john gabriel borkman

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Associazione Teatrale Pistoiese
Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
SPETTACOLI IN ABBONAMENTO
da venerdì 12 a domenica 14 ottobre
Artisti Riuniti/ Teatro Eliseo
JOHN GABRIEL BORKMAN
di Henrik Ibsen
nuova traduzione Claudio Magris
con Massimo Popolizio, Lucrezia Lante Della Rovere,
Manuela Mandracchia, Mauro Avogadro
e con Alex Cendron, Ilaria Genatiempo, Camilla Diana
regia Piero Maccarinelli
ANTEPRIMA NAZIONALE
ESCLUSIVA PER LA TOSCANA
Un Borkman riletto, diretto e interpretato in maniera fortemente contemporanea.
Un Borkman generazionale per comunicare inusuali punti di vista al testo di Ibsen.
La nuova traduzione di Claudio Magris consente di leggere il significato dell‟esistenza di Ibsen
attraverso una nostalgia non remota e non inappagabile.
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Grandi ambizioni muovono il protagonista di questo testo di Ibsen.
Come nelle sue ultime opere, il centro di interesse di Ibsen è la creazione di un percorso di vita: grandi
uomini con grandi progetti che si scontrano con il senso ultimo del loro operare, rispetto a sé e rispetto alla
vita. Borkman, nel suo percorso di creazione, ha avuto un lungo stop, poiché è stato condannato ad otto
anni di prigione. Brillante banchiere incorso in un fallimento finanziario di grandi dimensioni, da genio della
finanza si ritrova ad essere un fallito. Toccato dal disonore, dissolta la stima degli altri nei suoi confronti, non
sembra però disposto a considerarsi un vinto e continua a non avere dubbi sul valore demiurgico di quella
che lui considera la sua missione. Si sente un creatore finanziario, quasi un artista della finanza, per la
potenza visionaria del suo intendere.
Con lui, il suo solo amico, Foldal, un suo ex collaboratore, autore di un testo mai pubblicato, creatore quindi
a sua volta di qualcosa che non vedrà mai completamente la luce.
La depressione collegata alla creazione sembra affacciarsi fra le pagine del testo, che incrocia la vicenda del
finanziere a quello delle due sorelle Rentheim – la moglie e la ex amante consumata dalla malattia. Due
sorelle che hanno avuto lo stesso uomo, John Gabriel, senza tuttavia averlo mai completamente posseduto.
Ecco un altro confronto a tutto campo: la vita. Il confronto è sulla vita, chi dà la vita e chi la rende appetibile,
piena, degna di essere vissuta; e chi invece non ha potuto avere la gioia di dare la vita.
E poi l‟altra generazione, i figli ventenni con molte meno speranze creative, consci della limitatezza del loro
agire nel mondo. Si crea, ma non per l‟eternità. Si deve soprattutto bruciare la vita, aggredirla a morsi e
viverla non nell‟attesa del compimento di un progetto, ma nella certezza della sua violenza e brevità.
Gli ideali grandi di Borkman e delle sorelle Rentheim non valgono né per Frida Foldal, né per il giovane
Borkman. Un‟analisi lucida, filosofica e poetica, ma anche concretamente feroce e tragicomica del destino
che fa di ognuno un Prevaricatore, un umiliato e offeso, che fa di ogni affermazione vitale anche un gesto di
violenza.
Credo che tutto questo sia un materiale violentemente contemporaneo, con un plusvalore, se ad
interpretare questo grande testo è una generazione di attori che ha potuto sfiorare le utopie da un
lato e che ne ha visto la devastazione dall‟altro.
Un Borkman della mia generazione dunque, dove l‟attrazione erotica, l‟eros ed il thanatos siano
generazionalmente percorribili. Un Borkman per provare a comunicare ai nostri contemporanei le
geniali parole di Ibsen, in un‟ambientazione volutamente essenziale e storicamente più vicina a noi.
Piero Maccarinelli
Associazione Teatrale Pistoiese
Corso Gramsci 127 51100 Pistoia - Tel. 0573 99161 – fax 0573 991640
Biglietteria: 0573 991609/27112 – Ufficio Stampa 0573 991608 www.teatridipistoia.it
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Associazione Teatrale Pistoiese
Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
da venerdì 2 a domenica 4 novembre
Associazione TeatralePistoiese/Artè Teatro Stabile d’Innovazione
in collaborazione con La Versiliana Festival
EVA CONTRO EVA
di Mary Orr
versione italiana di Maurizio Panici e Marzia G. Lea Pacella
con Pamela Villoresi, Romina Mondello, Luigi Diberti
e con Massimiliano Franciosa
e Maurizio Panici, Silvia Budri Da Maren, Giulia Weber
regia Maurizio Panici
scene Giorgio Gori costumi Lucia Mariani musiche Stefano Saletti luci Emiliano Pona
Torna in scena, in una nuova edizione, un titolo cult del „cinema sul teatro‟, un film celeberrimo con Bette
Davis e Anne Baxter nei ruoli delle protagoniste femminili e George Sanders in quello maschile, che alla sua
uscita nel 1950 ottenne 14 nomination agli Oscar, vincendone ben sei, tra cui quello a Mankiewicz per la
miglior regia.
Commedia di grande qualità e intelligenza, ma allo stesso tempo racconto raffinato e acuto sul
mondo del teatro e sui rapporti interni tra i suoi personaggi.
Lo spettacolo debutta il prossimo 7 agosto in prima nazionale alla XXXIII edizione de La Versiliana, quale
ulteriore tappa del progetto produttivo in atto da alcuni anni tra Associazione Teatrale Pistoiese ed Artè
Teatro Stabile d‟Innovazione, che ha dato vita a spettacoli di grande successo, tra i quali Marlene di
Giuseppe Manfridi, Appuntamento a Londra del Nobel Mario Vargas Llosa e Medea di Euripide. Protagonista
dello spettacolo, diretto da Maurizio Panici, l‟inedita, intrigante coppia composta da Pamela Villoresi, nel
ruolo della „diva‟ Margot Channing e Romina Mondello, in quello di Eva Harrington (la giovane decisa a farsi
strada ad ogni costo nel mondo dello spettacolo), assieme a Luigi Diberti (Addison DeWitt) e Massimiliano
Franciosa (Bill Sampson).
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Il mondo del teatro come rappresentazione del mondo.
Una piccola e agguerrita comunità che è specchio della società, con le sue piccolezze, le sue ossessioni, il
desiderio di arrivare a conquistare una posizione sociale riconosciuta e rispettata. Classi sociali diverse, che
si riflettono, si evitano e si scontrano.
Ma soprattutto esseri umani in lotta per una posizione dominante nella società.
Quanto di più attuale, oggi, potrebbe essere oggetto di scrittura se non questo acido e caustico
affresco di uomini e donne che si affannano disperatamente alla ricerca di in attimo di celebrità: così
Eva vs Eva si offre come sintesi di un quadro così a noi vicino, dove l'apparire è massima
aspirazione per sentirsi „vivi‟, per poter esistere.
Alla fine di questa estenuante battaglia, Margo Channing capirà che la vita vale la pena di essere vissuta e
cederà volentieri il passo alla nuova arrivata, già minacciata a sua volta dall'arrivo della prossima Eva. Così,
in una realtà dove sempre più velocemente si consumano fragili miti, la decisione della protagonista Margo,
si fa scelta consapevole e controcorrente rispetto alla vacuità con cui le nuove arrivate si affacciano
sorridenti sulla scena del mondo.
In un momento storico dove tutti si specchiano negli occhi di chi guarda, sottrarsi alla scena,
scomparire, diviene atto consapevole e profondo, rispettoso del sé.
Maurizio Panici
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Associazione Teatrale Pistoiese
Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
da venerdì 16 a domenica 18 novembre
Nuovo Teatro/Teatro Stabile dell’Umbria
FURIOSO ORLANDO
BALLATA IN ARIOSTESCHE RIME
PER UN CAVALIER NARRANTE
adattamento teatrale di Marco Baliani
liberamente tratto dall‟Orlando Furioso di Ludovico Ariosto
con Stefano Accorsi
e con Nina Savary
regia Marco Baliani
scene Bruno Buonincontri costumi Alessandro Lai disegno luci Luca Barbati
Dal rocambolesco proliferare di avventure e personaggi che anima la gran giostra dell‟Orlando Furioso di
Ludovico Ariosto, ho scelto di seguire una sola traccia, quella che permette all‟intero poema, fin dall‟inizio
appunto, di dispiegarsi e vivere le orme che Angelica lascia sul terreno, quella è la traccia da seguire. È
come se da subito ci fosse un suono che accompagna tutte le storie, un galoppare di cavalli in corsa, in lotta,
in inseguimento, in volo.
Tra i tanti spasimanti inseguitori, ce n‟è uno, Orlando, che va precipitando di canto in canto dentro
una modernissima patologia, di cui Ariosto è ironicamente consapevole, la fantasmagoria dell‟amore
non ricambiato. Il titolo stesso dello spettacolo rovescia l‟originale dell‟Ariosto e mette al primo
posto la furia dell‟amore non corrisposto.
Orlando crede che per il solo fatto che è lui ad amare Angelica, lei debba essere sua, da sempre e per
sempre, e non sopporterà che possa essere di un altro, specie poi quando scoprirà che l‟altro non è
nemmeno un prode cavaliere del suo rango ma un semplice soldato di fanteria.
Allora scatta la furia e la pazzia, la stessa che riempie le nostre quotidiane cronache, con donne che
finiscono la loro vita per mano di uomini che dicono di amarle perdutamente.
Ma qui gli inseguimenti e la gelosia e poi ancora la pazzia e la furia vengono risolti con la leggerezza della
rima, del gioco sonoro di citazioni e assonanze, con la soavità del volo, perché le storie servono sì a parlare
del mondo ma anche a renderlo meno terribile.
Ecco dunque che i duellanti del nostro spettacolo non saranno i tanti paladini e cavalieri sempre
attratti da sfide e tenzoni e furti di cavalli e di armerie altrui, ma saranno loro due, Angelica e
Orlando, oppure, a volte, con un‟altra declinazione dello stesso tema, Ruggiero e Bradamante, uomo
e donna insomma, loro si sfidano a singolar tenzone per mostrare i conflitti, le gioie, i dolori, i
patimenti che colpiscono come colpi di spada e di lancia, i cuori di chi ama, di chi crede di amare o
di essere amato. Nella nostra giostra anche le ottave dell‟Ariosto sono state girovoltate, e altre ne
sono nate, cercando di rendere più orale possibile l‟impianto letterario, senza perderne la
costruzione.
Monologando, narrando, melologando, digressionando, le rime ottave del grande poeta risuonano in
sempre nuove sorprese, in voci all‟ascolto inaspettate, in suoni all‟orecchio stupiti…
Stefano Accorsi è al contempo molti volti e cuori e multiformi voci e diversificati corpi, ed è il cambio di
registro interpretativo o vocale o ritmico a restituire il gioco ariostesco, i cambi improvvisi di narrato, le
sospensioni, gli appuntamenti posticipati a riprendere il filo e il fiato, i flash back, i corto circuiti.
A contrastarlo nel dire e a contrastarlo nell‟essere uomo spasimante in perpetua corsa c‟è la presenza di
Nina Savary, che lo interpella, gli pone questioni, ne commenta le parole, a volte musicando un tema, a volte
cantando, o suonando le sonorità sparse che occupano la scena…
Marco Baliani
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Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
da venerdì 14 a domenica 16 dicembre
L’isola trovata
Francesco Bellomo presenta
COSÌ È (SE VI PARE)
di Luigi Pirandello
con Giuliana Lojodice, Pino Micol, Luciano Virgilio
e con Alessio Di Clemente, Manuela Muni, Erika D‟Ambrosio, Vittorio Ciorcalo,
Marta Nuti, Franco Mirabella, Paola Sambo, Marco Trebian, Fabio Angeloni
regia Michele Placido
scene Carmelo Giammello costumi Sabrina Chiocchio
musiche Davide Cavuti, Luca D‟Alberto
L‟incontro
Il mio primo incontro con Pirandello fu la novella La Carriola, grazie a Leonardo Sciascia. Infatti gli chiesi
consiglio per il film Mary per sempre di cui avevo acquisito i diritti.
Io parlavo, parlavo… Sciascia fumava, fumava… e mi guardava: non mi disse nulla sul film, però mi regalò
alcune novelle di Pirandello, suggerendomi di leggere in particolare La Carriola.
La novella narra la storia di un uomo molto stimato e preso dal suo lavoro che un giorno davanti al portone di
casa vede se stesso, la sua vita, ma per non riconoscersi e per non riconoscere come sua la vita che aveva
vissuto fino ad allora. Insomma anche lui incontra il suo fantasma. Ho recitato questa novella almeno 800900 volte. Quando il produttore Bellomo mi propose la regia del testo Così è (se vi pare) ho pensato a
Sciascia, a quella mattina palermitana a casa sua in cui leggendo la sceneggiatura di Mary per sempre
entravo nel mondo Pirandelliano.
A proposito di cannoli e dialetti
Una sera a Trento, festeggiando il successo di Così è (se vi pare), a cena Luciano Virgilio molto
affettuosamente mi sottolineò la battuta con cui inizia lo spettacolo, il cameriere di casa Agazzi dice alla
padrona che “i cannoli sono finiti”. Nel testo originale ovviamente la battuta non c‟è.
Ed io sempre affettuosamente spiegai che come meridionale, ma soprattutto come lettore affezionato delle
varie biografie su Pirandello, avevo bisogno di quel “cannolo” per introdurmi in una casa agrigentina anni „60,
forse proprio come l‟avrebbe immaginata Pirandello.
Una casa borghese in cui agiscono quei personaggi di cui egli stesso mise a nudo ipocrisie e perbenismi,
con quell‟umorismo a lui assai caro, per far risaltare il grottesco di quei caratteri (…)
Nello specchio
Quando incontrai Carmelo Giammello, lo scenografo, gli suggerii: ”Caro Carmelo, rompi lo specchio del
salotto di casa Agazzi e vediamo cosa succede!” Il risultato è che non solo Laudisi attraverso il suo
monologo, ma tutti i personaggi della commedia, vedranno il loro doppio rivelarsi nei frammenti di quello
specchio. Ecco che in questa scenografia i personaggi appaiono e scompaiono senza avere la necessità
delle tradizionali entrate ed uscite.
A proposito della Signora Ponza
ATTO III “ma badate bene, signori miei che una donna qualunque lassù, non ci può essere, non c‟è. Io
almeno dubito adesso che ci sia”. Conversando con Giuliana Lojodice e Pino Micol ci siamo chiesti: “chi è la
donna particolare di cui parla Laudisi?”. Ho accennato l‟idea, anzi il tarlo, che sia la signora Frola quanto il
signor Ponza nascondano nella loro follia, prima a se stessi e poi agli altri, il fantasma di una relazione
padre-figlia. Pirandello insinua nell‟animo di tutti, spettatori compresi, una storia torbida tra il signor Ponza e
la signora Frola. In definitiva qualunque siano i fatti e qualunque sia la verità, ho chiesto ai due attori di
ricordare nella loro interpretazione questo sottotesto incestuoso che sarà presente qualche anno dopo nei
Sei Personaggi.
Michele Placido
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Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
da venerdì 11 a domenica 13 gennaio
Teatro Stabile dell’Umbria/Elledieffe
La compagnia di Teatro di Luca De Filippo
LA GRANDE MAGIA
di Eduardo De Filippo
con Luca De Filippo, Massimo De Matteo, Nicola Di Pinto, Carolina Rosi
e con (in o.a.) Giovanni Allocca, Carmen Annibale, Gianni Cannavacciuolo,
Alessandra D‟Ambrosio, Antonio D‟Avino, Paola Fulciniti,
Lydia Giordano, Daniele Marino, Giulia Pica
regia Luca De Filippo
Continuando il lavoro di approfondimento sulla drammaturgia di Eduardo del primo dopoguerra, la
Compagnia di Teatro di Luca De Filippo propone La Grande Magia, commedia tra le meno rappresentate del
grande drammaturgo napoletano, messa in scena solo dalla stesso Eduardo con la sua compagnia e poi da
Giorgio Strehler con il Piccolo Teatro di Milano dal 1985 in poi.
A chi gli chiedeva cosa aveva voluto dire con La Grande Magia, Eduardo rispondeva che aveva voluto
significare che “la vita è un gioco, e questo gioco ha bisogno di essere sorretto dall‟illusione, la quale
a sua volta deve essere alimentata dalla fede…. Ogni destino è legato ad altri destini in un gran gioco
eterno del quale non ci è dato scorgere se non particolari irrilevanti” (“Il Dramma”, marzo 1950).
Il tema sostanziale de La Grande Magia è il rapporto tra realtà, vita e illusione: il Professor
Otto Marvuglia fa „sparire‟ durante uno spettacolo di magia la moglie di Calogero Di Spelta per consentirle
di fuggire con l‟amante, e fa poi credere al marito che potrà ritrovarla solo se aprirà con totale fiducia nella
fedeltà di lei la scatola in cui sostiene sia rinchiusa. Alla fine la donna ritorna pentita, ma il marito si
rifiuta di riconoscerla, preferendo restare ancorato all‟illusione di una moglie fedele custodita nella
inseparabile scatola. Ove si consideri il periodo di scrittura e prima messa in scena del testo, tra il 1947 e il
1950, va rilevata la sua modalità coraggiosamente sperimentale, con numerosissimi riferimenti metateatrali:
Eduardo parla in modo preciso del rapporto tra il mondo del teatro e quello degli spettatori, e
dei confini, invisibili ma invalicabili, tra queste due realtà complementari. Ma parla forse anche
della crisi di un autore che aveva creduto di trovare la propria funzione negli anni difficili ma pieni
di speranza e di entusiasmo del primo dopoguerra e si accorge che il mondo – cieco e
sordo – preferisce non guardare in faccia la realtà: in particolare il teatro è considerato un‟arte
accessoria, non uno strumento di allerta ma solo un tranquillizzante gioco di illusione…
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Le ragioni per le quali si sceglie una commedia sono sempre molteplici ed è difficile trovare a tutte una
spiegazione. La Grande Magia nasce in un contesto storico affine a quello di Napoli milionaria!, Filumena
Marturano e Le voci di dentro; tuttavia trovo che questa commedia, rispetto alle altre che ho messo in scena
sino ad ora, abbia uno sviluppo differente e del tutto originale (…). Se negli altri tre testi che ho citato,
Eduardo aveva riflettuto sulla società, con i limiti, le ipocrisie, i condizionamenti che imponeva
all‟individuo, nella Magia lascia spazio all‟introspezione e all‟amara disillusione sulla possibilità di assistere,
in Italia, ad un reale cambiamento. La speranza di un‟inversione di tendenza è venuta meno: all‟individuo
non resta che cullarsi nell‟illusione che tutto vada bene. Una scelta valida, utile a sopravvivere, ma perdente,
nel privato, come nel pubblico. È un Eduardo cinico e disincantato quello che scrive La Grande Magia.
Ci consegna l‟immagine di un‟Italia immobile, prigioniera di circostanze immutabili, un Paese che si
lascia scivolare in un insensato autoinganno…
Luca De Filippo
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Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
da venerdì 25 a domenica 27 gennaio
Teatro Stabile del Veneto
WORDSTAR(S)
di Vitaliano Trevisan
con Ugo Pagliai, Paola Di Meglio, Alessandro Albertin
e con Paola Gassman
regia Giuseppe Marini
scene Antonio Panzuto costumi Gianluca Falaschi
musiche Marco Podda luci Pasquale Mari
Sebbene poco incoraggiata, quando non decisamente maltrattata, la nostra drammaturgia
contemporanea mostra, malgrado tutto, importanti segnali di vitalità da cui si stagliano delle punte
avanzate di cui vale la pena occuparsi. Wordstar(s) di Vitaliano Trevisan è, lo affermo subito e con
imprudente faziosità, un testo importante, a suo modo, un classico. In primo luogo per la sua qualità
meta-testuale e metadrammatrica, capace di fare del medium usato il proprio tema e la propria
narrazione. Il linguaggio e la scrittura diventano, in modo autoriflessivo, materiale del racconto, la forma
stessa diventa sostanza narrativa. Ulteriore motivo di originalità e fascinazione, è scritto senza
punteggiatura e con gli „a capo‟ tipici delle strutture versali e funzionali alla proposta di una lingua artificiale,
ricreata in provetta, che aspira a farsi distillato purissimo, partitura. A ribadire la centralità tematica della
scrittura, insieme al titolo (WORD oltre al suo significato in inglese – parola– è anche, nel linguaggio del
computer, un programma di scrittura) lavora un sottotitolo, altrettanto suggestivo:
ritratto di scrittore come uomo vecchio
Ma è la scelta dello scrittore a chiudere coerentemente il cerchio di questa profonda meditazione sulla
scrittura.
E quale altro scrittore se non Samuel Beckett, che ha dedicato (sacrificato) l‟intera esistenza alla sua
irriducibile ossessione per il linguaggio e che ha spinto la letteratura e il teatro al limite delle loro
(im)possibilità espressive, portandole al collasso per usura. Lo scrittore che, partendo dal presupposto che
l‟immaginazione è morta e la vena creativa esaurita, corteggia l‟idea della fine della letteratura e della
parola che si stempera nel silenzio da cui trae rigine e a cui vuol fare ritorno. Lo scrittore più fedele all‟idea
dell‟arte come fallimento inevitabile (“essere artista è fallire – scriveva – così come nessun altro ha il
coraggio di fallire” o ancora “nessuna capacità di esprimere… insieme all’obbligo di esprimere”).
Tenendosi al riparo dalla cronistoria o dalla biografia teatralizzata, Wordstar(s) narra (con libertà
immaginativa che ha consentito possibili e pertinenti pennellate bernhardiane nella composizione
del ritratto) gli ultimi giorni – o forse ore – di vita del grande scrittore, colto nella sua quotidianità
comicamente scandalosa. La vertigine del pensiero e il tormento creativo dell‟artista si coniugano con la
tragicomica goffaggine dell‟uomo, letteralmente in mutande, e di un corpo, cervello compreso, che va in
malora e che impedisce le più elementari attività quotidiane, come tagliarsi le unghie dei piedi.
Al flusso monologante del protagonista fanno da contrappunto le due figure femminili di Suzanne e Billie – la
moglie e l‟amante – che nel loro chiacchiericcio post mortem, logorroico e delirante, sembrano proprio (e
così le ho trattate registicamente) due creature beckettiane nel loro teatrino purgatoriale… così da avere
sullo stesso palcoscenico lo scrittore e il suo teatro in un alternante doppio registro con cui, a mio avviso,
respira il testo-spettacolo.
E grazie a Ugo Pagliai che ha immediatamente creduto nel progetto abbracciandolo col coraggio e la
spericolatezza del grande artista della scena… anche se abbiamo immediatamente escluso di
lavorare in maniera mimetica alla costruzione di questo ritratto, fare Beckett non era uno scherzo…
guardatelo e ascoltatelo: una meraviglia.
Giuseppe Marini
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Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
da venerdì 1 a domenica 3 febbraio
Compagnia della Rancia
RAIN MAN
adattamento per il teatro di Dan Gordon tratto dal film della MGM
basato sulla sceneggiatura di Ronald Bass - Barry Morrow
prodotto su licenza speciale di MGM on Stage, Darcie Denkert e Dean Stolber
traduzione e adattamento Michele Renzullo - Saverio Marconi
con Luca Lazzareschi, Luca Bastianello
e con Valeria Monetti
e GianPaolo Valentini, Irene Valota
e con Beppe Chierici
regia Saverio Marconi
regia associata Gabriella Eleonori
scene Gabriele Moreschi costumi Carla Accoramboni disegno luci Valerio Tiberi
La Compagnia della Rancia, ai musical di successo, affianca la prosa, con l‟adattamento teatrale di Rain
Man, celebre film del 1988 con Tom Cruise e Dustin Hoffman, che all‟epoca commosse il mondo intero.
Vincitore di 4 premi Oscar (miglior attore protagonista, miglior regia, miglior scenografia e miglior fotografia)
e diretto al cinema da Barry Levinson, Rain Man ha debuttato nella versione teatrale il 19 settembre 2008
all‟Apollo Theatre di Londra, con un adattamento curato da Dan Gordon; la versione italiana è diretta da
Saverio Marconi, con la regia associata di Gabriela Eleonori.
Questo progetto teatrale vuol essere, per la Compagnia della Rancia, anche uno strumento di
sensibilizzazione e informazione sul tema dell‟autismo: “Conoscevo attraverso il film la storia toccante di
Raymond, ma solo grazie alla preziosa collaborazione scientifica con l’Associazione Autismo Italia e al
lavoro sul personaggio ho potuto scoprire questo universo. – dice il regista Saverio Marconi – Sono rimasto
profondamente colpito dalle statistiche che indicano 2 soggetti colpiti da autismo su 1000 e mi auguro che lo
spettacolo possa puntare l’attenzione sull’unicità e la complessità nelle relazioni con le persone autistiche,
non solo durante l’infanzia e l’adolescenza ma soprattutto in età adulta.”
Rain Man racconta la storia di Raymond, un uomo affetto da autismo che, dopo la morte del padre, eredita
l‟immenso patrimonio familiare e di Charlie, fratello minore arrivista e cinico, che, per beneficiare dell‟eredità,
vorrebbe diventarne il tutore. Durante il viaggio che li porta a Los Angeles – iniziato come un tentativo di
rapimento – Charlie ha modo di scoprire Raymond (Rain Man non è altro che una storpiatura del nome di
Raymond da parte di Charlie bambino) e di capire alla fine il valore della diversità: riporterà così il fratello in
clinica, rinunciando al denaro e scoprendo il significato dell‟amore incondizionato.
Il personaggio di Raymond è ispirato a Kim Peek (morto nel 2009 a 58 anni), colpito sin dalla nascita dalla
cosiddetta «sindrome del saggio», una alterazione neurologica rarissima che si manifesta solo nel 10% delle
persone affette da autismo. Lo sceneggiatore Barry Morrow, che lo incontra a un convegno nel 1984, rimane
colpito dalle strabilianti capacità di Kim, tra cui quelle di memorizzare l‟opera omnia di Shakespeare o i
prefissi telefonici di tutti gli Stati Uniti e decide di dedicargli il film.
Gli ultimi anni di Kim Peek, attraverso conferenze e incontri, hanno avuto come unico obiettivo l‟appello a
«imparare a riconoscere e rispettare le differenze negli altri, trattandoli come vorreste essere trattati voi».
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da venerdì 15 a domenica 17 febbraio
Teatro de Gli Incamminati/Diablogues-Compagnia Vetrano Randisi
FANTASMI
L‟UOMO DAL FIORE IN BOCCA – SGOMBERO
COLLOQUI COI PERSONAGGI di Luigi Pirandello
e con TOTÒ E VICÈ di Franco Scaldati
con Enzo Vetrano, Stefano Randisi e Margherita Smedile
testo e regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi
luci Maurizio Viani scene Marc'Antonio Brandolini costumi Mela Dell'Erba
Per Vetrano e Randisi la realizzazione de I Giganti della Montagna ha rappresentato l'approdo di un viaggio
nel mondo pirandelliano cominciato nel 1999 con la messinscena de Il berretto a sonagli e proseguito con
L'uomo, la bestia e la virtù e Pensaci, Giacomino!.
Tra questi spettacoli uno studio sull'uomo Pirandello ha generato Per mosse d'anima, una lettura/spettacolo
che evidenzia le affinità e analogie tra la biografia del drammaturgo e le vicende narrate in molti suoi testi –
novelle o drammi – sovrapponendo le parole scelte da Pirandello per raccontare la sua vita a battute di
personaggi da lui creati.
Con la riscrittura di Sgombero e de L'uomo dal fiore in bocca gli attori e registi siciliani, affiancati sul
palco da Margherita Smedile, raccolgono i fili di questo lungo percorso pirandelliano e li intrecciano
– in un gioco di contaminazioni e di sovrapposizioni – a dialoghi surreali e citazioni fulminee attinte
dal repertorio di Totò e Vicè, personaggi fantastico/poetici del teatro di Franco Scaldati, per
comporre una riflessione umoristica e struggente sull'attesa, la negazione e l'accettazione della
morte.
Mettendo insieme questi due atti unici si ha la percezione del senso di grande vitalità e disprezzo del
comune pensare che si respira in tutta la drammaturgia di Pirandello, della capacità di irridere e far ridere
con amarezza dei vizi e dei paradossi della società.
Il luogo delle azioni – una stazione ferroviaria in cui sembra si sia fermato il tempo, per un bombardamento o
una calamità naturale – diventa la "stanza della tortura" che Giovanni Macchia individua come topos
costante nei lavori pirandelliani.
E il fiore in bocca diventa malattia di una intera società.
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Associazione Teatrale Pistoiese
Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
da venerdì 1 a domenica 3 marzo
Associazione Teatrale Pistoiese/Valzer srl
L‟IMPRESARIO DELLE SMIRNE
di Carlo Goldoni
con Valentina Sperlì, Roberto Valerio, Antonino Iuorio, Nicola Rignanese
e con Massimo Grigò
e Federica Bern, Pierluigi Cicchetti, Roberta Mattei, Peter Weyel
regia Roberto Valerio
PRIMA NAZIONALE
Composta nel 1759, l‟opera è una splendida e divertente commedia che presenta un impietoso
ritratto dell‟ambiente degli artisti di teatro, ambiente che Goldoni conosce a fondo: può a ragione
“parlarne per fondamento”, come egli stesso dichiara nella prefazione dell‟opera.
La vicenda, ruota attorno ad un gruppo di attori, uomini e donne, tutti pettegoli, invadenti, boriosi e intriganti
che, disperati e affamati, vivono per un breve attimo l‟illusione della ricchezza nella speranza di riuscire a
partire per una favolosa tournée in Oriente con Alì, ricco mercante delle Smirne intenzionato a formare una
compagnia d‟Opera, e tornare carichi d‟oro e di celebrità.
Facili prede di mediatori intriganti, di impresari furbi e rapaci, i poveri artisti scoprono a loro spese che le
regole del Teatro sono eterne e che la loro vicenda scritta 250 anni fa ha un sapore grottesco di attualità.
Distratti dalle loro piccole beghe e rivalità, occupati a farsi la guerra per far carriera, invidiosi di una posizione
nella gerarchia di palcoscenico, di un costume più o meno sfarzoso, di un privilegio in più e soprattutto di
avere una paga l‟uno più alta dell‟altro, non si accorgono di essere delle piccole sciocche marionette i cui fili
vengono manovrati da chi il potere veramente ce l‟ha, per la sua posizione o per il suo denaro.
L’impresario delle Smirne è un grande affresco, una cantata corale affidata all‟insieme della
compagnia che lo rappresenta: ogni personaggio, dal Turco al servitore, si rivela incisivo,
necessario in un “divertissement d’ensemble” che restituisce il clima lezioso e libertino dell‟epoca;
ma che allo stesso tempo offre l‟occasione per porsi alcune domande di sconcertante attualità: che
importanza ha l‟Arte e in modo specifico l‟Arte teatrale nella società contemporanea?
E che ruolo riveste all‟interno di suddetta Arte, l‟attore?
In quale modo è possibile riuscire a realizzare spettacoli di grande valore artistico senza adeguate risorse
finanziarie?
Roberto Valerio
Associazione Teatrale Pistoiese
Corso Gramsci 127 51100 Pistoia - Tel. 0573 99161 – fax 0573 991640
Biglietteria: 0573 991609/27112 – Ufficio Stampa 0573 991608 www.teatridipistoia.it
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Associazione Teatrale Pistoiese
Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
da venerdì 22 a domenica 24 marzo
Teatro Stabile del Veneto
RIII-RICCARDO TERZO
di William Shakespeare
traduzione e adattamento Vitaliano Trevisan
con (in ordine di apparizione) Alessandro Gassmann,
Mauro Marino, Giacomo Rosselli, Manrico Gammarota, Emanuele Maria Basso,
Sabrina Knaflitz, Marco Cavicchioli, Marta Richeldi, Sergio Meogrossi
e con la partecipazione di Paila Pavese
ideazione scenica e regia
Alessandro Gassmann
scene Gianluca Amodio costumi Mariano Tufano
musiche originali Pivio& Aldo De Scalzi videografia Marco Schiavoni
in esclusiva per l‟asse FIRENZE-PRATO-PISTOIA
La decisione di affrontare, per la prima volta anche da regista, un capolavoro di William Shakespeare
non è disgiunta dal felice incontro artistico con Vitaliano Trevisan. Ho sempre avuto nei riguardi del
Bardo, forse per l‟incombenza di gigantesche ombre familiari, un certo distacco, un approccio
timoroso; le messe in scena dei suoi capolavori, lo confesso, non sono mai riuscite a coinvolgermi del tutto,
forse per la difficile sintonia con un linguaggio così complesso e articolato ma anche, in molte traduzioni,
oscuro e arcaico. Un „ostacolo‟ che mi ha sempre impedito di immaginare una messa in scena in grado di
restituire l'immensa componente poetica ed emozionale e allo stesso tempo di innervare di asprezza
contemporanea il cuore pulsante ed immortale dell‟opera shakespeariana attraverso il registro comunicativo
a me più congeniale, ovvero quello della modernità e dell'immediatezza.
La lettura di un adattamento di un testo „minore‟ di Goldoni curato da Trevisan, sorprendentemente
moderno e originale ma al tempo stesso accurato e rispettoso dell'autore, ha fatto scattare in me
l'idea che quel tipo di approccio potesse essere non solo possibile ma altrettanto efficace nei
riguardi dell‟opera di Shakespeare che da anni sognavo di rappresentare: Riccardo III.
I primi incontri con Trevisan e i successivi scambi di opinione non hanno fatto altro che confermare questa
prima impressione; ci siamo trovati concordi nell'idea di trasmettere i molteplici significati di questo
capolavoro attraverso una struttura lessicale diretta e priva di filtri, che liberasse l‟opera da ragnatele
linguistiche e ne restituisse tutta la complessità, la forza, la bellezza e la sua straordinaria attualità.
Il „nostro‟ Riccardo, col suo violento furore, la sua feroce brama di potere, la sua follia omicida, la
sua „diversità‟ dovrà colpire al cuore, emozionare e coinvolgere il pubblico di oggi, trasportandolo in
un viaggio affascinante e tragico, attraverso le pieghe oscure dell'inconscio e nelle „deformità‟
congenite dell‟animo umano.
Alessandro Gassmann
Associazione Teatrale Pistoiese
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Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
FUORI ABBONAMENTO
ALTRI PERCORSI
venerdì 7 dicembre ore 21
Compagnia Incontroverso
A PORTE CHIUSE
liberamente ispirato
all‟omonimo testo di Jean Paul Sartre
con Sargis Galstyan, Marine Galstyan,
Francesca Luzzi, Lorenzo Girolami
regia Marine Galstyan
Lo spettacolo ispirato a Huis clos – titolo originale del testo teatrale A porte chiuse, scritto da Jean Paul
Sartre nel 1944 – è proposto dalla Compagnia Incontroverso, nuovo gruppo emergente nato da una fusione
tra cultura teatrale italiana ed armena, composto da giovani e preparati performer.
Una rappresentazione teatrale del tutto originale e di grande forza espressiva che si fonde con la
disciplina della danza e, precisamente, con il Tango (la colonna sonora è su musiche di Astor Piazzolla,
René Aubry, Gothan Project, Mariano Mores).
Il tango restituisce all'opera dinamiche e ritmi accattivanti, rappresentando il canale espressivo più diretto
per trasmettere l‟angoscia e la disperazione dei personaggi, soprattutto quando il dolore li rende muti.
Nel momento in cui sono impediti nel parlare, il corpo si ribella e libera il suo linguaggio.
Da questa esigenza ed esperimento, nasce una nuova ricerca teatrale che unisce diverse arti e le
sintetizza in un unico stile espressivo.
Al centro del testo di Sartre, tre personaggi: Inés, Estelle e Garcin, spediti all‟inferno. Una stanza con una
sola porta, chiusa, e all‟interno tre sedie. Qui le persone si incontrano e scontrano per la prima volta.
Hanno storie diverse ma anche qualcosa in comune: la ragione per cui sono lì a condividere quel vuoto.
Nessuno strumento di tortura, diversamente da quanto si aspettavano, e per un attimo si credono salvi. Ma
la sofferenza non si fa attendere e presto si accorgono di quanto sia feroce l‟espiazione: inizia una lenta e
crudele presa di coscienza della propria colpa ed ecco che il dramma personale di ciascuno viene allo
scoperto.
“L‟inferno sono gli altri”, scrive Sartre: un dolore eterno che si consuma nella psiche di ognuno.
Nella stanza chiusa, costantemente illuminata da una luce, le emozioni si amplificano e divengono
mezzo di lettura della mente dei personaggi. Il loro presente consiste nel costruirsi un‟immagine
soddisfacente del Sé e le loro emozioni provengono da questa voglia: questo è il loro modo di
annullare il passato.
La regia dello spettacolo è affidata a Marine Galstyan, diplomata alla prestigiosa Accademia Internazionale
di Teatro e Cinema di Yerevan (Armenia), che annovera tra le sue esperienze molti importanti lavori in
Europa come regista, coreografa e danzatrice. In Italia ha dimostrato il suo valore di artista mettendo in
scena spettacoli come La casa di Bernarda Alba con la Fondacion Flamenca Andalusa e il cortometraggio Il
caso di Amati Malik di Emanuele Turbanti. Da qualche anno si è specializzata nella disciplina di tango
argentino, esibendosi in tutta Italia con successo, in coppia con il ballerino-coreografo Sargis Galstyan,
primo ballerino del Complesso Statale di Armenia, professionista di tip tap e tango argentino, che cura le
coreografie dello spettacolo.
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Teatro Manzoni Pistoia - stagione di prosa 2012/2013
Venerdì 8 febbraio ore 21
Cantieri Teatrali Koreja/Teatro Stabile d’Innovazione del Salento
PALADINI DI FRANCIA
Spada avete voi, spada avete io!
dedicato a Che cosa sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini
di Francesco Niccolini
con Carlo Durante, Antonella Iallorenzi,
Fabrizio Pugliese, Silvia Ricciarelli
regia Enzo Toma
Giochi di bambini. Giochi di guerra. Marionette. Pupi. Roba vecchia e bellissima. Da spaccare in due a colpi
di spada. Sotto: corpi, metallo, amore e guerra. Sopra: fili, voci tonanti e un destino tragico. Carlo Magno e i
suoi paladini. Da ragazzo li odiavo quei personaggi, prototipi di conquistatori. Invece amavo con tenerezza e
batticuore le loro raffigurazioni morte, quelle marionette fatte a pezzi, legate a un cielo di carta strappato.
Vent'anni dopo, quando vedo uomini e/o marionette morire sui campi di battaglia, ho capito che tutti meritano
compassione e i loro corpi vanno rispettati. La storia comica e tragica dei paladini di Carlo Magno –
dall‟arrivo a corte della bella Angelica al massacro di Roncisvalle – racconta la bellezza e la crudeltà
della vita. E se da più di cinquecento anni grandi poeti e oscuri teatranti continuano a provare un
piacere immenso a raccontarla, un motivo ci deve essere. Mi pare di essere nel teatrino delle
marionette dove Pasolini fa raccontare a Totò, Ninetto Davoli, Franco e Ciccio, la triste storia di
Otello, Iago e Desdemona. Con quelle stesse marionette vorrei raccontare di Rinaldo, Astolfo,
Angelica, Bradamante, Fiordiligi, Orlando e, da ultimo, il massacro di Roncisvalle, quella discarica
assurda e insanguinata dove tutti quei corpi morirono e furono abbandonati, occhi al cielo, a
domandarsi che cosa sono le nuvole.
Francesco Niccolini
spettacolo vincitore del Premio della Critica 2009 Associazione Nazionale Critici Teatrali Italiani
con la seguente motivazione:
Uno spettacolo colto e coinvolgente, tragicomico e metateatrale, ricco di citazioni e pure fluente: lo
spettacolo Paladini di Francia di Francesco Niccolini, regia di Enzo Toma, avvince sapendo divertire,
aprendo intanto spazi di commozione e delicata poesia nell'amata cornice di Cosa sono le nuvole? di
Pasolini, fonte d'ispirazione anche per la definizione dei personaggi, attori/pupi che tornano a sostare a lato,
mutando costumi a vista. Diversi dialetti quasi ad evocare le molte lingue di una guerra lontana, con la voce
di Carlo Magno fuoricampo che è insieme imperatore e regista. Le armature e le spade cozzano così come
fanno le marionette siciliane in scena, i movimenti ritmati, leggeri, quasi ci fossero davvero dei fili che
guidano i passi, i combattimenti. Ma si coglie insieme il piacere di evocare il gioco dei bambini, il gusto
di sperimentare la guerra per finzione, con elmi e corazze realizzate con elementi di recupero, oggetti
da cucina, posate e colapasta, mentre appaiono anche profili di cavallo con cui galoppare in forma
ludica: tutto possiede però una speciale eleganza, perfetta anche la cura del trucco, i caratteri
popolari fusi con meditato senso estetico, così anche per le luci. Battute di Amleto e Riccardo III in
dialoghi fitti, spesso con il piacere ironico della rima, che vanno caratterizzando i diversi paladini, i cavalieri e
gli scudieri, ma c'è anche Angelica, colei che condurrà alla follia il prode Orlando.
Bravi gli interpreti che moltiplicano i ruoli senza distinzione tra maschi e femmine, affrontando guerre
ovunque all'invito di Tutti in scena. E Astolfo – che raggiungerà il mondo della luna, un passaggio colmo
d'incanto – dà la sua parola di burattino. E si nomina anche il cavaliere della Mancia: perché ogni
esperienza, anche letteraria, può infine semplicemente tradursi in piacere teatrale, complice il pubblico.
Ricordando ancora il film di Pasolini: sotto il cielo di morte a Roncisvalle la voce di Modugno e il sospiro di
stupore e perdita per la straziante e meravigliosa bellezza del creato.
Associazione Teatrale Pistoiese
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