1 Dal mito sonico della creazione all`eterno

BIORITMI E ORIGINE DEL PROTO-LINGUAGGIO
NELLA MUSICOTERAPIA RIABILITATIVA.
Isacco supplicò il Signore per sua moglie,
perché essa era sterile e il Signore lo esaudì,
così che sua moglie Rebecca divenne incinta.
Ora i figli si urtavano nel suo seno ed essa
esclamò: «Se è così, perché questo?»
(Gen. 25,21-22)
Dal mito sonico della creazione all’eterno femminino
Dalla notte dei tempi, il centro di risonanza, in cui vita e morte si
compenetrano l’un l’altra, fu ravvisato dagli uomini nel cuore della
montagna, nell’albero cavo, in quel antro oscuro e desolato in cui l’io
esperisce l’essenza di sé. La caverna, con il suo corpo armonico, metafora
della vita da cui ogni vibrazione sonora si diffonde in perpetuo movimento,
è prototipo simbolico della cavità orale, del cuore e dell’utero, i tre organi
centrali da cui dipende la vita stessa degli esseri viventi. Simile a un
risuonatore universale, da essa trasuda e palpita un suono arcano e segreto
che racchiude in sé il senso profondo che informa ogni cosa. Qui si compie
l’atto creativo che dà origine alla materia.
E se l’elemento primordiale che accomuna tutti i fenomeni cosmici è il
suono, allora esso a pieno diritto rappresenta la sostanza originaria comune
a tutte le cose e a tutti gli esseri della terra. Ogni creatura vivente, infatti, è
partecipe di questa genesi sonica, la cui percezione sonora è data dal
perpetuo moto dei propri bio-ritmi. In ogni ritmo si condensa la misteriosa
relazione tra polso e respiro, perciò, ogni esperienza ritmica, vissuta
dall’individuo, si basa sull’imperscrutabile legame della respirazione con i
movimenti del cuore e della circolazione del sangue. Una partecipazione
diretta fatta di suoni, vibrazioni e battiti in cui si manifesta l’intima
relazione che biologicamente unisce la sostanza fetale al ventre della madre
in un continuo incitare, produrre e agire entro il substrato acustico del
mondo, incarnato nell’utero materno.
Questo involucro acquoso, deputato a rendere il suono nella sua vera
essenza, al pari dell’orifizio dell’universo che un tempo diede vita al mondo,
è un organo risonante, un ponte fra la vita e il nulla che unisce, per mezzo di
rimandi puramente sonori, la materia vivida di un corpo fecondo al cui
interno attende della sostanza embrionale il divenire, la forma, la materia, la
1
creatura vivente. Nell’immaginario collettivo, pertanto, l’esperienza sonora
vissuta durante il periodo intrauterino ha da sempre rappresentato una
riproposta dell’origine della vita che l’uomo, in epoche passate e non ancora
dimenticate, ha consacrato nel mito dell’eterno femminino.
Bio-ritmi e origine chimica del proto-linguaggio
I bio-ritmi del corpo materno rappresentano i primi elementi costituenti
un particolare codice fisiologico che si istaura fra mamma e feto. Si tratta di
una primordiale grammatica della comunicazione relazionale,
sintatticamente strutturata e organizzata su base biochimica e psicosomatica.
Il valore semantico è dato da una sollecitazione sonora la cui prima risposta
è un atto, un movimento istintivo e incondizionato. Questa risposta motoria
costituisce la base di una comunicazione simpatetica, originata da una
spontanea e istintiva reazione al moto vibratorio di un altro da sé. Questo
complesso codice fono-simbolico può considerarsi l’anticamera del
linguaggio.
Il codice originario della relazione madre/figlio nel periodo prenatale è
dunque tripartito in un impulso dialogico che è ad un tempo: ritmo, suono e
movimento. La capacità manifesta del feto di rispondere attivamente agli
stimoli sonori e ormonali che gli giungono dal corpo materno sono
indicativi di un sofisticato sistema di comunicazione di tipo meta-linguistico
che ne relaziona la coppia in un preciso scambio di suoni e movimenti.
Le ‘sensazioni oceaniche’, disgiunte da qualsiasi associazione spazio
temporale, rappresentano per il feto un complesso sistema proto-linguistico
caratterizzato da una struttura sintattica che si compone dei bio-ritmi
materni a cui corrispondono le sue primitive percezioni emotive. Alle
iniziali sollecitazioni acustiche, costituenti le primarie esperienze ambientali
nell’utero materno, il feto si relaziona con immediate ed istintive risposte
percettivo-motorie. La quasi totalità degli eventi e del percepire-esperire del
bambino, tanto in fase pre-natale che post-natale, è riconducibile, dunque,
ad una precisa memoria sonora variamente ‘immagazzinata’ dal nascituro.
I moti sonori prodotti dal bimbo nel grembo materno, caratterizzati dal
battito cardiaco, dal fluttuante ondeggiamento del liquido amniotico a
seguito dei suoi spostamenti o, ancora, dalla pressione contro la saccamembrana che lo contiene, sono vissuti dalla madre come segnali-simbolo e
significanti dell’agire del proprio figlio, così come i bio-ritmi della madre
sono recepiti come segnali e sensazioni-significati dal feto. Si tratta di un
continuo scambio meta-linguistico fondamentale dell’esistenza che si
organizza biologicamente e psichicamente insieme. Ogni movente che
2
determina un ‘bisogno’ del feto è vissuto in simbiosi con il ciclo biologico
della madre dalla quale ne dipende il suo più o meno soddisfacimento.
Le condotte del bambino nel ventre materno appartengono a un
primitivo linguaggio globale, ascoltato e vissuto sotto forma di ‘sequenze
prosodiche di tipo ritmico-sonoro-motorie’. Il proto-linguaggio, le sue
rappresentazioni bio-ritmiche e il luogo di esperienza in cui esse hanno
origine sono fonte preziosa di materiale inconscio”1. In questo sofisticato
processo di «assimilazione» dell’universo materno, nelle primordiali
strutture che si vanno determinando e costruendo nella vita mentale del feto,
si attua una prima incorporazione a-spaziale e a-temporale dell’altro da sé
nel proprio sé corporeo2. L’insieme dei suoni, delle vibrazioni e delle
risonanze udibili attraverso il corpo materno vengono percepiti dal feto
come una ‘complessa sinfonia’. Una melodia di suoni che egli impara a
riconoscere e memorizzare e dalla quale scaturiranno, nelle fasi più avanzate
di gestazione, le sue prime risposte ‘emo-cognitive’. Questa sofisticata
attività dialogica esplicita la semantica di quel primitivo linguaggio che si
ascrive sotto il comune denominatore della confluenza degli affetti3.
Gli ‘emo-suoni’ e l’attivazione dei canali percettivo-motori
La relazione comunicativa che si istaura fra madre e feto è di tipo ‘emosonora’ e percettivo-motoria. Le emozioni primarie che legano in modo
dialogico la coppia mamma-bimbo «coinvolgono il corpo»4 e sono espressi
dal feto in modo istintivo e naturale. Siamo di fronte ad un codice
espressivo che definiamo quindi ‘bio-musicale’. Si tratta di un vero e
proprio proto-linguaggio, intendendo con questo termine le primordiali
associazioni bio-semantiche in cui un’espressione sensibile è relativa ad un
contenuto interno. Questa primaria associazione fono-simbolica è alla base
del codice di comunicazione analogico che si istaura nella coppia
mamma/feto.
La voce materna, giunge al feto come massa sonora «astratta». Le
reazioni percettivo-motorie del bambino ai bio-ritmi e agli stimoli sonorovocali della madre dipendono da specifiche attivazioni bio-chimiche e
sensoriali che consentono al sistema nervoso centrale del feto di compiere
uno scambio ininterrotto di segnali rientranti tra la memoria di associazioni
valore-categoria e le mappe globali, in via di formazione, adattamento e
sviluppo5. In altri termini, possiamo dire che la risposta analogica del feto
alla stimolazione sonora della madre si traduce in una reazione di tipo
percettivo-motoria che, attivata dal sistema troncoencefalico-limbico,
giunge a quello talamo-corticale. Il codice analogico, in cui il feto manifesta
attraverso il linguaggio corporeo una primordiale semantica della
3
comunicazione è espressione della sua prima cognitività e affettività
associata alla motricità.
Qualsiasi relazione dialogica, istaurata dalla madre con il proprio
bambino durante la gravidanza, giunge al feto sottoforma di insieme globale
di modulazione prosodica che egli impara a riconoscere rispondendo
variamente con precisi cambi di stato. La componente temporale del suono,
dettata dalla successione ritmica di sillabe brevi e lunghe e la prosodia
stessa del codice linguistico utilizzato, soggetto a variazioni di altezza,
intensità e timbro, costituiscono la gamma di percezioni sonore di base
verso cui il nascituro adeguerà in modo inconscio le sue risposte tanto
emotive quanto posturali, poiché già patrimonio della memoria primordiale
che gli deriva dalla vita trascorsa all’interno del grembo materno.
Sia la musica che il linguaggio condividono similarità biologiche
profonde, soprattutto in relazione al fatto che entrambi i codici comunicativi
convergono nel trovare nella sequenza prosodica l’unità sia strutturale che
funzionale. Pertanto è ipotizzabile che all’origine di una mente cognitiva vi
sia una mente emotiva che si nutra di un magma sonoro che solo in una fase
di sviluppo successiva alla nascita verrà organizzata e articolata in categorie
logiche proprie del linguaggio verbale.
Il controllo della procedura di segmentazione ritmica può essere
spiegata anche in funzione della sollecitazione sonora scandita dalla lingua
in-put a cui è costantemente sottoposto il feto in fase di sviluppo nei nove
mesi di gestazione. Quella particolare segmentazione sillabica o accentuale
della lingua in-put, vettore comunicativo materno con il mondo che la
circonda, rinvia degli specifici segnali vibratori che sensibilizzano il feto al
ritmo del linguaggio specifico della madre e del contesto in cui quest’ultima
si relaziona6. La percezione della struttura prosodica e fonologica di una
qualsiasi lingua ha già embrionale sviluppo durante le fasi avanzate della
gestazione fetale sottoforma di esperienze emo-sonore. Queste esperienze
emo-sonore si ripresentano con più specifica regolarità nel segnale del
parlato che giunge dal mondo circostante nel quale il neonato entra a far
parte.
Dal proto-linguaggio alla musicoterapia.
I ritmi endogeni ed esogeni, alla base dell’organizzazione biologica
tanto del feto quanto del neonato, costituiscono il patrimonio musicale del
bambino. Nei primi mesi dopo la nascita, questo patrimonio ritmicoprosodico costituirà un immaginario ‘cordone ombelicale sonoro’ non
ancora reciso. Si tratta di ritmi sonori ‘primordiali’ che costituiscono il
corredo ereditario dell’organismo e ne rappresentano ‘l’iso gestaltico e
4
universale dell’individuo’, in una parola sono la sua ‘identità sonora’7. Nei
primi mesi successivi alla nascita, è indispensabile e quanto mai
significativa la persistenza del ‘cordone ombelicale sonoro’ perché si avvii
in modo efficace una più complessa dinamicità dialogica nella coppia
mamma/bambino.
Il sistema limbico serba memoria indelebile delle prime sensazioni
affettive e delle prime emozioni condivise nel corpo della madre.
Nell’unicità del rapporto dialogico che si istaura durante la gravidanza si
possono rintracciare gli elementi più multiformi dell’origine del pensiero:
dalle fantasie alla simbolizzazione psico-corporea, dalle primordiali forme
di interazione e comunicazione alla relazione psicosomatica, etc.8 Ognuno
di questi elementi si riflettono variamente nei processi cognitivi del
bambino, la cui espressività e creatività in età adulta, ne sarà un inconscio
riflesso.
Queste riflessioni chiariscono in modo inequivocabile la straordinaria
valenza della stimolazione sonoro-musicale a scopi terapeutici, soprattutto
se rivolta a soggetti affetti da gravi disturbi psico-motori, sensoriali e
cognitivi. Nel processo musicoterapeutico il canale di comunicazione
‘mediatore’ è rappresentato dalla musica, un indispensabile ed efficace
ponte relazionale che induce ad una stimolazione dell’individuo in modo
multi-sensoriale. Tutto ciò è reso possibile grazie ad un uso congiunto del
suono e di differenti tecniche psicoterapeutiche che stimolano variazioni,
tanto fisiologiche quanto psicologiche che si producono nelle persone
quando reagiscono a sollecitazioni indotte. Queste stimolazioni psicodinamiche sono riconducibili sostanzialmente a due metodologie principali
di intervento. La prima, detta metodo attivo, consiste nella partecipazione
del soggetto mediante il movimento, l’euritmia, la ritmica, la danza, il canto,
i giochi cantati, la pratica di uno strumento musicale, etc., la seconda, detta
metodo passivo, invece consiste nella stimolazione sensoriale del soggetto
mediante l’ascolto di musica di vario genere e/o la vibrazione dei corpi
sonori.
Nella relazione suono-individuo è possibile far luce sul processo
parallelo di sviluppo che esiste fra evoluzione emozionale e archivio
sonoro-musicale del singolo essere umano. Pertanto, adattando metodiche
d’approccio in funzione ai casi differenziati di disabilità è possibile creare
dei programmi specifici d’intervento che abbiano lo scopo di sollecitare i
soggetti a relazionarsi con più facilità, facendo perno sul canale
dell’affettività, retaggio di un remoto codice comunicativo proto-linguistico.
È noto, del resto, che la musica, in quanto energia vettoriale agisce sulla
percezione fisica del suono mediante l’udito, il transosseo, il pressorio
5
(attivando i ricettori cutanei) e la vibratoria interna (risuonante nei grandi
organi cavi), operando positivamente alla sintonizzazione dei sentimenti per
una più facile accettazione e consapevolezza dell’Io. Per tale ragione, un
corretto uso del suono e della musica in ambito terapeutico può rivelarsi un
efficace strumento d’intervento neurobiologico.
I peculiari e differenziati effetti che la musica produce in ambito
fisiologico determinano precise risposte sull’individuo ravvisabili
nell’accelerazione o nel rallentamento del ritmo cardiaco, nel cambiamento
del metabolismo, nella secrezione ormonale, nell’alterazione del ritmo
respiratorio, nella variazione del tono muscolare e della temperatura basale,
e non ultimo, nel cambiamento dell’attività neuronale in svariate zone
cerebrali implicate tanto a livello emozionale che propriamente cognitivo.
Ogni individuo è influenzato da un ritmo universale che è comune a tutti
gli esseri, pertanto, la musica funge da oggetto intermediario, producendo
un’isocronia che tende all’armonizzazione e all’equilibrio dell’essere. La
musica è, quindi, da considerarsi uno dei veicoli comunicativi non-verbali
più importanti per l’essere umano, perché offre l’opportunità al subconscio
di esprimersi, consentendo all’io di mobilitare e recuperare dei ricordi
stagnanti nella nostra amigdala o cervello emozionale9 che altrimenti
andrebbero irrimediabilmente perduti nelle pieghe più riposte del nostro io
sommerso. La mobilitazione ed il recupero di tali ricordi presenti in questa
area cerebrale, detta per l’appunto emozionale, è di fondamentale
importanza poiché è intimamente connessa ai contenuti simbolici
denominati da Freud “Processi Primari”, ovvero nel tipo di pensiero proprio
della metafora, del racconto, del mito, dell’arte, e che risulta essere,
pertanto, di grande utilità nella terapia d’intervento con soggetti disabili. Per
mezzo di stimoli sonori è possibile evocare quella gamma di suoni latenti
nel patrimonio della ‘memoria primordiale’ insita a livello limbico in
ciascun individuo.
La storia personale di ogni essere umano è intimamente impregnata
della sua propria storia sonora. Lo sviluppo di questo processo personale
unito alla nostra storia musicale, come il processo di crescita individuale,
costituisce la base di un primo approccio psicoterapeutico che
identifichiamo con la Musicoterapia. Tenendo conto che l’individuo
possiede tre canali fondamentali di informazione (visuale, uditivo e
cinestesico) e sviluppa queste vie come mezzo per relazionarsi con gli altri,
la musicoterapia si serve delle metodiche più opportune per aiutare ogni
individuo a far uso del suono nella propria vita e nel proprio sistema di
comunicazione. Sebbene ancor oggi la musica come terapia d’intervento sia
una metodologia psicoterapeutica ancora giovane e in via di sviluppo, non è
6
possibile ignorare la valenza dei suoi effetti positivi e benefici a vantaggio
della salute di chi vi si sottopone.
L’efficacia della musicoterapia risiede nella sua grande potenzialità di
ricondurre ad un corretto equilibrio psicofisico l’essere umano. Essa
rappresenta un primo vincolo di relazione e un mezzo rapido per uscire
dall’isolamento tanto individuale che sociale. Non è un caso, quindi, se
numerosi deficit legati alla sfera psico-motoria, relazionale e linguisticofonatoria trovano nella musica un efficace supporto alle terapie d’intervento
medico-sanitarie, rappresentando un valido strumento per il miglioramento
globale delle funzioni del soggetto disabile. La presente indagine
epistemologica non ha la pretesa di esaurire un tema così vasto e complesso
che ancora attende esiti più probanti giungere dalle continue ricerche che
animano di ugual fervore tanto le scienze neurobiologiche quanto quelle
cognitive ed evoluzioniste, tuttavia, mi sia data occasione di lasciare aperto
questo tema con una riflessione che parafrasa un assioma teologico di
Tommaso d’Aquino che, certo dal suo punto di vista, aveva ben donde:
“Perché è degli uomini, come degli angeli caduti, attraverso lo spessore dei
loro corpo, affidare alla corporeità dei significanti la trasmissione dei loro
significati”.
Palermo, 6/VI/2007
Rosa Delisi.
1
Cfr. F. Gagliardi, L. M. Lorenzetti, Euritmia e musicoterapia, in: “Atti del seminario
teorico-pratico”, in: “Quaderni del teatro di Pisa”, n. 2, Pisa 1984, p. 10.
2
Si veda J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia, Einaudi,
Torino 2000.
3
C. Trevarthen, Empatia e biologia, Raffaello Cortina Editore, Milano 1998, pp. 134-5.
4
Cfr. J. Molino, Toward an evolutionary theory of music and language, in: “Musicae
Scientiae”, Special Issue 1999-2000, Rhythms, musical narrative and origins of human
communication, Liege, European Society for the Cognitive Sciences of Music, pp. 29-57.
5
Si veda G. M. Edelman, Sulla materia della mente, Adelphi, Milano 1999, pp. 129-212.
6
L. Brandi, Tra musica e linguaggio: alle origini della parola, in: “Quaderni del
Dipartimento di Linguistica”, Università di Firenze 13 (2003), p. 49. Cfr. S. Brown, The
‘Musilanguage’ model of music evolution, in: N. Wallin, B. Merker, S. Brown, The origin
of music, Cambridge, Mass., The MIT Press, pp. 271-300. Cfr B. Lindblom, Developmental
origins of adult phonology: the interplay between phonetic emergents and evolutionary
adaptations of sound, in: “Phonetica”, 57, pp. 297-314.
7
Si veda: R. O. Benenzon, Manuale di musicoterapia, Borla editore, Roma, 1984.
8
F. Gagliardi, L. M. Lorenzetti, Euritmia e musicoterapia, op. cit., p. 19.
9
Cfr. D. Goleman, Intelligenza emotiva, BUR, Milano 2005.
7