uccelli fanno fatica ad uscire dall’uovo...
bisogna trovare il proprio sogno perché la strada diventi facile” (H. Hesse)
Ma io penso che:
Un sogno può cambiare il mio modo di vivere.
Mi capita spesso di sognare?
Potrebbe essere un pericolo rifugiarsi nel sogno?
Il mio sogno, il mio progetto non arriva da sè; coltivo la sua ricerca?
Quale rapporto ho con la realtà?
III parte
Ciascun ragazzo disegna su un cartoncino e ritaglia la sagoma della propria mano,
scrivendo sul pollice a che punto della propria vita si trova (età, luogo, scuola, etc) e sul
mignolo il sogno che ha nel cuore. Sulle altre dita gli impegni che si propone per
raggiungere il sogno, i mezzi concreti attraverso cui perseguirlo e gli ostacoli che
potrebbe incontrare durante il cammino e che si propone di superare. Lo scrive sul
palmo della sua mano perché è attraverso le nostre mani che possiamo realizzare il
nostro sogno.
Conclusione:
Si può concludere l’incontro con la lettura della seguente storia riflettendo su come,
malgrado si possano incontrare delle difficoltà, vale la pena di lottare per i propri sogni.
“Un vecchio sedeva in riva al lago e tutte le sere aspettava il tramonto. Ripensava spesso
a quando, bambino, seduto su un sasso, veniva invitato dagli altri bambini a giocare.
Accettava entusiasta l’invito, ma non appena cominciava a perdere, si allontanava con
qualche scusa. Da ragazzo sentendo la musica delle feste vicine, vi si recava incuriosito
dalla voglia di partecipare e divertirsi. Ma scoraggiato dalla difficoltà delle danze, tornava
a sedersi in riva al lago. Passò la giovinezza cercando l’amore, ma per ogni ragazza che
conosceva, ne incontrava una più affascinante. Divenuto adulto, gli offrirono un lavoro
come pescatore, ma alla prima tempesta si spaventò e tornò a riva. E una sera, ormai
anziano, salutò il sole al tramonto dicendo: “ Ho tante storie da raccontare, ma non ne ho
vissuta neanche una fino in fondo”.”
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PER I GIOVANI
I parte
Si può pensare ad organizzare un cineforum, oppure, laddove il tempo non lo permetta,
alla visione di alcuni stralci del film “UN SOGNO PER DOMANI” (soggetto tratto dal
romanzo “La formula del cuore” di Catherine Ryan Hyde).
Trevor è un bambino molto intelligente di undici anni che vive una vita difficile con la
madre ex alcolizzata di nome Arlene in un modesto quartiere di Las Vegas. La donna
durante il giorno lavora come cameriera in un locale di striptease e casinò. Il padre,
invece, violento nei confronti di lei e con problemi di alcolismo, è sempre assente.Trevor
vive una sorta di confuso idealismo, finché un giorno a scuola alla prima lezione del
corso di scienze sociali arriva il professore Eugene che lo stimola a mettere in moto
l'innata bontà d'animo. Il professore ad una lezione domanda in maniera critica alla
classe: "Vi piace il mondo così com'è?". Da quell'istante Trevor idealizza un modo per
cambiare in meglio il mondo e comincia a compiere delle buone azioni, chiedendo a chi le
riceve di compiere a loro volta un importante favore a tre persone differenti. Trevor allora
per il suo primo favore si dedica ad una persona in difficoltà, un povero
tossicodipendente che decide di portare a casa, dandogli ospitalità. Il tossicodipendente
si sdebiterà aggiustando il motore dell'automobile ad Arlene. Arlene, dal canto suo,
ricevuto il favore dallo sconosciuto, decide di passarlo a sua madre, anch'essa barbona e
alcolizzata, che non vede da più di tre anni. E così questo meccanismo dal nome "passa il
favore" prende vita e in breve tempo si espande a macchia d'olio fino a raggiungere le più
grosse città statunitensi. Finché un giorno un giornalista decide di indagare sulla
vicenda per scoprire la fonte di tanta bontà. Trevor, nel frattempo, insiste nelle buone
azioni e, dopo aver capito lo stato di necessità e solitudine in cui incorrono la madre e il
professore, decide di farli incontrare. I due in effetti incominciano a frequentarsi, ma
Eugene, che ha sempre vissuto da solo portandosi nella mente e nel corpo i traumi
dell'infanzia dovuta ad un padre violento, al momento di stringere un vero legame con la
donna si defila. A peggiorare la situazione c'è il ritorno del padre, che rientra a casa e dà
sfogo al proprio carattere manesco. La mamma però trova la forza per cacciare il marito.
Così Trevor cerca di riportare a casa propria Eugene. Intanto il giornalista indaffarato a
ricostruire la "catena della bontà" incontra prima un ricco imprenditore, poi un
delinquente e, infine, giunge sulle tracce della nonna di Trevor. Da lì il passo è breve e,
ricostruita l'intera catena, individua il primo anello della catena in Trevor e decide di
intervistarlo. L'episodio permette a Eugene e Arlene di riunirsi, concretizzando così la
seconda buona azione di Trevor. Ma il terzo favore conduce il ragazzino verso un destino
infausto. Infatti, Trevor interviene in una rissa in difesa di un compagno di classe ma
sfortunatamente ha la peggio e muore accoltellato.
II parte
Bisogna portare i ragazzi a riflettere su come a volte i nostri sogni non sono e non devono
essere dei sogni “personali”, ma dei veri e propri percorsi per costruire un mondo
migliore per me e per gli altri. Questo sogno “comune” diventa sempre più realizzabile,
qualora ognuno di noi si impegna in qualcosa che realizzi i sogni dell’altro, proprio come
auspicato ed messo in pratica da Trevor. Gandhi ha detto "Sii il cambiamento che vuoi
vedere avvenire nel mondo". E’ una regola da rispetta rese si crede ancora nei sogni: le
piccole speranze di progetti realizzabili o palpitanti nei nostri cuori ci devono aiutare ad
andare avanti. Cosa rimane di un uomo se gli togli il sogno in cui credere, il progetto per
cui lottare? Ogni ragazzo cerca di rispondere al tema del prof.Simonet: "Pensare a un
modo per cambiare il mondo e metterlo in pratica". Alla fine di questa attività i ragazzi
confrontano le loro idee.
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III parte
Ognuno fa suo l’impegno di Trevor: PASSA IL FAVORE! come riportato nella scheda per i
giovani.
Conclusione
Concludiamo l’incontro con un piccolo problema di matematica. Supponendo che,
mediamente, ogni persona impieghi un mese a passare i tre favori, quanto tempo sarebbe
necessario affinché ogni abitante della terra venisse coinvolto in questo grandioso
progetto? (Risp: meno di due anni!!!)
“Passa il favore”..
per un mondo migliore!!!
Io
Scrivi qui il tuo
nome...
Scrivi qui il nome di tre
persone per le quali ti
impegni a fare qualcosa di
importante
Scrivi su queste righe cosa ti impegni a fare per queste tre persone…
dopo aver fatto qualcosa di bello per loro di’ a queste tre persone che devono “passare
il favore” ad altre tre persone, e così via...!!!
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CELEBRAZIONE
Per la preghiera vi daremo solo qualche spunto, lasciamo a voi la scelta di canti, orazioni,
testi biblici e letture spirituali, proiezioni di video o filmati che possano sottolineare le
sfumature che più stanno a cuore al gruppo circa il tema proposto. Affidiamo a voi
quindi la cura del dettaglio perché possiate personalizzare e contestualizzare nel
cammino del gruppo questa proposta. Sarebbe bello inoltre pensare a dei segni che
possano esplicitare il messaggio e che possanno garantire una partecipazione piena di
ragazzi e/o giovani che camminano insieme!
Brano biblico :
Gv 12,24-26
Breve commento che può aiutare nella riflessione:
Eloquenti più d’un trattato, queste parole di Gesù dischiudono il segreto della vita.
Non c’è gioia di Gesù senza dolore amato. Non c’è risurrezione senza morte.
Gesù qui parla di sé, spiega il significato della sua esistenza.
Mancano pochi giorni alla sua morte. Sarà dolorosa, umiliante. Perché morire, proprio
Lui che s’è proclamato la Vita? Perché soffrire, Lui che è innocente? Perché essere
calunniato, schiaffeggiato, deriso, inchiodato su una croce, la fine più infamante? E
soprattutto perché
Lui, che ha vissuto nell’unione costante con Dio, si sentirà abbandonato dal Padre suo?
Anche a Lui la morte fa paura; ma essa avrà un senso: la risurrezione.
Così come per i rami che vengono rinnestati, così come il male che non viene tagliato via,
ma trasformato in bene, così per noi…ogni sofferenza ogni potatura ha un senso,
conserva in se il germe di una nuova opportunità!
Commento/riflessione di Chiara Lubich:
«Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore,
produce molto frutto»
Questa Parola dà senso anche alla nostra vita, al nostro soffrire, al nostro morire, un
giorno. La fraternità universale per la quale vogliamo vivere, la pace, l’unità che vogliamo
costruire attorno a noi, è un vago sogno, una chimera se non siamo disposti a percorrere la
stessa via tracciata dal Maestro. Come ha fatto Lui a "portare molto frutto"?
Ha condiviso tutto di noi. Si è addossato le nostre sofferenze. Si è fatto con noi tenebra,
malinconia, stanchezza, contrasto... Ha provato il tradimento, la solitudine, l’orfanezza… In
una parola si è fatto "uno con noi", facendosi carico di quanto ci era di peso.
Così noi. Innamorati di questo Dio che si fa nostro "prossimo", abbiamo un modo per dirgli
che gli siamo immensamente grati per il suo infinito amore: vivere come ha vissuto Lui. Ed
eccoci a nostra volta "prossimi" di quanti ci passano accanto nella vita, volendo esser pronti
a "farci uno" con loro, ad assumere una disunità, a condividere un dolore, a risolvere un
problema, con un amore concreto fatto servizio. Gesù nell’abbandono s’è tutto dato; nella
spiritualità che s’incentra in Lui, Gesù risorto deve risplendere pienamente e la gioia deve
darne testimonianza.
SEGNO
Anche noi siamo disposti a lasciarci plasmare dall’amore del Padre, anche noi come un
chicco di grano vogliamo “morire” a ciò che ottenebra la nostra vita, per portare molto
frutto…
(tutti durante il canto seminano il loro chicco di grano nella terra…che in poche
settimane fiorirà in florida spiga…)
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APPROFONDIMENTI
Canzoni: -Ho imparato a sognare (negrita)
- L’albero (jovanotti)
- Degli alberi (L’aura)
- Lo strano percorso (Max Pezzali)
- Che fantastica storia è la vita (Antonello Venditti)
Film: -Ritorno al futuro (di Robert Zemeckis)
- Billy Eliott (di Stephen Daldry)
- Le ceneri di Angela (di Alan Parker)
- Un Sogno per Domani ( di Mimi Leder)
Libri: - I miei martedì col professore
- Conversazioni notturne a Gerusalemme
- Le ceneri di Angela
- Il barone rampante
- Qualcuno con cui correre
- L’onda perfetta
- Piedi di cerva sulle alte vette
- Sentirsi amati
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III MODULO
LA NOTTE È… BIANCA
LA SENTINELLA, UNO SGUARDO VIGILANTE
Orizzonte: il giovane viene aiutato a “vedere” le sue attese di liberazione e quelle del
mondo; e scopre che il Vangelo è la bella notizia, la Parola fatta carne, che indica la via
della liberazione. Occorrono, per questo, occhi e cuore vigilanti che sappiano entrare in
dialogo empatico e simpatico con la storia, perché diventi storia di salvezza. La Chiesa
viene riconosciuta, così, come popolo di profeti.
LA PAROLA
Dal Vangelo secondo Matteo (2, 13-15.19-22)
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e
gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché
non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”.
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase
fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo
del profeta: “Dall'Egitto ho chiamato mio figlio”.
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli
disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele; sono morti
infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”. Egli si alzò, prese il bambino e sua
madre ed entrò nella terra d'Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea
regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in
sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata
Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: “Sarà chiamato
Nazareno”.
RILEGGIAMO…
Risulta evidente, in una prima lettura del brano in questione, come ci sia una forte
contrapposizione tra l’agire di Erode e la volontà di Dio.
Erode invia soldati, Dio manda un angelo dentro l'umile via dei sogni. Dio si affida ai
sogni degli uomini e alla loro capacità di sognare e di ascoltare. Erode, invece,
rappresenta il volere del mondo, restio all’accoglienza della Parola e deciso a “liberarsi” di
essa. Dio, al contrario, cammina accanto alle nostre paure con la sua Parola, cammina
con tutti i rifugiati, e con chi da’ loro soccorso, con un sogno di parole, un sogno di
Vangelo. Da questa evidente contrapposizione di idee e di azioni, ne viene furori una
situazione tribolata per Giuseppe e la sua famiglia, simboli della prima comunità
ecclesiale nascente. Una famiglia tribolata, che richiama tante altre situazioni anche del
nostro tempo: dai profughi costretti da anni alla paura e alla fuga, agli emigranti
obbligati a separarsi dai loro cari, e magari annegati nel Mediterraneo prima ancora di
raggiungere la meta; dai perseguitati e incarcerati sotto regimi tirannici, ai genitori
straziati dal non avere di che nutrire i loro bambini.
Giuseppe, quindi, può essere caratterizzato con la figura della sentinella, in quanto vigila
con occhio attento e pronto, scuote ed avverte coloro che gli sono vicini con voce forte e
profetica e scruta nel buio la via e le possibilità future. Ed è in questo contesto che si
inserisce il compito della Chiesa la quale, deve intervenire, parlare e cogliere l’essenziale
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oltre il visibile. E, soprattutto, deve capire le esigenze degli uomini nel loro cammino di
vita.
L’invito, per noi giovani, è quello di guardare al Vangelo come via di liberazione e di
riconoscere la Chiesa come scuola di libertà; infatti, il retto uso della libertà,
indispensabile ad ogni essere umano, non si può imparare che in un clima familiare.
Fatto di un giusto equilibrio tra fermezza e indulgenza, permette alla persona di formare
e rafforzare la propria volontà. Infatti, dove c'è costrizione, non c'è più posto per la
libertà; e dove c'è appagamento di ogni esigenza, non sarà mai possibile un vero
progresso.
SENTINELLE DEL MATTINO:
L'ATTESA… DELL’ALBA
Siamo abituati a sentire parlare di “notti bianche”, momenti in cui la città prende vita
anche quando dovrebbe essere addormentata e tutta la cittadinanza entra in quel
tempio, la notte, tipicamente appartenente al mondo giovanile. Ecco invece una
testimonianza di chi ha vissuto la notte in un modo un po’ diverso…
L’ESPERIENZA
Una luce nella notte è nata a Verona nel 1999 e ora è imitata in tutto il mondo da
moltissime comunità. L'esperienza originale è frutto di anni di sperimentazioni, tentativi
e miglioramenti.
Di notte, nei luoghi di ritrovo dei giovani, apriamo una chiesa e uscendo per le strade a
coppie, invitiamo i giovani ad un incontro personale con Gesù Eucaristia,
accompagnandoli uno ad uno.
L'esperienza è aperta a tutti i giovani dai 20 ai 35 anni che vogliono evangelizzare.
ALCUNE DOMANDE PER CAPIRNE DI PIÙ
1. Sembrate un un movimento... lo siete? No! Un movimento ha un
fondatore/fondatrice e una spiritualità. Noi siamo partiti come commissione di
pastorale giovanile nella diocesi di Verona, iniziando un "progetto di pastorale di primo
annuncio". Questo progetto è stato poi adottato anche in altre diocesi, che ora lo
vivono in modo autonomo: il centro di Desenzano fornisce solo un'amicizia e un aiuto
esterno per avere nuovo materiale, consigli, ecc...
2. Ma siete un'associazione? Alcuni collaboratori adulti del progetto si sono costituiti
in associazione civile Onlus per avere una personalità giuridica a livello burocratico e
per coordinare il loro lavoro a livello internazionale. Il progetto è un "progetto di primo
annuncio", ossia un pacchetto di iniziative che impegnano i laici per
l'evangelizzazione.
3. Mi piace l'idea, ma non voglio fare le "sentinelle del mattino"!Per noi le
"sentinelle" sono i giovani normali di una diocesi che appartengono già a qualcosa
(parrocchia, gruppo, ecc...), ma che si impegnano a lavorare concretamente per
risvegliare all'evangelizzazione tutti i battezzati, attraverso attività straordinarie di
primo annuncio. Il nome non significa appartenenza, ma "stessa visione". Giovanni
Paolo II chiamò così tutti i giovani del mondo alla GMG del 2000: non voleva fondare
un movimento, ma affidare loro un compito.
4. Per le parrocchie piccole funziona questo progetto?Sì e no. Dobbiamo uscire da
una mentalità ristretta che pretende di avere in parrocchia tutta la Chiesa. Il centro
della struttura ecclesiale è la Chiesa locale, ossia la diocesi. Per questo lavoriamo
prevalentemente a livello diocesano, chiamati da un vescovo o da un direttore della
pastorale giovanile. Crediamo che questo porti un frutto immediato anche in
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parrocchia, abilitando i laici e gli animatori all'evangelizzazione esplicita. A livello di
giovani, poi, non ha senso rinchiudere delle attività legandole ad un territorio troppo
ristretto. È possibile, invece, che più parrocchie si uniscano per portare avanti il
progetto a livello vicariale, decanale o zonale.
Avete qualcosa anche per gli adolescenti e ragazzi del post-cresima?Sì e no.
Questo progetto mira alla fascia 20-35 (e oltre per le famiglie): noi puntiamo a formare
dei giovani adulti capaci di evangelizzare. Questo ci sembra il miglior modo per
aiutare anche i ragazzi più piccoli: essi hanno bisogno non di nuovi schemi di
incontro o di nuove attività di intrattenimento, ma dell'amicizia di persone capaci di
parlare loro di Gesù. Quando un giovane animatore vive da "sentinella", torna in
parrocchia e gestisce il suo gruppo "post-cresima" con una nuova mentalità.
E cosa si fa dopo «Una luce nella notte»?Il progetto non si ferma con una serata! Le
persone che contattiamo, sono accompagnate gradualmente alla pienezza della vita di
fede e all'ingresso in una comunità parrocchiale attraverso le barche, le cellule, i corsi
S. Andrea, i corsi Alpha, e altre proposte che diffondiamo in Italia e nel mondo
attraverso una collana di libri, la nostra personale esperienza e la formazione che
diamo ai nostri giovani evangelizzatori. dell'evangelizzazione, con un percorso che
dura nel tempo e non solamente con un evento sporadico.
È vero che Una luce nella notte è nata a Verona?Sì, Una luce nella notte è nata a
Verona in una riunione del Centro di Pastorale giovanile che decise (assieme al Centro
missionario) di aprire la chiesa cittadina di San Luca tutti i sabati del Giubileo dalle
22 alle 3 di notte, dall'ottobre 1999 al dicembre 2000, mentre fuori Chiara Facci e
altre 2 ragazze evangelizzavano per la strada e accoglievano i giovani nella chiesa.
Abbiamo ancora conservato il primo striscione e il primo volantino di Una luce
nella notte. Lì abbiamo sperimentato moltissime sere, fino a giungere alla formula
attuale. Questa nel 2002 fu sperimentata ancora due volte con successo nella
missione di spiaggia a Riccione e nel 2003 la formula si perfezionò con il contributo di
diverse comunità invitate alla missione diocesana che ne seguì. Dall'estate 2003 è
stata ripetuta ogni mese a Desenzano e ora è imitata da moltissime comunità e
movimenti. Questa è la storia: ma ora siamo contenti che altri abbiamo preso l'idea e
la vivano nei loro ambienti. Il "logo" del progetto Sentinelle testimonia fino ad oggi la
fedeltà al metodo originario, anche se sempre migliorato dalle esperienze di questi
anni, dal 1999 ad oggi.
Formate davvero giovani al primo annuncio o in realtà siete una realtà che
porta via i giovani?
Alcune altre realtà presenti nella Chiesa dicono di formare giovani al primo annuncio.
Se si intende che alcuni giovani si mettono in gioco partecipando alle loro missioni,
questo viene fatto molto bene. Ma per noi formare al primo annuncio un giovane
significa renderlo capace di vivere il suo carisma personale (anche se non segue il
fondatore di una comunità) e, soprattutto, di abilitarlo a vivere ed organizzare
esperienze di evangelizzazione da solo, nella diocesi, anche senza queste comunità o
movimenti. Di fatto, queste missioni al popolo o di spiaggia sono possibili solo per
l'intervento massiccio di consacrati della comunità invitata. Questo non avviene per le
Sentinelle. Da vari anni ci sono giovani che autonomamente organizzano attività nelle
loro diocesi, senza sentirsi parte di alcun gruppo, ma semplicemente perché sono
giovani. Nessuno di loro si sente di appartenere alle "sentinelle", ma sono sentinelle
come le intendeva Giovanni Paolo II, perché evangelizzano e svegliano altri giovani
all'evangelizzazione. Cito solo un esempio, tra i tanti, dato che è l'ultimo. A Palermo
150 giovani hanno organizzato una missione di spiaggia con tanto di balli di gruppo e
Una luce nella notte in spiaggia. Chi erano? Giovani della Gifra, del MGF, di mille
altre realtà. Punto. Formati da chi? Dal progetto sentinelle! I giovani, cioè, non
vengono attirati all'esterno, verso altrove, ma sono abilitati a lavorare come giovani
diocesani nel loro territorio. Il fatto che il progetto "sparisca" dopo alcuni anni dentro
una diocesi (ma ne continuano le attività) è la prova di questa formazione vera al
primo annuncio.
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UNA TESTIMONIANZA (CHIARA DI CREMONA)
E' sempre stato importante per me venire a ULNN perchè era una "ricarica" di cui avevo
bisogno... però non avevo mai pensato di diventare una sentinella, perché era una cosa
che non sentivo per me. Poi non sono potuta venire a ULNN di novembre a Cremona e mi
è mancata tantissimo... così ho deciso di buttarmi e di provare a vivere l'esperienza per
intero! Ed ho fatto bene!!!
Innanzitutto mi sono sentita accolta: è vero che un po' di persone le conoscevo già e ciò
ha reso tutto più semplice, però ho trovato tanta disponibilità anche da parte di chi
ancora non conoscevo, insomma il clima è veramente bello! E accogliente! C'è un clima di
unità, ma non di un unità chiusa in sé stessa, in cui si fa fatica ad entrare... ma aperta
agli altri!
Mi è piaciuto molto l'aspetto della preghiera... credo che chiedere il digiuno del venerdì e
la partecipazione ad una messa feriale (questa cosa mi ha colpito molto) sia davvero un
bel pensiero... significa che si è chiamati a vivere davvero quest'esperienza come una
missione... Grazie al Cielo nella mia vita ho avuto l'opportunità di fare diverse esperienze
di Chiesa, ma poche volte mi è capitato di essere invitata a porre in maniera così forte
l'accento sulla preghiera come dimensione essenziale per compiere ciò che si sta facendo.
Spesso si fa, si fa, si fa e ci si dimentica che senza di Lui non andiamo da nessuna
parte... invece le sentinelle se lo ricordano che senza Gesù non si fa niente! (Tra l'altro mi
sono piaciute molto le invocazioni "Grazie Signore Gesù" e "Vieni Spirito Santo" ripetute
come una litania all'inizio e alla fine della preghiera! Stiamo importando il modello di
preghiera a casa nostra.) E poi il ruolo degli intercessori è fantastico... sapere che mentre
si agisce e ci si butta nel mare del mondo non siamo soli, ma c'è qualcuno che prega per
noi è semplicemente meraviglioso!
Quando abbiamo fatto gli atèliers speravo di non capitare all'accoglienza... in quel
momento mi sembrava la cosa più difficile: significa accompagnare le persone a Gesù e
avevo paura di non essere in grado di farlo... soprattutto perché sarei stata da sola
(almeno fuori si è in due!). Però allo stesso tempo dentro di me sapevo che sarei stata
destinata proprio lì... perchè il Signore avrebbe fatto sgorgare qualcosa di bello proprio
dove avevo più paura... e così è stato! A parte che per me è stato importante essere lì
perché così ho potuto portare insieme a Federico, mio marito, le preghiere dei ragazzi del
catechismo all'altare e insieme abbiamo potuto pregare per le nostre intenzioni davanti a
Gesù... gli incontri che ho fatto mi hanno colpita: sono state storie tutte diverse l'una
dall'altra... ma accomunate dal fatto che tutte le persone con cui ho fatto il percorso
venivano da lontano (tutti dal sud d'Italia) e tutti con un grande desiderio di casa e di
sentirsi accolti e voluti bene... come se il fatto di essere lontani dalle famiglie li spingesse
ad una ricerca più vera di affetto e di Bene... Il momento più emozionante è stato quando
sull'altare con due ragazze abbiamo detto il Padre Nostro tenendoci per mano, dopo che
una di queste, davanti a Gesù si era proprio sciolta in lacrime! L'altra cosa bella è stato
vedere come nessuno di loro si sarebbe mai allontanato da lì... come se ci fosse una
calamita forte che ci attirava a Lui...
Davvero c'è tanto bisogno di Lui... e davvero Lui sembra morire dalla voglia di farsi
incontrare! L'esperienza di ULNN mi aiuta ad avere la consapevolezza di essere una
sentinella non una tantum, ma nella vita di ogni giorno!
PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI
http://www.sentinelledelmattino.org
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I TAPPA
IMPARARE A SOGNARE
“un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe”
Quando Giuseppe riceve la visita dell’angelo sta riposando. Molte cose sono accadute
nella sua vita e in quella della sua nuova famiglia: il disagio e la precarietà del viaggio e
dell’alloggio, la nascita di Gesù, le ‘strane’ visite dei pastori e dei Magi...
Ri-posare è lasciare che le cose vissute trovino, lentamente, la loro collocazione nella
storia e possano ripartire nella novità del mattino. Giuseppe sogna e, cosa che a noi a
volte sembra paradossale, il sogno diviene per lui principio di realtà nuova. Il suo cuore
di ‘uomo giusto’, purificato da continuo ascolto della Parola, gli consente di scorgere il
messaggero di Dio.L’angelo mostra a Giuseppe ciò che sta accadendo e lo invita a
risvegliarsi e ad agire...
Obiettivo
Il giovane/giovanissimo prova a distinguere, nel suo vissuto, quali sono i sogni e quali i
bi-sogni che orientano la sua vita. Tra i tanti desideri, cerca di scorgere quello in cui
sente che si rispecchi la sua unicità. Il desiderio profondo di fronte al quale può dire:
questo sono io! Questo è ciò che voglio davvero per la mia vita!
In profondità
I mille stimoli con i quali, quotidianamente, la nostra società bombarda i
giovani/giovanissimi li spingono a cercare l’appagamento nell’immediato, nel tutto e
subito, in quasi tutti i campi della dimensione giovanile: nell’affettività, nell’impegno
scolastico/lavorativo, nelle amicizie, nella considerazione di sé, nella fede. Spesso i
ragazzi stentano ad “allungare i loro desideri” incatenati da speranze usa e getta:
esattamente ciò che definiamo bi-sogni, desideri che ti spingono a soddisfare le tue
esigenze immediate, che magari ti possono far star bene, ma costringono il tuo sguardo a
terra. Non c’è nulla di male nel prestare attenzione ai bi-sogni ma occorre anche favorire
la ricerca di un qualcosa che permetta, al giovane/giovanissimo, di alzare lo sguardo.
Occorre che riesca, nel caos, ad ascoltare l’eco di una promessa: un qualcosa che è
davanti ai suoi occhi ma non è ancora ben chiaro, che può trascinarlo verso un orizzonte
di libertà e felicità. Questo è il Sogno, come quello di Giuseppe, che spinge a spendersi
totalmente per un qualcosa più grande. Questo Sogno è il grembo che custodisce il
desiderio di unicità del cuore di ciascuno. Per far questo, il giovane/giovanissimo si pone
in ascolto della Parola che lo interpella, anche quando questa viene a “scompigliare”
quelli che sono i suoi progetti ordinari. Si rende conto che necessita di:
un cuore puro, libero per “guardarsi dentro”
ritagliarsi spazi di “riposo”, inteso non come ozio ma come spazio
privilegiato per rileggere e rielaborare il proprio vissuto, per far “posare di
nuovo” le esperienze… non prima di averle guardate sotto un’altra
prospettiva, alla luce della Parola.
Forse non tutti sanno che…
Benché il sonno sia rappresentato da un apparente stato di quiete, durante questo stato avvengono
complessi cambiamenti a livello cerebrale che non possono essere spiegati solo come un semplice stato
di riposo fisico e psichico. In effetti è possibile affermare che durante il riposo notturno il nostro
cervello non ozia affatto .Infatti tra i molti processi attivi nelle ore di riposo (buona parte dei quali
ancora sconosciuti) l’encefalo impiega tempo ed energie per rielaborare le informazioni acquisite nel
periodo di veglia immagazzinandole nella grande database della memoria. Inoltre, ci sono alcune
cellule cerebrali che in alcune fasi del sonno hanno una attività 5-10 volte maggiore rispetto alla veglia.
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ATTIVITÀ
PER I GIOVANISSIMI
TIRO A… SOGNO!!!
Si introduce il tema del sogno, lasciandosi aiutare dai
suggerimenti proposti nella prima parte della tappa e dalla Parola,
se lo si ritiene opportuno si può partire dall’ultimo monologo del
protagonista del testo di Alessandro Baricco “Novecento” riadattato
anche in versione cinematografica ne “La leggenda del pianista
sull’oceano” di Giuseppe Tornatore. In queste battute del
protagonista viene descritto tutto il suo rapporto con i sogni, la
paura di cambiare per vederli realizzati e quel meccanismo
mentale che Novecento compie per “incantare” i propri desideri…
per sublimarli e abbandonarli in modo che non possano più
nuocergli. Sarebbe interessante chiedersi, alla fine dell’attività se il
protagonista sia arrivato al cuore dei suoi desideri proprio,
paradossalmente liberandosene.
Ecco il testo:
Primo gradino. Secondo gradino. Terzo gradino.
Non è quel che vidi che mi fermò, ma quello che non vidi.
Lo cercai ma non c'era in tutta quella sterminata città c'era tutto tranne.
C'era tutto. Ma non c'era una fine. Quel che non vidi era dove finiva tutto quello. La fine del
mondo. Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su
questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti loro. Tu sei infinito. Questo a me piace.
Questo lo si può vivere. Ma se tu. Ma sei io salgo sulla scaletta e davanti a me si srotola
una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi. Milioni e miliardi di tasti che non finiscono
mai e questa è la verità che non finiscono mai e quella tastiera è infinita. Se questa
tastiera è infinita allora.
Su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto sul seggiolino sbagliato:
quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Anche solo le strade ce n'era a migliaia come fate voi laggiù a sceglierne una.A scegliere
una donna. Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di
morire.
Tutto quel mondo. Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce.
E quanto ce nè.
Non avete mai paura voi di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo a
pensarla? A viverla...
Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava ma a duemila persone per volta. E di
desideri ce n'erano anche qui ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua ed
una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita.
Io ho imparato così. La terra, quella nave è troppo grande per me. E' un viaggio troppo
lungo. E' una don a troppo bella. E' un profumo troppo forte. E' una musica che non so
suonare. Perdonami ma io non scenderò. Lasciami tornare indietro. Per favore.
Adesso cerca di capire fratello, cerca di capire se puoi.
Tutto quel mondo negli occhi. Terribile ma bello. Troppo bello.
E la paura che mi riportava indietro.
La nave di nuovo e per sempre.
Piccola nave.
Quel mondo negli occhi tutte le notti, di nuovo. Fantasmi.
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Ci puoi morire se li lasci fare.
La voglia di scendere. La paura di farlo.
Diventi matto così.
Qualcosa devi farlo e io l'ho fatto.
Ogni giorno per anni.
Miliardi di momenti.
Un gesto invisibile e lentissimo.
Io che non ero stato capace di scendere da questa nave per salvarmi sono sceso dalla mia
vita. Gradino dopo gradino. E ogni gradino era un desiderio a cui dicevo addio.
I desideri stavano strappandomi l'anima. Potevo viverli ma non ci sono riuscito.
Allora li ho incantati. E ad uno ad uno li ho lasciati dietro di me. Geometria, un lavoro
perfetto.
Tutte le donne del mondo le ho incantate suonando una notte intera per una donna, una, la
pelle trasparente, le mani senza un gioiello, le gambe sottili, ondeggiava la testa al suono
della mia musica, senza un sorriso, senza piegare lo sguardo mai una notte intera.
Quando si alzò non fu lei che uscì dalla mia vita ma tutte le donne del mondo.
Il padre che non sarò mai l'ho incantato guardando un bambino morire per giorni seduto
accanto a lui senza perdere niente di quello spettacolo tremendo e bellissimo volevo essere
l'ultima cosa che guardava al mondo. Quando se ne andò guardandomi negli occhi non fu
lui ad andarsene ma tutti i figli che mai ho avuto. La terra che era la mia terra da qualche
parte nel mondo l'ho incantata sentendo cantare un uomo che veniva dal nord e tu lo
ascoltavi e vedevi la valle, i monti intorno, il fiume che adagio scendeva e la neve d'inverno,
i lupi nella notte. Quando quell'uomo finì di cantare finì la mia terra ovunque essa sia. Gli
amici che ho desiderato li ho incantati suonando per te e con te quella sera, nella faccia che
avevi, negli occhi, io li ho visti tutti, miei amici amati. quando te ne sei andato sono venuti
via con te. Ho detto addio alla meraviglia quando ho visto gli immani iceberg del mare del
Nord crollare vinti dal caldo. Ho detto addio ai miracoli quando ho visto ridere degli uomini
che la guerra ha fatto a pezzi. Ho detto addio alla rabbia quando ho visto riempire questa
nave di dinamite. Ho detto addio alla musica, la mia musica, il giorno in cui sono riuscita a
suonarla tutta in una sola nota di un istante. Ho detto addio alla gioia incatenandola
quando t ho visto entrare qui.
Non è pazzia. Geometria.
E' lavoro di cesello.
Ho disarmato l'infelicità.
Ho sfilato via la mia vita dai desideri.
Se tu potessi risalire il mio cammino li troveresti uno dopo l'altro, incantati, immobili,
fermati lì per sempre a segnare la rotta di questo viaggio strano che a nessuno ho mai
raccontato se non a te.
Dopo questa prima parte si consegna ai ragazzi un foglio con sopra disegnato un
bersaglio, fatto di cerchi concentrici, magari con la parte centrale evidenziata. L’attività
consiste nel cercare, in maniera progressiva di fare centro, di inquadrare i desideri della
nostra vita. I ragazzi vengono invitati a scrivere nei vari cerchi del bersaglio i loro desideri
partendo dai cerchi più esterni dove andranno scritti i desideri più superficiali passando
ai cerchi più interni dove in maniera graduale e scendendo sempre più in profondità
cercheranno di scrivere quei desideri che più degli altri li rappresentano che più degli
altri sentono vicini al loro cuore. Non occorre che venga riempito tutto il bersaglio.
Segue un breve momento di condivisione su quanto scritto.
PER I GIOVANI
HO IMPARATO A SOGNARE … NON SMETTERÒ!
Si ascolta il brano dei Negrita, interpretato da Fiorella Mannoia:
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“Ho imparato a sognare”, consegnando il testo ai ragazzi:
Ho imparato a sognare che non ero bambino
che non ero neanche un età
quando un giorno di scuola
mi durava una vita
e il mio mondo finiva un po' la...
Tra quel prete noioso
che ci dava da fare
il pallone che andava come fosse a motore
c'è chi era incapace a sognare
e chi sognava già
Ho imparato a sognare
e ho iniziato a sperare
che chi ha d'avere avrà
Ho imparato a sognare
quando un sogno è un cannone
che se sogni ne ammazzi metà
quando inizi a capire che sei solo in mutande
quando inizi a capire che tutto è più grande
c'è chi era incapace a sognare
e chi sognava già
Tra una botta che prendo
e una botta che do
tra un amico che perdo
e un amico che avrò
e se cado una volta,
una volta cadrò
e da terra da lì m'alzerò
c'è che ormai che ho imparato a sognare
non smetterò..
Ho imparato a sognare
quando inizia a scoprire
che ogni sogno ti porta più in là
cavalcando aquiloni
oltre i muri e i confini
ho imparato a sognare da là
quando tutte le scuse per giocare son buone
quando tutta la vita è una bella canzone
c'è chi era incapace a sognare
e chi sognava già
Al momento di ascolto può seguire un breve brainstorming sul testo della canzone
durante il quale gli educatori potranno appuntare su un cartellone le parole dette dai
ragazzi oppure semplicemente passare alla fase successiva che consiste nel fornire loro
una pista di riflessione da approfondire in u momento di deserto. Se lo si ritiene
opportuno al deserto può seguire un momento di condivisione, magari a piccoli gruppi.
Ecco la pista per la riflessione personale:
54
Di fronte alle situazioni che vivi nel quotidiano, riesci a ritagliarti uno spazio di
“riposo”, di ascolto, per farle sedimentare e analizzarle con calma, per dare un
nome alle tue emozioni, ai desideri che ti hanno guidato nell’agire e re-agire....
Quando ti metti davanti allo specchio del tuo cuore, lo trovi limpido e sgombro
oppure incrinato dagli urti della stanchezza, del sentirti giudicato, dei tuoi
“io...forse...ma....non so...” ???
Pensi mai che c’è un desiderio bello di Dio per te, che ti precede e ti accompagna,
rivelandosi attraverso la sua Parola e tramite le persone e gli avvenimenti della tua
vita?
Brani
LINK E…
citati e approfondimenti
“Novecento”, Alessandro Baricco
“La leggenda del pianista sull’oceano” Tornatore 1998
“Quella notte ad Efeso, lettera a Maria”, Don Tonino Bello
“Ho imparato a sognare” Fiorella Mannoia, Ho imparato a sognare 2009
II TAPPA
CHE RUMORE FA…???
“Egli, risvegliatosi, prese il bambino...”
Come già era avvenuto per l’annuncio della nascita di Gesù, anche adesso Giuseppe si
pone nei confronti della parola di Dio in atteggiamento di totale accoglienza e
disponibilità.
Obbedisce, ascolta la voce del Signore e la mette in opera senza esitazione.
Ha già compreso, Giuseppe, quale sarà la vicenda del Figlio? No, ma ciò non è necessario
per partire! Ciò che serve è rinnovare la fiducia nell’Altro che mi sta davanti (ob-audire),
accettare il fuori-schema e giocare al massimo le proprie possibilità:
“RISVEGLIATI E....VA’!”
Obiettivo
Il giovane scopre che il suo sogno può diventare vita nella misura in cui si mette in gioco
e accetta la sfida lanciata dalla Parola. Si sperimenta nel FARE la Parola ASCOLTATA.
“Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori,
illudendo voi stessi...” (Gc. 1,22)
In profondità
È mattina… ci si sveglia e, appena usciti dal torpore del sonno, ma ancora coccolati dalle
coperte calde si cerca di ricordare quello che durante la notte abbiamo sognato…
Potrebbe essere la tipica scena di una mattina invernale, ed è anche il quadro che
troviamo davanti a questo punto del nostro cammino sulle tracce della Famiglia di
Giuseppe, Maria e Gesù. Con i nostri giovani/giovanissimi abbiamo “imparato a sognare”
ma adesso, al risveglio, il nostro Sogno si trova davanti ad un bivio: da una parte può
55
rimanere solo una fantasia notturna, mentre dall’altra, ha la possibilità di diventare una
meravigliosa possibilità di vita. Il desiderio di fare della nostra vita una vita vissuta in
pienezza, quella promessa di libertà sussurrata nel nostro cuore dalla Parola del Signore
si trova tutta nelle nostre mani perché possiamo darle consistenza. Accettiamo la sfida
dell’impegno e della voglia di fare? Certo, per i giovani/giovanissimi (e per tutti) non è
sempre facile, soprattutto quando lo specchio del cuore torna ad incrinarsi dalle
delusioni e dai giudizi affrettati spesso anche nei propri confronti, ma possiamo
impegnarci, nel nostro compito educativo, nell’ aiutare i ragazzi a capire che dalla
delusione di alcune attese fallite si può trarre un’occasione per sperimentare se stessi in
percorsi e punti di vista nuovi.
Sotto questo sguardo nuovo il giovane/giovanissimo capisce che il Desiderio del suo
cuore coincide con il desiderio che il Cuore di Dio ha in serbo per la sua vita: un
desiderio, un progetto di Felicità. Il giovane/giovanissimo inizia quindi a scorgere nella
sua vita, nella sua esperienza quotidiana, degli echi di bellezza, di positività ai quali può
attingere speranza e nuove energie per procedere nel cammino verso il proprio orizzonte.
Tutte le esperienze vitali che il giovane/giovanissimo trova nel suo presente, tutti gli
incontri, i volti, le parole che lo fanno star bene davvero, non sono altro che segni della
presenza di un progetto d’Amore che Dio Padre pensa per ciascuno e che si attua nella
felicità piena. Il rumore che questa felicità fa passando tra il disordine della nostra vita ci
rende vigili e attenti, fornendoci un nuovo stile di vita. Il giovane/giovanissimo, infine,
comprende anche che il suo “stile di vita” può diventare questo “rumore di felicità” per
coloro che lo circondano. Tutti questi passaggi portano il giovane/giovanissimo a
diventare… lo scopriremo nella prossima tappa!
Forse non tutti sanno che…
In generale, il rumore è un segnale non desiderato, di origine naturale o artificiale, che si sovrappone
all'informazione trasmessa o elaborata in un sistema. A seconda dei campi di applicazione il termine
assume significati più specifici: per esempio in fotografia il rumore si evidenzia in prevalenza come una
certa granulosità o puntinatura monocromatica e/o come puntini o macchioline colorate ma è simpatico
notare come più è sensibile la macchina maggiore sarà il rumore mostrato (è sempre una questione di
attenzione!)
Il termine rumore non ha sempre una valenza strettamente negativa: infatti, in cosmologia la radiazione
cosmica di fondo, rappresenta un eco del big bang, cioè dell’origine del cosmo (…eco della nostra
origine…) ed è stata proprio apprezzata come un “rumore” cioè come un disturbo nei rilevamenti
strumentali prima che venisse scoperta la sua estrema importanza.
PER I GIOVANISSIMI
THE SOUND OF SILENCE
Si propone la tecnica del dialogo muto. I giovanissimi sono riuniti davanti ad un
cartellone appeso al muro con accanto i pennarelli. Si dovrà sviluppare un dialogo
“muto” in cui ciascuno del gruppo potrà scrivere considerazioni, domande, risposte senza
mai parlare. Questa fase può durare intorno ai 30 minuti. Si tratta di un vero dialogo
dove ogni partecipante reagisce all’intervento di un’altro/a; completa, modifica, interpella
ciò che è stato scritto da altri; sottolinea, collega con delle frecce le parole o le frasi. Non
è permesso cancellare ciò che altri hanno scritto sul foglio.
L’animatore scrive al centro la parola “felicità”. In silenzio ciascuno scrive liberamente,
rispettando le regole fissate per l’arco di tempo previsto. Al termine gli adolescenti
dialogano verbalmente su ciò che è stato scritto. L’animatore, nell’eventualità che il
dialogo si interrompa, può intervenire con provocazioni scritte, tra cui anche quelle
indicate di seguito.
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«Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di
vivere i propri sogni.» (P. Coelho)
«Diventiamo grandi grazie ai sogni.» (T. W. Wilson)
«I campioni non si costruiscono in palestra. Si costruiscono dall’interno, partendo da
qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono avere
l’abilità e la volontà. Ma la volontà deve essere più forte dell’abilità.» (Cassius Clay)
«Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia
reca in se genialità, magia e forza. Comincia ora.» (W. Goethe)
«Preferisco essere un sognatore fra i più umili, immaginando quel che avverrà, piuttosto che
essere signore fra coloro che non hanno sogni e desideri.» (K. Gibran)
«Datemi un sogno in cui vivere, perchè la realtà mi sta uccidendo.» (J.Morrison)
«Io sogno per vivere.» (S. Spielberg)
«sogni son desideri di felicità» (Cenerentola di Walt Disney)
«La vita è un sogno, fanne una realtà» (Madre Teresa di Calcutta)
Successivamente l’animatore aprirà la discussione facendo emergere quali sono i desideri
che i giovanissimi hanno espresso e nel caso tali sogni/desideri non siano emersi, li
inviterà ad esprimerli. Durata di questa fase 20 minuti.
PER I GIOVANI
SOGNO O… MI DESTO?
Proponiamo l’ascolto del brano dei Negrita “Che rumore fa la felicità”
di cui riportiamo il testo:
Che rumore fa la felicità.
Come opposti che si attraggono,
come amanti che si abbracciano.
Camminiamo ancora insieme,
sopra il male sopra il bene,
Ma i fiumi si attraversano e le vette si conquistano.
Corri fino a sentir male
con la gola secca sotto il sole.
Che rumore fa la felicità
Mentre i sogni si dissolvono
e gli inverni si accavallano
quanti spilli sulla pelle
dentro il petto sulle spalle,
ma amo il sole dei tuoi occhi neri
più del nero opaco dei miei pensieri
e vivo fino a sentir male
con la gola secca sotto il sole.
Corri amore, corri amore.
Che rumore fa la felicità
Insieme, la vita lo sai bene
ti viene come viene, ma brucia nelle vene e viverla insieme
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è un brivido è una cura
serenità e paura
coraggio ed avventura,
da vivere insieme, insieme, insieme, insieme … a te.
Che rumore fa la felicità.
Due molecole che sbattono
come mosche in un barattolo
con le ali ferme senza vento
bestemmiando al firmamento.
Mentre il senso delle cose muta
ed ogni sicurezza è ormai scaduta
appassisce lentamente
la coscienza della gente.
Che rumore fa la felicità.
Che sapore ha, quando arriverà sopra i cieli grigi delle città
che fingono di essere rifugio per le anime.
Corri fino a sentir male
con la gola secca sotto il sole.
Corri amore, corri amore.
Che rumore fa la felicità
Insieme, la vita lo sai bene
ti viene come viene, ma brucia nelle vene e viverla insieme
è un brivido è una cura
serenità e paura
coraggio ed avventura,
da vivere insieme, insieme, insieme, insieme … a te.
Dove sei ora?
Come stai ora?
Cosa sei ora?
Cosa sei?
Dove sei ora?
Come sei ora?
Cosa sei ora?
Cosa sei… cosa sei? ma…
Insieme, la vita lo sai bene
ti viene come viene, ma è fuoco nelle vene e viverla insieme
è un brivido è una cura
serenità e paura
coraggio ed avventura,
da vivere insieme, insieme, insieme a te … a te.
L’educatore può quindi utilizzare il brano per approfondire il tema del “rumore di felicità”
della ricerca delle tracce che il progetto di Dio lascia nella nostra vita per giungere alla
necessità di diventare rumore di felicità per gli altri… da vivere insieme!
58
Proponiamo anche questa semplice attività anche come continuazione rispetto alla
prop
osta
di
dese
I MIEI
rto
SOGNI...
della
tapp
a
prec
eden
te.
Si consegna ai ragazzi uno schema del genere:
Con una pista di riflessione come questa:
Al “risveglio” da ogni mio sogno, ho due possibilità: lasciare che si dissolva nella mia
memoria, magari con un retrogusto di rimpianto o di nostalgia...oppure, dopo aver
ponderato se è un “sogno che vale”, provare a mettermi in gioco e cercare una via per
concretizzarlo al meglio
e in modo realistico....
Prova a costruire dei bivi con al centro i tuoi piccoli e grandi sogni e segui le due
possibili vie...
Immaginando gli sviluppi derivanti dalle tue scelte
PER I GIOVANISSIMI
SOGNO O… MI DESTO?
L’attività proposta per i Giovani può essere svolta con i Giovanissimi con alcune
modifiche. Si può proporre l’ascolto del brano di Edoardo Bennato: “L’isola che non c’è” di
più facile lettura di quello dei Negrita, ponendo in contrapposizione, nei bivi gli
atteggiamenti opposti di chi non ci crede, “non può esistere”, e quello di chi, come
Giuseppe, è in grado di scommettere la sua vita e quella della sua famiglia per il Sogno.
LINK E…
Brani citati e approfondimenti
“C rumore fa la felicità”, Negrita HELLdorado 2008
“L’isola che non c’è” Edoardo Bennato Sono solo canzonette 1980
“Quella notte ad Efeso, lettera a Maria”, Don Tonino Bello
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III TAPPA
UN PIEDE SULLA TERRA...
LIBERARE LA SPERANZA!
“Si compì ciò che fu detto dai profeti: Nazareno sarà chiamato”
Gesù, il consacrato, compie il sogno di salvezza del popolo di Israele.
Liberato dall’Egitto, dalla mano del re/faraone,
può riprendere il cammino verso la terra della promessa.
Giuseppe/sentinella “libera” Gesù/speranza: con la sua disponibilità “rende possibile” la
salvezza non solo per sé e per la sua famiglia, ma per l’intero popolo di Israele,
nella cui storia si innesta la vita del Figlio.
Con il suo coraggio obbediente, apre una strada alle attese di speranza del suo popolo,
facendosene carico non solo nell’esilio egiziano, ma anche nel ri-entrare,
con il Messia, nella terra di Israele.
Obiettivo
Il giovane/ sentinella prende coscienza del suo essere parte di una realtà “aperta”, a
livello ecclesiale, sociale...e che questa realtà pone due alternative:
 rimanere “al caldo del castello insieme alle truppe”
 approfondire il senso del suo essere “avvistatore di novità” ed elaborare strategie
per essere significativo nel contesto che lo circonda.
Come gruppo, scopre la COLLABORAZIONE come punto di forza e tenta un “progetto
operativo” che tenga conto delle specificità di ciascuno...
In profondità
SENTINELLA! Ecco come ci sentiamo alla terza tappa del nostro cammino lungo le ore di
questa notte bianca, siamo quelli attenti… che osservano… abbiamo imparato a
guardare dentro di noi, ci siamo guardati attorno, ora dobbiamo guardare oltre. La
sentinella è chi è in grado di guardare dove gli altri non guardano, non ha capacità
speciali, semplicemente è sveglio mentre gli altri dormono: infatti quello che scorge non
lo tiene per se, ma è chiamato a condividerlo con i suoi compagni. Guardare oltre vuol
dire quindi anche saper guardare la comunità che è alle nostre spalle e che cammina con
noi. La sentinella difronte alla novità scorta sull’orizzonte corre a svegliare le altre
guardie; per questo i giovani, i giovanissimi vivono il loro cammino inseriti in gruppo:
perché imparino che “è più bello insieme”. Occorre quindi che si mettano alla prova nella
cooperazione e nell’aiuto reciproco proponendosi come gruppo e dimostrando l’attenzione
tipica delle sentinelle verso il mondo che ci circonda.
È vero, il nostro punto di partenza è un Sogno e la meta una Promessa, che si avvicinerà
nella misura in cui siamo in grado di camminare con i piedi ben piantati sull’asfalto delle
nostre strade, e di lavorare sporcandoci le mani per la felicità della gente che vive al
nostro fianco.
PER I GIOVANISSIMI / GIOVANI
SI PUÒ FARE!
Le attività che proponiamo per questa unità, in linea con i suoi contenuti prevedono
un’analisi attenta del territorio nella quale si trova il gruppo sia esso di giovani o
giovanissimi e di conseguenza non possono essere articolate in maniera dettagliata. Ad
ogni modo, come punto di partenza comune suggeriamo la visone del film “Si può fare”
del 2008 diretto da Giulio Manfredonia, con Claudio Bisio, ispirato alle storie vere delle
cooperative sociali nate negli anni ottanta per dare lavoro ai pazienti dimessi dai
60
manicomi in seguito alla Legge Basaglia, in particolare a quella della cooperativa
"Noncello" di Pordenone. Il film è dedicato alle oltre 2.500 cooperative sociali esistenti in
Italia e ai 30.000 soci diversamente abili che vi lavorano.
Si tratta di un film intenso, che con i toni della commedia, non della farsa, riesce a
raccontare le vite di un gruppo di ragazzi e ragazze considerati dai più “scarti” ma che
grazie all’attenzione di una sentinella dei giorni nostri che vede oltre la malattia,
riusciranno a fare della loro vita un’opera d’arte. Il film racchiude bene i passaggi che
abbiamo analizzato in queste tappe:
• il desiderio – sogno quando Nello (il protagonista) offre ai ragazzi la possibilità di
iniziare a svolgere un lavoro vero, assecondando le inclinazioni di tutti creando
una cooperativa dove ognuno possa essere se stesso, anche nelle difficoltà della
malattia.
• la capacità di continuare a camminare verso la Promessa anche quando ci
troviamo di fronte ai nostri limiti, riuscendo a trovare intorno a noi i rumori di
felicità. Il dottor Furlan a Nello, in crisi: “Ti hanno votato contro, non hai capito che
è la tua vittoria più bella?”
• Il saper guardare oltre le difficoltà e il rendersi conto di far parte di una comunità,
esserci per aiutare gli altri senza dimenticare di poter contare su chi ci è affianco
nei momenti di difficoltà. Luca (un ragazzo della cooperativa): “Quando uno dorme
bisogna svegliarlo!”
Oltre alla visione del film, per prepararsi alle attività si può leggere questo brano tratto
dalle Fonti Francescane:
106. Francesco, immedesimato in certo modo nei suoi fratelli per l’ardente amore e il
fervido zelo che aveva per la loro perfezione, spesso pensava tra sé quelle qualità e virtù
di cui doveva essere ornato un autentico frate minore.
E diceva che sarebbe buon frate minore colui che riunisse in sé la vita e le attitudini dei
seguenti santi frati: la fede di Bernardo, che la ebbe perfetta insieme con l’amore della
povertà; la semplicità e la purità di Leone, che rifulse veramente di santissima purità, la
cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell’Ordine e fu adorno di ogni
gentilezza e bontà, l’aspetto attraente e il buon senso di Masseo, con il suo parlare bello e
devoto; la mente elevata nella contemplazione che ebbe Egidio fino alla più alta
perfezione; la virtuosa incessante orazione di Rufino, che pregava anche dormendo e in
qualunque occupazione aveva incessantemente lo spirito unito al Signore; la pazienza di
Ginepro, che giunse a uno stato di pazienza perfetto con la rinunzia alla propria volontà
e con l’ardente desiderio d’imitare Cristo seguendo la via della croce; la robustezza fisica
e spirituale di Giovanni delle Lodi, che a quel tempo sorpassò per vigoria tutti gli uomini;
la carità di Ruggero, la cui vita e comportamento erano ardenti di amore, la santa
inquietudine di Lucido, che, sempre all’erta, quasi non voleva dimorare in un luogo più
di un mese, ma quando vi si stava affezionando, subito se ne allontanava, dicendo: Non
abbiamo dimora stabile quaggiù, ma in cielo.
Una comunità è il luogo in cui le diversità diventano ricchezza e occasione di crescita!
Un’ultima proposta è quella di aprire, nel mese in cui si svolgeranno le attività sul
territorio da parte dei gruppi, il consiglio pastorale parrocchiale ai gruppi dei giovani e
dei giovanissimi perché possano relazionare delle loro attività e possano sentirsi davvero
sentinelle della Comunità Parrocchiale.
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PER I GIOVANISSIMI
UN PARQUET CON IL LEGNO DI SCARTO...
All’arrembaggio per il “riciclo” delle risorse umane!
Quante persone e situazioni poco valorizzate intorno a noi...quanti ruoli si possono
rivedere e potenziare, nel gruppo, come in parrocchia...
Il lavoro dei singoli e del gruppo sarà quello di analizzare il modo in cui vengono investite
le varie potenzialità e tentare possibilità nuove...anche coraggiose e “fuori schema”, se
necessario!
...partendo dal considerare proprio le realtà solitamente “emarginate”...
PER I GIOVANI
“QUANDO UNO DORME BISOGNA SVEGLIARLO!”
Il gruppo si pone in osservazione del territorio circostante.
Individua una o più realtà “sonnolente” e tenta di elaborare una modalità di
intervento/presenza, che risulti significativa, efficace e verificabile nel tempo.
Per questo è necessario valutare realisticamente possibilità, risorse fisiche, materiali,
umane...in modo da non iniziare un’impresa destinata a non andare avanti.
[I CARE...mi faccio carico della realtà!!!]
Brani
LINK E…
citati e approfondimenti
“Si può fare”, Giulio Manfredonia 2008
“Quella notte ad Efeso, lettera a Maria”, Don Tonino Bello
“Pietre di scarto”, Don Tonino Bello
IV TAPPA
QUANTO RESTA DELLA NOTTE?
CELEBRAZIONE VIGILIARE DELLA LUCE
La celebrazione che viene presentata può essere utilizzata come preghiera vigiliaredella
luce. Il suo contesto ideale potrebbe essere un tempo prolungato di preghiera con i
giovani un sabato sera. Si prepari con molta cura tutto ciò che occorre per questa
celebrazione (proclamazione dei testi, canti, ecc.) e si presti particolare attenzione ai segni
che accompagnano tutta la preghiera.
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AMBIENTAZIONE
La chiesa è in penombra. Presso l’altare sono disposte quattro lampade spente che
verranno accese durante la celebrazione. Colui che presiede la celebrazione non prende
posto alla sede, ma innanzi a tutta l’assemblea di fronte all’altare. La celebrazione ha
inizio nel silenzio.
Voce
Ciò che ho udito dal Signore dell’universo io l’ho annunciato a voi.
È un oracolo avvolto nel silenzio gridato verso di me:
"Sentinella, a che punto è la notte?
Sentinella, a che punto è la notte?".
Ecco la sentinella risponde:
"Viene il mattino, e anche la notte;
se volete domandare, domandate,
venite, ritornate al Signore!".
(cfr. Isaia 21, 10-12)
PRIMO MOMENTO
LE NOTTI DELLA STORIA
Lett.
Quattro notti sono state scritte nel libro delle memorie.
La prima notte fu quella in cui YHWH si manifestò sul mondo per crearlo:
il mondo era deserto e vuoto e le tenebre ricoprivano le superfici dell’abisso.
La Parola di Dio era luce e illuminava e la chiamò notte prima.
Mentre viene accesa la prima lampada un giovane dice:
Sol.
fuoco.
Padre, unico Dio vivo e vero:
prima del tempo e in eterno tu sei, nel tuo regno di luce infinita.
Tu solo sei buono e fonte della vita,
e hai dato origine all’universo.(cfr.Prefazio della Pregh. Eucaristica IV)
La tua Parola feconda
è risuonata fra le tenebre del caos primordiale,
la tua voce creatrice ha fatto il Sole, la Luna, le Stelle, e la fiamma del
Tutto questo hai fatto per effondere il tuo amore sulle creature
e allietarle con gli splendori della tua luce.
(cfr. Prefazio Pregh. Eucaristica IV)
Tutti cantano Questa notte non è più notte davanti a te,il buio come luce risplende.
Lett.
La seconda notte fu quando YHWH si manifestò ad Abramo all’età di cento
anni e a Sara sua moglie che aveva novant’anni, perché si compisse ciò che
dice la Scrittura: “Forse che Abramo all’età di cento anni potrà generare e
Sara sua moglie all’età di novant’anni concepire?”. Isacco aveva trentasei
anni quando fu offerto sull’altare: i cieli discesero e si abbassarono e Isacco
vide la perfezione e i suoi occhi rimasero abbagliati. E la chiamò notte
seconda.
63
Mentre viene accesa la seconda lampada un giovane dice:
Sol.
Padre santo,
tu hai chiamato e fatto uscire Abramo dalla sua terra,
per costituirlo padre di tutte le genti,
(cfr.Prefazio Comune VII)
e hai stabilito con il tuo popolo un patto nuovo.
Nell’alleanza tra l’uomo e la donna
hai rivelato il mistero ineffabile del tuo amore.
(cfr.Prefazio del Matrimonio)
E quando gli uomini per la loro disobbedienza
hanno perso la tua amicizia
tu invece di abbandonarli
a tutti sei venuto incontro e hai rinnovato con loro
un vincolo così saldo che nessuno potrà mai spezzare.
(cfr.PrefaziPregh. euc. IV e IR)
Tutti cantano Questa notte non è più notte davanti a te,il buio come luce risplende.
Lett.
La terza notte fu quando YHWH si manifestò contro gli Egiziani nel mezzo
della notte: la sua mano uccideva i primogeniti degli Egiziani e la sua destra
proteggeva i primogeniti di Israele per compiere la parola della Scrittura:
“Mio figlio primogenito è Israele”. E la chiamò notte terza.
Mentre viene accesa la terza lampada un giovane dice:
Sol.
Padre santo, Dio dell’alleanza e della pace,
tu che hai suscitato Mosè per liberare il tuo popolo
e guidarlo alla terra promessa,
(cfr.Prefazio Comune VII)
non ci lasci soli nel cammino
ma sei vivo e operante in mezzo a noi.
(cfr.PrefazioPregh. euc. VA)
Tu hai fatto di tutte le nazioni un solo popolo nuovo
che ha come fine il tuo regno.
come condizione la libertà dei tuoi figli,
come statuto il precetto dell’amore.
(cfr.Prefazio Comune VII)
Tutti cantano Questa notte non è più notte davanti a te,il buio come luce risplende.
Lett.
La quarta notte sarà quando il mondo giunto alla sua fine, sarà dissolto. I
gioghi di ferro saranno spezzati e le generazioni dell’empietà annientate. E
Mosè uscirà dal deserto […] uno camminerà in testa al gregge e l’altro sulla
sommità di una nube e la sua parola avanzerà tra i due e procederanno
insieme. E’ la notte della pasqua per il nome di YHWH: notte fissata e
riservata per la salvezza di tutte le generazioni.
(Targum dell’Esodo 12, 42 Codex neofiti I)
64
Mentre viene accesa la quarta lampada colui che presiede dice:
Cel.
Quando giunse la pienezza dei tempi,
Dio mandò a noi il suo Figlio Gesù,
la Stella radiosa del mattino, l’infinito amore,
incarnato nel grembo purissimo della Vergine Maria,
Mistica Aurora che con il suo “Fiat”
preannunciò la “visita dall’alto
di un sole che sorge per rischiarare
quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte”. (cfr. Lc 1,78b-79)
“Luce per illuminare le genti e
gloria del popolo d’Israele”,
(cfr. Lc 2,32)
il Cristo a tutti disse: “Io sono la luce del mondo;
chi segue me, non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita”;
(cfr. Gv 8,12)
e ai sui discepoli ricordò: “Voi siete la luce del mondo …
risplenda la vostra luce davanti agli uomini,
perché vedano le vostre opere buone
e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.
(cfr. Mt 5,14.16)
Anche quando le tenebre dell’odio lo circondarono,
e la violenza dell’uomo ingrato lo inchiodò alla Croce,
il suo Volto non smise di irradiare sul mondo la luce dell’amore
perché si adempisse la Scrittura:
“Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”.
(Cfr. Gv 12,32)
Tutti
È Cristo la rivelazione luminosa del Dio invisibile.
È lui la splendente immagine
che manifesta l’inesauribile ricchezza di Dio
e la sua vittoria sul peccato e sulla morte.
Sac.
La luce del Cristo
che risplende dal suo Volto glorioso e santo
disperda le tenebre del cuore e dello spirito,
e sia con tutti voi.
E con il tuo spirito.
Tutti
Mentre si esegue un canto, dal fondo della chiesa fa il suo ingresso una icona del Volto di
Cristo. Vengono accese tutte le luci della chiesa. Il Celebrante l’accoglie e dopo averla
incensata, prende posto alla sede.
CANTO PER L’INTRONIZZAZIONE DELL’ICONA
Cel.
Tutti
O Dio nostro Padre,
contemplando la luce in questo vespro,
il nostro sguardo è fisso sul Volto luminoso del tuo Figlio.
Non lasciare che le tenebre della notte, spengano in noi la sua luce,
ma lo Spirito plasmi in noi la sua immagine
e ci conduca al giorno che non conosce tramonto.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
Seduti
65
SECONDO MOMENTO
LITURGIA DELLA PAROLA
Dal Libro del Profeta Isaia (9, 1-6)
Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano
in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide
la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l'opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il
bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. Perché ogni calzatura di soldato
che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in
pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il
suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
CANTO
Dal Vangelo secondo Matteo (5, 13-17)
Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà
salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte,
né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce
a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini,
perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.Non
crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a
dare pieno compimento.
RIFLESSIONE DI CHI PRESIEDE
TERZO MOMENTO
OMAGGIO A MARIA DONNA DEL SABATO
Lett.
Da uno scritto di padre Mariano Magrassi
Il sabato sta tra il venerdì e la domenica, tra la memoria della passione e quella
della risurrezione. Maria lo riempie perché in quel giorno, il sabato santo, tutta la fede
della Chiesa si è raccolta in lei. Nel suo grande cuore di Madre si raccoglieva tutta la vita
del Corpo mistico, di cui sotto la Croce era stata chiamata a diventare la Madre
spirituale. Mentre la fede si oscurava in tutti, lei, la prima anima fedele, è rimasta sola a
tenere viva la fiamma, immobile nell’oscurità della fede.
La Chiesa ancora una volta si identifica con lei…
Abbiamo talora l’impressione di vivere un nuovo venerdì santo: defezioni e crisi
sembrano moltiplicarsi, accanto a tanti segni di speranza. Ma adesso la Vergine non è
sola: la Chiesa è con lei. Tante anime credenti accettano di stare con lei ai piedi della
Croce. La Chiesa vive nel mondo la sua passione, prolungando quella di Cristo, ma non
cessa mai di credere e di sperare e non allenta il suo quotidiano, sofferto cammino
incontro al Signore. E allora il venerdì si trasforma nel sabato, il sabato di Maria: lievitato
dall’attesa della Risurrezione. Con lei si ritrova la gioia di vivere e il coraggio di sperare.
66
Se c’è tanto male nel mondo, lei è come la “corrente del golfo”:
una corrente di bontà e di purezza che riscatta tutto il male e fa fiorire il bene. Se nella
Chiesa ci sono tensioni e lacerazioni, il modo per ritrovarsi uniti è di stringersi intorno a
lei. In una famiglia disunita, il primo passo verso la riconciliazione si fa ricorrendo alla
madre. Nel mondo disorientato, lei è la stella. In una Chiesa sofferente, è un segno di
speranza. Da lei la Chiesa deve tutto imparare. Deve imparare soprattutto a mettersi in
ascolto di quella parola che ha il dovere di proclamare, dispensandola ai fedeli come pane
di vita, imitando la Vergine in ascolto; a presentare ogni giorno al Padre le necessità dei
figli nella preghiera, imitando la Vergine orante; a offrire se stessa insieme al Cristo in
ogni Eucaristia, imitando la Vergine offerente…
E’ a Maria e alla Chiesa insieme, che nella fede grideremo: “…Tu solo sei benedetta fra le
donne. Tu e nessun’altra”.
CANTO
Durante il canto si accendono le lampade di tutti
ORAZIONE CONCLUSIVA
Cel.
Tutti
O Dio, Padre della luce,
creatore del sole e degli astri,
fonte dell’intelligenza e della fede,
fa che tutti noi, mossi dallo Spirito Santo,
sostenuti dall’esempio splendente di Maria,
possiamo cercarti sempre con i nostri giovani cuori
affinché non ci lasciamo vincere dalle tenebre,
ma sappiamo trasformare anche il buio della notte
nell’attesa coraggiosa della luce dell’aurora
che rifulge a noi dal volto luminoso del tuo Figlio,
che vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen.
CANTO FINALE
IV MODULO
NOI CHE… SE SIAMO UNITI:
UNA CASA PER TUTTI.
67
ORIZZONTE
Il giovane si comprende come un essere in relazione, e scopre la bellezza e la ricchezza
dell’altro nella sua originalità e irriducibilità a sé, come risorsa e dono per vivere l’unità,
l’essere Uno nelle differenze. Proprio questa convivialità delle differenze mette al bando
l’indifferenza e ogni forma di negazione dell’altro, garantendo il raggiungimento del bene
personale insieme alla ricerca del bene comune.
La deriva privatistica, che chiude le porte alla reciprocità dell’essere, cede il passo alla
prospettiva comunionale cha fa del mondo una casa per tutti e con tutti, dove abitare e
praticare le vie del dialogo e della fraternità universale.
In quest’ottica, il giovane fa l’esperienza di una Chiesa che valorizza i diversi carismi e
ministeri per il servizio della comunione e per la missione evangelizzatrice.
LA PAROLA
Dalla prima lettera di San Pietro apostolo(2, 4-10)
Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio,
5quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio
santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo.
Si legge infatti nella Scrittura:
Ecco, io pongo in Sion una pietra d'angolo, scelta, preziosa,
e chi crede in essa non resterà deluso.
Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credonola pietra che i costruttori
hanno scartato è diventata pietra d'angolo 8esasso d'inciampo, pietra di scandalo.
Essi v'inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati.
Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è
acquistatoperché proclamile opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla
sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio;
un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia
RILEGGIAMO…
Siamo pietre vive e scelte e preziose. Stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo
che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di Lui che ci ha chiamato dalle
tenebre alla sua luce meravigliosa.
Pietre di Luce: tornano alla mente le pietre di luce di Castel del Monte. Quel castello è
costruito con pietre meravigliose poste in modo da dare corpo e far filtrare la luce in tutto
il percorso del sole durante l’anno. Per questo è un monumento di luce e di pietra, come
le splendide cattedrali romaniche di Puglia, costruite dalle stesse maestranze del
Castello.E tornano alla mente anche le pietre dei mosaici di Padre Ivan Rupnik in due
chiese della nostra diocesi: ma come fa una pietra
fredda
dura
prosciugata
refrattaria
totalmente disanimata
ad esprimere movimento e dinamicità!? Le pietre di quei mosaici diverse,
grandi e piccole
opache e lucide
povere e ricche
preziose e umili
bisogna saperle tagliare e mettere insieme. Bisogna imparare a tener conto della diversità
e della grandezza delle pietre. E tenendone conto, s’impara a tener conto dell’altro.
Questo è un principio religioso: considerare l’altro, affermarlo, riconoscerlo.
L’altro è pietra preziosa come me. E la pietra-materia ha come un “desiderio”: essere
usata per diventare “dono”, esprimendo l’amore interpersonale.
68
Stirpe. Popolo. Nazione. Collettività di pietre vive e non inerti. Pietre “fasciate” d’amore
che esprimono un insieme favoloso. Allora…l’altro può “essere l’inferno” per me - come
diceva Sartre? No. L’altro è terra familiare di vita, il mio io più prezioso e inamovibile che
mi regala il senso e la realtà della vita eterna già iniziata: “Noi sappiamo che siamo
passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli” (1Gv 3, 14).
Occorre allora sospendere il giudizio e considerare l’altro con simpatia. Tutto comincia di
qui. L’altro non si rivela sempre “bello”, non ci seduce necessariamente, non genera per
forza di cose attrazione e curiosità. Occorre decidere di amarlo prima ancora di
conoscerlo. In una comunità il grande allenamento è questo: sì, decidere di amare l’altro
prima di conoscerlo. E non valgono né simpatie, né antipatie, né affinità elettive. L’altro è
un dono, col suo modo di stare, di vivere i rapporti, di essere altro: gli possiamo solo
chiedere di vivere il Vangelo, come lui può chiederlo a noi.
Allora la Verità rivelata è l’Amore, ma soltanto l’Amore realizzato, “fatto”, condiviso, è la
Bellezza. La Bellezza è un mondo penetrato dall’amore, cioè dalla Comunione!
Ciò che è veramente bello, è la Chiesa, perché è la COMUNIONE delle persone, la
Comunità.
69
I TAPPA
TUTT’ALTRO CHE ME
Obiettivi
• riflettere sullo stile delle proprie relazioni
• avviare i giovani/giovanissimi a costruire relazioni significative con gli altri basate
sulla sincerità, sull’ascolto, sull’accoglienza
• siamo chiamati come cristiani a vivere le relazioni con lo stile di Gesù, modello
delle relazioni, a riconoscere nei fratelli il volto dell’altro
In profondità
Le relazioni che si allacciano nelle comunità virtuali sono relazioni “leggere’” che non
ammettonolegami, in quanto sono sciolte, revocabili, facili da finireperché possono essere
concluse senza sensi di colpa in qualsiasi momento.Chi, appunto, non si riconosce in
questo tipo di relazioni è colui che irrimediabilmente rimaneustionato dalle relazioni
virtuali trasposte nel mondo del vissuto reale.
Questa serie di metafore proposte criticamente da Bauman, servono a noi per capire
quindi che laprospettiva di responsabilità che viene imposta dall’altro in una relazione
che sia educativa o non,deve necessariamente essere “solida”, non nel senso opposto
a leggera ma di opposto a “liquida”. Una relazione che contempla momenti di luce e di
ombra, considera quindi anche spiacevoliconseguenze, dolori e perdite, rabbie e ansie,
forti sentimenti in circolo, non immunizzandosiperché nell’attaccamento che man mano
si costruisce e si rafforza si trova il naturale e sano esito diuna relazione impegnativa
dinamica e funzionante.
Una relazione solida è contrassegnatadall’affidabilità di chi scommette sull’incontro e la
qualità della presenza piuttosto di “compensare la fragilità delle relazioni con la quantità
delle connessioni”.
L’identità sembra nascere e costruirsi solo in un positivo rapporto con l’alterità.
PER I GIOVANISSIMI E PER I GIOVANI
Due domande ci accompagnano:Come entriamo in relazione? Con chi entriamo in
relazione?Si inizia l’incontro con la proiezione e relativa riflessione sui seguenti filmati:
Video Corti PIXAR “Geri’s Game” (rif. Allegato_CortiPixar)
• Come uomini siamo nati per non essere soli
• La stessa solitudine ci fa rendere conto di quanto abbiamo bisogno dell’altro
Un uomo è pienamente uomo quando è in relazione con l’altro. Geri è solo nel grande
gioco della vita: lui gioca con se stesso, utilizza maschere per rapportarsi, a volte tenta di
barare, deride, s’illude, ma alla fine non si accorge che vince e perde nello stesso tempo.
Filmato “Balance” (rif. Allegato_00)
• Perché abbiamo fatto vedere questo cortometraggio?
• Cosa vi colpisce?
• Secondo voi come sono legati tra di loro i personaggi?
• Riescono a collaborare?
• Qual è il primo atto di violenza? (non è lo schiaffo, ma il passo che rompe l’equilibrio)
• Secondo voi rispecchia qualcosa di reale?
• Noi uomini siamo legati?...quali relazioni ci caratterizzano?
Video Corti Pixar “Agnello rimbalzello”(rif. Allegato_CortiPixar)
70
•
•
Siamo unici e dobbiamo riscoprire le nostre qualità per metterle comunque a servizio
degli altri
Presenza di una guida, un punto di riferimento, qualcuno che nelle nostre relazioni ci
fa rientrare in noi stessi
L’incontro prosegue con la fase di confronto differenziato per Giovanissimi e Giovani
!!! DA TENERE PRESENTE PER LA DISCUSSIONE NEI GRUPPI !!!
E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza”
Creati a immagine di Dio e siccome Paolo dice che Dio è Amore, siamo creati a immagine
dell’Amore, Creati capaci di relazione, Creati per amare.
L’uomo si scopre come bisognoso di mettersi in relazione…
…e da questa relazione scopre se stesso
Se Dio è Amore (cfr 1 Gv 6,7)
E se l’amore è una relazione
Dio è relazione
Ma se l’uomo è a immagine e somiglianza di Dio
l’uomo è sé stesso (ciò che deve essere) solo quando ama
Quindi l’uomo per crescere (per diventare uomo)
deve maturare nelle sue relazioni
È noto il principio etico fondamentale di I. Kant: “Tratta l'altro sempre come fine, mai
come mezzo”.Se si confronta il pensiero filosofico con il pensiero religioso cristiano, allora
troviamo ulteriore approfondimento e motivazione. Nel pensiero cristiano, la qualità della
relazione è misurata dalla carità, traduzione latina della voce greca agape che vuol dire
amore di donazione, amore altruista. In perfetta coerenza, il concilio Vaticano II afferma
che l'essere umano “si ritrova”, cioè si realizza nel dono sincero di sé.
Approfondimenti
• presentazione sullo stile dell’amicizia tra Gesù e Pietro (rif.Allegato_01)
• attività sulle relazioni (rif. Allegato_02)
PER I GIOVANISSIMI
Nel
prosieguo
dell’incontro
si
può
fare
riferimento
alla
presentazione
powerpointsull’amicizia (rif.Allegato_03) e alle diverse canzoni più o meno famose scritte
sull’amicizia (aiutarsi con le diverse modalità di animazione: far cantare a ciascun
giovanissimo lo spezzone delle varie canzoni, …)
PER I GIOVANI
Ma da dove viene questo bisogno di relazionalità?Il bisogno di relazionalità risale dalla
nostra natura:Non è bene che l’uomo sia solo(Genesi).
La scoperta dell’altro: Questa volta essa è carne della mia carne, ossa delle mie ossa. La si
chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta (Genesi ). In ebraico ISH è l’uomo, ISHA è
la donna (la radice è unica).
Proiettare o distribuire su fotocopia, possibilmente a colori, il dipinto di Michelangelo
(rif. Allegato_04). La scoperta di assomigliare all’Altro: Dio che tende la mano
all’uomo.L’uomo è ala ricerca dell'altro fuori di se, ma quel piccolo spazio che divide il
dito di Dio e quello dell’uomo sembra così piccolo, ma è infinito perché racchiude lo
spazio in cui l’uomo entra in relazione con l’altro, in cui entra in una dimensione che è
fuori da se stesso, diversa dall’io e che lo porta a DIO. IO separato dal TU, ma IO in
relazione al TU.
71
II TAPPA
ESSERE IN-DIFFERENZA
Obiettivo
L’obiettivo di questa tappa è di aiutare i giovani a riflettere su come vivono e
considerano la diversità nelle loro relazioni quotidiane, per arrivare a (ri)scoprirla
come elemento fondamentale di coesione e di arricchimento del proprio gruppo, della
propria comunità parrocchiale e, più in generale, di tutti i loro ambiti di vita.
In profondità
Siamo tutti uguali: è semplicemente una bugia da evitare. Siamo tutti diversi, perché ciò
che alla radice ci unisce non è ciò che ci omologa, ma ciò che ci differenzia: abbiamo la
medesima natura, ma la nostra natura non è l’essenza metafisica ma la singolarità.
Non è facile passare sulle differenze, ignorandole, quasi non avessero peso nella
convivenza. Una troppo frettolosa compassione per gli altri o una solidarietà viscida
costruiscono una falsa compassione o un falso incontrarsi, in un gioco di equilibri
irrealistici destinati prima o poi a saltare.
Tenere conto delle distanze e del peso delle differenze è saggio e porta ad una
comunicazione vera, ad una comprensione facile. E’ importante essere e diventare dono
per l’altro, ma allo stesso tempo è determinante porre le condizioni perché l’altro sia un
dono per noi a riconoscimento della sua umanità e dell’insufficienza della nostra.
Chi vive di un solo colore dell’arcobaleno è cieco agli altri colori, ma chi vive nella luce
diffusa attraverso l’intero arcobaleno, conosce il Tutto. Anche e soprattutto
l’atteggiamento, a prima vista sconcertante, di Gesù nell’incontro con la donna sirofenicia (Mt 15, 21-28 - Mc 7, 24-30) è in realtà rispetto per la differenza che li separa e il
loro ritrovarsi nel fatto che “Dio è il Dio di tutti” riconosce ciò che li unisce alla radice del
loro vivere, non ciò che li rende uguali.
Un po’ come lo Spirito Santo, che di noi si serve in differenti modi e contesti: vivere a
pieno la diversità può essere allora un modo nuovo per condividere nel mondo la
fecondità dello Spirito.
Cominciando a condividere la vita con gli altri ci si rende conto di aver nascosto dentro il
proprio scrigno una quantità di risorse verso cui non si era riposta la minima attenzione
e che non erano valorizzate adeguatamente.
L’unione di una vera comunità scaturisce sempre dall’interno, dal fatto che ciascuno è
rispettato e trova il suo posto, dal riconoscersi diversi e dall’assenza di rivalità,
…dall’essere differenti alla reciprocità dell’essere.
PER I GIOVANISSIMI
La diversità è spesso fonte di ansie e paure perché inconsciamente è avvertita come una
minaccia alla propria identità che faticosamente i giovanissimi stanno conquistando:
vengono allora aiutati a convivere con la (falsa) minaccia dei diversi e a trasformarla pian
pianino in risorsa per sé e per l’altro. L’analisi delle relazioni con i propri coetanei, alla
luce di questa (ri)scoperta, porta l’adolescente a viaggiare nella propria identità,
aprendolo sia alle sorprese della sua fragile, ma bella umanità, sia alla vicinanza dei tanti
volti così tremendamente eppure meravigliosamente vicini.
La proposta “Sei come sei?” (rif. Allegato_05) può essere utilizzata per stimolare il
confronto ed il dialogo alla luce delle aspettative che ognuno si fa’ dell’altro.
Non c’è autentico dono se questo, oltre che ad essere riconosciuto nella gratuità
sconfinata del Padre, non è nuovamente messo in gioco come dono per gli altri.
Reciprocità dell’essere può significare che tutto quello che viene scoperto come propria
72
originalità, capacità, ricchezza, non può essere trattenuto per sé, ma messo in circolo, a
servizio della crescita e della comunità.
L’ascolto ed il confronto su “Rwanda” (rif. Allegato_06) e “Metti in circolo il tuo amore”
(rif. Allegato_07) aiutano quindi a riprendere i temi della diversità approfondendo la
necessità metterla in relazione senza alcun timore o insicurezza.
PER I GIOVANI
La vita comune può diventare una vera scuola in cui si cresce nell’amore: è la rivelazione
della diversità, delle ferite e delle tenebre dentro di noi, della trave nei nostri occhi, della
nostra capacità di giudicare e di rifiutare gli altri, delle difficoltà che abbiamo ad
ascoltarli e ad accettarli.
I giovani, confrontandosi con una coppia di giovani sposi (rif. Allegato_08), scoprono le
tante situazioni in cui la diversità è vissuta quotidianamente, si interrogano e scoprono
se e come la differenza aiuta ad individuare il problema per quello che rappresenta
realmente: un ostacolo comune ad entrambi da superare insieme.
In “Rwanda” (rif. Allegato_09) si possono riprendere i temi della diversità approfondendo
la necessità metterla in relazione senza alcun timore o insicurezza: quanta fatica
facciamo ad accettare la diversità; ancora oggi l’altro, il “diverso” ci fa paura e invece di
accoglierlo come una ricchezza, lo etichettiamo come un potenziale pericolo.
Un valido aiuto per la riflessione personale o di gruppo è la pagina “In principio, la
trinità” di mons. Tonino Bello (rif. Allegato_10): il genere umano è chiamato a vivere
sulla terra ciò che le tre persone divine vivono nel cielo: la convivialità delle differenze.
Approfondimenti (per Giovanissimi e Giovani)
• “L’alfabeto dello stareinsieme” (rif. Allegato_11)
• Ulteriori interrogativi per il confronto e la discussione di gruppo:
- Che accezione diamo al termine “diversità”?
- Quali mondi o categorie di persone riteniamo “diversi” nella nostra comunità?
Perché?
- Che genere di approccio abbiamo, concretamente, con persone ritenute “diverse”?
Quali difficoltà incontriamo nell’annunciare loro il Vangelo? Come superarle?
- Quale ruolo svolgiamo a servizio del Vangelo nella comunità? In che misura i
carismi di ognuno si incontrano? Le numerose “diversità” presenti nella comunità
hanno il potere di costruire più unità o più divisione?
- Hai mai pensato che la diversità e’ una ricchezza? Una ricchezza che abbiamo
tutti!!!
73
III TAPPA
Obiettivo
Aiutare i giovani e i giovanissimi ad individuare le caratteristiche della “Pace” come dono
di Dio; un dono gratuito, prezioso e abbondante.
In profondità
La scoperta di Dio, nella propria vita, la percezione della sua bellezza, l'incontro gioioso
con lui nel volto dell’altro suscita nel cuore delle persone una gioia profonda,
sconosciuta, diversa da ogni altra gioia.È la gioia del sapersi conosciuti, amati, preziosi.
E la scoperta dell'amore di Dio mi apre a scenari nuovi, inattesi: il mondo ha un destino
di bene, un amorevole disegno che, malgrado la fatica della storia e dell'umanità,
confluisce verso Dio.
E in questo progetto io, se voglio, ho un ruolo determinante: sono “una pietra viva…
scelta e preziosa davanti a Dio”, una tessera di un mosaico immenso, grandioso,
luminoso, sono parte di un tutto che realizzo amando e lasciandomi amare.Scoprire il
proprio destino, la propria chiamata intima, la propria vocazione, mi mette le ali, mi
cambia l'umore. Malgrado i miei limiti, le mie fragilità, le mie paure, posso amare e,
amando, cambia il mondo intorno a me.
Ecco, questa è pace: sapersi nel cuore di una volontà benefica e salvifica, scoprirsi dentro
il mistero nascosto del mondo. Credere in questo, adesione alla fede quasi sempre
tormentata e sofferta, non immediata e leggera, dona la pace del cuore.
Io sono amato, tu, amico, sei amato.Insieme a Dio, se vuoi, possiamo cambiare il mondo.
Questa pace è pace profonda, pace salda, pace irremovibile, ben diversa dalla pace del
mondo, pace che viene venduta come assenza di guerra o, peggio guerra che viene
ritenuta necessaria per imporre la pace.
Pace del sapersi amati che permette di affrontare con serenità anche le paure.Paura del
futuro, della malattia, del lavoro precario, del non sapersi amati, paura. La pace del
cuore, dono e conquista, fiamma da alimentare continuamente alla fiamma del risorto,
aiuta ad affrontare la paura con fiducia, a non avere il cuore turbato.
Un cuore pacificato è un cuore saldo, irremovibile, che ha colto il suo posto nel mondo,
che non si spaventa nelle avversità, non si dispera nel dolore, non si scoraggia nella
fatica.
Se avremo in noi stessi la capacità di vivere con la fede il dono della pace, il carisma della
pace, allora possiamo ben sperare di raggiungere l'unione completa degli spiriti e dei
cuori, che arriverà fino a mettere in comune i nostri carismi per la costruzione
dell'edificio spirituale che è il corpo visibile di Cristo, cioè la Chiesa.
Quale grazia, quale dono ci tiene uniti? La PACE.
74
PER I GIOVANISSIMI
Leggere il racconto “noi non siamo rocce” (rif.Allegato_12). Dopo un brevissimo
confronto sulla storia, l’animatore legge il brano del Vangelo diGiovanni 20, 19-22:
La sera di quello stesso giorno, che era il primo della settimana, mentre erano chiuse le
porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò
in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» E, detto questo, mostrò loro le mani e il costato. I
discepoli dunque, veduto il Signore, si rallegrarono. Allora Gesù disse loro di nuovo: «Pace a
voi! Come il Padre mi ha mandato, anch'io mando voi». Detto questo, soffiò su di loro e
disse: «Ricevete lo Spirito Santo.
Gesù risorto porta la pace, primo dono ai credenti. Altro è volersi bene e andare
d’accordo, altro percepire questo gesto come chiamata e vocazione: “Pace a voi” è Parola
che fa comunione, che lega, che costruisce la Chiesa, che rende testimoni e dà
coraggio.
Una testimonianza e un coraggio da “operatori di pace”: ”gli operatori di pace si sforzano
poi di creare legami, di stabilire rapporti fra le persone, appianando tensioni, smontando lo
stato di guerra fredda che incontrano in tanti ambienti di famiglia, di lavoro, di scuola, di
sport, fra le nazioni, …” (rif. Allegato_13)
A questo punto i giovanissimi saranno invitati a guardare alcune immagini (che
l’animatore avrà provveduto precedentemente a raccogliere preparando una
presentazione powerpoint) che ritraggono diversi ambienti di vita come la famiglia, la
scuola, il gruppo degli amici, la parrocchia, … e scegliendo una tra di esse racconteranno
come e “se” vivono il dono della Pace.
Una variante è quella di far preparare ai giovanissimi stessi, dividendoli in gruppi di
lavoro, dei filmati o delle presentazioni con didascalie e commenti dove loro stessi
raccontano come e “se” vivono il dono della pace.
I lavori verranno poi presentati a tutti i membri del gruppo per un confronto.
PER I GIOVANI
“Il cammino della Pace”, è il titolo del video o della presentazione che un gruppo di
giovani dovrà preparare per introdurre l’incontro. Esso dovrà rintracciare le tappe più
significative del “cammino della Pace” nella storia.
Dopo la presentazione l’animatore leggerà il brano del Vangelo di Giovanni 20, 19-22:
La sera di quello stesso giorno, che era il primo della settimana, mentre erano chiuse le
porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò
in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» E, detto questo, mostrò loro le mani e il costato. I
discepoli dunque, veduto il Signore, si rallegrarono. Allora Gesù disse loro di nuovo: «Pace a
voi! Come il Padre mi ha mandato, anch'io mando voi». Detto questo, soffiò su di loro e
disse: «Ricevete lo Spirito Santo.
Gesù risorto porta la pace, primo dono ai credenti. Altro è volersi bene e andare
d’accordo, altro percepire questo gesto come chiamata e vocazione: “Pace a voi” è Parola
che fa comunione, che lega, che costruisce la Chiesa, che rende testimoni e dà
coraggio.
In un rapido giro, ogni giovane condivide la sua idea di dono (brainstorming):che dono ho
sperimentato nella mia vita? E come l’ho sperimentato?
Successivamente (se è possibile dividere il gruppo in due o tre sottogruppi)i giovani
saranno invitati a confrontarsi con il brano di don Tonino Bello “la Pace in
cammino”(rif. Allegato_14). Durante il confronto sarà opportuno che ciascun giovane si
chieda: come io cammino con la Pace?
Le riflessioni emerse nei diversi sottogruppi saranno poi condivise con tutti i membri del
gruppo.
75
IV TAPPA
UN MONDO DI BENE …COMUNE
Obiettivo
Il giovane riconosce l'appartenenza alla città degli uomini nella prospettiva del bene
comune al fine di progettare un impegno creativo e responsabile per fare del mondo
una casa per tutti.
In profondità
Nel tempo della crisi di relazioni libere da tornaconti o interessi individuali, rimettere al
centro dei nostri cammini l’attenzione per una cittadinanza consapevole, vissuta nella
gratuità come spontanea risposta alla vocazione laicale, è aiutare le nostre comunità
ecclesiali ad orientare la loro missionarietà anche sul versante della partecipazione attiva
alle sorti del nostro tempo e delle nostre città.
La nota pastorale della CEI “con il dono della carità dentro la storia” esprimeva già nel
1995 l’esigenza di un nuovo radicamento civile e democratico segnalandolo come vera e
propria urgenza: “al momento presente…” il nostro essere cristiani laici ci convoca ad un
impegno attivo per la città dell’uomo, in impegno per la costruzione di un mondo più
umano già a partire dalla realtà a noi più vicina. Fondamentale nell’attuale contesto è
riporsi l’interrogativo: quale città per l’uomo di oggi?
Questa domanda ci porta a riaffermare la centralità della persona e della sua dignità, ma
anche a sottolineare la responsabilità dell’agire. Chiedersi quale città oggi, significa in
fondo domandare quale mondo è possibile realizzare, quali nuovi percorsi partecipativi si
possono intraprendere.
L’avere come riferimento l’essere comunitario della persona e il suo essere naturalmente
aperto e in relazione ci espone ad un’esperienza del plurale, dell’incontro, del dialogo, del
confronto, dell’apertura all’altro, della fatica esigente per la costruzione di un mondo
migliore. Su questo sfondo si possano aprire spazi immensi di protagonismo e di impegno
laicale, veri e propri spazi di presenza che i cattolici non possono lasciar vuoti.
Bisogna però riappropriarsi di passione civile e passione per l’uomo, bisogna ripartire
dalla pedagogia divina dell’Incarnazione: “venne ad abitare in mezzo a noi”, “ha messo la
sua tenda in mezzo a noi”, cioè ha fatto casa in mezzo a noi.
È necessario, oggi più che mai star dentro le dinamiche di questo tempo vivendo il
proprio tempo come tempo dell’impegno.
Dunque la partecipazione alla vita pubblica (in diversi modi ma con gli stessi riferimenti
valoriali) è un dovere per il credente. Cittadinanza è partecipazione attiva alle sorti delle
nostre comunità civili ed è impegno per un mondo nuovo. Un impegno che si traduce
nella riscoperta sia della politicità del vivere comunitario che del valore del bene comune
al di là di ogni settarismo e di ogni chiusura delle ragioni dell’altro.
La comunione ecclesiale è il più grande segno di speranza su cui siamo chiamati oggi a
misurarci, un segno di speranza che la Chiesa può offrire a un mondo diviso, a
dimostrazione che pur nelle differenze di carismi e di culture, la ricerca e l’individuazione
del bene comune può aiutare a costruire prospettive nuove di pace e di progresso.
PER I GIOVANISSIMI
“La capacità di sognare collettivamente delle condizioni migliori di vita”, “sentire l’urgenza
di doverci mettere in rete”: sono alcuni passaggi del breve intervento del governatore della
Regione Puglia, Nichi Vendola, al Villaggio Giovani (Fiera del Levante, 13 settembre
2010) e che può costituire l’introduzione al tema della tappa (rif. Allegato_15).
76
L’ascolto di “Mondo”, di Cesare Cremonini, mette a fuoco lo studio della propria realtà e
del posto in cui viviamo (ci si può aiutare con la ricerca su internet dei video legati alla
canzone).
L’attività “gabbie da superare” (rif. Allegato_16) conduce la riflessione, a partire da quello
che emerge dall'attività stessa, alla necessità di ”aprire le proprie gabbie” e a chiedersi di
cosa c'è bisogno per rendere realmente aperto, globale e fraterno il mondo.
Con l’ascolto della canzone “Lavori in corso” (rif. Allegato_17) ognuno è chiamato a dire
il proprio “c’è bisogno” per un mondo più umano, a partire dalla proprie realtà, dalla
propria città.
Il confronto può essere aiutato dai seguenti interrogativi:
1.È possibile per un giovane prendersi cura del territorio in cui vive e dei beni e delle
risorse in esso presenti?
2.L’ esperienza del gruppo in che misura aiuta a testimoniare nella vita la mia fede?
3.Conoscere e prendersi cura del proprio territorio, dei suoi beni naturali e materiali,
educa a prendersi cura di tutti i territori, delle risorse presenti nel mondo? Aiuta a
prendersi cura di tutti gli uomini e donne che abitano e che abiteranno quei territori?
4.In che modo la mia città dà risposte concrete alle attese de mondo giovanile? Come
accoglie gli ultimi, i disagiati, i disoccupati? Quanto mi sento accolto dalla mia città?
5.Ci sono esempi significativi di accoglienza e solidarietà che la Comunità ecclesiale
parrocchiale o diocesana sperimenta nella tua città?
6.Quali sono i luoghi e gli spazi in cui sperimentare il protagonismo giovanile tanto nella
società civile, quanto nella comunità ecclesiale?
La tappa si conclude e trova il suo culmine nella presentazione idea del bene comune,
con il supporto dei contributi del magistero (rif. Allegato_18)
Approfondimento
• L'essere umano e la "sua" terra (rif. Allegato_19)
PER I GIOVANI
“La capacità di sognare collettivamente delle condizioni migliori di vita”, “sentire l’urgenza
di doverci mettere in rete”: sono alcuni passaggi del breve intervento del governatore della
Regione Puglia, Nichi Vendola, al Villaggio Giovani (Fiera del Levante, 13 settembre
2010) e che può costituire l’introduzione al tema della tappa (rif. Allegato_15).
L’ascolto di “Mondo”, di Cesare Cremonini, mette a fuoco lo studio della propria realtà e
del posto in cui viviamo (ci si può aiutare con la ricerca su internet dei video legati alla
canzone).
“Abbiamo visto il mondo in cui siamo, ma in questo mondo cosa siamo chiamati ed
essere?”: avvio della discussione con la presentazione powerpoint "Sale e Luce" (rif.
Allegato_20)
A partire dal confronto con la figura di Giorgio La Pira (rif. Allegato_21) il gruppo
individua nello proprio territorio, gli spazi e gli ambiti dove essere cittadini attivi e
responsabili.
Il confronto può essere aiutato dai seguenti interrogativi:
1. È possibile per un giovane prendersi cura del territorio in cui vive e dei beni e delle
risorse in esso presenti?
2. L’ esperienza del gruppo in che misura aiuta a testimoniare nella vita la mia fede?
3. Conoscere e prendersi cura del proprio territorio, dei suoi beni naturali e materiali,
educa a prendersi cura di tutti i territori, delle risorse presenti nel mondo? Aiuta a
prendersi cura di tutti gli uomini e donne che abitano e che abiteranno quei territori?
77
4. In che modo la mia città dà risposte concrete alle attese de mondo giovanile? Come
accoglie gli ultimi, i disagiati, i disoccupati? Quanto mi sento accolto dalla mia città?
5. Ci sono esempi significativi di accoglienza e solidarietà che la Comunità ecclesiale
parrocchiale o diocesana sperimenta nella tua città?
6. Quali sono i luoghi e gli spazi in cui sperimentare il protagonismo giovanile tanto nella
società civile, quanto nella comunità ecclesiale?
L'ultima parte dell'incontro focalizza l'idea centrale del "bene comune" attraverso i
Contributi dei contributi del magistero (rif. Allegato_18).
Approfondimenti
• Una nuova laicità (rif. Allegato_22)
• L'essere umano e la "sua" terra (rif. Allegato_19)
• Cronaca di una realtà mascherata (rif. Allegato_23)
• Un sogno per domani (rif. Allegato_24)
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PER LA CELEBRAZIONE ELA PREGHIERA
RICCHI DELLE DIVERSITA’
Sappiamo di essere diversi
tanto diversi, l’uno dall’altro,
ma conosciamo ciò che ci unisce.
Vogliamo ascoltarci,
essere attenti alle necessità dell’altro,
correggerci come fratelli.
E’ una ricchezza essere tanti,
non un pericolo.
Vogliamo essere franchi, onesti, corretti
gli uni con gli altri
per essere più uniti.
Vogliamo essere uniti nel cercare
la giustizia e la pace,
Vogliamo essere uniti
per testimoniare l’amore.
Ci impegniamo a superare gli ostacoli
alla fraternità.
La PACE
Madre Teresa di Calcutta
Possa oggi esserci la pace.
Possa tu avere fiducia nelle tue possibilità,
che tu sia esattamente dove avresti voluto essere.
Possa tu non dimenticare le infinite
possibilità che nascono dalla fede.
Possa tu usare questi doni che hai ricevuto
e trasmettere l'amore che ti è stato donato.
Sii contento di sapere di essere figlio di Dio.
Sia questa presenza fissata nelle tue ossa e
permetti alla tua anima di essere libera di cantare,
ballare, glorificare e amare.
Sia così per ognuno di voi.
Amen.
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V MODULO
CONSIGLI PER LA VITA:
LA VIGNA, INDICAZIONI PER PORTARE FRUTTI.
Orizzonte: il giovane comprende che il senso della vita è dare vita/spazio/forma a un
progetto, un obiettivo, una causa; è diventare quello che si è, portare a pienezza il
proprio essere nella logica del Vangelo e nella disponibilità all’altro da sé. Per questo, nel
cammino, il giovane si incontra con il dinamismo della fedeltà e con il dinamismo
dell’obbedienza. La fedeltà come radicamento alla terra, alla storia, a Dio, nel
riconoscimento di legami vitali che non imbrigliano ma liberano l’identità personale verso
il fine dell’esistenza. L’obbedienza come un essere in stato di conversione che si ritrova e
cresce nel Sì pronunciato e vissuto di fronte al tu/Tu e che caratterizza lo stile della
sequela lungo la strada del Vangelo, nella povertà e nella castità dell’amore-dono.
LA PAROLA
Dal Vangelo secondo Giovanni (15, 1-11)
Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto,
lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri,
a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non
può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non
rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto
frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via
come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete
in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In
questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se
osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i
comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la
mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
RILEGGIAMO…
La "Vite e i tralci", più che una parabola o un'allegoria, anche se non ne mancano degli
aspetti, potrebbe definirsi, con un termine ebraico, come un "mashal", cioè una sorta di
riflessione sapienziale che parte dall'esperienza di vita. Questo fa parte dei grandi
discorsi di addio che Gesù lascia ai suoi discepoli quale suo testamento spirituale. Esso è
finalizzato ad illustrare ai credenti chi è Gesù, il tipo di rapporto che intercorre tra Gesù
e i suoi discepoli e le conseguenze di tale rapporto. E', quindi, un qualcosa che ci
riguarda da molto vicino.
Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo: questa semplice espressione è
densissima di significato. Nel nostro racconto, Gesù opera una nuova e definitiva
sostituzione: la vigna non è più né Israele, né il Regno affidato ai credenti, come
considerato in precedenza ma Lui stesso si definisce la "vera vite".
Ogni tralcio che in me non porta frutto: stabilito che Gesù è l'unica e definitiva vite in
cui pulsa la vita divina, si pone subito la questione del rapporto con i tralci. Chi sono
questi tralci?Si tratta dei credenti e degli intimi di Gesù. Il credente, proprio per la sua
scelta esistenziale di fondo, si colloca all'interno della vita stessa di Dio e ne fa parte.
Questo significa che egli è parte della vite, ne è la logica conseguenza, poiché non esiste
vite senza tralci. Ogni battezzato infatti è inserito in Cristo e ne condivide la vita e il
destino (Rm 6,4-5), ne è rivestito come di un abito nuovo, è cristificato al punto tale che
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non è più lui che vive, ma è Cristo stesso che vive ed opera in lui (Gal.2,20). Ma l'essere
inseriti in Cristo, l'essere parte di questa "vite" non ci dà la garanzia della salvezza, ma
soltanto la possibilità di fare nostra la salvezza che ci viene offerta. C'è, pertanto, chi
"non porta frutto" e chi, invece, "porta frutto".
Ma che cosa si intende per frutto? Va subito detto che qui per frutto non si intendono
le opere che l'uomo compie, buone o cattive che siano. Il frutto di cui Gesù parla è un
qualcosa che si radica nell'intimo e nel profondo dell'uomo e va ben al di là del suo
operare, così che il suo operare diventa espressione di questa realtà intima che anima
l'uomo. Il frutto, poi, è sempre il momento finale di un lungo processo che fa parte della
vita stessa della pianta. Questo significa che noi, in quanto credenti, facciamo parte di
questo processo della vita stessa di Dio, così che Dio non è più pensabile senza di noi.
Che cos'è, dunque, questo frutto? È la vita stessa di Dio che ci permea totalmente.
Questo è il frutto della vite. Pertanto, il portare o non portare frutto, significa conformarsi
o meno a questa vita di Dio; significa fare si che questa vita divina traspaia nel nostro
vivere quotidiano, lo informi e crei in noi uno stile di vita divino.
Portare frutto o non portare frutto, significa accettare o rifiutareche questa vita
divina operi in noi. In tal senso Paolo afferma:
"Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla
santificazione e come destino avete la vita eterna"(Rm 6,22).
Questo frutto è Cristo stesso; il raccoglierlo significa il decidere la propria vita per lui, e
questo ci porta alla santificazione, cioè ad essere pienamente assimilati alla vita stessa di
Dio, che sfocia fatalmente nella vita eterna, che è vita definitiva in Dio. Ancora insiste
Paolo:
"Anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte ... per appartenere ad un
altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio" (Rm 7,4).
In altri termini, per mezzo dei Sacramenti siamo stati incorporati al Cristo risorto, per
cui il nostro vivere, ora, è un vivere per il Signore (frutti per Dio), poiché il nostro vivere è
un vivere da risorti, cioè definitivamente orientato a Dio.
Chi accetta, pertanto, di lasciarsi configurare a Cristo anche nel suo vivere quotidiano
sarà potato dal Padre, il vignaiolo, perché porti più frutto. Che cosa significa "essere
potati"? La risposta ci
viene dal successivo v.3: "Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato". La
potatura, quindi, è diventare mondi, cioè purificati dalla nostra fragilità. Ciò che opera
questa purificazione è
la stessa Parola di Dio. Una Parola che è ripiena della potenza dello Spirito, di quello
Spirito che
ha risuscitato Gesù dai morti (Rm.1,4). E' una Parola, quindi, che possiede in sé una
forza rigenerante e che è capace di trasformare il vivere dell'uomo in un vivere divino.
Rimanete in me e io in voi: è l'espressione chiave di tutto il brano. Essa in solo otto
versetti viene ripetuta ben dieci volte. Ciò significa che questo "rimanere" è di vitale
importanza. Se l'essere tralci non dipende da noi, ma dalla vite, di cui siamo parte in
virtù del battesimo, il rimanerci dipende da noi. Il termine "rimanere" non indica "un
esserci" effimero, provvisorio, bensì persistente e perseverante. Significa dimorare a
lungo, sempre. Significa fare di quella vite che è Cristo, la nostra abitazione abituale.
Soltanto con la perseveranza, cioè con un persistente permanere in Cristo, si può portare
il frutto atteso dal Vignaiolo.
Il permanere nella vite, rigenerati dalla potenza della Parola (1Pt 1,23), significa che noi
diventiamo testimoni della vita stessa di Dio in noi, ne diventiamo suoi generatori agli
altri. Ma rimanere in che cosa o in chi? "Rimanete in me e io in voi". Ecco, dunque, che
questo "rimanere" non è uno statico "essere in qualcosa", ma un dinamico compenetrarsi
tra Cristo e noi, così che siamo costituiti come un'unica cosa con e in Cristo; significa
essere cristificati. È, in ultima analisi, un riprodurre in noi lo stesso rapporto che esiste
tra Cristo e il Padre.
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Visto in questa prospettiva, il nostro vivere quotidiano diventa un vivere nella Trinità,
diventa un vivere la stessa vita della Trinità, per cui tutto ciò che facciamo, anche le
cose più umili e insignificanti, acquista un valore salvifico immenso, perché non siamo
più noi che viviamo ed operiamo, ma il Padre, il Figlio e lo Spirito vivono e operano in noi
e noi diventiamo la loro dimora: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo
amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).
Il nostro vivere, dunque, diventa dimora della Trinità, attuazione del progetto di Dio nella
nostra vita.
In questo è glorificato il Padre mio: ora che il Figlio ha compiuto la sua missione, la
glorificazione del Padre è affidata a noi e si compie nel proseguimento della missione
stessa del Figlio da parte dei suoi discepoli. Una missione, quindi, che, nata dal cuore
stesso del Padre, rimbalza da Cristo a noi. Una missione da cui deve trasparire il volto di
Dio. Essa è il testamento spirituale di Cristo stesso:
"Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così
amatevi anche voi. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli
uni per gli altri."
(Gv 13, 34-35).
La glorificazione, dunque, si attua nella prosecuzione della missione stessa di Cristo, che
è una missione di amore per il Padre che si riflette nell'amore per gli uomini. Compiere
questa missione, che è testimoniare il volto di amore del Padre agli uomini, significa,
quindi, fare una cosa sola con Cristo, come lui è una cosa sola con il Padre. La
glorificazione, pertanto, quale compimento della missione affidata dal Padre a Cristo e da
lui a noi donata, si radica nella vita stessa di ciascuno di noi: spetta a noi, ora, quali
discepoli di Cristo, a lui configurati per mezzo dei Sacramenti e della sua parola, portare
avanti la sua missione e diventare così, davanti agli uomini, gloria del Padre.
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I TAPPA
SPAZIO - FORMA… L’ACININO!
“Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto”
Gesù è l’unica vera vite, alla quale noi siamo collegati come tralci e grazie alla quale noi
condividiamo con gli altri la Vita che attraverso Cristo ci viene donata.
Ma essere nella vigna non basta, occorre portare frutto, ma come?
Che frutti possiamo dare anche da giovani? Cosa vuol dire essere potati?
Obiettivo
Il giovane/giovanissimo viene aiutato a prepararsi al cammino quaresimale prendendo
coscienza della sua condizione di “tralcio” innestato in Cristo, ma collegato ai fratelli.
Nell’ottica dell’unica Vigna prende coscienza del fatto che la sua crescita non può
prescindere dalla cura e dall’attenzione alla sua vita spirituale. Occorre quindi fare
spazio, affinché le primizie della nostra vita in Cristo prendano la forma del progetto
d’Amore del Padre.
In profondità: LIBERI DAI …CHICCHI SUPERFLUI!
Si inizia un cammino a metà di un altro cammino… ci avviamo ad iniziare il periodo
quaresimale e per i nostri gruppi questo spesso rappresenta il “giro di boa” che permette
di lanciarci verso la seconda parte del cammino di catechesi. Occorre però fermarsi,
guardarsi un po’ indietro e fissare dei punti fermi prima di volgersi in avanti con una
consapevolezza maggiore di ciò che la nostra vita può diventare. La Parola che
accompagna questo nostro percorso è perfetta per questo nostro obiettivo. Il Signore
Gesù ci offre una collocazione e una prospettiva: noi siamo parte della vite, che è Lui, e
dobbiamo portare frutti.
Fare parte della vite vuol dire essere innestati in Cristo, condividere la sua vita e,
contemporaneamente, essere collegati ai Fratelli. Prima di prendere in considerazione il
nostro essere in Cristo con i fratelli, occorre guardare a noi stessi e a come maturare al
meglio per portare frutto.
Conoscere me stesso è il primo e più grande servizio che posso svolgere per gli
altri!
I Giovani/Giovanissimi che crescono in un mondo “multitask” che chiede loro di
maturare in tante direzioni, nel rapporto in famiglia, nei rapporti con gli altri, nella vita
di fede, nella vita scolastica, fisicamente, magari iniziando a fare delle scelte… Per questo
proponiamo di fermarci un attimo a riflettere per decidere in quale direzione orientare le
energie. Questo è il principio con il quale vivere la prima operazione che i ragazzi possono
fare su loro stessi, grappoli in maturazione… “l’acinino”!
Fare l’acinino vuol dire prendere coscienza dello stato di maturazione dei chicchi, degli
aspetti della nostra vita che stanno crescendo, e, in seguito, cercare in alcune di queste
caratteristiche della vita di Gesù che lui ci trasmette attraverso i rami della Vite. Il
Giovane/Giovanissimo viene aiutato a comprendere che per far si che questi acini
possano crescere nel modo migliore, occorre impegnarsi, ed essere consapevoli di stare
coltivando un qualcosa così importante. Occorre anche mettere un po’ in disparte tutti
quegli acini che invece pensiamo possano allontanarci dall’essere perfettamente maturi,
secondo il progetto di Vita del Vignaiolo.
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Forse non tutti sanno che…
Si definisce “acinellatura” La compresenza in un grappolo d'uva di acini non sviluppati accanto a quelli
normali. Gli acini non sviluppati: gli “acinelli” o, dalle nostre parti “acinini”, sono in genere privi di
semi e, per questo, presentano una crescita irregolare. Possono infatti accumulare zuccheri andando a
sottrarre preziosi nutrienti agli acini normali presenti nel grappolo e più in generale provocano un
abbassamento della q.tà di zuccheri nei grappoli vicini con conseguente diminuzione della dolcezza del
prodotto finale. L’operazione di “acinellatura” o dell’ “acinino” consiste quindi nel selezionare e
rimuovere i grappoli che presentano acinelli, affinché il resto dei grappoli possa trovare spazio e
nutrienti necessari per crescere al meglio e con una qualità superiore. L’operazione non può che essere
fatta a mano e richiede molta attenzione e tempo.
PER I GIOVANISSIMI: LASCIA E… RADDOPPIA!
Proponiamo, per i giovanissimi di ripescare un po’ l’idea dell’impegno per la quaresima,
rendendolo un po’ più elaborato.
I giovanissimi ricevono un foglio con una facciata chiara ed una scura, sulla parte scura
devono scrivere qualcosa che loro reputano superfluo e alla quale sono disposti a
rinunciare per almeno una settimana… Fatto ciò, piegano il foglio a metà lasciando
all’interno la parte scura.
Fatto? Bene! Adesso girando il foglio troveranno a disposizione due facciate chiare sulle
quali scrivere ben due delle loro qualità che, nel periodo quaresimale, desiderano
coltivare in maniera particolare: facendo attenzione a viverle nell’ottica del servizio agli
altri.
Lasci… e raddoppi!
Nel caso in cui il ragazzo non riesca ad assolvere alla sua piccola rinuncia, niente paura!
Può tagliare il foglio a metà e ricominciare, avendo cura di non dimenticare i due impegni
del lato chiaro ma di aggiungerne altri due…
dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia! (Rm 5, 20)
N.B.: Gli educatori saranno attenti non slegare l’attività dal brano del Vangelo e dalla
vita di Fede in genere: coltivare i propri doni nell’ottica del servizio vuol dire rimanere
nella Vigna, che ci rende vicini al Signore e ai Fratelli, nella comune condizione di tralci.
PER I GIOVANI: VIENI VIA CON ME
“Fare deserto vuol dire andare nel deserto con Gesù, che ti dice Vieni in disparte con me e
riposati un poco” (A. Gasparino, Scuola di preghiera, 2004).
Per i giovani proponiamo di prendere spunto dal titolo e dalla forma del programma
televisivo di Fabio Fazio e Roberto Saviano (che ha rappresentato un caso televisivo),
considerando il titolo come se fosse un invito posto dal Signore a ciascuno di noi.
Dopo aver introdotto il tema dell’“acinino” gli educatori invitano i Giovani a vivere
l’incontro e a svolgere l’attività ponendo attenzione al ritagliarsi un momento di deserto.
Se gli spazi lo permettono si potrebbe pensare di dividersi in più luoghi, oppure di
utilizzare l’Aula Liturgica.
Dopo la breve (si spera) premessa, chiediamo ai Giovani, durante il deserto, di scrivere
due “elenchi”: il primo, più superficiale e grossolano sarà:
“Elenco delle cose che rendono la Quaresima diversa da un qualsiasi altro periodo
dell’anno”.
Nel quale indicheranno tutto quello che caratterizza in maniera particolare la Quaresima
e che non fanno nel resto dell’anno. Il secondo sarà qualcosa del tipo:
“Elenco delle cose che rappresentano le eredità delle Quaresime passate”
Nel quale indicheranno ciò che, nella loro vita di fede da Cristiani, è stato arricchito dai periodi di
riflessione e deserto che hanno vissuto: una sorta di rapida retrospettiva sulla strada percorsa… con
un occhio di riguardo ai paletti fissati lungo la via.
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Brani
LINK E…
citati e approfondimenti
“Dalla testa ai piedi” Don Tonino Bello
“Maestro insegnaci a pregare” Andrea Gasparino
II TAPPA
UN POSTO AL SOLE… LO “SFOGLIAZZAMENTO”!
“Rimanete in me e io in voi.”
Questa espressione in solo otto versetti viene ripetuta ben dieci volte.
Ciò significa che questo "rimanere" è di vitale importanza.
Il termine "rimanere" non indica "un esserci" effimero, provvisorio, bensì persistente e
perseverante. Significa dimorare a lungo, sempre.
Significa fare di quella vite che è Cristo, la nostra abitazione abituale.
Ma rimanere in che cosa o in chi? "Rimanete in me e io in voi".
Ecco, dunque, che questo
"rimanere" non è uno statico "essere in qualcosa",
ma un dinamico compenetrarsi tra Cristo e noi,
così che siamo costituiti come un'unica cosa con e in Cristo; significa essere “cristificati”.
Rimanere in Cristo è scoprire che la vita di ognuno di noi non può prescindere dalla vita
Sacramentale che va coltivata e accresciuta con serietà e impegno. Rimanere in Cristo è
alimentare costantemente il canale della preghiera rendendolo davvero strumento di
comunicazione, di ascolto, di intercessione per i nostri fratelli.
Obiettivo
Il Giovane/Giovanissimo, comprende che lavorare sulla propria vita di fede è necessario
ma non sufficiente alla propria maturazione. Occorre accorgersi di essere illuminati dalla
luce della Grazia del Padre. Il Giovane/Giovanissimo viene aiutato a scorgere i raggi
luminosi della Grazia nei Sacramenti, e a coltivare il mezzo della Preghiera come dialogo
e ascolto.
In profondità:UN’ABBRONZATURA “TOTAL SOUL!” (A TUTTA ANIMA)
Può succedere che il gruppo possa concentrarsi troppo sul lavoro personale, che il
Giovane/Giovanissimo possono compiere sulla loro vita, perdendo un po’ di vista il
rapporto con il Signore, quello quotidiano della preghiera personale e dei Sacramenti.
Occorre quindi che, nel nostro percorso di maturazione per fruttificare, venga introdotto
dopo “l’acinino” una nuova operazione, lo “sfogliazzamento”! Bisogna che i
Giovani/Giovanissimi sappiano togliere dalla loro vista gli ostacoli, le foglie, che fanno
loro ombra. Il raggi luminosi che aspettano solo di essere accolti sono i raggi della grazia
di Dio, che instancabilmente battono sul tetto di foglie che ci sovrasta cercando di
inondarci di luce.
Perché i ragazzi possano accorgersi della luce che li circonda, anche e soprattutto
all’interno della comunità parrocchiale, occorrono due cose: tempo e conoscenza.
I Sacramenti sono per definizione dei “segni visibili della Grazia di Dio”: sono i raggi che
filtrano tra le foglie e che rendono visibile la luce; a volte però sono vissuti con
superficialità dai ragazzi che vedono il celebrare l’Eucaristia più come assolvere ad un
precetto che vivere un incontro intimo con il Signore. Allora ben venga lo
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sfogliazzamento! Gli Educatori devono promuovere una conoscenza approfondita dei
Sacramenti, è per questo che proponiamo di soffermarci soprattutto sui due Sacramenti
che sono più vicini alla nostra vita quotidiana e che dovrebbero, anziché essere sbiaditi
dall’abitudinarietà, donare al nostro quotidiano quei caratteri di unicità e bellezza tipici
dell’incontro con Gesù: L’Eucaristia e il Sacramento del Perdono. L’Educatore per primo è
chiamato a interrogarsi in prima persona sul proprio rapporto con questi due Sacramenti
e con la Preghiera personale, per poter offrire davvero una testimonianza viva e ardente
ai Ragazzi che gli sono stati affidati.
Conoscere meglio cosa siano i Sacramenti è importante per viverli al meglio, ma non è
tutto. C’è bisogno che questa conoscenza venga alimentata dalla preghiera personale e
per fare questo occorre dedicare del tempo alla preghiera. Per questo oltre alle attività in
questa tappa proponiamo di prevedere anche un momento di preghiera (vedete il
capitoletto “per la preghiera” alla fine del modulo). Dedicare tempo alla preghiera non
vuol dire “occupare del tempo” non vuol dire necessariamente preparare un libretto, con
pagine e pagine di riflessioni, con brani su brani del Vangelo, o dell’antico testamento.
Dedicare del tempo alla preghiera vuol dire dedicare tempo a Dio, all’ascolto e al dialogo
con il Padre. È nella preghiera che il ragazzo riesce a togliere qualche foglia in più per
esporsi alla luce del sole. E più si sta immersi in quella luce più ci si abbronza!
Buon sfogliazzamento!
Forse non tutti sanno che…
La defogliazione o defogliatura consiste generalmente nell’asportazione totale o parziale delle foglie da
un vegetale.
Nell’ambito della cura della vite lo “sfogliazzamento”, viene utilizzato per ridurre l’ingombro del
fogliame e permettere ad una maggior quantità di luce di filtrare, riducendo il tempo di maturazione dei
grappoli e migliorandone la qualità.
PER I GIOVANISSIMI: LONTANO DAL TUO SOLE
Si consiglia l’ascolto della canzone di Neffa “lontano dal tuo sole” dalla quale si può
prendere spunto per introdurre il tema del “lasciarsi illuminare” dalla grazia di Dio che
prende forma nella vita della Chiesa nei Sacramenti, senza dimenticare il canale
privilegiato della preghiera.
Sono pronto... per rialzarmi ancora,
è il momento... che aspettavo è ora
nonostante... questo cielo sembri chiuso su di me.
Nessuno mi vede... nessuno mi sente,
ma non per questo io non... rido più.
Io sono qui... in un mondo che ormai
gira intorno a vuoto... lontano dal tuo sole
e piove, ma io... qualche cosa farò
per sentire ancora... tutto il calore
che ora non ho
e avere un po' di pace
che ora non ho
e luce nei miei occhi
che ora non ho
una direzione giusta
che ora non ho
che ora non ho...
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Sulla strada... troppe stelle spente
la tua mano... ora servirebbe
troppa gente... alza il dito e poi lo punta su di me.
Nessuno mi crede... davvero innocente,
ma non per questo io non... vivo più.
Io sono qui... in un mondo che ormai
gira intorno a vuoto... lontano dal tuo sole,
e piove mai io... qualche cosa farò
per sentire ancora... tutto il calore
che ancora non ho
e avere un po' di pace
che ora non ho
e luce nei miei occhi
che ora non ho
una direzione giusta
che ora non ho
che ora non ho
Per la riflessione:
“Nessuno mi vede... nessuno mi sente, ma non per questo io non...”
• Sei consapevole che c’è Qualcuno disposto sempre a vederti e ascoltarti per
ricordarti che nonostante quello che sei tu… Sei?
• La preghiera è per te lo spazio non solo del farsi ascoltare, ma anche del mettersi
in ascolto di Dio?
• La preghiera è per te “dire parole”, o dialogare con Qualcuno?
“Io sono qui... in un mondo che ormai gira intorno a vuoto... lontano dal tuo sole e piove”
• Nella tua vita di fede vivi l’esperienza dei sacramenti come spazio per lasciarti
raggiungere dai raggi luminosi della Grazia di Dio?
• Hai mai pensato ai Sacramenti come ad una pioggia di Grazia che da Vita alla tua
vita a volte arida e bisognosa di acqua come la terra; che sembra quasi girare
intorno a vuoto?
“per sentire ancora… Tutto il calore… e avere un po' di pace… e luce nei miei occhi”
• Credi che i Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia Siano la via
attraverso cui Dio ti fa sentire tutto il suo calore, ti dona la sua pace e fa luce ai
tuoi occhi?
• Hai mai pensato a questi Sacramenti in questi termini?
PER I GIOVANI: CONTEMPL-ATTIVI!
Si propone la lettura meditata della pagina di Don Tonino Bello tratta da “cirenei della
gioia” che segue:
“L’eucarestia alla base della contempl-attività
Attenzione: non bastano le opere di carità, se manca la carità delle opere. Se manca
l’amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è
l’eucarestia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandola di cose […] dobbiamo essere
dei contempl-attivi, […] cioè della gente che partendo dalla contemplazione lascia sfociare
sempre il dinamismo e il suo impegno nell’azione.
Allora comprendete bene: «si alzò da tavola» vuol dire la necessità della preghiera, la
necessità dell’abbandono in Dio, la necessità di una fiducia straordinaria, di coltivare
l’amicizia del Signore, di poter dare del “tu” a Gesù Cristo, di poter essere suoi intimi.
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Non ditemi che sono un vescovo meridionale, che parlo con una carica emotiva di particolari
vibrazioni: le sentite pure voi queste cose; tutti avvertite che, a volte, siamo staccati da
Cristo, diamo l’impressione di essere soltanto dei rappresentanti della sua merce, che
piazzano le sue cose senza molta convinzione, solo per motivi di sopravvivenza. A volte ci
manca questo annodamento profondo.
Qualche volta a Dio noi ci aggrappiamo, ma non ci abbandoniamo. “Aggrapparsi” è una
cosa, “abbandonarsi” un’altra.
Quand’ero istruttore di nuoto – ero molto bravo, e quando ero in seminario tantissimi hanno
imparato da me a nuotare – quante volte dovevo incoraggiare gli incerti: «Dài, sono qui io;
non ti preoccupare…». Se qualcuno stava annaspando o scendendo giù, io gli passavo
accanto e quello si avvinghiava fin quasi a strozzarmi.
Questo è solo un abbraccio di paura, non un abbraccio d’amore.
Qualche volta con Dio facciamo anche noi così: ci aggrappiamo perché ci sentiamo mancare
il terreno sotto i piedi, ma non ci abbandoniamo. Abbandonarsi vuol dire lasciarsi cullare
da lui, lasciarsi portare da lui semplicemente dicendo «Dio, come ti voglio bene!»...”
Segue una riflessione personale guidata dalle domande “per la riflessione”, al massimo
l’Educatore può richiamare l’attenzione dei ragazzi sulla centralità dei Sacramenti, in
particolare dell’Eucaristia e della Riconciliazione nella vita pastorale della comunità e
personale dei ragazzi. L’Eucarestia “culmine e fonte” (cfr. SacrosanctumConcilium)
dell’esperienza cristiana e la Riconciliazione come Abbandono all’abbraccio del Padre.
Infine può esserci un momento di condivisione partendo dalle domande qui di seguito,
che sono quasi le stesse dell’attività dei giovanissimi, non per carenza di zelo ma perché
l’interrogarsi sulla vita sacramentale è opportuno ad ogni età e ad ogni punto del
cammino di fede!
Per la riflessione:
• Fai la scelta della Contempl-Attività?
• Sei vittima della “girandola di cose” della vita quotidiana, della vita pastorale?
(questa vale anche per gli educatori!)
• Nella tua vita di fede vivi l’esperienza dei sacramenti come spazio per lasciarti
raggiungere dai raggi luminosi della Grazia di Dio?
• Hai mai pensato ai Sacramenti come ad una pioggia di Grazia che da Vita alla tua
vita a volte arida e bisognosa di acqua come la terra; che sembra quasi girare
intorno a vuoto?
• Credi che i Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia Siano la via
attraverso cui Dio ti fa sentire tutto il suo calore, ti dona la sua pace e fa luce ai
tuoi occhi? Hai mai pensato a questi Sacramenti in questi termini?
• La preghiera è per te lo spazio non solo del farsi ascoltare, ma anche del mettersi
in ascolto di Dio?
• La preghiera è per te “dire parole”, o dialogare con Qualcuno?
Brani
LINK E…
citati e approfondimenti
“Cirenei della gioia”, Don Tonino Bello
“Costituzione SacrosanctumConcilium” Concilio Vaticano II, in
EnchiridionVaticanum. Vol 1:
Documenti del Concilio Vaticano II
88
Riguardo alla Preghiera può risultare interessante questo brano tratto da
“Il Profeta” di Khalil Gibran:
Allora una sacerdotessa disse: Parlaci della Preghiera.
E lui rispose dicendo:
Voi pregate nell'angoscia e nel bisogno, ma dovreste pregare anche nella pienezza della
gioia e nei giorni dell'abbondanza.
Perché non è forse la preghiera l'espansione di voi stessi nell'etere vivente ?
Se riversare la vostra notte nello spazio vi conforta,
è gioia anche esprimere l'alba del vostro cuore.
E se non potete fare a meno di piangere quando l'anima vi chiama alla preghiera, essa
dovrebbe spingervi sempre e ancora al sorriso.
Pregando vi innalzate sino a incontrare nell'aria coloro che pregano nello stesso istante,
e non potete incontrarli che nella preghiera.
Perciò la visita a questo tempio invisibile non sia altro che estasi e dolce comunione.
Giacché se entrate nel tempio soltanto per chiedere, voi non avrete.
E se entrate per umiliarvi, non sarete innalzati.
O se entrate a supplicare per il bene altrui, non sarete ascoltati.
Entrare nel tempio invisibile è sufficiente.
Con la parola io non posso insegnarvi a pregare.
Dio non ascolta le vostre parole, se non le pronuncia egli stesso attraverso le vostre labbra.
E io non posso insegnarvi la preghiera dei monti, dei mari e delle foreste.
Ma voi, nati dalle foreste, dai monti e dai mari,
potete scoprire le loro preghiere nel vostro cuore,
E se solo tendete l'orecchio nella quiete della notte, udrete nel silenzio:
"Dio nostro, ala di noi stessi, noi vogliamo secondo la tua volontà.
Desideriamo secondo il tuo desiderio.
Il tuo impero trasforma le nostre notti, che sono le tue notti, in giorni che sono i tuoi giorni.
Nulla possiamo chiederti, perché tu conosci i nostri bisogni
prima ancora che nascano in noi.
Tu sei il nostro bisogno, e nel donarci più di te stesso, tutto ci doni".
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III TAPPA
NE VALE LA SPESA… LA VENDEMMIA
“In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto”
Che cos'è, dunque, questo frutto?
E' la Vita stessa di Dio che ci permea totalmente. Questo è il frutto della vite.
Pertanto, il portare o non portare frutto, significa conformarsi o meno a questa Vita di Dio;
significa fare si che questa vita divina traspaia nel nostro vivere quotidiano,
lo informi e crei in noi uno stile di vita divino..
Obiettivo
Il Giovane e il Giovanissimo comprendono che l’invito a portare molto frutto, al maturare,
consiste nell’investire tutto su un progetto. Vengono aiutati a prendere coscienza della
situazione attuale e a lanciarsi verso il futuro (non troppo remoto) in maniera
consapevole, per avvicinarsi sempre più al Progetto di Dio per la loro vita.
Il Giovane, il Giovanissimo avvicinando si alla Pasqua vengono a contatto con delle
testimonianze di Uomini che hanno dato tutto per il Signore e per i Fratelli, per
comprendere come la profezia della Vigna possa essere vissuta pienamente nell’immagine
della vendemmia.
In profondità:D.O.C. : DENOMINAZIONE DI ORIGINE CRISTIANA!
Siamo Giunti al momento della Raccolta dei frutti di questo breve cammino, che lasciano
immaginare la Vendemmia alla quale la vita nostra, come quelle dei
Giovani/Giovanissimi che seguiamo, sono orientate. L’acinino e lo sfogliazzamento ci
hanno aiutato a capire in cosa cercare di maturare e come il Padre si adopera perché
attraverso la sua luce noi possiamo crescere. È un lavoro doppio quello che viene fato per
ciascuno di noi! Da una parte Gesù, la vite, ci fornisce la linfa della sua stessa vita, ci
illumina con i sacramenti da lui istituiti; dall’altra il Padre ci pota perché portiamo più
frutto, ci ascolta e soprattutto ci parla nella preghiera.
Tocca a noi decidere di investire il nostro impegno su questo lavoro, investire non su una
scommessa, ma una promessa che viene fatta per la nostra vita! La promessa di renderla
piena e felice ma non di renderla diversa da noi. Il Padre ha un progetto per noi fatto di
amore e finalizzato alla felicità ma non all’omologazione. Possiamo solo aspirare a
diventare quello che siamo veramente in pienezza.
Investire su questo progetto non consiste nel tentare di raggiungere una meta, ma nel
pianificare un impegno con metodo, partendo da uno sguardo profondo sulla vita di
ciascun Giovane, alla luce delle due tappe precedenti. Occorre saper calibrare il tiro, per
fare centro, non puntare troppo in alto ma in profondità. Il Progetto di Dio per la vita di
ciascuno non è un qualcosa che ci viene rivelato nella nostra vecchiaia ma un continuo
rivelarsi nel quotidiano e nel servizio agli altri. Sta a noi aprire bene gli occhi e le orecchie
ed essere sempre attenti, magari osando a volte anche qualcosa in più… In fondo per
diventare vino il grappolo perde tutta la sua forma e non rimane che il suo succo.
Buona vendemmia, e che sia un’ottima annata, sempre!
90
Forse non tutti sanno che…
Per vendemmia si intende la raccolta delle uve da vino, in quanto nel caso delle uve da tavola si usa
semplicemente il termine raccolta.
Il periodo di vendemmia varia tra luglio e ottobre (nell'emisfero settentrionale), e dipende da molti
fattori, anche se in maniera generica si identifica con il periodo in cui le uve hanno raggiunto il grado di
maturazione desiderato, cioè quando nell'acino il rapporto tra la percentuale di zuccheri e quella di
acidi ha raggiunto il valore ottimale per il tipo di vino che si vuole produrre.
Il momento della vendemmia può dipendere da:
condizioni climatiche: all'aumentare della latitudine le uve maturano più tardi;
zona di produzione: le uve delle vigne esposte a sud maturano prima di quelle esposte a nord;
all'aumentare dell'altitudine le uve maturano prima;
tipo di uva: i vitigni a bacca bianca maturano in genere prima dei vitigni a bacca rossa;
tipo di vino che si vuole ottenere, determinato dalla maggiore o minore presenza di alcuni componenti.
PER I GIOVANISSIMI/GIOVANI: GIOCO DELLA BOTTIGLIA!
Dopo aver investito tante energie e tempo per migliorare il nostro bel vigneto i grappoli
sono maturi ed è giunto il tempo della raccolta per la vendemmia! L’attività si svolge così:
si preparano dei cartelloni con sopra disegnati dei grandi grappoli d’uva, i chicchi
saranno fatti con dei cartoncini colorati e saranno staccabili dal grappolo. Su ogni acino
ci sarà scritta o disegnata una “possibilità di vita” cioè una situazione in cui i
giovanissimi potranno trovarsi che sott’intenda una scelta più o meno importante,
piuttosto che un talento da coltivare, piuttosto che un valore da custodire che i ragazzi
potrebbero trovare nel Progetto di Dio per la loro vita. Alcuni esempi di possibilità di vita:
-
“Trovo un ragazzo/a che amo davvero”
-
“Mi impegno veramente nel vivere le amicizie con lealtà”
-
“Mi metto al servizio degli altri”
-
“Faccio risplendere la Luce di Dio in ciò che faccio ogni giorno”
-
“Cerco di vivere con coerenza l’impegno della pace, prima di tutto nella mia vita”
Potrebbero essere incluse anche citazioni pensieri et c. (ad esempio tutto con gioco, nulla
per gioco di Baden Powell).
I ragazzi ricevono dei cartoncini a forma di bottiglia magari con stampata un’etichetta
con in bella vista la scritta D.O.C. e lo spazio per scrivere il nome della tenuta (il nome
del ragazzo) e la descrizione del vino. Introdotto il tema della vendemmia e del progetto di
Dio, del “diventare quello che si è” si invitano i ragazzi a scegliere i chicchi con le
“possibilità di vita” che pensano siano più importanti per il loro cammino. Con quei
chicchi otterranno il “vino novello” che in un momento successivo di condivisione
potranno illustrare al gruppo, spiegando in base alla scelta dei chicchi cosa reputano
fondamentale nel loro cammino anche alla luce delle tappe precedenti.
Una piccola variazione per rendere tutta l’attività più… “realistica” potrebbe consistere
nell’utilizzare, per fare i chicchi, al posto dei cartoncini delle spugnette che i ragazzi
prenderanno dai diversi grappoli rappresentanti le possibilità di vita, andranno a
bagnare in un recipiente con acqua (magari diluita con un po’ di colore), per poi strizzarle
nelle loro bottiglie (bottigliette di plastica però sempre con la targhetta personalizzata).
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PER I GIOVANI: DIVENTA QUELLO CHE SEI!
Per i Giovani si può pensare di preparare dei fogli “progetto” che i ragazzi potranno
utilizzare per mettere a punto dei veri e propri progetti di Vita. Attenzione si parla di
progetto, non di impegno quaresimale, fioretto o quant’altro! Occorre serietà e onestà nei
confronti di se stessi. Non deve essere obbligatoriamente condiviso nel gruppo, purchè
venga condiviso con il Signore nella preghiera. Di seguito riportiamo un brano di Mons.
Mariano Magrassi che può aiutare nell’introdurre l’attività e uno schema di progetto che
potete utilizzare. Volendo si può ampliare l’attività proponendo a tutto il gruppo di creare
un progetto che riguardi il gruppo intero, che orienti il suo cammino per un certo periodo
di tempo al termine del quale verificare lo “stato dei lavori”.
Da “Diventa quello che sei”
Non possiamo non porci con trepidazione la domanda: quanti sono gli adulti nella
fede? Non abbiamo certo il metro per misurare questa maturità. Ma chi non si accorge che
in molti la fede è gracile e priva di motivazioni, mancando salde certezze, capaci di
orientare nella vita?
Inoltre condizionati dai mass-media, quanti si trovano spesso frammentati e divisi in se
stessi, insicuri, incapaci di una linea coerente di impegno?
Solo un autentico cammino di fede li porterà a realizzare i tratti caratteristici di unafede
adulta:
- Una fede motivata, capace di dar conto di se stessa, di affrontare serenamente le
difficoltà di un ambiente indifferente, senza affogarvi. E per non estenuarsi
nell’attivismo dell’azione, si alimenta continuamente nella preghiera e nella
contemplazione.
- Fede che sa fare sintesi con la vita. Nella complessità della storia e nelle
situazioni contraddittorie è una stella che orienta nei giudizi e nelle scelte,
diventando principio unitario e coerente di vita.
- Fede capace di assumere responsabilità di azione e di guida, sia all’interno della
comunità ecclesiale come nella famiglia e nella società. Reagisce la “riflusso nel
privato” e scopre la gioia di dedicarsi agli altri, in spirito di servizio e di
dedizione. Avverte che la dimensione “ministeriale” è essenziale alla Chiesa.
- Fede capace di dialogo e di comunione: anziché chiudersi su se stessa, intesse
rapporti, si apre al dialogo e agli scambi, scopre la gioia di progettare insieme,
per il bene di tutti.
- Fede aperta all’ansia missionaria: l’adulto sente che la fede è una cosa troppo
bella perché la possa tenere per sé. Forte della sua identità di credente,
comunica agli altri quello che lo ha reso felice, dà ragione della speranza che è in
lui.
Quando la nostra Chiesa, comunità dei discepoli del Signore, avrà saputo educare nel suo
seno una schiera di adulti, davvero maturi nella fede, il suo volto risplenderà fascinoso
attraendo gli altri e diventerà una casa accogliente per tutti.
Padre Mariano Magrassi, Arcivescovo
92
Tracce per un progetto personale:
GUARDO ALLA MIA REALTÀ OGGI…
ASPETTI POSITIVI
ASPETTI NEGATIVI
ASPIRAZIONI/DESIDERI
IO…
DIO…
GLI
ALTRI…
“DENTRO”
DAL GRUPPO
“FUORI”
DAL GRUPPO
Questa prima pagina serve per un breve “punto della situazione” sulla vita del Giovane prima di
iniziare nel progetto vero e proprio alla seconda pagina:
93
E
ALLA LUCE DI QUESTO SGUARDO…
OBIETTIVO
PER
COME?
DOVE
E
QUANDO?
UNA FIGURA
UNA SCADENZA
DI
PER LA
RIFERIMENTO
VERIFICA!!!
LA MIA
CRESCITA
UMANA…
PER
LA
RELAZIONE CON
DIO…
PER
LA VITA NEL
GRUPPO
PER
LA
TESTIMONIANZA
PER LA MIA
FORMAZIONE
PER I GIOVANI: VINO NUOVO IN OTRI NUOVI
Proponiamo due brani/testimonianza di chi è rimasto in Cristo fino a perdere la sua vita.
Il primo è un brano tratto dalla lettera ai romani di Sant’Ignazio di Antiochia, mentre il
secondo è il testamento spirituale lasciato da un monaco di Tibhirine ( è preceduto da
una piccola introduzione).
Sono degli spunti di riflessione che potrebbero accompagnare un ulteriore
approfondimento della tappa della “vendemmia”, attraverso la testimonianza di questi
casi estremi (a tal proposito Enzo Bianchi parla di necessità del martirio come
testimonianza estrema offerta alla Chiesa) di uomini che hanno vissuto innestati in
Cristo come tralci, e hanno sposato in pieno la profezia della vigna fino a portare frutto, e
anche a perdere la forma di grappolo per diventare vino, immagine del sangue versato nel
sacrificio; si potrebbe riflettere nel gruppo se anche i nostri Ragazzi credono di aver
trovato nel progetto che sentono Dio abbia per loro, un qualcosa per cui spendere la loro
vita in maniera radicale.
94
La vicenda dei monaci di Tibhirine è di recente tornata in primo piano grazie al film di
Xavier Beauvois del 2010 “Uomini di Dio” vincitore del premio della giuria al festival di
Cannes 2010.
Dalla «Lettera ai Romani» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire
Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio, se voi non me lo
impedirete. Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io
sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento
di Dio e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate
Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore. A nulla mi
gioveranno i godimenti del mondo né i regni di questa terra. E’ meglio per me morire per
Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. Io cerco colui che é morto
per noi, voglio colui che per noi é risorto. E’ vicino il momento della mia nascita.
Dall’introduzione del libro: “Più forti dell’odio”
Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, sette dei nove monaci presenti a Notre-Dame-del’Atlas sono rapiti da un gruppo di uomini armati penetrati nel monastero. Alcuni
religiosi e ospiti, a Tibhirine per un incontro di spiritualità e alloggiati in un'altra ala del
monastero, non si rendono conto di quanto sta accadendo. Per settimane non si sa
nemmeno se i rapiti sono morti o vivi. Il comunicato numero 43 del GIA, del 18 aprile,
fornisce la motivazione “teologica” del loro rapimento:
Tutti sanno che il monaco che si ritira dal mondo per raccogliersi in una cella, presso i
nazareni, si chiama eremita. È l’uccisione di questi eremiti che Ab Bakr al-Siddîq aveva
proibito. Ma se un tale monaco esce dal suo eremo e si mischia alla gente, la sua uccisione
diventa lecita. È il caso di questi monaci prigionieri che non si sono separati dal mondo. Al
contrario, vivono con la gente e la allontanano dal cammino divino incitandola a
evangelizzarsi. L’accusa contro di loro è ancora più grave.
Il comunicato successivo, datato 21 maggio, annuncia: “Abbiamo tagliato la gola ai sette
monaci”. In realtà, il 30 maggio, nei pressi di Médéa, verranno ritrovate solo le teste,
mentre i corpi non saranno mai rinvenuti, fornendo così un elemento non trascurabile a
quanti tuttora nutrono dubbi sull'autenticità della versione ufficiale circa il loro
rapimento e, soprattutto, la loro uccisione. In ogni caso, quello che la violenza brutale ha
restituito dei sette monaci riposa ormai nel “giardino” di Tibhirine, là dove hanno
piantato semi di fede, di speranza e di amore, quali autentici giardinieri di pace. Agli
occhi dei cristiani, i due mesi del sequestro hanno accompagnato fedelmente il ritmo
dell’anno liturgico, dalla fine della Quaresima a Pentecoste: passione-morte-resurrezionediscesa dello Spirito. Nella carne di questi discepoli esposti alla violenza del mondo, la
sequela di Cristo diventa imitazione, e l’imitazione, identificazione.
Guido Dotti monaco di Bose
Testamento spirituale di Frere Christian de Chergé
Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere oggi) di essere vittima del terrorismo che
sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia
comunità, la mia chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a
questo paese.
Che essi accettassero che l’unico Padrone di ogni vita non potrebbe essere estraneo a
questa dipartita brutale.
Che pregassero per me: come potrei essere trovato degno di una tale offerta?
Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate
nell’indifferenza dell’anonimato.
La mia vita non ha più valore di un’altra. Non ne ha neanche meno. In ogni caso non ha
l’innocenza dell’infanzia.
Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel
mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca.
95
Venuto il momento, vorrei avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il
perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con
tutto il cuore chi mi avesse colpito.
Non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo.
Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che amo sia
indistintamente accusato del mio assassinio.
Sarebbe un prezzo troppo caro, per quella che, forse, chiameranno «grazia del martirio», il
doverla a un algerino, chiunque egli sia, soprattutto se dice di agire in fedeltà a ciò che
crede essere l’islam.
So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi. So anche
le caricature dell’islam che un certo islamismo incoraggia.
E’ troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando questa via religiosa con gli
integralismi dei suoi estremisti.
L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa: sono un corpo e un’anima. L’ho proclamato
abbastanza, credo, in base a quanto ne ho concretamente ricevuto, ritrovandovi così spesso
il filo conduttore del vangelo imparato sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima
chiesa, proprio in Algeria e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.
Evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno rapidamente
trattato da ingenuo o da idealista: «Dica adesso quel che ne pensa!». Ma costoro devono
sapere che sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità.
Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per
contemplare con lui i suoi figli dell’islam come lui li vede, completamente illuminati dalla
gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta
sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le
differenze.
Di questa vita perduta, totalmente mia, e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra
averla voluta tutta intera per quella gioia, attraverso e nonostante tutto. In questo grazie in
cui tutto è detto, ormai, della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi,
amici di qui, accanto a mia madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e ai loro,
centuplo accordato come promesso!
E anche te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te
voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te.
E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di
tutti e due. Amen! Insc’Allah.
Brani
LINK E…
citati e approfondimenti
“Diventa quello che sei”, Mons. Mariano Magrassi
“Pietre di scarto”, Don Tonino Bello
“Più forti dell’odio”Frère Christian de Chergé e gli altri monaci di Tibhirine (Ed.Qiqajon)
“Uomini di Dio” Xavier Beauvois
“Il cammino di Santiago” P. Coelho
“Lettera ai Romani” Sant’Ignazio di Antiochia
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CELEBRAZIONE
Per quanto riguarda un momento di preghiera da proporre ai Ragazzi dei nostri gruppi, si
può pensare di legarlo al tema della seconda tappa, quella riguardante in modo
particolare i Sacramenti del Perdono e dell’Eucarestia. Si può proporre una liturgia
penitenziale, attingendo alle proposte dell’ufficio liturgico della nostra diocesi, magari il
gruppo giovani/giovanissimi potrebbe preoccuparsi dell’organizzazione-animazione
dell’incontro per adattarlo un po’ meglio alle esigenze dei ragazzi.
Si può anche organizzare un momento di Adorazione Eucaristica, con particolare
attenzione a rispettare i momenti di preghiera silenziosa e ascolto. Non abbiamo paura di
riempire i silenzi con canti, letture meditative, riflessioni del celebrante ecc… lasciamo
spazio all’ascolto! Può essere utile tener presente, ed eventualmente distribuire, questo
elenco di consigli pratici estrapolati da un testo di Andrea Gasparino dedicato
completamente all’Adorazione Eucaristca:
Piccole cose pratiche
Ecco in sintesi quello che, forse, è indispensabile per fare bene i primi passi
nell’Adorazione Eucaristica:
• Non tante parole, perché Adorare è Amare. E l’Amore vero non ha bisogno di tante
parole, ha solo bisogno di molti fatti.
• Molto silenzio, esteriore ed interiore, perché Adorare è Amare. Ed amare significa
prima di tutto ascoltare.
• Un certo spazio di tempo che consenta di interiorizzarci, di entrare nel clima
interiore adatto per ritrovare noi stessi per incontrarci con Dio, per aprirci a Lui,
nella completa generosità.
Questo clima interiore non si improvvisa, non bastano pochi minuti a crearlo. Solo
per renderci calmi, silenziosi, interiormente riposati, non bastano a volte dieci
minuti o un quarto d’ora: non c’è d’avere fretta nell’incontro con Dio.
• Purificarsi prima dell’incontro con Dio: Dio non si incontra nel peccato. Tra me e Lui
devo appianare il cammino, ripulirlo da ogni disordine.
• Fare attenzione a Dio più che a noi stessi. L’Adorazione non è tanto un chiedere, è
un dare; non è tanto un prendere, è un offrire: offre il proprio amore, implorando
Amore.
• Insegnare agli altri quello che io stesso ho imparato. I doni di Dio – e la preghiera è
dono di Dio – non si devono trattenere, ma dividere. Chi li trattiene li impoverisce,
chi li distribuisce li arricchisce:
“[...] Si direbbe che il pane, più che per nutrire, sia nato per essere condiviso [...]
Raccolto nelle sporte, dopo un pasto miracoloso sull’erba verde, sta ad indicare
che chi sa fare la divisione gli riesce bene anche la moltiplicazione.” ( Don Tonino
Bello: La carezza di Dio, Lettera a Giuseppe)
• Vestire l’Adorazione di carità, pregando per gli altri, dimenticando noi stessi,
pregando per la Chiesa, la Chiesa che vive gomito a gomito con me, quella che ho
in casa, quella che ho tra i piedi, quella che attende qualcosa da me; e quella che è
distante, ma che è vicina per il mistero di Gesù che ci unisce tutti, che ci fonde
tutti, vicini e lontani, buoni e meno buoni, in una unità inscindibile e viva.
È naturale che la preghiera diventi Amore. È li che passa il sentiero della preghiera. Se il
cammino della preghiera non passa da li, è una pista falsa, bisogna tornare indietro,
infatti:
- La preghiera, come l’ha insegnata Gesù, è inseparabile dall’amore, è tutta vestita
d’amore.
- La preghiera, come l’ha praticata Gesù è sempre uscire da se stessi: quando non è
un aprirsi agli altri, è un aprirsi a Dio.
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-
La più grande preghiera lasciataci da Gesù, il suo supremo atto di culto al Padre
in cui siamo sempre invitati ad entrare, l’Eucaristia, è il più grande atto di carità
che Gesù poteva offrirci.
(cfr: Gasparino A. , Adorazione eucaristica, Ed. MCM P. De Foucauld, 1978 Cuneo)
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VI MODULO
SCELTA D’AMORE:
LA SPOSA, ALLA RICERCA DELL’AMATO.
Orizzonte: il giovane scopre che la sua vita è vocazione; è ricerca coraggiosa e sognata
dell’amato, è vivere l’amore totale e totalizzante per il tu. Si tratta di vivere in situazione
di sponsalità verso la terra, l’altro, il servizio, il lavoro: una relazione dove l’io non è
dominante, ma reciproco del tu, nel segno della responsabilità e della libertà. Il tu, allora,
si manifesta all’esistenza del giovane come una terra promessa, da raggiungere non per
smania di possesso ma per desiderio di pienezza. Il giovane che vive nella vocazione
respira la novità e il fascino della vita quotidiana orientata all’amore, e intuisce la
possibilità della civiltà dell’amore.
LA PAROLA
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (21, 1-5a)
E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano
scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova,
scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
“Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed
egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà
più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate”.
E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.
RILEGGIAMO…
Dio pone una tenda sulla terra e vi vuole abitare con gli uomini. Essi saranno Suo popolo,
ed Egli sarà il loro Dio. Dio sceglie di stare con noi, come uno Sposo sceglie la Sposa e
vive in Comunione con lei.
Tutti noi facciamo l’esperienza dello splendore di questo stare con: con la persona amata,
l’amico, il compagno. Stare con la persona amata è esperienza sufficiente a riscattare i
nostri giorni dalle amarezze; fare strada con l’amico è sufficiente a riscattare tanti nostri
passi perduti.Stare con è esperienza sufficiente a redimere certe nostre giornate vuote o
inquiete. Stare con le persone alle quali vuoi bene è la prima guarigione della vita, terapia
di base dell’esistenza. Stare con l’amato o l’amico o lo sposo è uscire dal regno del dover
fare e della competizione ed entrare nel regno della gratuità.
“La guarigione della vita è liberarla dalla malattia della solitudine, della tirannia del fare,
dal fascino della quantità, e riproporre il fascino della Comunione” (Ermes Ronchi).
Questo ci introduce in una vita nuova: saremo chiamati con un nome tutto nuovo (Is 62,
4). Chiamati: non saremo più ritenuti abbandonati, né detti devastati, ma saremo il
compiacimento del nostro Dio e la nostra terra sarà detta sposata. “Come un giovane
sposa una vergine, così ti sposerà il tuo Creatore; come gioisce lo sposo per la sposa, così
il tuo Dio gioirà per Te”.
La vita allora è la risposta a qualcuno che ti chiama a stare con … ed è la chiamata ad
assumere responsabilmente un compito storico nel quadro della volontà di Dio che non è
niente altro che un amore che ci attrae irresistibilmente (noi possiamo resistere ma da
parte Sua è irresistibile! ).
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La volontà di Dio su di me è la vita nuova senza fine, è la città di Dio, la nuova
Gerusalemme, la città dove non ci sono più lacrime, né pianto, né lutto, né dolore perché
Dio si è scelto un popolo e questo popolo Lo ha scelto e sposato … per sempre.
I TAPPA
L’ACCENDIAMO?
“[…] in questo mistero, infatti, ogni terra viene amata, curata, difesa, custodita come una
sposa. E non come un amante! […]”. (Mons. Bregantini)
Obiettivo
Il giovane scopre che la propria vocazione è vocazione alla felicità. Si tratta di aiutare il
giovane a comprendere il valore che la dinamica della scelta assume nel percorso di
realizzazione piena di sé.
In profondità
Ogni adolescente ed ogni giovane nutre nella propria vita aspirazioni e desideri che molto
spesso diventano il motore invisibile da cui partono scelte e decisioni fondamentali. È
importante però tenere presente il fatto che sono proprio queste scelte – scelte di vita –
che contribuiscono alla costruzione della vita stessa. Accade così che ad un certo punto
del proprio cammino ci si ritrovi dinanzi alla necessità di scegliere fra il vivere la propria
vita piena, intera e completa, o trascinare una falsa, vergognosa e degradante esistenza.
Dio suscita in ciascun uomo un desiderio di pienezza di vita che spinge tutti ad uscire
dal proprio Io per darvi risposta: il punto di partenza è l’ascolto dei propri moti
dell’anima; la meta è Dio stesso, Dio che ci interpella e che interpella la nostra libertà.
Ma quale libertà?
La libertà di scegliere se vivere la propria vita come un’avventura, un rischio oppure la
libertà di scegliere una vita che è un progetto, una vita come vocazione. In questo senso,
vivere la vita come vocazione è la scelta di ogni cristiano (perché per un cristiano vita è
sinonimo di vocazione). Non di rado capita che “l’essere cristiano” sia un orizzonte vago
quando invece dovrebbe essere quella scelta di vita fondamentale, tanto importante da
condizionare tutte le altre.
Fondamento della vita è la felicità. Perché in realtà, ogni uomo “è chiamato” alla festa,
alla gioia e a lui viene continuamente rivolto l’invito a parteciparvi: partecipare alla festa
della vita!
PER I GIOVANISSIMI
Si comincia con un gioco che ruota essenzialmente attorno alla necessità di compiere
delle scelte(vedi Allegato 1: LA UNO, LA DUE OLA TRE?). Infatti, i ragazzi dovranno
confrontarsi con la loro capacità di scegliere, anche quando non vorrebbero o anche di
fronte a delle alternative, secondo il loro punto di vista, poco allettanti.
Dopo l’attività, che avrà messo in luce, l’obbligo per ogni uomo di affrontare delle scelte,
si procederà con un discoforum (vedi Allegato 2 e Allegato 3: LA VERITA’ E’ UNA
SCELTA). Attraverso la canzone i ragazzi scopriranno che ogni gesto, nella vita, fa già
parte di una scelta della quale è necessario prendere consapevolezza, se si vuol vivere da
protagonisti.
Per entrare ancor più in merito all’argomento “scelta” i ragazzi potrebbero accostarsi
all’esperienza di Chiara Luce Badano, una diciottenne che sarà dichiarata santa, durante
la giornata mondiale della gioventù di quest’anno e che ha scelto di fondare la sua breve,
ma intensa vita su Cristo Gesù. Vi offriamo delle pagine estratte dalla sua biografia.
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“IO HO TUTTO” I 18 ANNI DI CHIARA LUCE (dal capitoloCOME IN UN SOGNO)
La prima scelta
La giovanissima Chiara Badano, diventata gen 3 – non ha ancora 12 anni – continua a
essere innamorata del Vangelo. La sera, prima di dormire, scrive talvolta alcuni
semplicissimi fatti di vita, dei fioretti. Eccone uno: “Una compagna ha la scarlattina e
tutti hanno paura di andarla a trovare. D’accordo con i miei genitori penso di portarle i
compiti, perché non si senta sola. Credo che più del timore, sia importante amare”.
Nel 1983 Chiara per due volte si reca a Rocca di Papa, nei pressi di Roma, dove si
svolgono i congressi internazionali delle gen 3. Come al solito in famiglia si crea un po’ di
trambusto perché nonni e zii rimproverano a Ruggero e Maria Teresa di lasciar partire la
bambina per un luogo così lontano senza di loro. Ma è proprio in queste occasioni che
Chiara compie una scelta che poi non metterà più in discussione.
Scrive a Chiara Lubich il 17 giugno: “Questo per me è stato il primo congresso, e devo
dire che è stata un’esperienza meravigliosa, ho riscoperto Gesù Abbandonato in modo
speciale, l’ho sperimentato in ogni prossimo che mi passava accanto. Quest’anno mi sono
riproposta di vedere Gesù Abbandonato come mio sposo e accoglierlo con gioia e
soprattutto con tutto l’amore possibile”.
E qualche mese dopo, il 27 novembre, appena compiuti i 12 anni: “La realtà per me più
importante durante questo congresso è stata la riscoperta di Gesù Abbandonato. Prima
lo vivevo piuttosto superficialmente, e lo accettavo per poi aspettarmi la gioia. In questo
congresso ho capito che stavo sbagliando tutto. Non dovevo strumentalizzarlo, ma
amarlo e basta. Ho scoperto che Gesù Abbandonato è la chiave dell’unità con Dio e voglio
sceglierlo come mio primo sposo e prepararmi per quando viene. Preferirlo! Ho capito che
posso trovarlo nei lontani, negli atei, e che devo amarli in modo specialissimo, senza
interesse”.
Gesù Abbandonato, cioè uno dei cardini della spiritualità dell’unità, il desiderio di dare
un senso e di rivivere il momento in cui Gesù più aveva sofferto, quando gridò sulla
croce: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”. Lì c’è la chiave dell’unità tra gli
uomini sulla terra, e anche tra la terra e il cielo. Lì c’è il compendio della passione e della
morte di Gesù, e la chiave della sua resurrezione. E Chiara, 12 anni, centra il mistero del
cristianesimo.
PER I GIOVANI
Attraverso l’attività della lettura dell’opera(vedi Allegato 4: PIETRO E GIOVANNI
CORRONO AL SEPOLCRO LA MATTINA DELLA RESURREZIONE), si giunge alla scoperta
del percorso da intraprendere per fare scelte importanti e significative, alla luce del
vangelo e dell’insegnamento di Gesù. Egli infatti ci indica la via per la piena realizzazione
di noi stessi. L’analisi del quadro di Burnard, ci aiuta ad avviare la riflessione alla quale
potremo dare degli stimoli con l’aiuto di un commento (vedi Allegato 5: PIETRO E
GIOVANNI CORRONO AL SEPOLCRO LA MATTINA DELLA RESURREZIONE - commento)
ANALISI DEL DIPINTO
• Quali sensazioni suscita in te l’immagine?
• Quale credi sia il tema del quadro?
• Chi sono i personaggi?
• Come sono stati dipinti?
• L’espressione dei volti è la stessa per entrambi? Perché?
• PerchéGiovanni e Pietro corrono?
• Verso chi/dove stanno andando?
• Che cosa credi che stiano pensando?
• Secondo te, si sono parlati durante il tragitto?
• Pensi che si aspettino qualcosa dalla loro corsa?
• Credi che il quadro possa suggerirti delle cose sulla tua vita? Quali?
• Ci riconosciamo in questa corsa?
101
•
•
•
•
•
Che cosa potresti avere in comune con i due personaggi?
Accettiamo il rischio di cadere e inciampare nel nostro cammino di fede?
Alla fine della corsa, secondo te, che cosa scopriranno?
E che cosa accadrà alle loro vite?
Come pensi che si comporteranno dopo essere arrivati alla meta?
Continuiamo la riflessione considerando che la felicità alla quale l’uomo aspira, potrebbe
non essere facilmente trovata, nascosta magari dalla nostra incapacità di vedere in
profondità e di riconoscere i segni. “Che rumore fa la felicità?”; quali segni la felicità
lascia nella nostra vita tanto da indurci a credere di aver scelto bene? Vi suggeriamo di
presentare la domanda con questo brano musicale e con il suo video (vedi Allegato 6,
Allegato 7 e Allegato 8: CHE RUMORE FA LA FELICITA’?). Altrimenti, se lo ritenete più
opportuno, potrete semplicemente chiedere ai ragazzi di rispondere alla domanda.
C’ è chi, prima di noi, si è interrogato sul senso della propria vita e si è posto degli
interrogativi rispetto alla felicità e a ciò che potesse generarla. Anche i Magi hanno letto
nel simbolo della stella cometa un segno di felicità. Anche loro, come noi, si sono fatti
delle domande alle quali hanno cercato di rispondere attraverso un percorso di ricerca
(vedi Allegato 9: GMG 2005).
Filmografia(vediAllegato 1 extra):
Peter Berg, “FRIDAY NIGHT LIGHTS”
Adam Shankman, “I PASSI DELL’AMORE”
Tim Robbins, “DEAD MAN WALKING”
Marco Pontecorvo, “PA – RA – DA”
Giulio Manfredonia, “SI PUO’ FARE”
Sam Mendes, “REVOLUTIONARY ROAD”
Bibliografia (vedi Allegato 2 extra):
Michele Zanzucchi, “IO HO TUTTO” i 18 anni di Chiara Luce, Città Nuova
Soren Kierkegaard, “AUT – AUT”, 1843
Siti web:
http://www.gmg2011.it
[email protected]
http://www.chiaralucebadano.it
102
II TAPPA
UNA PROMESSA E’ PER SEMPRE …
“[…] quella del Cantico dei Cantici è una delle immagini più dolci e più rivalorizzate, oggi.
Perché c’è in essa tutta la forza pregnante del dialogo d’amore con Dio e tra di noi […]”.
(Mons. Bregantini)
Obiettivo
Il giovane riconosce nell’Amore la scelta fondamentale e definitiva per incontrare il Tu e
qui stabilirsi nella prospettiva della promessa. Tale percorso diventa possibile quando il
giovane coniuga la libertà dell’altro con la fedeltà a se stesso.
In profondità
“Niente può appagare la volontà umana, se non il bene universale, totale, infinito”.
San Tommaso
Come raggiungere questo bene? Come riconoscerlo? Come fare a capire di cosa
esattamente si tratta?È la felicità! Ma cos’è la felicità?“Una certa attività dell’anima svolta
conformemente a virtù”.Questa è
la definizione che ne dà Aristotele nell’ Etica
Nicomachea: felicità, cioè, è la soddisfazione dei bisogni e delle aspirazioni mondane.
Siamo noi disposti a condividere questa definizione, o pensiamo che la felicità sia
qualcosa di diverso, di ulteriore?Se la vita è progetto e se questo progetto è una
vocazione, vivere la vita come vocazione significa vivere alla ricerca...della felicità…
Cercare, ricercare il bene infinito che non è qualcosa di astratto ma è quanto di più
concreto possa esistere: l’altro, l’Amato, il Tu.Allora, felicità sarà vivere l’amore totale e
totalizzante per il Tu; un amore che lungi dal coincidere con la smania di possedere
l’altro fisicamente, l’altro in quanto corpo, l’altro come oggetto, fa dell’altro il proprio
complemento, il proprio completamento per realizzare il suo desiderio di pienezza. È vero:
l’essere umano è un essere corporeo, ma, per quanto materiale esso sia, è qualcuno, è
manifestazione della persona.L’altro è l’Amato, l’amore che prende forma e che si realizza
ogni qual volta viviamo la relazione con il Tu come quel rapporto meraviglioso che il
Cantico dei Cantici racconta: l’insondabile amore che Dio nutre per l’umanità.
Forse le parole di un grande cantautore possono chiarire la maniera in cui avviene
l’incontro tra l’io alla ricerca e il tu che viene cercato:
Nell'istante più importante,
sulla soglia della vita,
ogni spirito è diviso
e si deve ritrovare.
E quell'urlo in cui si è nati
è già il nome da cercare
per poi essere completi
ed insieme camminare.
Non devo “fare mio” l’altro: devo “farmi” con lui.Con la consapevolezza e la certezza che
l’altro non è mio e non potrà mai esserlo: l’altro è una promessa, che sempre si fa e si
rinnova e mai si compie definitivamente. L’altro è il mio interlocutore, il mio reciproco,
colui che mi “chiama”, colui che io “chiamo”. L’altro è chi mi rende libero, il tu di cui
sono responsabile. L’altro è per me una Terra Promessa: una meta di cui s’intravvede già
l’orizzonte ma di cui non si potrà mai stabilire l’approdo.
103
PER I GIOVANISSIMI
La promessa che Cristo ci fa è una promessa d’amore, che noi esprimiamo a partire dal
nostro corpo e dalla nostra capacità di relazionarci con gli altri. Se impariamo, attraverso
la corretta educazione al corpo e alla sessualità, a vivere la fisicità come dimensione della
persona e la orientiamo progressivamente al dono di sé, essa si trasformerà in energia
finalizzata all’amore personale, profondo e stabile. Proponete ai ragazzi un percorso serio
e costituito da varie attività sul corpo, la sessualità e l’affettività (vedi Allegato 1 e per
approfondimento Allegato 2 extra: NOI SIAMO IL NOSTRO CORPO).
Anche per questa tappa i ragazzi potrebbero ascoltare le parole di Chiara Luce Badano,
che ha vissuto la sua esistenza e soprattutto la sua malattia come un’offerta d’amore al
suo sposo, Cristo Gesù, sicura di una promessa di felicità eterna.
Vi offriamo delle pagine estratte dalla sua biografia.
“IO HO TUTTO” I 18 ANNI DI CHIARA LUCE (dal capitoloLA SPOSA)
Lo sposo vicino
Arriva il tempo di un primo intervento chirurgico, seguito da una lunga chemioterapia,
che le provoca non pochi malesseri, ma che non fa pensare a chi le sta intorno. A questo
proposito, Maria Teresa racconta un momento decisivo della vita di Chiara, un passaggio
che ha dello straordinario: “Da qualche tempo ha capito che le cose si mettono male e
che ha un cancro vero e proprio. Tuttavia mantiene intatta la speranza di guarire.
Qualche giorno dopo l’intervento, chiede direttamente al medico la vera diagnosi. Viene
così a sapere la verità sul suo male, ma anche che resterà calva per la chemioterapia. È
forse questo particolare a farle comprendere la gravità del male: ai suoi capelli, infatti, ci
tiene. Siamo a Torino, da amici, perché l’intervento ha avuto luogo al Regina Margherita.
La vedo ancora arrivare nel giardino avvolta nel suo cappotto verde. Ha lo sguardo fisso
per terra, si avvicina, pare assente, entra in casa. Le chiedo come sia andata. E lei: “Ora
no, ora non parlare”. Si butta sul letto, con gli occhi chiusi. Venticinque minuti li
trascorre così. Mi sento morire, non so che fare; l’unico modo di starle accanto è tacere,
soffrire con lei. È una battaglia, quella che Chiara sta combattendo. Quindi si volta, mi
sorride: “Ora puoi parlare”, mi fa. È fatta. Ha ridetto il suo sì. E non torna più indietro”.
Dalle testimonianze raccolte si ha la certezza che una volta sola Chiara chiede il perché
di quel dolore. Dopo il primo intervento esclama: “Perché, Gesù?”. Ma pochi istanti dopo
si risponde da sola: “Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io”.
Chiara scrive a Chiara Lubich: “Questo male Gesù me lo ha mandato al momento giusto,
me l’ha mandato perché io lo ritrovassi”. Quel sorriso che la caratterizzava da sempre, e
che nei primi mesi della malattia non l’aveva abbandonata, torna più radioso ancora
sulle sue labbra. Chiara, ormai, sa dove va. Il filosofo agnostico Emil Cioran si chiedeva:
“Si è mai visto un santo gioioso?”. Chiara lo era.
PER I GIOVANI
UNA PROMESSA E’ PER SEMPRE
Proponiamo un breve percorso biblico sul tema dell’educazione all’amore, da svolgere in
un unico incontro o in più tappe. Vi suggeriamo anche come approfondimento la
lettura dell’Allegato 3: UN AMORE E’ PER SEMPRE.
Il titolo di questa tappa potrebbe spaventare, lasciare senza parole e un po’ scettici i
destinatari … purtroppo è così, ci si è convinti, che nulla ormai, è per sempre!
Beh, non è così. Nella quotidianità dell’usa e consuma il Signore non si arrende e ci
ricorda che non è così, che è possibile amare dall’eternità e per l’eternità, proprio come
Lui fa con noi. Vuole raccontarci come già prima della venuta di Gesù, da sempre
insomma, le questioni di cuore, siano state le più complicate, ma anche le più saporite.
Bisognerebbe dunque, prima di andare al nucleo, ruotare sugli orbitali esterni
dell’argomento, andiamo per tappe :
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Sarebbe opportuno riflettere sulla felicità … la nostra felicità consiste nel partecipare alla
felicità di Dio. La felicità è la vocazione di tutti gli uomini e le donne dei nostri tempi che
non vogliono imbavagliarla, né relegarla a brevi momenti di passione o a barlumi di
sentimentalismo!
Per iniziare é fondamentale cercare nelle scritture ciò che Dio pensa dell’amore umano …
sino a riscoprirlo asse portante delle nostre esistenze, perché chi vive nell’amore, vive in
pienezza la propria vita senza sottrarsi ad impegni e responsabilità! Ci si alimenta infatti
solo dal dono che di sé si può fare agli altri. E’ questo l’amore sponsale, il gesto di
consegna più alto!
Testi biblici che possono aiutarci in questo primo passo sono:
Storia di Susanna (Dn 13)
Questo testo biblico ci sottolinea la nostra condizione di schiavi di una passione, figlia di
un’affettività disordinata che ci spinge fino a sperimentare la morte se non fisica del
cuore.
La storia di Susanna se pur così lontana si rivela alquanto attuale, quanti uomini di
potere come gli anziani hanno questi tipi di scheletro nell’armadio? Quanti giovani di oggi
si ritrovano spogliati della tenerezza e rivestiti solo ed esclusivamente di fisicità? In una
relazione ricca di passione è possibile scorgere l’approvazione di Dio? Dov’è il germe di
sentimento che due persone vogliono coltivare, custodire e alimentare, perché l’altro non
sia un take away?
Un altro testo biblico che è possibile affiancare a quello di Susanna è quello di Giuseppe
(Gn 37-41) che venduto come schiavo dai suoi stessi fratelli, finisce nella casa di Potifar
che lo accoglie come un figlio mettendolo a capo dei suoi averi. La moglie di Potifar
intanto subisce il fascio di Giuseppe che però non si concede a lei, poiché un uomo
integro e rispettoso, lei dunque alla stregua degli anziani, gli strappa le vesti e lo accusa
di averla aggredita. Giuseppe finisce in prigione, ma dopo una serie di eventi prodigiosi,
egli sarà valorizzato come merita e gli saranno affidate grandi responsabilità.
Questi due testi ci aiutano nella riflessione, in quanto “usare” la sessualità senza
preoccuparsi del suo significato più intrinseco o delle responsabilità che comporta non
può di certo condurci ad una promessa per sempre. Piuttosto potremmo fondare una
relazione e poi un matrimonio sul “finchè me la sento”, “finchè un’ altra/un altro non mi
fa giare la testa”, “finchè riesco ad essergli fedele o fin quando mi è fedele”… triste dirlo,
ma così, in modo profondamente adolescenziale, si pongono i giovani di fronte alla
responsabilità di una relazione stabile! Questo atteggiamento lascivo di chi una relazione
la subisce e non la costruisce, non porterà lontano, l’emotività farà incontrare queste
persone e le spingerà a bruciarsi l’uno per l’altra, e poi? Ne resterà cenere, ci si pentirà,
non si starà più bene nel proprio corpo, non ci si sentirà più belli e piacenti! E’ proprio
questo il punto, l’amore come fiammella deve bruciare tutti i giorni, deve scoprire la
bellezza del corteggiamento per conquistare un’altra libertà, il tu amato! Ma come? Per
acquistare fascino è necessario appropriarsi dei tratti di Gesù Cristo! Spesso l’amore
sceglie le vie più ardue, ma essenziale è “Nulla anteporre all’amore”. La conquista
dell’altro è un lavoro paziente, delicato, una vera e propria arte! L’amore è disponibile e si
fa carico dell’altro senza giudicarlo così pian piano, ma accanto all’altro ci si riconosce
unici e insostituibili. Per intraprendere un viaggio a due è necessario liberarsi dalle ferite
del passato, l’amato non deve solo imparare ad amare, ma deve prima di tutto amare se
stesso. Il fascino deve essere, non solo corporeo, importantissimo per l’amore a se stessi,
ma intellettuale in quanto l’amore deve avere il sapore dell’intelligenza. Deve, inoltre,
saper gestire l’emotività e deve essere religioso ovvero deve andare oltre la propria
sapienza! L’amore deve imparare a leggere in Cristo le sue leggi fondamentali. La nostra
cultura ci dice che è necessario per accedere all’amore entrare per la porta del sesso. Non
è così invece, l’amore cresce in direzione di un progetto (il matrimonio) e del sesso (dono
di se e mutuo scambio della propria intimità) per farlo quindi utilizza le porte della
responsabilità per il primo e la tenerezza per il secondo. La responsabilità ci porta ad un
cammino ad un progetto pensato insieme e che si accompagna alla tenerezza che
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arricchisce il sentimento. Se si entrasse solo per il sesso, la responsabilità verrebbe
meno fino ad esaurirsi, insieme alla tenerezza, ne resterebbero corpi svuotati! Deve
avvertire come compagno di viaggio lo Spirito Santo.
Infine un brano biblico icona dell’amore sponsale è quello di Tobi e Sara (Libro di Tobia
cap. 5-6-7-8)
I due vivono la dimensione del corteggiamento, non bruciano le tappe, ma elevano una
preghiera accorata a Dio, che ascolta la loro voce! Tobi “uccide il pesce” simbolo delle
insidie che possono minacciare una storia d’amore. I due pertanto non antepongono
nulla all’amore se non la parola di Dio! Tobi e Sara lasciano che il loro amore cresca e
arda con grazia e purezza, la loro relazione cresce in maturità e tenerezza per tanto
l’unione dei loro corpi è qualcosa che nasce da un sentimento stabile e benedetto da Dio,
per questo pregano prima di unirsi nell’intimità!
Possano aiutarci questi brani a riordinare la nostra vita affettiva alla luce di quello che
Dio pensa dell’amore. Le coordinate che ci affida per vivere la nostra affettività in
pienezza ci portino ad essere i Tobia e Sara nell’oggi … perché UNA PROMESSA PER
SEMPRE E’ POSSIBILE!!
All’interno della Bibbia, esiste un testo, il Cantico dei Cantici, che descrive
magistralmente l’amore e la promessa di cui esso diventa portatore. È uno dei testi più
lirici e inusuali delle Sacre scritture. Racconta in versi l'amore tra due innamorati, con
tenerezza ma anche con un ardire di toni ricco di sfumature sensuali e immagini
erotiche. Ciò non pregiudica affatto il carattere sacro del testo, in quanto l'amore erotico
dei due amanti, per l'autore del testo, ha origine divina. Il testo ha un altissimo valore
nell'ebraismo, essendo il Cantico uno dei "Meghillot", ovvero dei "rotoli" letti in occasione
delle principali feste: il Cantico, proprio per la sua importanza, è assegnato alla Pasqua.
Vi proponiamo quindi per i giovani, un percorso di formazione all’interno di questi versie
lo studio che molti uomini illustri hanno fatto di queste parole (vedi Allegato 4: L’AMORE
UMANO NEL CANTICO DEI CANTICI).
Potreste proporre ai giovani di vedere anche il video di Roberto Benigni, che nel teatro di
Terni, racconta il Cantico dei Cantici. Potete trovarlo su www.youtube.it
Per ulteriori approfondimenti:
Giovanni Marini, l’amore: un nome un volto, edizioni Porziuncola, Santa Maria degli Angeli
2006
Raimondo Bardelli, la vita è amare, LDC, Leumann 2003
Filmografia (vedi Allegato 1 extra):
Adam Shankman, “I PASSI DELL’AMORE”
Joel Schumacher, “SCELTA D’AMORE”
Alejandro Agresti, “LA CASA SUL LAGO DEL TEMPO”
Sarah Polley, “AWAY FROM HER (LONTANO DA LEI)”
Bibliografia (vedi Allegato 2 extra):
Michele Zanzucchi, “IO HO TUTTO” i 18 anni di Chiara Luce, Città Nuova
Siti web:
http://www.gmg2011.it
[email protected]
http://www.chiaralucebadano.it
http://www.youtube.it
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III TAPPA
COSE DELL’ALTRO MONDO!
“[…] se è sposa la terra che abitiamo e tale la sentiamo allora ogni terra avrà sviluppo e
crescita. Ma tocca a noi far amare la propria terra come una sposa! Questo è il nostro
primario compito […]”. (Mons. Bregantini)
Obiettivo
Il giovane riconosce nel creato la prima manifestazione d’amore di Dio per l’umanità.
Interrogandosi su questo “originale” progetto di Dio e confrontandosi con i progressi della
scienza e della tecnica, scopre le possibilità di una relazione sana e responsabile con la
Terra.
In profondità
In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. (Gv 1, 1-3)
Ha senso parlare di creazione solo nella misura in cui essa viene definita in rapporto a
Colui che crea: Dio crea tutte le cose suscitandole integralmente; Dio pronuncia la sua
parola e le cose si fanno presenti.
In principio Dio creò il cielo e la terra. (Genesi 1, 1)
La creazione, è il primo atto d’amore che Dio ha compiuto nei confronti dell’umanità. Dio
parla e l’universo comincia ad essere. Ama ciò che ancora non è, e il suo amore è
creativo. L’amore, per sua natura, ha bisogno di espandersi, di comunicare, di uscire da
sé per coinvolgere tutto e tutti nella gioia di vivere.
Come gli uomini hanno risposto a questa dichiarazione d’amore che Dio ha pronunciato
nei loro confronti? In quale maniera hanno contraccambiato ad un dono così grande?
Alla silenziosa lode del creato deve dare voce l’essere umano che, contemplando le
meraviglie del Signore, scopre la sua grandezza. L’universo è posto nelle nostre mani; noi
siamo “responsabili” del suo miglioramento o del suo degrado, della sua continuazione o
della sua fine.
Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo
custodisse. (Genesi 2, 15)
Noi siamo i destinatari del mondo. Posti al centro e al di sopra del creato, siamo dotati di
una particolare benedizione divina che ci dà la forza di essere creatori: abbiamo il creato
nelle nostre mani.
A questo privilegio corrisponde l’obbligo di conoscere le nostre potenzialità e di studiare il
mondo con l’umanità che lo popola per trasformare in meglio tutto quello che tocchiamo.
Per migliorare la creazione dobbiamo, ogni giorno, ritornare ad interrogarci sull’originale
progetto di Dio. Il nostro compito primario è amare la nostra terra proprio come una
sposa: solo così essa potrà divenire giardino. Come dice il profeta Isaia: “e la tua terra,
Sposata”!
Dobbiamo amare, curare, difendere, custodire la nostra terra come una sposa; e non
come un’amante.
Se la terra è amante ecco l’inquinamento, i rifiuti tossici venduti e sotterrati, il male di
una natura che cresce male.
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Se è sposa, invece, la terra che abitiamo e tale la sentiamo, educandoci, allora ogni terra
avrà sviluppo e crescita; e solo così potremo assistere al nuovo sorgere di “un cielo nuovo
e una terra nuova” e al progresso della civiltà dell’amore.
PER I GIOVANISSIMI
I video musicali proposti (vedi Allegato 1 e 3: EARTH SONG e Allegato 2 e 4: A
BEAUTIFUL LIE)ci descrivono quella che con una immagine biblica potremmo definire
come l’anticreazione o distruzione del creato. Un processo già in atto che, per alcuni è
irreversibile e ci condurrà ad una fine certa, mentre per altri può subire un cambio di
tendenza se prendiamo davvero consapevolezza dell’urgenza di una nuova creazione. A
partire dalle immagine e dai testi ad essi corredati, potete avviare la discussione. Avete a
disposizione i video, la traduzione della prima canzone e il testo di presentazione e
chiusura della seconda. Dopo la visione aprite la discussione ed approfonditela con
l’aiuto del testo di Benedetto XVI (vedi Allegato 5: BENEDETTO XVI).
Per fronteggiare la drammatica situazione della terra, alcuni esperti e alcuni uomini “di
coscienza”, suggeriscono delle iniziative. Proponete ai ragazzi di visionare alcuni video
dello scienziato tedesco Wolfang Sachs su ecologia, giustizia e pace (vedi Allegato 6a e
6b); clima, risorse e futuro del pianeta (vedi Allegato 7); nucleare o energie decentrate?
(vedi Allegato 8). Inoltre potreste proporre alcuni interventi del presidente della regione
Puglia, Nichi Vendola, a proposito della possibilità di creare sul territorio regionale
centrali nucleari (vedi Allegato 9 e 10).
Decidete se proporli tutti o scegliere un argomento da trattare in modo specifico.
Proponete ora ai ragazzi di creare, dopo il confronto su anticreazione ed interventi
riparativi, un decalogo sulla salvaguardia del creato. Dieci indicazioni che permettano di
contribuire, secondo le indicazioni di Gesù nel vangelo guida di questo modulo, “i cieli
nuovi e la terra nuova”. Fate in modo che inseriscano in questo elenco dei riferimenti per
i 4 elementi della natura: fuoco, acqua, aria e terra. Al termine, condividete ed integrate,
se lo ritenete necessario, le loro proposte con un decalogo già pronto (vedi Allegato 11: 10
SFIDE PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO).
Concludete definendo un decalogo generale e definitivo e con il commento di Gianfranco
Ravasi al salmo 65 sulla bellezza della creazione(vedi Allegato 13: TU VISITI LA TERRA).
Chiara Luce Badano conduce la sua vita, sino alla morte, come risposta a Dio che le ha
donato il creato e di conseguenza anche il soffio vitale.
Vi offriamo delle pagine estratte dalla sua biografia.
“IO HO TUTTO” I 18 ANNI DI CHIARA LUCE (dal capitoloLA SPOSA)
Lo sposalizio
Chiara Luce si aggrava, sopraggiungono crisi respiratorie e segni di soffocamento.
Confida alla mamma una mattina: “Ieri sera ero felice perché ho potuto offrire ancora
qualcosa”. E in un altro momento: “Pensi che sia un falso allarme? Partirò?”. Le risponde
Maria Teresa: “Per partire ci vuole il tempo di Dio. Ma stai tranquilla: hai la valigia
pronta, piena di atti d’amore”. E Chiara Luce: “Pensi che mi verrà incontro la nonna?”.
La mamma: “Prima ci sarà Maria, che t’accoglierà a braccia aperte”. E la giovane Badano:
“Zitta, non dirmi niente che mi togli la sorpresa”.
Due notti prima di morire chiede alla madre di leggerle una delle meditazioni di Chiara
Lubich, le uniche pagine oltre al Vangelo che ancora la soddisfino, placando la sua sete
d’infinito. Maria Teresa comincia, ma Chiara Luce l’interrompe: “Con più entusiasmo, per
favore”. E poi pronuncia una frase, semplice e forte, memore della “visita” ricevuta
qualche settimana prima: “Quando arriva il diavolo lo mando via, perché sono più forte,
perché io ho Gesù”.
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La vigilia vuol salutare gli amici che in quel momento sono in casa. Non ha un filo di
forze residue, ma riesce comunque a riservare un sorriso a ognuno, o un semplice cenno
con la mano. Giuliano è tra questi: “Bisogna avere il coraggio di mettere da parte
ambizioni e progetti che distruggono il vero significato della vita, che è credere nell’amore
di Dio e basta”, riesce a dirgli. Arriva un mazzo di roselline dalla gen: “Che belle, proprio
adatte per un matrimonio”, commenta.
Sin dalla mattina le viene da ripetere una frase ripresa da Chiara Lubich: “Vieni, Signore
Gesù”, perché desidera ricevere l’Eucarestia. E inatteso arriva un sacerdote, che le dà la
comunione. È felicissima.
La notte si annuncia, se possibile, ancora più difficile del solito. I medici si danno da fare
nella sua stanzetta, ma Chiara Luce chiede di restare sola con i suoi. Accanto a lei il
padre e la madre. Fuori dalla porta, gen e amici. C’è pace, quasi naturalezza. Le sue
ultime parole sono per la mamma: “Ciao. Sii felice perché io lo sono”. A papà, che le
chiede se quella frase valga anche per lui, stringe semplicemente la mano. È domenica 7
ottobre 1990, sono le quattro del mattino. È arrivata, Chiara Luce.
Scrive Chiara Lubich in un telegramma a Ruggero e Maria Teresa: “Ringraziamo Dio per
questo suo luminoso capolavoro”.
Poi l’ultimo dono: le sue cornee vengono espiantate. Ora due giovani vedono grazie a lei.
PER I GIOVANI
I video musicali proposti (vedi Allegato 1 e 3: EARTH SONG e Allegato 2 e 4: A
BEAUTIFUL LIE)ci descrivono quella che con una immagine biblica potremmo definire
come l’anticreazione o distruzione del creato. Un processo già in atto che, per alcuni è
irreversibile e ci condurrà ad una fine certa, mentre per altri può subire un cambio di
tendenza se prendiamo davvero consapevolezza dell’urgenza di una nuova creazione. A
partire dalle immagine e dai testi ad essi corredati, potete avviare la discussione. Avete a
disposizione i video, la traduzione della prima canzone e il testo di presentazione e
chiusura della seconda. Dopo la visione aprite la discussione ed approfonditela con
l’aiuto del testo di Benedetto XVI (vedi Allegato 5: BENEDETTO XVI).
Per fronteggiare la drammatica situazione della terra, alcuni esperti e alcuni uomini “di
coscienza”, suggeriscono delle iniziative. Proponete ai ragazzi di visionare alcuni video
dello scienziato tedesco Wolfang Sachs su ecologia, giustizia e pace (vedi Allegato 6a e
6b); clima, risorse e futuro del pianeta (vedi Allegato 7); nucleare o energie decentrate?
(vedi Allegato 8). Inoltre potreste proporre alcuni interventi del presidente della regione
Puglia, Niky Vendola, a proposito della possibilità di creare sul territorio regionale
centrali nucleari (vedi Allegato 9 e 10).
Decidete se proporli tutti o scegliere un argomento da trattare in modo specifico.
Proponete ora ai ragazzi di leggere il decalogo già pronto (vedi Allegato 11: 10 SFIDE PER
LA SALVAGUARDIA DEL CREATO)e confrontarsi sulla reale possibilità di metterlo in
pratica o di verificarsi con il testo di don Tonino Bello sulla nostra responsabilità nella
cura della terra (vedi Allegato 12: DON TONINO BELLO).
Concludete con il commento di Gianfranco Ravasi al salmo 65 sulla bellezza della
creazione(vedi Allegato 13: TU VISITI LA TERRA).
Filmografia (vedi Allegato 1 extra):
Alastair Fothergill e Mark Linfield, “EARTH – LA NOSTRA TERRA”
Andrew Stanton, “WALL*E”
Bibliografia (vedi Allegato 2 extra):
Michele Zanzucchi, “IO HO TUTTO” i 18 anni di Chiara Luce, Città Nuova
109
Siti web:
http://www.gmg2011.it
[email protected]
http://www.chiaralucebadano.it
CELEBRAZIONE
Sai che basta l’amore
Cel: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Ass: Amen
Cel: Carissimi, come afferma San Paolo, “l’amore non ha fatto mai male a nessuno” e
come dicono tanti “più forte della morte è l’amore. L’amore viene da Dio e può operare
ogni cosa. Può anche far si che noi stessi operiamo ogni cosa, poiché come insegna San
Francesco di Paola: “ A chi ama Dio nulla è impossibile” Il vero amore è infatti quello che
noi abbiamo ricevuto da Dio e che doniamo al mondo di conseguenza.
Silenzio
Ascolto della canzone seguente di Herbert Pagani “Sai che basta l’amore.”Canteremo
il brano insieme dopo averlo riascoltato un’altra volta
Sai che basta l'amore
per alzarti al mattino
e inventare un giardino
là dove non c'è un fiore.
E vedrai con l'amore
se mi resti vicino
forzeremo il destino
a cambiare colore.
Perché solo l'amore
fa d'un porco un poeta
fa d'un vecchio un atleta
d'un barbone un signore.
Sai che basta l'amore
per ricominciare
quando tutti i tuoi sogni
se li è bevuti il mare.
Perché solo l'amore
fa nel buio una luce
fa salire una voce
anche in mezzo al rumore.
Sai che basta l'amore
per trovare parole
che convincano il sole
a venire in città.
E noi due con l'amore
canteremo canzoni
per far battere i cuori
e tacere i cannoni.
Sai che basta l'amore
per avere ragione
e piantare in prigione
fiori di libertà.
E l'amore sarà
per noi due la ricchezza
e la sola certezza l'unica verità.
Sai che basta l'amore
quando non hai bandiera
quando non hai speranza
quando non hai preghiera.
Se ti basta l'amore
dai mettiamoci in viaggio
con un po' di coraggio
troveremo l'amore.
110
Silenzio
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del Deuteronomio (Dt 6,2-6)
Ascolta Israele: ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore. Mosè parlò al popolo dicendo:
“Temi il Signore tuo Dio osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il
figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti dò e così sia lunga la
tua vita. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice e cresciate
molto di numero nel paese dove scorre il latte e il miele, come il Signore, Dio dei tuoi
padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu
amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi
precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore”.
Parola di Dio
SALMO RESPONSORIUALE(Sal 17)
Ti amo, Signore, mia forza.
Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore;
mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;
mio scudo e baluardo, mia potente salvezza.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.
Mi assalirono nel giorno di sventura,
ma il Signore fu mio sostegno;
mi portò al largo,
mi liberò perché mi vuol bene.
Viva il Signore e benedetta la mia rupe,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie
Acclamazione al Vangelo(Gv 14,23)
Alleluia, alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia.
VANGELO
Dal Vangelo secondo Marco(Mc 12,28-34)
In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: “Qual è il primo di tutti i
comandamenti?”. Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è
l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua
mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te
stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. Allora lo scriba gli disse:
“Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui;
amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo
come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Gesù, vedendo che aveva
risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più
coraggio di interrogarlo.
Parola del Signore
111
MEDITAZIONE
Saluterò questo giorno con l’amore nel cuore.Poiché questo è il segreto più grande per
avere successo in tutti i campi. I muscoli possono schiacciare uno scudo e perfino
distruggere una vita, ma solo l’invisibile potere dell’amore può aprire il cuore degli
uomini… Potranno opporsi al mio argomentare, potranno diffidare delle mie parole,
potranno rifiutare la mia persona e perfino i miei buoni affari potranno essere fonte di
sospetto. Ma il mio amore conquisterà il loro cuore come il sole i cui raggi
ammorbidiscono anche l’argilla più fredda. Amerò il sole perché scalda le mie ossa, ma
amerò anche la pioggia, poiché purifica il mio spirito; amerò la luce perché mi mostra la
via ma amerò anche il buio poiché mi permette di vedere le stelle. Darò il benvenuto alla
felicità, poiché allarga il mio cuore, ma sopporterò anche la tristezza, perché apre la mia
anima; accetterò le ricompense perché mi sono dovute, ma darò il benvenuto anche agli
ostacoli poiché sono la mia sfida.
Amerò gli uomini di ogni tipo, poiché ognuno possiede qualità degne di ammirazione, per
quanto nascoste possano essere. Amerò gli ambiziosi, perché possono ispirarmi; amerò i
falliti, perché possono insegnarmi; amerò i sovrani perché non sono altro che uomini;
amerò i mansueti perché sono divini; amerò i ricchi perché sono soli, amerò i poveri
perché sono una moltitudine. Amerò i giovani per la loro baldanza, amerò i vecchi per la
saggezza che offrono.
E soprattutto amerò me stesso, poiché amando me stesso saprò ispezionare
attentamente tutte le cose che entrano nel mio corpo, nella mia mente, nella mia anima e
nel mio cuore. Non sarò indulgente verso le richieste della mia carne, ma piuttosto
curerò il mio corpo con la pulizia e la sobrietà. Non permetterò alla mia mente di lasciarsi
attirare dal peccato e dalla disperazione, ma piuttosto la eleverò il sapere e con l’antica
saggezza; non permetterò alla mia anima di diventare compiaciuta e soddisfatta, ma
piuttosto la nutrirò di meditazione e di preghiera. Non permetterò al mio cuore di
diventare meschino e acido, ma piuttosto lo offrirò agli altri ed esso si dilaterà e scalderà
la terra. D’ora innanzi amerò tutta l’umanità. Da questo momento tutto l’odio è uscito
dalle mie vene, poiché non ho tempo per odiare, ho soltanto tempo per amare. Da questo
momento faccio il primo passo necessario a diventare uomo fra gli uomini…
Cel: Nello spirito della comunione e dell’amore da Dio e dal prossimo, scambiamoci un
gesto di pace.
Tutti si scambiano la pace con l’abbraccio reciproco, ripetendosi l’un l’altro la frase Sai
che basta l’amore.
Canto del Padre Nostro
Preghiamo: O Signore, in fondo tutti quanti noi sappiamo che basta l’amore per vincere
ogni tensione, sospetto e malignità; e che l’amore apre tante porte ed è la soluzione di
tutti i nostri problemi ma non siamo sensibili all’amore perché non abbiamo compreso
che tu ci hai amati per primo. Aiutaci a convincerci del tuo amore nei nostri confronti per
essere capaci di amare gli altri poiché l’amore è sufficiente. Per Cristo nostro Signore.
Benedizione finale
Congedo:
Tutti in cerchio, tenendoci per mano, riascoltiamo la canzone di Herbert Pagani.
112
VII MODULO
ANCHE QUESTO È UN UOMO :
IL CORPO DI CRISTO NEI CROCIFISSI DELLA STORIA
Orizzonte
Il giovane scopre che l’umano è luogo teologico della manifestazione di Dio: ogni uomo
porta in sé l’immagine di Dio, perché Dio è nel volto e nella parola di Gesù di Nazaret. Per
questo, la Chiesa non è estranea a nessun uomo, anzi invita a incontrare Cristo nei
sacramenti e negli ultimi, nei poveri, negli emarginati della storia. Si tratta di fare propria
la scelta preferenziale per e dei poveri, di prendere contatto e confidenza con il fango e la
terra dell’umanità per incrociare il bisogno di salvezza ed essere strumento di liberazione
e di speranza.
Il giovane prende consapevolezza che il vangelo, proclamato sull’altare, va vissuto nel
fango della nostra terra, dentro le fatiche della gente, accanto ai poveri in difficoltà per il
lavoro, nel cuore di chi chiede sicurezza e non precarietà. Perché il vangelo è fango che
nobilita, passo che discrimina i pavidi e condanna chi non ha il coraggio di firmare il suo
dire.
Riconoscendo Dio-uomo in Gesù, il giovane, è chiamato a fare l’esperienza dei crocifissi
della storia, con ampio richiamo alla resurrezione. Cristo è ovunque, in ognuno dei nostri
fratelli, nei poveri; “perché i poveri sono Cristo”. Ciascuno di noi è un povero. In ognuno
di noi c’è l’immagine di Dio, che noi stessi nascondiamo dietro la maschera della nostra
sofferenza e miseria.
LA PAROLA
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (2, 5-11)
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio,
ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla
morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel
nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua
proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre.
RILEGGIAMO
L’abbassamento di Cristo Gesù fino a farsi servo degli uomini non può che spiegarsi nei
termini dell’amore. Per questo il filosofo danese S. Kierkegaard descrive il divenire povero
del Figlio di Dio tramite il racconto di un innamoramento.
E noi…siamo capaci di amare veramente?...
“Supponiamo un re che amava una ragazza poverissima[…] La sua risoluzione era facile
da realizzare perché ogni ministro temeva la sua collera e non osava fargli la più piccola
osservazione, ogni straniero tremava davanti alla sua potenza e non avrebbe potuto fare
a meno di inviare ambasciatori alle nozze con gli auguri di felicità[…] Ma nell’animo del re
sorse una preoccupazione[…]:sarebbe stata poi felice la ragazza con questo matrimonio?
Riuscirebbe a non pensare mai ciò che il re desiderava solo dimenticare: che lui era il re
ed ella era stata una ragazza poverissima?Che ne sarebbe stato dello splendore
dell’amore!Ma allora sarebbe stata più felice se fosse rimasta nel suo
nascondimento,amata da un suo pari,contenta della sua povera capanna,ma piena di
sincerità nel suo amore,allegra dalla mattina alla sera[…].”
113
Che doveva fare dunque il re? Doveva affascinare la ragazza con la propria magnificenza
e farle dimenticare con lo stupore per il lusso e la grandezza regale la propria origine?
“Ah,questo avrebbe soddisfatto la ragazza ,ma non poteva soddisfare il re,perché egli non
voleva la propria glorificazione,bensì quella della ragazza”.
Che doveva dunque fare? Doveva trasformare la ragazza di umile condizione,trasformarla
magicamente?“Ma l’amore non cambia l’amato bensì cambia se stesso.”
C’è un solo modo di creare l’unità del vero amore tra il re e la ragazza poverissima, cioè
tra Dio e la creatura ;se questa unità non è realizzabile “con una elevazione,deve essere
raggiunta con un abbassamento.[…]Per realizzare l’unione Dio deve quindi essere uguale
alla creatura. E pertanto egli si mostrerà uguale al più piccolo. Ma il più piccolo è proprio
quello che deve essere al servizio degli altri,quindi è nella figura di servo,che Dio si
mostrerà”.Tale figura non è un semplice rivestimento, ma è la sua vera figura. Perchè
questa è l’insondabilità dell’amore,il fatto di non diventare per scherzo,ma seriamente e
veramente uguale all’amato.”
[Citato in GISBERT GRESHAKE,Il Dio unitrino,Queriniana,2000,362-363]
Solo così Dio è,umanamente parlando, “felice”:
ha ritrovato finalmente la sua creatura e l’ha per sempre unita a sé…
I TAPPA
NESSUNO ESCLUSO
“CORPO DI CRISTO. Per questa immagine, bellissima e decisiva, basti pensare al nesso
inscindibile tra corpo e capo. Quello che ha vissuto il Cristo, come capo lo deve vivere anche
il suo corpo, che è la chiesa.” (Bregantini)
Obiettivo
Il giovane/giovanissimo, partendo dalla consapevolezza che ognuno ha in sé gli stessi
sentimenti di Cristo, scopre che la Chiesa non è estranea a nessuno.
In profondità
La Chiesa corpo di Cristo: Per i cristiani il termine «chiesa» indica l’assemblea dei
credenti, l’insieme dei discepoli di Gesù chiamati fuori dal mondo da un appello
amorevole di Dio in vista di una nuova vita in Cristo, il Signore. Nelle Scritture la Chiesa
è additata con molte espressioni quali «il popolo di Dio» (1Pt 2, 10), «l’Israele di Dio»(Gl 6,
16), «Il tempio di Dio» (1Co 3,16), «la famiglia» più vera di quella carnale poiché fondata
sulla fede» (Lc 18, 28-30; Mc 3, 31-35), la «sposa di Cristo» (Ef 5, 25-27; Ap21, 2 e 22,
17). Essa è lo strumento di amore e di fedeltà, attraverso la quale Dio fa conoscere al
mondo la sua ampiezza (Ef 3, 8-10). Luce del mondo e sale della terra (Mt 5, 13-14).
Nel pensiero Pietrino la Chiesa è «una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente
santa, un popolo…» (1Pietro 2, 9).In una celebre immagine paolina la Chiesa è definita
come “il corpo di Cristo”; questa espressione offre un’idea chiara dello spirito di unità, di
simpatia, di tolleranza e d’amore che deve regnare fra coloro che, sapendosi salvati dalla
grazia divina, si uniscono per compiere la sua missione. Quando Cristo opera nel
mondo oggi, lo fa attraverso il suo corpo, la Chiesa, ossia noi!
In diversi testi delle Scritture la Chiesa è descritta come il corpo di Cristo (Rm 12, 4-5; 1
Cor 12, 12-31; Ef 1, 22-23; 4, 4-16).
Questa definizione, indubbiamente, è la più estrema, la più significativa e qualificativa.
La Chiesa non è paragonata al corpo, ma è un corpo: il corpo di Cristo!
“In genere, da questa definizione si ricavano giustamente deduzioni relative all’unità nella
diversità, alle differenti funzioni, tutte nobili, che sono chiamati tutti i membri della
Chiesa..., ma sfugge il messaggio al limite della scandalo che questa definizione contiene;
114
nella visione ebraica dell’uomo il corpo non è una parte della persona, ma l’espressione
visibile di tutta la personalità; il corpo di Cristo è Cristo nella sua relazione con
l’umanità. La Chiesa, secondo questa immagine cara a Paolo, «è Cristo» nel mondo. Ed è
infatti depositaria della missione che è l’evangelizzazione del mondo (Marco 16, 15)”.
Come corpo di Cristo, la Chiesa dipende da Lui per la sua esistenza. Egli è la sua fonte,
non solo come suo fondatore, ma anche come la potenza che la sostiene giorno dopo
giorno. Come corpo di Cristo, deriva da Lui anche nella sua identità fondamentale. I
singoli membri partecipano alla vita della Chiesa, ma non determinano come debba
essere la sua vita. È Cristo che rende la Chiesa importante, non il contrario. Essa è ciò
che è grazie a ciò che Gesù è, non grazie a ciò che sono i membri. Pertanto, la Chiesa è
soggetta alla autorità del Cristo. Egli è il «capo supremo della chiesa» (Ef 1, 22).
«Riconoscere che l'autorità di Cristo nella Chiesa è suprema ci impedisce di esagerare
l'importanza di qualsiasi struttura ufficiale od organizzativa. La chiesa ha bisogno di
organizzazione, naturalmente, ma nessuna struttura organizzativa dovrebbe mettere in
ombra l'autorità di Cristo». JanPualsen, scrive: “Il baricentro della nostra comunione
cristiana, di tutto ciò che abbiamo in comune, è il nostro Salvatore. È grazie a quello che
ha fatto, sta facendo e farà per noi che si crea una unione all’interno della comunità dei
credenti. Quanto più ogni membro della comunità si avvicina a quel maestoso baricentro,
tanto più solidi diventano i legami che ci uniscono gli uni agli altri, favorendo in questo
modo la missione della chiesa”.
PERI GIOVANISSIMI
I parte
All’inizio dell’incontro verrà fatta un brevissima introduzione del tema:
Ogni uomo è creato a immagine di Dio e quindi tanto più saremo felici, quanto più
perfezioneremo l’immagine di Dio che è in noi. Per far ciò siamo chiamati a mettere in
circolo la nostra ricchezza: mettere a disposizione ciò che si è, le nostre capacità, i nostri
doni, la nostra intelligenza, quanto sappiamo fare, quanto pensiamo e crediamo:il nostro
animo libero! Tra i diversi momenti che ci consentono di scoprire che in noi vivono gli stessi
sentimenti del Signore e fare autenticamente esperienza di Lui, c’è quello della prova, della
croce. Il segreto sta nell’accettare di condividere (=dividere con) la profondità del proprio
cuore, le proprie ansie, sofferenze, desideri, speranze, progetti. Significa comprendere
(=prendere con, assumere) che il nostro ospite è davvero il Messia, colui che è capace di
trasformare le nostre ansie in aneliti di libertà, le nostre sofferenze in gioia senza fine, i
nostri desideri in realtà di grazia, le nostre speranze in certezze, i nostri progetti in vita
eterna. Ma dobbiamo fare la nostra parte. Ovvero, a nostra volta, dobbiamo essere capaci
di aprire la porta blindata del nostro cuore e portar fuori l’anelito di liberazione e di
speranza.
Dipende dalla nostra disposizione d’animo se la lieta novella può avere effetto o no: il Figlio
di Dio è venuto per tutti, nessuno escluso, ricchi o poveri, santi o peccatori, ma quanto più ci
si crede santi o ricchi, tanto più la sua venuta è inutile. Con la nostra arroganza siamo
capaci di legare le mani all’Onnipotente!
Subito dopo, si passerà alla distribuzione di quattro bigliettini di colore diverso, che
avranno un foro in alto al centro.
Si proietteranno le parole corpo & capo, con sullo sfondo un’immagine che le
rappresenti.. Ai ragazzi verrà chiesto di scrivere su uno dei bigliettini che hanno ricevuto,
quale nesso, quale relazione ci sia, secondo loro, tra le due parole. In un secondo
momento si proietteranno le parole Cristo & chiesa, con un’immagine ad esse legata. Il
giovanissimo dovrà scrivere su un altro bigliettino, da cosa sono legate le due parole.
Infine, allo stesso modo verrà proietta la frase nessuno escluso. Ogni giovanissimo dovrà
scrivere su un lato del bigliettino un’esperienza personale in cui si è sentito escluso, e
sull’altro lato quando non lo è stato.
115
II parte
A questo punto si chiederà ai ragazzi di scrivere, sul quarto bigliettino che hanno
ricevuto, una frase su ciò che hanno precedentemente scritto.
Si possono prevedere 10-15 minuti, in ci chi vuole può leggere, e quindi mettere in
comune, quanto ha scritto.
III parte
Dopo quest’attività, l’educatore si prenderà un po’ di tempo per spiegare lo scopo
dell’attività appena svolta, ponendo l’accento appunto sulle parole proposte ai ragazzi, e
sulle loro relazioni. Ciò verrà fatto al fine di aiutare i giovanissimi a rendersi conto che
avendo ognuno in sé i sentimenti di Gesù, che è stato uomo come noi, ed essendo noi
Chiesa, non possiamo lasciare nessuno fuori: la chiesa non è estranea a nessuno!!!
Conclusione
Al termine dell’incontro ai ragazzi, sulle note della canzone degli O.R.O. “Quando ti senti
sola”, una dichiarazione d’amore di Dio per la sua chiesa (per il testo vedi ALLEGATO
N°1), verrà consegnato un pezzo di spago in cui dovranno infilare i quattro bigliettini. Poi
ogni pezzo di spago dovrà essere legato a quello degli altri, in modo da formare una
catena che contenga tutti: nessuno escluso!
Durante la celebrazione domenicale la catena “nessuno escluso”, verrà portata in
processione offertoriale e sistemata intorno all’altare, in modo visibile, e qualcuno dei
giovanissimi spiegherà alla comunità che la catena rappresenta il loro impegno a non
escludere alcuno dalla dimensione della chiesa.
PERI GIOVANI
I parte
All’inizio dell’incontro verrà fatta un brevissima introduzione del tema:
Ogni uomo è creato a immagine di Dio e quindi tanto più saremo felici, quanto più
perfezioneremo l’immagine di Dio che è in noi. Per far ciò siamo chiamati a mettere in
circolo la nostra ricchezza: mettere a disposizione ciò che si è, le nostre capacità, i nostri
doni, la nostra intelligenza, quanto sappiamo fare, quanto pensiamo e crediamo:il nostro
animo libero! Tra i diversi momenti che ci consentono di scoprire che in noi vivono gli stessi
sentimenti del Signore e fare autenticamente esperienza di Lui, c’è quello della prova, della
croce. Il segreto sta nell’accettare di condividere (=dividere con) la profondità del proprio
cuore, le proprie ansie, sofferenze, desideri, speranze, progetti. Significa comprendere
(=prendere con, assumere) che il nostro ospite è davvero il Messia, colui che è capace di
trasformare le nostre ansie in aneliti di libertà, le nostre sofferenze in gioia senza fine, i
nostri desideri in realtà di grazia, le nostre speranze in certezze, i nostri progetti in vita
eterna. Ma dobbiamo fare la nostra parte. Ovvero, a nostra volta, dobbiamo essere capaci
di aprire la porta blindata del nostro cuore e portar fuori l’anelito di liberazione e di
speranza.
Dipende dalla nostra disposizione d’animo se la lieta novella può avere effetto o no: il Figlio
di Dio è venuto per tutti, nessuno escluso, ricchi o poveri, santi o peccatori, ma quanto più ci
si crede santi o ricchi, tanto più la sua venuta è inutile. Con la nostra arroganza siamo
capaci di legare le mani all’Onnipotente!
Vi suggeriamo di proiettare un video, che sia significativo, sui cosiddetti “poveri di oggi”,
allo scopo di stimolare nei giovani il bisogno di fare l’esperienza dei crocifissi della storia.
Magari cercate un video che abbia un risvolto positivo, che contenga uno slancio di
salvezza, liberazione, speranza.
Riflessione sulle immagini appena viste.
116
VIDEO SUGGERITI:
•
EDUCARE ALLA POVERTÀ (DON TONINO BELLO VIDEO)
http://www.youtube.com/watch?v=bJ5SbXyaT6w
• LA POVERTÀ (FORZA VENITE GENTE VIDEO)
http://www.youtube.com/watch?v=KtsVy4iEfK0&p=9A473F0E536521EA&pl
aynext=1&index=30
II parte
Lanciamo ai nostri giovani una serie di provocazioni, atte a produrre una riflessione sulle
povertà di oggi, sui crocifissi della storia. Quanto un giovane si rende conto che le
povertà altrui sono anche le sue? e che pertanto ognuno, nessuno escluso, dovrebbe
essere proteso verso gli altri.
Alcune domande:
- Chi sono i poveri di oggi?
- Come l’immagine di Cristo si rispecchia in loro?
- Questi poveri sono estranei, o veramente nessuno è escluso?
- Li sentiamo vicini a noi, o lontani?
- Per andare incontro ai poveri, bisogna uscire da se stessi, e rompere le nostre
certezze: siamo davvero disposti a farlo?
III parte
Un’ulteriore riflessione, in tal senso, può essere condotta a partire dalla visione del flash
LA LIBERTÀ (di B. Bozzetto).
http://www.youtube.com/watch?v=vGYozcu7z0U&p=50763F891D5D04FB&playnex
t=1&index=40
La vita vera, quella non da addormentati, da annoiati, da indecisi, da stanchi, da
indifferenti, da superficiali, ci sollecita continuamente a lasciare la sicurezza del
presente, delle proprie radici, per andare nell’incerto, laddove non vi sono appigli ma solo
un cielo in cui volare. Ciascuno di noi, prima o poi, coglie e fa suo questo invito. Uscire
da noi stessi, dalle nostre sicurezze, tanto comode quanto imprigionanti. E’ tutto in
questo “uscire dall’umano” dal “limitante”, da ogni etichetta o divisa o fattore di comodo,
che può attuarsi la nostra conversione, la nostra trasformazione in esseri nuovi, investiti
dalla luce e dal calore, liberi.
Certo nel condominio dell’abitudine c’è spazio per una variegata tipologia umana: esseri
demotivati e senza prospettive, chiusi nei loro gusci, intrappolati nelle cose di sempre:
una carrellata di umanità al capolinea della corsa, che non sa più dove andare, che non
sa che c’è sempre un orizzonte ulteriore da raggiungere, e che perciò rimane schiacciata
dalla sua stessa immobilità, persino sorda ai richiami di chi, ostinatamente, non si
rassegna alle sue prigioni e cerca una vita nuova.
Non esistono libertà sotto costo, non c’è per nessuno una libertà in svendita: chiunque è
rimasto affascinato da quel volo incontro al sole, seppure soltanto intravisto o ammirato
in altri, non teme di svegliarsi dal suo torpore e sopportare la fatica, il sacrificio, la
sofferenza di abbattere le pareti che lo separano dalla Vita.
117
Per riflettere ed approfondire...
•
•
•
•
per oltrepassare i nostri limiti sono sufficienti l’impegno e la tenacia personali,
per spiccare il volo occorre il dono di un paio d’ali?
che cosa identifichi con il sole che ha il potere di fare luce in ogni angolo della
nostra vita e di attirarci a sé?
sei d’accordo che l’esempio di chi ha conquistato la sua personale libertà può
spingere altri a fare altrettanto? perché?
credi sia possibile donare la libertà a qualcuno? conosci chi sia riuscito a farlo?
Infine si presenta, illustra, descrive ai giovani un’esperienza di carità, che loro possono
avere sotto gli occhi nella quotidianità, e di cui però magari non si sono neanche accorti.
Proponendo ai giovani un’uscita dai locali della parrocchia, per potersi “infangare” nelle
povertà.
Noi vi proponiamo l’esperienza dell’ associazione IN.CON.TRA
Conclusione
Breve risonanza su quello che hanno visto, ascoltato, vissuto durante l’incontro, e sulla
possibilità di vivere l’esperienza di “povertà”.
Per terminare l’incontro si può far ascoltare/visionare la canzone degli O.R.O. “Quando ti
senti sola”, una dichiarazione di d’amore di Dio per la sua chiesa ( per il testo vedi
ALLEGATO N° 1).
II TAPPA
IO X TE = NOI
“[…] Chi sa confrontarsi con il cammino, spesso polveroso e infangato, del Cristo, sa
arrivare lontano, tende all’alto, guida la sua comunità ( parrocchiale, familiare o sociale)
con passi chiari verso il bene comune.”
Obiettivo
Il giovane/giovanissimo è chiamato ad incontrare Cristo non solo nei sacramenti, ma
anche e soprattutto nei poveri, nei crocifissi della storia, perchè anche lui vivendo come
Cristo, compia il cammino di redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni.
In profondità
I poveri di oggi: Una domanda che credo non esser banale e che mi ha dato molto da
pensare; definire precisamente cosa sia la povertà, potrebbe servire a meglio agire nei
suoi confronti. Possiamo dare una prima, semplice definizione di povertà ed è quella di
una carenza vitale sofferta dall’uomo e dai propri cari e non rimediabile con le
proprie risorse e status, carenza che può costringere una persona ad umiliarsi fino a
terra, a chiedere con la mano tesa, oppure, nel caso più grave, a soffrire e morire senza
proferir parola, senza nemmeno più avere un moto di reazione alla sua indigenza. Vi
sono infatti carenze di importanza vitale, strategica per l’esistere , la libertà, l’integrità e
la dignità dell’uomo che, io ritengo, siano proprio l’obiettivo di quella azione riparatrice,
che sempre è atto grande di giustizia e testimonianza d’amore, cioè l’elemosina, il dono e
il per-dono intesi nel senso più lato possibile. In questa società, inoltre, anche cose che
potrebbero essere banali in contesti più semplificati assumono a volte un peso improprio,
schiacciante e mortale per la persona. Ma, avendo oggi di fronte molti, troppi che
chiedono per metodo e con falsa intenzione, che manifestano un qualche bisogno vero o
118
millantato da soddisfare, è lecito interrogarsi sulle loro reali necessità, sulla loro buona o
cattiva fede prima di dar loro del nostro? Ha una valenza possibile anche in questo
senso, seppure su un piano meramente materiale, il consiglio di non dare le nostre
perle in pasto ai porci o il pane dei figli ai cagnolini? Io credo proprio di sì visto che, sul
piano delle risorse materiali tutti abbiamo un limite e non siamo come il Seminatore che
può permettersi di spargere ovunque il proprio seme.–Tutti gli uomini debbono essere
amati ugualmente, ma se non ti è possibile intervenire a vantaggio di tutti, devi di
preferenza interessarti di coloro che ti sono strettamente congiunti per
circostanze di luogo, di tempo o di qualsiasi altro genere, che la sorte ti ha per
così dire assegnato. Fa’ il caso che tu fossi nell’abbondanza di qualcosa da doversi dare
a chi non ne ha ma che fosse impossibile darne a due. Se ti si presentassero due persone,
delle quali nessuna è più povera dell’altra o più legata a te da qualche parentela, niente di
più corretto potresti fare che tirare a sorte colui al quale dare quell’oggetto che non può
essere dato a tutti e due. Allo stesso modo per il caso di più uomini che non puoi aiutare
tutti contemporaneamente. È una specie di scelta fatta dalla sorte se qualcuno ti è unito in
un grado superiore per legami temporali.(La dottrina cristiana, Lib. 1°)
PER I GIOVANISSIMI
“Un giorno, mentre ero nei quartieri poveri di Calcutta e stavo per ritornare nella mia
stanza, ho visto una donna che giaceva sul marciapiede. Era debole, sottile e
magrissima, si vedeva che era molto malata e l’odore del suo corpo era così forte che
stavo per vomitare, anche se le stavo solo passando vicino. Sono andata avanti e ho visto
dei grossi topi che mordevano il suo corpo senza speranza, e mi sono detta: questa è la
cosa peggiore che hai visto in tutta la tua vita.
Tutto quello che volevo in quel momento, era di andarmene via il più presto possibile e
dimenticare quello che avevo visto e non ricordarlo mai più.
E ho cominciato a correre, come se correre potesse aiutare quel desiderio di fuggire che mi
riempiva con tanta forza. Ma prima che avessi raggiunto l’angolo successivo della strada,
una luce interiore mi ha fermata. E sono rimasta lì, sul marciapiede del quartiere povero
di Calcutta, che ora conosco così bene, e ho visto che quella non era l’unica donna che vi
giaceva, e che veniva mangiata dai topi. Ho visto anche che era Cristo stesso a soffrire su
quel marciapiede.
Mi sono voltata e sono tornata indietro da quella donna, ho cacciato via i topi, l’ho
sollevata e portata al più vicino ospedale. Ma non volevano prenderla e ci hanno detto di
andarcene via. Abbiamo cercato un altro ospedale, con lo stesso risultato, e con un altro
ancora, finche’ non abbiamo trovato una camera privata per lei, e io stessa l’ho curata.
Da quel giorno la mia vita è cambiata.
Da quel giorno il mio progetto è stato chiaro: avrei dovuto vivere per e con il più povero dei
poveri su questa terra, dovunque lo avessi trovato.”
(da un’intervista a Madre Teresa di Calcutta)
Vi proponiamo l’incontro con un testimone. Qualcuno di carismatico che ha fatto la
scelta preferenziale dei e per i poveri, e che aiuti i vostri amati ragazzi a scoprire come
l’incontro con Cristo non avviene solo nei sacramenti, ma anche sporcandosi le mani con
il “fango”.
Vi suggeriamo di contattare l’associazione IN.CON.TRA., che tra le altre attività, presta
servizio presso la tendopoli della Croce Rossa, costruita nei pressi dell’ Arena delle
Vittorie a Bari. Un servizio che raccoglie un bacino di “crocifissi” ampio.
Lo scopo di quest’ incontro, sarà non solo di conoscenza, ma di sensibilizzazione verso
realtà che sembrano così lontane dalla vita dei nostri giovanissimi. E chissà che, in
qualcuno di loro non sorga almeno la curiosità di affacciarsi e “sporcarsi” un po’ le mani.
Perché la salvezza è un bene comune che passa attraverso la povertà e le persecuzioni.
Si potrebbe iniziare l’incontro con la lettura della storia dei due blocchi di ghiaccio (per il
testo, vedi ALLEGATO N° 2), per creare l’atmosfera!
119
L’incontro potrebbe iniziare con la visione del video “DOVE HO VISTO TE”(ricordi vivi
di Te), sulle note dell’ omonima canzone di Jovanotti. Qui di seguito trovate il link:
http://www.youtube.com/watch?v=-Bnt3HOFSvM&feature=share
ASSOCIAZIONE IN.CON.TRA BARI
società:
Siamo un'associazione di volontari che pone in essere azioni positive di contrasto
alla povertà, prestando aiuto a tutti coloro che ne hanno bisogno e che sono in
condizioni di difficoltà ed emarginazione, senza distinzione di razza, ceto sociale e
credo religioso.
Missione:
- DISTRIBUIAMO LA CENA che un gruppo di volenterose e validissime signore
(sempre più numerose!) prepara a casa e che noi passiamo a ritirare ogni
settimana.
- RACCOGLIAMO VESTITI, SCARPE E COPERTE (con moderazione per motivi di
spazio!) per affrontare le emergenze del freddo invernale soprattutto per i nostri
amici più anziani.
- CERCHIAMO DI AIUTARE i nostri amici della stazione nei loro piccoli problemi
quotidiani e soprattutto di NON FARLI SENTIRE PIU' SOLI E RIFIUTATI PERCHE'
DIVERSI.
- NON ACCETTIAMO SOLDI ma uomini e donne, ragazze e ragazzi che vogliono
darci una mano.
DOVE SIAMO: tutti i GIOVEDI' e le DOMENICHE dalle 20:30 in poi ci trovate al
gazebo delle informazioni turistiche in PIAZZA ALDO MORO (BARI) - vicinanze
della Stazione di Bari. Tutte le SERE presso la tendopoli, allestita dalla Croce
Rossa, nelle vicinanza dell’Arena delle Vittorie.
PER INCONTRARCI: potete inviare una mail a
- [email protected]
- [email protected] (Gianni Macina, presidente associazione)
- [email protected] (Michele Tataranni)
PER I GIOVANI
“Un giorno, mentre ero nei quartieri poveri di Calcuttaestavo per ritornare nella mia
stanza, ho visto una donna che giaceva sul marciapiede. Era debole, sottile e
magrissima, si vedeva che era molto malata e l’odore del suo corpo era così forte che
stavo per vomitare, anche se le stavo solo passando vicino. Sono andata avanti e ho visto
dei grossi topi che mordevano il suo corpo senza speranza, e mi sono detta: questa è la
cosa peggiore che hai visto in tutta la tua vita.
Tutto quello che volevo in quel momento, era di andarmene via il più presto possibile e
dimenticare quello che avevo visto e non ricordarlo mai più.
E ho cominciato a correre, come se correre potesse aiutare quel desiderio di fuggire che mi
riempiva con tanta forza. Ma prima che avessi raggiunto l’angolo successivo della strada,
una luce interiore mi ha fermata. E sono rimasta lì, sul marciapiede del quartiere povero
di Calcutta, che ora conosco così bene, e ho visto che quella non era l’unica donna che vi
giaceva, e che veniva mangiata dai topi. Ho visto anche che era Cristo stesso a soffrire su
quel marciapiede.
Mi sono voltata e sono tornata indietro da quella donna, ho cacciato via i topi, l’ho
sollevata e portata al più vicino ospedale. Ma non volevano prenderla e ci hanno detto di
andarcene via. Abbiamo cercato un altro ospedale, con lo stesso risultato, e con un altro
ancora, finche’ non abbiamo trovato una camera privata per lei, ed io stessa l’ho curata.
Da quel giorno la mia vita è cambiata.
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Da quel giorno il mio progetto è stato chiaro: avrei dovuto vivere per e con il più povero dei
poveri su questa terra, dovunque lo avessi trovato.”
(da un’intervista a Madre Teresa di Calcutta)
Vi suggeriamo di far vivere ai vostri giovani un’esperienza di carità, che permetta loro di
“infangarsi”, di abbandonare le loro certezze, le loro sicurezze, il loro sentirsi “al riparo”, e
di incontrare Cristo nei poveri.
Vi proponiamo di vivere questo incontro presso la tendopoli della Croce Rossa, nei
pressi dell’Arena delle Vittorie a Bari,in cui presta servizio l’associazione IN.CON.TRA.,
che raccoglie un’ utenza “povera” variegata. È bene prendere dei contatti con i
responsabili e i volontari, in modo da ben organizzare e preparare quest’esperienza fuori
dai locali parrocchiali.
Scopo dell’esperienza, non sarà solo di conoscenza, ma di sensibilizzazione verso storie
che sembrano così lontane dalle nostre. E chissà che, qualche giovane non decida di
continuare a sporcarsi le mani di fango, e di ritornare alla tendopoli.
Non dimentichiamo che la salvezza passa attraverso la povertà e le persecuzioni.
ASSOCIAZIONE IN.CON.TRA. BARI
società:
Siamo un'associazione di volontari che pone in essere azioni positive di contrasto
alla povertà, prestando aiuto a tutti coloro che ne hanno bisogno e che sono in
condizioni di difficoltà ed emarginazione, senza distinzione di razza, ceto sociale e
credo religioso.
Missione:
- DISTRIBUIAMO LA CENA che un gruppo di volenterose e validissime signore
(sempre più numerose!) prepara a casa e che noi passiamo a ritirare ogni
settimana.
- RACCOGLIAMO VESTITI, SCARPE E COPERTE (con moderazione per motivi di
spazio!) per affrontare le le emergenze del freddo invernale sopratuttoper i nostri
amici più anziani.
- CERCHIAMO DI AIUTARE i nostri amici della stazione nei loro piccoli problemi
quotidiani e soprattutto di NON FARLI SENTIRE PIU' SOLI E RIFIUTATI PERCHE'
DIVERSI.
- NON ACCETTIAMO SOLDI ma uomini e donne, ragazze e ragazzi che vogliono
darci una mano.
DOVE SIAMO: tutti i GIOVEDI' e le DOMENICHE dalle 20:30 in poi ci trovate al
gazebo delle informazioni turistiche in PIAZZA ALDO MORO (BARI) - vicinanze
della Stazione di Bari. Tutte le SERE presso la tendopoli, allestita dalla Croce
Rossa, nelle vicinanza dell’Arena delle Vittorie.
PER INCONTRARCI: potete inviare una mail a
- [email protected]
- [email protected] (Gianni Macina, presidente associazione)
- [email protected] (Michele Tataranni)
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III TAPPA
SI SALVI CHI PUÒ? O SALVO TUTTI?
“[…] La chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza, anzi
riconoscendo nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore povero e sofferente, si
premura di sollevarne l’indigenza ed in loro intende servire il Cristo”. (Bregantini)
Obiettivo
Il giovane/giovanissimo è chiamato a fare propria la scelta della prossimità ai poveri.
Perché è dal contatto con il fango che si può rispondere al bisogno di salvezza, ed essere
“portatore sano” di liberazione e di speranza.
In profondità
Liberazione e Speranza: Abbiamo bisogno di “liberazione”; l’uomo di ogni tempo
necessita dell’intervento di qualcuno o di qualcosa che lo liberi. Perché “l’uomo di
sempre” desidera profondamente la felicità, ma si prostituisce facilmente all’idolo di
passaggio. Non che a farla da padrona nelle scelte di vita sia una sorta di ingenuità, che
tutto abbraccia con lo sguardo di chi è incapace di riconoscere il marcio dentro le
situazioni che allettano. Piuttosto ci si ritrova con le idee un po’ confuse, di chi anela al
tutto, ma finisce per impastarsi con il niente. Stiamo in mezzo a tante persone, ma ci
sembra di scontrarci con fantocci senza volti; gente artefatta, chiusa in se stessa, gelosa
nel custodire i propri segreti, attenta a non lasciar trapelare all’esterno le proprie
debolezze, i propri limiti, il bisogno dell’uomo di essere compreso, aiutato ed amato. E
non solo. Presi da una sorta di paranoia collettiva siamo “sospettosi” nei confronti di
chiunque; soprattutto di chi ci si approssima con la sua sofferenza, mendicante
compassione e misericordia. Siamo capaci di provare solo sentimenti che siano palliativi
delle nostre ansie ed insoddisfazioni, emozioni ricercate per scacciare la noia, trasporti
affettivi utilizzati come efficaci cure antidepressive: come se il gesto gratuito del donarsi
fosse una grande perdita di tempo. Abbiamo bisogno di invocare la “liberazione”
dall’egoismo, dall’infantilismo, dall’immaturità, dall’incapacità di vivere nella semplicità,
nevrotizzati dall’ansia del primeggiare sugli altri.
E’ questo il Regno di Dio? Eppure l’eternità è incarnata nel presente; l’oggi è la nostra
occasione, il tempo da santificare, il momento scelto dal Padre per venirci incontro, il
luogo del nostro riscatto, il corpo di Chi giunge a donarci liberazione: “ascoltate oggi la
sua voce: non indurite il vostro cuore”.I teologi della liberazione, forti del contatto con un
popolo che vive le ingiustizie del Primo Mondo, invitano ad abbracciare un cammino di
santità più concreto, che scaturisce dalla “passione per la realtà”, “una santità che esce
da se stessa per andare in cerca dei fratelli. Non ha come obiettivo il raggiungimento della
propria perfezione, la perfezione del proprio io, ma il conseguimento della ‘vita in
abbondanza’ (Gv 10,10) per i fratelli. E’ una santità tutta rivolta fuori di sé verso il progetto
di Dio per la nostra storia…Una santità che non rifugge dalla lotta, dalla modernità, dalla
città…solo che le affronta a partire dallo Spirito…Una santità ‘fuori le mura’, nel mondo: in
mezzo al mondo che Dio ha tanto amato (Gv 3,16), il mondo nel quale Dio ha mandato il
proprio Figlio per salvarlo (Gv 3,17), il mondo nel quale Dio invita anche noi (Mt
28,19)”.Questo mondo, sotto molti aspetti, non ci piace: lo critichiamo, ce ne
allontaniamo e, a volte, lo eclissiamo, rifugiandoci dentro oasi felici, miraggi di comunità
con le porte sprangate e le finestre murate, dove nulla di ciò che è reale ha libero
accesso. Qualunque tipo di fuga non può essere il frutto della fede che dona sempre uno
sguardo contemplativo sulla realtà, un riconoscere la storia della salvezza nello
svolgimento della trama del quotidiano.
Ecco, allora, che la santità che ci viene richiesta è “una santità dello stare nel mondo,
dell’essere mondo, senza essere del mondo cattivo. Stare nel mondo con i piedi ben
poggiati per terra, col desiderio vivo che il mondo sia diverso, che il mondo diventi
122
Regno…Non è una santità che cerchi di salvarsi dal mondo, neppure di salvarsi nel mondo,
ma che cerca di salvare il mondo”.Cerchiamo di capire come muoverci dentro questa
realtà; spesso ci perdiamo e allora ci affidiamo ad una “guida spirituale” e veniamo
invitati ad operare una “conversione del cuore”: se la società è ingiusta sotto vari aspetti,
se mostra sempre più un volto disumano, insensibile nei confronti della sofferenza, della
povertà, dei problemi degli ultimi, se è riuscita ad obliare la nostra coscienza, se ci ha
resi insensibili, chiusi, egocentrici, allora non basta convertire solo il nostro cuore, ma è
indispensabile operare una conversione della società intera, a livello di strutture.
Poiché noi tutti aspiriamo a vivere in un mondo che incarni lo spirito della pace, della
giustizia, della misericordia, della libertà, della vita, del perdono, della fraternità,
dell’amore: il Regno di Dio!
“Il Regno di Dio non intende essere un altro mondo, ma questo vecchio mondo trasformato
in nuovo, per gli uomini e per Dio stesso: nuovi cieli e nuova terra”.
Prendiamo su di noi la causa di Cristo, la realizzazione del suo Regno, già su questa
terra; trasformiamoci in donne e uomini nuovi, capaci di fare in modo che Dio regni in
ogni cosa, in tutte le situazioni, dentro ogni istante delle nostre giornate. Che la realtà
stessa, sotto tutti i suoi aspetti, possa divenire un roveto ardente da contemplare:
“seguitiamo perciò a innalzare il grido più vero che mai sia risuonato in questo mondo:
venga il tuo regno! Passi questo mondo e venga il tuo regno! Vieni, Signore Gesù”.
PER I GIOVANISSIMI
Atteggiamento d’indifferenza: i bisogni degli altri ci mettono in difficoltà, ed allora
scarichiamo sugli altri le responsabilità.
Rimaniamo chiusi in noi stessi rinunciando a “scendere in campo” per fare i conti con la
realtà di ogni giorno.
Ecco perché come il sacerdote ed il levita non “riconosciamo” il ferito e se proprio non
possiamo fare a meno d’incontrare il suo sguardo, quando lo facciamo avvertiamo una
sensazione di disagio perché più che un incontro subiamo un’irruzione.
E’ come stare in casa ed all’improvviso ci bussa alla porta qualcuno che noi non
attendiamo in un momento in cui abbiamo la nostra casa in disordine. La prima reazione è
quella di non voler rispondere facendo finta che in casa non c’è nessuno, perché l’incontro
non è previsto e perché non ci sentiamo pronti ad accogliere, chi ci chiama.
La casa diventa così simbolicamente il nostro cuore che non sempre è pronto, non voler
aprire è non ammettere le nostre condizioni di debolezza e di peccato.
“Il fratello che mi passa accanto in ogni momento della giornata, io debbo amarlo
in modo che Cristo nasca, cresca, si sviluppi in lui ma prima ancora in me”.
Allora non facciamo vedere che la nostra disponibilità dura solo per il Natale, perché
dobbiamo liberarci la coscienza, che però inizia a “sporcarsi” subito dopo.
Diamo forma, corpo alla Carità senza scadenza perché essa non ha traguardi ma è un
cammino che però impone un cambiamento di vita.
A questo punto è necessario fare una sintesi dell’ esperienza di povertà.
I parte
Per riflettere sull’incontro/testimonianza vissuto, si può iniziare l’incontro con
l’ascolto/visione della canzone “salvami” di Jovanotti( per il testo vedi ALLEGATO N.° 3).
Subito dopo verranno proposte due domande sulla cura:
- Salvezza per me stesso?
- Salvezza per tutti?
II parte
Lo stesso Spirito che ha sostenuto Gesù nella sua missione, da sempre sostiene la Chiesa
nel proseguimento di quella stessa missione. È dunque necessario che ci confrontiamo con i
tratti che Gesù ha voluto dare alla sua missione, in modo da poterla proseguire con il Suo
Spirito: si tratta di una missione che procede da un dono, da una “consacrazione con
l’unzione”, e che ci rende capaci di annunciare ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi la Buona
123
Notizia della nostra libertà. È la libertà dei figli (cfr. Gal 4, 6-7), per la quale possiamo
rivolgerci al Dio creatore e Signore del mondo, con l’appellativo intimo e dolce di “papà”; è
la libertà che ci dà occhi di figli per vedere il senso delle cose come dono, dopo aver
ricercato quel senso per tanto tempo, a tentoni e anche con angoscia, ma senza riuscire a
trovare delle risposte. È la libertà che ci dà la gioia e la forza di trasmettere agli oppressi di
ogni genere questa scoperta, così che tutta la nostra vita diventa l’annuncio che il nostro
tempo è un tempo di “grazia del Signore”: un tempo che proprio oggi vuole cominciare a
realizzarsi
Vi suggeriamo di procedere con un “gioco di ruolo” sul tema. Per dare inizio alla
discussione si può partire da un testo di don tonino bello, proprio sui crocifissi della
storia, tratto dal suo libro alla finestra la speranza ( per il testo vedi ALLEGATO N° 4)
PERSONAGGI DEL GIOCO DI RUOLO:
- alcuni giovanissimi
- alcuni poveri
- Gesù
- Persona negativa/distruttiva
- Persona di speranza
Oppure si potrebbe mettere su un TG-iovanissimi. I ragazzi verranno divisi in piccoli
gruppi, ad ogni gruppo verrà distribuito un testo di don Tonino Bello (proprio sui
crocifissi della storia) tratto dal suo libro alla finestra la speranza, e gli si chiederà di
trasformare il testo in una notizia da dare in un’edizione straordinaria del Tg. Subito
dopo si passerà ad una discussione sul tema.
III parte
Scopri l’impronta di salvezza!
Per riflettere:
- come reagireste voi?
- Cosa c’entra Gesù in tutto questo?
- Cosa rappresenta Gesù con la sua storia?
- Il mondo che ci circonda, che visione ci da della povertà?
- Quale messaggio di salvezza
- C’è liberazione/speranza?
- E tu quale ruolo giochi?
- Sei portatore di salvezza?
Spunti per la riflessione personale:
1. Sono consapevole che ogni mia giornata, e io stesso nella mia identità più
profonda, sono ripieno dei doni dello Spirito?
2. Sono consapevole che la Buona Notizia che la Chiesa mi annuncia, è il dono più
prezioso della mia vita?
3. Sono consapevole che posso accogliere pienamente questi doni solo se metto in
gioco la mia vita all’interno di quella comunità plasmata dallo Spirito, che è la
Chiesa?
Spunti per la riflessione di gruppo:
1. In che modo la Chiesa cerca di rendere presente oggi l’annuncio e l’agire salvifico
di quel Gesù che era “ripieno di S. Santo”?
2. In che modo il nostro gruppo si impegna ad essere fino in fondo “Chiesa”, cioè
comunità di coloro che hanno sperimentato la salvezza di Gesù?
3. In che modo il nostro gruppo si impegna a far sperimentare agli altri la
concretezza di quella stessa salvezza?
Conclusione
A conclusione di questo percorso, si potrebbe pensare di proiettare un video, magari
montato con le foto fatte dai giovani durante l’esperienza di povertà. In modo che i
124
giovanissimi vedano come i loro amici più grandi, persone così vicine a loro, con cui
condividono la partita a calcetto, la pizza, i locali parrocchiali, le celebrazioni, abbiano
deciso di “infangarsi” e lanciarsi verso una salvezza per tutti: SALVO TUTTI!!!
Mandato
IL TESTIMONE
Proprio come in una staffetta 4 x 4 ora il testimone viene passato a te, durante
quest’anno tante sono state le occasione per riflettere, meditare e pregare, ora è tempo di
scegliere, il testimone è passato a te. Ora tocca a te!
È ora di correre per annunciare, con la tua vita, Cristo Risorto, speranza per il mondo.
PER I GIOVANI
Atteggiamento d’indifferenza: i bisogni degli altri ci mettono in difficoltà, ed allora
scarichiamo sugli altri le responsabilità.
Rimaniamo chiusi in noi stessi rinunciando a “scendere in campo” per fare i conti con la
realtà di ogni giorno.
Ecco perché come il sacerdote ed il levita non “riconosciamo” il ferito e se proprio non
possiamo fare a meno d’incontrare il suo sguardo, quando lo facciamo avvertiamo una
sensazione di disagio perché più che un incontro subiamo un’irruzione.
E’ come stare in casa ed all’improvviso ci bussa alla porta qualcuno che noi non
attendiamo in un momento in cui abbiamo la nostra casa in disordine. La prima reazione è
quella di non voler rispondere facendo finta che in casa non c’è nessuno, perché l’incontro
non è previsto e perché non ci sentiamo pronti ad accogliere, chi ci chiama.
La casa diventa così simbolicamente il nostro cuore che non sempre è pronto, non voler
aprire è non ammettere le nostre condizioni di debolezza e di peccato.
“Il fratello che mi passa accanto in ogni momento della giornata, io debbo
amarlo in modo che Cristo nasca, cresca, si sviluppi in lui ma prima ancora in
me”.
Allora non facciamo vedere che la nostra disponibilità dura solo per il Natale, perché
dobbiamo liberarci la coscienza, che però inizia a “sporcarsi” subito dopo.
Diamo forma, corpo alla Carità senza scadenza perché essa non ha traguardi ma è un
cammino che però impone un cambiamento di vita.
A questo punto è necessario fare una sintesi dell’ esperienza di povertà.
I parte
Per riflettere sull’incontro/testimonianza vissuto, si può iniziare l’incontro con
l’ascolto/visione della canzone “La cura” di Battiato ( per il testo vedi ALLEGATO N.° 3
bis).
Subito dopo verranno proposte due domande sulla cura:
- Cura di me stesso?
- Cura degli altri?
II parte
Lo stesso Spirito che ha sostenuto Gesù nella sua missione, da sempre sostiene la Chiesa
nel proseguimento di quella stessa missione. È dunque necessario che ci confrontiamo con i
tratti che Gesù ha voluto dare alla sua missione, in modo da poterla proseguire con il Suo
Spirito: si tratta di una missione che procede da un dono, da una “consacrazione con
l’unzione”, e che ci rende capaci di annunciare ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi la Buona
Notizia della nostra libertà. È la libertà dei figli (cfr. Gal 4, 6-7), per la quale possiamo
125
rivolgerci al Dio creatore e Signore del mondo, con l’appellativo intimo e dolce di “papà”; è
la libertà che ci dà occhi di figli per vedere il senso delle cose come dono, dopo aver
ricercato quel senso per tanto tempo, a tentoni e anche con angoscia, ma senza riuscire a
trovare delle risposte. È la libertà che ci dà la gioia e la forza di trasmettere agli oppressi di
ogni genere questa scoperta, così che tutta la nostra vita diventa l’annuncio che il nostro
tempo è un tempo di “grazia del Signore”: un tempo che proprio oggi vuole cominciare a
realizzarsi.
Si distribuiscono a ciascun giovane due testi, uno tratto dal libro se questo è un uomo (
per il testo vedi ALLEGATO N° 5),di Primo Levi, in cui viene presentata un’immagine di
sofferenza, povertà, ed un altro testoa scelta tra i due proposti (per il testo vedi
ALLEGATO N° 6 e ALLEGATO N° 6 bis), in cui Gesù appare nella sua condizione di
povero e sofferente. Ogni giovane dovrà individuare i tratti salienti dei due brani e i
parallelismi.
III parte
Scopri l’impronta di salvezza!
Per riflettere:
- che differenza c’è nella storia di Gesù?
- quale il messaggio di salvezza?
- Ogni uomo è chiamato ad essere portatore sano di liberazione e di speranza?
- Tu che ruolo giochi?
Spunti per la riflessione personale:
4. Sono consapevole che ogni mia giornata, e io stesso nella mia identità più
profonda, sono ripieno dei doni dello Spirito?
5. Sono consapevole che la Buona Notizia che la Chiesa mi annuncia, è il dono più
prezioso della mia vita?
6. Sono consapevole che posso accogliere pienamente questi doni solo se metto in
gioco la mia vita all’interno di quella comunità plasmata dallo Spirito, che è la
Chiesa?
Spunti per la riflessione di gruppo:
4. In che modo la Chiesa cerca di rendere presente oggi l’annuncio e l’agire salvifico
di quel Gesù che era “ripieno di S. Santo”?
5. In che modo il nostro gruppo si impegna ad essere fino in fondo “Chiesa”, cioè
comunità di coloro che hanno sperimentato la salvezza di Gesù?
6. In che modo il nostro gruppo si impegna a far sperimentare agli altri la
concretezza di quella stessa salvezza?
Conclusione
A conclusione di questo percorso, si potrebbe pensare di proiettare un video, magari
montato con le foto fatte dai giovani durante l’esperienza di povertà. In modo che i
giovani rivivano e riflettano nuovamente sull’esperienza appena vissuta, ad abbiano
nuovo slancio di salvezza: SALVO TUTTI!!!
Mandato
IL TESTIMONE
Proprio come in una staffetta 4 x 4 ora il testimone viene passato a te, durante
quest’anno tante sono state le occasione per riflettere, meditare e pregare, ora è tempo di
scegliere, il testimone è passato a te. Ora tocca a te!
È ora di correre per annunciare, con la tua vita, Cristo Risorto, speranza per il mondo.
Alla fine di questo percorso consegneremo ai giovani e ai giovanissimi qualcosa di
significativo, che sia SEGNO di quanto vissuto.
126
CELEBRAZIONE
MEMBRA DI UN SOLO CORPO
Celebrazione della Riconciliazione
G. guida
C. celebrante
L. lettore
T. tutti
INTRODUZIONE
G.: Chiamare Dio «Padre» è innanzitutto riconoscersi figli e, poi, fratelli tra di noi,
membra di un solo corpo: il corpo di Cristo. Siamo noi, Chiesa. Esaltante realtà!
Compito affidato a noi: formare, oggi, il corpo del Signore, essere sua parola per i fratelli,
suo volto, sue mani, suoi piedi… Tutti indispensabili poiché ciascuno è dono unico per i
fratelli. Spesso dimentichiamo tale compito. Piccole cose ci chiudono il cuore e noi le
confessiamo nel desiderio di liberazione per meglio spalancarci all’Amore di Dio.
Canto
C.: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
T.: Amen.
C.: Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore nostro Gesù Cristo, che ha dato
la vita per i nostri peccati.
T.: E con il tuo spirito.
C.: Davanti allo sguardo del Signore ci sono uomini e donne con un volto e un nome, con
storie diverse e diversamente affaccendati nelle situazioni sempre nuove della vita… Ci
siamo noi, noti a Lui, portati con amore nella sua memoria, disegnati sul palmo della sua
mano. Egli viene a porgere personalmente a ciascuno il suo invito.
Ogni qualvolta l'uomo è capace di fermarsi e di riflettere, nasce per lui la possibilità di
una svolta. L'uomo, anche se peccatore, rimane figlio di Dio, e come tale, c'è sempre nel
profondo del suo cuore il desiderio di Lui, il desiderio di sentirsi amato e la possibilità di
prolungare il Suo amore in mezzo ai fratelli.
Preghiamo! Siamo radunati alla tua presenza, Padre santo e buono, per prendere
coscienza di ciò che noi siamo. Chiamati ad essere dono gli uni per gli altri, spesso ci
ritroviamo chiusi in noi stessi. Che la forza del tuo Spirito e il mutuo sostegno della
nostra presenza spezzino le catene del male. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.
T.: Amen.
127
I MOMENTO: La Parola mi dona luce
G.: L’amore di Dio continuamente ricostruisce l’unità del corpo e ci dona la gioia di
essere piccoli, poveri, ma autentiche membra di Cristo risorto.
L.:Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi (12, 12-27)
Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo
molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in
un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo
abbeverati a un solo Spirito. Ora il corpo non risulta di un membro solo, ma di molte
membra. Se il piede dicesse: "Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo", non
per questo non farebbe più parte del corpo. E se l'orecchio dicesse: "Poiché io non sono
occhio, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo. Se il
corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato? Ora,
invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto. Se poi
tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno
solo è il corpo. Non può l'occhio dire alla mano: "Non ho bisogno di te"; né la testa ai
piedi: "Non ho bisogno di voi". Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli
sono più necessarie; e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo
di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza, mentre quelle
decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a
ciò che ne mancava, perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra
avessero cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono
insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete
corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.
ALLELUIA Vi do un comandamento nuovo:
che vi amiate a vicenda come io ho amato voi (Gv 13,34)
C.: Dal Vangelo secondo Giovanni (17, 9-21)
Così parlò Gesù: "Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai
dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono
glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a
te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa
sola, come noi. Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e
li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché
si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel
mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua
parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del
mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non
sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è
verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo; per loro io
consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità. Non prego solo per
questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano
una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola,
perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
Breve riflessione da parte del celebrante
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II MOMENTO: Il cuore mi interpella
C.: Nella inesauribile sua fantasia Dio Padre ci ha creati l’uno diverso dall’altro, tanti
volti, molti cuori, originale individualità chiamata a divenire dono generoso offerto con
gioia per realizzare noi stessi e insieme formare il suo Corpo.
Riflettiamo sul cammino di conversione che ognuno di noi è chiamato a percorrere fino a
giungere alla meta.
Tutti pregano per qualche momento in silenzio.
CONFESSIONE DEI PECCATI CHE HANNO COMPROMESSO L'UNITÀ DEL CORPO DI
CRISTO
L.: Preghiamo in riparazione di tutte le offese che hanno lacerato l'unità del Corpo di
Cristo e ferito la carità fraterna.

C.: Padre misericordioso, nella vigilia della sua passione tuo Figlio ha pregato per l'unità
dei credenti in lui. Invochiamo con forza il tuo perdono e ti chiediamo il dono di un cuore
penitente, perché tutti, riconciliati con te e tra di noi in un solo corpo e in un solo spirito,
possiamo rivivere l'esperienza gioiosa della piena comunione. Per Cristo nostro Signore.
T.: Amen.
Canone: O Povertà, fonte di ricchezza:
Cristo, donaci un cuore semplice.

CONFESSIONE DEI PECCATI COMMESSI CONTRO LA PACE E I DIRITTI DEI POPOLI
L.: Preghiamo perché nella contemplazione di Gesù, nostro Signore e nostra Pace, ogni
uomo sappia pentirsi delle parole e dei comportamenti suggeriti dall'orgoglio, dall'odio,
dalla volontà di dominio sugli altri, dall'inimicizia verso gruppi sociali più deboli: anziani,
malati, immigrati…
C.: Signore del mondo, Padre di tutti gli uomini, attraverso tuo Figlio tu ci hai chiesto di
amare il nemico, di fare del bene a quelli che ci odiano e di pregare per i nostri
persecutori. Molte volte, però, ci siamo resi colpevoli di atteggiamenti di emarginazione e
di esclusione. Mostrati paziente e misericordioso con noi e accordarci la grazia di guarire
le ferite ancora presenti nel mondo.
Per Cristo nostro Signore.
T.: Amen.
Canone: O Povertà, fonte di ricchezza:
Cristo, donaci un cuore semplice.

CONFESSIONE DEI PECCATI NEL CAMPO DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELLA
PERSONA
L.: Preghiamo per tutti quelli che sono stati offesi nella loro dignità umana e i cui diritti
sono stati conculcati; specialmente per le donne troppo spesso umiliate ed emarginate,
per i minorenni vittime di abusi, per i più indifesi, i non-nati soppressi nel seno materno,
o persino utilizzati a fini sperimentali da quanti hanno abusato delle possibilità offerte
dalla bio-tecnologia stravolgendo le finalità della scienza.
C.: Signore Dio, nostro Padre, tu hai creato l'essere umano a tua immagine e
somiglianza; a volte, tuttavia, la dignità dei tuoi figli non è stata riconosciuta. Perdona le
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nostre colpe e concedici di essere tra gli uomini tuoi autentici testimoni. Per Cristo
nostro Signore.
T.: Amen.
Canone: O Povertà, fonte di ricchezza:
Cristo, donaci un cuore semplice.

CONFESSIONE DEI PECCATI
COMUNICAZIONE SOCIALE
COMMESSI
CON
GLI
STRUMENTI
DELLA
L.: Preghiamo per la conversione di coloro che nell'uso degli strumenti della
comunicazione sociale disconoscono il Magistero di Cristo e della Chiesa, deviando così
la mente, il cuore e le attività degli uomini.
C.: Signore, Dio di tutti gli uomini, abbi misericordia dei tuoi figli peccatori e accogli il
nostro proposito di cercare e promuovere la verità nella dolcezza della carità. Moltiplica
nella tua Chiesa sacerdoti, religiosi e laici che, consacrati all'apostolato con i mezzi della
comunicazione sociale, facciano risuonare in tutto il mondo il tuo messaggio di salvezza.
Per Cristo nostro Signore.
T.: Amen.
Canone: O Povertà, fonte di ricchezza:
Cristo, donaci un cuore semplice.
Orazione conclusiva
C.: O Padre misericordioso, che hai inviato il Tuo Figlio come segno del tuo Amore per la
costruzione di un solo Corpo in Lui, guarda questa tua famiglia e donaci la forza dello
Spirito Santo perché possiamo vincere ogni divisione e discordia, ogni forma di egoismo e
camminare su sentieri di pace, riconoscendoti presente nel volto di chi percorre la strada
insieme a noi. Per Cristo nostro Signore.
T.: Amen.
Confessioni individuali
Accanto all'altare è stato collocato (antecedentemente) un poster del volto di Cristo, coperto
da un cartellone nero costruito a puzzle. Chi lo desidera può, al termine della confessione
individuale, recarsi è staccare un pezzo di puzzle… scopriamo il volto di Cristo che con il
nostro peccato abbiamo adombrato!
IV MOMENTO: Il perdono mi fa vivere il grazie
Cel.:Mediante il sacramento della riconciliazione Dio ci ha ridonato la dignità di suoi figli
e fratelli tra di noi. A lui ci rivolgiamo con la preghiera insegnataci dal suo Figlio Gesù.
PADRE NOSTRO…
Cel.: Affidiamo il nostro cammino a Maria, Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli
che nel Cenacolo diviene presenza di consolazione. Forti della sua presenza materna
chiediamo il suo aiuto.
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Preghiera corale
(Beato Giacomo Alberione)
Ti ringrazio, Gesù misericordioso,
per averci dato Maria come madre;
e ringrazio te, o Maria,
per aver dato all’umanità il Maestro Divino Gesù,
Via e Verità e Vita;
e tutti averci accettati sul Calvario come figli.
La tua missione è unita a quella di Gesù,
che venne a cercare chi era perduto.
Perciò, io, oppresso dai miei peccati, offese e negligenze,
mi rifugio in te, o madre, come nella suprema speranza.
Volgi sopra di me i tuoi occhi misericordiosi;
le tue sollecitudini più materne sia per questo tuo figlio infermo.
Tutto spero per tua intercessione:
perdono, conversione, santità.
Forma una nuova classe tra i tuoi figli, quella dei più infelici,
nei quali abbondò il peccato dove aveva abbondato la grazia.
Opera un grande miracolo, cambiando un peccatore in un apostolo.
Sarà un prodigio inaudito e una nuova gloria
per Gesù tuo Figlio e per te, sua e mia madre.
Tutto spero dal tuo cuore, o Madre,
Maestra e Regina degli Apostoli.
Amen.
CONGEDO
C.:Preghiamo! Ti benediciamo e ti lodiamo, Padre santo, per i tuoi doni. Nella nostra
fragilità abbiamo ferito il tuo Corpo. Ma Tu, Dio di comunione, non ci hai lasciati divisi.
Nella tenerezza del tuo amore hai inviato tuo Figlio, bontà resa visibile, vita donata a
salvezza di tutti. Il suo amore ci ha mosso a conversione. Aiutaci a vivere con forza
l'impegno ad essere segno visibile della tua amorosa presenza tra gli uomini che
attendono salvezza e tra di noi. Te lo chiediamo per Cristo, nostro Signore che vive, regna
ed ama con Te nell'unità dello Spirito Santo in eterno, senza fine.
T.: Amen.
Canto
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