RAF FERRARI 4TET feat. GABRIELE MIRABASSI

Comunicato stampa
RAF FERRARI 4TET feat. GABRIELE MIRABASSI
VENERE E MARTE
DODICILUNE
Raf Ferrari - pianoforte, composizione e arrangiamenti
Vito Stano - violoncello
Guerino Rondolone - contrabbasso
Claudio Sbrolli - batteria
Gabriele Mirabassi - clarinetto
È in distribuzione “Venere e Marte”, il nuovo lavoro discografico del quartetto guidato dal pianista lucano Raf
Ferrari e composto dal violoncellista Vito Stano, dal contrabbassista Guerino Rondolone e dal batterista
Claudio Sbrolli, uscito per l’etichetta Dodicilune. Un concept album costruito attorno al dualismo
amore/guerra che mescola insieme le varie influenze di Ferrari, dal jazz alla musica classica, e che trova
naturale espressione nell’originale formula del piano trio con l’aggiunta della voce lirica del violoncello e dei
preziosi inserti del clarinetto di Gabriele Mirabassi.
Raf Ferrari 4tet è il manifesto poetico del pianista lucano Raffaele Ferrari, rivelatosi al pubblico con il disco
d’esordio “Pauper”, pubblicato nel 2009 sempre da Dodicilune. Quasi come fosse il secondo capitolo di una
probabile trilogia, anche il nuovo “Venere e Marte” si presenta come un concept album dalla struttura a
“scatola cinese”, fatto da piccole suite che citano mondi musicali apparentemente distanti, che vanno dal
jazz alla musica classica e contemporanea. “Venere e Marte” conferma inoltre il sodalizio artistico della
formazione con il clarinettista Gabriele Mirabassi, che collabora con il quartetto dal 2009, affiancandolo in
importanti concerti, come quello tenuto all’Auditorium Parco della Musica di Roma, e ora nella registrazione
di questo nuovo lavoro. L'idea che la musica possa essere un mezzo speciale ma al tempo stesso
immediato, senza mezzi termini, nell'esprimere se stessi, costituisce il motore pulsante per il pianista lucano
che interpreta i suoi brani come racconti dell'anima resi attraverso una sapiente fusione di melodia, ritmo e
improvvisazione. Il lirismo del pianoforte, il fascino del violoncello, l’apporto essenziale e prezioso del
clarinetto conducono l’ascoltatore in un viaggio nella follia dell’amore, nel conflitto rabbia/dolcezza, nella
contrapposizione quiete/tempesta, trascinandolo in continui e repentini cambi di tempo che sottolineano la
tensione e poi la stemperano con finali aperti, ironici, pieni di possibilità. Il concept è tutto racchiuso nelle
poche parole scelte come note di copertina del disco: “I veri amanti sono sempre dei veri combattenti”. È in
questo dualismo apparente che ruota il senso della narrazione musicale, sintesi di tutto ciò che Ferrari ha
voluto racchiudere in questo disco: racconti d’amore e guerra sapientemente nascosti nelle trame delle
composizioni originali.
Tracklist
1 - Hiroshima (Raf Ferrari)
2 - Bonjour Madame (Raf Ferrari)
3 - Il gioco di Van Lisa (Raf Ferrari)
4 - Lo Squalotopo (Raf Ferrari)
5 - Arabesque SRF (Raf Ferrari)
6 - Fou de Love (Angelo Branduardi)
7 - Capelli di Sagoma (Raf Ferrari)
8 - Il vuoto (Raf Ferrari)
Line Up
Raf Ferrari - pianoforte, composizione e arrangiamenti
Vito Stano - violoncello
Guerino Rondolone - contrabbasso
Claudio Sbrolli - batteria
Gabriele Mirabassi - clarinetto
Prodotto da Raf Ferrari e Gabriele Rampino per Dodicilune edizioni
Label Manager Maurizio Bizzochetti
Registrato nel gennaio 2011 da Raimondo Mosci e Silvio Piersanti al Riff Raff Jazz Studio di Trevignano
Romano
Mixato nel febbraio 2011 da Mustafa Cengic
Masterizzato nell’ottobre 2011 da Marin Mestrovic all’Amadeus Studio di Sarajevo
Foto: Stefania di Pietro
Dodicilune - Edizioni Discografiche & Musicali
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VENERE E MARTE
1 - Hiroshima (Raf Ferrari)
La track d’apertura è il manifesto dell’intero album. Hiroshima è l’emblema di quello che la follia umana può
concepire e provocare. Esiste, secondo il pianista, qualcosa in comune tra l’amore e la guerra, che si può
riassumere nell’assenza di lucidità, nell’impossibilità di controllare gli istinti distruttivi e che si può descrivere
come follia, appunto. Le macerie che vengono alla mente pensando a Hiroshima, sono usate dal pianista
come metafora di ciò che resta quando finisce un amore. Musicalmente il brano è diviso in due parti, con la
prima parte tematica esposta dal violoncello e la ritmica che interviene a sottolineare l’esplosione della
pazzia. L’improvvisazione rappresenta la parte più meditativa, che introduce a un finale più rassicurante,
pieno della speranza che anche dalla distruzione possa nascere qualcosa di buono.
2 - Bonjour Madame (Raf Ferrari)
L’immagine è quella di un villaggio africano, e di una coppia al risveglio. Le percussioni e il clarinetto fanno
da inno al sole che sorge, sorprendendo i movimenti degli amanti; il tema del violoncello sorregge con
dolcezza gli altri strumenti.
3 - Il gioco di Van Lisa (Raf Ferrari)
È la storia di una farfalla che strega e seduce col suo battito d’ali, ingannando l’innamorato sulla durata di
quell’amore. Ciò che si crede durevole è destinato a concludersi presto. È il brano più breve dell’album, e
anche quello più malinconico, suggerendo il senso di spaesamento e incredulità; perfettamente reso
dall’esecuzione in trio (piano, violoncello, clarinetto), senza alcun momento improvvisativo.
4 - Lo Squalotopo (Raf Ferrari)
Brano ironico e divertente, è ispirato a una storia accaduta al quartetto nel corso della registrazione del
primo disco. Nella dependance attigua allo studio di registrazione sul Lago di Bracciano, dove alloggiano i
musicisti, si sparge la voce che per le stanze si aggira un topo. Barricati in una sola stanza, a contendersi il
telecomando, la scelta cade sul celebre film di Spielberg, Lo squalo. Il tema del film scritto da John Williams
è qui citato con originalità, e nel suo fondersi con quello composto da Ferrari dà il titolo al brano.
5 - Arabesque SRF (Raf Ferrari)
In questo brano Ferrari omaggia uno dei compositori più importanti per la sua formazione, Debussy, con un
personale riarrangiamento dell’Arabesque n 1.
6 - Fou de Love (Angelo Branduardi)
Questo brano (unica cover del disco) è stato portato al successo da Angelo Branduardi. Il titolo vuol dire
“pazzo d’amore” e il testo, scritto da Pasquale Panella, metteva insieme le più disparate lingue del mondo
(inglese, spagnolo, francese, provenzale, napoletano, italiano antico), come a voler rappresentare la pazzia
dell’innamorato non corrisposto che mette insieme vari idiomi per esprimere un concetto universale come
l’amore.
7 - Capelli di Sagoma (Raf Ferrari)
Un altro tema lirico che narra di quel momento in cui gli amanti smettono di guardarsi; quello che si coglie
dell’altro non è che la sua sagoma, una forma vuota, che sembra non contenere più nulla di quello che si era
amato, un tempo. Anche questa volta il brano è strutturato come una minisuite; una moderna marcia
funebre, in apertura, e una soluzione più aperta e ariosa nel finale.
8 - Il vuoto (Raf Ferrari)
Bonus track dell’album, anch’essa concepita come una mini suite. Rappresenta la parabola della vita di un
essere umano.
BIOGRAFIE
Raf Ferrari 4et
La formazione nasce dall'idea del pianista e compositore lucano Raffaele Ferrari che dopo un lungo
sodalizio artistico con Vito Stano (violoncello) decide di estendere il progetto alla forma quartetto iniziando a
collaborare stabilmente col contrabbassista Guerino Rondolone e il batterista Claudio Sbrolli. Il quartetto
comincia la propria attività concertistica nell'agosto del 2005 sul palco di Villa Celimontana Jazz in occasione
del Premio Palazzo Valentini (2° classificato), proseguendo poi la serie di concerti nei jazz club della capitale
(Be Bop, Dune Club, Ventotto de Vino, Lord Lichfield, Beba do Samba), ancora a Villa Celimontana 2006 per
la rassegna Giovani in Porgress, e poi al Terni Jazz Festival, alla Waltex Jazz Competition di Perugia, e in
quintetto - con la partecipazione del sassofonista e direttore della PMJO Maurizio Giammarco - alla
rassegna Roma Giovane Jazz presso il Teatro della Filarmonica. Partecipano al festival di jazz
contemporaneo (agosto 2008) Roma Jazz' School tenutosi presso la Casa del Jazz come uno dei gruppi
rivelazione dell'anno. Nel dicembre 2008 esce il primo lavoro discografico "Pauper" per l’etichetta Dodicilune.
Dopo una serie di concerti promozionali in tutta Italia il quartetto approda all'Auditorium Parco della Musica
di Roma dove si esibisce insieme al clarinettista Gabriele Mirabassi. Nel 2011 il quartetto entra nuovamente
in studio per incidere il secondo lavoro discografico “Venere e Marte”, uscito a febbraio 2012 e seguito da un
nuovo tour in tutta Italia.
Raffaele Ferrari
Nato a Laurenzana (Pz) nel 1976, si diploma col massimo dei voti in musica jazz presso il conservatorio “L.
Refice” di Frosinone e si laurea in Musicologia presso l’Università degli Studi di Bologna discutendo una tesi
sull’estetica musicale di Keith Jarrett. Vincitore di premi musicali tra cui quello di composizione nell’ambito
del 2° Concorso Pianistico Nazionale Città di Marsiconuovo (PZ). Ha suonato e collaborato con musicisti del
panorama nazionale e internazionale come Ian Paice (batterista dei Deep Purple), Janny Bae, Maurizio
Giammarco, Gabriele Mirabassi, Fabrizio Bosso. Insegna pianoforte presso numerose scuole di musica nella
città di Roma.
Vito Stano
Diplomato in violoncello, si specializza in musica da camera e musica barocca. Ha collaborato con
l’orchestra Magna Grecia, l’orchestra Arts Academy di Roma, l’orchestra del Teatro di Salerno. Ha suonato
con personaggi di spicco della scena musicale come Luis Bacalov, Felix Ayo, Bruno Tommaso, Gabriele
Mirabassi, Lucio Dalla. È titolare della cattedra di violoncello presso la scuola media statale a indirizzo
musicale “L. La Vista” di Potenza.
Guerino Rondolone
Ha studiato basso elettrico preso Il Saint Louis College of Music di Roma e contrabbasso presso il
conservatorio “L. Refice” di Frosinone. Contrabbassista e bassista eclettico lavora nei diversi ambiti della
scena musicale italiana, collaborando con personaggi noti quali Rocco Papaleo, Sundy Muller, Elisa Rossi.
Ha suonato tra l’altro con Jaques Morelenbaum, Marcelo Costa, Maurizio Giammarco, Gabriele Mirabassi.
Insegna presso l’Accademia Romana di Musica.
Claudio Sbrolli
Ha studiato batteria presso il Saint Louis College of Music di Roma. Vincitore di una borsa di studio come
miglior batterista presso i seminari di Nuoro Jazz si specializza successivamente presso i seminari estivi di
Siena Jazz. Batterista sensibile e poliedrico, ha collaborato e collabora con importanti musicisti della scena
jazz italiana come Eugenio Colombo, Maurizio Giammarco, Gabriele Mirabassi, Marco Siniscalco e il
collettivo di liberi improvvisatori Franco Ferguson. Sempre con l’orchestra Franco Ferguson ha suonato e
inciso col sassofonista e compositore John Tchicai. Insegna presso l’Accademia Musicale Europea.
INTERVISTA
Raf Ferrari
Partiamo dal titolo. Nella mitologia, Venere e Marte, sono amanti e nemici al tempo stesso. Che cosa
ti ha spinto a occuparti di questo dualismo?
In realtà non ho mai deciso di occuparmi di questo bel dilemma; semplicemente mi sono ritrovato a viverlo,
come credo tutti almeno una volta nella vita. La cosa strana sta nel fatto che è come se questi due pianeti si
fossero posizionati su di me volutamente, e in modo ripetuto, in un periodo relativamente breve che è
coinciso con la gestazione di questo nuovo disco, tanto da influenzarne il percorso creativo.
L’opposizione tra amore e guerra, oltre a generare conflitto, determina anche equilibrio e armonia.
Quali espedienti compositivi hai usato per rendere questi elementi?
La musica in genere credo possa esprimersi in grandi momenti di tensione e distensione, questo anche sotto
un profilo strettamente armonico, per cui mi è risultato abbastanza naturale farlo. In alcuni casi questi aspetti
sono evidenti a livello di strutturazione dei brani. Per me la forma, intesa come struttura, ha sempre avuto
un’ importanza rilevante per poter mettere insieme aspetti espressivi apparentemente contrastanti.
Le atmosfere malinconiche del disco sono quasi sempre stemperate da una vena ironica che
minimizza il tormento duale amore/follia; cionondimeno, questo aspetto è sempre presente, come se
non riuscissi a concepire l’uno senza l’altra. È così?
Non credo sia così in assoluto, ma certamente lo è stato per questo disco, che essendo un concept album
ha cercato di sviscerare il tema dell’amore e della follia attraverso vari approcci compositivi. È senz’altro
vero, comunque, che nella quasi totalità dei brani la tensione iniziale viene sempre alleggerita dal finale,
come a voler suggerire un’apertura, una possibilità, un lieto fine.
Che rapporto ti lega ai musicisti con cui hai diviso questo progetto e qual è stato il loro apporto a
questo disco?
L’amicizia che mi lega a Vito, Claudio e Guerino ha reso tutto più semplice. Credo di poter affermare che in
questi anni vissuti a Roma ho visto pochi progetti musicali così affiatati, sotto tutti i punti di vista. Le affinità
musicali fra noi quattro sono notevoli, siamo partiti assieme come un vero gruppo underground. La voce del
violoncello è probabilmente quello che ci contraddistingue dalla scena, e per me è stato un mezzo
importante per trovare la mia vena compositiva. L’apporto del clarinetto, poi, calza a pennello per contornare
i temi, farne di nuovi, dare quel pizzico di ironia in più, creare un amalgama sonoro che ha anche una sua
tradizione storica. Quando poi il clarinetto lo suona uno come Mirabassi è un valore aggiunto e una marcia in
più.
In questo disco, come già nel precedente “Pauper”, è presente un equilibrato connubio tra il jazz e la
classica; le strutture dei brani sono tutte assai varie, e racchiudono influenze che vanno dalla grande
tradizione pianistica americana a Debussy. Quali sono stati i tuoi riferimenti più importanti, e come
sei riuscito a sintetizzarli?
I miei riferimenti sono stati i grandi compositori come Debussy, Mozart, Bach. A livello strettamente
pianistico Chopin, lo stesso Mozart, Jarrett. Non so se sono riuscito a sintetizzarli, non credo si possa farlo.
Ho solo imparato a parlare musicalmente ascoltando quello che loro hanno detto. Se dovessi citare dei
dischi o delle opere probabilmente direi che ascoltare un concerto in piano solo di Jarrett è come
attraversare un po’ la storia della musica e del pianismo. Poi ci sono Bud Powell e Monk che sono sempre
oggetto di un ascolto attento e curioso da parte mia. Un altro dei musicisti che trovo formidabili dal punto di
vista tecnico e dell'organizzazione mentale sul pianoforte è senz'altro Brad Meldhau. Accanto a tutto questo
c’è poi il mio grande amore per il progressive rock, che è stato determinante per la mia formazione.
Nella tua biografia si legge che argomento della tua testi di laurea in Musicologia è stata l’estetica
musicale di Keith Jarrett. Qual è stato l’apporto della musica di Jarrett nella tua formazione?
Jarrett è stata una delle scoperte più importanti della mia vita. Ha influenzato concretamente molte mie
giornate di studio. L’affinità che ho trovato soprattutto nella sua poetica è stata forte, quasi rischiosa. È
sempre un rischio per musicisti “umani” come me, conoscere musicisti che hanno qualcosa di “sovraumano”
come Jarrett.
Tu sei lucano, ma da molti anni vivi e lavori nella capitale. Che cosa ti ha spinto a scegliere Roma
come città nella quale stabilirti, e quali possibilità ti ha offerto?
Direi che sono fieramente lucano, forse anche troppo. Non sarei mai andato via dalla mia terra se non avessi
fatto questa scelta di fare il musicista. Se un giorno avrò l’occasione e i mezzi per fare il musicista anche in
periferia tornerò al mio paesello. Questo, naturalmente, senza nulla togliere all’altissimo livello musicale che
gravita attorno alla capitale, a cui guardo con grande rispetto e curiosità, e che in questi anni mi ha aiutato
molto a sviluppare la mia musica.
Nel tuo curriculum si notano le esperienze più disparate, che vanno da quelle in teatro alle
collaborazioni con una band ska e con Ian Paice, batterista dei Deep Purple. Come sei riuscito a
conciliare tante differenti sollecitazioni?
Il mio percorso musicale è stato naturale. Ho cominciato a suonare a orecchio e ho fatto tutte l’esperienze
che fa un ragazzino passando nei vari gruppi, suonando vari generi davvero molto differenti tra loro. Mi sono
diplomato che ero già grande, e tra l’altro in musica jazz e non in pianoforte classico sebbene chi mi ascolta
crede che abbia fatto anche quel percorso. Ho sempre agito scegliendo ciò che mi piaceva.
Quali sono i progetti ai quali stai lavorando? “Venere e Marte” segue idealmente “Pauper”, come
secondo capitolo di un’ideale trilogia. Stai già pensando al seguito?
Sì, l’idea è fare un disco che abbia come titolo “Quattro”, contenente quattro suite in quattro parti. Una di
queste è già pronta, s’intitola Le stagioni e la suoneremo già nei prossimi concerti. Le altre tre sono una
sorpresa, soprattutto per miei tre compagni di viaggio.