Introduzione 1. La dinamica del ciclo economico

XIV CONFERENZA SIU - TORINO 2011
ABITARE L'ITALIA. TERRITORI ECONOMIE
DISUGUAGLIANZE
ATELIER 5| PROGETTI E POLITICHE PER IL
TERRITORIO
SESSIONE III: Ri_configurazione
(quali scenari per la città del XXI secolo?)
Coordinamento M. Ricci, C. Rizzi
CRISI DEL MERCATO IMMOBILIARE, POLITICHE ECONOMICHE ED EVOLUZIONE
DELLA CITTÀ: PROBLEMI E PROSPETTIVE
Milena Lopreite, Università della Calabria,
Fac. di Economia, Dipartimento di Economia e Statistica,
Mail: [email protected]
Antonio Scarpino, Università della Calabria,
Fac. di Ingegneria, Dipartimento di Pianificazione Territoriale,
Mail: [email protected]
Atelier di r iferimento
Mercati immobiliari ed economie urbane
Parole chiave
crisi economica, mercato immobiliare, evoluzione della città.
Introduzione
In tempi in cui la crisi finanziaria ed economica più profonda che è stata sperimentata dopo la Grande
Depressione, in cui le banche ed il settore finanziario in generale, sono crollati sotto la bolla speculativa del
mercato immobiliare, ciò ha avuto gravi conseguenze sul settore che la crisi ha prodotto e diffuso, incidendo
sul mercato della casa e di conseguenza sulle aree urbane. La crisi del 1929 in molte aree dal codificato
impianto, aveva già lacerato, più o meno direttamente la città moderna, una città organizzata a strati in cui il
nucleo esterno, sviluppato concentricamente e destinato agli insediamenti industriali, è venuto
depauperandosi della presenza attiva delle fabbriche. Il processo di “riutilizzo dell’urbanizzato industriale” in
disuso che ha prodotto la città contemporanea è per molti versi il portato di criticità economiche da cui si è
generato il cambio d’uso della città conseguenza di un blocco sociale. Superata la crisi ed in associazione
con la speculazione, tali aree hanno iniziato a modificare la loro natura, allocando all'interno nuove funzioni,
stravolgendo talvolta le convenzionali destinazioni d’uso, introducendo attività diversificate e un flusso di
capitali per attività eterogenee e variegate. La città in passato cambiò in conseguenza del mercato ed è lo
stesso mercato e la successiva speculazione che ha ridefinito i termini degli interventi ex-post a seguito della
ripresa economica. Trasposto all’attualità il problema contiene qualche analogia e mezzi di previsione
dell’incidenza delle vicende economiche sulle città. Durante la crisi dei mutui subprime che ha generato il
crollo del mercato dei prestiti agli inizi del 2007 che ha determinato la crisi finanziaria prima negli Stati Uniti e
successivamente nel resto del mondo, i comportamenti irrazionali, l’eccessivo ottimismo, l’overlending,
l’overconfidence (Shiller 2009) e l’overindebtness erano del tutto simili a quelli del 1929. In entrambi i casi è
stato acclarato che il capitalistico assioma delle infinite possibilità di crescita e di investimenti è stato
smentito dai fatti, alla stesso modo di come risulta talvolta falsata per gli aggregati urbani la possibilità di
estendersi oltre se stessi sconfinatamente. In entrambi i casi emergono condizioni intermedie e impreviste di
rivisitazione dell’esistente che bloccano l’espansione senza controlli, e che diventano il prodotto diretto della
crisi in un dato intervallo di tempo. Emblema di tali sbandieramenti e vittime di un contrappasso finanziario
banche come la Lehman Brothers o Merrill Lynch, che storicamente hanno lasciato senza casa i clienti
morosi si sono sbriciolate in maniera immeditata implorando, alla faccia del liberismo senza limiti, l’intervento
statale.
1. La dinamica del ciclo econ omico
Gli episodi speculativi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno caratteristiche molto simili. Infatti,
quando il progresso tecnologico ha contribuito a migliorare la vita dell’uomo e delle sue organizzazioni
sociali, con maggiore o minore adiacenza cronologica è intervenuta una fase di recessione. La storia
economica, infatti, è strutturalmente ciclica, con periodi di crisi e di recessione cui seguono periodi di
espansione e di boom, ma le conseguenze sulla vita dei cittadini sono tuttavia di volta in volta diversificate.
Molti economisti hanno cercato di analizzare le fasi che precedono una crisi e di individuare le "fluttuazioni
economiche”1 i corsi che caratterizzano l’andamento fluttuante dei mercati finanziari ed il loro impatto
sull’economia e sulla vita sociale. L'obiettivo degli analisti è spiegare e prevedere le future fluttuazioni
economiche, ma talvolta non si riesce a parametrizzare esaustivamente il substrato sociale in continua
evoluzione, così come si evolvono con rapidità sistemi relazionali e stanziali che quest’ultimo produce e
quindi, benché la storia economica si ripeta, ciò non può dirsi per le conseguenza che questa genera, ancor
di più se ciò è relazionato agli aggregati urbani. Tali argomentazioni sul ciclo economico2 possono essere
estese ai mercati finanziari, anche se questi rappresentano solo un aspetto del medesimo.
Convenzionalmente le teorie del ciclo economico possono essere suddivise in due categorie:
· teorie esogene: che studiano le cause delle fluttuazioni che sono esterne al sistema economico;
· teorie endogene: che studiano le cause delle fluttuazioni del sistema economico, che agiscono
internamente.
Per analizzare la crisi è importante osservare i valori del passato, perché se c'è una variabile il cui valore
corrente è collegato al proprio valore passato, il valore futuro diventa prevedibile (serie deterministica). In
generale tuttavia, le serie temporali sono stocastiche così, solo una piccola parte di esse può essere
spiegata dalle fluttuazioni delle variabili passate3. Tali considerazioni sono il portato di esperienze empiriche
ricorsive che impongono quasi che la storia si ripeta ciclicamente senza alcun tipo di connessioni o
sbilanciamenti, tuttavia se economicamente è lecito fare approcci previsionali, relazionata la casistica al
mercato immobiliare, è di più ardua determinazione stabilire le conseguenze che questo determina nella
conformazione della città. Il fluttuare dei prezzi non è solo la summa dell’isterismo collettivo legato alla
rendita immobiliare o il panico fondiario del mancato piazzismo di vani sul mercato, piuttosto talvolta la
conseguenza diretta di porzioni di posizioni dominanti che anche all’interno del mercato immobiliare, non
fanno in modo che il prezzo degli immobili oscillino troppo al ribasso, come se quest’ultimo fosse tutt’altro
che in concorrenza. Ciò che è interessante sottolineare non è tanto il ciclico ondeggiare di prezzi di vendita
cui seguono incrementi e decrementi della domanda, bensì la conseguenza manifesta di crisi economiche
laceranti che prima di invadere il campo dell’urbano, intaccano ciò che è la sua trasposizione in concreto: il
sociale. Il balzo dallo scientifico al sociologico è giustificato dal fatto che le variabili in gioco per relazionare i
due sistemi sarebbero tali e tante da non potere del tutto inquadrare il fenomeno, e dal fatto che nel
frattempo è cambiata la città e quindi la società. Le città si stanno sempre più trasformando, se si eccettua
alcune realtà fortemente legate a produzioni industriali peraltro in settori assai vulnerabili alle crisi, in
contenitori di servizi, e sedi di terziario. E quindi come risponde alla crisi immobiliare l’aggregato urbano che
vede sgretolarsi il valore delle sue componenti materiali? Per una migliore disamina della tematica occorre
preliminarmente occorre fare alcune considerazione sul ciclo economico.
P r o d u z io n e
T rend
E ste n sio n e
P u n to d i sv o lta
su p e r io r e
P u n to d i sv o lta
in fe r io r e
R ip r e sa
P e r io d
o
R e c e ssio n e
T em po
Fig. 1: ciclo economico
1
Luigi De Rosa, La crisi economica del 1929, Le Monnier, Firenze 1979. “Erano già state individuate e più o meno studiate le crisi del 1816, 1825,
1836-39, 1847, 1857, 1866, 1873, 1882-84, 1890-93, 1900-1903, 1907, 1911-13, 1920, 1924, 1926-1927. Si sapeva inoltre quali fattori del processo
economico potevano essere ritenuti responsabili delle crisi: l'eccesso di risparmio (Malthus), l’insufficienza del consumo (Sismondi), il tasso
d’interesse tenuto artificiosamente basso (Wicksell), a cui si aggiungono l’eccesso di impianti nelle industrie di beni strumentali rispetto a quelle di
beni di consumo; l’eccesso di credito, ecc. Si era consapevoli del peso dell’andamento dei raccolti, delle innovazioni tecnologiche e del credito il cui
utilizzo era sempre in crescita (con l’esito di aumentare considerevolmente l’ampiezza e l’impatto delle fluttuazioni del ciclo economico
sull’economia).
2
Mitchell e Burns (2003) definiscono il ciclo economico come “una fluttuazione delle attività economiche del paese in cui è organizzato il lavoro
delle imprese”. In generale, le analisi economiche sono basate sulla crescita del prodotto interno lordo, sulle fluttuazioni dei prezzi e dei tassi di
interesse.
3
Possiamo rappresentare le serie storiche (G) come: G = T + S + C + R. dove T: É la tendenza in cui il fenomeno si evolve nel lungo periodo,
C: É la componente ciclica come le fluttuazioni del ciclo legato alla ripresa o alla recessione. Indica come l’economia cresce intorno al trend; S:È la
stagionalità ed è rappresentata dalle oscillazioni che si ripetono regolarmente in un certo periodo; R: È la componente casuale o residuale e
rappresenta, per esempio, le fluttuazioni stocastiche.
Come rappresentato in figura (1) i sistemi economici, in realtà non hanno uno sviluppo lineare, ma piuttosto
discontinuo. L'economia cresce, intorno ad un “valore medio”, attraverso fasi di intensa attività e fasi di
recessione. Il corso discontinuo intorno ad un trend lineare è evidente anche alla sola analisi del grafico 1.
Tale andamento dell'economia lungo il suo trend di crescita è definito “ciclo economico”, caratterizzato da
fasi di espansione (quando l'economia cresce al di sopra del trend) e di recessione (quando cresce al di
sotto del trend). Entrambe le fasi dell'economia sono rilevanti. La crescita è molto importante perché misura
le risorse disponibili per la collettività. Nella fase di recessione, le imprese non assumono e si hanno elevati
tassi di disoccupazione con conseguenti problemi sociali. Viceversa, se l'economia cresce e ci troviamo in
una fase di ripresa si può osservare alta inflazione e le spese che ne derivano. L'inflazione, infatti, riduce il
potere d’acquisto della collettività, che ha effetti negativi sulla distribuzione e provoca un aumento dei
prezzi. Situazioni connesse all’instabilità delle economie di mercato, come la disoccupazione, l'inflazione, il
sottosviluppo, rappresentano il fallimento del mercato macroeconomico, a causa della presenza di
inefficienze e possono essere spiegate dalla teoria macroeconomica (Acocella, 2006). In sintesi l'obiettivo
della politica economica consiste, dunque, nel risolvere tali problemi, raggruppabili in due obiettivi principali:
· Tasso medio di crescita deve essere elevato;
· La variabilità del ciclo economico deve essere ridotta, o si devono ridurre le oscillazioni intorno al
trend per ridurre i costi associati alle fasi di espansione e di recessione.
In generale, possiamo definire le politiche macroeconomiche come quelle a lungo termine ossia politiche che
hanno effetti sulla crescita, mentre come politiche di breve periodo quelle politiche che hanno effetti sul corso
del ciclo economico. Le prime incidono sull’innovazione, sulla crescita, ed in generale sull'efficienza e
riguardano, ad esempio, la composizione e la gestione della spesa e la regolazione dei mercati. Le politiche
a breve termine sono invece le politiche monetarie e le politiche fiscali. Tuttavia, ci sono teorie molto diverse
sul ciclo economico e sul ruolo che le politiche economiche esercitano su queste4.
2. Il rapporto tra politica econ omica e mercato immobiliare
Come noi sappiamo l'investimento ed il consumo costituiscono parte del reddito nazionale, meno noto è
invece che il settore dell'edilizia abbia un peso inferiore sul PIL rispetto ai consumi in genere, ma non per
questo tuttavia tale settore risulta meno determinante e incidente. Infatti, gli investimenti sono la componente
più volatile del reddito e, quindi, la più importante per capire le fluttuazioni del ciclo economico per cui la
politica economica serve il più delle volte a stabilizzare le variazioni di tale variabile5. I risultati e gli
investimenti del e nel settore edilizio divengono quindi una variabile importante in questo contesto, perché le
variazioni di quest’ultimo in genere anticipano il ciclo economico. Gli indicatori legati al settore dell'edilizia
sono definiti “variabile principale”, o variabili dai “picchi positivi” (per quelle pro-cicliche) o “picchi negativi”
(per quelle anti-cicliche). Alcuni di tali indicatori sono: l'edilizia residenziale, le autorizzazioni per le nuove
costruzioni, gli investimenti in nuovi impianti. Questi indicatori sono fondamentali anche per capire le
aspettative sul futuro, che rappresentano ancora una volta e più incisivamente le variabili importanti per la
politica economica. Ma come si è evoluto il rapporto tra il PIL e mercato immobiliare? Alcune teorie
economiche sostengono che l'impatto dell'edilizia è ad oggi meno rilevante per la crescita. Nei paesi
industrializzati la crescita è legata alla innovazione tecnologica, in particolare a quell'innovazione che
sostituisce il capitale con il risparmio, viceversa nei paesi con limitato grado di sviluppo, è possibile affermare
che l'edilizia sostiene i processi di crescita e di sviluppo. Spagna e Germania rappresentano per esempio,
paesi il cui settore immobiliare ha avuto un ruolo importante in tal senso, in particolare dopo la UE. Sarebbe
interessante capire quanto paghi la qualità in edilizia e quanto certe dotazioni di strutture e architetture di
pregio incida sul PIL di un’area6, e quanto renda questo ora che si è perso il primato dell’originalità.
4
Ad esempio, gli economisti Austriaci sostengono che un’eccessiva espansione del credito bancario e la manipolazione dei tassi di interesse da parte
delle autorità monetarie è la causa della crisi e del crash. Al contrario, gli economisti classici seguendo la legge di Say, sottolineano che i mercati sono
sempre in una condizione di concorrenza perfetta e gli interventi della politica non sono necessari. Infine, i monetaristi affermano che le oscillazioni
del ciclo economico dipendono dalle decisioni da parte delle banche di concedere o meno prestiti.
Se le banche hanno eccesso di liquidità possono aumentare l'offerta di credito e diminuire il tasso sui prestiti, per cui vi è l'espansione della
produzione e degli investimenti. Ma l'aumento dell'offerta di credito riduce le riserve delle banche per cui i tassi sui prestiti aumentano, e l’offerta di
credito si riduce così come la produzione e gli investimenti l’effetto finale consiste in un’ inversione del ciclo economico.
5
Un aspetto importante del settore dell'edilizia per la politica economica è il ritardo. La politica economica è soggetta a diversi tipi di ritardo che
hanno effetti diversi sull’economia di un Paese (Acocella, 2006). Il ritardo in effetti è misurato dal tempo che è necessario affinchè le variabili
obiettivo siano influenzate ed è condizionato dalla complessità dei processi economici (aggiustamenti di portafoglio delle banche). Questo implica
che, rispetto ad obiettivi come il reddito, l'occupazione ed in generale la stabilità monetaria, gli effetti della politica economica possono determinare
un particolare ritardo. Quindi, è importante scegliere la politica che sarà necessaria in futuro. Infine, vi è un problema di osservazione. La politica
economica deve reagire allo stato dell’economia, infatti in espansione sarebbe necessario limitare l'economia, al contrario, durante una recessione la
politica economica dovrebbe favorire la ripresa economica attraverso manovre espansive. In realtà, non è immediato identificare una recessione o un
boom economico ed è per tale motivo che la politica economica potrebbe risultare inefficiente.
6
L’effetto Bilbao per esempio, o lo sforzo titanico fornito dalla Spagna o dai paesi emergenti in genere per dotarsi di architettura di pregio e prestigio
per i rilancio della propria economia.
3.
Una
analisi
comparativa
tra
gli
investimenti
in
costruzioni
nel
mondo
Durante l'anno 2009 il valore globale degli investimenti nel settore delle costruzioni 'è stato pari a 4,690
milioni di euro. In confronto all'anno 2008, gli investimenti sono diminuiti del 3,34%. Il loro peso sulla
produzione mondiale (2009) è infatti pari al 11,5% (nel corso dell'anno 2006 è stato pari al 12,2%). Nell'anno
2010 grazie all’aumento delle risorse per le infrastrutture il settore ha registrato un incremento (+4,5%)
soprattutto in Asia (+6,3%) in Nord America (+6,7%) ed in Sud America (+5%).
Tabella 1: Investimenti in costruzioni in Europa
2005
2006
2007
2008
2009
2010
Investimenti Totali
4.392
4.653
4.824
4.852
4.69
4.813
Variazione
2009/2005
299
Var %
4,82%
5,96%
3,68%
0,58%
-3,34%
2,61%
6,80%
Residenziali
1.899
1.966
1.904
1.778
1.744
1.772
-155
Var. %
5,39%
3,55%
3,14%
6,62%
-1,94%
1,61%
-8,16%
Non-Residenziali
1.358
1.475
1.598
1.674
1.579
1.612
220
Var.%
3,99%
8,57%
8,33%
4,76%
-5,68%
2,11%
16,22%
Infrastrutture
1.135
1.212
1.322
1.4
1.368
1.429
233
Var. %
4,89 %
6,85%
9,06 %
5,90 %
2,3 %
-1 4,46 %
20,56%
Fonte: Cresme Report Annuale 2010
Nel 2009, il settore residenziale rappresentava il primo mercato mondiale con 1,778 milioni, in calo dell’ 1,9%
rispetto agli anni precedenti. Ma l’anno negativo per il settore è stato il 2008, quando il mercato è crollato del
6,6%, dopo otto anni di crescita smisurata, la recessione è arrivata anche per il mercato non residenziale sul
quale incide molto l’intervento statale o dei grossi privati. L'anno 2009 si è chiuso con la contrazione degli
investimenti del 5,7%. In realtà per il mercato non residenziale, il 2010 ha rappresentato un periodo di un
probabile aumento degli investimenti del 2,1%, grazie all’indebolimento della contrazione finanziaria. Ma in
generale, nell'anno 2009 per la prima volta il mercato asiatico con 1,743 milioni di investimenti (37% del
totale) ha superato il mercato europeo (1.591.000 di investimento). Aldilà della spinta dei paesi emergenti
legati evidentemente a forme non avanguardiste di investimenti, quello che fa riflettere è l’impossibilità dei
sei mercati Europei ad investire adeguatamente per l’infrastrutturazione ed i servizi non-residenziali.
Tabella 2: investimenti costruzioni 'nel corso dell'anno 2009 per la macro-area
7
Investimenti
Im patto
%sul totale
Popolazione
Investmento
pro- capite
Investmento
pro-capite
ppp7
% PIL
Asia
1.743
37,2%
4.035
432
x
15,1%
Europa
1.591
33,9%
738
2.156
1.890
11,5%
Nord
America
Sud
America
Africa
830
17,7%
449
1.850
1.887
7,4%
251
5,3%
395
636
893
12,9%
178
3,8%
981
181
325
16,7%
L'indice è calcolato a parità di potere d'acquisto
Australia e
N. Zelanda
Mondo
98
2,1%
26
3.738
2.995
12,6%
4 .690
100%
6624 .
708
808
11,5%
Fonte: Cresme Simco 2010
Secondo i dati del Cresme, l'indice della produzione industriale delle costruzioni è stato influenzato dal crollo
del mercato immobiliare italiano nei primi due mesi del 2010 rispetto al 2007. L'indice, infatti, è sceso al
52,6%; c'è stato quindi un forte calo nel commercio di case del 30% rispetto al 2006. Il rimbalzo auspicato
sembrerebbe arrivare sia dai dati del 2010 che da quelli del 2011 ma per tale settore, risulterebbe urgente
che il rapporto tra la crescita italiana e le costruzioni tornasse ad essere più solido, perché non ci può essere
sviluppo se la cittadinanza manca di una dimora o se le rate troppo alte dei mutui soffocano i consumi. In
una congiuntura economica non favorevole, ove il sostegno alla casa come bene primario latita fortemente,
ciò non può non avere conseguenze nell’immediato, sul sociale e sull’urbanizzato.
Facendo una analisi strutturale prima di tutto bisogna considerare che l'Italia si è trasformata in 50-60 anni
da società agricola a società industriale, oggi come analogamente avviene per altri paesi, si sta
trasformando in una società terziaria e questo mette in evidenza che il settore delle costruzioni svolgerà un
ruolo importante nel nuovo modello economico, anche se in maniera diversa rispetto al passato. Trasposto
alle problematiche degli aggregati urbani ed in un contesto Europeo non proficuo rispetto agli altri continenti
in tema di presenza di centri metropolitani, il problema assume un’ importanza non trascurabile. Tutto ciò è
avvenuto nonostante in Italia il settore delle costruzioni è andato riducendo la sua importanza sul PIL, infatti
è passato dal 15,6% del 1970 al 9,7% nel 1990. Questo si è verificato non perché le persone hanno investito
di meno nelle costruzioni, ma perché sono aumentati gli investimenti in altri settori come i trasporti, le
dotazioni tecnologiche, macchinari ed attrezzature, ecc. In generale, sembra evidente che il settore
immobiliare ha assunto un peso secondario rispetto gli altri.(tabella 3 e tabella 4).
Tabella 3: peso del mercato delle costruzioni sul PIL italiano
tempo
1970
1990
1997
PIL
67.133
1.310.659
1.950.680
Costruzioni
10.492
146.298
185.108
% sul PIL
15,6
11,2
9,5
Fonte: Cresme Relazione annuale 2010
Tabella 4: Peso delle costruzioni sul totale degli investimenti fissi
Paesi
1976
1997
Francia
Germania
Belgio
Giappone
Regno Unito
Stati Un iti
Italia
63,4
65,3
63,3
67,7
58,2
61,2
60,7
51,3
53,2
48,8
50,9
54,4
46,0
47,3
Variazione
1976-1997
-12,1
-12,1
-14,5
-16,8
-3,8
-15,2
-13,4
Fonte: Cresme Relazione annuale 2010
Se la popolazione aumenta gli investimenti in tecnologia qual è l'effetto sul settore delle costruzioni? Che
cosa possono fare gli operatori tradizionali, in confronto a questi nuovi mercati in forte crescita? Si può
notare (tabella 2) che la riduzione del peso del settore costruzioni all'interno del comparto degli investimenti
fissi non rappresenta solo un problema italiano. D’altra parte non va dimenticato, infatti, che oggi è il mercato
stesso che si dimensiona per essere più internazionale. Prima della costituzione dell'Unione Europea l'Italia
ed anche la Germania avevano un modello economico che ha difeso gli operatori dalla concorrenza
straniera: di fatto l'instabilità e l'inflazione hanno reso difficile per gli stranieri operare su un mercato
territorialmente diversificato.
4. Il rapporto tra mercato immobiliare e occupazione
Nel corso del 2006 e per il primo anno dal 1999 c'è stata una riduzione dell'occupazione nel settore delle
costruzioni (-0,6%), ma a partire dall'anno scorso fino al 2007 la dinamica si è di nuovo invertita tornando ad
una ripresa (+2,1 %). Analizzando i dati dell'ultimo periodo dell' anno 2006 e 2007 risulta necessaria una
valutazione più profonda. Infatti, è possibile notare che i dati sono stati influenzati dagli effetti delle
disposizioni legislative introdotte nel corso del 2006 (in particolare il DI 233/2006 convertito nella Legge
248/2006, nota come legge Bersani-Visco e del D. Lgs. N. 276 / 2003). I comandi di attivazione sui cantieri in
un solo anno di ispezioni (agosto 2006- agosto 2007) ha messo in evidenza 162 mila lavoratori sconosciuti:
74.000 sono italiani e 88.000 sono stranieri. Tali lavoratori sono 89,559 con età inferiore di 30 anni e 72,470
con età superiore ai 30 anni. Un recupero di crediti in manodopera che si aggiunge alla emersione registrata
tra il 2002 ed il 2003 per le leggi 189/2002 e 222/2002(Bossi-Fini) con 110 mila lavoratori stranieri nel settore
dell'edilizia. Nell'ipotesi che tutte queste nuove registrazioni siano direttamente imputabili a fenomeni di
emersione, l'aumento del 80,800 lavoratori registrati dalle statistiche ufficiali tra il 2006 e il 2007 cambierà il
segno di passaggio da una diminuzione di 81,200 unità, pari in percentuale, ad una riduzione del 4,3%. Nella
ipotesi più prudenziale che il solo il 40% con meno di 30 anni ed il 70% di coloro con più di 30 anni siano
direttamente riferibili a fenomeni di emersione, si otterrà una variazione dell'occupazione reale pari a-0,3%.
5. Mercato residenziale di nuova produzion e ed effetti sul mercato non residenziale.
Il problema principale del mercato immobiliare è il peso che le nuove abitazioni hanno raggiunto sul totale
delle compravendite: nel corso del 2000 le nuove residenze hanno rappresentato il 28% delle
compravendite, nel corso del 2007, con 336,000 residenze costruite, sono aumentate al 40,2% . Inoltre, se
analizziamo i dati relativi alle autorizzazioni a costruire nel 2008, possiamo notare che esso si è attestato su
323,000 abitazioni, il 3,8% in meno rispetto al 2007. Inoltre, il peso della costruzione multifamiliare emerge
sul totale delle nuove residenze, e diviene un importante indicatore del mercato immobiliare.
L'anno 2007 ha rappresentato per il settore residenziale il primo anno di riduzione (-3%) mentre l'anno
scorso il numero dei cantieri e delle risorse investite è risultato in crescita (+1,9%). Al contrario, per il settore
non residenziale, il 2007 è un anno di recupero, in particolare, del settore industriale. L'indagine dell'Ance
dimostra che gli investimenti in edilizia non residenziale privata sono cresciuti di 1,9% nel corso del 2007 e e
che sono cresciuti del 1,1% durante il 2008.
6. Mercato immobiliare, bolle e politica economica
Un aspetto interessante del rapporto tra mercato immobiliare e macroeconomia consiste nel delineare come
gli shock economici hanno influenzato il corso del mercato. Secondo Iacoviello e Neri (2008), per analizzare
il corso dei prezzi, delle fluttuazioni immobiliari e degli investimenti negli Stati Uniti in tale settore è
determinante l'effetto di tre fattori: shock monetari, shock tecnologici e shock nelle preferenze dei
consumatori. Nel periodo tra il 1965 ed il 2006 si sono verificate due fasi di incremento dei prezzi reali delle
abitazioni: la prima tra il 1976 ed il 1980 e la seconda tra il 2000 e il 20058. Durante la prima espansione, il
prezzo è aumentato del 17% al di sopra del trend, mentre durante la seconda espansione è aumentato del
12%. Naturalmente l’incremento dei prezzi è stato accompagnato da una oscillazione consistente degli
investimenti nell’edilizia residenziale: con piccole variazioni tra il 1976 e il 1980 ed un aumento del 25% tra il
1980 ed il 1986.ll ruolo principale in tal senso è rappresentato dalle preferenze. Gli shock tecnologici hanno
contribuito all'aumento reale dei prezzi immobiliari del 5% (Iacoviello e Neri 2008). L'incremento dei prezzi
del periodo 2000-2005 è principalmente legato agli shock nelle preferenze dei consumatori ma anche ai
fattori monetari che hanno avuto un ruolo importante sull’andamento dei prezzi degli immobili e
sull’incremento degli investimenti immobiliari. In questo periodo, come i fattori monetari, in particolare la
politica americana della Federal Reserve, è stata determinante per indurre l'inizio della ripresa o l'inizio del
rallentamento congiunturale. In questo periodo, la politica monetaria ha contribuito a ridurre i prezzi degli
immobili e gli investimenti rispettivamente del 3% e del 11%. Ciò ha rafforzato il legame tra tasso di
interesse, inflazione e prezzi immobiliari(Brunermeier e Jullard 2006). Bassi tassi di interesse stimolano la
domanda ed in generale la domanda di immobili, provocando l’aumento dei prezzi delle residenze. Accade il
contrario in caso di tassi elevati. Nei paesi europei, i mercati immobiliari hanno mostrato situazioni diverse.
Spagna e Irlanda, ad esempio, hanno evidenziato un grande aumento dei prezzi immobiliari, che sono
raddoppiati nel primo paese e triplicati nel secondo. Nello stesso periodo i prezzi si sono ridotti in Germania.
Al contrario, i tassi di interesse nei paesi europei hanno seguito diverse dinamiche. La figura (2) descrive la
variazione dei tassi di interesse in alcuni nell’UE tra il 1997 ed il 2004. Irlanda, Spagna e Paesi Bassi sono
meno soggetti a variazioni dei tassi d’interesse, il contrario è accaduto per la Germania, Belgio e Francia.
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Tra Urbanistica e Mercato di Walter Tocci“ Dialoghi Internazionali. Città nel Mondo” n. 10 marzo 2009 Ed. Bruno Mondadori. Il risultato è
appunto una generale euforia immobiliare, che non solo ha stimolato la produzione edilizia ma ha alimentato un forte aumento della domanda e di
conseguenza un balzo in avanti del valore degli immobili. I numeri del decennio 1997-2006 secondo le stime Cresme, sono impressionanti: la
produzione edilizia residenziale è aumentata di circa il 40%; le compravendite annue sono raddoppiate e nel periodo hanno riguardato circa un terzo
dello stock esistente; i valori immobiliari sono aumentati del 63% nella media nazionale e quasi raddoppiati a Milano e Roma; la crescita degli
investimenti nelle costruzioni è raddoppiata (13,6%) rispetto a quella del Pil. Si è trattato del ciclo immobiliare più intenso dell’ultimo mezzo secolo,
secondo solo a quello della ricostruzione nel dopoguerra. Con lo strumento del fondo la rendita immobiliare si comporta a tutti gli effetti come un
prodotto finanziario, portando a compimento un lungo processo di immedesimazione guidato da un’affinità elettiva che già Marx aveva colto nella
fase di passaggio dall’agricoltura all’industria, osservando tra la rendita fondiaria e quella finanziaria la comune natura di «capitale fittizio»
Fig.2 tassi di interesse reali
In realtà la variazione dei prezzi immobiliari per gli stessi paesi nello stesso periodo mostrate in figura (3)
sottolineano l’aumento dei prezzi immobiliari in Spagna ed in Irlanda ed un aumento più contenuto negli altri
paesi europei. In Germania, in particolare c'è stato un aumento più contenuto dei prezzi di mercato reali
immobiliari.
Fig. 3: Prezzi del mercato immobiliare
9 Con clusioni
E’ evidente l'importanza del settore immobiliare per la politica economica, in quanto la relazione tra crescita,
ciclo economico e mercato immobiliare è la summa del sistema che ha generato una crisi di così grande
impatto negli anni che stiamo vivendo. In siffatto scenario si evince subito che il settore della costruzioni
risulta fondamentale per anticipare la congiuntura economica e per definire le politiche ottimali per ridurre
l’incidenza dei fenomeni destabilizzanti in fase di recessione. Inutile negare che nel settore dell'edilizia vi
siano alcuni elementi pericolosi che possono causare fenomeni di forte instabilità, bolle speculative, ed
eccessiva fiducia nel mercato stesso, associata ad una elasticità elevata del sistema dei prestiti bancari. Il
corso dei fatti recenti, sia per quanto riguarda l’America che L’Europa pone con forza il problema della
instabilità economica e delle sue ricadute sull’individuo e sulle suo organizzazioni sociali, materiali e
immateriali. Il fallimento della politica economica sul mercato immobiliare americano è, infatti, secondo molti
economisti, una delle cause principali del crollo dei mercati finanziari di interi paesi. In tale contesto
l’evoluzione delle città risente quindi degli umori del mercato immobiliare che nonostante, come rilevato,
incida meno sull’economia della nazione rispetto al passato, rimane nonostante tutto, quanto di più
immediato e incidente gravi sulla popolazione. Se il ragionare economico si spinge a considerare come non
più univoco e prioriatrio l’investimento in edilizia delineando altre forme di investimento, quello che più segna
e talvolta infetta l’economia, è ancora adesso il mercato “onnipresente del mattone”. Un mercato che tinge di
nero la sua economia reale e che quando l’emersione del sommerso fa capolino nel mondo legale ci si rende
conto di quanta prevalente importanza abbia ancora oggi il mercato immobiliare in Italia, sia esso
residenziale e non residenziale. Potremmo azzardare, non suffragati dai dati, che proprio il sommerso ha
sancito la “tenuta” per così dire granitica del mercato italiano, che associato alle posizioni Palazzinare
dominanti, sfruttando un oligopolio in un mercato falsato e sbilanciato che non fluttua come dovrebbe,
ingessa l’ambiente e ne riduce i margini di manovra, ma paradossalmente lo preserva dai sussulti economici.
Ma tale è una considerazione non generale e parziale delle realtà locali e legate al retroterra economico di
partenza che non include la complessità del fenomeno. Nel novero degli scenari possibili, possiamo
immaginare una riconversione delle aree delle città dopo la crisi? Un ripiegamento su se stesse di quello che
è il lascito diretto dei fallimenti aziendali nel cemento? Una riconversione industriale su sede sub-urbana?
Sarebbe lecito a questo punto immaginare periferie trionfanti di scheletri incompleti su cantieri vuoti, di vani
invenduti in mezzo ad edilizia industriale ridotta a contenitori orfani di maestranze, ma ciò non è esattamente
adiacente né esaustivo del fenomeno, e nemmeno crediamo per molta parte maggioritario.
Il tema è evidentemente più articolato, ove il mercato ha realmente fatto soccombere imprese e attività, e
dove le stesse si sostenevano con l’offerta di immobili, per molte parti potrebbe emergere lo scenario
descritto. Ma tale casistica a quali territori è applicabile con evidenza?
Le riconversioni, secondo un’ attitudine tutta locale, sono lente ad imporsi, frenate da una legislazione
tutt’altro che agile, e sostenute solo dalla ricerca del massimo profitto. Il caso di Porta Nuova a Milano, pur
con le sue peculiarità di percorso, rimane emblematico di come un area interna alla città, nei fatti
appetibilissima, abbia impiegato 40 anni a definire il suo futuro progettuale, perché tra parcellizzazione della
proprietà e non definizione dell’assetto procedurale dei progetti sia passato quasi mezzo secolo.
La Bicocca ed il Lingotto sono casi di successo ma che hanno necessitato dell’iniziativa dei grandi capitali
degli imprenditori che in quei casi possedevano buona parte delle aree. Tali esempi sono però allo stesso
modo la definizione che anche l’industria parastatale o parassistico-statale non può ignorare le rendite
posizionali del suo patrimonio immobiliare in disuso, e siccome non sono possibili più riconversioni
industriali, perché come più volte sottolineato il modello di città attuale non solo non localizza per fasce
funzionali le sue destinazioni d’uso, ma nel tempo è divenuta sede di terziario demandando ad altre realtà,
magari in contiguità, l’impianto industriale; nessuna riconversione industriale post-crisi quindi sembrerebbe
all’orizzonte. Del resto le esperienze passate, delineano che quando l’archeologia industriale acquisisce
rendita, perché l’urbanizzato intanto le si è conurbato attorno, tende ad aquisire funzioni altre, è quasi
imposta la funzione immobiliare in rispondenza di un valore posizionale o al più di rappresentanza
commerciale. Ma al contempo le città sono affamate, monche di trasferimenti statali e strette tra servizi che
non riescono a garantire, con attori della governance urbana che ineluttabilmente sono cambiati. In passato
lo strumento regolatore nella pianificazione è stato il braccio politico degli anni dei trasferimenti facili,
all’attualità lo stesso è superato dai tempi e dalle finanze: la progettazione di parti importanti della città, nei
fatti la fanno i privati.
È questo se vogliamo il nocciolo della nuova questione, come riferisce infatti Giulio Sapelli9, in un suo scritto
sulle città frattali, si sarebbe traslato il potere decisionale sulla sponda privata, e dalla concertazione si
sarebbe passati alla contrattazione, ed in tempi in cui le comunalità non hanno risorse nemmeno per le
opere di urbanizzazione primarie si può capire come sia incidente, senza volervi per forza intravedere
l’Italica tendenza alle devianze, l’apporto dei privati. Il mercato quindi irrompe prepotentemente in quello che
una volta era la discrezionalità pubblica, il decisionismo amministrativo ammettiamo per un momento per
genesi votato al soddisfacimento delle esigenze dei cittadini, e non per induzione attivistica dei gruppi di
potere. Accadrà più verosimilmente quindi che a brevissimo termine, si potrebbe avere un blocco degli
interventi pubblico-privato, venendo meno la domanda, l’impossibilità di rialzo dell’incidenza pubblica, è
facile che certi ambiti subiranno un blocco economico-procedurale, o un blocco strategico-speculativo per
innalzamento della posta in gioco. La congiuntura economica non potrà sostenere il mancato profitto dei
privati, e questo non potrà essere rimpinguato dalla politica a breve, col blocco allo status quo degli interventi
strategici urbani. Rimane da capire come si potrebbero bilanciare il novero delle volumetrie da crisi
industriali, ed i processi di gentrification che come poli localizzati nella città, si espongono almeno per il
mercato residenziale ad essere subalterni all’invenduto o al non ancora convertito.
Ma come riferito le città attuali mal si pongono rispetto alle riconversioni etero-funzionali, e sebbene con
lentezza, i resti della modernità industriale attiva corrosa dalla crisi, sono già sul mercato ad aspettare
l’allocazione di una nuova funzione, in relazione al profitto e alla speculazione.
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Tra rendita urbana e rendita finanziaria: la città a Frattali: Giulio Sapelli “Dialoghi Internazionali. Città nel Mondo” n. 10 marzo 2009 Ed. Bruno
Mondadori.
“Il ruolo sempre più rilevante delle autorità governative nel modellare il volto delle nuove città o metropoli. Ma è un ruolo diverso da quello del
passato. Esso si esprimeva un tempo con lo strumento gerarchico del piano regolatore, ossia con l’intervento della mano pubblica a cui i desideri
privati dovevano piegarsi, fatto salvi i processi di bargaining precedenti. Ora prevale in ogni latitudine e longitudine, su scala mondiale, una
progettazione contrattata, che co-definisce con gli attori privatistici la fisionomia delle trasformazioni urbane”.
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