Note di Algebra Astratta Basilio Bona DAUIN-Politecnico di Torino 2007 – 2008 Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 1 / 47 Introduzione Lo studio astratto dei gruppi, necessario, ad esempio, per caratterizzare la nozione di rotazione di corpi rigidi, come pure le nozioni di spazio vettoriale, di spazio proiettivo e delle algebre vettoriali, richiedono un’introduzione preliminare alle strutture algebriche più generali. In particolare, partiremo dalle definizioni di gruppoide, monoide, gruppo, anello e campo, per inquadrare teoricamente le strutture algebriche astratte in un unico schema concettuale. Il lettore interessato potrà trovare materiale di approfondimento nel sito http://mathworld.wolfram.com/ che rappresenta un buon punto di partenza per cercare definizioni, esempi, materiale storico e bibliografico sull’Algebra Astratta. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 2 / 47 Gruppoide Un gruppoide (in inglese grupoid) è una delle strutture algebriche più generali, e viene descritto come {G; ◦}, consistente in un insieme G di elementi qualsiasi e di un’operazione binaria o operatore binario, indicata dal simbolo ◦, che non si richiede essere, in generale, né associativa, né commutativa, ma solo chiusa rispetto agli elementi di G, ossia se a, b ∈ G, allora anche a ◦ b = c ∈ G. L’operatore ◦ non è assimilabile ad una “somma” o ad un “prodotto”, in quanto può essere qualcosa di molto generale, come l’operazione di concatenazione tra stringhe, il massimo comun divisore tra due interi, il resto di una divisione, la proiezione in un sottospazio geometrico eccetera. Tuttavia quando ◦ è riconducibile ad una somma, il gruppoide si dice additivo, mentre se ◦ è riconducibile ad un prodotto, il gruppoide si dice moltiplicativo. Le proprietà di un gruppoide sono comunque troppo generali per essere di qualche interesse; occorre arricchire la struttura algebrica con altri assiomi. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 3 / 47 Semigruppo Nel semigruppo si introduce la proprietà associativa dell’operazione ◦. Un semigruppo o gruppoide associativo (in inglese semigroup) è un gruppoide {G; ◦} in cui l’operatore ◦ è associativo, ossia se a, b, c ∈ G, allora a ◦ (b ◦ c) = (a ◦ b) ◦ c Non è richiesta la presenza di un elemento neutro, come accade per il monoide, o di un elemento identità, come invece accade per il gruppo. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 4 / 47 Monoide Nel definire un monoide si aggiunge agli assiomi del semigruppo quello di esistenza di un elemento neutro nei confronti dell’operazione ◦. Un monoide (in inglese monoid) è un semigruppo {M; ◦, u} dotato di un elemento neutro (o elemento identità o elemento unità) rispetto all’operazione ◦, indicato con u, tale che ∀a ∈ M, a ◦ u = u ◦ a = a. Spesso l’elemento neutro viene indicato con il simbolo 0 se l’operazione ◦ è riconducibile alla somma, oppure con il simbolo 1 se l’operazione ◦ è riconducibile al prodotto. Qui non si ipotizza ancora l’esistenza di un elemento inverso, che invece viene introdotto tra gli assiomi che definiscono il gruppo. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 5 / 47 Gruppo Il gruppo (in inglese group) G è una struttura algebrica definita dagli assiomi del monoide, ai quali si aggiunge quello dell’esistenza dell’elemento inverso. Questa proprietà rende il gruppo sufficientemente “ricco” di struttura per rappresentare numerosi enti matematici alla base della fisica matematica e dell’ingegneria. Un gruppo è un monoide {G; ◦, u, a−1 }, dotato dell’elemento inverso a−1 . Ovvero, ∀a ∈ G esiste un elemento a−1 , detto inverso di a, tale che a ◦ a−1 = a−1 ◦ a = u In particolare, se a ◦ a−1 = u, l’inverso si dice destro, se invece a−1 ◦ a = u, l’inverso si dice sinistro. Se l’operatore ◦ è la somma, l’inverso di a si indica più comunemente con −a; se invece ◦ è il prodotto, l’inverso di a si indica con a−1 . La presenza dell’inverso fa sı̀ che ogni gruppo debba contenere almeno un elemento. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 6 / 47 Gruppo Commutativo Un gruppo G si dice commutativo oppure abeliano, in onore del matematico norvegese Niels Abel (1802–1829), quando gli argomenti dell’operatore ◦ possono commutare, ossia ∀a, b ∈ G, a ◦ b = b ◦ a. In questo caso, l’inverso destro coincide con l’inverso sinistro. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 7 / 47 Esempi Gli insiemi Z, Q, R e C, rispettivamente dei numeri interi, razionali, reali e complessi, formano gruppi commutativi rispetto all’operazione di somma, dove ◦ viene sostituito dal simbolo +. Gli insiemi Q∗ , R∗ e C∗ rispettivamente dei numeri razionali, reali e complessi non nulli, formano gruppi commutativi rispetto all’operazione di moltiplicazione, dove ◦ viene sostituito dal simbolo ×. L’insieme GL(n, R) delle matrici n × n invertibili, formano un gruppo non commutativo rispetto al prodotto matriciale. L’insieme SX di tutte le trasformazioni biiettive di un insieme X in sè stesso, formano un gruppo non commutativo rispetto all’operazione ◦ di composizione delle trasformazioni; ovvero (f ◦ g )(x) = f (g (x)). Le rotazioni in uno spazio tridimensionale formano un gruppo non commutativo rispetto al prodotto matriciale. Tale gruppo è detto gruppo (speciale) di rotazione (ortonormale) e si indica con n o SO(3) = R ∈ R3×3 | RT R = I, det R = +1 In inglese, si chiama Special Orthonormal group of dimension 3 Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 8 / 47 Anello Un anello (in inglese ring ) A è un sistema {A; +, ·} di elementi a ∈ A, con due operazioni + e ·, chiamate somma (o addizione) e prodotto (o moltiplicazione), che soddisfano i seguenti due assiomi: {A, +} è un gruppo commutativo con elemento neutro indicato con 0, che viene chiamato gruppo additivo dell’anello. {A, ·} è un semigruppo. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 9 / 47 Gli assiomi degli anelli implicano le seguenti proprietà: proprietà associativa rispetto alla somma: ∀a, b, c ∈ A, (a + b) + c = a + (b + c) proprietà commutativa rispetto alla somma: ∀a, b ∈ A, a + b = b + a esistenza dell’elemento neutro o identità rispetto alla somma: ∃0 ∈ A → ∀a ∈ A, 0 + a = a + 0 = a esistenza dell’elemento inverso rispetto alla somma: ∀a ∈ A → ∃(−a) ∈ A, a + (−a) = (−a) + a = 0 proprietà associativa rispetto al prodotto: ∀a, b, c ∈ A, a · (b · c) = (a · b) · c proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma: ∀a, b, c ∈ A, a · (b + c) = (a · b) + (a · c) Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 10 / 47 Un anello contiene sempre almeno un elemento. Può essere interessante elencare le proprietà che non sono possedute dagli anelli: non è richiesto che un anello possieda un elemento neutro o identità rispetto al prodotto. Se lo possiede, esso prende il nome di unità; non si esige la validità di alcun assioma dei quozienti; in particolare se A è dotato di unità, non si esige che un elemento non nullo a 6= 0 sia dotato di inverso (destro, sinistro o bilaterale); non si postula la proprietà commutativa del prodotto; non si postula alcuna legge di annullamento del prodotto1 : possono cioè esistere anelli dotati di elementi a 6= 0 tali che a · b = 0, oppure b · a = 0 per qualche b 6= 0; questo implica anche che, se a · b = a · c, non necessariamente b = c. Si dice che a è un divisore (sinistro) dello zero, essendo b = a−1 · 0, e che b divide a destra lo zero, essendo a = 0 · b −1 . non si richiede che un elemento non nullo a 6= 0 sia dotato di un elemento inverso. 1 la legge di annullamento del prodotto stabilisce che, dato b 6= 0, se a · b = 0, sia a = 0. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 11 / 47 Esempi Si pensi alla familiare “algebra delle matrici”, dove non vale in generale la proprietà commutativa, dove esistono elementi non invertibili e dove è possibile trovare elementi non nulli il cui prodotto fornisce un elemento nullo; inoltre si sa che in generale AB = AC non implica B = C. Quindi l’insieme delle matrici quadrate M ∈ Rn×n , con n ≥ 2, forma un anello non commutativo con divisori dello zero. L’insieme degli interi Z forma un anello {Z, +, ·} con identità, che però non è un anello di divisione2 . Sia m un intero e mZ = {n ∈ Z | m divide n} sia l’insieme dei multipli interi di m. Allora {mZ, +, ·} è un anello, ma privo dell’identità a meno che non sia m = ±1. 2 vedi oltre Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 12 / 47 Corpo Si definisce corpo un anello A, tale che nell’insieme A∗ = A − {0} (ossia quando A sia stato privato dell’elemento nullo3 ) ogni equazione a · x = b, oppure y · a = b, ammetta almeno una soluzione x = a−1 · b oppure y = b · a−1 . Si può dimostrare che A∗ è un gruppo. Possono esistere corpi commutativi e corpi non commutativi; questi ultimi sono chiamati anche corpi sghembi, mentre i corpi commutativi sono conosciuti più comunemente come campi. In inglese i corpi prendono anche il nome di anelli di divisione (division ring ) o campi sghembi (skew field). Tra gli esempi di corpi non commutativi o sghembi si possono citare i quaternioni. 3 segue che A deve contenere almeno due elementi. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 13 / 47 Campo Se agli assiomi di un anello si aggiunge, con alcune cautele, l’assioma dell’esistenza di un elemento inverso anche per l’operazione di prodotto, si ottiene il campo. Un campo (in inglese field) F è un sistema {F; +, ·} di elementi α ∈ F e due operazioni + e ·, chiamate somma (o addizione) e prodotto (o moltiplicazione), che soddisfa i seguenti tre assiomi: {F, +} è un gruppo commutativo con elemento neutro indicato con 0. Il gruppo {F, +} è detto gruppo additivo del campo. {F ∗ , ·} è un gruppo commutativo con unità u, indicata con il simbolo 1, dove F ∗ = F − {0}. Il gruppo {F ∗ , ·} è detto gruppo moltiplicativo del campo. vale la proprietà distributiva di · rispetto a +, ossia, dati α, β, γ ∈ F si ha: α · (β + γ) = α · β + α · γ che, per altro, era già compresa tra gli assiomi degli anelli. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 14 / 47 Campo Una definizione alternativa è la seguente: un campo è un anello di divisione (o campo sghembo), con gruppo moltiplicativo commutativo. Si può osservare che un campo è un corpo commutativo, sia per la somma, sia per il prodotto. L’inverso rispetto alla somma si indica con −α, mentre l’inverso rispetto al prodotto si indica con α−1 . Esempi Tra gli esempi più comuni di corpi si trovano il corpo dei numeri reali, indicati con R e il corpo dei numeri complessi, indicati con C, nonché il corpo dei numeri razionali Q. In questi casi il generico elemento α di questi corpi prende il nome di scalare, rispettivamente reale o complesso. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 15 / 47 Algebra La parola algebra deriva dal titolo “Hisab al-jabr w’al-muqabala” di un trattato dovuto al matematico persiano Muhammed ibn Musa Al-Khwarizmi4 (circa 780-850) che trattava per la prima volta metodi algebrici. Nell’uso moderno, la parola assume diversi significati: L’algebra che si insegna nelle scuole medie inferiori e superiori, distinguendola dalla geometria, e che tratta di equazioni polinomiali, funzioni di una o più variabili, di massimi e minimi ecc. La si chiama anche algebra elementare o aritmetica. L’algebra che studia il sistema dei numeri e le loro proprietà, utilizzando i concetti di gruppo, anello, coomologia, teoria degli invarianti ecc. Essa prende il nome di algebra astratta. L’algebra che indica, più tecnicamente, una particolare struttura formale: in particolare uno spazio vettoriale definito su un campo, con un operatore prodotto. 4 il cui nome distorto diede origine alla parola algoritmo. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 16 / 47 Spazi e Algebre Vettoriali A noi interessa il terzo significato e quindi, per definire formalmente un’algebra, è necessario definire prima il concetto e la struttura di uno spazio vettoriale, i cui elementi rappresentano le entità più interessanti ed utili per lo studio della meccanica, dell’elettromagnetismo e, in generale, di molti settori della fisica classica e moderna. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 17 / 47 Spazi Vettoriali Dato un campo qualsiasi F, lo spazio vettoriale (in inglese vector space) V(F), è l’insieme di quegli elementi, chiamati vettori, che indicheremo d’ora in avanti con una lettera minuscola in grassetto, come ad esempio v. I vettori soddisfano le seguenti proprietà assiomatiche: è definita l’operazione +, detta somma vettoriale, tale che {V(F); +} forma un gruppo abeliano; l’elemento identità è chiamato 0; per ogni scalare α ∈ F e ogni vettore v ∈ V(F), esiste un vettore (prodotto per scalare) αv ∈ V(F); Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 18 / 47 Spazi Vettoriali per ogni α, β ∈ F e ogni v, w ∈ V(F) valgono le seguenti proprietà: I proprietà associativa rispetto al prodotto per scalare: α(βv) = (αβ)v I proprietà distributiva rispetto alla somma vettoriale: α(v + w) = αv + αw I proprietà distributiva rispetto al prodotto per scalare: (α + β)v = αv + βv I Esistenza dell’identità rispetto al prodotto per scalare: 1(v) = v; ∀v Se F = R, lo spazio vettoriale è detto reale, mentre se F = C, è detto complesso. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 19 / 47 Vettori Gli elementi di uno spazio vettoriale si chiamano “vettori”, ma non dobbiamo fare l’errore di identificare questi generici elementi con i vettori a cui siamo abituati, cioè i classici segmenti orientati nello spazio, dotati di direzione, modulo e verso. Ad esempio, la meccanica quantistica considera “vettori” le matrici reali 2 × 2 e le indica con il simbolo |v i; tali matrici non presentano né una direzione, né una lunghezza, tuttavia obbediscono agli assiomi che definiscono lo spazio vettoriale e quindi possono essere a ragione definiti vettori. Infatti, qualunque matrice Rm×n o Cm×n può essere pensata come una lista di mn elementi e quindi rappresentabile come un vettore in Vmn (R) o Vmn (C). Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 20 / 47 Indipendenza lineare – Base – Dimensione Dati n vettori qualsiasi ai ∈ V(F), un vettore generico v ∈ V(F) è detto combinazione lineare di {a1 , a2 , . . . , an } se esso può essere scritto come v = λ1 a1 + λ2 a2 + · · · λn an con λi ∈ F. L’insieme di vettori {a1 , a2 , . . . , an } è detto linearmente indipendente se nessun elemento ai può essere scritto come combinazione lineare dei restanti aj , j 6= i. In altre parole, l’unica soluzione dell’equazione λ1 a1 + λ2 a2 + · · · λn an = 0 è quella con λ1 = λ2 = · · · = λn = 0. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 21 / 47 Indipendenza lineare Data la combinazione lineare v = λ1 a1 + λ2 a2 + · · · λn an , se tutti i vettori ai sono linearmente indipendenti, allora gli scalari λi sono unici e prendono il nome di coordinate o componenti di v. Le combinazioni lineari di vettori linearmente indipendenti {a1 , a2 , . . . , ak }, con k ≤ n, formano un sottospazio S(F) ⊆ V(F). Si dice che questo sottospazio è coperto o descritto (in inglese spanned) da {a1 , a2 , . . . , ak }. Ogni insieme di vettori {a1 , a2 , . . . , an } che risulti linearmente indipendente, forma una base in V. Tutte le basi in V hanno lo stesso numero di elementi (nel nostro caso n), e questo numero prende il nome di dimensione dello spazio e si indica con dim(V). Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 22 / 47 Funzioni Lineari Dati due spazi vettoriali U(F) e V(F), che per comodità assumiamo definiti entrambi sullo stesso campo F, una funzione L : U → V si dice lineare, se per ogni a, b ∈ U e λ ∈ F valgono i seguenti assiomi L(a + b) = L(a) + L(b) = La + Lb L(λa) = λL(a) = λLa (1) Una funzione lineare L : U → U viene chiamata anche operatore lineare, trasformazione lineare oppure endomorfismo (in inglese endomorphism). L’insieme di tutte le funzioni lineari L : U → V forma uno spazio lineare L(F). L’insieme delle funzioni lineari L : U → U forma un anello, indicato con il simbolo End(U). Ricordiamo infine che qualsiasi funzione lineare da U a V è rappresentabile con una matrice M ∈ Rm×n , dove m e n sono le dimensioni rispettivamente di V e U. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 23 / 47 Funzione iniettiva, suriettiva e biiettiva La funzione o trasformazione f : A → B, tra due insiemi generici A e B si dice essere iniettiva (in inglese injective oppure one-to-one function) se ∀a, b ∈ A, f (a) = f (b) implica a = b ossia ad ogni elemento dell’immagine A della funzione corrisponde uno ed un solo elemento del dominio B della funzione. La funzione o trasformazione f : A → B, tra due insiemi generici A e B si dice essere suriettiva (in inglese surjective oppure onto function) se f (A) = B ossia la trasformazione del dominio della funzione copre (in inglese spans) ovvero coincide integralmente con l’intera immagine. La funzione o trasformazione f : A → B, tra due insiemi generici A e B si dice essere biiettiva (in inglese one-to-one correspondence) se f è contemporaneamente iniettiva e suriettiva. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 24 / 47 Morfismo e isomorfismo Prendiamo due strutture algebriche dello stesso tipo universale (come, ad esempio, due gruppi, due anelli, o due algebre), X e Y. Definiamo morfismo una generica trasformazione tra X e Y. L’isomorfismo è un morfismo biiettivo. In particolare, dati due spazi vettoriali U(F) e V(F), definiti sullo stesso campo F, questi si dicono isomorfi, se tra loro sussiste un isomorfismo (in inglese isomorphism), ovvero se esiste una trasformazione lineare biiettiva fu : vi = fu ui tra vettori ui ∈ U e vettori vi ∈ V tale che fu (λ1 u1 + λ2 u2 ) = λ1 fu (u1 ) + λ2 fu (u2 ) e similmente esiste una trasformazione lineare biiettiva fv : ui = fv vi tra vettori vi ∈ V e vettori ui ∈ U tale che fv (λ1 v1 + λ2 v2 ) = λ1 fv (v1 ) + λ2 fv (v2 ) Un isomorfismo è dunque una trasformazione biiettiva che conserva tutte le relazioni lineari e conseguentemente la struttura algebrica degli spazi vettoriali coinvolti. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 25 / 47 Endomorfismo e automorfismo Possiamo ora stabilire, senza dimostrarlo, il seguente teorema: TEOREMA: ogni spazio vettoriale a n dimensioni Vn (F) definito sul campo F è isomorfo allo spazio F n delle n-ple di scalari del campo F. Se F = R, questo teorema permette di affermare che possiamo concentrare la nostra attenzione sulle n-ple di reali, senza perdere in generalità, perché ogni altro “tipo” di vettore sarà isomorfo a queste ultime. Infatti l’isomorfismo conserva le operazioni e conserva pure gli assiomi. L’endomorfismo è un morfismo suriettivo da X a X , cioè in sé stesso. L’automorfismo è un isomorfismo da X a X , cioè in sé stesso. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 26 / 47 Vettori L’esempio classico di spazio vettoriale reale è quello rappresentato da n-ple di reali, Vn (R) = Rn ; in questi casi un elemento (vettore) viene rappresentato per componenti v1 v2 n v= ... , v ∈ R , vi ∈ R vn Poiché le proprietà dello spazio vettoriale inducono una struttura lineare sullo spazio V, esso viene indicato anche con il termine di spazio vettoriale lineare o semplicemente spazio lineare (in inglese linear vector space o semplicemente linear space). Inoltre, come si può notare, tra gli assiomi non compare alcuna operazione di prodotto. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 27 / 47 Metrica La struttura dello spazio vettoriale, ossia l’insieme di proprietà che derivano dagli assiomi, non permette di definire concetti geometrici quali l’angolo o la distanza, che invece sono impliciti nella definizione puramente geometrica di vettore. Per consentire di definire tali concetti è necessario dotare lo spazio vettoriale di una struttura quadratica o metrica. L’introduzione di una metrica in uno spazio vettoriale genera un’algebra che rende possibile l’esecuzione di calcoli su oggetti geometrici. La metrica più comune è quella indotta dalla definizione di prodotto scalare. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 28 / 47 Prodotto scalare o interno Abbiamo visto che la struttura assiomatica di spazio vettoriale non comprende la definizione di un prodotto, mentre per calcolare con enti geometrici è necessario introdurre una struttura quadratica o metrica; una delle metriche più comuni è quella derivata dal prodotto scalare o interno tra vettori. Dati due vettori reali a, b ∈ V(R), il prodotto scalare o interno (in inglese scalar o inner product) a · b è un numero reale che può venire definito sia in modo geometrico sia in modo analitico (per componenti): definizione geometrica: definizione analitica: a · b = kak kbk cos θ X a·b= ak bk = aT b (2) (3) k dove θ, (0◦ ≤ θ ≤ 180◦ ) è l’angolo compreso tra a e b. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 29 / 47 Norma e angolo La definizione geometrica implica di aver preventivamente definito il concetto di angolo e di lunghezza, mentre nell’approccio analitico la lunghezza ovvero la norma (in inglese norm) può essere definita come grandezza derivata dal prodotto scalare sX √ √ kak = a · a = ak2 = aT a (4) k e l’angolo come −1 θ = cos a·a kak kbk La metrica è dunque definita a partire dal prodotto scalare e si chiamano spazi Euclidei o Cartesiani quelli per cui vale la metrica (4). Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 30 / 47 Assiomi del prodotto scalare Il prodotto scalare · non corrisponde al prodotto ◦ che appare nella definizione di gruppo; infatti il prodotto scalare opera su due vettori e genera uno scalare, mentre il prodotto ◦ genera un vettore. Il prodotto scalare soddisfa i seguenti assiomi Proprietà distributiva rispetto alla somma: (a + b) · c = a · c + b · c Proprietà distributiva rispetto al prodotto per scalare: α(a · b) = (αa) · b = a · (αb) Proprietà commutativa: a·b=b·a Positività: a · a > 0, ∀a 6= 0 Nota: spesso il prodotto scalare tra a e b viene indicato con aT b, ma qui preferisco indicarlo con il più generale a · b per mettere in evidenza il suo significato geometrico. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 31 / 47 Algebra Vettoriale Dato un campo F, un’algebra vettoriale (in inglese vector algebra o linear algebra) è uno spazio lineare (vettoriale) V(F) dotato di un operatore (prodotto) bilineare5 tra vettori, che indicheremo con il generico simbolo ◦, e che obbedisce al seguente assioma: dato λ ∈ F e a, b ∈ V, risulta λ(a ◦ b) = (λa) ◦ b = a ◦ (λb) Esistono numerose algebre; tra queste citiamo, oltre all’algebra delle matrici, l’algebra di Clifford, l’algebra di Lie e l’algebra dei quaternioni, che sono utili nello studiare gli aspetti geometrici e cinematici della robotica e della computer vision. 5 bilineare significa “lineare rispetto a entrambi gli operandi”. Questa proprietà implica la proprietà distributiva; in altre parole la proprietà distributiva è implicita in un’algebra. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 32 / 47 Il prodotto ◦ In generale il prodotto ◦ non coincide con il prodotto scalare, perché quest’ultimo non è un prodotto tra vettori che dia come risultato un vettore. Tuttavia il prodotto scalare si dimostra dotato di sufficiente struttura da risultare utile per la maggior parte delle applicazioni necessarie al calcolo geometrico. Un altro prodotto comunemente utilizzato nella fisica è il prodotto esterno, che però vale solo in spazi vettoriali a dimensione 3. Come vedremo, le proprietà del prodotto esterno non sono ancora quelle che si vorrebbero possedute da un generico prodotto tra vettori, ma tuttavia anch’esso svolge una funzione essenziale nella descrizione della cinematica e della dinamica dei manipolatori, nonchè di numerose proprietà dell’elettromagnetismo. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 33 / 47 Prodotto vettoriale o esterno - 1 T T Dati due vettori x = x1 x2 x3 e y = y1 y2 y3 , con x, y ∈ R3 , il prodotto vettoriale o esterno (in inglese outer o external o vector product) x × y è un vettore che soddisfa le relazioni seguenti: x2 y3 − x3 y2 (5) z = x × y = x3 y1 − x1 y3 x1 y2 − x2 y1 La (5) può essere scritta come prodotto della matrice antisimmetrica S(x) per il vettore y: 0 −x3 x2 0 −x1 y = S(x)y (6) x × y = x3 −x2 x1 0 Le proprietà delle matrici antisimmetriche e i loro utilizzi sono descritte altrove. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 34 / 47 Prodotto vettoriale o esterno - 2 La norma del prodotto esterno vale kzk = kxk kyk sin θ (7) dove θ è l’angolo tra i due vettori x e y misurato sul piano xy definito da questi ultimi; la direzione di z è ortogonale al piano xy , il verso è dato dall’applicazione della regola della mano destra , per portare x su y compiendo la rotazione di angolo minimo. Figura: regola della mano destra applicata al prodotto vettoriale. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 35 / 47 Proprietà del prodotto esterno Il prodotto vettoriale soddisfa le seguenti proprietà: x×x=0 x × y = − (y × x) ; anticommutativo x × (y + z) = (x × y) + (x × z) ; distributivo rispetto alla somma α (x × y) = (αx) × y = x × (αy) ; distributivo rispetto al prodotto per scalare x × (y × z) 6= (x × y) × z; non è associativo Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 36 / 47 Prodotto triplo scalare Dati tre vettori tridimensionali x, y, z, si definisce prodotto triplo scalare il prodotto z · (x × y) Geometricamente il prodotto triplo scalare ha norma kx · (y × z)k pari al volume del parallelepipedo generato dai tre vettori, in quanto ky × zk è l’area della base e kx cos θk è l’altezza. Figura: prodotto triplo scalare. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 37 / 47 Prodotto triplo scalare Risulta poi evidente che valgono le seguenti identità z · (x × y) = x · (y × z) = y · (z × x) (8) perché il prodotto corrisponde al volume dello stesso solido (area base × altezza); va notato come si conserva l’ordine ciclico dei vettori. Inoltre vale la relazione x · (y × z) = (x × y) · z che segue dalla (8) e dalla commutatività del prodotto scalare. Notate come la posizione della parentesi sia critica: infatti scrivere (x · y) × z non avrebbe alcun significato, trattandosi di un prodotto vettoriale tra uno scalare e un vettore. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 38 / 47 Prodotto triplo vettoriale Dati tre vettori tridimensionali x, y, z, si definisce prodotto triplo vettoriale il prodotto esterno triplo non associativo, ossia: x × (y × z) = (x · z) y − (x · y) z (x × y) × z = (x · z) y − (y · z) x (9) Dati i vettori x, y, z, w, valgono le seguenti relazioni: (x × y) · z = − (z × y) · x (x × y) · (z × w) = (x · z)(y · w) − (x · w)(y · z) x × (y × (z × w)) = y(x · (z × w)) − (x · y)(z × w) (10) Il prodotto vettoriale è definito solo in spazi vettoriali di dimensione 3; la generalizzazione di questo prodotto a spazi n-dimensionali, con n > 3, richiede di introdurre le algebre di Clifford, cosa che va oltre gli scopi di queste slide. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 39 / 47 Prodotto diadico - 1 Dati due vettori x, y ∈ Rn , si x1 y1 .. := xy . xn y1 definisce prodotto diadico il seguente . . . x1 yn .. ≡ xyT ≡ D(x, y) xi yi . . . . xn yn Bisogna notare che alcuni testi anglosassoni chiamano questo prodotto external product, generando confusione con il prodotto vettoriale. Il prodotto diadico non è commutativo in quanto, essendo D(x, y) = DT (y, x) risulta x y 6= y x. La matrice D che si ottiene come risultato del prodotto diadico risulta sempre avere rango ρ(D) = 1, qualunque sia la dimensione n dei vettori di partenza. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 40 / 47 Prodotto diadico - 2 Una proprietà utile che lega il prodotto vettoriale triplo e il prodotto diadico (per vettori tridimensionali) è la seguente x × (y × z) = [(x · z) I − z x] y (x × y) × z = [(x · z) I − x z] y È interessante sottolineare che, mentre il prodotto esterno al primo termine delle relazioni precedenti è definito solo per vettori tridimensionali, i prodotti al secondo termine si possono calcolare indipendentemente dalle dimensioni dello spazio vettoriale. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 41 / 47 Altri prodotti tra vettori Poiché il prodotto interno è un prodotto tra vettori che fornisce uno scalare ed il prodotto esterno non è associativo, nasce la necessità di definire un prodotto ab tra vettori che obbedisca alla maggior parte delle regole della moltiplicazione “ordinaria”, ovvero possegga almeno le proprietà di essere associativo e distributivo, mentre la commutatività non è essenziale. Si richiede anche che venga preservata la norma, ossia kabk = kak kbk. Sono stati definiti in passato prodotti tra vettori che soddisfano questi requisiti. Di solito essi vengono trascurati nei testi elementari di algebra vettoriale. Tra questi, un qualche interesse per l’applicazione alla cinematica teorica e alla computer vision, oltreché nella fisica quantistica, rivestono il prodotto di Hamilton e il prodotto di Clifford. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 42 / 47 Prodotto di Hamilton Il prodotto di Hamilton trova la sua giustificazione nell’ambito della definizione di prodotto tra quaternioni, entità che approfondiremo meglio più avanti. Qui ci limitiamo a definire tale prodotto nel modo seguente ab := −a · b + a × b (11) Questo prodotto ha ora solo più un significato storico, in quanto presenta la spiacevole caratteristica di fornire un numero negativo come risultato del prodotto di un vettore per sé stesso aa = −a · a + a × a = − kak2 (12) Esso fu presto abbandonato in favore di altri più semplici o più utili, come i precedenti prodotti interno ed esterno, oppure più generali dal punto di vista geometrico, come il prodotto di Clifford. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 43 / 47 Prodotto di Clifford - 1 È stato dimostrato che un prodotto vettoriale che permetta di soddisfare gli stessi assiomi del prodotto tra due numeri reali, ossia la distributività, l’associatività e la commutatività, non esiste per spazi vettoriali con dimensioni n ≥ 3. Se si lascia cadere l’assioma della commutatività, si può definire il prodotto di Clifford, dal nome del matematico inglese William Clifford (1845-1879) che per primo lo introdusse. Esso consente di estendere a spazi vettoriali Rn , con n > 3, il prodotto esterno. Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 44 / 47 Prodotto di Clifford - 2 Limitiamoci in un primo momento, per semplicità, al piano R2 . Dati due vettori a = a1 i + a2 j, e b = b1 i + b2 j, il prodotto di Clifford risulta essere definito come: ab := a1 b1 + a2 b2 + (a1 b2 − a2 b1 )e12 = a · b + (a1 b2 − a2 b1 )e12 (13) dove e12 prende il nome di bivettore. Esso è definito come l’area dotata di segno del parallelogrammo compreso tra i e j; in un certo senso è analogo al prodotto esterno i × j, salvo il fatto che quest’ultimo è interpretato come vettore ortogonale al piano in cui sono contenuti i e j, mentre il bivettore è da interpretarsi come un’area (in inglese patch ossia “pezza” ) nel medesimo piano, come illustrato in Figura. Figura: Il bivettore e12 nel piano R3 . Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 45 / 47 Prodotto di Clifford - 3 L’estensione allo spazio R3 si ottiene assumendo che sia verificata la seguente identità: cc = c2 = c · c (14) se poi consideriamo c = a + b, otteniamo: (a + b)(a + b) = (a + b) · (a + b) (15) da cui segue aa + ab + ba + bb = a · a + a · b + b · a + b · b e quindi ab + ba = 2a · b ovvero ab = 2a · b − ba Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) Note di Algebra Astratta (16) 2007 – 2008 46 / 47 Derivata di vettori In generale i vettori che rappresentano punti geometrici o grandezze fisiche e cinematiche sono funzioni del tempo t. La derivata rispetto al tempo di un vettore è anch’essa un vettore, definito come segue ẋ (t) 1 d x(t) = ẋ(t) = ẋ2 (t) dt ẋ3 (t) (17) In modo analogo si definiscono derivate di ordine superiore, a partire dalla derivata seconda ẍ (t) 1 d ẋ(t) = ẍ(t) = ẍ2 (t) (18) dt ẍ (t) 3 Le derivate del prodotto scalare e vettoriale soddisfano le consuete proprietà della derivata di un prodotto: d(x · y) = ẋ · y + x · ẏ dt Basilio Bona (DAUIN-Politecnico di Torino) e d(x × y) = (ẋ × y) + (x × ẏ) dt Note di Algebra Astratta 2007 – 2008 (19) 47 / 47