1 2 PRESENTAZIONE Settembre… mese di fine e di inizio! STOP alle vacanze, alla tintarella, alla dolce voglia di non far niente, alle serate a suon di musica, pizza e gelato, ai falò in riva al mare o alle avventure in montagne. Avanti tutta verso nuovi impegni, tabelle orarie sempre più schizzate, nuove ansie, prossimi esami, esaltanti progetti! Siamo appena tornati… o forse non siamo mai partiti. Eppure ci aspetta un nuovo cammino, nuove scelte e nuovi incontri. Per qualcuno ci saranno momenti avvincenti ed emozionanti; per altri, tempi di solitudine e stanchezze, …per tutti: una strada da percorrere fatta di salite e discese, di bivi da superare, di ponti da attraversare, di scelte da vivere. Cari amici, il Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile ha elaborato una proposta per la programmazione dell’itinerario educativo per gli adolescenti e i giovani, per l’anno pastorale 2010/2011. Il progetto parte dal tema che Papa Benedetto ha pensato per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011: RADICATI E FONDATI IN GESU’, SALDI NELLA FEDE; e dalla riflessione su quanto scrive Pietro: “Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale” (1Pt 2, 4-5a). Si tratta, quindi, di abilitare i giovani a costruire/edificare il proprio progetto di vita, in modo stabile, su Gesù e sul racconto esperienziale e salvifico del suo Vangelo, per vivere nel quotidiano i valori del Regno, richiamati e resi visibili, in germe, dalla e nella comunità ecclesiale. Come sfondo teniamo presente il III Convegno Ecclesiale della Puglia, che si svolgerà a San Giovanni Rotondo dal 28 aprile al 1 maggio 2011, dal titolo: I LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETA’ PUGLIESE. Fanno da guida le immagini di Chiesa che presenta la Costituzione DogmaticaLUMEN GENTIUM6-8, così come ce le ha offerte nella sua riflessione p. GianCarloBregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano, al convegno del Centro Orientamento Pastorale, tenutosi a Bitonto nel giugno 2009. Non dimentichiamo, tuttavia, la svolta trans-ecclesiale che pone in essere la Costituzione PastoraleGAUDIUM ET SPES, con particolare riferimento al capitolo IV. Ecco l’itinerario: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. SEI STATO NOMINATO: Gregge e Pastore, storia di una chiamata. WRITE THE FUTURE: l’Olivo, un progetto che prende forma. LA NOTTE…E’ BIANCA:la Sentinella, uno sguardo vigilante. NOI CHE SE SIAMO UNITI…: una Casa per tutti. CONSIGLI PER LA VITA:la Vigna, indicazioni per portare frutti. SCELTA D’AMORE:la Sposa, alla ricerca dell’Amato. ANCHE QUESTO E’ UN UOMO: il Corpo di Cristo nei crocifissi della storia. 3 I MODULO SEI STATO NOMINATO: GREGGE E PASTORE, STORIA DI UNA CHIAMATA. Orizzonte: il giovane si sente riconosciuto e, perciò, chiamato per nome dentro una comunità, dove scopre l’importante servizio della guida che precede e indica il cammino. E in questo percorso impara a conoscere e condividere una Chiesa che è dentro la storia dell’umanità; una Chiesa che non afferma se stessa e non fugge, ma sta davanti/di fronte alla vita, accompagna le persone nelle loro gioie, cerca la pecora smarrita, invita alla conversione, difende la vita soprattutto quando è in emergenza, affronta con coraggio i lupi predatori della dignità umana. LA PAROLA Dal Vangelo secondo Giovanni (10, 1-4.11-15) In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. RILEGGIAMO… E’ il tempo delle suonerie personalizzate: siamo soliti contraddistinguere il numero di telefono della persona che amiamo con una musica inconfondibile che, tra le tante, ce la fa riconoscere subito. Ci sono suoni che ci riportano a delle attenzioni…a cose che amiamo….che ci fanno battere il cuore. Chi ha avuto la grazia di innamorarsi sa. La voce di ciascuno ci distingue dagli altri perché ogni persona, come ha un volto che è unico, così ha una voce che per il suo timbro, la sua sonorità, la sua musicalità è soltanto sua e di nessun altro. Quanto è bella la voce degli squilli del telefonino delle persone che amiamo. Non solo. Pensiamo solo un attimo all’uso del telefono: riconosciamo le persone dalla voce tanto che, quando questo non accade, si rimane mortificati e ci si sente obbligati a chiedere scusa. Il Pastore buono di cui parla questa pagina di Giovanni, ha anche Lui una voce inconfondibile, per cui le pecore sanno distinguerla dalle altre: le pecore la riconoscono e l’ascoltano volentieri. Chissà come doveva essere la voce di Gesù. Si sa che le folle ne erano affascinate. E affascinati possiamo essere anche noi perché la sua voce è misteriosa, discreta, fascinosa, segreta. “Una voce! L’amato mio” (Ct 2,8). E’ una voce che ci dà la certezza di una presenza: è perciò una voce meravigliosa come è meravigliosa la presenza di Cristo. Dietro questa voce ci si può perdere per tutta la vita. Quella voce ci raggiunge, penetra nel profondo e suscita come risposta il desiderio di farsi condurre: il pastore apre il cammino; non c’è 4 che da seguirlo fidandosi del Suo amore. Dove ci condurrà questo pastore premuroso? Non sia mai di non ascoltarlo e non seguirlo: rischieremmo l’esperienza dell’assurdo, appunto, che ci rimanda proprio all’idea dell’essere surdus, del non aver saputo ascoltare la parola di vita che salva. Sì, perché Lui è il Buon Pastore. Il Pastore Bello e Buono. Noi possiamo non ascoltarlo, non riconoscere la sua voce suadente ed amata, meno che mai seguirlo, ma Lui no, non vuole e non può dimenticarsi di noi. A Lui importano le pecore, tutte, l’una e le novantanove. Importano: cioè sono importanti. Noi di fronte all’unica pecora smarrita diremmo: che fa! E’ una sola! Lui no: quell’unica pecora lontana da Lui, fa! Perché semplicemente gli appartiene ed è disposto a dare la vita per lei. “Conosco le mie pecore”, dice Gesù. Si tratta qui di una conoscenza profonda. La stessa con cui il Padre e il Figlio vivono la loro reciproca, totale comunione d’amore. Gesù ci conosce nel profondo, vede in noi la nostra appartenenza al Padre, scopre in noi una Bellezza interiore nascosta a noi stessi. Lo sguardo del Signore è uno sguardo amante. Ed è talmente grande questo amore con cui ci guarda che Gesù offre la Sua vita. Si fa Dono. E invita il Suo gregge a fare altrettanto. Dietro questo Pastore s’impara la lezione. Dare la vita è l’unico comando, è l’unico modo per farla bella e grande e trovare pienezza. I TAPPA “SALVI” CON NOME Obiettivo I ragazzi e i giovani vengono aiutati a riconoscere se stessi. Attraverso il sentirsi chiamati per nome mettono ordine alla propria vita. Vengono aiutati a sentirsi chiamati per nome all’interno della Comunità In profondità La giovinezza è un'età affascinante, fatta di grandi aspirazioni e di drammi nascosti: è l'età dell'«ancora tutto è possibile». E' l'età segnata dal volersi distaccare dal controllo direttivo dei propri genitori (che spesso si prolunga anche nei trentenni ancora inseriti nel nucleo famigliare) dal desiderio di dimostrare che si è capaci da fare le cose da soli, di essere in gamba e autonomi... E' l'età dei "vorrei" e dei "mi piacerebbe", della ricerca di quelle cose che quando le fai o se potessi farle, ti fanno sentire soddisfatto di te stesso... Alle volte è solo desiderio di evasione o trasgressione, altre volte sono veri e propri "sogni nel cassetto" o "progetti per il futuro". In definitiva è un momento che, tra paura e desiderio, uno impegna per prendere in mano sé stesso e la sua vita. Questo è il punto nodale dell'esperienza intima dell'essere giovani: per prendere in mano sé stessi bisogna conoscere cosa si è! E' il presupposto della propria autonomia del proprio diventare adulti: scoprire sé stessi. L'esempio della caffettiera che vuole fare il frullatore... Pur riempiendosi di pezzettoni di frutta, mettendosi nel fornello non farà altro che decretare la sua autodistruzione annullando i sogni di qualsiasi frappe. Se si cerca di diventare ciò che non si è si finisce per auto distruggersi. Qual'è il risvolto cristiano che il credente dovrebbe affrontare per scoprire sé stesso? Si tratta di partire dal dubbio che non siamo frutto del caso, abbandonati agli eventi che ci circondano, ma siamo creature di Dio e se siamo fatti da Dio e fatti "di" Dio, allora in quel Dio c'è qualcosa di noi stessi. San Paolo ha scritto ai cristiani: "Siamo stati chiamati prima della creazionedel mondo per essere santi e immacolati nell'amore". Noi siamo ed esistiamo perché siamo stati "pensati" e "amati" da Dio: noi siamo noi stessi se recuperiamo quel "pensiero", quella "parola" di Dio che ci fa esistere. 5 Si dice che Gesù è il "Verbo", la "Parola" del Padre fatta carne. La parola d'Amore del Padre si è espressa qui sulla terra nella vita e nei gesti d'amore di Gesù. Così c'è una parola d'Amore che Dio pronuncia dall'eternità e si "ode" qui sulla terra col nome di "Giulia, di "Marco", di Valentina"... e si esprime nei gesti d'amore di Giulia, Marco, Valentina... Adesso ha senso parlare di "vocazione": è ascoltare la Parola d'Amore di Dio e sentirsi chiamati per nome, è potersi voltare e dire: "si, sono io...". E' un'espressione personale dell'unico amore del Padre del Cielo. E' la cosa più intima e più profonda, che fa di me "me stesso", e senza il quale tutto può essere anche bello ma tragicamente vuoto. E' una chiamata ad essere ciò che mi fa uomo: amare! Si può anche non "centrare" la propria vocazione. Cosa fa la differenza? Non è detto che se non la "centri" fai, per così dire, una vita brutta, però... • Significa trovare il motivo profondo di ciò che vivo, ciò che darà senso, pienezza e realizzazione, fornendo soprattutto gli stimoli per ricominciare di fronte alle inevitabili avversità e fallimenti della vita. • Significa innestarsi in un disegno di grandi dimensioni, di comunione e di "salvezza", perché significa partecipare al progetto di Dio sulla Chiesa, rendendoci inconsapevoli (o consapevoli) intermediari dell'amore di Dio per gli uomini. Questo amore del Padre, che è il nostro essere, la nostra vocazione, si manifesta in ciascuno in modo proprio e autonomo, personalissimo, così come un tulipano non è una rosa, e come ogni rosa non è mai identica all'altra, pur crescendo tutti sullo stesso terreno. PER I GIOVANISSIMI Si può partire utilizzando il seguente link http://www.fedemarkez.com/msn_messenger/msn_crea_nickname.html (molti giovanissimi forse già lo conoscono perché l’hanno utilizzato) facendo creare ad ognuno il proprio nickname. Ci sarà la creatività, l’originalità, l’essere unici nella creazione del nick, perché rispecchierà la propria personalità, il proprio stato d’animo in quel momento, le proprie emozioni. Anche dal mondo dello spettacolo ogni tanto abbiamo qualche testimonianza positiva in merito (leggi Allegato 1: MISS ITALIA niente più numeri: le ragazze chiamate per nome) L’educatore quindi presenta il brano “Il suo nome è ZAFIRA” (vedi Allegato 2: IL SUO NOME È ZAFIRA) e successivamente si passa al confronto con i ragazzi partendo dagli spunti ricevuti e cercando di far venir fuori la loro personale esperienza in merito. Il passaggio successivo è quello di allargare il cerchio e passare dalla propria persona, dal conoscere se stesso al riconoscersi in un gruppo della comunità. E’ l’occasione anche essendo all’inizio dell’anno pastorale parrocchiale per far conoscere ai giovanissimi i vari gruppi esistenti nella comunità. PER I GIOVANI Si può partire utilizzando ilpowerpoint Allegato 3: 50EURO. Poi si passa ad analizzare il brano Allegato 4: CHIAMATO PER NOME (testimonianza di mons. Diego Coletti) Il sentirsi chiamati per nome all’interno della comunità, passa attraverso l’Essere convocati, che in realtà, corrisponde all’iniziativa di Dio. È lui che ci convoca, che ci chiama, oggi, come ha chiamato le grandi donne e i grandi uomini del passato. Di loro, attraverso la Sacra Scrittura o la vita dei Santi, conosciamo la maniera con cui hanno risposto a Dio, ponendolo “al centro” della propria vita. Pertanto sorge una domanda: e 6 noi come rispondiamo alla chiamata di Dio? Come dobbiamo rispondere alla chiamata di Dio, per essere cristiani veri ed efficaci testimoni in questo “mondo che cambia”? In questo mondo che ha tanto bisogno di Dio? La riposta è questa: non basta la consapevolezza dell’ “essere convocati”, ci vuole “la gioia del sentirsi convocati”! Ecco qual è la “risposta” che dobbiamo dare al mondo, dopo essere stati chiamati dal Signore: “la gioia”. Essere coscienti che chi ci convoca è il Risorto e che Lui non può che produrre gioia al nostro cuore, gioia al nostro spirito, gioia alla nostra vita. Come potremmo essere credibili nella nostra fede, in un mondo pieno di problemi, se non testimoniassimo il Risorto partendo dalla gioia? Se usciamo dalla chiesa, dopo aver partecipato alla Messa, con le stesse preoccupazioni con cui siamo entrati e con la stessa tristezza sul volto; se affrontiamo il nostro lavoro con noia e fastidio; se andiamo al mercato con lo sguardo spento; se rientriamo a casa e, ritrovando i nostri figli, li accogliamo col volto triste … come potremmo essere credibili? Se in noi si annida la tristezza, quale Risorto stiamo testimoniando? Abbiamo forse dimenticato l’esperienza di Maria Maddalena che, dopo aver incontrato il Risorto, il mattino di Pasqua, corre al Cenacolo per annunziare agli Apostoli la grande notizia? Secondo voi, com’era in quel momento il suo volto? Era certamente il volto della gioia! Era certamente il riflesso del Volto del Risorto! Certamente il suo volto di donna risplendeva del Volto di Cristo … perché erano diventati un unico volto: “il volto della gioia”! II TAPPA SISTEMA TUTOR Obiettivo L’obiettivo di questa tappa è di aiutare i giovani a rientrare in se stessi, per riconoscersi e ri-scoprire un Dio che li guida e li precede grazie anche e soprattutto all’accompagnamento spirituale, quale strumento migliore di sintesi e orientamento per la propria crescita. In profondità Come percepisco la presenza di Dio nella mia vita? Come affronto i problemi e le sfide che la vita mi propone? Sono disponibile a lasciarmi guidare da Dio? Ogni giorno siamo bombardati da proposte accattivanti, che a volte ci disorientano e non ci aiutano ad essere creativi, appassionati, decisi. Il sistema ci propone luoghi sacri, nuovi templi, dove l’attrattiva e la vanità sono da contemplare e le maschere che ci mettiamo servono per coprire le nostre vere realtà: l’importante è non farsi scoprire. Il peccato del popolo d’Israele (Es 32,1-6) è un peccato contro la speranza: non confida più in Mosé e nella possibilità di completare la liberazione. E’ un rifiuto alla trascendenza di Dio, è la perdita della propria identità. Israele dovette allora camminare nel deserto, imparare dalla vita la fedeltà e la riscoperta della propria identità. E oggi, per noi, cosa vuol dire camminare? Con chi? Perché? Intanto si tratta camminare nella certezza di essere sia preceduti che seguiti, su strade aperte da alcuni ma anche costruendo vie nuove che altri debbano poter percorrere. Non è il cammino a essere difficile, ma è il difficile a essere cammino La mente dell’uomo pensa molto alla sua vita, ma il Signore dirige i suoi passi (Pr 16,9). Come allora prestare attenzione al disegno di Dio che si fa strada attraverso gli avvenimenti? Come imparare a riconoscere la Sua voce? Ci sono nella Chiesa molti aiuti che ci permettono di comprendere dove il Signore ci sta conducendo (omelie, catechesi, liturgia...), ma senza dubbio la via privilegiata che ci aiuta a comprendere è 7 l’accompagnamento spirituale. Un’attenta e prudente direzione spirituale si pone come lo strumento migliore per favorire la sintesi delle varie esperienze e orientare la crescita umana, prima che cristiana, anche nella prospettiva di una ricerca vocazionale. PER I GIOVANISSIMI Ogni giorno i messaggi che influenzano i comportamenti dei giovanissimi sono molteplici ed è quindi importante essere consapevoli dei modelli che vogliono imitare. Ogni persona, a seconda del ruolo che ricopre, delle esperienze che ha fatto, del rapporto che ha con loro, esprimerà opinioni diverse riguardo al problema che gli sottopongono. Partendo da situazioni di vita a loro vicine, i giovanissimi riflettono su come si orientano e “se e su chi volgono lo sguardo” e, aiutati dalle sollecitazioni e dai testi proposti, riscoprono l’importanza di una sana guida spirituale. UN AIUTO PER CRESCERE La lettera di Lucia, una adolescente, può avviare un “gioco di ruolo” all’interno del gruppo per avviare e stimolare la discussione… Mi chiamo Lucia e ho 16 anni. Tre mesi fa ho conosciuto un ragazzo che mi piace molto e ci siamo messi insieme. Io lo amo molto e anche lui dice di amarmi, però ho un grave problema e vi prego di aiutarmi a risolverlo. Io non ho mai avuto un ragazzo prima, mentre lui, che ha tre anni più di me, ha già avuto molte ragazze, anche perché è molto bello e ci sa fare. Il mio problema è che non so come comportarmi quando sono sola con Roberto, perché non ho esperienza e lui mi dice che se non mi sveglio un po’ magari mi lascia. Roberto me la conta sempre sulle altre ragazze e dice che sono inibita e che al giorno d’oggi non dovrei farmi tanti problemi. Io ho sempre molti dubbi e non so come fare. Aiutatemi voi che scrivete sempre queste cose per i ragazzi, ma non ditemi di lasciarlo perché non potrei farlo. Personaggi per i gruppi: Educatore dell’Oratorio, diacono o sacerdote Amica del cuore Genitore o chi ne fa le veci Personaggio carismatico del proprio gruppo Psicologo giornalista della rubrica “Cuore & batticuore” della rivista mensile “Boys &Girls2000” Per riflettere … Perché scegli un interlocutore piuttosto che un altro? Per sentirti dire quello che vuoi tu? Ti è mai capitato di prendere come modello personaggi famosi, attori o protagonisti di libri o film? Pensi che anche la pubblicità, la stampa, la televisione, … possono proporre in modo indiretto dei modelli da imitare? Hai mai preso come modello di vita, almeno in qualche occasione, Gesù e il suo Vangelo? Pensi di riuscire a seguirlo anche quando la società e i media ti propongono modelli più allettanti? MI FIDO DI TE La canzone ed il video “mi fido di te” (rif. Allegato_01 e Allegato_02) presentano diversi spunti per avviare una riflessione in gruppo sulla considerazione e sull’esigenza dell’accompagnamento spirituale. 8 Nella stesura del percorso si ci può aiutare anche da alcuni testi proposti per la tappa: Identikit guida spirituale ((rif. Allegato_03) Il dialogo spirituale ((rif. Allegato_04) Il quaderno spirituale (rif. Allegato_05) Dialogo spirituale - riflessione di don Roberto CARELLI (rif. Allegato_06) LETTERA CONFESSIONE La lettera di un ragazzo che si interroga sul senso della Confessione (rif. Allegato_07)), può avviare una riflessione sul senso di questo Sacramento e sulla necessità di ben distinguere e, allo stesso tempo, valorizzare il cammino sacramentale rispetto ad una attenta guida spirituale. La riflessione di Alessandro BARBAN, monaco camaldolese (rif. Allegato_08) approfondisce in dettaglio il rapporto tra sacramento riconciliazione e direzione spirituale. PER I GIOVANI I giovani, riflettendo e sperimentando il loro “essere gregge”, cercano le persone e i valori di riferimento per la loro di vita; quindi si interrogano sul “bisogno di Dio”, individuandolo come il “Pastore per eccellenza”, il riferimento principale, la guida che precede e indica la via. Quando si è in cammino poi, non si è mai soli: c’è qualcuno che precede ma anche qualcun’altro preceduto. Aiutati da una riflessione sull’accompagnamento spirituale, i giovani mettono anche a fuoco il loro seguire ed essere seguiti, il loro essere guidati ma anche guida, … l’essere gregge ma anche pastore. LA MIA RADIOGRAFIA “Di Dio non ne sento la necessità: perché cercarlo?”. Una radiografia sintetica può aiutare i giovani nello “sbriciolamento” dall’idea di fondo della tappa in tanti mini-atteggiamenti da scoprire (tutti o alcuni di essi – rif. Allegato_09): desiderio grande di pregare capacità di ascolto di Dio e degli altri capacità di profondità e di verità capacità di responsabilità e di fiducia capacità di disponibilità e di accoglienza capacità di fortezza nella padronanza UN RIFERIMENTO Partendo da un piccolo gioco/attività su alcuni riferimenti di vita (persone e valori) si può arrivare al “bisogno” di non fossilizzarsi in un'unica direzione/ruolo/compito: nel bene e nel male, si riceve sempre ciò che si dà; ciò che ci accade non sono buona o cattiva sorte, bensì lo specchio delle nostre azioni. Per le A) B) C) D) seguenti richieste… il totale deve fare 100 sono ammessi anche i numeri con la virgola …non si bara!!! Quanto gli altri sono di riferimento per me? ……% Quanto i valori sono di riferimento per me? ……% Quanto io sono riferimento per altri? ……% Quanto sono disposto a “disconoscere” i miei riferimenti per svolgere i miei impegni? ……% 9 E) Dal seguire i miei riferimenti e valori, resta qualcosa per me? ……% F) E quanto Dio è un riferimento per me? ……% Ricomponi ora il tutto su cerchio: ogni spicchio deve corrispondere alle % indicate A= B= C= D= E= F= ……. % ……. % ……. % ……. % ……. % ……. % L'eco della vita Padre e figlio stanno passeggiando nella foresta. A un certo punto, il bambino inciampa e cade. Il forte dolore lo fa gridare: "Ahhhhh!". Con sua massima sorpresa, ode una voce tornare dalla montagna: "Ahhhhh!". Pieno di curiosità, grida: "Chi sei?" - ma l'unica risposta che riceve è: "Chi sei?". Questo lo fa arrabbiare, così grida: "Sei solo un codardo!" e la voce risponde: "Sei solo un codardo!" Perplesso, guarda suo padre e gli chiede cosa stesse succedendo. E il padre gli risponde: "Sta' a vedere, figliolo!", e poi urla: "Ti voglio bene!" - e la voce gli risponde: "Ti voglio bene!". Poi urla "Sei fantastico!" - e la voce risponde: "Sei fantastico!". Il bambino era sorpreso, ma ancora non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Così suo padre gli spiegò: "La gente lo chiama 'eco', ma in verità si tratta della vita stessa. La vita ti ridà sempre ciò che tu le dai: è uno specchio delle tue proprie azioni. Vuoi amore? Dalle amore! Vuoi più gentilezza? Dalle più gentilezza. Vuoi comprensione e rispetto? Offrili tu stesso. Se desideri che la gente sia paziente e rispettosa nei tuoi confronti, sii tu per primo paziente e rispettoso. Ricorda, figlio mio: questa legge di natura si applica a ogni aspetto delle nostre vite". AFFIDAMENTO “Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in Lui. Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la Grazia del Signore vincono!“. La parole di papa Giovanni Paolo II (Roma, Gmg 2000) possono essere lo spunto per una riflessione sull’accompagnamento spirituale, introdotta anche dalla canzone Mi Fido di Te di Jovanotti (rif. Allegato_01) e guidata da un tratto dell’opera “Filotea” di San Francesco di Sales (rif. Allegato_10). Possono essere utili anche altri testi sull’accompagnamento spirituale: Identikit guida spirituale (rif. Allegato_03) Il dialogo spirituale ((rif. Allegato_04) Il quaderno spirituale (rif. Allegato_05) Dialogo spirituale - riflessione di don Roberto CARELLI (rif. Allegato_06) Il direttore Spirituale (rif. Allegato_11) Sul tema può essere anche organizzato un incontro/testimonianza del proprio parroco (o di altro sacerdote). 10 GIOCHI di CONOSCENZA LA MASCHERA- Si distribuiscono a tutti i componenti del gruppo delle maschere di cartone o semplicemente un cartone ovale con elastico, e si mette a disposizione di tutti delle forbici, pennarelli, carta colorata, graffettatrici... .Con questi materiali ogni ragazzo costruisce la sua maschera per presentarsi agli altri, cercando di esprimere nella maschera le proprie caratteristiche, i propri interessi, oppure il suo modo di presentarsi agli altri in una particolare circostanza della vita (vacanze, scuola, casa, amici...). Poi insieme o a coppie si cerca di decifrare ciò che ha voluto rappresentare nella maschera, il compagno commenta, specifica, rettifica... fa capire al gruppo ciò che voleva esprimere attraverso quella maschera. Questo gioco, adattato, può essere anche usato per riflettere sulle maschere che indossiamo e che ci separano dagli altri, non ci fanno essere veri. GLI SPOT - Si colloca un faretto o una lampada a circa un metro da un muro e si invita i membri del gruppo a passare tra il muro e la lampada ad uno ad uno. Intanto un altro componente o l’animatore con un pennarello o una matita tratteggiano su un foglio appeso al muro il profilo del soggetto. Così per tutti i membri del gruppo. Poi ogni proprietario del profilo ritaglia il proprio e scrive su di esso il nome. Si può aggiungere anche l’indirizzo, l’hobby preferito, il soprannome... . Si mette poi in comune il frutto del lavoro. Questo gioco permette di conoscersi e di ornare la sala dove si fa abitualmente riunione. LA VALIGIA DEI CAPPELLI - Ci si pone in cerchio e si pone al centro una cesta o scatola o valigia piena di cappelli e altri indumenti particolari come scialli, veli, fazzoletti... . A turno ogni membro del gruppo va al centro della sala e prende un indumento che gli sembra rappresentare la sua personalità al meglio e si presenta così agli altri magari spiegando le ragioni della scelta. TECNICHE di ANIMAZIONE Per suscitare la partecipazione riguardo a un tema… RAGGIO - Consiste nel partire da una persona ben precisa del gruppo che è disposto in cerchio invitandola ad esporre il suo parere, riflessione, riguardo a un tema preciso; si prosegue poi in senso orario od antiorario. Tutte le persone vengono obbligate a parlare. E’ una tecnica da usare in gruppi che sono ben integrati, in cui non ci sono problemi a parlare, o se ci sono non creano tensioni nel gruppo. CUSCINETTO A SFERE - Il gruppo è disposto in due cerchi concentrici in modo che ogni persona del cerchio interno possa guardare in faccia una del cerchio esterno. Lo scambio tra i due viene guidato da un animatore che suggerisce una domanda a tutto il gruppo. Dopo un certo tempo di scambio quelli del cerchio esterno girano di una sedia in senso orario in modo che si formino altre coppie di scambio a cui l’animatore propone un’altra domanda. E’ una tecnica adatta soprattutto per temi di cui si può far fatica a parlare tutti insieme. BRAINSTORMING - Lo scopo di questa tecnica è di raccogliere idee su un certo tema, sia in fase di presentazione, sia in una fase sucessiva di riflessione. Si cerca di visualizzare su un cartellone appeso ad una parete le idee principali che sorgono riguardo all’argomento in questione. TIRARSI LA PALLA - In questo caso la partecipazione dei componenti di un gruppo a dire la loro sull’argomento che si stà trattando è suscitata da una palla che i componenti del gruppo si tirano. Chi riceve la palla deve esprimere il suo pensiero e dopo passarla ad 11 un altro membro che ripeterà la medesima operazione. Questo fino ad esaurimento dei componenti. SCRIVERE LETTERE - Ogni componente del gruppo è invitato a scrivere una lettere indirizzandola ad un amico su una certa tematica esprimendo il suo pensiero, le motivazioni, le sue esperienze a riguardo... . E’ possibile fare una condivisione successiva delle lettere sia leggendole in cerchio, sia scambiandosele dopo averle raccolte tutte e mischiate. PROCESSO - Si comincia a dividere il gruppo in due parti: una che sosterrà la difesa, l’altra l’accusa. Si pone anche qualcuno come giudice, verbalista. L’accusa comincerà ad esporre le prove che ha contro una certa prospettiva di analisi del tema. La difesa cercherà di controbattere demolendo le tesi o esponendo il reale punto di vista. Alla fine il giudice che fino a quel momento ha finto da mediatore può emettere un verdetto. TOVAGLIA ROTANTE - Si divide il gruppo in sottogruppi di otto persone. Si pone sul tavolo un grande foglio di carta bianca su cui ognuno è invitato a scrivere una domanda sull’argomento che viene trattato. Poi si gira il foglio di carta e ogni componente deve cercare di rispondere alla domanda posta dal proprio compagno. Se si vuole si può girare ancora e il sucessivo dovrà completare o dare un’altra risposta. Si può utilizzare questo metodo anche invitando a scrivere una lettera ad un amico su un certo tema, dopo un po’ di tempo si gira il foglio e il vicino deve cercare di continuare la lettera. Alla fine si può leggere ciò che è venuto fuori. RILANCIO DELLA DOMANDA - Dopo aver esposto un tema, attraverso un innesco di vario tipo (vedi “tecniche per presentare un argomento”) l’animatore del gruppo pone una domanda di riflessione a un componente preciso del gruppo, il quale la rimanda (la stessa od una diversa) ad un altro componente a sua scelta. BIGLIETTI MISCHIATI - Questa tecnica può essere impostata in vari modi. Un primo modo può essere quello di invitare a scrivere personalmente, su un biglietto un dubbio, una riflessione... riguardo a un certo tema proposto dall’animatore. Dopodiché si raccolgono tutti i biglietti e si mettono in un contenitore (per esempio un cestino) e si ridistribuiscono casualmente. Ognuno è poi invitato a leggere il contenuto del biglietto (anonimo), oppure a rispondere alla domanda in esso contenuto. Un secondo modo può essere il seguente: l’animatore prende alcune cartoline o foglietti bianchi e ne consegna uno a ciascun componente del gruppo invitandolo a scrivere una domanda su una tematica presentata o da presentare. Poi li raccoglie tutti, li mischia come un mazzo di carte e le pone su un tavolino al centro del cerchio. Divide il gruppo in piccoli sottogruppi di 5-8 persone e li invita a tirare un dado. Ogni gruppetto a turno tira il dado, conta il numero delle cartoline corrispondenti, gira l’ultima e risponde alla domanda contenuta. Per presentare un argomento… CANZONI - Si tratta di scegliere una canzone che presenta una riflessione sul tema che si vuole trattare e di farla ascoltare ai giovani con cui si lavora proponendo loro una pista di riflessione su quella canzone fatta da interrogativi, provocazioni... . Si sconsigliano canzoni straniere con testo a fronte oppure canzoni risalenti a decenni precedenti. Se si usano canzoni in voga in quel periodo si ha il vantaggio di aiutare a riflettere su qualcosa che sentono più loro e inoltre di dare loro un modo più critico di ascoltare la musica. LETTERE/TESTIMONIANZE/VIDEO - Anche in questo caso si cerca del materiale già pronto di riflessione e lo si presenta con una pista di riflessione, sollecitando poi un dialogo sul tema. Più il materiale è provocatorio più può aiutare a riflettere, 12 eventualmente integrare con una spiegazione per far capire dove si vuole andare a parare. Invitare magari a sottolineare ciò che ha più colpito. ACROSTICO - Si sceglie una o più parole chiave della tematica che si vuole trattare e si invita a scriverla verticalmente su un foglio di carta. In corrispondenza ad ogni lettera si invita a scrivere una parola in orizzontale che richiami la parola chiave o la espliciti o... . Le parole che si scrivono possono essere anche non necessariamente sulla prima lettera. Questo gioco può essere fatto a vari livelli anche profondi. Una possibile applicazione può essere: scrivere verticalmente il proprio nome e orizzontalmente alcuni propri pregi o difetti. Oppure: scrivere vertivalmente la parola amicizia e orizzontalmente cosa può voler dire per me amicizia o il nome di alcuni dei miei più cari amici. Questa tecnica può essere utilizzata anche come stimolo alla riflessione sucessivo. IL PUZZLE - Si divide il gruppo in alcuni sottogruppi di 4-5 persone (o anche meno) e si consegna loro una foto, evidentemente inerente all’argomento che si vuole trattare, tagliata e messa in una busta invitandoli a ricostruirla. In antecedenza è stato disegnato su un cartellone un grande fiore con un numero di petali pari al numero dei gruppetti. Ogni gruppo, ultimata la ricostruzione del puzzle lo inserisce nel petalo del fiore presentando ciò che vi è rappresentato e il possibile riferimento al tema del’incontro. INCHIESTA - Utilizzando un registratore o alcuni block-notes, si invita i membri del gruppo (magari divisi a gruppetti) ad andare a intervistare alcune persone su un determinato tema, magari facendo riferimento a delle domande preparate prima insieme, allo scopo di mettere poi in comune le risposte avute ed intavolare una discussione su un certo argomento. FAR SPIEGARE UNA PARTE - Si prende un libretto o degli articoli di giornali che parlano di un certo argomento e si invita ogni singolo membro del gruppo a presentare ai compagni il contenuto dello scritto. L’animatore può nel frattempo può riportare su un cartellone i punti salienti di ciò che viene esposto. Gli altri membri del gruppo possono intervenire per chiedere chiarimenti al compagno su ciò che ha detto. LABORATORIO DI DIAPOSITIVE - In conclusione della discussione su un certo argomento (o anche all’inizio), si invita i membri di un gruppo, divisi in piccoli sottogruppi a sviluppare una propria riflessione scegliendo delle diapositive adatte tra quelle messe a disposizione, oppure fabbricandosele con dei lucidi e pennarelli, con un testo adatto, una colonna sonora... . Dopo un certo tempo ci si ritrova insieme e ogni gruppo presenta il proprio elaborato. 13 III TAPPA FUORI TUTTI! Obiettivo Il gruppo facendosi “condurre fuori”da Gesù buon Pastore diventa “mediazione” di una chiesa che sa accogliere e ascoltare gioie paure speranze, domande, talvolta inespresse, della gente e soprattutto dei giovani In profondità Il buon pastore ripete per due volte (vv. 3-4) che conduce le pecore "fuori" dal recinto. Strano... Istintivamente verrebbe da pensare che il pastore voglia soprattutto chiudere al sicuro le sue pecore dentro un recinto ben protetto “a prova” di smarrimento!! Invece no. Gesù ci conduce "fuori". ….dai nostri egoismi e dalle nostre presunzioni. Fuori dalle ristrettezze di una fede fatta di gestualità vuote o di pratiche pseudo-religiose. Gesù ci conduce "fuori" e si mette davanti a noi. Questo ci fa capire che l'esperienza cristiana autentica non si fonda su un adempimento di precetti, ma su un cammino serio libero e gioioso. Allora vivere da pecore (non da pecoroni!) significa prendere sul serio le parole di Gesù, riferirsi a lui nelle scelte quotidiane, amare e amarci come lui ci ha chiesto, vivere da risorti, da salvati. Non si tratta di salvare il mondo, si tratta di creare delle zone franche, degli spazi di verità nelle nostre città isteriche in cui ognuno sia sé stesso nel riconoscimento dell’altro. PER I GIOVANISSIMI È tempo di preparare i ragazzi ad andare… a giocarsi nel loro mondo con la loro giovane fede, con la loro identità di giovani cristiani. Il gruppo è chiamato a riflettere sul valore della testimonianza cristiana nel quotidiano, nella scuola. Proviamo a trovare però un altro punto d’entrata: partiamo da quello che gli adolescenti vivono a scuola, sperimentano, dalle loro domande, dai loro interessi per “portarli verso”, per “farli arrivare a” guardare le cose da un punto di vista diverso e a viverle in un modo nuovo. Sarebbe bello in questa attività coinvolgere i rappresentanti del MSAC (movimento studenti di Azione Cattolica), unico movimento cattolico presente nella scuola. L’obiettivo dell’incontro deve essere innanzitutto di conoscenza della realtà del MSAC (vedi all.2 e 3) e delle sue dinamiche per poter successivamente far nascere il movimento all’interno di qualche istituto di scuola superiore frequentato dai ragazzi del gruppo. Per poter contattare i rappresentanti del MSAC potete contattare il Centro diocesano di ACI. PER I GIOVANI Il gruppo è condotto fuori dal proprio recinto per incontrare la gente del proprio territorio recandosi soprattutto nei luoghi d’incontro dei giovani (se il gruppo è numeroso si possono formare dei gruppetti, altrimenti si possono individuare altre parrocchie o gruppi con i quali collaborare). È bene dividere l’attività in due parti: 1. Preparazione dell’attività: cercare il materiale necessario (articoli, musiche, filmati, statistiche, libri) contattare l’esperto o il testimone individuare il luogo chiedere i permessi 14 organizzare la pubblicità formulare degli inviti specifici prevedere l’accoglienza 2. Realizzazione dell’attività… bella, essenziale, coinvolgente Alcuni suggerimenti sui luoghi e sulle attività da poter realizzare Luoghi: • Piazza, corso, pub, bar, centro commerciale, giardini pubblici, discoteca Attività: • Incontro con un esperto al quale si chiede di presentare una riflessione su “giovani e territorio”. Questo incontro può tenersi in un pub o bar, presso uno stand realizzato in piazza o al corso o ai giardini pubblici • Incontro - lezione dal tema “conducenti e codice della strada”. Si possono invitare all’incontro agenti di pubblica sicurezza (carabinieri, polizia stradale, vigili urbani) e familiari di vittime della strada. Questo incontro può realizzarsi allestendo uno stand al centro commerciale o nella piazza del paese oppure in discoteca in un pub o al bar • Animazione per i giovani (e non solo) in piazza o ai giardini pubblici con giochi bans e attività che parlino del proprio “territorio”. • Mostra sui testimoni del nostro tempo che si sono fatti “condurre” da una grande passione per l’uomo (alcuni esempi sono presenti nella presentazione in PowerPoint all. 1). Per realizzare l’attività si possono utilizzare forme di poesia, canta – storie o musica dal vivo • passeggiata culturale alla riscoperta delle origini storico - religiose del quartiere o del paese IV TAPPA MERCENARIO O PASTORE? Obiettivo Aiutare il giovane/giovanissimo a riscoprire il volto di una Chiesa che, in cammino sulle strade della storia, sta dalla parte dell’umano e promuove la vita. In profondità “Il buon pastore dà la propria vita per le pecore” di mons. Vincenzo Paglia. Gesù, in piena polemica con la classe dirigente d’Israele, si presenta come il "buon pastore", ossia come colui che raccoglie e guida le pecore sino ad offrire la sua stessa vita per la loro salvezza. E aggiunge: "Chi non offre la vita per le pecore non è pastore bensì mercenario". In effetti, l’opposizione tra il pastore e il mercenario nasce proprio da questa motivazione: il pastore svolge la sua opera per amore, rinunciando al proprio interesse anche a costo della vita, mentre il mercenario agisce per interesse personale e per denaro, ed è quindi logico che nel momento del pericolo abbandoni le pecore al loro destino. L’evangelista, per indicare il pericolo, usa l’immagine del lupo che "rapisce e disperde" le pecore. È una sferzata durissima ai farisei, accusati di "pascere se stessi... e non il gregge" (Ez 34,2), mentre egli è venuto per "raccogliere in unità i figli dispersi" (Gv 11,52). A guardare bene, l’opera del lupo è congeniale all’atteggiamento del mercenario. 15 Ad ambedue, infatti, interessa solo il proprio tornaconto, la propria soddisfazione, il proprio guadagno e non quello delle pecore; si realizza così una alleanza di fatto tra l’interesse per sé e il disinteresse per gli altri. Ne viene fuori una sorta di diabolica congiura degli indifferenti e degli egoisti contro i più deboli e gli indifesi. Se pensiamo all’enorme numero di persone che hanno smarrito il senso della vita e vagano senza mèta alcuna, se guardiamo i milioni di profughi che abbandonano le loro terre e i loro affetti in cerca di una vita migliore senza che nessuno se ne preoccupi, se osserviamo lo sbandamento dei giovani in cerca della felicità senza che ci sia chi gliela indichi, dobbiamo purtroppo constatare la triste e crudele alleanza tra i lupi e i mercenari, tra gli indifferenti e coloro che cercano solo di trarre vantaggi personali da tali sbandamenti. Scrive il profeta Ezechiele: "Le pecore del Signore si erano disperse su tutta la faccia della terra e nessuno andava in cerca di loro e se ne curava" (Ez 34,6). Viene il Signore Gesù e con autorità grande afferma: "Io sono il buon pastore, e offro la vita per le mie pecore". Non solo lo ha detto. Lo ha anche mostrato con i fatti, particolarmente nei giorni della Settimana Santa, quando ha amato i suoi fino alla fine, sino all’effusione del sangue. Sì, finalmente è arrivato in mezzo agli uomini chi spezza la triste e amara alleanza tra il lupo e il mercenario, tra l’interesse per sé e il disinteresse per gli altri. Chi ha bisogno di conforto e di aiuto ora sa dove rivolgersi, sa dove bussare, sa dove muovere i suoi occhi e il suo cuore. Gesù stesso lo aveva detto: "Quando sarò elevato da terra, attrarrò tutti a me" (Gv 12,32). Tutto il Vangelo, in fondo, non parla d’altro che di questo legame tra folle disperate, abbandonate, sfinite, senza pastore e Gesù che si commuove per loro. "Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?" (Lc 15,4), dice il Signore. Si attribuisce a san Carlo Borromeo la frase: "Per salvare un’anima, anche una sola, andrei sino all’inferno". Questo è l’animo del pastore: andare sino all’inferno, ossia sino al limite più basso per salvare una persona. (……). Neppure da morto, potremmo dire, Gesù si è fermato a pensare a se stesso; come buon pastore è andato a cercare chi era perduto, chi era ed è dimenticato, chi era ed è negli inferni di questo mondo che il male e gli uomini hanno creato. Il Vangelo sembra dire che o si è pastori in questo modo o altrimenti non si può che essere mercenari. È vero, solo Gesù è "buon pastore": o si somiglia a lui o si tradisce la sua stessa missione. Sappiamo bene di essere inadeguati, ed è il suo Spirito effuso nei nostri cuori che ci trasforma perché possiamo avere "in noi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù" (Fil 2,5). La odierna pagina evangelica - come questa domenica suggerisce - si applica anzitutto a coloro che hanno responsabilità "pastorali" nella Chiesa, in particolare ai vescovi e ai sacerdoti. Ed è opportuno, anzi doveroso pregare, e non solo oggi, perché i "pastori" somiglino sempre più a Gesù vero ed unico "buon pastore". Ed è anche urgente intensificare la nostra preghiera perché il Signore doni alla sua Chiesa giovani che ascoltino l’invito ad essere "pastori" secondo il suo cuore, secondo la sua stessa passione d’amore. Ogni comunità cristiana è chiamata tuttavia a guardare l’abbondanza della "messe" e la scarsità degli "operai". Potremmo dire che c’è una responsabilità "pastorale" che appartiene a tutti i credenti, non solo ai sacerdoti. Ogni discepolo, infatti, è nello stesso tempo membro del gregge del Signore ma, a suo modo, anche "pastore", ossia responsabile dei fratelli, delle sorelle e del prossimo. In tante altre pagine della Scrittura emerge questa responsabilità "pastorale" di ogni credente. A partire dalle origini dell’umanità quando Dio chiese conto a Caino di suo fratello. E non fu certo esemplare la risposta di Caino: "Sono forse io custode di mio fratello?". Sì, Caino era il custode (in questo senso si può dire che ne era il "pastore") di Abele. E ogni credente deve esserlo per il suo prossimo. La preghiera perché nella comunità cristiana ci siano coloro che ascoltino la chiamata del Signore a servire la Chiesa nel ministero ordinato è parte della spiritualità di ogni credente e di ogni comunità cristiana. Ma è da un terreno pieno di "pastoralità", ossia di credenti che sanno preoccuparsi degli altri, che possono nascere "pastori" per l’oggi. Una comunità appassionata genera pastori. Il buon pastore, infatti, non è un eroe; è uno che ama; e l’amore porta là dove neppure sogneremmo di arrivare. L’amore inserisce nelle preoccupazioni stesse del Signore: "Ho altre pecore che non 16 appartengono a quest’ovile: anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e si farà un solo gregge e un solo pastore". L’amore di Dio intenerisce il cuore: ci fa commuovere su coloro che vagano nelle nostre città in cerca di un approdo, su quelli che non sanno ove trovare conforto, sui milioni di disperati che coprono la faccia della terra, su quell’uomo o quella donna vicina o lontana che aspetta consolazione e non la trova. Scrive Matteo: "Gesù vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore". E aggiunge subito l’evangelista: "Allora disse ai suoi discepoli: pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe" (Mt 9,36-37). Tutta la comunità cristiana è unita al Signore Gesù che si commuove ancora sulle folle di questo mondo. E con lui prega perché non manchino gli operai per la vigna del Signore. Ma nello stesso tempo, ogni credente, davanti a Dio e davanti "ai campi che già biondeggiano per la mietitura" (Gv 4,35) deve dire con il profeta: "Ecco, Signore, manda me!" (Is 6,8). PER I GIOVANISSIMI I parte I giovanissimi riflettono sull’esperienza di Chiesa propria e del gruppo, confrontandola con l’immagine che di essa percepiscono attraverso i media e le relazioni interpersonali.Per favorire l’analisi si predispone un cartellone, diviso in due parti: “Chiesa SI” (per gli aspetti positivi), “Chiesa NO” (per i nodi problematici). II parte A partire dal brano del Vangelo i giovanissimi realizzano un’intervista doppia tra “mercenario e pastore”. Gli educatori, che avranno preparato in precedenza le domande, dividono i ragazzi in due gruppi: il gruppo del mercenario e il gruppo del pastore. Ricevute le domande, i due gruppi avranno 15 minuti di tempo per concordare le risposte; sceglieranno poi un portavoce che in assemblea risponderà a nome del gruppo all’intervista. Conclusa l’intervista doppia, l’educatore, a partire da uno tra i testi di don Tonino Bello e di don Angelo Casati tratteggerà il volto di una Chiesa serva dell’umanità, che difende la sua gente, che si espone, che si schiera dalla parte dei più piccoli e va in cerca dei lontani. PER I GIOVANI I parte I giovani riflettono sull’esperienza di Chiesa propria e del gruppo, confrontandola con l’immagine che di essa percepiscono attraverso i media e le relazioni interpersonali. II parte A partire dai testi di don Tonino Bello e di don Angelo Casati (vedi allegato 1 e 2) ricompongono i tratti del volto di una Chiesa serva dell’umanità, che difende la sua gente, che si espone, che si schiera dalla parte dei più piccoli e va in cerca dei lontani. 17 CELEBRAZIONE Salmo 22 Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l'anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni. SEGNO Ciascun ragazzo viene segnato con l’olio PREGHIERA Signore Gesù, Buon Pastore, venuto a guidarci ai pascoli della vita, fa’ che ci sia dato di intravedere, anche solo per un istante, il fulgore della tua bellezza, perché da essa rapiti ti seguiamo con ardore senza che più nulla o nessuno ci lusinghi o ci seduca. Il nostro cuore, infatti, è stanco e deluso dalle brutture prodotte dai nostri egoismi e cerca un sentiero di speranza. Donaci occhi per riconoscerti nell’innocenza dei piccoli, per ammirarti nella generosità dei giovani, per esserti vicino nella solitudine degli anziani. Ogni nostro fratello sia per noi pura trasparenza del tuo volto finché, dopo averti amato e servito in ognuno di loro, gustiamo la gioia di contemplarti in eterno nella luce senza tramonto dei pascoli eterni. Amen. 18 II MODULO WRITE THE FUTURE: L’OLIVO, UN PROGETTO CHE PRENDE FORMA Orizzonte: il giovane è consapevole che si costruisce il presente solo dentro una prospettiva di futuro, sognato e desiderato. Egli scopre la necessità di dare forma al sogno intuito, attraverso il progetto della storia personale, attraverso la scelta di una propria regola di vita. Va, quindi, alla scoperta delle radici, della linfa, degli innesti, dei valori che lo possono far crescere. Viene aiutato a leggere in modo significativo anche le esperienze di potatura, come occasione di trasformazione in vista della maturità umana. La vita è un progetto, un lungo percorso intrapreso da ogni giovane/issimo che lo porti a realizzare il suo sogno. Il tempo, però, può allontanare o avvicinare dal suo progetto iniziale, secondo il proprio vissuto. Occorre, quindi, accompagnare il giovane/issimo nel suo progetto di vita, rendendolo artefice della “trasformazione”, in vista della maturità umana. Ogni giovane/issimo intreccia in sé storie ed esperienze, attraverso cui scopre che la costruzione del presente può avvenire solo con uno slancio verso il futuro: “il sogno”. Il sogno è il progetto che prende forma. Quale tipo di forma? Un sogno intuito, tramite la storia personale e la scelta di una regola di vita. Per il giovane/issimo sognare è d’obbligo. Trascorre il presente per innaffiare e far germogliare il suo futuro, ma giunge in una fase in cui smarrisce la propria identità, perdendo di vista anche il sogno. Non diviene più consapevole dei frutti racchiusi in lui, capaci di alimentare il sogno desiderato. Il giovane/issimo fa parte di una storia, di un passato che spesso dimentica e va quindi condotto nella rilettura della sua vita, passando attraverso la scoperta delle sue radici, della linfa, degli innesti, dei valori che possono far crescere e continuare ad essere libero di sognare. E va aiutato a leggere in modo significativo e positivo le esperienze di potatura come occasione di trasformazione e rinvigorimento di sé. LA PAROLA Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (11, 16-24) Se le primizie sono sante, lo sarà anche l'impasto; se è santa la radice, lo saranno anche i rami. Se però alcuni rami sono stati tagliati e tu, che sei un olivo selvatico, sei stato innestato fra loro, diventando così partecipe della radice e della linfa dell'olivo, non vantarti contro i rami! Se ti vanti, ricordati che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te. Dirai certamente: i rami sono stati tagliati perché io vi fossi innestato! Bene; essi però sono stati tagliati per mancanza di fede, mentre tu rimani innestato grazie alla fede. Tu non insuperbirti, ma abbi timore! Se infatti Dio non ha risparmiato quelli che erano rami naturali, tanto meno risparmierà te! Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; verso di te invece la bontà di Dio, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verrai tagliato via. Anch'essi, se non persevereranno nell'incredulità, saranno innestati; Dio infatti ha il potere di innestarli di nuovo! Se tu infatti, dall'olivo selvatico, che eri secondo la tua natura, sei stato tagliato via e, contro natura, sei stato innestato su un olivo buono, quanto più essi, che sono della medesima natura, potranno venire di nuovo innestati sul proprio olivo! 19 RILEGGIAMO… In questa sezione della Lettera ai Romani, s. Paolo sta parlando del mistero del popolo di Israele, da una parte chiamato per primo all’alleanza con YHWH, unico Dio, e dall’altra soggetto del rifiuto della rivelazione di Dio avvenuta in Gesù di Nazareth, dai cristiani celebrato come Cristo e Figlio di Dio. A proposito del rifiuto di Israele opposto alla Nuova Alleanza sigillata nel sangue di Gesù Cristo, nel nostro brano s. Paolo ne sottolinea la temporaneità utilizzando due immagini – quella della pasta e quella dell’albero d’olivo – che tendono a evidenziare come Israele rimanga pur sempre il popolo di Dio, il popolo della promessa, la radice santa, e che in forza di questa vocazione Dio ha sempre il potere di innestarlo nuovamente nell’albero della vita e della salvezza. Già il profeta Geremia (11,16) si era servito del paragone dell’albero d’olivo per raffigurare la sorte di Israele in seguito alla sua infedeltà all’alleanza con YHWH, qui però il riferimento dell’Apostolo non è a tutto il popolo bensì ai singoli membri di esso (“i rami”). D’altro canto, l’oleastro sono i cristiani provenienti dal paganesimo, i quali non per loro merito ma per grazia di Dio sono entrati a far parte del popolo di Dio, delle sue promesse e delle sue benedizioni. Attenzione: non che i cristiani abbiano preso il posto degli ebrei, ma Dio ha accolto i pagani e li ha resi partecipi delle sue ricchezze. Del resto, non può esserci nessun vanto dei pagani nei confronti degli ebrei dal momento che è da questi che scaturisce l’origine e il fondamento della Chiesa e non il contrario. Dunque, confutando il pensiero dei pagano-cristiani, Paolo afferma che i Giudei non sono stati “tagliati” dall’albero della vita a causa dell’innesto dei cristiani, bensì per la loro infedeltà. E se c’è un vanto da parte dei cristiani nei confronti dell’antico popolo dell’alleanza, questo può venire solo dalla fede, l’unica virtù che permette loro di ricevere l’innesto da parte di Dio nell’albero della salvezza. La fede poi va consolidata, non è data una volta per sempre, anzi potrebbe vacillare nella sua stabilità e quindi essendoci la possibilità di cadere, il cristiano potrebbe perdere il suo “stare” nella salvezza. Ecco perciò l’esortazione dell’Apostolo ai vv. 22-24: non si da garanzia automatica e autosufficiente di salvezza per nessuno, ne tantomeno per i cristiani. L’unica garanzia di salvezza è la fede e la fedeltà alla bontà di Dio. Per questo motivo anche il Giudeo ha ancora la possibilità di un nuovo innesto, purchè abbandoni l’infedeltà e creda. L’attualizzazione di questo brano biblico sembra vertere su due punti di riflessione collegabili tra loro: (i) la vita, il futuro, la salvezza di ogni uomo sono nelle mani di Dio, nessuno può ergersi a giudice di se stesso o del prossimo; semmai il nostro sforzo consiste nel restare fedeli all’amicizia con Dio resa concreta nella persona di Gesù, ascoltare e lasciarsi plasmare dalla sua Parola sono l’unica garanzia di felicità e di senso della nostra vita; non le nostre preghiere, ne la partecipazione alla Messa, ne tantomeno le nostre devozioni assicurano il nostro ingresso in Paradiso (tutte cose peraltro buone e utili) bensì solo e unicamente la nostra corrispondenza al comandamento dell’Amore consegnatoci dal nostro Maestro: “…anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13,14) o anche detto: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35); (ii) Dio è uno che non sta con l’orologio in mano; vivendo nell’eternità, Egli non conosce l’ansia del tempo che scorre, anzi come dice l’autore della Seconda lettera di Pietro: ”Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. […] La magnanimità del Signore nostro giudicatela come salvezza” (3,8-9.15). 20 L’ESPERIENZA “L’ ultimo corso del mio vecchio professore si teneva una volta alla settimana a casa sua, accanto alla finestra dello studio da cui si potevano scorgere i petali rosei che cadevano da una pianticella di ibisco. Le lezioni avevano luogo il martedì, e iniziavano subito dopo la colazione. L’argomento era “Il significato della vita”. Il docente attingeva alla sua esperienza.Non si davano voti, ma ogni settimana si sosteneva un esame orale. Bisognava rispondere alle domande poste e altresì formularne di proprie. […] non c’erano libri di testo eppure si coprivano molti argomenti fra i quali l’amore, il lavoro, la comunità, la famiglia, il perdono. […] (da “I miei martedì col professore” di MitchAlbom) “ […] Dio sa utilizzare tutto, anche i rami di una pianta selvatica; fa di ogni frammento una pienezza. I rami per terra? Non restano secchi né aridi. Ma sono in attesa, di una rifioritura. Perché Dio ha tempi più lunghi dei nostri. […] Lo stile educativo di Dio di fronte ai NO dell’uomo è pienamente normativo, perché liberante e fiducioso. […] E verrà il giorno in cui li rinnesta, con stupore di tutti, nella bellezza di una pianta che fiorirà in pienezza. […] Dio è gratuito, e gratuita è al sua grazia. Non ci ama perché siamo buoni, ma per renderci buoni. […] Abitua a TRASFORMARE il male in bene. Le ferite in feritoie […]. (Mons. Bregantini) I TAPPA “LA MIA STORIA TRA LE DITA” “[…] Dio sa utilizzare tutto, anche i rami di una pianta selvatica; fa di ogni frammento una pienezza. I rami per terra? Non restano secchi né aridi”. (Mons. Bregantini) Obiettivo Il giovane/giovanissimo, partendo dalle sue esperienze di vita, cerca di capire chi è? E in cosa è radicata la sua esperienza? In profoindità La vita è un dono che Dio pone nelle nostre mani ed ognuno tenta di plasmarla secondo le proprie capacità, idee, progetti, esperienze. Vivendo, ogni giorno si prova a realizzare il sogno che si desidera. Tutti i momenti vissuti, tutti i passi che possono aver condotto l’essere umano lungo la strada del sogno, ma anche quelli che lo hanno allontanato, portandolo anche a vivere l’incubo, sono testimonianza di un storia che permette la crescita umana. Proprio la storia della vita permette di rispondere ai quesiti dell’esistenza: chi sono? Da dove vengo? Cosa voglio essere? Il primo passo per rispondere è raccontare e prendere consapevolezza della propria storia. Nessuno meglio di se stesso è capace di raccontarla perché ne è il protagonista. “Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrai sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, 21 ma a me non mi va proprio di parlarne. D’altronde non ho nessuna voglia di mettermi a raccontare tutta la mia dannata autobiografia e compagnia bella. Vi racconterò soltanto le cose da matti che mi sono capitate verso Natale prima di ridurmi così a terra da dovermene venire qui a grattarmi la pancia.” (“Il giovane Holden”, Salinger) La storia è la disciplina che si occupa dello studio del passato tramite l'uso di fonti, cioè tutto ciò che possa trasmettere del sapere. Più precisamente, la storia è la ricerca e la narrazione continua e sistematica di eventi nel passato di importanza per la specie umana. Per questo ogni individuo ha un passato diverso da raccontare che lo rende unico. La storia di ogni uomo è una continua ricerca della felicità. Tutte le persone, quindi, durante la loro ricerca pensano di non trovare i mezzi giusti per il raggiungere il loro sogno con il rischio di non avvalorare la loro stessa vita (“Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrai sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa”). La storia è anche una narrazione elaborata tramite l'immaginazione e proposta a un pubblico interessato di lettori. E anche se crediamo che agli uomini non possa interessare la nostra storia, essa agli occhi di Dio è fondamentale, risulta meravigliosa. Dio, infatti ci dice di amare la vita in tutti i suoi frammenti (“fa di ogni frammento una pienezza”). Storia significa "conoscenza acquisita tramite indagine, ricerca" di noi stessi accompagnata, tra le mani di Dio. Io sono come una piccola matita nelle Sue mani, nient'altro. E' Lui che pensa. E' Lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve solo poter essere usata. Madre Teresa di Calcutta PER I GIOVANISSIMI All’inizio dell’incontro si proverà a sollecitare i giovanissimi ad una discussione sulla propria esperienza di vita, facendoli partire dalle proprie radici. Convincerli che la loro storia ha un valore e non è un fluire di elementi pass(ati)- ivi. I parte Suddividendo i giovanissimi in gruppi verrà distribuito loro un foglio dove saranno scritte due celebri incipit: “C’era una volta” e “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura chè la dritta via era smarrita.” Attraverso queste due frasi i giovanissimi devono riflettere sulle loro radici: gli incontri, le esperienze, la loro educazione, le loro motivazioni, le loro ambizioni, le persone importanti, la famiglia. Devono ripercorrere le fasi salienti della loro vita, considerando ogni aspetto e ogni emozione. “C’era una volta”: il giovanissimo racconterà gli eventi e i talenti che lo hanno formato e continuano a sviluppare il suo sogno. Scriverà quali sono le sue radici che lo hanno fatto crescere in maniera salda. “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura chè la dritta via era smarrita”: il giovanissimo dovrà descrivere i momenti della sua vita in cui ha visto o vede i suoi sogni svanire. Dovrà scrivere gli attimi in cui si è sentito smarrito, in cui si è perso e ha perso dei punti di riferimento (un amico, un fratello, la fiducia in Dio …) Dovranno scrivere, anche in forma poetica o di narrazione un breve racconto di max 10 righi, elencando tutto ciò che di significativo ha rappresentato la loro vita fino a questo momento. 22 Successivamente chi desidera potrà leggere al gruppo la propria opera. Per la realizzazione del loro sogno è importante che i giovanissimi riescano a prendere coscienza delle loro radici, provino a descriversi con tutte le loro sfaccettature. II parte I giovanissimi, insieme, vedranno e ascolteranno la storia de “I tre alberi” (Video). Conclusione A conclusione dell’attività verrà chiesto ai giovanissimi di concentrarsi sul loro sogno, su una loro speranza o una loro emozione che potranno scrivere sotto forma di preghiera su un post it che attaccheranno su un cartellone intitolato “M’ILLUMINO D’IMMENSO”. PER I GIOVANI Il giovane percepisce la realtà che lo circonda in maniera differente perché è già in possesso di un passato certamente pieno di esperienze, emozioni, amicizie, esperienze sociali e di fede. Ogni momento della sua “vita vissuta” è prezioso soprattutto per le scelte future che dovrà affrontare. Il giovane incomincia già a voler toccare il suo sogno, si trova in una posizione in cui voler compiere il salto di qualità per la sua affettiva, lavorativa, di responsabilità. Guardando al suo passato, il giovane deve scovare le basi per percorrere la sua strada, sapendo scegliere attentamente quello che è utile ed importante per lui. Il giovane è chiamato ad una fase in cui deve essere capace di scrivere il suo futuro, di credere fortemente ai suoi sogni. Ma senza determinazione, senza sacrificio, senza una visione obiettiva delle sue esperienze nei diversi luoghi, la casa, la scuola, la parrocchia, l’università e senza, perché no, affidarsi alla misericordia di Dio, il giovane potrebbe avere difficoltà a realizzarsi. Infatti il giovane vive in una realtà che gli offre mille e allettanti possibilità di scelta che possono anche allontanarlo da quello che rappresenta il suo vero io, la sua vera realizzazione. E se non avrà affondato le sue radici in un terreno stabile e fertile rappresentato dai valori che lo hanno formato e la fede, rischia di abbandonare il suo sogno alla prima difficoltà. Tra i numerosi richiami della realtà esterna il giovane deve essere molto attento e abile a percepire con chi e a cosa affidarsi. I parte Ai giovani viene consegnato il testo della canzone “Che fantastica storia è la vita” e verrà proiettato il video. Che fantastica storia è la vita (Antonello Venditti) Mi chiamo Antonio e faccio il cantautore, e mio padre e mia madre mi volevano dottore, ho sfidato il destino per la prima canzone, ho lasciato gli amici, ho perduto l'amore. E quando penso che sia finita, è proprio allora che comincia la salita. Che fantastica storia è la vita. Mi chiamo Laura e sono laureata, dopo mille concorsi faccio l'impiegata, e mio padre e mia madre, una sola pensione, fanno crescere Luca, il mio unico amore. A volte penso che sia finita, ma è proprio allora che comincia la salita. 23 Che fantastica storia è la vita. Che fantastica storia è la vita. E quando pensi che sia finita, è proprio allora che comincia la salita. Che fantastica storia è la vita. Mi chiamano Gesù e faccio il pescatore, e del mare e del pesce sento ancora l'odore, di mio Padre e mia Madre, su questa Croce, nelle notti d'estate, sento ancora la voce. E quando penso che sia finita, è proprio allora che comincia la salita. Che fantastica storia è la vita. Che fantastica storia è la vita. Mi chiamo Aicha°, come una canzone, sono la quarta di tremila persone, su questo scoglio di buona speranza, scelgo la vita, l'unica salva. E quando penso che sia finita, è proprio adesso che comincia la salita. Che fantastica storia è la vita. Che fantastica storia è la vita. II parte Ai giovani verrà chiesto di associare accanto ad alcuni importanti eventi storici, positivi e negativi, gli episodi che hanno segnato la loro vita, in qualunque ambito affettivo, relazionale, accademico, scolastico, lavorativo. Ogni giovane scriverà accanto all’evento i suoi momenti di vita particolari che hanno suscitato diverse emozioni. I giovani proveranno a collocare accanto ad ogni evento storico anche le sensazioni che determinati episodi della loro vita hanno suscitato: dal dispiacere, all’armonia, dalla rabbia alla pace interiore, ecc. Ovviamente, agli episodi negativi dovrebbero corrispondere sensazioni di paura, mentre agli episodi storici positivi dovrebbero essere associate emozioni di felicità. Ogni giovane, però deve rimanere libero di affiancare all’elenco storico qualsiasi momento della sua vita per lui significativo perché per alcuni, un momento triste della propria vita potrebbe anche aver suscitato una spinta a migliorare 123456789101112- 1441: 1492: 1789: 1815: 1860: 1914: 1922: 1939: 1945: 1969: 1989: 2001: LA PRIMA BIBBIA A STAMPA SCOPERTA DELL’AMERICA RIVOLUZIONE FRANCESE CONGRESSO DI VIENNA UNITA’ D’ITALIA PRIMA GUERRA MONDIALE ASCESA DEL FASCISMO SECONDA GUERRA MONDIALE BOMBA ATOMICA SU HIROSHIMA E NAGASAKI IL PRIMO UOMO SULLA LUNA CADUTA DEL MURO DI BERLINO ATTACCO ALLE TORRI GEMELLE 24 Conclusione Dopo una breve condivisione, verrà proiettato il video “Il sogno di un uomo – discorso all’umanità” di Charlie Chaplin “Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore non è il mio mestiere non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti se è possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre dovremmo godere solo della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti, la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi. La vita dovrebbe essere felice e magnifica ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori. Ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotto a passo d’oca fra le cose più abiette. Abbiamo i mezzi per spaziare ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà. La scienza ci ha trasformato in cimici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari ci serve umanità. Più che abilità ci serve bontà e gentilezza, senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. La televisione e la radio hanno riavvicinato le genti, la natura stessa di queste invenzioni reclama la fratellanza dell’uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di persone donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli u omini di torture e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono dico: non disperate! L’avidità che ci comanda è solamente un male passeggero. L’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo, e qualsiasi mezzo usino la Libertà non può essere soppressa. Soldati non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie, non vi consegnate a questa gente senza un’anima! Uomini macchina con macchine al posto del cervello e del cuore! Voi non siete macchine! Voi non siete bestie! Siete Uomini! Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore, voi non odiate. Coloro che odiano sono quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati non difendete la schiavitù ma la Libertà! Ricordate nel vangelo di San Luca è scritto “il regno di Dio è nel cuore dell’uomo”. Non di un solo uomo, di un gruppo di uomini ma di tutti gli uomini! Voi, voi il popolo avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, voi il popolo avete la forza di fare che la vita sia bella e Libera, di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi in nome della Democrazia usiamo questa forza! Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore che dia a tutti gli uomini un lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere, mentivano! Non hanno mantenute quelle promesse e mai lo faranno. I Dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse. Combattiamo per liberare il mondo eliminando confini e barriere, eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati nel nome della democrazia siate tutti uniti.” 25 II TAPPA “PROPRIO COME UN ALBERO” Ma sono in attesa, di una rifioritura. Perché Dio ha tempi più lunghi dei nostri. […] Lo stile educativo di Dio di fronte ai NO dell’uomo è pienamente normativo, perché liberante e fiducioso. (Mons. Bregantini) Obiettivo Accompagnare il giovane/giovanissimo nella scoperta della sua essenza, della propria linfa, ovvero le esperienze vissute, le relazioni intrecciate nei vari ambiti di vita ( famiglia, amicizie, scuola/università, lavoro, comunità ecclesiale, del “muretto”…). In profondità Fare la gioiosa, e a volte dolorosa, fatica di rileggere la vita come personale storia di salvezza ti porta piano piano ad accogliere in senso globale ciò che sei. Così impari ad apprezzare il bene presente in te, a godere di ciò che sei e di ciò che hai ricevuto come capacità, doni, abilità, attitudini; impari a ringraziare per quanto hai ricevuto nelle tue relazioni familiari, amicizie, persone significative, e ad accogliere quanto non hai ricevuto. Lì ritrovi i segni della fedeltà di Dio. Nella ricerca devi esserci tutto! È solo nell’esperienza del mettere a disposizione tutto ciò che sei per compiere quanto il Signore ti chiede, che la tua risposta diventa autentica. 1. La linfa…forza vitale degli alberi! La soluzione di acqua e sali minerali che le radici delle piante assorbono dal terreno prende il nome di linfa grezza. Grazie ad un insieme di forze , la linfa sale attraverso i vasi conduttori del legno (trachee) e raggiunge le foglie, dove avvengono complesse reazioni chimiche. Tutte le piante, siano esse erbacee o legnose, hanno un complesso sistema di circolazione dei liquidi. La foglia, che in poche parole è il laboratorio di tutta la pianta, è la zona dove i sali e l'acqua, tramite la luce vengono trasformati in vari composti, principalmente in zuccheri. La linfa viene poi trasportata dalle zone di produzione, quindi dalle foglie, agli altri distretti. La soluzione di acqua e sali minerali che le radici delle piante assorbono dal terreno prende il nome di linfa grezza. Grazie ad un insieme di forze , la linfa sale attraverso i vasi conduttori del legno (trachee) e raggiunge le foglie, dove avvengono complesse reazioni chimiche. Tutte le piante, siano esse erbacee o legnose, hanno un complesso sistema di circolazione dei liquidi. La foglia, che in poche parole è il laboratorio di tutta la pianta, è la zona dove i sali e l'acqua, tramite la luce vengono trasformati in vari composti, principalmente in zuccheri. La linfa viene poi trasportata dalle zone di produzione, quindi dalle foglie, agli altri distretti. 2. La linfa vitale...per gli uomini! Oggi sono come un albero nel pieno dello splendore, rami ben curati, foglie sempre verdi. Non risento dell’inverno che ormai è alle porte. Ma fino a poco tempo fa ero un albero che si stava appassendo. Lentamente le mie radici non si nutrivano più dalla terra… La mia terra era senza risorse… senza linfa vitale per me. Un giorno tra le nuvole che mi sovrastavano… un raggio di luce fece capolino su me. Quel raggio di sole era averti conosciuto, 26 era la tua presenza intorno a me. Ma anche se questo raggio era ben caloroso... io quasi mi piegavo verso la terra per non carpirne il calore, quasi pauroso di poter tornare ad essere un albero vivo. Ogni giorno le foglie appassivano sempre più... i rami diventavano secchi. Lentamente un venticello si alzò, le nuvole iniziavano a dissolversi pian piano. Eri tu che soffiavi per allontanare quelle nuvole da me... Il cielo si stava aprendo, ma nonostante questo, iniziò a piovere. Goccioline cadevano su me, si infiltravano nel terreno. Non riuscivo a capire... pian piano sentivo che le mie radici stavano riprendendo a nutrirsi. La terra sotto di me stava riacquistando nuova linfa... Quelle goccioline erano le tue lacrime... piangevi perché non capivi il perché io mi stessi lasciando andare... piangevi perché non capivi il perché non volessi riscaldarmi del tuo calore... Senza saperlo le tue lacrime entravano in me... erano piene di voglia di vivere e d’amare, sono state la linfa vitale di cui mi cibavo, linfa che mi stava ridando quella forza ormai persa... Giorno dopo giorno nuove foglie prendevano il posto di quelle ormai appassite... L’albero aveva ripreso le sue forze… il suo splendore… Il sole ormai era il padrone del cielo… Il cielo era ormai privo di nuvole.. Tu sei il sole che mi riscalda… Tu sei la mia linfa vitale… La tua presenza tiene lontano le nuvole sopra di me… La tua presenza mi dona il calore per riscaldarmi… ...e io... ...grazie a te... ...sono tornato a fiorire. PER I GIOVANISSIMI I parte Si può iniziare l’incontro con l’ascolto, oppure la visione del video della canzone “Lo strano percorso” di Max Pezzali, distribuendo ai giovanissimi il testo della canzone. La canzone che qui presentiamo parla di un passato che non può tornare, la strada imprevedibile, gli incontri, gli addii, il sentire il bisogno di raccontare che c’è un tempo per ciascun evento della vita. Alla fine dell’ascolto/ visione si chiede ai giovanissimi cosa ha scatenato questa canzone. (A questo momento si dedicheranno solo 5 minuti…). 27 Lo strano percorso (Max Pezzali) C'è un tempo per i baci sperati, desiderati tra i banchi della prima B occhiali grandi, sempre gli stessi, un po' troppo spessi per piacere ad una così… C'è un tempo per i primi sospiri tesi insicuri, finché l'imbarazzo va via, col sincronismo dei movimenti, coi gesti lenti conosciuti solo in teoria, come nelle favole, fin sopra alle nuvole, convinti che quell'istante durerà da lì all'eternità... Lo strano percorso di ognuno di noi che neanche un grande libro un grande film potrebbero descrivere mai per quanto è complicato e imprevedibile per quanto in un secondo tutto può cambiare niente resta com'è. C'è un tempo per il silenzio/assenso, solido e denso, di chi argomenti ormai non ne ha più frasi già dette, già riascoltate in 1000 puntate di una soap-opera alla TV sarà l'abitudine sarà che sembra inutile cercare tanto e alla fine è tutto qui per tutti è tutto qui... C'è un tempo per qualcosa sul viso, come un sorriso che non c'era ieri e oggi c'è sembrava ormai lontano e distante, perso per sempre, invece è ritornato con te, con te che fai battere il cuore che fai vivere il tempo per tutto il tempo che verrà… 28 II parte I giovanissimi verranno divisi in due gruppi, e a ciascun gruppo verranno distribuite delle schede contenenti delle riflessioni a partire da delle frasi della canzone “lo strano percorso”, con delle domande a cui ciascun giovanissimo dovrà dare risposta. Qui di seguito ve ne proponiamo qualcuno, sta a voi educatori decidere quali fanno al vostro caso, essendo voi liberi di poterne aggiungere delle altre. 1) “C’è un tempo per i baci sperati, desiderati…La storia personale di ciascuno di voi, è segnata da varie tappe che ne scandiscono il cammino, la crescita. In questa crescita ha una grande importanza la dimensione affettiva. Il bisogno di amare e di essere amati ci accompagna fin dal primo momento che veniamo al mondo e gradatamente trova forme di espressione sempre più adeguate. Così dal bisogno di protezione tipico del bambino si passa al bisogno di amicizia, di relazionalità, di tenerezza e di affetto propri di voi adolescenti. Nel tuo cammino di crescita quanta importanza ha l’affetto che ricevi e che doni? 2) “Lo strano percorso di ognuno di noi che neanche un grande film potrebbe descrivere mai per quanto è complicato e imprevedibile per quanto in un secondo tutto può cambiare niente resta com’è”: la vostra vita è un libro vivente che voi scrivete giorno per giorno, fatto di momenti belli e anche difficili, di tappe che rimangono come pietre miliari nel vostro cammino. E’ un percorso “strano” perché non sempre va come voi vorreste. Ci sono gli imprevisti, le battute di arresto, le deviazioni, le sorprese, i tagli con il passato che a volte vi fanno soffrire… Ma tutto questo significa crescere! Qual è la tua reazione davanti alle novità e agli imprevisti della vita? 3) “sembra inutile cercare tanto e alla fine è tutto qui per tutti è tutto qui”: rinunciare a cercare il senso della propria esistenza, ad andare in profondità, a volare più in alto è un po’ come darsi la zappa sui piedi perché ci condanniamo ad essere infelici. La vera felicità non sta “tutta qua” ma nella ricchezza della sua interiorità, nella capacità di scoprire Dio nascosto nelle cose, nella bellezza del creato, nella tua stessa vita che è il regalo più bello che hai e che non puoi buttare via. Per te cosa significa crescere? 4) “C’è un tempo per qualcosa sul viso, come un sorriso che non c’era ieri e oggi c’è”: la vita ci riserva anche gioie profonde che dobbiamo vivere fino in fondo. Dopo la notte c’è il giorno, dopo il buio c’è la luce, dopo la prova e il dolore c’è la pace e la gioia, dopo la solitudine c’è il sole dell’amicizia. Quali sono le gioie più grandi della tua vita? Come le hai vissute? III parte Come momento finale dell’incontro, ai due gruppi vengono distribuite due grandi immagini del quadro “l’albero della vita” di Gustav Klimt, e si chiede a ciascuno di essi di scrivere sui rami i nomi delle persone con cui hanno relazioni significative, e sul tronco cosa rappresenta la loro “linfa”, cioè cosa li sostiene, di che pasta son fatti, cosa scorre nelle loro vene. Conclusione Si fanno riunire i due gruppi, a ciascuno di essi si chiede di illustrare il “proprio albero della vita”, e prima di congedarli, si consegna loro e si legge la poesia di Klimt. 29 L'albero della vita (Gustav Klimt) Ama, ti prego ama. Dai un nome alle emozioni. Nel bene o nel male. Se odi chiamalo odio, se è passione chiamala passione. Se ami dì che ami. Se provi dolore chiamalo dolore. Conosci te stesso e dai un nome a ciò che provi. Nel bene o nel male dagli un nome, non negarlo mai. Non reprimere l'odio, non reprimere l'amore, non reprimere la passione, non il dolore, non la gioia. MAI. Ama, ama, ama. Non smettere mai, anche quando sei stanco. Ama la vita. Ama ciò che senti. Non avere Paura. Come si può riuscire a violentare sè stessi negando le emozioni? Come negare acqua ad un albero. come negare crescita alla vita... PER I GIOVANI I parte In un momento iniziale si possono ripercorrere i luoghi fondamentali in cui i giovani trascorrono la loro vita (famiglia, scuola, università, lavoro, amicizie, parrocchia, il “muretto”…). È possibile associare ai vari luoghi, sia dei momenti in cui i giovani hanno sperimentato i dubbi e le angosce, sia delle figure fondamentali che li hanno aiutati ad affrontarli e superarli. L’importante è creare nell’ambito dell’incontro, dei momenti di riflessione in cui i giovani possano intraprendere un viaggio nella memoria e nel presente per individuare la rete in cui è innestata la loro esistenza. Una parte specifica dell’incontro, potrebbe essere dedicata alla cronistoria dei momenti di crisi affrontati, a cui associare un nome e un volto. II parte Si fornisce a ciascun giovane una copia dell’immagine del quadro di Gustav Klimt, l’albero della vita, accompagnato dall’omonima poesia, e si chiede loro di scrivere su ogni ramo “dell’ albero” (che rappresenta la propria vita) da un lato i momenti di crisi vissuti nei vari ambiti di vita, e dall’altro il nome delle persone con le quali hanno intessuto relazioni e vissuto esperienze significative. 30 III parte Come momento finale dell’incontro, si distribuiscono ai giovani dei foglietti colorati, e li si invita a scriverci su cosa è la loro “linfa”, cioè cosa li sostiene, li sostenta, cosa scorre nelle loro vene!!! Viene poi presentata un’immagine ingrandita dell’albero della vita di Klimt, sulla quale ciascun giovane dovrà attaccare il suo foglietto-linfa. Conclusione Proponiamo di far vedere ai giovani un video di riflessione, sulle note della canzone “Degli alberi” di L’aura, consegnando loro il testo della stessa. Degli alberi (L’Aura) Io come te un tempo avevo mani per stringere gli animi e raccontar favole ai tuoi simili Sai degli alberi E di un fiore che ride, ed anche degli uomini, dei loro pensieri, ciò che annienterà le tue emozioni? Che ne sarà Dei miei fratelli fragili Quando di respirar Gli uomini Si scorderanno Tu non dimenticar degli alberi E di un fiore che ride 31 ed anche degli uomini, dei loro pensieri, ciò che annienterà le tue emozioni Cos'è quel di cui temi? Perché distruggersi? Sono dentro di te E in tutto ciò che esiste Non dimenticarti gli alberi E di un fiore che ride ed anche degli uomini, dei loro pensieri, ciò che annienterà le tue emozioni Sai degli alberi E di un fiore che ride, ed anche degli uomini, dei loro pensieri ciò che annienterà le tue emozioni? III TAPPA “E TI VENGO A CERCARE” “[…] E verrà il giorno in cui li rinnesta, con stupore di tutti, nella bellezza di una pianta che fiorirà in pienezza”. (Mons. Bregantini) Obiettivo Il giovane/ giovanissimo prende consapevolezza dei propri valori, che lo aiutano e (ri)leggere con luce nuova le potature e gli innesti, riscoprendo in essi l’amore di Dio, che “pota ma non stronca!” (Mons.Bregantini) In profondità Il verbo cercare è il verbo più umile e più grande di ogni vita e di ogni rapporto; nelle scienze come nella amicizia, negli incontri con gli uomini e anche nell’incontro con Dio, nel matrimonio come nelle comunità laiche e religiose. L’uomo infatti è sempre in ricerca: ed è bello che sia così. È bello davvero cercare... perché chi non cerca è ormai un sazio che non sa andare al di là dei bordi del proprio piatto. ... Perché chi cerca, invece, sente il bisogno di cercare persino quando ha già trovato: dal momento che qualunque cosa, qualunque persona e innanzitutto Dio hanno sempre nuovi orizzonti da svelare. Non basta una vita per comprendere una persona! Figuriamoci se basta una vita per scoprire la presenza di Dio! Ancora è bello cercare... perché l’amore si esprime non solo nello scoprire continuamente nuove profondità, ma nel valorizzare addirittura quei doni che l’uno ha fatto nascere nell’altro. .. perché chi cerca lealmente non è mai colpevole anche se si trova su una strada sbagliata; sbaglia invece il presuntuoso che si illude di essere arrivato. ... perché chi cerca è un generoso che ha scoperto in sé tante energie da donare; e nello stesso tempo è un povero, ma saggio, che conosce come i suoi limiti e le sue povertà possono essere superate con i doni che scopre negli altri. 32 In fondo ognuno è ciò che cerca. Se cerchi persone... dunque tu sei persona; se cerchi comunità sei già comunità; se cerchi Dio, Lui, come se lo avessi già trovato, è gia con te, e in te. 1. PREGHIERA: Cercatore di perle La perla di grande valore è nascosta profondamente. Come un pescatore di perle, o anima mia, tuffati. Tuffati nel profondo, tuffati ancora più giù, e cerca! Forse non troverai nulla la prima volta. Come un pescatore di perle, o anima mia, senza stancarti, persisti e persisti ancora, tuffati nel profondo, sempre più giù, e cerca! Quelli che non sanno il segreto si burleranno di te, e tu sarai rattristato, ma non perdere il coraggio, pescatore di perle, o anima mia! La perla di gran valore è proprio nascosta, nascosta proprio in fondo. È la tua fede che ti aiuterà a trovare il tesoro ed è essa che permetterà che quello che era nascosto sia infine rivelato. Tuffati nel profondo, tuffati ancora più giù, come un pescatore di perle, o anima mia. E cerca, cerca senza stancarti. (SwamiParamananda) 2. POTATURE Tempo di potatura per gli olivi. I motivi principali per cui l'olivo va potato sono: la formazione e il mantenimento della pianta; ottimizzare la produzione in modo di avere un raccolto costante da un anno all'altro. Esiste il fenomeno dell'alternanza di produzione, che in parte si può contenere con una potatura più o meno forte rispetto all'anno di carica e di scarica. La scelta dei rami da tagliare non è sempre ovvia, specie negli alberi molto vecchi e magari potati male in precedenza. Dobbiamo sapere che l'olivo fruttifica principalmente nei rametti dell'anno precedente e che deve avere un'esposizione solare più ampia possibile. La forma delle mie piante è principalmente a vaso, che consiste in una forma a imbuto, con un tronco principale abbastanza basso, (meno di un metro) che si dirama con tre branchie principali, diventando sei in altezza. Su tutte le branchie partono i rami di sfruttamento, che necessitano di un ringiovanimento nel tempo, sostituendoli con nuovi ributti. Adesso proverò a scrivere il mio metodo di potatura. Guardo l'aspetto generale della pianta, perché non tutte le piante devono essere potate allo stesso modo. Salgo sopra togliendo i polloni, (questi non fruttificano e tolgono forsa ai rami principali) tolgo i rametti che s’indirizzano verso l'interno, poi salgo sulle branchie fino a che posso arrivare nella parte più alta, dove la vegetazione è molto vigorosa e necessita maggior sfoltimento. Per il taglio dell'estremità più alta è importante aver visto prima di salire se l'altezza della pianta è giusta. Continuo scendendo in basso, tagliando i rami incrociati, quelli che hanno già fruttificato e a sfoltire dove la luce non riesce ad entrare. Bisogna fare attenzione a non togliere rami importanti nella parte bassa, perché l'olivo tende sempre a formare nuovi rami in alto dove c'è più luce e in basso tende a rimanere scoperto. Finisco con riequilibrare la pianta da terra usando magari lo svettatoio. 33 Non uso mai la scala per potare, sono del parere che, se non puoi arrivare da sopra la pianta a tagliare i rami estremi, va tagliato il ramo più grosso dove si può arrivare. (I sogni di Harlock) INNESTI Miracoli della natura! Innestare è una cosa che mi dà molta soddisfazione, specie se il risultato è positivo. Sembra che in questa stagione gli innesti stanno andando molto bene. Nel mio uliveto ormai ci sono molte piante innestate da me. Ho imparato innestando castagni qualche anno fà. Il modo migliore per far diventare un marrone, una semplice pianta di castagno, è l'innesto a corona fatto su una giovane pianta di circa 5 cm di diametro. Ma un'altra tecnica quasi infallibile è l'innesto ad anello: il nesto è un intero anello di corteccia con una gemma, che viene inserito nel portainnesto di uguale misura. Per una maggior probabilità di riuscita è bene proteggere l'innesto dagli agenti atmosferici. Io uso dei coni di cartone, (scarti della tessitura) perfetti per lo scopo, ma va bene anche carta o cartoncino. Lo scopo e di creare un contenitore per poter metterci della rena, in modo da impedire che il nesto (o marza) non si disidrati. (I sogni di Harlock) 3. I VALORI I valori sono gli ideali a cui miriamo, quelli che guidano tutte le nostre scelte e quindi il nostro destino. Se siamo consapevoli di quali sono le cose che più apprezziamo nella vita, quali sono i nostri ideali più elevati e impegnandoci a vivere in base ad essi sempre possiamo raggiungere il livello maggiore e più elevato di realizzazione della nostra vita. Se non facciamo chiarezza su quello che più conta per noi nella vita, su quello cioè per cui siamo disposti a lottare veramente, allora come possiamo aspettarci di prendere decisioni efficaci? Se vi siete trovati in difficoltà decidere su qualcosa è perché non avevate le idee abbastanza chiare in merito. Essere in grado di prendere decisioni dipende da quanto siano chiari i propri valori. Essere coerenti con i propri valori e vivere in base ad essi dà una grande forza, perché la filosofia di vita e le azioni sono una cosa sola. Dobbiamo cercare di vivere secondo i nostri ideali qualunque cosa accada, anche se non veniamo ricompensati o aiutati. L'unico modo per essere felici è vivere secondo i nostri ideali più elevati, agire coerentemente con quello che secondo noi è il senso della nostra vita. Ma non possiamo farlo se non sappiamo con chiarezza quali sono i nostri valori. Questo è uno dei più grandi problemi dell'umanità: molti sanno perfettamente cosa vogliono ma non hanno idea di chi vorrebbero essere, di qual'è il loro scopo supremo, la loro meta spirituale. Ottenere delle cose, vedere esauditi i vostri desideri materiali non vi realizzerà. Solo vivere e fare quello che secondo voi è giusto vi darà quel senso di intima forza che tutti meritano. Vivere secondo i propri valori, dà un grande potere, una grande sicurezza e autostima, un senso di certezza, un senso di profonda serenità e di totale coerenza, che è difficilmente raggiungibile in altri modi. Spesso la gente si crea dei comportamenti frustranti o distruttivi (bere troppo, fumare, stare per ore davanti al televisore, cercare sesso, mangiare troppo). Ma perché lo fa? Cosa c'è dietro? Qual è il vero problema? Questi comportamenti sono spesso il risultato del senso di vuoto interiore che si prova quando non si ha uno scopo nella vita e si cerca di distrarsi da quel senso di vuoto tentando di colmarlo con comportamenti che producono un provvisorio quanto instabile cambiamento di stato d'animo. Questo comportamento diventa poi un abitudine e spesso ci si concentra sul come cambiare il nostro comportamento invece di guarirne la causa. 34 La consolazione è che ogni volta che ci atteniamo ai nostri valori, proviamo una gioia immensa. La vita ci appare ricca e non abbiamo bisogno di palliativi. Ogni decisione che prendiamo è guidata da valori che, se non sono consapevoli, nella maggior parte dei casi, non li abbiamo stabiliti noi. Provengono dall'educazione, dalla società, dai mass media, dagli amici. Se vi chiedessi di fare una lista di 10 valori più alti nella vostra vita e scriverli in un preciso ordine d'importanza, pochi di voi sarebbero in grado di farlo. Ma se non siete in grado di farlo, come potete prendere delle decisioni chiare? Come potete fare delle scelte essendo sicuri che a lungo termine produrranno il vostro bene? Conoscere i vostri valori è essenziale per vivere rispettandoli. PER I GIOVANISSIMI I parte All’inizio dell’incontro chiederemo ai nostri giovanissimi di darci una definizione di valori, e su un cartellone appunteremo le loro risposte; subito dopo gli chiederemo di farci un elenco veloce dei valori che loro conoscono. Infine porremo loro questa domanda: “cosa vogliamo? Quali sono le situazioni, i sentimenti o le emozioni che più desiderate provare sempre? (Amore, successo, libertà, intimità, sicurezza, avventura, potere, passione, comodità, salute, ...). Tutti abbiamo una gerarchia di valori. La vostra gerarchia di valori determina il modo in cui prendete le vostre decisioni in ogni momento?” II parte Dopo aver distribuito dei fogli colorati e delle penne, faremo fare ai giovanissimi un esercizio: Individuare i valori Scrivi su un foglio quali sono i tuoi attuali valori? (Sistemali in ordine di importanza). Quali sono i sentimenti o le emozioni che desideri provare sempre? (Amore, successo, serenità, libertà, intimità, sicurezza, avventura, potere, passione, comodità, salute, amorevolezza, altruismo, generosità, lealtà, sincerità, fede, fiducia, fedeltà, gioia, entusiasmo, pace, onestà, intelligenza, solidarietà, imparare, crescere, servire, divertimento, insegnare ideali, …altro….). III parte Un altro esercizio che i giovanissimi dovranno fare, sarà quello di: Individuare il valore che “vale” Ogni giovanissimo rispondendo alle seguenti domande, farà una riflessione su ciò che ha raggiunto, su ciò che bisogna “potare” e su quali sono gli “innesti” da fare…senza mai perdere di vista, la presenza nella sua vita di Dio, che lo guida nell’eliminare ciò che non lo aiuta, e nell’aggiungere ciò che può rinvigorirlo! - Che cosa conta di più per me nella vita? Quali devono essere i miei valori per realizzare il destino che voglio e merito? Quali devono essere i miei valori per creare il mio destino supremo e io possa essere la persona migliore che potrei mai essere? I valori che ho adesso mi aiutano, ma quali altri potrei o dovrei aggiungere? 35 A conclusione di questo momento, si potrebbe mettere su “un’ asta dei valori”. Ad ogni giovanissimo verrà distribuito un numero limitato di banconote, con le quali potrà acquistare dei valori che non ha, ma che potrebbero servirgli per la sua crescita. Conclusione Vi consigliamo di far vedere un video, “i valori della vita”, della durata di soli tre minuti, in modo da presentare ai giovanissimi, in maniera leggera quelli che sono i valori fondamentali per la vita di ciascuno. PER I GIOVANI All’inizio dell’incontro, per creare l’atmosfera si può leggere questo testo:”La nostra vita deve essere sostenuta da dei valori che portiamo in fondo al cuore, che abbiamo a mente e che ci conducono nel nostro cammino nel tempo. Questi valori fondamentali li ritroviamo in tutto ciò che facciamo e che pensiamo, nella vita quotidiana, nei progetti futuri, nelle reazioni di tutti i giorni. Influenzano la nostra persona, i nostri rapporti con gli altri e con la società in cui viviamo.E sono questi valori che noi dobbiamo tramandare alle future generazioni”. I parte Proiettiamo l’immagine, oscurando il titolo, e chiediamo ai giovani di dirci cosa evoca in loro, e quale titolo darebbero a quest’opera. FAR GERMOGLIARE CON I VALORI GIUSTI LA VITA! II parte Dividiamo i giovani in sei gruppetti, tanti quanti sono i valori da noi individuati, e di seguito elencati. A ciascuno gruppo verrà affidato un valore con la relativa scheda riassuntiva, e in 15 minuti dovrà inventare una spot che promuova “il prodotto” . lo spot dovrà mettere in risalto le qualità del valore, la sua importanza, come fare x conquistarlo, come evitare i rischio di perderlo o di sminuirlo, ecc. 36 I Valori Della Vita RISPETTO Il rispetto verso le persone e le cose, ma ancor prima il rispetto verso noi stessi, verso la nostra stessa vita. Sì, quella cosa stupenda che ci è stata donata non per nostra scelta, ma della quale, per fortuna, possiamo godere per anni e anni. Quel miscuglio di gioie e dolori, vittorie e sconfitte, amore e odio, bene e male che dovremmo assaporare in pieno, minuto dopo minuto, secondo dopo secondo. Siamo noi a costruirla pezzo per pezzo, siamo solo noi a decidere come andrà, ma la scelta non può e non deve essere mai la fine. Il suicidio non è mai la soluzione. A niente. E per prima cosa mancheremmo di rispetto nei confronti di questo dono immenso di cui non riusciamo spesso a comprenderne le dimensioni. Rispetto verso chi e cosa ci circonda, verso la società in cui viviamo, il mondo stesso. Diamo rispetto e poi potremo pretenderlo a nostra volta. FAMIGLIA Cosa si può dire? Non è un culto della famiglia, è semplicemente ciò che viene subito dopo la nostra stessa vita, la cosa più importante che, dopo di noi, viene al mondo. Chi ci ha dato la vita, chi ci ha cresciuto, chi condivide con noi ogni singolo aspetto delle nostre esperienze, chi condivide il nostro stesso sangue. Un legame che non ha eguali, un legame che resterà per sempre. Amiamoli i nostri familiari, rispettiamoli, aiutiamoli nei momenti di difficoltà, sproniamoli nei momenti di debolezza e non abbandoniamoli mai, perché loro non ci lasceranno soli e non troveremo mai niente del loro valore nella nostra vita ONORE Sembra quasi un principio vecchio, di tempi andati o, peggio, di tempi recenti ma sicuramente bui. Invece è un valore che purtroppo si sta perdendo al mondo d’oggi dove le vigliaccherie, i tradimenti e le scorrettezze prendono campo. L’onore di una persona la descrive, l’integrità di un individuo è cosa rara, ma da elogiare. Una persona che non tradisce, una persona che non sparisce nel nulla senza lasciar traccia, una persona che non ha bisogno di scorrettezze per raggiungere un obiettivo, un risultato. L’onore nobilita l’uomo che lo conserva e lo coltiva. CORAGGIO Anche collegato all’onore. Un altro valore che determina grande qualità nelle persone. Il coraggio delle proprie azioni, nonché delle proprie parole. Il coraggio di prendere delle decisioni, il coraggio di guardare sempre negli occhi una persona parlandole, il coraggio di affrontare la vita a viso aperto. Il coraggio di raggiungere gli obiettivi nonostante le difficoltà, il coraggio di non mollare mai. Il coraggio di rimanere, di non voltare le spalle e fuggire AMORE L’amore è fondamentale nella vita. Amare il mondo che ci circonda, le persone, gli animali, l’ambiente. Non sono alcune cose che ci rendono felici, ma è tutto l’insieme. Amiamo a cuore aperto: questo ci espone agli attacchi dall’esterno e a delle maggiori sofferenze, ma ci può dare alcune delle più grandi soddisfazioni della nostra vita. Anche un semplice sorriso può cambiare le cose. E non è poco. 37 AMICIZIA Quella vera dura tutta la vita. Non è un legame di sangue, un legame affettivo presente fin dalla nascita, ma è forse il legame più forte che ci possa essere, differente dall’amore. Un vero amico è un pilastro fondamentale della nostra vita. L’amicizia ci aiuterà nei momenti difficili, ci farà essere vicini ai nostri amici in difficoltà, ci farà fare le cazzate, i divertimenti tra amici, ci farà crescere…sempre. Ci porterà anche delle ferite, pugnalate alle spalle… Ma il gioco vale la candela. III parte Concorso “miglior spot”! Ognuno dei gruppi presenterà il suo spot-valore; si chiederà a tutti i giovani di votare ogni spot, e quello che avrà più punti, si aggiudicherà il concorso. A conclusione di questo momento, si proietterà il video “Valore, di Erri De Luca”, ed ogni educatore farà una breve riflessione sull’attività appena svolta, in modo da aiutare i giovani a riflettere sulle difficoltà, le “potature”, e sulle necessità, gli “innesti”, di diventare adulti e protagonista della propria vita. Riconoscendo in questo percorso la presenza della mano di Dio. Conclusione Come momento conclusivo, si consegnerà a tutti i giovani e la si leggerà insieme, la poesia di Gandhi “ Un dono”. Un dono Prendi un sorriso, regalalo a chi non l'ha mai avuto. Prendi un raggio di sole, fallo volare là dove regna la notte. Scopri una sorgente, fa bagnare chi vive nel fango. Prendi una lacrima, posala sul volto di chi non ha pianto. Prendi il coraggio, mettilo nell'animo di chi non sa lottare. Scopri la vita, raccontala a chi non sa capirla. Prendi la speranza, e vivi nella sua luce. Prendi la bontà, e donala a chi non sa donare. Scopri l'amore, e fallo conoscere al mondo. (Gandhi) 38 IV TAPPA “COM’ERA L’ALBERO, COSI’ SARA’ IL FRUTTO” “[…] Dio è gratuito, e gratuita è la Sua grazia. Non ci ama perché siamo buoni, ma per renderci buoni. […] Abitua a TRASFORMARE il male in bene. Le ferite in feritoie […]”. (Mons. Bregantini) Obiettivo Il giovane/giovanissimo, giunto alla certezza di avere un sogno, ne delinea le prospettive, partendo dal qui ed ora. Così come le foglie e i frutti rappresentano la bellezza dell’albero, così il suo sogno da senso e bellezza alla sua storia personale. E’ qui che il progetto prende forma! In profondità Sforziamoci di ascoltare i nostri sogni, i nostri desideri, le emozioni e gli stati d’animo. Coltiviamo i nostri sogni, come quella forza che ci stimola ad essere migliori a puntare in alto. Il sogno rimarrà lo strumento che con fiducia e speranza, ci farà essere contento di noi stessi. Il sogno è l’elemento che tiene in tensione la vita, quello che gli attribuisce un senso. E se il sogno diventa progetto, proiezione virtuale di una vita più appagante, o semplicemente di una bella situazione, sognare è vivere sì più vite, alcune virtuali e alcune reali, ma anche un segno della volontà di evolversi. Sognare è saper immaginare per se stessi e per gli altri un futuro migliore, è l’adoperarsi per ottenerlo. Tutto ciò che ci circonda e che è stato creato dall’uomo è sempre partito da un sogno, da un’intuizione a prima vista impossibile. La storia dell’umanità è densa di imprese “impossibili”. Riuscire ad inseguire i sogni è faticoso all’inizio, ma quando si comincia, allora diventa quasi impossibile frenarsi. Tutto il sognare diventa impulso di cambiamento, di speranza. E non appena un piccolo, piccolissimo sogno si realizza ecco che il desiderio di provarci ancora, di rincorrere anche i sogni perduti, il tempo perduto, diventa inarrestabile. Pochi diranno di essere riusciti a realizzare un sogno; pochissimi credono ancora di poterlo realizzare; nessuno ti dirà di non averne mai avuti. Tutti hanno sognato perchè una vita senza sogni non ha sapore. I sogni sono qualcosa di profondo, qualcosa di sconosciuto e più intensamente si sogna, più il sogno diventa esperienza emozionale forte. Il pericolo sta nel lasciarsi travolgere dal sogno per fuggire la realtà, per isolarsi, per preferire la vita sognata a quella reale. Invece se il sogno diventa progetto, sognare è anche un segno della volontà di evolversi. Il cambiamento prefigurato dai sogni è il saper immaginare per se stessi e per gli altri un futuro migliore, e l’adoperarsi per ottenerlo. Si può sognare perciò per abbracciare il futuro; oppure, se il sogno è fine a se stesso, per fuggire il presente. Prima o poi bisogna spostare i sogni dall’area del “sogno impossibile” a quello della “possibilità”. Non esistono sogni impossibili ma solo sogni inchiodati dall’apparenza delle condizioni che lo frenano. Riuscire ad inseguire i sogni è faticoso, è una scommessa molto ardita: ma per quanto difficile sia, è possibile farcela. Per realizzare un sogno, per prima cosa bisogna trovarlo. Può sembrare una banalità, ma non lo è affatto. Se chiedete un po’ in giro quali sono i sogni che la gente vorrebbe realizzare, molto facilmente riceverete risposte del tipo: "una decappottabile rossa", "la villa a Courmayer", "il viaggio alle Seychelles", e via discorrendo. Un sogno autentico è scritto a caratteri indelebili nel DNA della nostra anima e non avremo pace finché - nella nostra vita - non l'avremo realizzato. Un sogno autentico è un disegno che riusciamo a cogliere solo in alcuni - rari - momenti: è un puzzle che ci viene svelato a tratti, pezzetto per pezzetto. E solo chi ha fede nel proprio sogno ha la possibilità di vederlo un giorno realizzato. Quindi, per realizzare un 39 sogno, la prima cosa è trovarlo: e per trovarlo bisogna saper ascoltare. Dobbiamo imparare ad ascoltarci come parte di un tutto. È quell’ascolto che va al di là della superficie delle cose. Bisogna ricordare che il buono di un frutto non è nella sua buccia, ma all’interno. Il Sogno inoltre non si realizza dall’oggi al domani: ha bisogno di tempo, ha bisogno di occasioni, ha bisogno di impegno e coinvolgimento personale. Come giovani, come adolescenti, c’è una fretta folle per bruciare i tempi, per avere tutto subito. Eppure anche chi è giovane e adolescente deve sottostare alla legge del tempo: bisogna riconciliarsi col tempo perché il tempo è nostro alleato. Perché ciò che sembra impossibile o irraggiungibile ora col tempo può diventare possibile e raggiungibile. Solo che bisogna stare al gioco del tempo e non rimanere passivi e immobili. Giocare col tempo significa imparare a scrutarlo mentre scorre, mentre offre le occasioni per esprimersi: un fatto, una persona, una situazione anche banale possono diventare il punto di svolta che cambia la storia, la nostra storia. Ma quando il tempo passa con quella persona, con quel fatto, con quella situazione, bisogna esserci senza distrazioni: bisogna vivere il presente con forza e intensità, senza banalizzare mai niente. Anche noi possiamo essere presenti nel presente per raccogliere la sfida del tempo e saper giocare con esso. Perché io voglio continuare a vedere il sogno della mia vita svelarsi ogni giorno che passa finché non arrivi al suo pieno compimento. PER I GIOVANISSIMI I parte Come lancio dell’incontro si può iniziare l’incontro con la distribuzione del testo e l’ascolto della canzone di Eros Ramazzotti “Non siamo soli” che può servire da spunto per riflettere su sogni e progettualità. Non siamo soli (Eros Ramazzotti) E’ la voglia di cambiare la realtà che mi fa sentire ancora vivo e cercherò tutti quelli come me che hanno ancora un sogno in più… un sogno in più. Dentro un libro che nessuno ha scritto mai, leggo le istruzioni della vita, anche se so che poi non le seguirò, farò ciò che sento… Oltre le distanze noi siamo soli, figli della stessa umanità, anime viaggianti in cerca di ideali, il coraggio non ci mancherà. Supera i confini di qualunque ideologia, l’emozione che ci unisce in una grande idea. Un altro mondo possibile c’è e lo cerco anch’io e lo voglio anch’io come te… Nelle pagine lasciate in bianco noi diamo spazio a tutti i nostri sogni nessuno mai il futuro ruberà dalle nostre mani… Oltre le distanze, noi non siamo soli senza più certezze e verità, anime confuse, cuori prigionieri con la stessa idea di libertà… libertà. Oltre le distanze, non siamo soli l’incertezza non ci fermerà. Supera i confini, non conosce geografia 40 l’emozione che ci unisce in una grande idea. Oltre le distanze noi non siamo soli, sempre in cerca della verità. Anime viaggianti, cuori prigionieri, con la stessa idea di libertà. Un altro mondo possibile c’è e lo sto cercando insieme a te. Anch’io con te. Insieme a me. E tu con me… II parte Si lascia che i ragazzi discutano liberamente per qualche minuto sul testo della canzone iniziando a pensare su quali frasi ritengono legate al cambiamento quale mezzo concreto della realizzazione dei sogni. Quindi si può procedere all’analisi delle frasi riportate nella scheda ponendo loro alcune delle domande che si trovano di seguito o altre ancora che l’educatore può liberamente integrare. “E’ la voglia di cambiare la realtà che mi fa sentire ancora vivo”: le esperienze ripetitive e cristallizzate, le forme stereotipate di conoscenza significano la rinuncia ad essere vivi. Spesso la paura del nuovo impedisce quel cambiamento necessario per affrontare le sfide che la vita continuamente pone. La tentazione è di accontentarci di quello che abbiamo già raggiunto. Dio, però, ci ha affidato il mondo non solo per custodirlo, ma anche per trasformarlo con la nostra creatività e intelligenza. Con il nostro impegno partecipiamo all’opera creatrice di Dio. La dinamica del cambiamento e della trasformazione del mondo, perciò, è insita in ognuno di noi. “cercherò tutti quelli come me che hanno ancora un sogno in più”: coltivare dei sogni èimportante per non cadere nellaroutine e nella “sindrome da assuefazione”. Se un sogno è condiviso è più facile da realizzare. Il sogno è una molla che ci spinge in avanti, che ci indica traguardi nuovi, creando una tensione dinamica che ci fa uscire da noi stessi, dalla sicurezza dei nostri nidi. “Oltre le distanze noi non siamo soli, figli della stessa umanità”: le distanze possono essere geografiche, culturali, razziali, religiose, politiche, sociali… Ma ciò che ci accomuna tutti è l’avere un’unica radice in Dio. Siamo tutti suoi figli e fratelli tra noi. Spesso lo dimentichiamo. Dovremmo imparare a cogliere quello che ci unisce e non quello che ci divide! Potremmo superare così tante solitudini e discriminazioni. “anime viaggianti in cerca di ideali”: la nostra è definita una “generazione senza ideali”. E’ vero solo in parte. C’è ancora chi ha ideali in cui credere e per cui lottare! Sarebbe un grande impoverimento fare il viaggio della vita senza ideali da vivere e realizzare. Avere degli ideali significa passare dal “non senso” a una vita ricca di senso, metterci in gioco per qualcosa di grande che non ci fa sentire inutili e rende davvero felici! “Supera i confini di qualunque ideologia”: a nostra epoca è stata testimone di ideologie che hanno mortificato l’uomo e la sua dignità. L’ideologia è un pensiero chiuso che soffoca la persona e che in ogni epoca assume forme diverse. E’ importante smascherarne i meccanismi per andare oltre. “Un altro mondo possibile c’è e lo cerco anch’io e lo voglio anch’io come te”: a volte la rassegnazione ci impedisce di credere che il mondo può cambiare. E’ importante non arrendersi, lottare fino in fondo. Non siamo soli. Altri, come me, desiderano un mondo diverso. Unire le forze, coltivare la cultura della solidarietà è importante per imparare a volare più in alto. “Nelle pagine lasciare in bianco noi diamo spazio a tutti i nostri sogni, nessuno mai il futuro ruberà dalle nostre mani”: con la nostra libertà, creatività e responsabilità possiamo essere protagonisti del futuro, scrivere pagine nuove nella storia dell’umanità. Questa è una potenzialità che nessuno può rubarci. 41 “senza più certezze e verità, anime confuse, cuori prigionieri… l’incertezza non i fermerà”: in un clima di grande confusione senza più punti di riferimento, è importante non annegare nel “fango” del relativismo culturale ed etico, ma continuare a sognare una via di uscita liberante per tutti. “sempre in cerca della verità. Anime viaggianti”: la ricerca della verità ha appassionato l’uomo di tutti i tempi. Senza di essa è come se l’uomo tradisse la sua natura e smarrisse la sua identità di figlio di Dio. L’uomo è un “essere che cerca” e tutta la sua vita è un “andare oltre” fino all’incontro definitivo con Colui che è la sua origine e il suo fine. Sei contento del mondo in cui vivi? Cosa fai per migliorarlo? Hai dei sogni da realizzare? Quali? La solitudine è una realtà che vivi? Cosa fai per uscirne? Hai degli ideali in cui credi? Quali sono? Quanto le ideologie di oggi influenzano i tuoi comportamenti e le tue scelte? Dove cerchi la tua verità? É stato detto: “Non riuscivo a trovare l’auto sportiva dei miei sogni, così l’ho costruita da solo” (F. Porsche) “Datemi un sogno in cui vivere, perché la realtà mi sta uccidendo” (J. Morrison) “E’ sempre stato difficile venire al mondo. Gli uccelli fanno fatica ad uscire dall’uovo... bisogna trovare il proprio sogno perché la strada diventi facile” (H. Hesse) Ma io penso che: Un sogno può cambiare il mio modo di vivere. Mi capita spesso di sognare? Potrebbe essere un pericolo rifugiarsi nel sogno? Il mio sogno, il mio progetto non arriva da sè; coltivo la sua ricerca? Quale rapporto ho con la realtà? III parte Ciascun ragazzo disegna su un cartoncino e ritaglia la sagoma della propria mano, scrivendo sul pollice a che punto della propria vita si trova (età, luogo, scuola, etc) e sul mignolo il sogno che ha nel cuore. Sulle altre dita gli impegni che si propone per raggiungere il sogno, i mezzi concreti attraverso cui perseguirlo e gli ostacoli che potrebbe incontrare durante il cammino e che si propone di superare. Lo scrive sul palmo della sua mano perché è attraverso le nostre mani che possiamo realizzare il nostro sogno. Conclusione: Si può concludere l’incontro con la lettura della seguente storia riflettendo su come, malgrado si possano incontrare delle difficoltà, vale la pena di lottare per i propri sogni. “Un vecchio sedeva in riva al lago e tutte le sere aspettava il tramonto. Ripensava spesso a quando, bambino, seduto su un sasso, veniva invitato dagli altri bambini a giocare. Accettava entusiasta l’invito, ma non appena cominciava a perdere, si allontanava con qualche scusa. Da ragazzo sentendo la musica delle feste vicine, vi si recava incuriosito dalla voglia di partecipare e divertirsi. Ma scoraggiato dalla difficoltà delle danze, tornava a sedersi in riva al lago. Passò la giovinezza cercando l’amore, ma per ogni ragazza che conosceva, ne incontrava una più affascinante. Divenuto adulto, gli offrirono un lavoro come pescatore, ma alla prima tempesta si spaventò e tornò a riva. E una sera, ormai anziano, salutò il sole al tramonto dicendo: “ Ho tante storie da raccontare, ma non ne ho vissuta neanche una fino in fondo”.” 42 PER I GIOVANI I parte Si può pensare ad organizzare un cineforum, oppure, laddove il tempo non lo permetta, alla visione di alcuni stralci del film “UN SOGNO PER DOMANI” (soggetto tratto dal romanzo “La formula del cuore” di Catherine Ryan Hyde). Trevor è un bambino molto intelligente di undici anni che vive una vita difficile con la madre ex alcolizzata di nome Arlene in un modesto quartiere di Las Vegas. La donna durante il giorno lavora come cameriera in un locale di striptease e casinò. Il padre, invece, violento nei confronti di lei e con problemi di alcolismo, è sempre assente.Trevor vive una sorta di confuso idealismo, finché un giorno a scuola alla prima lezione del corso di scienze sociali arriva il professore Eugene che lo stimola a mettere in moto l'innata bontà d'animo. Il professore ad una lezione domanda in maniera critica alla classe: "Vi piace il mondo così com'è?". Da quell'istante Trevor idealizza un modo per cambiare in meglio il mondo e comincia a compiere delle buone azioni, chiedendo a chi le riceve di compiere a loro volta un importante favore a tre persone differenti. Trevor allora per il suo primo favore si dedica ad una persona in difficoltà, un povero tossicodipendente che decide di portare a casa, dandogli ospitalità. Il tossicodipendente si sdebiterà aggiustando il motore dell'automobile ad Arlene. Arlene, dal canto suo, ricevuto il favore dallo sconosciuto, decide di passarlo a sua madre, anch'essa barbona e alcolizzata, che non vede da più di tre anni. E così questo meccanismo dal nome "passa il favore" prende vita e in breve tempo si espande a macchia d'olio fino a raggiungere le più grosse città statunitensi. Finché un giorno un giornalista decide di indagare sulla vicenda per scoprire la fonte di tanta bontà. Trevor, nel frattempo, insiste nelle buone azioni e, dopo aver capito lo stato di necessità e solitudine in cui incorrono la madre e il professore, decide di farli incontrare. I due in effetti incominciano a frequentarsi, ma Eugene, che ha sempre vissuto da solo portandosi nella mente e nel corpo i traumi dell'infanzia dovuta ad un padre violento, al momento di stringere un vero legame con la donna si defila. A peggiorare la situazione c'è il ritorno del padre, che rientra a casa e dà sfogo al proprio carattere manesco. La mamma però trova la forza per cacciare il marito. Così Trevor cerca di riportare a casa propria Eugene. Intanto il giornalista indaffarato a ricostruire la "catena della bontà" incontra prima un ricco imprenditore, poi un delinquente e, infine, giunge sulle tracce della nonna di Trevor. Da lì il passo è breve e, ricostruita l'intera catena, individua il primo anello della catena in Trevor e decide di intervistarlo. L'episodio permette a Eugene e Arlene di riunirsi, concretizzando così la seconda buona azione di Trevor. Ma il terzo favore conduce il ragazzino verso un destino infausto. Infatti, Trevor interviene in una rissa in difesa di un compagno di classe ma sfortunatamente ha la peggio e muore accoltellato. II parte Bisogna portare i ragazzi a riflettere su come a volte i nostri sogni non sono e non devono essere dei sogni “personali”, ma dei veri e propri percorsi per costruire un mondo migliore per me e per gli altri. Questo sogno “comune” diventa sempre più realizzabile, qualora ognuno di noi si impegna in qualcosa che realizzi i sogni dell’altro, proprio come auspicato ed messo in pratica da Trevor. Gandhi ha detto "Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo". E’ una regola da rispetta rese si crede ancora nei sogni: le piccole speranze di progetti realizzabili o palpitanti nei nostri cuori ci devono aiutare ad andare avanti. Cosa rimane di un uomo se gli togli il sogno in cui credere, il progetto per cui lottare? Ogni ragazzo cerca di rispondere al tema del prof.Simonet: "Pensare a un modo per cambiare il mondo e metterlo in pratica". Alla fine di questa attività i ragazzi confrontano le loro idee. 43 III parte Ognuno fa suo l’impegno di Trevor: PASSA IL FAVORE! come riportato nella scheda per i giovani. Conclusione Concludiamo l’incontro con un piccolo problema di matematica. Supponendo che, mediamente, ogni persona impieghi un mese a passare i tre favori, quanto tempo sarebbe necessario affinché ogni abitante della terra venisse coinvolto in questo grandioso progetto? (Risp: meno di due anni!!!) “Passa il favore”.. per un mondo migliore!!! Io Scrivi qui il tuo nome... Scrivi qui il nome di tre persone per le quali ti impegni a fare qualcosa di importante Scrivi su queste righe cosa ti impegni a fare per queste tre persone… dopo aver fatto qualcosa di bello per loro di’ a queste tre persone che devono “passare il favore” ad altre tre persone, e così via...!!! 44 CELEBRAZIONE Per la preghiera vi daremo solo qualche spunto, lasciamo a voi la scelta di canti, orazioni, testi biblici e letture spirituali, proiezioni di video o filmati che possano sottolineare le sfumature che più stanno a cuore al gruppo circa il tema proposto. Affidiamo a voi quindi la cura del dettaglio perché possiate personalizzare e contestualizzare nel cammino del gruppo questa proposta. Sarebbe bello inoltre pensare a dei segni che possano esplicitare il messaggio e che possanno garantire una partecipazione piena di ragazzi e/o giovani che camminano insieme! Brano biblico : Gv 12,24-26 Breve commento che può aiutare nella riflessione: Eloquenti più d’un trattato, queste parole di Gesù dischiudono il segreto della vita. Non c’è gioia di Gesù senza dolore amato. Non c’è risurrezione senza morte. Gesù qui parla di sé, spiega il significato della sua esistenza. Mancano pochi giorni alla sua morte. Sarà dolorosa, umiliante. Perché morire, proprio Lui che s’è proclamato la Vita? Perché soffrire, Lui che è innocente? Perché essere calunniato, schiaffeggiato, deriso, inchiodato su una croce, la fine più infamante? E soprattutto perché Lui, che ha vissuto nell’unione costante con Dio, si sentirà abbandonato dal Padre suo? Anche a Lui la morte fa paura; ma essa avrà un senso: la risurrezione. Così come per i rami che vengono rinnestati, così come il male che non viene tagliato via, ma trasformato in bene, così per noi…ogni sofferenza ogni potatura ha un senso, conserva in se il germe di una nuova opportunità! Commento/riflessione di Chiara Lubich: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» Questa Parola dà senso anche alla nostra vita, al nostro soffrire, al nostro morire, un giorno. La fraternità universale per la quale vogliamo vivere, la pace, l’unità che vogliamo costruire attorno a noi, è un vago sogno, una chimera se non siamo disposti a percorrere la stessa via tracciata dal Maestro. Come ha fatto Lui a "portare molto frutto"? Ha condiviso tutto di noi. Si è addossato le nostre sofferenze. Si è fatto con noi tenebra, malinconia, stanchezza, contrasto... Ha provato il tradimento, la solitudine, l’orfanezza… In una parola si è fatto "uno con noi", facendosi carico di quanto ci era di peso. Così noi. Innamorati di questo Dio che si fa nostro "prossimo", abbiamo un modo per dirgli che gli siamo immensamente grati per il suo infinito amore: vivere come ha vissuto Lui. Ed eccoci a nostra volta "prossimi" di quanti ci passano accanto nella vita, volendo esser pronti a "farci uno" con loro, ad assumere una disunità, a condividere un dolore, a risolvere un problema, con un amore concreto fatto servizio. Gesù nell’abbandono s’è tutto dato; nella spiritualità che s’incentra in Lui, Gesù risorto deve risplendere pienamente e la gioia deve darne testimonianza. SEGNO Anche noi siamo disposti a lasciarci plasmare dall’amore del Padre, anche noi come un chicco di grano vogliamo “morire” a ciò che ottenebra la nostra vita, per portare molto frutto… (tutti durante il canto seminano il loro chicco di grano nella terra…che in poche settimane fiorirà in florida spiga…) 45 APPROFONDIMENTI Canzoni: -Ho imparato a sognare (negrita) - L’albero (jovanotti) - Degli alberi (L’aura) - Lo strano percorso (Max Pezzali) - Che fantastica storia è la vita (Antonello Venditti) Film: -Ritorno al futuro (di Robert Zemeckis) - Billy Eliott (di Stephen Daldry) - Le ceneri di Angela (di Alan Parker) - Un Sogno per Domani ( di Mimi Leder) Libri: - I miei martedì col professore - Conversazioni notturne a Gerusalemme - Le ceneri di Angela - Il barone rampante - Qualcuno con cui correre - L’onda perfetta - Piedi di cerva sulle alte vette - Sentirsi amati 46 III MODULO LA NOTTE È… BIANCA LA SENTINELLA, UNO SGUARDO VIGILANTE Orizzonte: il giovane viene aiutato a “vedere” le sue attese di liberazione e quelle del mondo; e scopre che il Vangelo è la bella notizia, la Parola fatta carne, che indica la via della liberazione. Occorrono, per questo, occhi e cuore vigilanti che sappiano entrare in dialogo empatico e simpatico con la storia, perché diventi storia di salvezza. La Chiesa viene riconosciuta, così, come popolo di profeti. LA PAROLA Dal Vangelo secondo Matteo (2, 13-15.19-22) I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”. Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Dall'Egitto ho chiamato mio figlio”. Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”. Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d'Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: “Sarà chiamato Nazareno”. RILEGGIAMO… Risulta evidente, in una prima lettura del brano in questione, come ci sia una forte contrapposizione tra l’agire di Erode e la volontà di Dio. Erode invia soldati, Dio manda un angelo dentro l'umile via dei sogni. Dio si affida ai sogni degli uomini e alla loro capacità di sognare e di ascoltare. Erode, invece, rappresenta il volere del mondo, restio all’accoglienza della Parola e deciso a “liberarsi” di essa. Dio, al contrario, cammina accanto alle nostre paure con la sua Parola, cammina con tutti i rifugiati, e con chi da’ loro soccorso, con un sogno di parole, un sogno di Vangelo. Da questa evidente contrapposizione di idee e di azioni, ne viene furori una situazione tribolata per Giuseppe e la sua famiglia, simboli della prima comunità ecclesiale nascente. Una famiglia tribolata, che richiama tante altre situazioni anche del nostro tempo: dai profughi costretti da anni alla paura e alla fuga, agli emigranti obbligati a separarsi dai loro cari, e magari annegati nel Mediterraneo prima ancora di raggiungere la meta; dai perseguitati e incarcerati sotto regimi tirannici, ai genitori straziati dal non avere di che nutrire i loro bambini. Giuseppe, quindi, può essere caratterizzato con la figura della sentinella, in quanto vigila con occhio attento e pronto, scuote ed avverte coloro che gli sono vicini con voce forte e profetica e scruta nel buio la via e le possibilità future. Ed è in questo contesto che si inserisce il compito della Chiesa la quale, deve intervenire, parlare e cogliere l’essenziale 47 oltre il visibile. E, soprattutto, deve capire le esigenze degli uomini nel loro cammino di vita. L’invito, per noi giovani, è quello di guardare al Vangelo come via di liberazione e di riconoscere la Chiesa come scuola di libertà; infatti, il retto uso della libertà, indispensabile ad ogni essere umano, non si può imparare che in un clima familiare. Fatto di un giusto equilibrio tra fermezza e indulgenza, permette alla persona di formare e rafforzare la propria volontà. Infatti, dove c'è costrizione, non c'è più posto per la libertà; e dove c'è appagamento di ogni esigenza, non sarà mai possibile un vero progresso. SENTINELLE DEL MATTINO: L'ATTESA… DELL’ALBA Siamo abituati a sentire parlare di “notti bianche”, momenti in cui la città prende vita anche quando dovrebbe essere addormentata e tutta la cittadinanza entra in quel tempio, la notte, tipicamente appartenente al mondo giovanile. Ecco invece una testimonianza di chi ha vissuto la notte in un modo un po’ diverso… L’ESPERIENZA Una luce nella notte è nata a Verona nel 1999 e ora è imitata in tutto il mondo da moltissime comunità. L'esperienza originale è frutto di anni di sperimentazioni, tentativi e miglioramenti. Di notte, nei luoghi di ritrovo dei giovani, apriamo una chiesa e uscendo per le strade a coppie, invitiamo i giovani ad un incontro personale con Gesù Eucaristia, accompagnandoli uno ad uno. L'esperienza è aperta a tutti i giovani dai 20 ai 35 anni che vogliono evangelizzare. ALCUNE DOMANDE PER CAPIRNE DI PIÙ 1. Sembrate un un movimento... lo siete? No! Un movimento ha un fondatore/fondatrice e una spiritualità. Noi siamo partiti come commissione di pastorale giovanile nella diocesi di Verona, iniziando un "progetto di pastorale di primo annuncio". Questo progetto è stato poi adottato anche in altre diocesi, che ora lo vivono in modo autonomo: il centro di Desenzano fornisce solo un'amicizia e un aiuto esterno per avere nuovo materiale, consigli, ecc... 2. Ma siete un'associazione? Alcuni collaboratori adulti del progetto si sono costituiti in associazione civile Onlus per avere una personalità giuridica a livello burocratico e per coordinare il loro lavoro a livello internazionale. Il progetto è un "progetto di primo annuncio", ossia un pacchetto di iniziative che impegnano i laici per l'evangelizzazione. 3. Mi piace l'idea, ma non voglio fare le "sentinelle del mattino"!Per noi le "sentinelle" sono i giovani normali di una diocesi che appartengono già a qualcosa (parrocchia, gruppo, ecc...), ma che si impegnano a lavorare concretamente per risvegliare all'evangelizzazione tutti i battezzati, attraverso attività straordinarie di primo annuncio. Il nome non significa appartenenza, ma "stessa visione". Giovanni Paolo II chiamò così tutti i giovani del mondo alla GMG del 2000: non voleva fondare un movimento, ma affidare loro un compito. 4. Per le parrocchie piccole funziona questo progetto?Sì e no. Dobbiamo uscire da una mentalità ristretta che pretende di avere in parrocchia tutta la Chiesa. Il centro della struttura ecclesiale è la Chiesa locale, ossia la diocesi. Per questo lavoriamo prevalentemente a livello diocesano, chiamati da un vescovo o da un direttore della pastorale giovanile. Crediamo che questo porti un frutto immediato anche in 48 5. 6. 7. 8. parrocchia, abilitando i laici e gli animatori all'evangelizzazione esplicita. A livello di giovani, poi, non ha senso rinchiudere delle attività legandole ad un territorio troppo ristretto. È possibile, invece, che più parrocchie si uniscano per portare avanti il progetto a livello vicariale, decanale o zonale. Avete qualcosa anche per gli adolescenti e ragazzi del post-cresima?Sì e no. Questo progetto mira alla fascia 20-35 (e oltre per le famiglie): noi puntiamo a formare dei giovani adulti capaci di evangelizzare. Questo ci sembra il miglior modo per aiutare anche i ragazzi più piccoli: essi hanno bisogno non di nuovi schemi di incontro o di nuove attività di intrattenimento, ma dell'amicizia di persone capaci di parlare loro di Gesù. Quando un giovane animatore vive da "sentinella", torna in parrocchia e gestisce il suo gruppo "post-cresima" con una nuova mentalità. E cosa si fa dopo «Una luce nella notte»?Il progetto non si ferma con una serata! Le persone che contattiamo, sono accompagnate gradualmente alla pienezza della vita di fede e all'ingresso in una comunità parrocchiale attraverso le barche, le cellule, i corsi S. Andrea, i corsi Alpha, e altre proposte che diffondiamo in Italia e nel mondo attraverso una collana di libri, la nostra personale esperienza e la formazione che diamo ai nostri giovani evangelizzatori. dell'evangelizzazione, con un percorso che dura nel tempo e non solamente con un evento sporadico. È vero che Una luce nella notte è nata a Verona?Sì, Una luce nella notte è nata a Verona in una riunione del Centro di Pastorale giovanile che decise (assieme al Centro missionario) di aprire la chiesa cittadina di San Luca tutti i sabati del Giubileo dalle 22 alle 3 di notte, dall'ottobre 1999 al dicembre 2000, mentre fuori Chiara Facci e altre 2 ragazze evangelizzavano per la strada e accoglievano i giovani nella chiesa. Abbiamo ancora conservato il primo striscione e il primo volantino di Una luce nella notte. Lì abbiamo sperimentato moltissime sere, fino a giungere alla formula attuale. Questa nel 2002 fu sperimentata ancora due volte con successo nella missione di spiaggia a Riccione e nel 2003 la formula si perfezionò con il contributo di diverse comunità invitate alla missione diocesana che ne seguì. Dall'estate 2003 è stata ripetuta ogni mese a Desenzano e ora è imitata da moltissime comunità e movimenti. Questa è la storia: ma ora siamo contenti che altri abbiamo preso l'idea e la vivano nei loro ambienti. Il "logo" del progetto Sentinelle testimonia fino ad oggi la fedeltà al metodo originario, anche se sempre migliorato dalle esperienze di questi anni, dal 1999 ad oggi. Formate davvero giovani al primo annuncio o in realtà siete una realtà che porta via i giovani? Alcune altre realtà presenti nella Chiesa dicono di formare giovani al primo annuncio. Se si intende che alcuni giovani si mettono in gioco partecipando alle loro missioni, questo viene fatto molto bene. Ma per noi formare al primo annuncio un giovane significa renderlo capace di vivere il suo carisma personale (anche se non segue il fondatore di una comunità) e, soprattutto, di abilitarlo a vivere ed organizzare esperienze di evangelizzazione da solo, nella diocesi, anche senza queste comunità o movimenti. Di fatto, queste missioni al popolo o di spiaggia sono possibili solo per l'intervento massiccio di consacrati della comunità invitata. Questo non avviene per le Sentinelle. Da vari anni ci sono giovani che autonomamente organizzano attività nelle loro diocesi, senza sentirsi parte di alcun gruppo, ma semplicemente perché sono giovani. Nessuno di loro si sente di appartenere alle "sentinelle", ma sono sentinelle come le intendeva Giovanni Paolo II, perché evangelizzano e svegliano altri giovani all'evangelizzazione. Cito solo un esempio, tra i tanti, dato che è l'ultimo. A Palermo 150 giovani hanno organizzato una missione di spiaggia con tanto di balli di gruppo e Una luce nella notte in spiaggia. Chi erano? Giovani della Gifra, del MGF, di mille altre realtà. Punto. Formati da chi? Dal progetto sentinelle! I giovani, cioè, non vengono attirati all'esterno, verso altrove, ma sono abilitati a lavorare come giovani diocesani nel loro territorio. Il fatto che il progetto "sparisca" dopo alcuni anni dentro una diocesi (ma ne continuano le attività) è la prova di questa formazione vera al primo annuncio. 49 UNA TESTIMONIANZA (CHIARA DI CREMONA) E' sempre stato importante per me venire a ULNN perchè era una "ricarica" di cui avevo bisogno... però non avevo mai pensato di diventare una sentinella, perché era una cosa che non sentivo per me. Poi non sono potuta venire a ULNN di novembre a Cremona e mi è mancata tantissimo... così ho deciso di buttarmi e di provare a vivere l'esperienza per intero! Ed ho fatto bene!!! Innanzitutto mi sono sentita accolta: è vero che un po' di persone le conoscevo già e ciò ha reso tutto più semplice, però ho trovato tanta disponibilità anche da parte di chi ancora non conoscevo, insomma il clima è veramente bello! E accogliente! C'è un clima di unità, ma non di un unità chiusa in sé stessa, in cui si fa fatica ad entrare... ma aperta agli altri! Mi è piaciuto molto l'aspetto della preghiera... credo che chiedere il digiuno del venerdì e la partecipazione ad una messa feriale (questa cosa mi ha colpito molto) sia davvero un bel pensiero... significa che si è chiamati a vivere davvero quest'esperienza come una missione... Grazie al Cielo nella mia vita ho avuto l'opportunità di fare diverse esperienze di Chiesa, ma poche volte mi è capitato di essere invitata a porre in maniera così forte l'accento sulla preghiera come dimensione essenziale per compiere ciò che si sta facendo. Spesso si fa, si fa, si fa e ci si dimentica che senza di Lui non andiamo da nessuna parte... invece le sentinelle se lo ricordano che senza Gesù non si fa niente! (Tra l'altro mi sono piaciute molto le invocazioni "Grazie Signore Gesù" e "Vieni Spirito Santo" ripetute come una litania all'inizio e alla fine della preghiera! Stiamo importando il modello di preghiera a casa nostra.) E poi il ruolo degli intercessori è fantastico... sapere che mentre si agisce e ci si butta nel mare del mondo non siamo soli, ma c'è qualcuno che prega per noi è semplicemente meraviglioso! Quando abbiamo fatto gli atèliers speravo di non capitare all'accoglienza... in quel momento mi sembrava la cosa più difficile: significa accompagnare le persone a Gesù e avevo paura di non essere in grado di farlo... soprattutto perché sarei stata da sola (almeno fuori si è in due!). Però allo stesso tempo dentro di me sapevo che sarei stata destinata proprio lì... perchè il Signore avrebbe fatto sgorgare qualcosa di bello proprio dove avevo più paura... e così è stato! A parte che per me è stato importante essere lì perché così ho potuto portare insieme a Federico, mio marito, le preghiere dei ragazzi del catechismo all'altare e insieme abbiamo potuto pregare per le nostre intenzioni davanti a Gesù... gli incontri che ho fatto mi hanno colpita: sono state storie tutte diverse l'una dall'altra... ma accomunate dal fatto che tutte le persone con cui ho fatto il percorso venivano da lontano (tutti dal sud d'Italia) e tutti con un grande desiderio di casa e di sentirsi accolti e voluti bene... come se il fatto di essere lontani dalle famiglie li spingesse ad una ricerca più vera di affetto e di Bene... Il momento più emozionante è stato quando sull'altare con due ragazze abbiamo detto il Padre Nostro tenendoci per mano, dopo che una di queste, davanti a Gesù si era proprio sciolta in lacrime! L'altra cosa bella è stato vedere come nessuno di loro si sarebbe mai allontanato da lì... come se ci fosse una calamita forte che ci attirava a Lui... Davvero c'è tanto bisogno di Lui... e davvero Lui sembra morire dalla voglia di farsi incontrare! L'esperienza di ULNN mi aiuta ad avere la consapevolezza di essere una sentinella non una tantum, ma nella vita di ogni giorno! PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI http://www.sentinelledelmattino.org 50 I TAPPA IMPARARE A SOGNARE “un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe” Quando Giuseppe riceve la visita dell’angelo sta riposando. Molte cose sono accadute nella sua vita e in quella della sua nuova famiglia: il disagio e la precarietà del viaggio e dell’alloggio, la nascita di Gesù, le ‘strane’ visite dei pastori e dei Magi... Ri-posare è lasciare che le cose vissute trovino, lentamente, la loro collocazione nella storia e possano ripartire nella novità del mattino. Giuseppe sogna e, cosa che a noi a volte sembra paradossale, il sogno diviene per lui principio di realtà nuova. Il suo cuore di ‘uomo giusto’, purificato da continuo ascolto della Parola, gli consente di scorgere il messaggero di Dio.L’angelo mostra a Giuseppe ciò che sta accadendo e lo invita a risvegliarsi e ad agire... Obiettivo Il giovane/giovanissimo prova a distinguere, nel suo vissuto, quali sono i sogni e quali i bi-sogni che orientano la sua vita. Tra i tanti desideri, cerca di scorgere quello in cui sente che si rispecchi la sua unicità. Il desiderio profondo di fronte al quale può dire: questo sono io! Questo è ciò che voglio davvero per la mia vita! In profondità I mille stimoli con i quali, quotidianamente, la nostra società bombarda i giovani/giovanissimi li spingono a cercare l’appagamento nell’immediato, nel tutto e subito, in quasi tutti i campi della dimensione giovanile: nell’affettività, nell’impegno scolastico/lavorativo, nelle amicizie, nella considerazione di sé, nella fede. Spesso i ragazzi stentano ad “allungare i loro desideri” incatenati da speranze usa e getta: esattamente ciò che definiamo bi-sogni, desideri che ti spingono a soddisfare le tue esigenze immediate, che magari ti possono far star bene, ma costringono il tuo sguardo a terra. Non c’è nulla di male nel prestare attenzione ai bi-sogni ma occorre anche favorire la ricerca di un qualcosa che permetta, al giovane/giovanissimo, di alzare lo sguardo. Occorre che riesca, nel caos, ad ascoltare l’eco di una promessa: un qualcosa che è davanti ai suoi occhi ma non è ancora ben chiaro, che può trascinarlo verso un orizzonte di libertà e felicità. Questo è il Sogno, come quello di Giuseppe, che spinge a spendersi totalmente per un qualcosa più grande. Questo Sogno è il grembo che custodisce il desiderio di unicità del cuore di ciascuno. Per far questo, il giovane/giovanissimo si pone in ascolto della Parola che lo interpella, anche quando questa viene a “scompigliare” quelli che sono i suoi progetti ordinari. Si rende conto che necessita di: un cuore puro, libero per “guardarsi dentro” ritagliarsi spazi di “riposo”, inteso non come ozio ma come spazio privilegiato per rileggere e rielaborare il proprio vissuto, per far “posare di nuovo” le esperienze… non prima di averle guardate sotto un’altra prospettiva, alla luce della Parola. Forse non tutti sanno che… Benché il sonno sia rappresentato da un apparente stato di quiete, durante questo stato avvengono complessi cambiamenti a livello cerebrale che non possono essere spiegati solo come un semplice stato di riposo fisico e psichico. In effetti è possibile affermare che durante il riposo notturno il nostro cervello non ozia affatto .Infatti tra i molti processi attivi nelle ore di riposo (buona parte dei quali ancora sconosciuti) l’encefalo impiega tempo ed energie per rielaborare le informazioni acquisite nel periodo di veglia immagazzinandole nella grande database della memoria. Inoltre, ci sono alcune cellule cerebrali che in alcune fasi del sonno hanno una attività 5-10 volte maggiore rispetto alla veglia. 51 ATTIVITÀ PER I GIOVANISSIMI TIRO A… SOGNO!!! Si introduce il tema del sogno, lasciandosi aiutare dai suggerimenti proposti nella prima parte della tappa e dalla Parola, se lo si ritiene opportuno si può partire dall’ultimo monologo del protagonista del testo di Alessandro Baricco “Novecento” riadattato anche in versione cinematografica ne “La leggenda del pianista sull’oceano” di Giuseppe Tornatore. In queste battute del protagonista viene descritto tutto il suo rapporto con i sogni, la paura di cambiare per vederli realizzati e quel meccanismo mentale che Novecento compie per “incantare” i propri desideri… per sublimarli e abbandonarli in modo che non possano più nuocergli. Sarebbe interessante chiedersi, alla fine dell’attività se il protagonista sia arrivato al cuore dei suoi desideri proprio, paradossalmente liberandosene. Ecco il testo: Primo gradino. Secondo gradino. Terzo gradino. Non è quel che vidi che mi fermò, ma quello che non vidi. Lo cercai ma non c'era in tutta quella sterminata città c'era tutto tranne. C'era tutto. Ma non c'era una fine. Quel che non vidi era dove finiva tutto quello. La fine del mondo. Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti loro. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu. Ma sei io salgo sulla scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi. Milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai e questa è la verità che non finiscono mai e quella tastiera è infinita. Se questa tastiera è infinita allora. Su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio. Anche solo le strade ce n'era a migliaia come fate voi laggiù a sceglierne una.A scegliere una donna. Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Tutto quel mondo. Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce. E quanto ce nè. Non avete mai paura voi di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo a pensarla? A viverla... Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n'erano anche qui ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua ed una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella nave è troppo grande per me. E' un viaggio troppo lungo. E' una don a troppo bella. E' un profumo troppo forte. E' una musica che non so suonare. Perdonami ma io non scenderò. Lasciami tornare indietro. Per favore. Adesso cerca di capire fratello, cerca di capire se puoi. Tutto quel mondo negli occhi. Terribile ma bello. Troppo bello. E la paura che mi riportava indietro. La nave di nuovo e per sempre. Piccola nave. Quel mondo negli occhi tutte le notti, di nuovo. Fantasmi. 52 Ci puoi morire se li lasci fare. La voglia di scendere. La paura di farlo. Diventi matto così. Qualcosa devi farlo e io l'ho fatto. Ogni giorno per anni. Miliardi di momenti. Un gesto invisibile e lentissimo. Io che non ero stato capace di scendere da questa nave per salvarmi sono sceso dalla mia vita. Gradino dopo gradino. E ogni gradino era un desiderio a cui dicevo addio. I desideri stavano strappandomi l'anima. Potevo viverli ma non ci sono riuscito. Allora li ho incantati. E ad uno ad uno li ho lasciati dietro di me. Geometria, un lavoro perfetto. Tutte le donne del mondo le ho incantate suonando una notte intera per una donna, una, la pelle trasparente, le mani senza un gioiello, le gambe sottili, ondeggiava la testa al suono della mia musica, senza un sorriso, senza piegare lo sguardo mai una notte intera. Quando si alzò non fu lei che uscì dalla mia vita ma tutte le donne del mondo. Il padre che non sarò mai l'ho incantato guardando un bambino morire per giorni seduto accanto a lui senza perdere niente di quello spettacolo tremendo e bellissimo volevo essere l'ultima cosa che guardava al mondo. Quando se ne andò guardandomi negli occhi non fu lui ad andarsene ma tutti i figli che mai ho avuto. La terra che era la mia terra da qualche parte nel mondo l'ho incantata sentendo cantare un uomo che veniva dal nord e tu lo ascoltavi e vedevi la valle, i monti intorno, il fiume che adagio scendeva e la neve d'inverno, i lupi nella notte. Quando quell'uomo finì di cantare finì la mia terra ovunque essa sia. Gli amici che ho desiderato li ho incantati suonando per te e con te quella sera, nella faccia che avevi, negli occhi, io li ho visti tutti, miei amici amati. quando te ne sei andato sono venuti via con te. Ho detto addio alla meraviglia quando ho visto gli immani iceberg del mare del Nord crollare vinti dal caldo. Ho detto addio ai miracoli quando ho visto ridere degli uomini che la guerra ha fatto a pezzi. Ho detto addio alla rabbia quando ho visto riempire questa nave di dinamite. Ho detto addio alla musica, la mia musica, il giorno in cui sono riuscita a suonarla tutta in una sola nota di un istante. Ho detto addio alla gioia incatenandola quando t ho visto entrare qui. Non è pazzia. Geometria. E' lavoro di cesello. Ho disarmato l'infelicità. Ho sfilato via la mia vita dai desideri. Se tu potessi risalire il mio cammino li troveresti uno dopo l'altro, incantati, immobili, fermati lì per sempre a segnare la rotta di questo viaggio strano che a nessuno ho mai raccontato se non a te. Dopo questa prima parte si consegna ai ragazzi un foglio con sopra disegnato un bersaglio, fatto di cerchi concentrici, magari con la parte centrale evidenziata. L’attività consiste nel cercare, in maniera progressiva di fare centro, di inquadrare i desideri della nostra vita. I ragazzi vengono invitati a scrivere nei vari cerchi del bersaglio i loro desideri partendo dai cerchi più esterni dove andranno scritti i desideri più superficiali passando ai cerchi più interni dove in maniera graduale e scendendo sempre più in profondità cercheranno di scrivere quei desideri che più degli altri li rappresentano che più degli altri sentono vicini al loro cuore. Non occorre che venga riempito tutto il bersaglio. Segue un breve momento di condivisione su quanto scritto. PER I GIOVANI HO IMPARATO A SOGNARE … NON SMETTERÒ! Si ascolta il brano dei Negrita, interpretato da Fiorella Mannoia: 53 “Ho imparato a sognare”, consegnando il testo ai ragazzi: Ho imparato a sognare che non ero bambino che non ero neanche un età quando un giorno di scuola mi durava una vita e il mio mondo finiva un po' la... Tra quel prete noioso che ci dava da fare il pallone che andava come fosse a motore c'è chi era incapace a sognare e chi sognava già Ho imparato a sognare e ho iniziato a sperare che chi ha d'avere avrà Ho imparato a sognare quando un sogno è un cannone che se sogni ne ammazzi metà quando inizi a capire che sei solo in mutande quando inizi a capire che tutto è più grande c'è chi era incapace a sognare e chi sognava già Tra una botta che prendo e una botta che do tra un amico che perdo e un amico che avrò e se cado una volta, una volta cadrò e da terra da lì m'alzerò c'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò.. Ho imparato a sognare quando inizia a scoprire che ogni sogno ti porta più in là cavalcando aquiloni oltre i muri e i confini ho imparato a sognare da là quando tutte le scuse per giocare son buone quando tutta la vita è una bella canzone c'è chi era incapace a sognare e chi sognava già Al momento di ascolto può seguire un breve brainstorming sul testo della canzone durante il quale gli educatori potranno appuntare su un cartellone le parole dette dai ragazzi oppure semplicemente passare alla fase successiva che consiste nel fornire loro una pista di riflessione da approfondire in u momento di deserto. Se lo si ritiene opportuno al deserto può seguire un momento di condivisione, magari a piccoli gruppi. Ecco la pista per la riflessione personale: 54 Di fronte alle situazioni che vivi nel quotidiano, riesci a ritagliarti uno spazio di “riposo”, di ascolto, per farle sedimentare e analizzarle con calma, per dare un nome alle tue emozioni, ai desideri che ti hanno guidato nell’agire e re-agire.... Quando ti metti davanti allo specchio del tuo cuore, lo trovi limpido e sgombro oppure incrinato dagli urti della stanchezza, del sentirti giudicato, dei tuoi “io...forse...ma....non so...” ??? Pensi mai che c’è un desiderio bello di Dio per te, che ti precede e ti accompagna, rivelandosi attraverso la sua Parola e tramite le persone e gli avvenimenti della tua vita? Brani LINK E… citati e approfondimenti “Novecento”, Alessandro Baricco “La leggenda del pianista sull’oceano” Tornatore 1998 “Quella notte ad Efeso, lettera a Maria”, Don Tonino Bello “Ho imparato a sognare” Fiorella Mannoia, Ho imparato a sognare 2009 II TAPPA CHE RUMORE FA…??? “Egli, risvegliatosi, prese il bambino...” Come già era avvenuto per l’annuncio della nascita di Gesù, anche adesso Giuseppe si pone nei confronti della parola di Dio in atteggiamento di totale accoglienza e disponibilità. Obbedisce, ascolta la voce del Signore e la mette in opera senza esitazione. Ha già compreso, Giuseppe, quale sarà la vicenda del Figlio? No, ma ciò non è necessario per partire! Ciò che serve è rinnovare la fiducia nell’Altro che mi sta davanti (ob-audire), accettare il fuori-schema e giocare al massimo le proprie possibilità: “RISVEGLIATI E....VA’!” Obiettivo Il giovane scopre che il suo sogno può diventare vita nella misura in cui si mette in gioco e accetta la sfida lanciata dalla Parola. Si sperimenta nel FARE la Parola ASCOLTATA. “Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi...” (Gc. 1,22) In profondità È mattina… ci si sveglia e, appena usciti dal torpore del sonno, ma ancora coccolati dalle coperte calde si cerca di ricordare quello che durante la notte abbiamo sognato… Potrebbe essere la tipica scena di una mattina invernale, ed è anche il quadro che troviamo davanti a questo punto del nostro cammino sulle tracce della Famiglia di Giuseppe, Maria e Gesù. Con i nostri giovani/giovanissimi abbiamo “imparato a sognare” ma adesso, al risveglio, il nostro Sogno si trova davanti ad un bivio: da una parte può 55 rimanere solo una fantasia notturna, mentre dall’altra, ha la possibilità di diventare una meravigliosa possibilità di vita. Il desiderio di fare della nostra vita una vita vissuta in pienezza, quella promessa di libertà sussurrata nel nostro cuore dalla Parola del Signore si trova tutta nelle nostre mani perché possiamo darle consistenza. Accettiamo la sfida dell’impegno e della voglia di fare? Certo, per i giovani/giovanissimi (e per tutti) non è sempre facile, soprattutto quando lo specchio del cuore torna ad incrinarsi dalle delusioni e dai giudizi affrettati spesso anche nei propri confronti, ma possiamo impegnarci, nel nostro compito educativo, nell’ aiutare i ragazzi a capire che dalla delusione di alcune attese fallite si può trarre un’occasione per sperimentare se stessi in percorsi e punti di vista nuovi. Sotto questo sguardo nuovo il giovane/giovanissimo capisce che il Desiderio del suo cuore coincide con il desiderio che il Cuore di Dio ha in serbo per la sua vita: un desiderio, un progetto di Felicità. Il giovane/giovanissimo inizia quindi a scorgere nella sua vita, nella sua esperienza quotidiana, degli echi di bellezza, di positività ai quali può attingere speranza e nuove energie per procedere nel cammino verso il proprio orizzonte. Tutte le esperienze vitali che il giovane/giovanissimo trova nel suo presente, tutti gli incontri, i volti, le parole che lo fanno star bene davvero, non sono altro che segni della presenza di un progetto d’Amore che Dio Padre pensa per ciascuno e che si attua nella felicità piena. Il rumore che questa felicità fa passando tra il disordine della nostra vita ci rende vigili e attenti, fornendoci un nuovo stile di vita. Il giovane/giovanissimo, infine, comprende anche che il suo “stile di vita” può diventare questo “rumore di felicità” per coloro che lo circondano. Tutti questi passaggi portano il giovane/giovanissimo a diventare… lo scopriremo nella prossima tappa! Forse non tutti sanno che… In generale, il rumore è un segnale non desiderato, di origine naturale o artificiale, che si sovrappone all'informazione trasmessa o elaborata in un sistema. A seconda dei campi di applicazione il termine assume significati più specifici: per esempio in fotografia il rumore si evidenzia in prevalenza come una certa granulosità o puntinatura monocromatica e/o come puntini o macchioline colorate ma è simpatico notare come più è sensibile la macchina maggiore sarà il rumore mostrato (è sempre una questione di attenzione!) Il termine rumore non ha sempre una valenza strettamente negativa: infatti, in cosmologia la radiazione cosmica di fondo, rappresenta un eco del big bang, cioè dell’origine del cosmo (…eco della nostra origine…) ed è stata proprio apprezzata come un “rumore” cioè come un disturbo nei rilevamenti strumentali prima che venisse scoperta la sua estrema importanza. PER I GIOVANISSIMI THE SOUND OF SILENCE Si propone la tecnica del dialogo muto. I giovanissimi sono riuniti davanti ad un cartellone appeso al muro con accanto i pennarelli. Si dovrà sviluppare un dialogo “muto” in cui ciascuno del gruppo potrà scrivere considerazioni, domande, risposte senza mai parlare. Questa fase può durare intorno ai 30 minuti. Si tratta di un vero dialogo dove ogni partecipante reagisce all’intervento di un’altro/a; completa, modifica, interpella ciò che è stato scritto da altri; sottolinea, collega con delle frecce le parole o le frasi. Non è permesso cancellare ciò che altri hanno scritto sul foglio. L’animatore scrive al centro la parola “felicità”. In silenzio ciascuno scrive liberamente, rispettando le regole fissate per l’arco di tempo previsto. Al termine gli adolescenti dialogano verbalmente su ciò che è stato scritto. L’animatore, nell’eventualità che il dialogo si interrompa, può intervenire con provocazioni scritte, tra cui anche quelle indicate di seguito. 56 «Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni.» (P. Coelho) «Diventiamo grandi grazie ai sogni.» (T. W. Wilson) «I campioni non si costruiscono in palestra. Si costruiscono dall’interno, partendo da qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono avere l’abilità e la volontà. Ma la volontà deve essere più forte dell’abilità.» (Cassius Clay) «Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in se genialità, magia e forza. Comincia ora.» (W. Goethe) «Preferisco essere un sognatore fra i più umili, immaginando quel che avverrà, piuttosto che essere signore fra coloro che non hanno sogni e desideri.» (K. Gibran) «Datemi un sogno in cui vivere, perchè la realtà mi sta uccidendo.» (J.Morrison) «Io sogno per vivere.» (S. Spielberg) «sogni son desideri di felicità» (Cenerentola di Walt Disney) «La vita è un sogno, fanne una realtà» (Madre Teresa di Calcutta) Successivamente l’animatore aprirà la discussione facendo emergere quali sono i desideri che i giovanissimi hanno espresso e nel caso tali sogni/desideri non siano emersi, li inviterà ad esprimerli. Durata di questa fase 20 minuti. PER I GIOVANI SOGNO O… MI DESTO? Proponiamo l’ascolto del brano dei Negrita “Che rumore fa la felicità” di cui riportiamo il testo: Che rumore fa la felicità. Come opposti che si attraggono, come amanti che si abbracciano. Camminiamo ancora insieme, sopra il male sopra il bene, Ma i fiumi si attraversano e le vette si conquistano. Corri fino a sentir male con la gola secca sotto il sole. Che rumore fa la felicità Mentre i sogni si dissolvono e gli inverni si accavallano quanti spilli sulla pelle dentro il petto sulle spalle, ma amo il sole dei tuoi occhi neri più del nero opaco dei miei pensieri e vivo fino a sentir male con la gola secca sotto il sole. Corri amore, corri amore. Che rumore fa la felicità Insieme, la vita lo sai bene ti viene come viene, ma brucia nelle vene e viverla insieme 57 è un brivido è una cura serenità e paura coraggio ed avventura, da vivere insieme, insieme, insieme, insieme … a te. Che rumore fa la felicità. Due molecole che sbattono come mosche in un barattolo con le ali ferme senza vento bestemmiando al firmamento. Mentre il senso delle cose muta ed ogni sicurezza è ormai scaduta appassisce lentamente la coscienza della gente. Che rumore fa la felicità. Che sapore ha, quando arriverà sopra i cieli grigi delle città che fingono di essere rifugio per le anime. Corri fino a sentir male con la gola secca sotto il sole. Corri amore, corri amore. Che rumore fa la felicità Insieme, la vita lo sai bene ti viene come viene, ma brucia nelle vene e viverla insieme è un brivido è una cura serenità e paura coraggio ed avventura, da vivere insieme, insieme, insieme, insieme … a te. Dove sei ora? Come stai ora? Cosa sei ora? Cosa sei? Dove sei ora? Come sei ora? Cosa sei ora? Cosa sei… cosa sei? ma… Insieme, la vita lo sai bene ti viene come viene, ma è fuoco nelle vene e viverla insieme è un brivido è una cura serenità e paura coraggio ed avventura, da vivere insieme, insieme, insieme a te … a te. L’educatore può quindi utilizzare il brano per approfondire il tema del “rumore di felicità” della ricerca delle tracce che il progetto di Dio lascia nella nostra vita per giungere alla necessità di diventare rumore di felicità per gli altri… da vivere insieme! 58 Proponiamo anche questa semplice attività anche come continuazione rispetto alla prop osta di dese I MIEI rto SOGNI... della tapp a prec eden te. Si consegna ai ragazzi uno schema del genere: Con una pista di riflessione come questa: Al “risveglio” da ogni mio sogno, ho due possibilità: lasciare che si dissolva nella mia memoria, magari con un retrogusto di rimpianto o di nostalgia...oppure, dopo aver ponderato se è un “sogno che vale”, provare a mettermi in gioco e cercare una via per concretizzarlo al meglio e in modo realistico.... Prova a costruire dei bivi con al centro i tuoi piccoli e grandi sogni e segui le due possibili vie... Immaginando gli sviluppi derivanti dalle tue scelte PER I GIOVANISSIMI SOGNO O… MI DESTO? L’attività proposta per i Giovani può essere svolta con i Giovanissimi con alcune modifiche. Si può proporre l’ascolto del brano di Edoardo Bennato: “L’isola che non c’è” di più facile lettura di quello dei Negrita, ponendo in contrapposizione, nei bivi gli atteggiamenti opposti di chi non ci crede, “non può esistere”, e quello di chi, come Giuseppe, è in grado di scommettere la sua vita e quella della sua famiglia per il Sogno. LINK E… Brani citati e approfondimenti “C rumore fa la felicità”, Negrita HELLdorado 2008 “L’isola che non c’è” Edoardo Bennato Sono solo canzonette 1980 “Quella notte ad Efeso, lettera a Maria”, Don Tonino Bello 59 III TAPPA UN PIEDE SULLA TERRA... LIBERARE LA SPERANZA! “Si compì ciò che fu detto dai profeti: Nazareno sarà chiamato” Gesù, il consacrato, compie il sogno di salvezza del popolo di Israele. Liberato dall’Egitto, dalla mano del re/faraone, può riprendere il cammino verso la terra della promessa. Giuseppe/sentinella “libera” Gesù/speranza: con la sua disponibilità “rende possibile” la salvezza non solo per sé e per la sua famiglia, ma per l’intero popolo di Israele, nella cui storia si innesta la vita del Figlio. Con il suo coraggio obbediente, apre una strada alle attese di speranza del suo popolo, facendosene carico non solo nell’esilio egiziano, ma anche nel ri-entrare, con il Messia, nella terra di Israele. Obiettivo Il giovane/ sentinella prende coscienza del suo essere parte di una realtà “aperta”, a livello ecclesiale, sociale...e che questa realtà pone due alternative: rimanere “al caldo del castello insieme alle truppe” approfondire il senso del suo essere “avvistatore di novità” ed elaborare strategie per essere significativo nel contesto che lo circonda. Come gruppo, scopre la COLLABORAZIONE come punto di forza e tenta un “progetto operativo” che tenga conto delle specificità di ciascuno... In profondità SENTINELLA! Ecco come ci sentiamo alla terza tappa del nostro cammino lungo le ore di questa notte bianca, siamo quelli attenti… che osservano… abbiamo imparato a guardare dentro di noi, ci siamo guardati attorno, ora dobbiamo guardare oltre. La sentinella è chi è in grado di guardare dove gli altri non guardano, non ha capacità speciali, semplicemente è sveglio mentre gli altri dormono: infatti quello che scorge non lo tiene per se, ma è chiamato a condividerlo con i suoi compagni. Guardare oltre vuol dire quindi anche saper guardare la comunità che è alle nostre spalle e che cammina con noi. La sentinella difronte alla novità scorta sull’orizzonte corre a svegliare le altre guardie; per questo i giovani, i giovanissimi vivono il loro cammino inseriti in gruppo: perché imparino che “è più bello insieme”. Occorre quindi che si mettano alla prova nella cooperazione e nell’aiuto reciproco proponendosi come gruppo e dimostrando l’attenzione tipica delle sentinelle verso il mondo che ci circonda. È vero, il nostro punto di partenza è un Sogno e la meta una Promessa, che si avvicinerà nella misura in cui siamo in grado di camminare con i piedi ben piantati sull’asfalto delle nostre strade, e di lavorare sporcandoci le mani per la felicità della gente che vive al nostro fianco. PER I GIOVANISSIMI / GIOVANI SI PUÒ FARE! Le attività che proponiamo per questa unità, in linea con i suoi contenuti prevedono un’analisi attenta del territorio nella quale si trova il gruppo sia esso di giovani o giovanissimi e di conseguenza non possono essere articolate in maniera dettagliata. Ad ogni modo, come punto di partenza comune suggeriamo la visone del film “Si può fare” del 2008 diretto da Giulio Manfredonia, con Claudio Bisio, ispirato alle storie vere delle cooperative sociali nate negli anni ottanta per dare lavoro ai pazienti dimessi dai 60 manicomi in seguito alla Legge Basaglia, in particolare a quella della cooperativa "Noncello" di Pordenone. Il film è dedicato alle oltre 2.500 cooperative sociali esistenti in Italia e ai 30.000 soci diversamente abili che vi lavorano. Si tratta di un film intenso, che con i toni della commedia, non della farsa, riesce a raccontare le vite di un gruppo di ragazzi e ragazze considerati dai più “scarti” ma che grazie all’attenzione di una sentinella dei giorni nostri che vede oltre la malattia, riusciranno a fare della loro vita un’opera d’arte. Il film racchiude bene i passaggi che abbiamo analizzato in queste tappe: • il desiderio – sogno quando Nello (il protagonista) offre ai ragazzi la possibilità di iniziare a svolgere un lavoro vero, assecondando le inclinazioni di tutti creando una cooperativa dove ognuno possa essere se stesso, anche nelle difficoltà della malattia. • la capacità di continuare a camminare verso la Promessa anche quando ci troviamo di fronte ai nostri limiti, riuscendo a trovare intorno a noi i rumori di felicità. Il dottor Furlan a Nello, in crisi: “Ti hanno votato contro, non hai capito che è la tua vittoria più bella?” • Il saper guardare oltre le difficoltà e il rendersi conto di far parte di una comunità, esserci per aiutare gli altri senza dimenticare di poter contare su chi ci è affianco nei momenti di difficoltà. Luca (un ragazzo della cooperativa): “Quando uno dorme bisogna svegliarlo!” Oltre alla visione del film, per prepararsi alle attività si può leggere questo brano tratto dalle Fonti Francescane: 106. Francesco, immedesimato in certo modo nei suoi fratelli per l’ardente amore e il fervido zelo che aveva per la loro perfezione, spesso pensava tra sé quelle qualità e virtù di cui doveva essere ornato un autentico frate minore. E diceva che sarebbe buon frate minore colui che riunisse in sé la vita e le attitudini dei seguenti santi frati: la fede di Bernardo, che la ebbe perfetta insieme con l’amore della povertà; la semplicità e la purità di Leone, che rifulse veramente di santissima purità, la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell’Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà, l’aspetto attraente e il buon senso di Masseo, con il suo parlare bello e devoto; la mente elevata nella contemplazione che ebbe Egidio fino alla più alta perfezione; la virtuosa incessante orazione di Rufino, che pregava anche dormendo e in qualunque occupazione aveva incessantemente lo spirito unito al Signore; la pazienza di Ginepro, che giunse a uno stato di pazienza perfetto con la rinunzia alla propria volontà e con l’ardente desiderio d’imitare Cristo seguendo la via della croce; la robustezza fisica e spirituale di Giovanni delle Lodi, che a quel tempo sorpassò per vigoria tutti gli uomini; la carità di Ruggero, la cui vita e comportamento erano ardenti di amore, la santa inquietudine di Lucido, che, sempre all’erta, quasi non voleva dimorare in un luogo più di un mese, ma quando vi si stava affezionando, subito se ne allontanava, dicendo: Non abbiamo dimora stabile quaggiù, ma in cielo. Una comunità è il luogo in cui le diversità diventano ricchezza e occasione di crescita! Un’ultima proposta è quella di aprire, nel mese in cui si svolgeranno le attività sul territorio da parte dei gruppi, il consiglio pastorale parrocchiale ai gruppi dei giovani e dei giovanissimi perché possano relazionare delle loro attività e possano sentirsi davvero sentinelle della Comunità Parrocchiale. 61 PER I GIOVANISSIMI UN PARQUET CON IL LEGNO DI SCARTO... All’arrembaggio per il “riciclo” delle risorse umane! Quante persone e situazioni poco valorizzate intorno a noi...quanti ruoli si possono rivedere e potenziare, nel gruppo, come in parrocchia... Il lavoro dei singoli e del gruppo sarà quello di analizzare il modo in cui vengono investite le varie potenzialità e tentare possibilità nuove...anche coraggiose e “fuori schema”, se necessario! ...partendo dal considerare proprio le realtà solitamente “emarginate”... PER I GIOVANI “QUANDO UNO DORME BISOGNA SVEGLIARLO!” Il gruppo si pone in osservazione del territorio circostante. Individua una o più realtà “sonnolente” e tenta di elaborare una modalità di intervento/presenza, che risulti significativa, efficace e verificabile nel tempo. Per questo è necessario valutare realisticamente possibilità, risorse fisiche, materiali, umane...in modo da non iniziare un’impresa destinata a non andare avanti. [I CARE...mi faccio carico della realtà!!!] Brani LINK E… citati e approfondimenti “Si può fare”, Giulio Manfredonia 2008 “Quella notte ad Efeso, lettera a Maria”, Don Tonino Bello “Pietre di scarto”, Don Tonino Bello IV TAPPA QUANTO RESTA DELLA NOTTE? CELEBRAZIONE VIGILIARE DELLA LUCE La celebrazione che viene presentata può essere utilizzata come preghiera vigiliaredella luce. Il suo contesto ideale potrebbe essere un tempo prolungato di preghiera con i giovani un sabato sera. Si prepari con molta cura tutto ciò che occorre per questa celebrazione (proclamazione dei testi, canti, ecc.) e si presti particolare attenzione ai segni che accompagnano tutta la preghiera. 62 AMBIENTAZIONE La chiesa è in penombra. Presso l’altare sono disposte quattro lampade spente che verranno accese durante la celebrazione. Colui che presiede la celebrazione non prende posto alla sede, ma innanzi a tutta l’assemblea di fronte all’altare. La celebrazione ha inizio nel silenzio. Voce Ciò che ho udito dal Signore dell’universo io l’ho annunciato a voi. È un oracolo avvolto nel silenzio gridato verso di me: "Sentinella, a che punto è la notte? Sentinella, a che punto è la notte?". Ecco la sentinella risponde: "Viene il mattino, e anche la notte; se volete domandare, domandate, venite, ritornate al Signore!". (cfr. Isaia 21, 10-12) PRIMO MOMENTO LE NOTTI DELLA STORIA Lett. Quattro notti sono state scritte nel libro delle memorie. La prima notte fu quella in cui YHWH si manifestò sul mondo per crearlo: il mondo era deserto e vuoto e le tenebre ricoprivano le superfici dell’abisso. La Parola di Dio era luce e illuminava e la chiamò notte prima. Mentre viene accesa la prima lampada un giovane dice: Sol. fuoco. Padre, unico Dio vivo e vero: prima del tempo e in eterno tu sei, nel tuo regno di luce infinita. Tu solo sei buono e fonte della vita, e hai dato origine all’universo.(cfr.Prefazio della Pregh. Eucaristica IV) La tua Parola feconda è risuonata fra le tenebre del caos primordiale, la tua voce creatrice ha fatto il Sole, la Luna, le Stelle, e la fiamma del Tutto questo hai fatto per effondere il tuo amore sulle creature e allietarle con gli splendori della tua luce. (cfr. Prefazio Pregh. Eucaristica IV) Tutti cantano Questa notte non è più notte davanti a te,il buio come luce risplende. Lett. La seconda notte fu quando YHWH si manifestò ad Abramo all’età di cento anni e a Sara sua moglie che aveva novant’anni, perché si compisse ciò che dice la Scrittura: “Forse che Abramo all’età di cento anni potrà generare e Sara sua moglie all’età di novant’anni concepire?”. Isacco aveva trentasei anni quando fu offerto sull’altare: i cieli discesero e si abbassarono e Isacco vide la perfezione e i suoi occhi rimasero abbagliati. E la chiamò notte seconda. 63 Mentre viene accesa la seconda lampada un giovane dice: Sol. Padre santo, tu hai chiamato e fatto uscire Abramo dalla sua terra, per costituirlo padre di tutte le genti, (cfr.Prefazio Comune VII) e hai stabilito con il tuo popolo un patto nuovo. Nell’alleanza tra l’uomo e la donna hai rivelato il mistero ineffabile del tuo amore. (cfr.Prefazio del Matrimonio) E quando gli uomini per la loro disobbedienza hanno perso la tua amicizia tu invece di abbandonarli a tutti sei venuto incontro e hai rinnovato con loro un vincolo così saldo che nessuno potrà mai spezzare. (cfr.PrefaziPregh. euc. IV e IR) Tutti cantano Questa notte non è più notte davanti a te,il buio come luce risplende. Lett. La terza notte fu quando YHWH si manifestò contro gli Egiziani nel mezzo della notte: la sua mano uccideva i primogeniti degli Egiziani e la sua destra proteggeva i primogeniti di Israele per compiere la parola della Scrittura: “Mio figlio primogenito è Israele”. E la chiamò notte terza. Mentre viene accesa la terza lampada un giovane dice: Sol. Padre santo, Dio dell’alleanza e della pace, tu che hai suscitato Mosè per liberare il tuo popolo e guidarlo alla terra promessa, (cfr.Prefazio Comune VII) non ci lasci soli nel cammino ma sei vivo e operante in mezzo a noi. (cfr.PrefazioPregh. euc. VA) Tu hai fatto di tutte le nazioni un solo popolo nuovo che ha come fine il tuo regno. come condizione la libertà dei tuoi figli, come statuto il precetto dell’amore. (cfr.Prefazio Comune VII) Tutti cantano Questa notte non è più notte davanti a te,il buio come luce risplende. Lett. La quarta notte sarà quando il mondo giunto alla sua fine, sarà dissolto. I gioghi di ferro saranno spezzati e le generazioni dell’empietà annientate. E Mosè uscirà dal deserto […] uno camminerà in testa al gregge e l’altro sulla sommità di una nube e la sua parola avanzerà tra i due e procederanno insieme. E’ la notte della pasqua per il nome di YHWH: notte fissata e riservata per la salvezza di tutte le generazioni. (Targum dell’Esodo 12, 42 Codex neofiti I) 64 Mentre viene accesa la quarta lampada colui che presiede dice: Cel. Quando giunse la pienezza dei tempi, Dio mandò a noi il suo Figlio Gesù, la Stella radiosa del mattino, l’infinito amore, incarnato nel grembo purissimo della Vergine Maria, Mistica Aurora che con il suo “Fiat” preannunciò la “visita dall’alto di un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte”. (cfr. Lc 1,78b-79) “Luce per illuminare le genti e gloria del popolo d’Israele”, (cfr. Lc 2,32) il Cristo a tutti disse: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”; (cfr. Gv 8,12) e ai sui discepoli ricordò: “Voi siete la luce del mondo … risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”. (cfr. Mt 5,14.16) Anche quando le tenebre dell’odio lo circondarono, e la violenza dell’uomo ingrato lo inchiodò alla Croce, il suo Volto non smise di irradiare sul mondo la luce dell’amore perché si adempisse la Scrittura: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. (Cfr. Gv 12,32) Tutti È Cristo la rivelazione luminosa del Dio invisibile. È lui la splendente immagine che manifesta l’inesauribile ricchezza di Dio e la sua vittoria sul peccato e sulla morte. Sac. La luce del Cristo che risplende dal suo Volto glorioso e santo disperda le tenebre del cuore e dello spirito, e sia con tutti voi. E con il tuo spirito. Tutti Mentre si esegue un canto, dal fondo della chiesa fa il suo ingresso una icona del Volto di Cristo. Vengono accese tutte le luci della chiesa. Il Celebrante l’accoglie e dopo averla incensata, prende posto alla sede. CANTO PER L’INTRONIZZAZIONE DELL’ICONA Cel. Tutti O Dio nostro Padre, contemplando la luce in questo vespro, il nostro sguardo è fisso sul Volto luminoso del tuo Figlio. Non lasciare che le tenebre della notte, spengano in noi la sua luce, ma lo Spirito plasmi in noi la sua immagine e ci conduca al giorno che non conosce tramonto. Per Cristo nostro Signore. Amen. Seduti 65 SECONDO MOMENTO LITURGIA DELLA PAROLA Dal Libro del Profeta Isaia (9, 1-6) Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l'opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. CANTO Dal Vangelo secondo Matteo (5, 13-17) Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. RIFLESSIONE DI CHI PRESIEDE TERZO MOMENTO OMAGGIO A MARIA DONNA DEL SABATO Lett. Da uno scritto di padre Mariano Magrassi Il sabato sta tra il venerdì e la domenica, tra la memoria della passione e quella della risurrezione. Maria lo riempie perché in quel giorno, il sabato santo, tutta la fede della Chiesa si è raccolta in lei. Nel suo grande cuore di Madre si raccoglieva tutta la vita del Corpo mistico, di cui sotto la Croce era stata chiamata a diventare la Madre spirituale. Mentre la fede si oscurava in tutti, lei, la prima anima fedele, è rimasta sola a tenere viva la fiamma, immobile nell’oscurità della fede. La Chiesa ancora una volta si identifica con lei… Abbiamo talora l’impressione di vivere un nuovo venerdì santo: defezioni e crisi sembrano moltiplicarsi, accanto a tanti segni di speranza. Ma adesso la Vergine non è sola: la Chiesa è con lei. Tante anime credenti accettano di stare con lei ai piedi della Croce. La Chiesa vive nel mondo la sua passione, prolungando quella di Cristo, ma non cessa mai di credere e di sperare e non allenta il suo quotidiano, sofferto cammino incontro al Signore. E allora il venerdì si trasforma nel sabato, il sabato di Maria: lievitato dall’attesa della Risurrezione. Con lei si ritrova la gioia di vivere e il coraggio di sperare. 66 Se c’è tanto male nel mondo, lei è come la “corrente del golfo”: una corrente di bontà e di purezza che riscatta tutto il male e fa fiorire il bene. Se nella Chiesa ci sono tensioni e lacerazioni, il modo per ritrovarsi uniti è di stringersi intorno a lei. In una famiglia disunita, il primo passo verso la riconciliazione si fa ricorrendo alla madre. Nel mondo disorientato, lei è la stella. In una Chiesa sofferente, è un segno di speranza. Da lei la Chiesa deve tutto imparare. Deve imparare soprattutto a mettersi in ascolto di quella parola che ha il dovere di proclamare, dispensandola ai fedeli come pane di vita, imitando la Vergine in ascolto; a presentare ogni giorno al Padre le necessità dei figli nella preghiera, imitando la Vergine orante; a offrire se stessa insieme al Cristo in ogni Eucaristia, imitando la Vergine offerente… E’ a Maria e alla Chiesa insieme, che nella fede grideremo: “…Tu solo sei benedetta fra le donne. Tu e nessun’altra”. CANTO Durante il canto si accendono le lampade di tutti ORAZIONE CONCLUSIVA Cel. Tutti O Dio, Padre della luce, creatore del sole e degli astri, fonte dell’intelligenza e della fede, fa che tutti noi, mossi dallo Spirito Santo, sostenuti dall’esempio splendente di Maria, possiamo cercarti sempre con i nostri giovani cuori affinché non ci lasciamo vincere dalle tenebre, ma sappiamo trasformare anche il buio della notte nell’attesa coraggiosa della luce dell’aurora che rifulge a noi dal volto luminoso del tuo Figlio, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen. CANTO FINALE IV MODULO NOI CHE… SE SIAMO UNITI: UNA CASA PER TUTTI. 67 ORIZZONTE Il giovane si comprende come un essere in relazione, e scopre la bellezza e la ricchezza dell’altro nella sua originalità e irriducibilità a sé, come risorsa e dono per vivere l’unità, l’essere Uno nelle differenze. Proprio questa convivialità delle differenze mette al bando l’indifferenza e ogni forma di negazione dell’altro, garantendo il raggiungimento del bene personale insieme alla ricerca del bene comune. La deriva privatistica, che chiude le porte alla reciprocità dell’essere, cede il passo alla prospettiva comunionale cha fa del mondo una casa per tutti e con tutti, dove abitare e praticare le vie del dialogo e della fraternità universale. In quest’ottica, il giovane fa l’esperienza di una Chiesa che valorizza i diversi carismi e ministeri per il servizio della comunione e per la missione evangelizzatrice. LA PAROLA Dalla prima lettera di San Pietro apostolo(2, 4-10) Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, 5quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion una pietra d'angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso. Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credonola pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d'angolo 8esasso d'inciampo, pietra di scandalo. Essi v'inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistatoperché proclamile opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia RILEGGIAMO… Siamo pietre vive e scelte e preziose. Stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di Lui che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Pietre di Luce: tornano alla mente le pietre di luce di Castel del Monte. Quel castello è costruito con pietre meravigliose poste in modo da dare corpo e far filtrare la luce in tutto il percorso del sole durante l’anno. Per questo è un monumento di luce e di pietra, come le splendide cattedrali romaniche di Puglia, costruite dalle stesse maestranze del Castello.E tornano alla mente anche le pietre dei mosaici di Padre Ivan Rupnik in due chiese della nostra diocesi: ma come fa una pietra fredda dura prosciugata refrattaria totalmente disanimata ad esprimere movimento e dinamicità!? Le pietre di quei mosaici diverse, grandi e piccole opache e lucide povere e ricche preziose e umili bisogna saperle tagliare e mettere insieme. Bisogna imparare a tener conto della diversità e della grandezza delle pietre. E tenendone conto, s’impara a tener conto dell’altro. Questo è un principio religioso: considerare l’altro, affermarlo, riconoscerlo. L’altro è pietra preziosa come me. E la pietra-materia ha come un “desiderio”: essere usata per diventare “dono”, esprimendo l’amore interpersonale. 68 Stirpe. Popolo. Nazione. Collettività di pietre vive e non inerti. Pietre “fasciate” d’amore che esprimono un insieme favoloso. Allora…l’altro può “essere l’inferno” per me - come diceva Sartre? No. L’altro è terra familiare di vita, il mio io più prezioso e inamovibile che mi regala il senso e la realtà della vita eterna già iniziata: “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli” (1Gv 3, 14). Occorre allora sospendere il giudizio e considerare l’altro con simpatia. Tutto comincia di qui. L’altro non si rivela sempre “bello”, non ci seduce necessariamente, non genera per forza di cose attrazione e curiosità. Occorre decidere di amarlo prima ancora di conoscerlo. In una comunità il grande allenamento è questo: sì, decidere di amare l’altro prima di conoscerlo. E non valgono né simpatie, né antipatie, né affinità elettive. L’altro è un dono, col suo modo di stare, di vivere i rapporti, di essere altro: gli possiamo solo chiedere di vivere il Vangelo, come lui può chiederlo a noi. Allora la Verità rivelata è l’Amore, ma soltanto l’Amore realizzato, “fatto”, condiviso, è la Bellezza. La Bellezza è un mondo penetrato dall’amore, cioè dalla Comunione! Ciò che è veramente bello, è la Chiesa, perché è la COMUNIONE delle persone, la Comunità. 69 I TAPPA TUTT’ALTRO CHE ME Obiettivi • riflettere sullo stile delle proprie relazioni • avviare i giovani/giovanissimi a costruire relazioni significative con gli altri basate sulla sincerità, sull’ascolto, sull’accoglienza • siamo chiamati come cristiani a vivere le relazioni con lo stile di Gesù, modello delle relazioni, a riconoscere nei fratelli il volto dell’altro In profondità Le relazioni che si allacciano nelle comunità virtuali sono relazioni “leggere’” che non ammettonolegami, in quanto sono sciolte, revocabili, facili da finireperché possono essere concluse senza sensi di colpa in qualsiasi momento.Chi, appunto, non si riconosce in questo tipo di relazioni è colui che irrimediabilmente rimaneustionato dalle relazioni virtuali trasposte nel mondo del vissuto reale. Questa serie di metafore proposte criticamente da Bauman, servono a noi per capire quindi che laprospettiva di responsabilità che viene imposta dall’altro in una relazione che sia educativa o non,deve necessariamente essere “solida”, non nel senso opposto a leggera ma di opposto a “liquida”. Una relazione che contempla momenti di luce e di ombra, considera quindi anche spiacevoliconseguenze, dolori e perdite, rabbie e ansie, forti sentimenti in circolo, non immunizzandosiperché nell’attaccamento che man mano si costruisce e si rafforza si trova il naturale e sano esito diuna relazione impegnativa dinamica e funzionante. Una relazione solida è contrassegnatadall’affidabilità di chi scommette sull’incontro e la qualità della presenza piuttosto di “compensare la fragilità delle relazioni con la quantità delle connessioni”. L’identità sembra nascere e costruirsi solo in un positivo rapporto con l’alterità. PER I GIOVANISSIMI E PER I GIOVANI Due domande ci accompagnano:Come entriamo in relazione? Con chi entriamo in relazione?Si inizia l’incontro con la proiezione e relativa riflessione sui seguenti filmati: Video Corti PIXAR “Geri’s Game” (rif. Allegato_CortiPixar) • Come uomini siamo nati per non essere soli • La stessa solitudine ci fa rendere conto di quanto abbiamo bisogno dell’altro Un uomo è pienamente uomo quando è in relazione con l’altro. Geri è solo nel grande gioco della vita: lui gioca con se stesso, utilizza maschere per rapportarsi, a volte tenta di barare, deride, s’illude, ma alla fine non si accorge che vince e perde nello stesso tempo. Filmato “Balance” (rif. Allegato_00) • Perché abbiamo fatto vedere questo cortometraggio? • Cosa vi colpisce? • Secondo voi come sono legati tra di loro i personaggi? • Riescono a collaborare? • Qual è il primo atto di violenza? (non è lo schiaffo, ma il passo che rompe l’equilibrio) • Secondo voi rispecchia qualcosa di reale? • Noi uomini siamo legati?...quali relazioni ci caratterizzano? Video Corti Pixar “Agnello rimbalzello”(rif. Allegato_CortiPixar) 70 • • Siamo unici e dobbiamo riscoprire le nostre qualità per metterle comunque a servizio degli altri Presenza di una guida, un punto di riferimento, qualcuno che nelle nostre relazioni ci fa rientrare in noi stessi L’incontro prosegue con la fase di confronto differenziato per Giovanissimi e Giovani !!! DA TENERE PRESENTE PER LA DISCUSSIONE NEI GRUPPI !!! E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza” Creati a immagine di Dio e siccome Paolo dice che Dio è Amore, siamo creati a immagine dell’Amore, Creati capaci di relazione, Creati per amare. L’uomo si scopre come bisognoso di mettersi in relazione… …e da questa relazione scopre se stesso Se Dio è Amore (cfr 1 Gv 6,7) E se l’amore è una relazione Dio è relazione Ma se l’uomo è a immagine e somiglianza di Dio l’uomo è sé stesso (ciò che deve essere) solo quando ama Quindi l’uomo per crescere (per diventare uomo) deve maturare nelle sue relazioni È noto il principio etico fondamentale di I. Kant: “Tratta l'altro sempre come fine, mai come mezzo”.Se si confronta il pensiero filosofico con il pensiero religioso cristiano, allora troviamo ulteriore approfondimento e motivazione. Nel pensiero cristiano, la qualità della relazione è misurata dalla carità, traduzione latina della voce greca agape che vuol dire amore di donazione, amore altruista. In perfetta coerenza, il concilio Vaticano II afferma che l'essere umano “si ritrova”, cioè si realizza nel dono sincero di sé. Approfondimenti • presentazione sullo stile dell’amicizia tra Gesù e Pietro (rif.Allegato_01) • attività sulle relazioni (rif. Allegato_02) PER I GIOVANISSIMI Nel prosieguo dell’incontro si può fare riferimento alla presentazione powerpointsull’amicizia (rif.Allegato_03) e alle diverse canzoni più o meno famose scritte sull’amicizia (aiutarsi con le diverse modalità di animazione: far cantare a ciascun giovanissimo lo spezzone delle varie canzoni, …) PER I GIOVANI Ma da dove viene questo bisogno di relazionalità?Il bisogno di relazionalità risale dalla nostra natura:Non è bene che l’uomo sia solo(Genesi). La scoperta dell’altro: Questa volta essa è carne della mia carne, ossa delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta (Genesi ). In ebraico ISH è l’uomo, ISHA è la donna (la radice è unica). Proiettare o distribuire su fotocopia, possibilmente a colori, il dipinto di Michelangelo (rif. Allegato_04). La scoperta di assomigliare all’Altro: Dio che tende la mano all’uomo.L’uomo è ala ricerca dell'altro fuori di se, ma quel piccolo spazio che divide il dito di Dio e quello dell’uomo sembra così piccolo, ma è infinito perché racchiude lo spazio in cui l’uomo entra in relazione con l’altro, in cui entra in una dimensione che è fuori da se stesso, diversa dall’io e che lo porta a DIO. IO separato dal TU, ma IO in relazione al TU. 71 II TAPPA ESSERE IN-DIFFERENZA Obiettivo L’obiettivo di questa tappa è di aiutare i giovani a riflettere su come vivono e considerano la diversità nelle loro relazioni quotidiane, per arrivare a (ri)scoprirla come elemento fondamentale di coesione e di arricchimento del proprio gruppo, della propria comunità parrocchiale e, più in generale, di tutti i loro ambiti di vita. In profondità Siamo tutti uguali: è semplicemente una bugia da evitare. Siamo tutti diversi, perché ciò che alla radice ci unisce non è ciò che ci omologa, ma ciò che ci differenzia: abbiamo la medesima natura, ma la nostra natura non è l’essenza metafisica ma la singolarità. Non è facile passare sulle differenze, ignorandole, quasi non avessero peso nella convivenza. Una troppo frettolosa compassione per gli altri o una solidarietà viscida costruiscono una falsa compassione o un falso incontrarsi, in un gioco di equilibri irrealistici destinati prima o poi a saltare. Tenere conto delle distanze e del peso delle differenze è saggio e porta ad una comunicazione vera, ad una comprensione facile. E’ importante essere e diventare dono per l’altro, ma allo stesso tempo è determinante porre le condizioni perché l’altro sia un dono per noi a riconoscimento della sua umanità e dell’insufficienza della nostra. Chi vive di un solo colore dell’arcobaleno è cieco agli altri colori, ma chi vive nella luce diffusa attraverso l’intero arcobaleno, conosce il Tutto. Anche e soprattutto l’atteggiamento, a prima vista sconcertante, di Gesù nell’incontro con la donna sirofenicia (Mt 15, 21-28 - Mc 7, 24-30) è in realtà rispetto per la differenza che li separa e il loro ritrovarsi nel fatto che “Dio è il Dio di tutti” riconosce ciò che li unisce alla radice del loro vivere, non ciò che li rende uguali. Un po’ come lo Spirito Santo, che di noi si serve in differenti modi e contesti: vivere a pieno la diversità può essere allora un modo nuovo per condividere nel mondo la fecondità dello Spirito. Cominciando a condividere la vita con gli altri ci si rende conto di aver nascosto dentro il proprio scrigno una quantità di risorse verso cui non si era riposta la minima attenzione e che non erano valorizzate adeguatamente. L’unione di una vera comunità scaturisce sempre dall’interno, dal fatto che ciascuno è rispettato e trova il suo posto, dal riconoscersi diversi e dall’assenza di rivalità, …dall’essere differenti alla reciprocità dell’essere. PER I GIOVANISSIMI La diversità è spesso fonte di ansie e paure perché inconsciamente è avvertita come una minaccia alla propria identità che faticosamente i giovanissimi stanno conquistando: vengono allora aiutati a convivere con la (falsa) minaccia dei diversi e a trasformarla pian pianino in risorsa per sé e per l’altro. L’analisi delle relazioni con i propri coetanei, alla luce di questa (ri)scoperta, porta l’adolescente a viaggiare nella propria identità, aprendolo sia alle sorprese della sua fragile, ma bella umanità, sia alla vicinanza dei tanti volti così tremendamente eppure meravigliosamente vicini. La proposta “Sei come sei?” (rif. Allegato_05) può essere utilizzata per stimolare il confronto ed il dialogo alla luce delle aspettative che ognuno si fa’ dell’altro. Non c’è autentico dono se questo, oltre che ad essere riconosciuto nella gratuità sconfinata del Padre, non è nuovamente messo in gioco come dono per gli altri. Reciprocità dell’essere può significare che tutto quello che viene scoperto come propria 72 originalità, capacità, ricchezza, non può essere trattenuto per sé, ma messo in circolo, a servizio della crescita e della comunità. L’ascolto ed il confronto su “Rwanda” (rif. Allegato_06) e “Metti in circolo il tuo amore” (rif. Allegato_07) aiutano quindi a riprendere i temi della diversità approfondendo la necessità metterla in relazione senza alcun timore o insicurezza. PER I GIOVANI La vita comune può diventare una vera scuola in cui si cresce nell’amore: è la rivelazione della diversità, delle ferite e delle tenebre dentro di noi, della trave nei nostri occhi, della nostra capacità di giudicare e di rifiutare gli altri, delle difficoltà che abbiamo ad ascoltarli e ad accettarli. I giovani, confrontandosi con una coppia di giovani sposi (rif. Allegato_08), scoprono le tante situazioni in cui la diversità è vissuta quotidianamente, si interrogano e scoprono se e come la differenza aiuta ad individuare il problema per quello che rappresenta realmente: un ostacolo comune ad entrambi da superare insieme. In “Rwanda” (rif. Allegato_09) si possono riprendere i temi della diversità approfondendo la necessità metterla in relazione senza alcun timore o insicurezza: quanta fatica facciamo ad accettare la diversità; ancora oggi l’altro, il “diverso” ci fa paura e invece di accoglierlo come una ricchezza, lo etichettiamo come un potenziale pericolo. Un valido aiuto per la riflessione personale o di gruppo è la pagina “In principio, la trinità” di mons. Tonino Bello (rif. Allegato_10): il genere umano è chiamato a vivere sulla terra ciò che le tre persone divine vivono nel cielo: la convivialità delle differenze. Approfondimenti (per Giovanissimi e Giovani) • “L’alfabeto dello stareinsieme” (rif. Allegato_11) • Ulteriori interrogativi per il confronto e la discussione di gruppo: - Che accezione diamo al termine “diversità”? - Quali mondi o categorie di persone riteniamo “diversi” nella nostra comunità? Perché? - Che genere di approccio abbiamo, concretamente, con persone ritenute “diverse”? Quali difficoltà incontriamo nell’annunciare loro il Vangelo? Come superarle? - Quale ruolo svolgiamo a servizio del Vangelo nella comunità? In che misura i carismi di ognuno si incontrano? Le numerose “diversità” presenti nella comunità hanno il potere di costruire più unità o più divisione? - Hai mai pensato che la diversità e’ una ricchezza? Una ricchezza che abbiamo tutti!!! 73 III TAPPA Obiettivo Aiutare i giovani e i giovanissimi ad individuare le caratteristiche della “Pace” come dono di Dio; un dono gratuito, prezioso e abbondante. In profondità La scoperta di Dio, nella propria vita, la percezione della sua bellezza, l'incontro gioioso con lui nel volto dell’altro suscita nel cuore delle persone una gioia profonda, sconosciuta, diversa da ogni altra gioia.È la gioia del sapersi conosciuti, amati, preziosi. E la scoperta dell'amore di Dio mi apre a scenari nuovi, inattesi: il mondo ha un destino di bene, un amorevole disegno che, malgrado la fatica della storia e dell'umanità, confluisce verso Dio. E in questo progetto io, se voglio, ho un ruolo determinante: sono “una pietra viva… scelta e preziosa davanti a Dio”, una tessera di un mosaico immenso, grandioso, luminoso, sono parte di un tutto che realizzo amando e lasciandomi amare.Scoprire il proprio destino, la propria chiamata intima, la propria vocazione, mi mette le ali, mi cambia l'umore. Malgrado i miei limiti, le mie fragilità, le mie paure, posso amare e, amando, cambia il mondo intorno a me. Ecco, questa è pace: sapersi nel cuore di una volontà benefica e salvifica, scoprirsi dentro il mistero nascosto del mondo. Credere in questo, adesione alla fede quasi sempre tormentata e sofferta, non immediata e leggera, dona la pace del cuore. Io sono amato, tu, amico, sei amato.Insieme a Dio, se vuoi, possiamo cambiare il mondo. Questa pace è pace profonda, pace salda, pace irremovibile, ben diversa dalla pace del mondo, pace che viene venduta come assenza di guerra o, peggio guerra che viene ritenuta necessaria per imporre la pace. Pace del sapersi amati che permette di affrontare con serenità anche le paure.Paura del futuro, della malattia, del lavoro precario, del non sapersi amati, paura. La pace del cuore, dono e conquista, fiamma da alimentare continuamente alla fiamma del risorto, aiuta ad affrontare la paura con fiducia, a non avere il cuore turbato. Un cuore pacificato è un cuore saldo, irremovibile, che ha colto il suo posto nel mondo, che non si spaventa nelle avversità, non si dispera nel dolore, non si scoraggia nella fatica. Se avremo in noi stessi la capacità di vivere con la fede il dono della pace, il carisma della pace, allora possiamo ben sperare di raggiungere l'unione completa degli spiriti e dei cuori, che arriverà fino a mettere in comune i nostri carismi per la costruzione dell'edificio spirituale che è il corpo visibile di Cristo, cioè la Chiesa. Quale grazia, quale dono ci tiene uniti? La PACE. 74 PER I GIOVANISSIMI Leggere il racconto “noi non siamo rocce” (rif.Allegato_12). Dopo un brevissimo confronto sulla storia, l’animatore legge il brano del Vangelo diGiovanni 20, 19-22: La sera di quello stesso giorno, che era il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» E, detto questo, mostrò loro le mani e il costato. I discepoli dunque, veduto il Signore, si rallegrarono. Allora Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre mi ha mandato, anch'io mando voi». Detto questo, soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. Gesù risorto porta la pace, primo dono ai credenti. Altro è volersi bene e andare d’accordo, altro percepire questo gesto come chiamata e vocazione: “Pace a voi” è Parola che fa comunione, che lega, che costruisce la Chiesa, che rende testimoni e dà coraggio. Una testimonianza e un coraggio da “operatori di pace”: ”gli operatori di pace si sforzano poi di creare legami, di stabilire rapporti fra le persone, appianando tensioni, smontando lo stato di guerra fredda che incontrano in tanti ambienti di famiglia, di lavoro, di scuola, di sport, fra le nazioni, …” (rif. Allegato_13) A questo punto i giovanissimi saranno invitati a guardare alcune immagini (che l’animatore avrà provveduto precedentemente a raccogliere preparando una presentazione powerpoint) che ritraggono diversi ambienti di vita come la famiglia, la scuola, il gruppo degli amici, la parrocchia, … e scegliendo una tra di esse racconteranno come e “se” vivono il dono della Pace. Una variante è quella di far preparare ai giovanissimi stessi, dividendoli in gruppi di lavoro, dei filmati o delle presentazioni con didascalie e commenti dove loro stessi raccontano come e “se” vivono il dono della pace. I lavori verranno poi presentati a tutti i membri del gruppo per un confronto. PER I GIOVANI “Il cammino della Pace”, è il titolo del video o della presentazione che un gruppo di giovani dovrà preparare per introdurre l’incontro. Esso dovrà rintracciare le tappe più significative del “cammino della Pace” nella storia. Dopo la presentazione l’animatore leggerà il brano del Vangelo di Giovanni 20, 19-22: La sera di quello stesso giorno, che era il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» E, detto questo, mostrò loro le mani e il costato. I discepoli dunque, veduto il Signore, si rallegrarono. Allora Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre mi ha mandato, anch'io mando voi». Detto questo, soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. Gesù risorto porta la pace, primo dono ai credenti. Altro è volersi bene e andare d’accordo, altro percepire questo gesto come chiamata e vocazione: “Pace a voi” è Parola che fa comunione, che lega, che costruisce la Chiesa, che rende testimoni e dà coraggio. In un rapido giro, ogni giovane condivide la sua idea di dono (brainstorming):che dono ho sperimentato nella mia vita? E come l’ho sperimentato? Successivamente (se è possibile dividere il gruppo in due o tre sottogruppi)i giovani saranno invitati a confrontarsi con il brano di don Tonino Bello “la Pace in cammino”(rif. Allegato_14). Durante il confronto sarà opportuno che ciascun giovane si chieda: come io cammino con la Pace? Le riflessioni emerse nei diversi sottogruppi saranno poi condivise con tutti i membri del gruppo. 75 IV TAPPA UN MONDO DI BENE …COMUNE Obiettivo Il giovane riconosce l'appartenenza alla città degli uomini nella prospettiva del bene comune al fine di progettare un impegno creativo e responsabile per fare del mondo una casa per tutti. In profondità Nel tempo della crisi di relazioni libere da tornaconti o interessi individuali, rimettere al centro dei nostri cammini l’attenzione per una cittadinanza consapevole, vissuta nella gratuità come spontanea risposta alla vocazione laicale, è aiutare le nostre comunità ecclesiali ad orientare la loro missionarietà anche sul versante della partecipazione attiva alle sorti del nostro tempo e delle nostre città. La nota pastorale della CEI “con il dono della carità dentro la storia” esprimeva già nel 1995 l’esigenza di un nuovo radicamento civile e democratico segnalandolo come vera e propria urgenza: “al momento presente…” il nostro essere cristiani laici ci convoca ad un impegno attivo per la città dell’uomo, in impegno per la costruzione di un mondo più umano già a partire dalla realtà a noi più vicina. Fondamentale nell’attuale contesto è riporsi l’interrogativo: quale città per l’uomo di oggi? Questa domanda ci porta a riaffermare la centralità della persona e della sua dignità, ma anche a sottolineare la responsabilità dell’agire. Chiedersi quale città oggi, significa in fondo domandare quale mondo è possibile realizzare, quali nuovi percorsi partecipativi si possono intraprendere. L’avere come riferimento l’essere comunitario della persona e il suo essere naturalmente aperto e in relazione ci espone ad un’esperienza del plurale, dell’incontro, del dialogo, del confronto, dell’apertura all’altro, della fatica esigente per la costruzione di un mondo migliore. Su questo sfondo si possano aprire spazi immensi di protagonismo e di impegno laicale, veri e propri spazi di presenza che i cattolici non possono lasciar vuoti. Bisogna però riappropriarsi di passione civile e passione per l’uomo, bisogna ripartire dalla pedagogia divina dell’Incarnazione: “venne ad abitare in mezzo a noi”, “ha messo la sua tenda in mezzo a noi”, cioè ha fatto casa in mezzo a noi. È necessario, oggi più che mai star dentro le dinamiche di questo tempo vivendo il proprio tempo come tempo dell’impegno. Dunque la partecipazione alla vita pubblica (in diversi modi ma con gli stessi riferimenti valoriali) è un dovere per il credente. Cittadinanza è partecipazione attiva alle sorti delle nostre comunità civili ed è impegno per un mondo nuovo. Un impegno che si traduce nella riscoperta sia della politicità del vivere comunitario che del valore del bene comune al di là di ogni settarismo e di ogni chiusura delle ragioni dell’altro. La comunione ecclesiale è il più grande segno di speranza su cui siamo chiamati oggi a misurarci, un segno di speranza che la Chiesa può offrire a un mondo diviso, a dimostrazione che pur nelle differenze di carismi e di culture, la ricerca e l’individuazione del bene comune può aiutare a costruire prospettive nuove di pace e di progresso. PER I GIOVANISSIMI “La capacità di sognare collettivamente delle condizioni migliori di vita”, “sentire l’urgenza di doverci mettere in rete”: sono alcuni passaggi del breve intervento del governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, al Villaggio Giovani (Fiera del Levante, 13 settembre 2010) e che può costituire l’introduzione al tema della tappa (rif. Allegato_15). 76 L’ascolto di “Mondo”, di Cesare Cremonini, mette a fuoco lo studio della propria realtà e del posto in cui viviamo (ci si può aiutare con la ricerca su internet dei video legati alla canzone). L’attività “gabbie da superare” (rif. Allegato_16) conduce la riflessione, a partire da quello che emerge dall'attività stessa, alla necessità di ”aprire le proprie gabbie” e a chiedersi di cosa c'è bisogno per rendere realmente aperto, globale e fraterno il mondo. Con l’ascolto della canzone “Lavori in corso” (rif. Allegato_17) ognuno è chiamato a dire il proprio “c’è bisogno” per un mondo più umano, a partire dalla proprie realtà, dalla propria città. Il confronto può essere aiutato dai seguenti interrogativi: 1.È possibile per un giovane prendersi cura del territorio in cui vive e dei beni e delle risorse in esso presenti? 2.L’ esperienza del gruppo in che misura aiuta a testimoniare nella vita la mia fede? 3.Conoscere e prendersi cura del proprio territorio, dei suoi beni naturali e materiali, educa a prendersi cura di tutti i territori, delle risorse presenti nel mondo? Aiuta a prendersi cura di tutti gli uomini e donne che abitano e che abiteranno quei territori? 4.In che modo la mia città dà risposte concrete alle attese de mondo giovanile? Come accoglie gli ultimi, i disagiati, i disoccupati? Quanto mi sento accolto dalla mia città? 5.Ci sono esempi significativi di accoglienza e solidarietà che la Comunità ecclesiale parrocchiale o diocesana sperimenta nella tua città? 6.Quali sono i luoghi e gli spazi in cui sperimentare il protagonismo giovanile tanto nella società civile, quanto nella comunità ecclesiale? La tappa si conclude e trova il suo culmine nella presentazione idea del bene comune, con il supporto dei contributi del magistero (rif. Allegato_18) Approfondimento • L'essere umano e la "sua" terra (rif. Allegato_19) PER I GIOVANI “La capacità di sognare collettivamente delle condizioni migliori di vita”, “sentire l’urgenza di doverci mettere in rete”: sono alcuni passaggi del breve intervento del governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, al Villaggio Giovani (Fiera del Levante, 13 settembre 2010) e che può costituire l’introduzione al tema della tappa (rif. Allegato_15). L’ascolto di “Mondo”, di Cesare Cremonini, mette a fuoco lo studio della propria realtà e del posto in cui viviamo (ci si può aiutare con la ricerca su internet dei video legati alla canzone). “Abbiamo visto il mondo in cui siamo, ma in questo mondo cosa siamo chiamati ed essere?”: avvio della discussione con la presentazione powerpoint "Sale e Luce" (rif. Allegato_20) A partire dal confronto con la figura di Giorgio La Pira (rif. Allegato_21) il gruppo individua nello proprio territorio, gli spazi e gli ambiti dove essere cittadini attivi e responsabili. Il confronto può essere aiutato dai seguenti interrogativi: 1. È possibile per un giovane prendersi cura del territorio in cui vive e dei beni e delle risorse in esso presenti? 2. L’ esperienza del gruppo in che misura aiuta a testimoniare nella vita la mia fede? 3. Conoscere e prendersi cura del proprio territorio, dei suoi beni naturali e materiali, educa a prendersi cura di tutti i territori, delle risorse presenti nel mondo? Aiuta a prendersi cura di tutti gli uomini e donne che abitano e che abiteranno quei territori? 77 4. In che modo la mia città dà risposte concrete alle attese de mondo giovanile? Come accoglie gli ultimi, i disagiati, i disoccupati? Quanto mi sento accolto dalla mia città? 5. Ci sono esempi significativi di accoglienza e solidarietà che la Comunità ecclesiale parrocchiale o diocesana sperimenta nella tua città? 6. Quali sono i luoghi e gli spazi in cui sperimentare il protagonismo giovanile tanto nella società civile, quanto nella comunità ecclesiale? L'ultima parte dell'incontro focalizza l'idea centrale del "bene comune" attraverso i Contributi dei contributi del magistero (rif. Allegato_18). Approfondimenti • Una nuova laicità (rif. Allegato_22) • L'essere umano e la "sua" terra (rif. Allegato_19) • Cronaca di una realtà mascherata (rif. Allegato_23) • Un sogno per domani (rif. Allegato_24) 78 PER LA CELEBRAZIONE ELA PREGHIERA RICCHI DELLE DIVERSITA’ Sappiamo di essere diversi tanto diversi, l’uno dall’altro, ma conosciamo ciò che ci unisce. Vogliamo ascoltarci, essere attenti alle necessità dell’altro, correggerci come fratelli. E’ una ricchezza essere tanti, non un pericolo. Vogliamo essere franchi, onesti, corretti gli uni con gli altri per essere più uniti. Vogliamo essere uniti nel cercare la giustizia e la pace, Vogliamo essere uniti per testimoniare l’amore. Ci impegniamo a superare gli ostacoli alla fraternità. La PACE Madre Teresa di Calcutta Possa oggi esserci la pace. Possa tu avere fiducia nelle tue possibilità, che tu sia esattamente dove avresti voluto essere. Possa tu non dimenticare le infinite possibilità che nascono dalla fede. Possa tu usare questi doni che hai ricevuto e trasmettere l'amore che ti è stato donato. Sii contento di sapere di essere figlio di Dio. Sia questa presenza fissata nelle tue ossa e permetti alla tua anima di essere libera di cantare, ballare, glorificare e amare. Sia così per ognuno di voi. Amen. 79 V MODULO CONSIGLI PER LA VITA: LA VIGNA, INDICAZIONI PER PORTARE FRUTTI. Orizzonte: il giovane comprende che il senso della vita è dare vita/spazio/forma a un progetto, un obiettivo, una causa; è diventare quello che si è, portare a pienezza il proprio essere nella logica del Vangelo e nella disponibilità all’altro da sé. Per questo, nel cammino, il giovane si incontra con il dinamismo della fedeltà e con il dinamismo dell’obbedienza. La fedeltà come radicamento alla terra, alla storia, a Dio, nel riconoscimento di legami vitali che non imbrigliano ma liberano l’identità personale verso il fine dell’esistenza. L’obbedienza come un essere in stato di conversione che si ritrova e cresce nel Sì pronunciato e vissuto di fronte al tu/Tu e che caratterizza lo stile della sequela lungo la strada del Vangelo, nella povertà e nella castità dell’amore-dono. LA PAROLA Dal Vangelo secondo Giovanni (15, 1-11) Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. RILEGGIAMO… La "Vite e i tralci", più che una parabola o un'allegoria, anche se non ne mancano degli aspetti, potrebbe definirsi, con un termine ebraico, come un "mashal", cioè una sorta di riflessione sapienziale che parte dall'esperienza di vita. Questo fa parte dei grandi discorsi di addio che Gesù lascia ai suoi discepoli quale suo testamento spirituale. Esso è finalizzato ad illustrare ai credenti chi è Gesù, il tipo di rapporto che intercorre tra Gesù e i suoi discepoli e le conseguenze di tale rapporto. E', quindi, un qualcosa che ci riguarda da molto vicino. Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo: questa semplice espressione è densissima di significato. Nel nostro racconto, Gesù opera una nuova e definitiva sostituzione: la vigna non è più né Israele, né il Regno affidato ai credenti, come considerato in precedenza ma Lui stesso si definisce la "vera vite". Ogni tralcio che in me non porta frutto: stabilito che Gesù è l'unica e definitiva vite in cui pulsa la vita divina, si pone subito la questione del rapporto con i tralci. Chi sono questi tralci?Si tratta dei credenti e degli intimi di Gesù. Il credente, proprio per la sua scelta esistenziale di fondo, si colloca all'interno della vita stessa di Dio e ne fa parte. Questo significa che egli è parte della vite, ne è la logica conseguenza, poiché non esiste vite senza tralci. Ogni battezzato infatti è inserito in Cristo e ne condivide la vita e il destino (Rm 6,4-5), ne è rivestito come di un abito nuovo, è cristificato al punto tale che 80 non è più lui che vive, ma è Cristo stesso che vive ed opera in lui (Gal.2,20). Ma l'essere inseriti in Cristo, l'essere parte di questa "vite" non ci dà la garanzia della salvezza, ma soltanto la possibilità di fare nostra la salvezza che ci viene offerta. C'è, pertanto, chi "non porta frutto" e chi, invece, "porta frutto". Ma che cosa si intende per frutto? Va subito detto che qui per frutto non si intendono le opere che l'uomo compie, buone o cattive che siano. Il frutto di cui Gesù parla è un qualcosa che si radica nell'intimo e nel profondo dell'uomo e va ben al di là del suo operare, così che il suo operare diventa espressione di questa realtà intima che anima l'uomo. Il frutto, poi, è sempre il momento finale di un lungo processo che fa parte della vita stessa della pianta. Questo significa che noi, in quanto credenti, facciamo parte di questo processo della vita stessa di Dio, così che Dio non è più pensabile senza di noi. Che cos'è, dunque, questo frutto? È la vita stessa di Dio che ci permea totalmente. Questo è il frutto della vite. Pertanto, il portare o non portare frutto, significa conformarsi o meno a questa vita di Dio; significa fare si che questa vita divina traspaia nel nostro vivere quotidiano, lo informi e crei in noi uno stile di vita divino. Portare frutto o non portare frutto, significa accettare o rifiutareche questa vita divina operi in noi. In tal senso Paolo afferma: "Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna"(Rm 6,22). Questo frutto è Cristo stesso; il raccoglierlo significa il decidere la propria vita per lui, e questo ci porta alla santificazione, cioè ad essere pienamente assimilati alla vita stessa di Dio, che sfocia fatalmente nella vita eterna, che è vita definitiva in Dio. Ancora insiste Paolo: "Anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte ... per appartenere ad un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio" (Rm 7,4). In altri termini, per mezzo dei Sacramenti siamo stati incorporati al Cristo risorto, per cui il nostro vivere, ora, è un vivere per il Signore (frutti per Dio), poiché il nostro vivere è un vivere da risorti, cioè definitivamente orientato a Dio. Chi accetta, pertanto, di lasciarsi configurare a Cristo anche nel suo vivere quotidiano sarà potato dal Padre, il vignaiolo, perché porti più frutto. Che cosa significa "essere potati"? La risposta ci viene dal successivo v.3: "Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato". La potatura, quindi, è diventare mondi, cioè purificati dalla nostra fragilità. Ciò che opera questa purificazione è la stessa Parola di Dio. Una Parola che è ripiena della potenza dello Spirito, di quello Spirito che ha risuscitato Gesù dai morti (Rm.1,4). E' una Parola, quindi, che possiede in sé una forza rigenerante e che è capace di trasformare il vivere dell'uomo in un vivere divino. Rimanete in me e io in voi: è l'espressione chiave di tutto il brano. Essa in solo otto versetti viene ripetuta ben dieci volte. Ciò significa che questo "rimanere" è di vitale importanza. Se l'essere tralci non dipende da noi, ma dalla vite, di cui siamo parte in virtù del battesimo, il rimanerci dipende da noi. Il termine "rimanere" non indica "un esserci" effimero, provvisorio, bensì persistente e perseverante. Significa dimorare a lungo, sempre. Significa fare di quella vite che è Cristo, la nostra abitazione abituale. Soltanto con la perseveranza, cioè con un persistente permanere in Cristo, si può portare il frutto atteso dal Vignaiolo. Il permanere nella vite, rigenerati dalla potenza della Parola (1Pt 1,23), significa che noi diventiamo testimoni della vita stessa di Dio in noi, ne diventiamo suoi generatori agli altri. Ma rimanere in che cosa o in chi? "Rimanete in me e io in voi". Ecco, dunque, che questo "rimanere" non è uno statico "essere in qualcosa", ma un dinamico compenetrarsi tra Cristo e noi, così che siamo costituiti come un'unica cosa con e in Cristo; significa essere cristificati. È, in ultima analisi, un riprodurre in noi lo stesso rapporto che esiste tra Cristo e il Padre. 81 Visto in questa prospettiva, il nostro vivere quotidiano diventa un vivere nella Trinità, diventa un vivere la stessa vita della Trinità, per cui tutto ciò che facciamo, anche le cose più umili e insignificanti, acquista un valore salvifico immenso, perché non siamo più noi che viviamo ed operiamo, ma il Padre, il Figlio e lo Spirito vivono e operano in noi e noi diventiamo la loro dimora: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23). Il nostro vivere, dunque, diventa dimora della Trinità, attuazione del progetto di Dio nella nostra vita. In questo è glorificato il Padre mio: ora che il Figlio ha compiuto la sua missione, la glorificazione del Padre è affidata a noi e si compie nel proseguimento della missione stessa del Figlio da parte dei suoi discepoli. Una missione, quindi, che, nata dal cuore stesso del Padre, rimbalza da Cristo a noi. Una missione da cui deve trasparire il volto di Dio. Essa è il testamento spirituale di Cristo stesso: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così amatevi anche voi. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri." (Gv 13, 34-35). La glorificazione, dunque, si attua nella prosecuzione della missione stessa di Cristo, che è una missione di amore per il Padre che si riflette nell'amore per gli uomini. Compiere questa missione, che è testimoniare il volto di amore del Padre agli uomini, significa, quindi, fare una cosa sola con Cristo, come lui è una cosa sola con il Padre. La glorificazione, pertanto, quale compimento della missione affidata dal Padre a Cristo e da lui a noi donata, si radica nella vita stessa di ciascuno di noi: spetta a noi, ora, quali discepoli di Cristo, a lui configurati per mezzo dei Sacramenti e della sua parola, portare avanti la sua missione e diventare così, davanti agli uomini, gloria del Padre. 82 I TAPPA SPAZIO - FORMA… L’ACININO! “Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto” Gesù è l’unica vera vite, alla quale noi siamo collegati come tralci e grazie alla quale noi condividiamo con gli altri la Vita che attraverso Cristo ci viene donata. Ma essere nella vigna non basta, occorre portare frutto, ma come? Che frutti possiamo dare anche da giovani? Cosa vuol dire essere potati? Obiettivo Il giovane/giovanissimo viene aiutato a prepararsi al cammino quaresimale prendendo coscienza della sua condizione di “tralcio” innestato in Cristo, ma collegato ai fratelli. Nell’ottica dell’unica Vigna prende coscienza del fatto che la sua crescita non può prescindere dalla cura e dall’attenzione alla sua vita spirituale. Occorre quindi fare spazio, affinché le primizie della nostra vita in Cristo prendano la forma del progetto d’Amore del Padre. In profondità: LIBERI DAI …CHICCHI SUPERFLUI! Si inizia un cammino a metà di un altro cammino… ci avviamo ad iniziare il periodo quaresimale e per i nostri gruppi questo spesso rappresenta il “giro di boa” che permette di lanciarci verso la seconda parte del cammino di catechesi. Occorre però fermarsi, guardarsi un po’ indietro e fissare dei punti fermi prima di volgersi in avanti con una consapevolezza maggiore di ciò che la nostra vita può diventare. La Parola che accompagna questo nostro percorso è perfetta per questo nostro obiettivo. Il Signore Gesù ci offre una collocazione e una prospettiva: noi siamo parte della vite, che è Lui, e dobbiamo portare frutti. Fare parte della vite vuol dire essere innestati in Cristo, condividere la sua vita e, contemporaneamente, essere collegati ai Fratelli. Prima di prendere in considerazione il nostro essere in Cristo con i fratelli, occorre guardare a noi stessi e a come maturare al meglio per portare frutto. Conoscere me stesso è il primo e più grande servizio che posso svolgere per gli altri! I Giovani/Giovanissimi che crescono in un mondo “multitask” che chiede loro di maturare in tante direzioni, nel rapporto in famiglia, nei rapporti con gli altri, nella vita di fede, nella vita scolastica, fisicamente, magari iniziando a fare delle scelte… Per questo proponiamo di fermarci un attimo a riflettere per decidere in quale direzione orientare le energie. Questo è il principio con il quale vivere la prima operazione che i ragazzi possono fare su loro stessi, grappoli in maturazione… “l’acinino”! Fare l’acinino vuol dire prendere coscienza dello stato di maturazione dei chicchi, degli aspetti della nostra vita che stanno crescendo, e, in seguito, cercare in alcune di queste caratteristiche della vita di Gesù che lui ci trasmette attraverso i rami della Vite. Il Giovane/Giovanissimo viene aiutato a comprendere che per far si che questi acini possano crescere nel modo migliore, occorre impegnarsi, ed essere consapevoli di stare coltivando un qualcosa così importante. Occorre anche mettere un po’ in disparte tutti quegli acini che invece pensiamo possano allontanarci dall’essere perfettamente maturi, secondo il progetto di Vita del Vignaiolo. 83 Forse non tutti sanno che… Si definisce “acinellatura” La compresenza in un grappolo d'uva di acini non sviluppati accanto a quelli normali. Gli acini non sviluppati: gli “acinelli” o, dalle nostre parti “acinini”, sono in genere privi di semi e, per questo, presentano una crescita irregolare. Possono infatti accumulare zuccheri andando a sottrarre preziosi nutrienti agli acini normali presenti nel grappolo e più in generale provocano un abbassamento della q.tà di zuccheri nei grappoli vicini con conseguente diminuzione della dolcezza del prodotto finale. L’operazione di “acinellatura” o dell’ “acinino” consiste quindi nel selezionare e rimuovere i grappoli che presentano acinelli, affinché il resto dei grappoli possa trovare spazio e nutrienti necessari per crescere al meglio e con una qualità superiore. L’operazione non può che essere fatta a mano e richiede molta attenzione e tempo. PER I GIOVANISSIMI: LASCIA E… RADDOPPIA! Proponiamo, per i giovanissimi di ripescare un po’ l’idea dell’impegno per la quaresima, rendendolo un po’ più elaborato. I giovanissimi ricevono un foglio con una facciata chiara ed una scura, sulla parte scura devono scrivere qualcosa che loro reputano superfluo e alla quale sono disposti a rinunciare per almeno una settimana… Fatto ciò, piegano il foglio a metà lasciando all’interno la parte scura. Fatto? Bene! Adesso girando il foglio troveranno a disposizione due facciate chiare sulle quali scrivere ben due delle loro qualità che, nel periodo quaresimale, desiderano coltivare in maniera particolare: facendo attenzione a viverle nell’ottica del servizio agli altri. Lasci… e raddoppi! Nel caso in cui il ragazzo non riesca ad assolvere alla sua piccola rinuncia, niente paura! Può tagliare il foglio a metà e ricominciare, avendo cura di non dimenticare i due impegni del lato chiaro ma di aggiungerne altri due… dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia! (Rm 5, 20) N.B.: Gli educatori saranno attenti non slegare l’attività dal brano del Vangelo e dalla vita di Fede in genere: coltivare i propri doni nell’ottica del servizio vuol dire rimanere nella Vigna, che ci rende vicini al Signore e ai Fratelli, nella comune condizione di tralci. PER I GIOVANI: VIENI VIA CON ME “Fare deserto vuol dire andare nel deserto con Gesù, che ti dice Vieni in disparte con me e riposati un poco” (A. Gasparino, Scuola di preghiera, 2004). Per i giovani proponiamo di prendere spunto dal titolo e dalla forma del programma televisivo di Fabio Fazio e Roberto Saviano (che ha rappresentato un caso televisivo), considerando il titolo come se fosse un invito posto dal Signore a ciascuno di noi. Dopo aver introdotto il tema dell’“acinino” gli educatori invitano i Giovani a vivere l’incontro e a svolgere l’attività ponendo attenzione al ritagliarsi un momento di deserto. Se gli spazi lo permettono si potrebbe pensare di dividersi in più luoghi, oppure di utilizzare l’Aula Liturgica. Dopo la breve (si spera) premessa, chiediamo ai Giovani, durante il deserto, di scrivere due “elenchi”: il primo, più superficiale e grossolano sarà: “Elenco delle cose che rendono la Quaresima diversa da un qualsiasi altro periodo dell’anno”. Nel quale indicheranno tutto quello che caratterizza in maniera particolare la Quaresima e che non fanno nel resto dell’anno. Il secondo sarà qualcosa del tipo: “Elenco delle cose che rappresentano le eredità delle Quaresime passate” Nel quale indicheranno ciò che, nella loro vita di fede da Cristiani, è stato arricchito dai periodi di riflessione e deserto che hanno vissuto: una sorta di rapida retrospettiva sulla strada percorsa… con un occhio di riguardo ai paletti fissati lungo la via. 84 Brani LINK E… citati e approfondimenti “Dalla testa ai piedi” Don Tonino Bello “Maestro insegnaci a pregare” Andrea Gasparino II TAPPA UN POSTO AL SOLE… LO “SFOGLIAZZAMENTO”! “Rimanete in me e io in voi.” Questa espressione in solo otto versetti viene ripetuta ben dieci volte. Ciò significa che questo "rimanere" è di vitale importanza. Il termine "rimanere" non indica "un esserci" effimero, provvisorio, bensì persistente e perseverante. Significa dimorare a lungo, sempre. Significa fare di quella vite che è Cristo, la nostra abitazione abituale. Ma rimanere in che cosa o in chi? "Rimanete in me e io in voi". Ecco, dunque, che questo "rimanere" non è uno statico "essere in qualcosa", ma un dinamico compenetrarsi tra Cristo e noi, così che siamo costituiti come un'unica cosa con e in Cristo; significa essere “cristificati”. Rimanere in Cristo è scoprire che la vita di ognuno di noi non può prescindere dalla vita Sacramentale che va coltivata e accresciuta con serietà e impegno. Rimanere in Cristo è alimentare costantemente il canale della preghiera rendendolo davvero strumento di comunicazione, di ascolto, di intercessione per i nostri fratelli. Obiettivo Il Giovane/Giovanissimo, comprende che lavorare sulla propria vita di fede è necessario ma non sufficiente alla propria maturazione. Occorre accorgersi di essere illuminati dalla luce della Grazia del Padre. Il Giovane/Giovanissimo viene aiutato a scorgere i raggi luminosi della Grazia nei Sacramenti, e a coltivare il mezzo della Preghiera come dialogo e ascolto. In profondità:UN’ABBRONZATURA “TOTAL SOUL!” (A TUTTA ANIMA) Può succedere che il gruppo possa concentrarsi troppo sul lavoro personale, che il Giovane/Giovanissimo possono compiere sulla loro vita, perdendo un po’ di vista il rapporto con il Signore, quello quotidiano della preghiera personale e dei Sacramenti. Occorre quindi che, nel nostro percorso di maturazione per fruttificare, venga introdotto dopo “l’acinino” una nuova operazione, lo “sfogliazzamento”! Bisogna che i Giovani/Giovanissimi sappiano togliere dalla loro vista gli ostacoli, le foglie, che fanno loro ombra. Il raggi luminosi che aspettano solo di essere accolti sono i raggi della grazia di Dio, che instancabilmente battono sul tetto di foglie che ci sovrasta cercando di inondarci di luce. Perché i ragazzi possano accorgersi della luce che li circonda, anche e soprattutto all’interno della comunità parrocchiale, occorrono due cose: tempo e conoscenza. I Sacramenti sono per definizione dei “segni visibili della Grazia di Dio”: sono i raggi che filtrano tra le foglie e che rendono visibile la luce; a volte però sono vissuti con superficialità dai ragazzi che vedono il celebrare l’Eucaristia più come assolvere ad un precetto che vivere un incontro intimo con il Signore. Allora ben venga lo 85 sfogliazzamento! Gli Educatori devono promuovere una conoscenza approfondita dei Sacramenti, è per questo che proponiamo di soffermarci soprattutto sui due Sacramenti che sono più vicini alla nostra vita quotidiana e che dovrebbero, anziché essere sbiaditi dall’abitudinarietà, donare al nostro quotidiano quei caratteri di unicità e bellezza tipici dell’incontro con Gesù: L’Eucaristia e il Sacramento del Perdono. L’Educatore per primo è chiamato a interrogarsi in prima persona sul proprio rapporto con questi due Sacramenti e con la Preghiera personale, per poter offrire davvero una testimonianza viva e ardente ai Ragazzi che gli sono stati affidati. Conoscere meglio cosa siano i Sacramenti è importante per viverli al meglio, ma non è tutto. C’è bisogno che questa conoscenza venga alimentata dalla preghiera personale e per fare questo occorre dedicare del tempo alla preghiera. Per questo oltre alle attività in questa tappa proponiamo di prevedere anche un momento di preghiera (vedete il capitoletto “per la preghiera” alla fine del modulo). Dedicare tempo alla preghiera non vuol dire “occupare del tempo” non vuol dire necessariamente preparare un libretto, con pagine e pagine di riflessioni, con brani su brani del Vangelo, o dell’antico testamento. Dedicare del tempo alla preghiera vuol dire dedicare tempo a Dio, all’ascolto e al dialogo con il Padre. È nella preghiera che il ragazzo riesce a togliere qualche foglia in più per esporsi alla luce del sole. E più si sta immersi in quella luce più ci si abbronza! Buon sfogliazzamento! Forse non tutti sanno che… La defogliazione o defogliatura consiste generalmente nell’asportazione totale o parziale delle foglie da un vegetale. Nell’ambito della cura della vite lo “sfogliazzamento”, viene utilizzato per ridurre l’ingombro del fogliame e permettere ad una maggior quantità di luce di filtrare, riducendo il tempo di maturazione dei grappoli e migliorandone la qualità. PER I GIOVANISSIMI: LONTANO DAL TUO SOLE Si consiglia l’ascolto della canzone di Neffa “lontano dal tuo sole” dalla quale si può prendere spunto per introdurre il tema del “lasciarsi illuminare” dalla grazia di Dio che prende forma nella vita della Chiesa nei Sacramenti, senza dimenticare il canale privilegiato della preghiera. Sono pronto... per rialzarmi ancora, è il momento... che aspettavo è ora nonostante... questo cielo sembri chiuso su di me. Nessuno mi vede... nessuno mi sente, ma non per questo io non... rido più. Io sono qui... in un mondo che ormai gira intorno a vuoto... lontano dal tuo sole e piove, ma io... qualche cosa farò per sentire ancora... tutto il calore che ora non ho e avere un po' di pace che ora non ho e luce nei miei occhi che ora non ho una direzione giusta che ora non ho che ora non ho... 86 Sulla strada... troppe stelle spente la tua mano... ora servirebbe troppa gente... alza il dito e poi lo punta su di me. Nessuno mi crede... davvero innocente, ma non per questo io non... vivo più. Io sono qui... in un mondo che ormai gira intorno a vuoto... lontano dal tuo sole, e piove mai io... qualche cosa farò per sentire ancora... tutto il calore che ancora non ho e avere un po' di pace che ora non ho e luce nei miei occhi che ora non ho una direzione giusta che ora non ho che ora non ho Per la riflessione: “Nessuno mi vede... nessuno mi sente, ma non per questo io non...” • Sei consapevole che c’è Qualcuno disposto sempre a vederti e ascoltarti per ricordarti che nonostante quello che sei tu… Sei? • La preghiera è per te lo spazio non solo del farsi ascoltare, ma anche del mettersi in ascolto di Dio? • La preghiera è per te “dire parole”, o dialogare con Qualcuno? “Io sono qui... in un mondo che ormai gira intorno a vuoto... lontano dal tuo sole e piove” • Nella tua vita di fede vivi l’esperienza dei sacramenti come spazio per lasciarti raggiungere dai raggi luminosi della Grazia di Dio? • Hai mai pensato ai Sacramenti come ad una pioggia di Grazia che da Vita alla tua vita a volte arida e bisognosa di acqua come la terra; che sembra quasi girare intorno a vuoto? “per sentire ancora… Tutto il calore… e avere un po' di pace… e luce nei miei occhi” • Credi che i Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia Siano la via attraverso cui Dio ti fa sentire tutto il suo calore, ti dona la sua pace e fa luce ai tuoi occhi? • Hai mai pensato a questi Sacramenti in questi termini? PER I GIOVANI: CONTEMPL-ATTIVI! Si propone la lettura meditata della pagina di Don Tonino Bello tratta da “cirenei della gioia” che segue: “L’eucarestia alla base della contempl-attività Attenzione: non bastano le opere di carità, se manca la carità delle opere. Se manca l’amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è l’eucarestia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandola di cose […] dobbiamo essere dei contempl-attivi, […] cioè della gente che partendo dalla contemplazione lascia sfociare sempre il dinamismo e il suo impegno nell’azione. Allora comprendete bene: «si alzò da tavola» vuol dire la necessità della preghiera, la necessità dell’abbandono in Dio, la necessità di una fiducia straordinaria, di coltivare l’amicizia del Signore, di poter dare del “tu” a Gesù Cristo, di poter essere suoi intimi. 87 Non ditemi che sono un vescovo meridionale, che parlo con una carica emotiva di particolari vibrazioni: le sentite pure voi queste cose; tutti avvertite che, a volte, siamo staccati da Cristo, diamo l’impressione di essere soltanto dei rappresentanti della sua merce, che piazzano le sue cose senza molta convinzione, solo per motivi di sopravvivenza. A volte ci manca questo annodamento profondo. Qualche volta a Dio noi ci aggrappiamo, ma non ci abbandoniamo. “Aggrapparsi” è una cosa, “abbandonarsi” un’altra. Quand’ero istruttore di nuoto – ero molto bravo, e quando ero in seminario tantissimi hanno imparato da me a nuotare – quante volte dovevo incoraggiare gli incerti: «Dài, sono qui io; non ti preoccupare…». Se qualcuno stava annaspando o scendendo giù, io gli passavo accanto e quello si avvinghiava fin quasi a strozzarmi. Questo è solo un abbraccio di paura, non un abbraccio d’amore. Qualche volta con Dio facciamo anche noi così: ci aggrappiamo perché ci sentiamo mancare il terreno sotto i piedi, ma non ci abbandoniamo. Abbandonarsi vuol dire lasciarsi cullare da lui, lasciarsi portare da lui semplicemente dicendo «Dio, come ti voglio bene!»...” Segue una riflessione personale guidata dalle domande “per la riflessione”, al massimo l’Educatore può richiamare l’attenzione dei ragazzi sulla centralità dei Sacramenti, in particolare dell’Eucaristia e della Riconciliazione nella vita pastorale della comunità e personale dei ragazzi. L’Eucarestia “culmine e fonte” (cfr. SacrosanctumConcilium) dell’esperienza cristiana e la Riconciliazione come Abbandono all’abbraccio del Padre. Infine può esserci un momento di condivisione partendo dalle domande qui di seguito, che sono quasi le stesse dell’attività dei giovanissimi, non per carenza di zelo ma perché l’interrogarsi sulla vita sacramentale è opportuno ad ogni età e ad ogni punto del cammino di fede! Per la riflessione: • Fai la scelta della Contempl-Attività? • Sei vittima della “girandola di cose” della vita quotidiana, della vita pastorale? (questa vale anche per gli educatori!) • Nella tua vita di fede vivi l’esperienza dei sacramenti come spazio per lasciarti raggiungere dai raggi luminosi della Grazia di Dio? • Hai mai pensato ai Sacramenti come ad una pioggia di Grazia che da Vita alla tua vita a volte arida e bisognosa di acqua come la terra; che sembra quasi girare intorno a vuoto? • Credi che i Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia Siano la via attraverso cui Dio ti fa sentire tutto il suo calore, ti dona la sua pace e fa luce ai tuoi occhi? Hai mai pensato a questi Sacramenti in questi termini? • La preghiera è per te lo spazio non solo del farsi ascoltare, ma anche del mettersi in ascolto di Dio? • La preghiera è per te “dire parole”, o dialogare con Qualcuno? Brani LINK E… citati e approfondimenti “Cirenei della gioia”, Don Tonino Bello “Costituzione SacrosanctumConcilium” Concilio Vaticano II, in EnchiridionVaticanum. Vol 1: Documenti del Concilio Vaticano II 88 Riguardo alla Preghiera può risultare interessante questo brano tratto da “Il Profeta” di Khalil Gibran: Allora una sacerdotessa disse: Parlaci della Preghiera. E lui rispose dicendo: Voi pregate nell'angoscia e nel bisogno, ma dovreste pregare anche nella pienezza della gioia e nei giorni dell'abbondanza. Perché non è forse la preghiera l'espansione di voi stessi nell'etere vivente ? Se riversare la vostra notte nello spazio vi conforta, è gioia anche esprimere l'alba del vostro cuore. E se non potete fare a meno di piangere quando l'anima vi chiama alla preghiera, essa dovrebbe spingervi sempre e ancora al sorriso. Pregando vi innalzate sino a incontrare nell'aria coloro che pregano nello stesso istante, e non potete incontrarli che nella preghiera. Perciò la visita a questo tempio invisibile non sia altro che estasi e dolce comunione. Giacché se entrate nel tempio soltanto per chiedere, voi non avrete. E se entrate per umiliarvi, non sarete innalzati. O se entrate a supplicare per il bene altrui, non sarete ascoltati. Entrare nel tempio invisibile è sufficiente. Con la parola io non posso insegnarvi a pregare. Dio non ascolta le vostre parole, se non le pronuncia egli stesso attraverso le vostre labbra. E io non posso insegnarvi la preghiera dei monti, dei mari e delle foreste. Ma voi, nati dalle foreste, dai monti e dai mari, potete scoprire le loro preghiere nel vostro cuore, E se solo tendete l'orecchio nella quiete della notte, udrete nel silenzio: "Dio nostro, ala di noi stessi, noi vogliamo secondo la tua volontà. Desideriamo secondo il tuo desiderio. Il tuo impero trasforma le nostre notti, che sono le tue notti, in giorni che sono i tuoi giorni. Nulla possiamo chiederti, perché tu conosci i nostri bisogni prima ancora che nascano in noi. Tu sei il nostro bisogno, e nel donarci più di te stesso, tutto ci doni". 89 III TAPPA NE VALE LA SPESA… LA VENDEMMIA “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto” Che cos'è, dunque, questo frutto? E' la Vita stessa di Dio che ci permea totalmente. Questo è il frutto della vite. Pertanto, il portare o non portare frutto, significa conformarsi o meno a questa Vita di Dio; significa fare si che questa vita divina traspaia nel nostro vivere quotidiano, lo informi e crei in noi uno stile di vita divino.. Obiettivo Il Giovane e il Giovanissimo comprendono che l’invito a portare molto frutto, al maturare, consiste nell’investire tutto su un progetto. Vengono aiutati a prendere coscienza della situazione attuale e a lanciarsi verso il futuro (non troppo remoto) in maniera consapevole, per avvicinarsi sempre più al Progetto di Dio per la loro vita. Il Giovane, il Giovanissimo avvicinando si alla Pasqua vengono a contatto con delle testimonianze di Uomini che hanno dato tutto per il Signore e per i Fratelli, per comprendere come la profezia della Vigna possa essere vissuta pienamente nell’immagine della vendemmia. In profondità:D.O.C. : DENOMINAZIONE DI ORIGINE CRISTIANA! Siamo Giunti al momento della Raccolta dei frutti di questo breve cammino, che lasciano immaginare la Vendemmia alla quale la vita nostra, come quelle dei Giovani/Giovanissimi che seguiamo, sono orientate. L’acinino e lo sfogliazzamento ci hanno aiutato a capire in cosa cercare di maturare e come il Padre si adopera perché attraverso la sua luce noi possiamo crescere. È un lavoro doppio quello che viene fato per ciascuno di noi! Da una parte Gesù, la vite, ci fornisce la linfa della sua stessa vita, ci illumina con i sacramenti da lui istituiti; dall’altra il Padre ci pota perché portiamo più frutto, ci ascolta e soprattutto ci parla nella preghiera. Tocca a noi decidere di investire il nostro impegno su questo lavoro, investire non su una scommessa, ma una promessa che viene fatta per la nostra vita! La promessa di renderla piena e felice ma non di renderla diversa da noi. Il Padre ha un progetto per noi fatto di amore e finalizzato alla felicità ma non all’omologazione. Possiamo solo aspirare a diventare quello che siamo veramente in pienezza. Investire su questo progetto non consiste nel tentare di raggiungere una meta, ma nel pianificare un impegno con metodo, partendo da uno sguardo profondo sulla vita di ciascun Giovane, alla luce delle due tappe precedenti. Occorre saper calibrare il tiro, per fare centro, non puntare troppo in alto ma in profondità. Il Progetto di Dio per la vita di ciascuno non è un qualcosa che ci viene rivelato nella nostra vecchiaia ma un continuo rivelarsi nel quotidiano e nel servizio agli altri. Sta a noi aprire bene gli occhi e le orecchie ed essere sempre attenti, magari osando a volte anche qualcosa in più… In fondo per diventare vino il grappolo perde tutta la sua forma e non rimane che il suo succo. Buona vendemmia, e che sia un’ottima annata, sempre! 90 Forse non tutti sanno che… Per vendemmia si intende la raccolta delle uve da vino, in quanto nel caso delle uve da tavola si usa semplicemente il termine raccolta. Il periodo di vendemmia varia tra luglio e ottobre (nell'emisfero settentrionale), e dipende da molti fattori, anche se in maniera generica si identifica con il periodo in cui le uve hanno raggiunto il grado di maturazione desiderato, cioè quando nell'acino il rapporto tra la percentuale di zuccheri e quella di acidi ha raggiunto il valore ottimale per il tipo di vino che si vuole produrre. Il momento della vendemmia può dipendere da: condizioni climatiche: all'aumentare della latitudine le uve maturano più tardi; zona di produzione: le uve delle vigne esposte a sud maturano prima di quelle esposte a nord; all'aumentare dell'altitudine le uve maturano prima; tipo di uva: i vitigni a bacca bianca maturano in genere prima dei vitigni a bacca rossa; tipo di vino che si vuole ottenere, determinato dalla maggiore o minore presenza di alcuni componenti. PER I GIOVANISSIMI/GIOVANI: GIOCO DELLA BOTTIGLIA! Dopo aver investito tante energie e tempo per migliorare il nostro bel vigneto i grappoli sono maturi ed è giunto il tempo della raccolta per la vendemmia! L’attività si svolge così: si preparano dei cartelloni con sopra disegnati dei grandi grappoli d’uva, i chicchi saranno fatti con dei cartoncini colorati e saranno staccabili dal grappolo. Su ogni acino ci sarà scritta o disegnata una “possibilità di vita” cioè una situazione in cui i giovanissimi potranno trovarsi che sott’intenda una scelta più o meno importante, piuttosto che un talento da coltivare, piuttosto che un valore da custodire che i ragazzi potrebbero trovare nel Progetto di Dio per la loro vita. Alcuni esempi di possibilità di vita: - “Trovo un ragazzo/a che amo davvero” - “Mi impegno veramente nel vivere le amicizie con lealtà” - “Mi metto al servizio degli altri” - “Faccio risplendere la Luce di Dio in ciò che faccio ogni giorno” - “Cerco di vivere con coerenza l’impegno della pace, prima di tutto nella mia vita” Potrebbero essere incluse anche citazioni pensieri et c. (ad esempio tutto con gioco, nulla per gioco di Baden Powell). I ragazzi ricevono dei cartoncini a forma di bottiglia magari con stampata un’etichetta con in bella vista la scritta D.O.C. e lo spazio per scrivere il nome della tenuta (il nome del ragazzo) e la descrizione del vino. Introdotto il tema della vendemmia e del progetto di Dio, del “diventare quello che si è” si invitano i ragazzi a scegliere i chicchi con le “possibilità di vita” che pensano siano più importanti per il loro cammino. Con quei chicchi otterranno il “vino novello” che in un momento successivo di condivisione potranno illustrare al gruppo, spiegando in base alla scelta dei chicchi cosa reputano fondamentale nel loro cammino anche alla luce delle tappe precedenti. Una piccola variazione per rendere tutta l’attività più… “realistica” potrebbe consistere nell’utilizzare, per fare i chicchi, al posto dei cartoncini delle spugnette che i ragazzi prenderanno dai diversi grappoli rappresentanti le possibilità di vita, andranno a bagnare in un recipiente con acqua (magari diluita con un po’ di colore), per poi strizzarle nelle loro bottiglie (bottigliette di plastica però sempre con la targhetta personalizzata). 91 PER I GIOVANI: DIVENTA QUELLO CHE SEI! Per i Giovani si può pensare di preparare dei fogli “progetto” che i ragazzi potranno utilizzare per mettere a punto dei veri e propri progetti di Vita. Attenzione si parla di progetto, non di impegno quaresimale, fioretto o quant’altro! Occorre serietà e onestà nei confronti di se stessi. Non deve essere obbligatoriamente condiviso nel gruppo, purchè venga condiviso con il Signore nella preghiera. Di seguito riportiamo un brano di Mons. Mariano Magrassi che può aiutare nell’introdurre l’attività e uno schema di progetto che potete utilizzare. Volendo si può ampliare l’attività proponendo a tutto il gruppo di creare un progetto che riguardi il gruppo intero, che orienti il suo cammino per un certo periodo di tempo al termine del quale verificare lo “stato dei lavori”. Da “Diventa quello che sei” Non possiamo non porci con trepidazione la domanda: quanti sono gli adulti nella fede? Non abbiamo certo il metro per misurare questa maturità. Ma chi non si accorge che in molti la fede è gracile e priva di motivazioni, mancando salde certezze, capaci di orientare nella vita? Inoltre condizionati dai mass-media, quanti si trovano spesso frammentati e divisi in se stessi, insicuri, incapaci di una linea coerente di impegno? Solo un autentico cammino di fede li porterà a realizzare i tratti caratteristici di unafede adulta: - Una fede motivata, capace di dar conto di se stessa, di affrontare serenamente le difficoltà di un ambiente indifferente, senza affogarvi. E per non estenuarsi nell’attivismo dell’azione, si alimenta continuamente nella preghiera e nella contemplazione. - Fede che sa fare sintesi con la vita. Nella complessità della storia e nelle situazioni contraddittorie è una stella che orienta nei giudizi e nelle scelte, diventando principio unitario e coerente di vita. - Fede capace di assumere responsabilità di azione e di guida, sia all’interno della comunità ecclesiale come nella famiglia e nella società. Reagisce la “riflusso nel privato” e scopre la gioia di dedicarsi agli altri, in spirito di servizio e di dedizione. Avverte che la dimensione “ministeriale” è essenziale alla Chiesa. - Fede capace di dialogo e di comunione: anziché chiudersi su se stessa, intesse rapporti, si apre al dialogo e agli scambi, scopre la gioia di progettare insieme, per il bene di tutti. - Fede aperta all’ansia missionaria: l’adulto sente che la fede è una cosa troppo bella perché la possa tenere per sé. Forte della sua identità di credente, comunica agli altri quello che lo ha reso felice, dà ragione della speranza che è in lui. Quando la nostra Chiesa, comunità dei discepoli del Signore, avrà saputo educare nel suo seno una schiera di adulti, davvero maturi nella fede, il suo volto risplenderà fascinoso attraendo gli altri e diventerà una casa accogliente per tutti. Padre Mariano Magrassi, Arcivescovo 92 Tracce per un progetto personale: GUARDO ALLA MIA REALTÀ OGGI… ASPETTI POSITIVI ASPETTI NEGATIVI ASPIRAZIONI/DESIDERI IO… DIO… GLI ALTRI… “DENTRO” DAL GRUPPO “FUORI” DAL GRUPPO Questa prima pagina serve per un breve “punto della situazione” sulla vita del Giovane prima di iniziare nel progetto vero e proprio alla seconda pagina: 93 E ALLA LUCE DI QUESTO SGUARDO… OBIETTIVO PER COME? DOVE E QUANDO? UNA FIGURA UNA SCADENZA DI PER LA RIFERIMENTO VERIFICA!!! LA MIA CRESCITA UMANA… PER LA RELAZIONE CON DIO… PER LA VITA NEL GRUPPO PER LA TESTIMONIANZA PER LA MIA FORMAZIONE PER I GIOVANI: VINO NUOVO IN OTRI NUOVI Proponiamo due brani/testimonianza di chi è rimasto in Cristo fino a perdere la sua vita. Il primo è un brano tratto dalla lettera ai romani di Sant’Ignazio di Antiochia, mentre il secondo è il testamento spirituale lasciato da un monaco di Tibhirine ( è preceduto da una piccola introduzione). Sono degli spunti di riflessione che potrebbero accompagnare un ulteriore approfondimento della tappa della “vendemmia”, attraverso la testimonianza di questi casi estremi (a tal proposito Enzo Bianchi parla di necessità del martirio come testimonianza estrema offerta alla Chiesa) di uomini che hanno vissuto innestati in Cristo come tralci, e hanno sposato in pieno la profezia della vigna fino a portare frutto, e anche a perdere la forma di grappolo per diventare vino, immagine del sangue versato nel sacrificio; si potrebbe riflettere nel gruppo se anche i nostri Ragazzi credono di aver trovato nel progetto che sentono Dio abbia per loro, un qualcosa per cui spendere la loro vita in maniera radicale. 94 La vicenda dei monaci di Tibhirine è di recente tornata in primo piano grazie al film di Xavier Beauvois del 2010 “Uomini di Dio” vincitore del premio della giuria al festival di Cannes 2010. Dalla «Lettera ai Romani» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio, se voi non me lo impedirete. Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore. A nulla mi gioveranno i godimenti del mondo né i regni di questa terra. E’ meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. Io cerco colui che é morto per noi, voglio colui che per noi é risorto. E’ vicino il momento della mia nascita. Dall’introduzione del libro: “Più forti dell’odio” Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, sette dei nove monaci presenti a Notre-Dame-del’Atlas sono rapiti da un gruppo di uomini armati penetrati nel monastero. Alcuni religiosi e ospiti, a Tibhirine per un incontro di spiritualità e alloggiati in un'altra ala del monastero, non si rendono conto di quanto sta accadendo. Per settimane non si sa nemmeno se i rapiti sono morti o vivi. Il comunicato numero 43 del GIA, del 18 aprile, fornisce la motivazione “teologica” del loro rapimento: Tutti sanno che il monaco che si ritira dal mondo per raccogliersi in una cella, presso i nazareni, si chiama eremita. È l’uccisione di questi eremiti che Ab Bakr al-Siddîq aveva proibito. Ma se un tale monaco esce dal suo eremo e si mischia alla gente, la sua uccisione diventa lecita. È il caso di questi monaci prigionieri che non si sono separati dal mondo. Al contrario, vivono con la gente e la allontanano dal cammino divino incitandola a evangelizzarsi. L’accusa contro di loro è ancora più grave. Il comunicato successivo, datato 21 maggio, annuncia: “Abbiamo tagliato la gola ai sette monaci”. In realtà, il 30 maggio, nei pressi di Médéa, verranno ritrovate solo le teste, mentre i corpi non saranno mai rinvenuti, fornendo così un elemento non trascurabile a quanti tuttora nutrono dubbi sull'autenticità della versione ufficiale circa il loro rapimento e, soprattutto, la loro uccisione. In ogni caso, quello che la violenza brutale ha restituito dei sette monaci riposa ormai nel “giardino” di Tibhirine, là dove hanno piantato semi di fede, di speranza e di amore, quali autentici giardinieri di pace. Agli occhi dei cristiani, i due mesi del sequestro hanno accompagnato fedelmente il ritmo dell’anno liturgico, dalla fine della Quaresima a Pentecoste: passione-morte-resurrezionediscesa dello Spirito. Nella carne di questi discepoli esposti alla violenza del mondo, la sequela di Cristo diventa imitazione, e l’imitazione, identificazione. Guido Dotti monaco di Bose Testamento spirituale di Frere Christian de Chergé Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese. Che essi accettassero che l’unico Padrone di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come potrei essere trovato degno di una tale offerta? Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato. La mia vita non ha più valore di un’altra. Non ne ha neanche meno. In ogni caso non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. 95 Venuto il momento, vorrei avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito. Non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che amo sia indistintamente accusato del mio assassinio. Sarebbe un prezzo troppo caro, per quella che, forse, chiameranno «grazia del martirio», il doverla a un algerino, chiunque egli sia, soprattutto se dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’islam. So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi. So anche le caricature dell’islam che un certo islamismo incoraggia. E’ troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti. L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa: sono un corpo e un’anima. L’ho proclamato abbastanza, credo, in base a quanto ne ho concretamente ricevuto, ritrovandovi così spesso il filo conduttore del vangelo imparato sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima chiesa, proprio in Algeria e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani. Evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo o da idealista: «Dica adesso quel che ne pensa!». Ma costoro devono sapere che sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità. Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam come lui li vede, completamente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze. Di questa vita perduta, totalmente mia, e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per quella gioia, attraverso e nonostante tutto. In questo grazie in cui tutto è detto, ormai, della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, accanto a mia madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e ai loro, centuplo accordato come promesso! E anche te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Insc’Allah. Brani LINK E… citati e approfondimenti “Diventa quello che sei”, Mons. Mariano Magrassi “Pietre di scarto”, Don Tonino Bello “Più forti dell’odio”Frère Christian de Chergé e gli altri monaci di Tibhirine (Ed.Qiqajon) “Uomini di Dio” Xavier Beauvois “Il cammino di Santiago” P. Coelho “Lettera ai Romani” Sant’Ignazio di Antiochia 96 CELEBRAZIONE Per quanto riguarda un momento di preghiera da proporre ai Ragazzi dei nostri gruppi, si può pensare di legarlo al tema della seconda tappa, quella riguardante in modo particolare i Sacramenti del Perdono e dell’Eucarestia. Si può proporre una liturgia penitenziale, attingendo alle proposte dell’ufficio liturgico della nostra diocesi, magari il gruppo giovani/giovanissimi potrebbe preoccuparsi dell’organizzazione-animazione dell’incontro per adattarlo un po’ meglio alle esigenze dei ragazzi. Si può anche organizzare un momento di Adorazione Eucaristica, con particolare attenzione a rispettare i momenti di preghiera silenziosa e ascolto. Non abbiamo paura di riempire i silenzi con canti, letture meditative, riflessioni del celebrante ecc… lasciamo spazio all’ascolto! Può essere utile tener presente, ed eventualmente distribuire, questo elenco di consigli pratici estrapolati da un testo di Andrea Gasparino dedicato completamente all’Adorazione Eucaristca: Piccole cose pratiche Ecco in sintesi quello che, forse, è indispensabile per fare bene i primi passi nell’Adorazione Eucaristica: • Non tante parole, perché Adorare è Amare. E l’Amore vero non ha bisogno di tante parole, ha solo bisogno di molti fatti. • Molto silenzio, esteriore ed interiore, perché Adorare è Amare. Ed amare significa prima di tutto ascoltare. • Un certo spazio di tempo che consenta di interiorizzarci, di entrare nel clima interiore adatto per ritrovare noi stessi per incontrarci con Dio, per aprirci a Lui, nella completa generosità. Questo clima interiore non si improvvisa, non bastano pochi minuti a crearlo. Solo per renderci calmi, silenziosi, interiormente riposati, non bastano a volte dieci minuti o un quarto d’ora: non c’è d’avere fretta nell’incontro con Dio. • Purificarsi prima dell’incontro con Dio: Dio non si incontra nel peccato. Tra me e Lui devo appianare il cammino, ripulirlo da ogni disordine. • Fare attenzione a Dio più che a noi stessi. L’Adorazione non è tanto un chiedere, è un dare; non è tanto un prendere, è un offrire: offre il proprio amore, implorando Amore. • Insegnare agli altri quello che io stesso ho imparato. I doni di Dio – e la preghiera è dono di Dio – non si devono trattenere, ma dividere. Chi li trattiene li impoverisce, chi li distribuisce li arricchisce: “[...] Si direbbe che il pane, più che per nutrire, sia nato per essere condiviso [...] Raccolto nelle sporte, dopo un pasto miracoloso sull’erba verde, sta ad indicare che chi sa fare la divisione gli riesce bene anche la moltiplicazione.” ( Don Tonino Bello: La carezza di Dio, Lettera a Giuseppe) • Vestire l’Adorazione di carità, pregando per gli altri, dimenticando noi stessi, pregando per la Chiesa, la Chiesa che vive gomito a gomito con me, quella che ho in casa, quella che ho tra i piedi, quella che attende qualcosa da me; e quella che è distante, ma che è vicina per il mistero di Gesù che ci unisce tutti, che ci fonde tutti, vicini e lontani, buoni e meno buoni, in una unità inscindibile e viva. È naturale che la preghiera diventi Amore. È li che passa il sentiero della preghiera. Se il cammino della preghiera non passa da li, è una pista falsa, bisogna tornare indietro, infatti: - La preghiera, come l’ha insegnata Gesù, è inseparabile dall’amore, è tutta vestita d’amore. - La preghiera, come l’ha praticata Gesù è sempre uscire da se stessi: quando non è un aprirsi agli altri, è un aprirsi a Dio. 97 - La più grande preghiera lasciataci da Gesù, il suo supremo atto di culto al Padre in cui siamo sempre invitati ad entrare, l’Eucaristia, è il più grande atto di carità che Gesù poteva offrirci. (cfr: Gasparino A. , Adorazione eucaristica, Ed. MCM P. De Foucauld, 1978 Cuneo) 98 VI MODULO SCELTA D’AMORE: LA SPOSA, ALLA RICERCA DELL’AMATO. Orizzonte: il giovane scopre che la sua vita è vocazione; è ricerca coraggiosa e sognata dell’amato, è vivere l’amore totale e totalizzante per il tu. Si tratta di vivere in situazione di sponsalità verso la terra, l’altro, il servizio, il lavoro: una relazione dove l’io non è dominante, ma reciproco del tu, nel segno della responsabilità e della libertà. Il tu, allora, si manifesta all’esistenza del giovane come una terra promessa, da raggiungere non per smania di possesso ma per desiderio di pienezza. Il giovane che vive nella vocazione respira la novità e il fascino della vita quotidiana orientata all’amore, e intuisce la possibilità della civiltà dell’amore. LA PAROLA Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (21, 1-5a) E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate”. E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”. RILEGGIAMO… Dio pone una tenda sulla terra e vi vuole abitare con gli uomini. Essi saranno Suo popolo, ed Egli sarà il loro Dio. Dio sceglie di stare con noi, come uno Sposo sceglie la Sposa e vive in Comunione con lei. Tutti noi facciamo l’esperienza dello splendore di questo stare con: con la persona amata, l’amico, il compagno. Stare con la persona amata è esperienza sufficiente a riscattare i nostri giorni dalle amarezze; fare strada con l’amico è sufficiente a riscattare tanti nostri passi perduti.Stare con è esperienza sufficiente a redimere certe nostre giornate vuote o inquiete. Stare con le persone alle quali vuoi bene è la prima guarigione della vita, terapia di base dell’esistenza. Stare con l’amato o l’amico o lo sposo è uscire dal regno del dover fare e della competizione ed entrare nel regno della gratuità. “La guarigione della vita è liberarla dalla malattia della solitudine, della tirannia del fare, dal fascino della quantità, e riproporre il fascino della Comunione” (Ermes Ronchi). Questo ci introduce in una vita nuova: saremo chiamati con un nome tutto nuovo (Is 62, 4). Chiamati: non saremo più ritenuti abbandonati, né detti devastati, ma saremo il compiacimento del nostro Dio e la nostra terra sarà detta sposata. “Come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo Creatore; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per Te”. La vita allora è la risposta a qualcuno che ti chiama a stare con … ed è la chiamata ad assumere responsabilmente un compito storico nel quadro della volontà di Dio che non è niente altro che un amore che ci attrae irresistibilmente (noi possiamo resistere ma da parte Sua è irresistibile! ). 99 La volontà di Dio su di me è la vita nuova senza fine, è la città di Dio, la nuova Gerusalemme, la città dove non ci sono più lacrime, né pianto, né lutto, né dolore perché Dio si è scelto un popolo e questo popolo Lo ha scelto e sposato … per sempre. I TAPPA L’ACCENDIAMO? “[…] in questo mistero, infatti, ogni terra viene amata, curata, difesa, custodita come una sposa. E non come un amante! […]”. (Mons. Bregantini) Obiettivo Il giovane scopre che la propria vocazione è vocazione alla felicità. Si tratta di aiutare il giovane a comprendere il valore che la dinamica della scelta assume nel percorso di realizzazione piena di sé. In profondità Ogni adolescente ed ogni giovane nutre nella propria vita aspirazioni e desideri che molto spesso diventano il motore invisibile da cui partono scelte e decisioni fondamentali. È importante però tenere presente il fatto che sono proprio queste scelte – scelte di vita – che contribuiscono alla costruzione della vita stessa. Accade così che ad un certo punto del proprio cammino ci si ritrovi dinanzi alla necessità di scegliere fra il vivere la propria vita piena, intera e completa, o trascinare una falsa, vergognosa e degradante esistenza. Dio suscita in ciascun uomo un desiderio di pienezza di vita che spinge tutti ad uscire dal proprio Io per darvi risposta: il punto di partenza è l’ascolto dei propri moti dell’anima; la meta è Dio stesso, Dio che ci interpella e che interpella la nostra libertà. Ma quale libertà? La libertà di scegliere se vivere la propria vita come un’avventura, un rischio oppure la libertà di scegliere una vita che è un progetto, una vita come vocazione. In questo senso, vivere la vita come vocazione è la scelta di ogni cristiano (perché per un cristiano vita è sinonimo di vocazione). Non di rado capita che “l’essere cristiano” sia un orizzonte vago quando invece dovrebbe essere quella scelta di vita fondamentale, tanto importante da condizionare tutte le altre. Fondamento della vita è la felicità. Perché in realtà, ogni uomo “è chiamato” alla festa, alla gioia e a lui viene continuamente rivolto l’invito a parteciparvi: partecipare alla festa della vita! PER I GIOVANISSIMI Si comincia con un gioco che ruota essenzialmente attorno alla necessità di compiere delle scelte(vedi Allegato 1: LA UNO, LA DUE OLA TRE?). Infatti, i ragazzi dovranno confrontarsi con la loro capacità di scegliere, anche quando non vorrebbero o anche di fronte a delle alternative, secondo il loro punto di vista, poco allettanti. Dopo l’attività, che avrà messo in luce, l’obbligo per ogni uomo di affrontare delle scelte, si procederà con un discoforum (vedi Allegato 2 e Allegato 3: LA VERITA’ E’ UNA SCELTA). Attraverso la canzone i ragazzi scopriranno che ogni gesto, nella vita, fa già parte di una scelta della quale è necessario prendere consapevolezza, se si vuol vivere da protagonisti. Per entrare ancor più in merito all’argomento “scelta” i ragazzi potrebbero accostarsi all’esperienza di Chiara Luce Badano, una diciottenne che sarà dichiarata santa, durante la giornata mondiale della gioventù di quest’anno e che ha scelto di fondare la sua breve, ma intensa vita su Cristo Gesù. Vi offriamo delle pagine estratte dalla sua biografia. 100 “IO HO TUTTO” I 18 ANNI DI CHIARA LUCE (dal capitoloCOME IN UN SOGNO) La prima scelta La giovanissima Chiara Badano, diventata gen 3 – non ha ancora 12 anni – continua a essere innamorata del Vangelo. La sera, prima di dormire, scrive talvolta alcuni semplicissimi fatti di vita, dei fioretti. Eccone uno: “Una compagna ha la scarlattina e tutti hanno paura di andarla a trovare. D’accordo con i miei genitori penso di portarle i compiti, perché non si senta sola. Credo che più del timore, sia importante amare”. Nel 1983 Chiara per due volte si reca a Rocca di Papa, nei pressi di Roma, dove si svolgono i congressi internazionali delle gen 3. Come al solito in famiglia si crea un po’ di trambusto perché nonni e zii rimproverano a Ruggero e Maria Teresa di lasciar partire la bambina per un luogo così lontano senza di loro. Ma è proprio in queste occasioni che Chiara compie una scelta che poi non metterà più in discussione. Scrive a Chiara Lubich il 17 giugno: “Questo per me è stato il primo congresso, e devo dire che è stata un’esperienza meravigliosa, ho riscoperto Gesù Abbandonato in modo speciale, l’ho sperimentato in ogni prossimo che mi passava accanto. Quest’anno mi sono riproposta di vedere Gesù Abbandonato come mio sposo e accoglierlo con gioia e soprattutto con tutto l’amore possibile”. E qualche mese dopo, il 27 novembre, appena compiuti i 12 anni: “La realtà per me più importante durante questo congresso è stata la riscoperta di Gesù Abbandonato. Prima lo vivevo piuttosto superficialmente, e lo accettavo per poi aspettarmi la gioia. In questo congresso ho capito che stavo sbagliando tutto. Non dovevo strumentalizzarlo, ma amarlo e basta. Ho scoperto che Gesù Abbandonato è la chiave dell’unità con Dio e voglio sceglierlo come mio primo sposo e prepararmi per quando viene. Preferirlo! Ho capito che posso trovarlo nei lontani, negli atei, e che devo amarli in modo specialissimo, senza interesse”. Gesù Abbandonato, cioè uno dei cardini della spiritualità dell’unità, il desiderio di dare un senso e di rivivere il momento in cui Gesù più aveva sofferto, quando gridò sulla croce: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”. Lì c’è la chiave dell’unità tra gli uomini sulla terra, e anche tra la terra e il cielo. Lì c’è il compendio della passione e della morte di Gesù, e la chiave della sua resurrezione. E Chiara, 12 anni, centra il mistero del cristianesimo. PER I GIOVANI Attraverso l’attività della lettura dell’opera(vedi Allegato 4: PIETRO E GIOVANNI CORRONO AL SEPOLCRO LA MATTINA DELLA RESURREZIONE), si giunge alla scoperta del percorso da intraprendere per fare scelte importanti e significative, alla luce del vangelo e dell’insegnamento di Gesù. Egli infatti ci indica la via per la piena realizzazione di noi stessi. L’analisi del quadro di Burnard, ci aiuta ad avviare la riflessione alla quale potremo dare degli stimoli con l’aiuto di un commento (vedi Allegato 5: PIETRO E GIOVANNI CORRONO AL SEPOLCRO LA MATTINA DELLA RESURREZIONE - commento) ANALISI DEL DIPINTO • Quali sensazioni suscita in te l’immagine? • Quale credi sia il tema del quadro? • Chi sono i personaggi? • Come sono stati dipinti? • L’espressione dei volti è la stessa per entrambi? Perché? • PerchéGiovanni e Pietro corrono? • Verso chi/dove stanno andando? • Che cosa credi che stiano pensando? • Secondo te, si sono parlati durante il tragitto? • Pensi che si aspettino qualcosa dalla loro corsa? • Credi che il quadro possa suggerirti delle cose sulla tua vita? Quali? • Ci riconosciamo in questa corsa? 101 • • • • • Che cosa potresti avere in comune con i due personaggi? Accettiamo il rischio di cadere e inciampare nel nostro cammino di fede? Alla fine della corsa, secondo te, che cosa scopriranno? E che cosa accadrà alle loro vite? Come pensi che si comporteranno dopo essere arrivati alla meta? Continuiamo la riflessione considerando che la felicità alla quale l’uomo aspira, potrebbe non essere facilmente trovata, nascosta magari dalla nostra incapacità di vedere in profondità e di riconoscere i segni. “Che rumore fa la felicità?”; quali segni la felicità lascia nella nostra vita tanto da indurci a credere di aver scelto bene? Vi suggeriamo di presentare la domanda con questo brano musicale e con il suo video (vedi Allegato 6, Allegato 7 e Allegato 8: CHE RUMORE FA LA FELICITA’?). Altrimenti, se lo ritenete più opportuno, potrete semplicemente chiedere ai ragazzi di rispondere alla domanda. C’ è chi, prima di noi, si è interrogato sul senso della propria vita e si è posto degli interrogativi rispetto alla felicità e a ciò che potesse generarla. Anche i Magi hanno letto nel simbolo della stella cometa un segno di felicità. Anche loro, come noi, si sono fatti delle domande alle quali hanno cercato di rispondere attraverso un percorso di ricerca (vedi Allegato 9: GMG 2005). Filmografia(vediAllegato 1 extra): Peter Berg, “FRIDAY NIGHT LIGHTS” Adam Shankman, “I PASSI DELL’AMORE” Tim Robbins, “DEAD MAN WALKING” Marco Pontecorvo, “PA – RA – DA” Giulio Manfredonia, “SI PUO’ FARE” Sam Mendes, “REVOLUTIONARY ROAD” Bibliografia (vedi Allegato 2 extra): Michele Zanzucchi, “IO HO TUTTO” i 18 anni di Chiara Luce, Città Nuova Soren Kierkegaard, “AUT – AUT”, 1843 Siti web: http://www.gmg2011.it [email protected] http://www.chiaralucebadano.it 102 II TAPPA UNA PROMESSA E’ PER SEMPRE … “[…] quella del Cantico dei Cantici è una delle immagini più dolci e più rivalorizzate, oggi. Perché c’è in essa tutta la forza pregnante del dialogo d’amore con Dio e tra di noi […]”. (Mons. Bregantini) Obiettivo Il giovane riconosce nell’Amore la scelta fondamentale e definitiva per incontrare il Tu e qui stabilirsi nella prospettiva della promessa. Tale percorso diventa possibile quando il giovane coniuga la libertà dell’altro con la fedeltà a se stesso. In profondità “Niente può appagare la volontà umana, se non il bene universale, totale, infinito”. San Tommaso Come raggiungere questo bene? Come riconoscerlo? Come fare a capire di cosa esattamente si tratta?È la felicità! Ma cos’è la felicità?“Una certa attività dell’anima svolta conformemente a virtù”.Questa è la definizione che ne dà Aristotele nell’ Etica Nicomachea: felicità, cioè, è la soddisfazione dei bisogni e delle aspirazioni mondane. Siamo noi disposti a condividere questa definizione, o pensiamo che la felicità sia qualcosa di diverso, di ulteriore?Se la vita è progetto e se questo progetto è una vocazione, vivere la vita come vocazione significa vivere alla ricerca...della felicità… Cercare, ricercare il bene infinito che non è qualcosa di astratto ma è quanto di più concreto possa esistere: l’altro, l’Amato, il Tu.Allora, felicità sarà vivere l’amore totale e totalizzante per il Tu; un amore che lungi dal coincidere con la smania di possedere l’altro fisicamente, l’altro in quanto corpo, l’altro come oggetto, fa dell’altro il proprio complemento, il proprio completamento per realizzare il suo desiderio di pienezza. È vero: l’essere umano è un essere corporeo, ma, per quanto materiale esso sia, è qualcuno, è manifestazione della persona.L’altro è l’Amato, l’amore che prende forma e che si realizza ogni qual volta viviamo la relazione con il Tu come quel rapporto meraviglioso che il Cantico dei Cantici racconta: l’insondabile amore che Dio nutre per l’umanità. Forse le parole di un grande cantautore possono chiarire la maniera in cui avviene l’incontro tra l’io alla ricerca e il tu che viene cercato: Nell'istante più importante, sulla soglia della vita, ogni spirito è diviso e si deve ritrovare. E quell'urlo in cui si è nati è già il nome da cercare per poi essere completi ed insieme camminare. Non devo “fare mio” l’altro: devo “farmi” con lui.Con la consapevolezza e la certezza che l’altro non è mio e non potrà mai esserlo: l’altro è una promessa, che sempre si fa e si rinnova e mai si compie definitivamente. L’altro è il mio interlocutore, il mio reciproco, colui che mi “chiama”, colui che io “chiamo”. L’altro è chi mi rende libero, il tu di cui sono responsabile. L’altro è per me una Terra Promessa: una meta di cui s’intravvede già l’orizzonte ma di cui non si potrà mai stabilire l’approdo. 103 PER I GIOVANISSIMI La promessa che Cristo ci fa è una promessa d’amore, che noi esprimiamo a partire dal nostro corpo e dalla nostra capacità di relazionarci con gli altri. Se impariamo, attraverso la corretta educazione al corpo e alla sessualità, a vivere la fisicità come dimensione della persona e la orientiamo progressivamente al dono di sé, essa si trasformerà in energia finalizzata all’amore personale, profondo e stabile. Proponete ai ragazzi un percorso serio e costituito da varie attività sul corpo, la sessualità e l’affettività (vedi Allegato 1 e per approfondimento Allegato 2 extra: NOI SIAMO IL NOSTRO CORPO). Anche per questa tappa i ragazzi potrebbero ascoltare le parole di Chiara Luce Badano, che ha vissuto la sua esistenza e soprattutto la sua malattia come un’offerta d’amore al suo sposo, Cristo Gesù, sicura di una promessa di felicità eterna. Vi offriamo delle pagine estratte dalla sua biografia. “IO HO TUTTO” I 18 ANNI DI CHIARA LUCE (dal capitoloLA SPOSA) Lo sposo vicino Arriva il tempo di un primo intervento chirurgico, seguito da una lunga chemioterapia, che le provoca non pochi malesseri, ma che non fa pensare a chi le sta intorno. A questo proposito, Maria Teresa racconta un momento decisivo della vita di Chiara, un passaggio che ha dello straordinario: “Da qualche tempo ha capito che le cose si mettono male e che ha un cancro vero e proprio. Tuttavia mantiene intatta la speranza di guarire. Qualche giorno dopo l’intervento, chiede direttamente al medico la vera diagnosi. Viene così a sapere la verità sul suo male, ma anche che resterà calva per la chemioterapia. È forse questo particolare a farle comprendere la gravità del male: ai suoi capelli, infatti, ci tiene. Siamo a Torino, da amici, perché l’intervento ha avuto luogo al Regina Margherita. La vedo ancora arrivare nel giardino avvolta nel suo cappotto verde. Ha lo sguardo fisso per terra, si avvicina, pare assente, entra in casa. Le chiedo come sia andata. E lei: “Ora no, ora non parlare”. Si butta sul letto, con gli occhi chiusi. Venticinque minuti li trascorre così. Mi sento morire, non so che fare; l’unico modo di starle accanto è tacere, soffrire con lei. È una battaglia, quella che Chiara sta combattendo. Quindi si volta, mi sorride: “Ora puoi parlare”, mi fa. È fatta. Ha ridetto il suo sì. E non torna più indietro”. Dalle testimonianze raccolte si ha la certezza che una volta sola Chiara chiede il perché di quel dolore. Dopo il primo intervento esclama: “Perché, Gesù?”. Ma pochi istanti dopo si risponde da sola: “Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io”. Chiara scrive a Chiara Lubich: “Questo male Gesù me lo ha mandato al momento giusto, me l’ha mandato perché io lo ritrovassi”. Quel sorriso che la caratterizzava da sempre, e che nei primi mesi della malattia non l’aveva abbandonata, torna più radioso ancora sulle sue labbra. Chiara, ormai, sa dove va. Il filosofo agnostico Emil Cioran si chiedeva: “Si è mai visto un santo gioioso?”. Chiara lo era. PER I GIOVANI UNA PROMESSA E’ PER SEMPRE Proponiamo un breve percorso biblico sul tema dell’educazione all’amore, da svolgere in un unico incontro o in più tappe. Vi suggeriamo anche come approfondimento la lettura dell’Allegato 3: UN AMORE E’ PER SEMPRE. Il titolo di questa tappa potrebbe spaventare, lasciare senza parole e un po’ scettici i destinatari … purtroppo è così, ci si è convinti, che nulla ormai, è per sempre! Beh, non è così. Nella quotidianità dell’usa e consuma il Signore non si arrende e ci ricorda che non è così, che è possibile amare dall’eternità e per l’eternità, proprio come Lui fa con noi. Vuole raccontarci come già prima della venuta di Gesù, da sempre insomma, le questioni di cuore, siano state le più complicate, ma anche le più saporite. Bisognerebbe dunque, prima di andare al nucleo, ruotare sugli orbitali esterni dell’argomento, andiamo per tappe : 104 Sarebbe opportuno riflettere sulla felicità … la nostra felicità consiste nel partecipare alla felicità di Dio. La felicità è la vocazione di tutti gli uomini e le donne dei nostri tempi che non vogliono imbavagliarla, né relegarla a brevi momenti di passione o a barlumi di sentimentalismo! Per iniziare é fondamentale cercare nelle scritture ciò che Dio pensa dell’amore umano … sino a riscoprirlo asse portante delle nostre esistenze, perché chi vive nell’amore, vive in pienezza la propria vita senza sottrarsi ad impegni e responsabilità! Ci si alimenta infatti solo dal dono che di sé si può fare agli altri. E’ questo l’amore sponsale, il gesto di consegna più alto! Testi biblici che possono aiutarci in questo primo passo sono: Storia di Susanna (Dn 13) Questo testo biblico ci sottolinea la nostra condizione di schiavi di una passione, figlia di un’affettività disordinata che ci spinge fino a sperimentare la morte se non fisica del cuore. La storia di Susanna se pur così lontana si rivela alquanto attuale, quanti uomini di potere come gli anziani hanno questi tipi di scheletro nell’armadio? Quanti giovani di oggi si ritrovano spogliati della tenerezza e rivestiti solo ed esclusivamente di fisicità? In una relazione ricca di passione è possibile scorgere l’approvazione di Dio? Dov’è il germe di sentimento che due persone vogliono coltivare, custodire e alimentare, perché l’altro non sia un take away? Un altro testo biblico che è possibile affiancare a quello di Susanna è quello di Giuseppe (Gn 37-41) che venduto come schiavo dai suoi stessi fratelli, finisce nella casa di Potifar che lo accoglie come un figlio mettendolo a capo dei suoi averi. La moglie di Potifar intanto subisce il fascio di Giuseppe che però non si concede a lei, poiché un uomo integro e rispettoso, lei dunque alla stregua degli anziani, gli strappa le vesti e lo accusa di averla aggredita. Giuseppe finisce in prigione, ma dopo una serie di eventi prodigiosi, egli sarà valorizzato come merita e gli saranno affidate grandi responsabilità. Questi due testi ci aiutano nella riflessione, in quanto “usare” la sessualità senza preoccuparsi del suo significato più intrinseco o delle responsabilità che comporta non può di certo condurci ad una promessa per sempre. Piuttosto potremmo fondare una relazione e poi un matrimonio sul “finchè me la sento”, “finchè un’ altra/un altro non mi fa giare la testa”, “finchè riesco ad essergli fedele o fin quando mi è fedele”… triste dirlo, ma così, in modo profondamente adolescenziale, si pongono i giovani di fronte alla responsabilità di una relazione stabile! Questo atteggiamento lascivo di chi una relazione la subisce e non la costruisce, non porterà lontano, l’emotività farà incontrare queste persone e le spingerà a bruciarsi l’uno per l’altra, e poi? Ne resterà cenere, ci si pentirà, non si starà più bene nel proprio corpo, non ci si sentirà più belli e piacenti! E’ proprio questo il punto, l’amore come fiammella deve bruciare tutti i giorni, deve scoprire la bellezza del corteggiamento per conquistare un’altra libertà, il tu amato! Ma come? Per acquistare fascino è necessario appropriarsi dei tratti di Gesù Cristo! Spesso l’amore sceglie le vie più ardue, ma essenziale è “Nulla anteporre all’amore”. La conquista dell’altro è un lavoro paziente, delicato, una vera e propria arte! L’amore è disponibile e si fa carico dell’altro senza giudicarlo così pian piano, ma accanto all’altro ci si riconosce unici e insostituibili. Per intraprendere un viaggio a due è necessario liberarsi dalle ferite del passato, l’amato non deve solo imparare ad amare, ma deve prima di tutto amare se stesso. Il fascino deve essere, non solo corporeo, importantissimo per l’amore a se stessi, ma intellettuale in quanto l’amore deve avere il sapore dell’intelligenza. Deve, inoltre, saper gestire l’emotività e deve essere religioso ovvero deve andare oltre la propria sapienza! L’amore deve imparare a leggere in Cristo le sue leggi fondamentali. La nostra cultura ci dice che è necessario per accedere all’amore entrare per la porta del sesso. Non è così invece, l’amore cresce in direzione di un progetto (il matrimonio) e del sesso (dono di se e mutuo scambio della propria intimità) per farlo quindi utilizza le porte della responsabilità per il primo e la tenerezza per il secondo. La responsabilità ci porta ad un cammino ad un progetto pensato insieme e che si accompagna alla tenerezza che 105 arricchisce il sentimento. Se si entrasse solo per il sesso, la responsabilità verrebbe meno fino ad esaurirsi, insieme alla tenerezza, ne resterebbero corpi svuotati! Deve avvertire come compagno di viaggio lo Spirito Santo. Infine un brano biblico icona dell’amore sponsale è quello di Tobi e Sara (Libro di Tobia cap. 5-6-7-8) I due vivono la dimensione del corteggiamento, non bruciano le tappe, ma elevano una preghiera accorata a Dio, che ascolta la loro voce! Tobi “uccide il pesce” simbolo delle insidie che possono minacciare una storia d’amore. I due pertanto non antepongono nulla all’amore se non la parola di Dio! Tobi e Sara lasciano che il loro amore cresca e arda con grazia e purezza, la loro relazione cresce in maturità e tenerezza per tanto l’unione dei loro corpi è qualcosa che nasce da un sentimento stabile e benedetto da Dio, per questo pregano prima di unirsi nell’intimità! Possano aiutarci questi brani a riordinare la nostra vita affettiva alla luce di quello che Dio pensa dell’amore. Le coordinate che ci affida per vivere la nostra affettività in pienezza ci portino ad essere i Tobia e Sara nell’oggi … perché UNA PROMESSA PER SEMPRE E’ POSSIBILE!! All’interno della Bibbia, esiste un testo, il Cantico dei Cantici, che descrive magistralmente l’amore e la promessa di cui esso diventa portatore. È uno dei testi più lirici e inusuali delle Sacre scritture. Racconta in versi l'amore tra due innamorati, con tenerezza ma anche con un ardire di toni ricco di sfumature sensuali e immagini erotiche. Ciò non pregiudica affatto il carattere sacro del testo, in quanto l'amore erotico dei due amanti, per l'autore del testo, ha origine divina. Il testo ha un altissimo valore nell'ebraismo, essendo il Cantico uno dei "Meghillot", ovvero dei "rotoli" letti in occasione delle principali feste: il Cantico, proprio per la sua importanza, è assegnato alla Pasqua. Vi proponiamo quindi per i giovani, un percorso di formazione all’interno di questi versie lo studio che molti uomini illustri hanno fatto di queste parole (vedi Allegato 4: L’AMORE UMANO NEL CANTICO DEI CANTICI). Potreste proporre ai giovani di vedere anche il video di Roberto Benigni, che nel teatro di Terni, racconta il Cantico dei Cantici. Potete trovarlo su www.youtube.it Per ulteriori approfondimenti: Giovanni Marini, l’amore: un nome un volto, edizioni Porziuncola, Santa Maria degli Angeli 2006 Raimondo Bardelli, la vita è amare, LDC, Leumann 2003 Filmografia (vedi Allegato 1 extra): Adam Shankman, “I PASSI DELL’AMORE” Joel Schumacher, “SCELTA D’AMORE” Alejandro Agresti, “LA CASA SUL LAGO DEL TEMPO” Sarah Polley, “AWAY FROM HER (LONTANO DA LEI)” Bibliografia (vedi Allegato 2 extra): Michele Zanzucchi, “IO HO TUTTO” i 18 anni di Chiara Luce, Città Nuova Siti web: http://www.gmg2011.it [email protected] http://www.chiaralucebadano.it http://www.youtube.it 106 III TAPPA COSE DELL’ALTRO MONDO! “[…] se è sposa la terra che abitiamo e tale la sentiamo allora ogni terra avrà sviluppo e crescita. Ma tocca a noi far amare la propria terra come una sposa! Questo è il nostro primario compito […]”. (Mons. Bregantini) Obiettivo Il giovane riconosce nel creato la prima manifestazione d’amore di Dio per l’umanità. Interrogandosi su questo “originale” progetto di Dio e confrontandosi con i progressi della scienza e della tecnica, scopre le possibilità di una relazione sana e responsabile con la Terra. In profondità In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. (Gv 1, 1-3) Ha senso parlare di creazione solo nella misura in cui essa viene definita in rapporto a Colui che crea: Dio crea tutte le cose suscitandole integralmente; Dio pronuncia la sua parola e le cose si fanno presenti. In principio Dio creò il cielo e la terra. (Genesi 1, 1) La creazione, è il primo atto d’amore che Dio ha compiuto nei confronti dell’umanità. Dio parla e l’universo comincia ad essere. Ama ciò che ancora non è, e il suo amore è creativo. L’amore, per sua natura, ha bisogno di espandersi, di comunicare, di uscire da sé per coinvolgere tutto e tutti nella gioia di vivere. Come gli uomini hanno risposto a questa dichiarazione d’amore che Dio ha pronunciato nei loro confronti? In quale maniera hanno contraccambiato ad un dono così grande? Alla silenziosa lode del creato deve dare voce l’essere umano che, contemplando le meraviglie del Signore, scopre la sua grandezza. L’universo è posto nelle nostre mani; noi siamo “responsabili” del suo miglioramento o del suo degrado, della sua continuazione o della sua fine. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. (Genesi 2, 15) Noi siamo i destinatari del mondo. Posti al centro e al di sopra del creato, siamo dotati di una particolare benedizione divina che ci dà la forza di essere creatori: abbiamo il creato nelle nostre mani. A questo privilegio corrisponde l’obbligo di conoscere le nostre potenzialità e di studiare il mondo con l’umanità che lo popola per trasformare in meglio tutto quello che tocchiamo. Per migliorare la creazione dobbiamo, ogni giorno, ritornare ad interrogarci sull’originale progetto di Dio. Il nostro compito primario è amare la nostra terra proprio come una sposa: solo così essa potrà divenire giardino. Come dice il profeta Isaia: “e la tua terra, Sposata”! Dobbiamo amare, curare, difendere, custodire la nostra terra come una sposa; e non come un’amante. Se la terra è amante ecco l’inquinamento, i rifiuti tossici venduti e sotterrati, il male di una natura che cresce male. 107 Se è sposa, invece, la terra che abitiamo e tale la sentiamo, educandoci, allora ogni terra avrà sviluppo e crescita; e solo così potremo assistere al nuovo sorgere di “un cielo nuovo e una terra nuova” e al progresso della civiltà dell’amore. PER I GIOVANISSIMI I video musicali proposti (vedi Allegato 1 e 3: EARTH SONG e Allegato 2 e 4: A BEAUTIFUL LIE)ci descrivono quella che con una immagine biblica potremmo definire come l’anticreazione o distruzione del creato. Un processo già in atto che, per alcuni è irreversibile e ci condurrà ad una fine certa, mentre per altri può subire un cambio di tendenza se prendiamo davvero consapevolezza dell’urgenza di una nuova creazione. A partire dalle immagine e dai testi ad essi corredati, potete avviare la discussione. Avete a disposizione i video, la traduzione della prima canzone e il testo di presentazione e chiusura della seconda. Dopo la visione aprite la discussione ed approfonditela con l’aiuto del testo di Benedetto XVI (vedi Allegato 5: BENEDETTO XVI). Per fronteggiare la drammatica situazione della terra, alcuni esperti e alcuni uomini “di coscienza”, suggeriscono delle iniziative. Proponete ai ragazzi di visionare alcuni video dello scienziato tedesco Wolfang Sachs su ecologia, giustizia e pace (vedi Allegato 6a e 6b); clima, risorse e futuro del pianeta (vedi Allegato 7); nucleare o energie decentrate? (vedi Allegato 8). Inoltre potreste proporre alcuni interventi del presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, a proposito della possibilità di creare sul territorio regionale centrali nucleari (vedi Allegato 9 e 10). Decidete se proporli tutti o scegliere un argomento da trattare in modo specifico. Proponete ora ai ragazzi di creare, dopo il confronto su anticreazione ed interventi riparativi, un decalogo sulla salvaguardia del creato. Dieci indicazioni che permettano di contribuire, secondo le indicazioni di Gesù nel vangelo guida di questo modulo, “i cieli nuovi e la terra nuova”. Fate in modo che inseriscano in questo elenco dei riferimenti per i 4 elementi della natura: fuoco, acqua, aria e terra. Al termine, condividete ed integrate, se lo ritenete necessario, le loro proposte con un decalogo già pronto (vedi Allegato 11: 10 SFIDE PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO). Concludete definendo un decalogo generale e definitivo e con il commento di Gianfranco Ravasi al salmo 65 sulla bellezza della creazione(vedi Allegato 13: TU VISITI LA TERRA). Chiara Luce Badano conduce la sua vita, sino alla morte, come risposta a Dio che le ha donato il creato e di conseguenza anche il soffio vitale. Vi offriamo delle pagine estratte dalla sua biografia. “IO HO TUTTO” I 18 ANNI DI CHIARA LUCE (dal capitoloLA SPOSA) Lo sposalizio Chiara Luce si aggrava, sopraggiungono crisi respiratorie e segni di soffocamento. Confida alla mamma una mattina: “Ieri sera ero felice perché ho potuto offrire ancora qualcosa”. E in un altro momento: “Pensi che sia un falso allarme? Partirò?”. Le risponde Maria Teresa: “Per partire ci vuole il tempo di Dio. Ma stai tranquilla: hai la valigia pronta, piena di atti d’amore”. E Chiara Luce: “Pensi che mi verrà incontro la nonna?”. La mamma: “Prima ci sarà Maria, che t’accoglierà a braccia aperte”. E la giovane Badano: “Zitta, non dirmi niente che mi togli la sorpresa”. Due notti prima di morire chiede alla madre di leggerle una delle meditazioni di Chiara Lubich, le uniche pagine oltre al Vangelo che ancora la soddisfino, placando la sua sete d’infinito. Maria Teresa comincia, ma Chiara Luce l’interrompe: “Con più entusiasmo, per favore”. E poi pronuncia una frase, semplice e forte, memore della “visita” ricevuta qualche settimana prima: “Quando arriva il diavolo lo mando via, perché sono più forte, perché io ho Gesù”. 108 La vigilia vuol salutare gli amici che in quel momento sono in casa. Non ha un filo di forze residue, ma riesce comunque a riservare un sorriso a ognuno, o un semplice cenno con la mano. Giuliano è tra questi: “Bisogna avere il coraggio di mettere da parte ambizioni e progetti che distruggono il vero significato della vita, che è credere nell’amore di Dio e basta”, riesce a dirgli. Arriva un mazzo di roselline dalla gen: “Che belle, proprio adatte per un matrimonio”, commenta. Sin dalla mattina le viene da ripetere una frase ripresa da Chiara Lubich: “Vieni, Signore Gesù”, perché desidera ricevere l’Eucarestia. E inatteso arriva un sacerdote, che le dà la comunione. È felicissima. La notte si annuncia, se possibile, ancora più difficile del solito. I medici si danno da fare nella sua stanzetta, ma Chiara Luce chiede di restare sola con i suoi. Accanto a lei il padre e la madre. Fuori dalla porta, gen e amici. C’è pace, quasi naturalezza. Le sue ultime parole sono per la mamma: “Ciao. Sii felice perché io lo sono”. A papà, che le chiede se quella frase valga anche per lui, stringe semplicemente la mano. È domenica 7 ottobre 1990, sono le quattro del mattino. È arrivata, Chiara Luce. Scrive Chiara Lubich in un telegramma a Ruggero e Maria Teresa: “Ringraziamo Dio per questo suo luminoso capolavoro”. Poi l’ultimo dono: le sue cornee vengono espiantate. Ora due giovani vedono grazie a lei. PER I GIOVANI I video musicali proposti (vedi Allegato 1 e 3: EARTH SONG e Allegato 2 e 4: A BEAUTIFUL LIE)ci descrivono quella che con una immagine biblica potremmo definire come l’anticreazione o distruzione del creato. Un processo già in atto che, per alcuni è irreversibile e ci condurrà ad una fine certa, mentre per altri può subire un cambio di tendenza se prendiamo davvero consapevolezza dell’urgenza di una nuova creazione. A partire dalle immagine e dai testi ad essi corredati, potete avviare la discussione. Avete a disposizione i video, la traduzione della prima canzone e il testo di presentazione e chiusura della seconda. Dopo la visione aprite la discussione ed approfonditela con l’aiuto del testo di Benedetto XVI (vedi Allegato 5: BENEDETTO XVI). Per fronteggiare la drammatica situazione della terra, alcuni esperti e alcuni uomini “di coscienza”, suggeriscono delle iniziative. Proponete ai ragazzi di visionare alcuni video dello scienziato tedesco Wolfang Sachs su ecologia, giustizia e pace (vedi Allegato 6a e 6b); clima, risorse e futuro del pianeta (vedi Allegato 7); nucleare o energie decentrate? (vedi Allegato 8). Inoltre potreste proporre alcuni interventi del presidente della regione Puglia, Niky Vendola, a proposito della possibilità di creare sul territorio regionale centrali nucleari (vedi Allegato 9 e 10). Decidete se proporli tutti o scegliere un argomento da trattare in modo specifico. Proponete ora ai ragazzi di leggere il decalogo già pronto (vedi Allegato 11: 10 SFIDE PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO)e confrontarsi sulla reale possibilità di metterlo in pratica o di verificarsi con il testo di don Tonino Bello sulla nostra responsabilità nella cura della terra (vedi Allegato 12: DON TONINO BELLO). Concludete con il commento di Gianfranco Ravasi al salmo 65 sulla bellezza della creazione(vedi Allegato 13: TU VISITI LA TERRA). Filmografia (vedi Allegato 1 extra): Alastair Fothergill e Mark Linfield, “EARTH – LA NOSTRA TERRA” Andrew Stanton, “WALL*E” Bibliografia (vedi Allegato 2 extra): Michele Zanzucchi, “IO HO TUTTO” i 18 anni di Chiara Luce, Città Nuova 109 Siti web: http://www.gmg2011.it [email protected] http://www.chiaralucebadano.it CELEBRAZIONE Sai che basta l’amore Cel: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo Ass: Amen Cel: Carissimi, come afferma San Paolo, “l’amore non ha fatto mai male a nessuno” e come dicono tanti “più forte della morte è l’amore. L’amore viene da Dio e può operare ogni cosa. Può anche far si che noi stessi operiamo ogni cosa, poiché come insegna San Francesco di Paola: “ A chi ama Dio nulla è impossibile” Il vero amore è infatti quello che noi abbiamo ricevuto da Dio e che doniamo al mondo di conseguenza. Silenzio Ascolto della canzone seguente di Herbert Pagani “Sai che basta l’amore.”Canteremo il brano insieme dopo averlo riascoltato un’altra volta Sai che basta l'amore per alzarti al mattino e inventare un giardino là dove non c'è un fiore. E vedrai con l'amore se mi resti vicino forzeremo il destino a cambiare colore. Perché solo l'amore fa d'un porco un poeta fa d'un vecchio un atleta d'un barbone un signore. Sai che basta l'amore per ricominciare quando tutti i tuoi sogni se li è bevuti il mare. Perché solo l'amore fa nel buio una luce fa salire una voce anche in mezzo al rumore. Sai che basta l'amore per trovare parole che convincano il sole a venire in città. E noi due con l'amore canteremo canzoni per far battere i cuori e tacere i cannoni. Sai che basta l'amore per avere ragione e piantare in prigione fiori di libertà. E l'amore sarà per noi due la ricchezza e la sola certezza l'unica verità. Sai che basta l'amore quando non hai bandiera quando non hai speranza quando non hai preghiera. Se ti basta l'amore dai mettiamoci in viaggio con un po' di coraggio troveremo l'amore. 110 Silenzio LITURGIA DELLA PAROLA PRIMA LETTURA Dal libro del Deuteronomio (Dt 6,2-6) Ascolta Israele: ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore. Mosè parlò al popolo dicendo: “Temi il Signore tuo Dio osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti dò e così sia lunga la tua vita. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice e cresciate molto di numero nel paese dove scorre il latte e il miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore”. Parola di Dio SALMO RESPONSORIUALE(Sal 17) Ti amo, Signore, mia forza. Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza. Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. Mi assalirono nel giorno di sventura, ma il Signore fu mio sostegno; mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene. Viva il Signore e benedetta la mia rupe, sia esaltato il Dio della mia salvezza. Egli concede al suo re grandi vittorie Acclamazione al Vangelo(Gv 14,23) Alleluia, alleluia. Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. Alleluia. VANGELO Dal Vangelo secondo Marco(Mc 12,28-34) In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. Allora lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più coraggio di interrogarlo. Parola del Signore 111 MEDITAZIONE Saluterò questo giorno con l’amore nel cuore.Poiché questo è il segreto più grande per avere successo in tutti i campi. I muscoli possono schiacciare uno scudo e perfino distruggere una vita, ma solo l’invisibile potere dell’amore può aprire il cuore degli uomini… Potranno opporsi al mio argomentare, potranno diffidare delle mie parole, potranno rifiutare la mia persona e perfino i miei buoni affari potranno essere fonte di sospetto. Ma il mio amore conquisterà il loro cuore come il sole i cui raggi ammorbidiscono anche l’argilla più fredda. Amerò il sole perché scalda le mie ossa, ma amerò anche la pioggia, poiché purifica il mio spirito; amerò la luce perché mi mostra la via ma amerò anche il buio poiché mi permette di vedere le stelle. Darò il benvenuto alla felicità, poiché allarga il mio cuore, ma sopporterò anche la tristezza, perché apre la mia anima; accetterò le ricompense perché mi sono dovute, ma darò il benvenuto anche agli ostacoli poiché sono la mia sfida. Amerò gli uomini di ogni tipo, poiché ognuno possiede qualità degne di ammirazione, per quanto nascoste possano essere. Amerò gli ambiziosi, perché possono ispirarmi; amerò i falliti, perché possono insegnarmi; amerò i sovrani perché non sono altro che uomini; amerò i mansueti perché sono divini; amerò i ricchi perché sono soli, amerò i poveri perché sono una moltitudine. Amerò i giovani per la loro baldanza, amerò i vecchi per la saggezza che offrono. E soprattutto amerò me stesso, poiché amando me stesso saprò ispezionare attentamente tutte le cose che entrano nel mio corpo, nella mia mente, nella mia anima e nel mio cuore. Non sarò indulgente verso le richieste della mia carne, ma piuttosto curerò il mio corpo con la pulizia e la sobrietà. Non permetterò alla mia mente di lasciarsi attirare dal peccato e dalla disperazione, ma piuttosto la eleverò il sapere e con l’antica saggezza; non permetterò alla mia anima di diventare compiaciuta e soddisfatta, ma piuttosto la nutrirò di meditazione e di preghiera. Non permetterò al mio cuore di diventare meschino e acido, ma piuttosto lo offrirò agli altri ed esso si dilaterà e scalderà la terra. D’ora innanzi amerò tutta l’umanità. Da questo momento tutto l’odio è uscito dalle mie vene, poiché non ho tempo per odiare, ho soltanto tempo per amare. Da questo momento faccio il primo passo necessario a diventare uomo fra gli uomini… Cel: Nello spirito della comunione e dell’amore da Dio e dal prossimo, scambiamoci un gesto di pace. Tutti si scambiano la pace con l’abbraccio reciproco, ripetendosi l’un l’altro la frase Sai che basta l’amore. Canto del Padre Nostro Preghiamo: O Signore, in fondo tutti quanti noi sappiamo che basta l’amore per vincere ogni tensione, sospetto e malignità; e che l’amore apre tante porte ed è la soluzione di tutti i nostri problemi ma non siamo sensibili all’amore perché non abbiamo compreso che tu ci hai amati per primo. Aiutaci a convincerci del tuo amore nei nostri confronti per essere capaci di amare gli altri poiché l’amore è sufficiente. Per Cristo nostro Signore. Benedizione finale Congedo: Tutti in cerchio, tenendoci per mano, riascoltiamo la canzone di Herbert Pagani. 112 VII MODULO ANCHE QUESTO È UN UOMO : IL CORPO DI CRISTO NEI CROCIFISSI DELLA STORIA Orizzonte Il giovane scopre che l’umano è luogo teologico della manifestazione di Dio: ogni uomo porta in sé l’immagine di Dio, perché Dio è nel volto e nella parola di Gesù di Nazaret. Per questo, la Chiesa non è estranea a nessun uomo, anzi invita a incontrare Cristo nei sacramenti e negli ultimi, nei poveri, negli emarginati della storia. Si tratta di fare propria la scelta preferenziale per e dei poveri, di prendere contatto e confidenza con il fango e la terra dell’umanità per incrociare il bisogno di salvezza ed essere strumento di liberazione e di speranza. Il giovane prende consapevolezza che il vangelo, proclamato sull’altare, va vissuto nel fango della nostra terra, dentro le fatiche della gente, accanto ai poveri in difficoltà per il lavoro, nel cuore di chi chiede sicurezza e non precarietà. Perché il vangelo è fango che nobilita, passo che discrimina i pavidi e condanna chi non ha il coraggio di firmare il suo dire. Riconoscendo Dio-uomo in Gesù, il giovane, è chiamato a fare l’esperienza dei crocifissi della storia, con ampio richiamo alla resurrezione. Cristo è ovunque, in ognuno dei nostri fratelli, nei poveri; “perché i poveri sono Cristo”. Ciascuno di noi è un povero. In ognuno di noi c’è l’immagine di Dio, che noi stessi nascondiamo dietro la maschera della nostra sofferenza e miseria. LA PAROLA Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (2, 5-11) Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre. RILEGGIAMO L’abbassamento di Cristo Gesù fino a farsi servo degli uomini non può che spiegarsi nei termini dell’amore. Per questo il filosofo danese S. Kierkegaard descrive il divenire povero del Figlio di Dio tramite il racconto di un innamoramento. E noi…siamo capaci di amare veramente?... “Supponiamo un re che amava una ragazza poverissima[…] La sua risoluzione era facile da realizzare perché ogni ministro temeva la sua collera e non osava fargli la più piccola osservazione, ogni straniero tremava davanti alla sua potenza e non avrebbe potuto fare a meno di inviare ambasciatori alle nozze con gli auguri di felicità[…] Ma nell’animo del re sorse una preoccupazione[…]:sarebbe stata poi felice la ragazza con questo matrimonio? Riuscirebbe a non pensare mai ciò che il re desiderava solo dimenticare: che lui era il re ed ella era stata una ragazza poverissima?Che ne sarebbe stato dello splendore dell’amore!Ma allora sarebbe stata più felice se fosse rimasta nel suo nascondimento,amata da un suo pari,contenta della sua povera capanna,ma piena di sincerità nel suo amore,allegra dalla mattina alla sera[…].” 113 Che doveva fare dunque il re? Doveva affascinare la ragazza con la propria magnificenza e farle dimenticare con lo stupore per il lusso e la grandezza regale la propria origine? “Ah,questo avrebbe soddisfatto la ragazza ,ma non poteva soddisfare il re,perché egli non voleva la propria glorificazione,bensì quella della ragazza”. Che doveva dunque fare? Doveva trasformare la ragazza di umile condizione,trasformarla magicamente?“Ma l’amore non cambia l’amato bensì cambia se stesso.” C’è un solo modo di creare l’unità del vero amore tra il re e la ragazza poverissima, cioè tra Dio e la creatura ;se questa unità non è realizzabile “con una elevazione,deve essere raggiunta con un abbassamento.[…]Per realizzare l’unione Dio deve quindi essere uguale alla creatura. E pertanto egli si mostrerà uguale al più piccolo. Ma il più piccolo è proprio quello che deve essere al servizio degli altri,quindi è nella figura di servo,che Dio si mostrerà”.Tale figura non è un semplice rivestimento, ma è la sua vera figura. Perchè questa è l’insondabilità dell’amore,il fatto di non diventare per scherzo,ma seriamente e veramente uguale all’amato.” [Citato in GISBERT GRESHAKE,Il Dio unitrino,Queriniana,2000,362-363] Solo così Dio è,umanamente parlando, “felice”: ha ritrovato finalmente la sua creatura e l’ha per sempre unita a sé… I TAPPA NESSUNO ESCLUSO “CORPO DI CRISTO. Per questa immagine, bellissima e decisiva, basti pensare al nesso inscindibile tra corpo e capo. Quello che ha vissuto il Cristo, come capo lo deve vivere anche il suo corpo, che è la chiesa.” (Bregantini) Obiettivo Il giovane/giovanissimo, partendo dalla consapevolezza che ognuno ha in sé gli stessi sentimenti di Cristo, scopre che la Chiesa non è estranea a nessuno. In profondità La Chiesa corpo di Cristo: Per i cristiani il termine «chiesa» indica l’assemblea dei credenti, l’insieme dei discepoli di Gesù chiamati fuori dal mondo da un appello amorevole di Dio in vista di una nuova vita in Cristo, il Signore. Nelle Scritture la Chiesa è additata con molte espressioni quali «il popolo di Dio» (1Pt 2, 10), «l’Israele di Dio»(Gl 6, 16), «Il tempio di Dio» (1Co 3,16), «la famiglia» più vera di quella carnale poiché fondata sulla fede» (Lc 18, 28-30; Mc 3, 31-35), la «sposa di Cristo» (Ef 5, 25-27; Ap21, 2 e 22, 17). Essa è lo strumento di amore e di fedeltà, attraverso la quale Dio fa conoscere al mondo la sua ampiezza (Ef 3, 8-10). Luce del mondo e sale della terra (Mt 5, 13-14). Nel pensiero Pietrino la Chiesa è «una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo…» (1Pietro 2, 9).In una celebre immagine paolina la Chiesa è definita come “il corpo di Cristo”; questa espressione offre un’idea chiara dello spirito di unità, di simpatia, di tolleranza e d’amore che deve regnare fra coloro che, sapendosi salvati dalla grazia divina, si uniscono per compiere la sua missione. Quando Cristo opera nel mondo oggi, lo fa attraverso il suo corpo, la Chiesa, ossia noi! In diversi testi delle Scritture la Chiesa è descritta come il corpo di Cristo (Rm 12, 4-5; 1 Cor 12, 12-31; Ef 1, 22-23; 4, 4-16). Questa definizione, indubbiamente, è la più estrema, la più significativa e qualificativa. La Chiesa non è paragonata al corpo, ma è un corpo: il corpo di Cristo! “In genere, da questa definizione si ricavano giustamente deduzioni relative all’unità nella diversità, alle differenti funzioni, tutte nobili, che sono chiamati tutti i membri della Chiesa..., ma sfugge il messaggio al limite della scandalo che questa definizione contiene; 114 nella visione ebraica dell’uomo il corpo non è una parte della persona, ma l’espressione visibile di tutta la personalità; il corpo di Cristo è Cristo nella sua relazione con l’umanità. La Chiesa, secondo questa immagine cara a Paolo, «è Cristo» nel mondo. Ed è infatti depositaria della missione che è l’evangelizzazione del mondo (Marco 16, 15)”. Come corpo di Cristo, la Chiesa dipende da Lui per la sua esistenza. Egli è la sua fonte, non solo come suo fondatore, ma anche come la potenza che la sostiene giorno dopo giorno. Come corpo di Cristo, deriva da Lui anche nella sua identità fondamentale. I singoli membri partecipano alla vita della Chiesa, ma non determinano come debba essere la sua vita. È Cristo che rende la Chiesa importante, non il contrario. Essa è ciò che è grazie a ciò che Gesù è, non grazie a ciò che sono i membri. Pertanto, la Chiesa è soggetta alla autorità del Cristo. Egli è il «capo supremo della chiesa» (Ef 1, 22). «Riconoscere che l'autorità di Cristo nella Chiesa è suprema ci impedisce di esagerare l'importanza di qualsiasi struttura ufficiale od organizzativa. La chiesa ha bisogno di organizzazione, naturalmente, ma nessuna struttura organizzativa dovrebbe mettere in ombra l'autorità di Cristo». JanPualsen, scrive: “Il baricentro della nostra comunione cristiana, di tutto ciò che abbiamo in comune, è il nostro Salvatore. È grazie a quello che ha fatto, sta facendo e farà per noi che si crea una unione all’interno della comunità dei credenti. Quanto più ogni membro della comunità si avvicina a quel maestoso baricentro, tanto più solidi diventano i legami che ci uniscono gli uni agli altri, favorendo in questo modo la missione della chiesa”. PERI GIOVANISSIMI I parte All’inizio dell’incontro verrà fatta un brevissima introduzione del tema: Ogni uomo è creato a immagine di Dio e quindi tanto più saremo felici, quanto più perfezioneremo l’immagine di Dio che è in noi. Per far ciò siamo chiamati a mettere in circolo la nostra ricchezza: mettere a disposizione ciò che si è, le nostre capacità, i nostri doni, la nostra intelligenza, quanto sappiamo fare, quanto pensiamo e crediamo:il nostro animo libero! Tra i diversi momenti che ci consentono di scoprire che in noi vivono gli stessi sentimenti del Signore e fare autenticamente esperienza di Lui, c’è quello della prova, della croce. Il segreto sta nell’accettare di condividere (=dividere con) la profondità del proprio cuore, le proprie ansie, sofferenze, desideri, speranze, progetti. Significa comprendere (=prendere con, assumere) che il nostro ospite è davvero il Messia, colui che è capace di trasformare le nostre ansie in aneliti di libertà, le nostre sofferenze in gioia senza fine, i nostri desideri in realtà di grazia, le nostre speranze in certezze, i nostri progetti in vita eterna. Ma dobbiamo fare la nostra parte. Ovvero, a nostra volta, dobbiamo essere capaci di aprire la porta blindata del nostro cuore e portar fuori l’anelito di liberazione e di speranza. Dipende dalla nostra disposizione d’animo se la lieta novella può avere effetto o no: il Figlio di Dio è venuto per tutti, nessuno escluso, ricchi o poveri, santi o peccatori, ma quanto più ci si crede santi o ricchi, tanto più la sua venuta è inutile. Con la nostra arroganza siamo capaci di legare le mani all’Onnipotente! Subito dopo, si passerà alla distribuzione di quattro bigliettini di colore diverso, che avranno un foro in alto al centro. Si proietteranno le parole corpo & capo, con sullo sfondo un’immagine che le rappresenti.. Ai ragazzi verrà chiesto di scrivere su uno dei bigliettini che hanno ricevuto, quale nesso, quale relazione ci sia, secondo loro, tra le due parole. In un secondo momento si proietteranno le parole Cristo & chiesa, con un’immagine ad esse legata. Il giovanissimo dovrà scrivere su un altro bigliettino, da cosa sono legate le due parole. Infine, allo stesso modo verrà proietta la frase nessuno escluso. Ogni giovanissimo dovrà scrivere su un lato del bigliettino un’esperienza personale in cui si è sentito escluso, e sull’altro lato quando non lo è stato. 115 II parte A questo punto si chiederà ai ragazzi di scrivere, sul quarto bigliettino che hanno ricevuto, una frase su ciò che hanno precedentemente scritto. Si possono prevedere 10-15 minuti, in ci chi vuole può leggere, e quindi mettere in comune, quanto ha scritto. III parte Dopo quest’attività, l’educatore si prenderà un po’ di tempo per spiegare lo scopo dell’attività appena svolta, ponendo l’accento appunto sulle parole proposte ai ragazzi, e sulle loro relazioni. Ciò verrà fatto al fine di aiutare i giovanissimi a rendersi conto che avendo ognuno in sé i sentimenti di Gesù, che è stato uomo come noi, ed essendo noi Chiesa, non possiamo lasciare nessuno fuori: la chiesa non è estranea a nessuno!!! Conclusione Al termine dell’incontro ai ragazzi, sulle note della canzone degli O.R.O. “Quando ti senti sola”, una dichiarazione d’amore di Dio per la sua chiesa (per il testo vedi ALLEGATO N°1), verrà consegnato un pezzo di spago in cui dovranno infilare i quattro bigliettini. Poi ogni pezzo di spago dovrà essere legato a quello degli altri, in modo da formare una catena che contenga tutti: nessuno escluso! Durante la celebrazione domenicale la catena “nessuno escluso”, verrà portata in processione offertoriale e sistemata intorno all’altare, in modo visibile, e qualcuno dei giovanissimi spiegherà alla comunità che la catena rappresenta il loro impegno a non escludere alcuno dalla dimensione della chiesa. PERI GIOVANI I parte All’inizio dell’incontro verrà fatta un brevissima introduzione del tema: Ogni uomo è creato a immagine di Dio e quindi tanto più saremo felici, quanto più perfezioneremo l’immagine di Dio che è in noi. Per far ciò siamo chiamati a mettere in circolo la nostra ricchezza: mettere a disposizione ciò che si è, le nostre capacità, i nostri doni, la nostra intelligenza, quanto sappiamo fare, quanto pensiamo e crediamo:il nostro animo libero! Tra i diversi momenti che ci consentono di scoprire che in noi vivono gli stessi sentimenti del Signore e fare autenticamente esperienza di Lui, c’è quello della prova, della croce. Il segreto sta nell’accettare di condividere (=dividere con) la profondità del proprio cuore, le proprie ansie, sofferenze, desideri, speranze, progetti. Significa comprendere (=prendere con, assumere) che il nostro ospite è davvero il Messia, colui che è capace di trasformare le nostre ansie in aneliti di libertà, le nostre sofferenze in gioia senza fine, i nostri desideri in realtà di grazia, le nostre speranze in certezze, i nostri progetti in vita eterna. Ma dobbiamo fare la nostra parte. Ovvero, a nostra volta, dobbiamo essere capaci di aprire la porta blindata del nostro cuore e portar fuori l’anelito di liberazione e di speranza. Dipende dalla nostra disposizione d’animo se la lieta novella può avere effetto o no: il Figlio di Dio è venuto per tutti, nessuno escluso, ricchi o poveri, santi o peccatori, ma quanto più ci si crede santi o ricchi, tanto più la sua venuta è inutile. Con la nostra arroganza siamo capaci di legare le mani all’Onnipotente! Vi suggeriamo di proiettare un video, che sia significativo, sui cosiddetti “poveri di oggi”, allo scopo di stimolare nei giovani il bisogno di fare l’esperienza dei crocifissi della storia. Magari cercate un video che abbia un risvolto positivo, che contenga uno slancio di salvezza, liberazione, speranza. Riflessione sulle immagini appena viste. 116 VIDEO SUGGERITI: • EDUCARE ALLA POVERTÀ (DON TONINO BELLO VIDEO) http://www.youtube.com/watch?v=bJ5SbXyaT6w • LA POVERTÀ (FORZA VENITE GENTE VIDEO) http://www.youtube.com/watch?v=KtsVy4iEfK0&p=9A473F0E536521EA&pl aynext=1&index=30 II parte Lanciamo ai nostri giovani una serie di provocazioni, atte a produrre una riflessione sulle povertà di oggi, sui crocifissi della storia. Quanto un giovane si rende conto che le povertà altrui sono anche le sue? e che pertanto ognuno, nessuno escluso, dovrebbe essere proteso verso gli altri. Alcune domande: - Chi sono i poveri di oggi? - Come l’immagine di Cristo si rispecchia in loro? - Questi poveri sono estranei, o veramente nessuno è escluso? - Li sentiamo vicini a noi, o lontani? - Per andare incontro ai poveri, bisogna uscire da se stessi, e rompere le nostre certezze: siamo davvero disposti a farlo? III parte Un’ulteriore riflessione, in tal senso, può essere condotta a partire dalla visione del flash LA LIBERTÀ (di B. Bozzetto). http://www.youtube.com/watch?v=vGYozcu7z0U&p=50763F891D5D04FB&playnex t=1&index=40 La vita vera, quella non da addormentati, da annoiati, da indecisi, da stanchi, da indifferenti, da superficiali, ci sollecita continuamente a lasciare la sicurezza del presente, delle proprie radici, per andare nell’incerto, laddove non vi sono appigli ma solo un cielo in cui volare. Ciascuno di noi, prima o poi, coglie e fa suo questo invito. Uscire da noi stessi, dalle nostre sicurezze, tanto comode quanto imprigionanti. E’ tutto in questo “uscire dall’umano” dal “limitante”, da ogni etichetta o divisa o fattore di comodo, che può attuarsi la nostra conversione, la nostra trasformazione in esseri nuovi, investiti dalla luce e dal calore, liberi. Certo nel condominio dell’abitudine c’è spazio per una variegata tipologia umana: esseri demotivati e senza prospettive, chiusi nei loro gusci, intrappolati nelle cose di sempre: una carrellata di umanità al capolinea della corsa, che non sa più dove andare, che non sa che c’è sempre un orizzonte ulteriore da raggiungere, e che perciò rimane schiacciata dalla sua stessa immobilità, persino sorda ai richiami di chi, ostinatamente, non si rassegna alle sue prigioni e cerca una vita nuova. Non esistono libertà sotto costo, non c’è per nessuno una libertà in svendita: chiunque è rimasto affascinato da quel volo incontro al sole, seppure soltanto intravisto o ammirato in altri, non teme di svegliarsi dal suo torpore e sopportare la fatica, il sacrificio, la sofferenza di abbattere le pareti che lo separano dalla Vita. 117 Per riflettere ed approfondire... • • • • per oltrepassare i nostri limiti sono sufficienti l’impegno e la tenacia personali, per spiccare il volo occorre il dono di un paio d’ali? che cosa identifichi con il sole che ha il potere di fare luce in ogni angolo della nostra vita e di attirarci a sé? sei d’accordo che l’esempio di chi ha conquistato la sua personale libertà può spingere altri a fare altrettanto? perché? credi sia possibile donare la libertà a qualcuno? conosci chi sia riuscito a farlo? Infine si presenta, illustra, descrive ai giovani un’esperienza di carità, che loro possono avere sotto gli occhi nella quotidianità, e di cui però magari non si sono neanche accorti. Proponendo ai giovani un’uscita dai locali della parrocchia, per potersi “infangare” nelle povertà. Noi vi proponiamo l’esperienza dell’ associazione IN.CON.TRA Conclusione Breve risonanza su quello che hanno visto, ascoltato, vissuto durante l’incontro, e sulla possibilità di vivere l’esperienza di “povertà”. Per terminare l’incontro si può far ascoltare/visionare la canzone degli O.R.O. “Quando ti senti sola”, una dichiarazione di d’amore di Dio per la sua chiesa ( per il testo vedi ALLEGATO N° 1). II TAPPA IO X TE = NOI “[…] Chi sa confrontarsi con il cammino, spesso polveroso e infangato, del Cristo, sa arrivare lontano, tende all’alto, guida la sua comunità ( parrocchiale, familiare o sociale) con passi chiari verso il bene comune.” Obiettivo Il giovane/giovanissimo è chiamato ad incontrare Cristo non solo nei sacramenti, ma anche e soprattutto nei poveri, nei crocifissi della storia, perchè anche lui vivendo come Cristo, compia il cammino di redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni. In profondità I poveri di oggi: Una domanda che credo non esser banale e che mi ha dato molto da pensare; definire precisamente cosa sia la povertà, potrebbe servire a meglio agire nei suoi confronti. Possiamo dare una prima, semplice definizione di povertà ed è quella di una carenza vitale sofferta dall’uomo e dai propri cari e non rimediabile con le proprie risorse e status, carenza che può costringere una persona ad umiliarsi fino a terra, a chiedere con la mano tesa, oppure, nel caso più grave, a soffrire e morire senza proferir parola, senza nemmeno più avere un moto di reazione alla sua indigenza. Vi sono infatti carenze di importanza vitale, strategica per l’esistere , la libertà, l’integrità e la dignità dell’uomo che, io ritengo, siano proprio l’obiettivo di quella azione riparatrice, che sempre è atto grande di giustizia e testimonianza d’amore, cioè l’elemosina, il dono e il per-dono intesi nel senso più lato possibile. In questa società, inoltre, anche cose che potrebbero essere banali in contesti più semplificati assumono a volte un peso improprio, schiacciante e mortale per la persona. Ma, avendo oggi di fronte molti, troppi che chiedono per metodo e con falsa intenzione, che manifestano un qualche bisogno vero o 118 millantato da soddisfare, è lecito interrogarsi sulle loro reali necessità, sulla loro buona o cattiva fede prima di dar loro del nostro? Ha una valenza possibile anche in questo senso, seppure su un piano meramente materiale, il consiglio di non dare le nostre perle in pasto ai porci o il pane dei figli ai cagnolini? Io credo proprio di sì visto che, sul piano delle risorse materiali tutti abbiamo un limite e non siamo come il Seminatore che può permettersi di spargere ovunque il proprio seme.–Tutti gli uomini debbono essere amati ugualmente, ma se non ti è possibile intervenire a vantaggio di tutti, devi di preferenza interessarti di coloro che ti sono strettamente congiunti per circostanze di luogo, di tempo o di qualsiasi altro genere, che la sorte ti ha per così dire assegnato. Fa’ il caso che tu fossi nell’abbondanza di qualcosa da doversi dare a chi non ne ha ma che fosse impossibile darne a due. Se ti si presentassero due persone, delle quali nessuna è più povera dell’altra o più legata a te da qualche parentela, niente di più corretto potresti fare che tirare a sorte colui al quale dare quell’oggetto che non può essere dato a tutti e due. Allo stesso modo per il caso di più uomini che non puoi aiutare tutti contemporaneamente. È una specie di scelta fatta dalla sorte se qualcuno ti è unito in un grado superiore per legami temporali.(La dottrina cristiana, Lib. 1°) PER I GIOVANISSIMI “Un giorno, mentre ero nei quartieri poveri di Calcutta e stavo per ritornare nella mia stanza, ho visto una donna che giaceva sul marciapiede. Era debole, sottile e magrissima, si vedeva che era molto malata e l’odore del suo corpo era così forte che stavo per vomitare, anche se le stavo solo passando vicino. Sono andata avanti e ho visto dei grossi topi che mordevano il suo corpo senza speranza, e mi sono detta: questa è la cosa peggiore che hai visto in tutta la tua vita. Tutto quello che volevo in quel momento, era di andarmene via il più presto possibile e dimenticare quello che avevo visto e non ricordarlo mai più. E ho cominciato a correre, come se correre potesse aiutare quel desiderio di fuggire che mi riempiva con tanta forza. Ma prima che avessi raggiunto l’angolo successivo della strada, una luce interiore mi ha fermata. E sono rimasta lì, sul marciapiede del quartiere povero di Calcutta, che ora conosco così bene, e ho visto che quella non era l’unica donna che vi giaceva, e che veniva mangiata dai topi. Ho visto anche che era Cristo stesso a soffrire su quel marciapiede. Mi sono voltata e sono tornata indietro da quella donna, ho cacciato via i topi, l’ho sollevata e portata al più vicino ospedale. Ma non volevano prenderla e ci hanno detto di andarcene via. Abbiamo cercato un altro ospedale, con lo stesso risultato, e con un altro ancora, finche’ non abbiamo trovato una camera privata per lei, e io stessa l’ho curata. Da quel giorno la mia vita è cambiata. Da quel giorno il mio progetto è stato chiaro: avrei dovuto vivere per e con il più povero dei poveri su questa terra, dovunque lo avessi trovato.” (da un’intervista a Madre Teresa di Calcutta) Vi proponiamo l’incontro con un testimone. Qualcuno di carismatico che ha fatto la scelta preferenziale dei e per i poveri, e che aiuti i vostri amati ragazzi a scoprire come l’incontro con Cristo non avviene solo nei sacramenti, ma anche sporcandosi le mani con il “fango”. Vi suggeriamo di contattare l’associazione IN.CON.TRA., che tra le altre attività, presta servizio presso la tendopoli della Croce Rossa, costruita nei pressi dell’ Arena delle Vittorie a Bari. Un servizio che raccoglie un bacino di “crocifissi” ampio. Lo scopo di quest’ incontro, sarà non solo di conoscenza, ma di sensibilizzazione verso realtà che sembrano così lontane dalla vita dei nostri giovanissimi. E chissà che, in qualcuno di loro non sorga almeno la curiosità di affacciarsi e “sporcarsi” un po’ le mani. Perché la salvezza è un bene comune che passa attraverso la povertà e le persecuzioni. Si potrebbe iniziare l’incontro con la lettura della storia dei due blocchi di ghiaccio (per il testo, vedi ALLEGATO N° 2), per creare l’atmosfera! 119 L’incontro potrebbe iniziare con la visione del video “DOVE HO VISTO TE”(ricordi vivi di Te), sulle note dell’ omonima canzone di Jovanotti. Qui di seguito trovate il link: http://www.youtube.com/watch?v=-Bnt3HOFSvM&feature=share ASSOCIAZIONE IN.CON.TRA BARI società: Siamo un'associazione di volontari che pone in essere azioni positive di contrasto alla povertà, prestando aiuto a tutti coloro che ne hanno bisogno e che sono in condizioni di difficoltà ed emarginazione, senza distinzione di razza, ceto sociale e credo religioso. Missione: - DISTRIBUIAMO LA CENA che un gruppo di volenterose e validissime signore (sempre più numerose!) prepara a casa e che noi passiamo a ritirare ogni settimana. - RACCOGLIAMO VESTITI, SCARPE E COPERTE (con moderazione per motivi di spazio!) per affrontare le emergenze del freddo invernale soprattutto per i nostri amici più anziani. - CERCHIAMO DI AIUTARE i nostri amici della stazione nei loro piccoli problemi quotidiani e soprattutto di NON FARLI SENTIRE PIU' SOLI E RIFIUTATI PERCHE' DIVERSI. - NON ACCETTIAMO SOLDI ma uomini e donne, ragazze e ragazzi che vogliono darci una mano. DOVE SIAMO: tutti i GIOVEDI' e le DOMENICHE dalle 20:30 in poi ci trovate al gazebo delle informazioni turistiche in PIAZZA ALDO MORO (BARI) - vicinanze della Stazione di Bari. Tutte le SERE presso la tendopoli, allestita dalla Croce Rossa, nelle vicinanza dell’Arena delle Vittorie. PER INCONTRARCI: potete inviare una mail a - [email protected] - [email protected] (Gianni Macina, presidente associazione) - [email protected] (Michele Tataranni) PER I GIOVANI “Un giorno, mentre ero nei quartieri poveri di Calcuttaestavo per ritornare nella mia stanza, ho visto una donna che giaceva sul marciapiede. Era debole, sottile e magrissima, si vedeva che era molto malata e l’odore del suo corpo era così forte che stavo per vomitare, anche se le stavo solo passando vicino. Sono andata avanti e ho visto dei grossi topi che mordevano il suo corpo senza speranza, e mi sono detta: questa è la cosa peggiore che hai visto in tutta la tua vita. Tutto quello che volevo in quel momento, era di andarmene via il più presto possibile e dimenticare quello che avevo visto e non ricordarlo mai più. E ho cominciato a correre, come se correre potesse aiutare quel desiderio di fuggire che mi riempiva con tanta forza. Ma prima che avessi raggiunto l’angolo successivo della strada, una luce interiore mi ha fermata. E sono rimasta lì, sul marciapiede del quartiere povero di Calcutta, che ora conosco così bene, e ho visto che quella non era l’unica donna che vi giaceva, e che veniva mangiata dai topi. Ho visto anche che era Cristo stesso a soffrire su quel marciapiede. Mi sono voltata e sono tornata indietro da quella donna, ho cacciato via i topi, l’ho sollevata e portata al più vicino ospedale. Ma non volevano prenderla e ci hanno detto di andarcene via. Abbiamo cercato un altro ospedale, con lo stesso risultato, e con un altro ancora, finche’ non abbiamo trovato una camera privata per lei, ed io stessa l’ho curata. Da quel giorno la mia vita è cambiata. 120 Da quel giorno il mio progetto è stato chiaro: avrei dovuto vivere per e con il più povero dei poveri su questa terra, dovunque lo avessi trovato.” (da un’intervista a Madre Teresa di Calcutta) Vi suggeriamo di far vivere ai vostri giovani un’esperienza di carità, che permetta loro di “infangarsi”, di abbandonare le loro certezze, le loro sicurezze, il loro sentirsi “al riparo”, e di incontrare Cristo nei poveri. Vi proponiamo di vivere questo incontro presso la tendopoli della Croce Rossa, nei pressi dell’Arena delle Vittorie a Bari,in cui presta servizio l’associazione IN.CON.TRA., che raccoglie un’ utenza “povera” variegata. È bene prendere dei contatti con i responsabili e i volontari, in modo da ben organizzare e preparare quest’esperienza fuori dai locali parrocchiali. Scopo dell’esperienza, non sarà solo di conoscenza, ma di sensibilizzazione verso storie che sembrano così lontane dalle nostre. E chissà che, qualche giovane non decida di continuare a sporcarsi le mani di fango, e di ritornare alla tendopoli. Non dimentichiamo che la salvezza passa attraverso la povertà e le persecuzioni. ASSOCIAZIONE IN.CON.TRA. BARI società: Siamo un'associazione di volontari che pone in essere azioni positive di contrasto alla povertà, prestando aiuto a tutti coloro che ne hanno bisogno e che sono in condizioni di difficoltà ed emarginazione, senza distinzione di razza, ceto sociale e credo religioso. Missione: - DISTRIBUIAMO LA CENA che un gruppo di volenterose e validissime signore (sempre più numerose!) prepara a casa e che noi passiamo a ritirare ogni settimana. - RACCOGLIAMO VESTITI, SCARPE E COPERTE (con moderazione per motivi di spazio!) per affrontare le le emergenze del freddo invernale sopratuttoper i nostri amici più anziani. - CERCHIAMO DI AIUTARE i nostri amici della stazione nei loro piccoli problemi quotidiani e soprattutto di NON FARLI SENTIRE PIU' SOLI E RIFIUTATI PERCHE' DIVERSI. - NON ACCETTIAMO SOLDI ma uomini e donne, ragazze e ragazzi che vogliono darci una mano. DOVE SIAMO: tutti i GIOVEDI' e le DOMENICHE dalle 20:30 in poi ci trovate al gazebo delle informazioni turistiche in PIAZZA ALDO MORO (BARI) - vicinanze della Stazione di Bari. Tutte le SERE presso la tendopoli, allestita dalla Croce Rossa, nelle vicinanza dell’Arena delle Vittorie. PER INCONTRARCI: potete inviare una mail a - [email protected] - [email protected] (Gianni Macina, presidente associazione) - [email protected] (Michele Tataranni) 121 III TAPPA SI SALVI CHI PUÒ? O SALVO TUTTI? “[…] La chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza, anzi riconoscendo nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore povero e sofferente, si premura di sollevarne l’indigenza ed in loro intende servire il Cristo”. (Bregantini) Obiettivo Il giovane/giovanissimo è chiamato a fare propria la scelta della prossimità ai poveri. Perché è dal contatto con il fango che si può rispondere al bisogno di salvezza, ed essere “portatore sano” di liberazione e di speranza. In profondità Liberazione e Speranza: Abbiamo bisogno di “liberazione”; l’uomo di ogni tempo necessita dell’intervento di qualcuno o di qualcosa che lo liberi. Perché “l’uomo di sempre” desidera profondamente la felicità, ma si prostituisce facilmente all’idolo di passaggio. Non che a farla da padrona nelle scelte di vita sia una sorta di ingenuità, che tutto abbraccia con lo sguardo di chi è incapace di riconoscere il marcio dentro le situazioni che allettano. Piuttosto ci si ritrova con le idee un po’ confuse, di chi anela al tutto, ma finisce per impastarsi con il niente. Stiamo in mezzo a tante persone, ma ci sembra di scontrarci con fantocci senza volti; gente artefatta, chiusa in se stessa, gelosa nel custodire i propri segreti, attenta a non lasciar trapelare all’esterno le proprie debolezze, i propri limiti, il bisogno dell’uomo di essere compreso, aiutato ed amato. E non solo. Presi da una sorta di paranoia collettiva siamo “sospettosi” nei confronti di chiunque; soprattutto di chi ci si approssima con la sua sofferenza, mendicante compassione e misericordia. Siamo capaci di provare solo sentimenti che siano palliativi delle nostre ansie ed insoddisfazioni, emozioni ricercate per scacciare la noia, trasporti affettivi utilizzati come efficaci cure antidepressive: come se il gesto gratuito del donarsi fosse una grande perdita di tempo. Abbiamo bisogno di invocare la “liberazione” dall’egoismo, dall’infantilismo, dall’immaturità, dall’incapacità di vivere nella semplicità, nevrotizzati dall’ansia del primeggiare sugli altri. E’ questo il Regno di Dio? Eppure l’eternità è incarnata nel presente; l’oggi è la nostra occasione, il tempo da santificare, il momento scelto dal Padre per venirci incontro, il luogo del nostro riscatto, il corpo di Chi giunge a donarci liberazione: “ascoltate oggi la sua voce: non indurite il vostro cuore”.I teologi della liberazione, forti del contatto con un popolo che vive le ingiustizie del Primo Mondo, invitano ad abbracciare un cammino di santità più concreto, che scaturisce dalla “passione per la realtà”, “una santità che esce da se stessa per andare in cerca dei fratelli. Non ha come obiettivo il raggiungimento della propria perfezione, la perfezione del proprio io, ma il conseguimento della ‘vita in abbondanza’ (Gv 10,10) per i fratelli. E’ una santità tutta rivolta fuori di sé verso il progetto di Dio per la nostra storia…Una santità che non rifugge dalla lotta, dalla modernità, dalla città…solo che le affronta a partire dallo Spirito…Una santità ‘fuori le mura’, nel mondo: in mezzo al mondo che Dio ha tanto amato (Gv 3,16), il mondo nel quale Dio ha mandato il proprio Figlio per salvarlo (Gv 3,17), il mondo nel quale Dio invita anche noi (Mt 28,19)”.Questo mondo, sotto molti aspetti, non ci piace: lo critichiamo, ce ne allontaniamo e, a volte, lo eclissiamo, rifugiandoci dentro oasi felici, miraggi di comunità con le porte sprangate e le finestre murate, dove nulla di ciò che è reale ha libero accesso. Qualunque tipo di fuga non può essere il frutto della fede che dona sempre uno sguardo contemplativo sulla realtà, un riconoscere la storia della salvezza nello svolgimento della trama del quotidiano. Ecco, allora, che la santità che ci viene richiesta è “una santità dello stare nel mondo, dell’essere mondo, senza essere del mondo cattivo. Stare nel mondo con i piedi ben poggiati per terra, col desiderio vivo che il mondo sia diverso, che il mondo diventi 122 Regno…Non è una santità che cerchi di salvarsi dal mondo, neppure di salvarsi nel mondo, ma che cerca di salvare il mondo”.Cerchiamo di capire come muoverci dentro questa realtà; spesso ci perdiamo e allora ci affidiamo ad una “guida spirituale” e veniamo invitati ad operare una “conversione del cuore”: se la società è ingiusta sotto vari aspetti, se mostra sempre più un volto disumano, insensibile nei confronti della sofferenza, della povertà, dei problemi degli ultimi, se è riuscita ad obliare la nostra coscienza, se ci ha resi insensibili, chiusi, egocentrici, allora non basta convertire solo il nostro cuore, ma è indispensabile operare una conversione della società intera, a livello di strutture. Poiché noi tutti aspiriamo a vivere in un mondo che incarni lo spirito della pace, della giustizia, della misericordia, della libertà, della vita, del perdono, della fraternità, dell’amore: il Regno di Dio! “Il Regno di Dio non intende essere un altro mondo, ma questo vecchio mondo trasformato in nuovo, per gli uomini e per Dio stesso: nuovi cieli e nuova terra”. Prendiamo su di noi la causa di Cristo, la realizzazione del suo Regno, già su questa terra; trasformiamoci in donne e uomini nuovi, capaci di fare in modo che Dio regni in ogni cosa, in tutte le situazioni, dentro ogni istante delle nostre giornate. Che la realtà stessa, sotto tutti i suoi aspetti, possa divenire un roveto ardente da contemplare: “seguitiamo perciò a innalzare il grido più vero che mai sia risuonato in questo mondo: venga il tuo regno! Passi questo mondo e venga il tuo regno! Vieni, Signore Gesù”. PER I GIOVANISSIMI Atteggiamento d’indifferenza: i bisogni degli altri ci mettono in difficoltà, ed allora scarichiamo sugli altri le responsabilità. Rimaniamo chiusi in noi stessi rinunciando a “scendere in campo” per fare i conti con la realtà di ogni giorno. Ecco perché come il sacerdote ed il levita non “riconosciamo” il ferito e se proprio non possiamo fare a meno d’incontrare il suo sguardo, quando lo facciamo avvertiamo una sensazione di disagio perché più che un incontro subiamo un’irruzione. E’ come stare in casa ed all’improvviso ci bussa alla porta qualcuno che noi non attendiamo in un momento in cui abbiamo la nostra casa in disordine. La prima reazione è quella di non voler rispondere facendo finta che in casa non c’è nessuno, perché l’incontro non è previsto e perché non ci sentiamo pronti ad accogliere, chi ci chiama. La casa diventa così simbolicamente il nostro cuore che non sempre è pronto, non voler aprire è non ammettere le nostre condizioni di debolezza e di peccato. “Il fratello che mi passa accanto in ogni momento della giornata, io debbo amarlo in modo che Cristo nasca, cresca, si sviluppi in lui ma prima ancora in me”. Allora non facciamo vedere che la nostra disponibilità dura solo per il Natale, perché dobbiamo liberarci la coscienza, che però inizia a “sporcarsi” subito dopo. Diamo forma, corpo alla Carità senza scadenza perché essa non ha traguardi ma è un cammino che però impone un cambiamento di vita. A questo punto è necessario fare una sintesi dell’ esperienza di povertà. I parte Per riflettere sull’incontro/testimonianza vissuto, si può iniziare l’incontro con l’ascolto/visione della canzone “salvami” di Jovanotti( per il testo vedi ALLEGATO N.° 3). Subito dopo verranno proposte due domande sulla cura: - Salvezza per me stesso? - Salvezza per tutti? II parte Lo stesso Spirito che ha sostenuto Gesù nella sua missione, da sempre sostiene la Chiesa nel proseguimento di quella stessa missione. È dunque necessario che ci confrontiamo con i tratti che Gesù ha voluto dare alla sua missione, in modo da poterla proseguire con il Suo Spirito: si tratta di una missione che procede da un dono, da una “consacrazione con l’unzione”, e che ci rende capaci di annunciare ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi la Buona 123 Notizia della nostra libertà. È la libertà dei figli (cfr. Gal 4, 6-7), per la quale possiamo rivolgerci al Dio creatore e Signore del mondo, con l’appellativo intimo e dolce di “papà”; è la libertà che ci dà occhi di figli per vedere il senso delle cose come dono, dopo aver ricercato quel senso per tanto tempo, a tentoni e anche con angoscia, ma senza riuscire a trovare delle risposte. È la libertà che ci dà la gioia e la forza di trasmettere agli oppressi di ogni genere questa scoperta, così che tutta la nostra vita diventa l’annuncio che il nostro tempo è un tempo di “grazia del Signore”: un tempo che proprio oggi vuole cominciare a realizzarsi Vi suggeriamo di procedere con un “gioco di ruolo” sul tema. Per dare inizio alla discussione si può partire da un testo di don tonino bello, proprio sui crocifissi della storia, tratto dal suo libro alla finestra la speranza ( per il testo vedi ALLEGATO N° 4) PERSONAGGI DEL GIOCO DI RUOLO: - alcuni giovanissimi - alcuni poveri - Gesù - Persona negativa/distruttiva - Persona di speranza Oppure si potrebbe mettere su un TG-iovanissimi. I ragazzi verranno divisi in piccoli gruppi, ad ogni gruppo verrà distribuito un testo di don Tonino Bello (proprio sui crocifissi della storia) tratto dal suo libro alla finestra la speranza, e gli si chiederà di trasformare il testo in una notizia da dare in un’edizione straordinaria del Tg. Subito dopo si passerà ad una discussione sul tema. III parte Scopri l’impronta di salvezza! Per riflettere: - come reagireste voi? - Cosa c’entra Gesù in tutto questo? - Cosa rappresenta Gesù con la sua storia? - Il mondo che ci circonda, che visione ci da della povertà? - Quale messaggio di salvezza - C’è liberazione/speranza? - E tu quale ruolo giochi? - Sei portatore di salvezza? Spunti per la riflessione personale: 1. Sono consapevole che ogni mia giornata, e io stesso nella mia identità più profonda, sono ripieno dei doni dello Spirito? 2. Sono consapevole che la Buona Notizia che la Chiesa mi annuncia, è il dono più prezioso della mia vita? 3. Sono consapevole che posso accogliere pienamente questi doni solo se metto in gioco la mia vita all’interno di quella comunità plasmata dallo Spirito, che è la Chiesa? Spunti per la riflessione di gruppo: 1. In che modo la Chiesa cerca di rendere presente oggi l’annuncio e l’agire salvifico di quel Gesù che era “ripieno di S. Santo”? 2. In che modo il nostro gruppo si impegna ad essere fino in fondo “Chiesa”, cioè comunità di coloro che hanno sperimentato la salvezza di Gesù? 3. In che modo il nostro gruppo si impegna a far sperimentare agli altri la concretezza di quella stessa salvezza? Conclusione A conclusione di questo percorso, si potrebbe pensare di proiettare un video, magari montato con le foto fatte dai giovani durante l’esperienza di povertà. In modo che i 124 giovanissimi vedano come i loro amici più grandi, persone così vicine a loro, con cui condividono la partita a calcetto, la pizza, i locali parrocchiali, le celebrazioni, abbiano deciso di “infangarsi” e lanciarsi verso una salvezza per tutti: SALVO TUTTI!!! Mandato IL TESTIMONE Proprio come in una staffetta 4 x 4 ora il testimone viene passato a te, durante quest’anno tante sono state le occasione per riflettere, meditare e pregare, ora è tempo di scegliere, il testimone è passato a te. Ora tocca a te! È ora di correre per annunciare, con la tua vita, Cristo Risorto, speranza per il mondo. PER I GIOVANI Atteggiamento d’indifferenza: i bisogni degli altri ci mettono in difficoltà, ed allora scarichiamo sugli altri le responsabilità. Rimaniamo chiusi in noi stessi rinunciando a “scendere in campo” per fare i conti con la realtà di ogni giorno. Ecco perché come il sacerdote ed il levita non “riconosciamo” il ferito e se proprio non possiamo fare a meno d’incontrare il suo sguardo, quando lo facciamo avvertiamo una sensazione di disagio perché più che un incontro subiamo un’irruzione. E’ come stare in casa ed all’improvviso ci bussa alla porta qualcuno che noi non attendiamo in un momento in cui abbiamo la nostra casa in disordine. La prima reazione è quella di non voler rispondere facendo finta che in casa non c’è nessuno, perché l’incontro non è previsto e perché non ci sentiamo pronti ad accogliere, chi ci chiama. La casa diventa così simbolicamente il nostro cuore che non sempre è pronto, non voler aprire è non ammettere le nostre condizioni di debolezza e di peccato. “Il fratello che mi passa accanto in ogni momento della giornata, io debbo amarlo in modo che Cristo nasca, cresca, si sviluppi in lui ma prima ancora in me”. Allora non facciamo vedere che la nostra disponibilità dura solo per il Natale, perché dobbiamo liberarci la coscienza, che però inizia a “sporcarsi” subito dopo. Diamo forma, corpo alla Carità senza scadenza perché essa non ha traguardi ma è un cammino che però impone un cambiamento di vita. A questo punto è necessario fare una sintesi dell’ esperienza di povertà. I parte Per riflettere sull’incontro/testimonianza vissuto, si può iniziare l’incontro con l’ascolto/visione della canzone “La cura” di Battiato ( per il testo vedi ALLEGATO N.° 3 bis). Subito dopo verranno proposte due domande sulla cura: - Cura di me stesso? - Cura degli altri? II parte Lo stesso Spirito che ha sostenuto Gesù nella sua missione, da sempre sostiene la Chiesa nel proseguimento di quella stessa missione. È dunque necessario che ci confrontiamo con i tratti che Gesù ha voluto dare alla sua missione, in modo da poterla proseguire con il Suo Spirito: si tratta di una missione che procede da un dono, da una “consacrazione con l’unzione”, e che ci rende capaci di annunciare ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi la Buona Notizia della nostra libertà. È la libertà dei figli (cfr. Gal 4, 6-7), per la quale possiamo 125 rivolgerci al Dio creatore e Signore del mondo, con l’appellativo intimo e dolce di “papà”; è la libertà che ci dà occhi di figli per vedere il senso delle cose come dono, dopo aver ricercato quel senso per tanto tempo, a tentoni e anche con angoscia, ma senza riuscire a trovare delle risposte. È la libertà che ci dà la gioia e la forza di trasmettere agli oppressi di ogni genere questa scoperta, così che tutta la nostra vita diventa l’annuncio che il nostro tempo è un tempo di “grazia del Signore”: un tempo che proprio oggi vuole cominciare a realizzarsi. Si distribuiscono a ciascun giovane due testi, uno tratto dal libro se questo è un uomo ( per il testo vedi ALLEGATO N° 5),di Primo Levi, in cui viene presentata un’immagine di sofferenza, povertà, ed un altro testoa scelta tra i due proposti (per il testo vedi ALLEGATO N° 6 e ALLEGATO N° 6 bis), in cui Gesù appare nella sua condizione di povero e sofferente. Ogni giovane dovrà individuare i tratti salienti dei due brani e i parallelismi. III parte Scopri l’impronta di salvezza! Per riflettere: - che differenza c’è nella storia di Gesù? - quale il messaggio di salvezza? - Ogni uomo è chiamato ad essere portatore sano di liberazione e di speranza? - Tu che ruolo giochi? Spunti per la riflessione personale: 4. Sono consapevole che ogni mia giornata, e io stesso nella mia identità più profonda, sono ripieno dei doni dello Spirito? 5. Sono consapevole che la Buona Notizia che la Chiesa mi annuncia, è il dono più prezioso della mia vita? 6. Sono consapevole che posso accogliere pienamente questi doni solo se metto in gioco la mia vita all’interno di quella comunità plasmata dallo Spirito, che è la Chiesa? Spunti per la riflessione di gruppo: 4. In che modo la Chiesa cerca di rendere presente oggi l’annuncio e l’agire salvifico di quel Gesù che era “ripieno di S. Santo”? 5. In che modo il nostro gruppo si impegna ad essere fino in fondo “Chiesa”, cioè comunità di coloro che hanno sperimentato la salvezza di Gesù? 6. In che modo il nostro gruppo si impegna a far sperimentare agli altri la concretezza di quella stessa salvezza? Conclusione A conclusione di questo percorso, si potrebbe pensare di proiettare un video, magari montato con le foto fatte dai giovani durante l’esperienza di povertà. In modo che i giovani rivivano e riflettano nuovamente sull’esperienza appena vissuta, ad abbiano nuovo slancio di salvezza: SALVO TUTTI!!! Mandato IL TESTIMONE Proprio come in una staffetta 4 x 4 ora il testimone viene passato a te, durante quest’anno tante sono state le occasione per riflettere, meditare e pregare, ora è tempo di scegliere, il testimone è passato a te. Ora tocca a te! È ora di correre per annunciare, con la tua vita, Cristo Risorto, speranza per il mondo. Alla fine di questo percorso consegneremo ai giovani e ai giovanissimi qualcosa di significativo, che sia SEGNO di quanto vissuto. 126 CELEBRAZIONE MEMBRA DI UN SOLO CORPO Celebrazione della Riconciliazione G. guida C. celebrante L. lettore T. tutti INTRODUZIONE G.: Chiamare Dio «Padre» è innanzitutto riconoscersi figli e, poi, fratelli tra di noi, membra di un solo corpo: il corpo di Cristo. Siamo noi, Chiesa. Esaltante realtà! Compito affidato a noi: formare, oggi, il corpo del Signore, essere sua parola per i fratelli, suo volto, sue mani, suoi piedi… Tutti indispensabili poiché ciascuno è dono unico per i fratelli. Spesso dimentichiamo tale compito. Piccole cose ci chiudono il cuore e noi le confessiamo nel desiderio di liberazione per meglio spalancarci all’Amore di Dio. Canto C.: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. T.: Amen. C.: Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore nostro Gesù Cristo, che ha dato la vita per i nostri peccati. T.: E con il tuo spirito. C.: Davanti allo sguardo del Signore ci sono uomini e donne con un volto e un nome, con storie diverse e diversamente affaccendati nelle situazioni sempre nuove della vita… Ci siamo noi, noti a Lui, portati con amore nella sua memoria, disegnati sul palmo della sua mano. Egli viene a porgere personalmente a ciascuno il suo invito. Ogni qualvolta l'uomo è capace di fermarsi e di riflettere, nasce per lui la possibilità di una svolta. L'uomo, anche se peccatore, rimane figlio di Dio, e come tale, c'è sempre nel profondo del suo cuore il desiderio di Lui, il desiderio di sentirsi amato e la possibilità di prolungare il Suo amore in mezzo ai fratelli. Preghiamo! Siamo radunati alla tua presenza, Padre santo e buono, per prendere coscienza di ciò che noi siamo. Chiamati ad essere dono gli uni per gli altri, spesso ci ritroviamo chiusi in noi stessi. Che la forza del tuo Spirito e il mutuo sostegno della nostra presenza spezzino le catene del male. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. T.: Amen. 127 I MOMENTO: La Parola mi dona luce G.: L’amore di Dio continuamente ricostruisce l’unità del corpo e ci dona la gioia di essere piccoli, poveri, ma autentiche membra di Cristo risorto. L.:Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi (12, 12-27) Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito. Ora il corpo non risulta di un membro solo, ma di molte membra. Se il piede dicesse: "Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo. E se l'orecchio dicesse: "Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo. Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l'occhio dire alla mano: "Non ho bisogno di te"; né la testa ai piedi: "Non ho bisogno di voi". Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie; e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte. ALLELUIA Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate a vicenda come io ho amato voi (Gv 13,34) C.: Dal Vangelo secondo Giovanni (17, 9-21) Così parlò Gesù: "Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. Breve riflessione da parte del celebrante 128 II MOMENTO: Il cuore mi interpella C.: Nella inesauribile sua fantasia Dio Padre ci ha creati l’uno diverso dall’altro, tanti volti, molti cuori, originale individualità chiamata a divenire dono generoso offerto con gioia per realizzare noi stessi e insieme formare il suo Corpo. Riflettiamo sul cammino di conversione che ognuno di noi è chiamato a percorrere fino a giungere alla meta. Tutti pregano per qualche momento in silenzio. CONFESSIONE DEI PECCATI CHE HANNO COMPROMESSO L'UNITÀ DEL CORPO DI CRISTO L.: Preghiamo in riparazione di tutte le offese che hanno lacerato l'unità del Corpo di Cristo e ferito la carità fraterna. C.: Padre misericordioso, nella vigilia della sua passione tuo Figlio ha pregato per l'unità dei credenti in lui. Invochiamo con forza il tuo perdono e ti chiediamo il dono di un cuore penitente, perché tutti, riconciliati con te e tra di noi in un solo corpo e in un solo spirito, possiamo rivivere l'esperienza gioiosa della piena comunione. Per Cristo nostro Signore. T.: Amen. Canone: O Povertà, fonte di ricchezza: Cristo, donaci un cuore semplice. CONFESSIONE DEI PECCATI COMMESSI CONTRO LA PACE E I DIRITTI DEI POPOLI L.: Preghiamo perché nella contemplazione di Gesù, nostro Signore e nostra Pace, ogni uomo sappia pentirsi delle parole e dei comportamenti suggeriti dall'orgoglio, dall'odio, dalla volontà di dominio sugli altri, dall'inimicizia verso gruppi sociali più deboli: anziani, malati, immigrati… C.: Signore del mondo, Padre di tutti gli uomini, attraverso tuo Figlio tu ci hai chiesto di amare il nemico, di fare del bene a quelli che ci odiano e di pregare per i nostri persecutori. Molte volte, però, ci siamo resi colpevoli di atteggiamenti di emarginazione e di esclusione. Mostrati paziente e misericordioso con noi e accordarci la grazia di guarire le ferite ancora presenti nel mondo. Per Cristo nostro Signore. T.: Amen. Canone: O Povertà, fonte di ricchezza: Cristo, donaci un cuore semplice. CONFESSIONE DEI PECCATI NEL CAMPO DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA L.: Preghiamo per tutti quelli che sono stati offesi nella loro dignità umana e i cui diritti sono stati conculcati; specialmente per le donne troppo spesso umiliate ed emarginate, per i minorenni vittime di abusi, per i più indifesi, i non-nati soppressi nel seno materno, o persino utilizzati a fini sperimentali da quanti hanno abusato delle possibilità offerte dalla bio-tecnologia stravolgendo le finalità della scienza. C.: Signore Dio, nostro Padre, tu hai creato l'essere umano a tua immagine e somiglianza; a volte, tuttavia, la dignità dei tuoi figli non è stata riconosciuta. Perdona le 129 nostre colpe e concedici di essere tra gli uomini tuoi autentici testimoni. Per Cristo nostro Signore. T.: Amen. Canone: O Povertà, fonte di ricchezza: Cristo, donaci un cuore semplice. CONFESSIONE DEI PECCATI COMUNICAZIONE SOCIALE COMMESSI CON GLI STRUMENTI DELLA L.: Preghiamo per la conversione di coloro che nell'uso degli strumenti della comunicazione sociale disconoscono il Magistero di Cristo e della Chiesa, deviando così la mente, il cuore e le attività degli uomini. C.: Signore, Dio di tutti gli uomini, abbi misericordia dei tuoi figli peccatori e accogli il nostro proposito di cercare e promuovere la verità nella dolcezza della carità. Moltiplica nella tua Chiesa sacerdoti, religiosi e laici che, consacrati all'apostolato con i mezzi della comunicazione sociale, facciano risuonare in tutto il mondo il tuo messaggio di salvezza. Per Cristo nostro Signore. T.: Amen. Canone: O Povertà, fonte di ricchezza: Cristo, donaci un cuore semplice. Orazione conclusiva C.: O Padre misericordioso, che hai inviato il Tuo Figlio come segno del tuo Amore per la costruzione di un solo Corpo in Lui, guarda questa tua famiglia e donaci la forza dello Spirito Santo perché possiamo vincere ogni divisione e discordia, ogni forma di egoismo e camminare su sentieri di pace, riconoscendoti presente nel volto di chi percorre la strada insieme a noi. Per Cristo nostro Signore. T.: Amen. Confessioni individuali Accanto all'altare è stato collocato (antecedentemente) un poster del volto di Cristo, coperto da un cartellone nero costruito a puzzle. Chi lo desidera può, al termine della confessione individuale, recarsi è staccare un pezzo di puzzle… scopriamo il volto di Cristo che con il nostro peccato abbiamo adombrato! IV MOMENTO: Il perdono mi fa vivere il grazie Cel.:Mediante il sacramento della riconciliazione Dio ci ha ridonato la dignità di suoi figli e fratelli tra di noi. A lui ci rivolgiamo con la preghiera insegnataci dal suo Figlio Gesù. PADRE NOSTRO… Cel.: Affidiamo il nostro cammino a Maria, Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli che nel Cenacolo diviene presenza di consolazione. Forti della sua presenza materna chiediamo il suo aiuto. 130 Preghiera corale (Beato Giacomo Alberione) Ti ringrazio, Gesù misericordioso, per averci dato Maria come madre; e ringrazio te, o Maria, per aver dato all’umanità il Maestro Divino Gesù, Via e Verità e Vita; e tutti averci accettati sul Calvario come figli. La tua missione è unita a quella di Gesù, che venne a cercare chi era perduto. Perciò, io, oppresso dai miei peccati, offese e negligenze, mi rifugio in te, o madre, come nella suprema speranza. Volgi sopra di me i tuoi occhi misericordiosi; le tue sollecitudini più materne sia per questo tuo figlio infermo. Tutto spero per tua intercessione: perdono, conversione, santità. Forma una nuova classe tra i tuoi figli, quella dei più infelici, nei quali abbondò il peccato dove aveva abbondato la grazia. Opera un grande miracolo, cambiando un peccatore in un apostolo. Sarà un prodigio inaudito e una nuova gloria per Gesù tuo Figlio e per te, sua e mia madre. Tutto spero dal tuo cuore, o Madre, Maestra e Regina degli Apostoli. Amen. CONGEDO C.:Preghiamo! Ti benediciamo e ti lodiamo, Padre santo, per i tuoi doni. Nella nostra fragilità abbiamo ferito il tuo Corpo. Ma Tu, Dio di comunione, non ci hai lasciati divisi. Nella tenerezza del tuo amore hai inviato tuo Figlio, bontà resa visibile, vita donata a salvezza di tutti. Il suo amore ci ha mosso a conversione. Aiutaci a vivere con forza l'impegno ad essere segno visibile della tua amorosa presenza tra gli uomini che attendono salvezza e tra di noi. Te lo chiediamo per Cristo, nostro Signore che vive, regna ed ama con Te nell'unità dello Spirito Santo in eterno, senza fine. T.: Amen. Canto 131 132 133 134