Sociologia del diritto
Disciplina che considera i fenomeni giuridici solo in quanto fenomeni sociali e li studia nelle loro relazioni con altri fenomeni sociali.
La sociologia del diritto affronta 3 tipi di questioni:
- genetica del diritto
Origine e natura delle regole giuridiche. Riguarda i modi in cui le regole giuridiche vengono in essere e le ragioni per cui vengono ad esistere.
Studia in particolare la relazione tra la sfera giuridica e politica.
- Funzione del diritto
Riguarda le modalità secondo cui il diritto opera e quali effetti produce sulle relazioni sociali
Studia in particolare, da un lato il rapporto tra diritto e regole sociali di tipo giuridico e dall’altro il rapporto tra diritto e organizzazione sociale.
- Ideologia del diritto
Riguarda il rapporto tra le regole giuridiche e le idee, i valori condivisi, più o meno diffusamente all’interno di una collettività.
Studia in particolare il rapporto tra regole giuridiche, cultura, etica. Opera quindi una critica sociale del diritto.
Per considerare i fenomeni giuridici:
- la sociologia del diritto
- la scienza giuridica
Adottano prospettive profondamente diverse
Genetica del diritto
Le diverse
Prospettive
Scienza
Giuridica
La prospettiva della scienza giuridica considera le regole giuridiche
come un dato che il giurista non deve giudicare ma che deve sviluppare
come una variabile indipendente: il giurista è un tecnico che considera
le norme giuridiche da un punto di vista interno
Es. un tecnico di macchine lavatrici conosce perfettamente la struttura,
la collocazione di ogni componente. Esso è in grado per questo di
ottenere la massima resa dalla macchina, di capire le ragioni del
malfunzionamento ed eventualmente riparare o sostituire un pezzo.
Esso non è però interessato a sapere quanto le lavatrici siano diffuse,
quale importanza abbia l’uso di una lavatrice per una casalinga, sapere
se quel determinato modello è adeguato alle particolari esigenze di
quella determinata casalinga. Non sarebbe poi in grado di progettarla e
di costruirla, neppure di convincere qualcuno a comprarla
dimostrandone l’utilità.
Questo tecnico considera la macchina in quanto tale e il suo sapere e il
suo agire cominciano e finiscono con la macchina.
Così il giurista rispetto alle regole del diritto, che considera da un punto
di vista interno.
Sociologia
Del diritto
Il sociologo del diritto viceversa è come colui che sa come si progetta e
si costruisce la macchina, che è in grado di valutarne le caratteristiche
sia funzionali che commerciale, sa quale utilità e quale importanza una
lavatrice possa avere per ridurre la fatica delle donne e, insomma, che
cosa significhi l’uso della lavatrice per la collettività e nella ripartizione
del lavoro umano. Per converso non la saprebbe riparare e magari non
saprebbe nemmeno che bottone schiacciare per farla partire.
Il sociologo quindi guarda al diritto da un punto di vista esterno,
considera le regole giuridiche come un fenomeno sociale nelle sue
relazioni con altri fenomeni sociali , come un variabile dipendente ma al
contempo indipendente.
Sono entrambi punti di vista necessari.
Sia il sociologo che il giurista hanno un ruolo fondamentale nella comprensione
della realtà del diritto, ma la loro funzione è alquanto differente e i loro punti di
vista stessi sono profondamente differenti.
Sono punti di vista entrambi necessari per la comprensione dei fenomeni
giuridici e tra loro complementari, nel senso che, come diceva Einstein
relativamente al rapporto tra scienza e filosofia, la scienza giuridica senza
sociologia del diritto è ceca e quest’ultima senza la prima è vuota.
La collaborazione tra sociologia del diritto e scienza giuridica ha però incontrato
notevoli difficoltà, da quando la sociologia del diritto ha acquisito importanza,
soprattutto da parte dei giuristi diffidenti.
I sociologi al contrario sono da sempre coscienti della natura interdisciplinare
della loro scienza, anche se si tratta di una interdisciplinarità di carattere esterno
e non interno, vale a dire che non si tratta di una scienza a cavallo tra la
sociologia e le altre scienze che hanno a oggetto di studio il diritto, ma che si
tratta di un ramo della sociologia che, occupandosi specificamente del diritto ma
non può avvalersi di contributi recati dalle altre scienze che del diritto si
occupano.
La sociologia del diritto poi ha ad oggetto di studio gli stessi giuristi e la
riflessione sociologica consente ai giuristi di riflettere su se stessi e sul loro ruolo
sociale (ciò comunque non significa che i giuristi non riflettono su se stessi e sul
loro ruolo sociale, che non prendano in considerazione il diritto anche nelle sue
relazioni con gli altri fenomeni sociali. Significa solo che quando così fanno si
comportano come sociologi e non come giuristi, magari senza nemmeno
rendersene conto).
La sociologia del diritto rappresenta quindi il punto d’incontro speculativo tra la
cultura degli operatori del diritto (cultura giuridica interna) e la cultura giuridica
di tutti i soggetti ai quali le norme giuridiche si indirizzano (cultura giuridica
esterna).
Infatti sia la cultura giuridica interna che esterna sono oggetto di studio specifico
della sociologia del diritto, in quanto il loro rapporto costituisce un aspetto
rilevante della relazione tra il diritto, da un lato, e la politica, la cultura e la
morale, dall’altro lato.
L’ordinamento
Giuridico
La profonda differenza tra il punto di vista del giurista e quello del sociologo del diritto, si
palesa in modo alquanto evidente nella idea stessa del diritto e nella definizione delle
caratteristiche, che ad esso sarebbero peculiari, che la sociologia del diritto e la scienza
giuridica rispettivamente nutrono, che risultano assai diverse e, per taluni aspetti
addirittura antitetiche.
-
Punto di vista del giurista
Ordinamento completo, senza incoerenze e vuoti normativi
Il punto di vista del giurista, infatti ha costruito un idea del diritto che, minimizzando o
mascherando certe ambizioni e certe incoerenze, si rendesse funzionalmente adatta
alla sua utilizzazione pratica, come strumento di gestione e di trattamento delle
contraddizioni sociali. A questo proposito è rilevante che il complesso delle regole
giuridiche venga definito come “ordinamento giuridico”, ciò che appunto richiama
l’idea di un tutto ordinato e coerente, tale da superare le particolarità delle singole
regole giuridiche e la loro frammentazione.
-
Punto di vista del sociologo
Ordinamento incompleto, con incoerenze e vuoti normativi
Il punto di vista del sociologo, viceversa, non solamente è ben poco sensibile a questa
esigenza (il diritto non è completo, non può essere funzionalmente utilizzato per
gestire e superare le contraddizioni sociali. Anzi, deve essere in grado di mutare e
adeguarsi) ma anzi tende, per via della maggiore attenzione che pone alle finalità
descrittive che non a quelle funzionali e applicative, a sottolineare e a porre in
evidenza le contraddizioni e la problematicità che il diritto presenta.
Ancora una volta il punto di vista di chi lavora con le regole è diverso da chi lavora sulle
regole, ma è importante che entrambi conoscano e tengano conto di entrambi i punti di
vista.
Positivismo
Giuridico e
Critica
L’esigenza funzionale del diritto in quanto strumento operativo ha
trovato e ancora trova un sostegno e una giustificazione in ideologie
tuttora largamente diffuse, che sono al tempo stesso fonte di
descrizione di un fenomeno già messo chiaramente in evidenza da
Marx ed Engels, la dove denunciavano come un errore il fatto di
concepire il diritto come un sistema chiuso, coerente e
autosufficiente, si da recidere i suoi legami con le relazioni sociali
reali o addirittura da invertire il rapporto che con queste
intercorrere.
Questa inversione logica ha trovato la sua massima espressione nel
positivismo giuridico, ovvero quel complesso di posizioni teoriche,
per altro tra loro diverse e talvolta contraddittorie, che considera il
diritto come diritto positivo, in quanto posto dalla volontà umana e
più specificamente dal legislatore, richiamando in modo netto la
scissione tra
- diritto e morale, da un lato
- regole giuridiche e le altre regole sociali, dall’altro
In questo orientamento di pensiero che, per quanto sia stato
fortemente criticato e ormai da considerarsi assai fragile dal punto di
vista della riflessione scientifica, rappresenta tuttora il paradigma più
diffuso tanto nella cultura interna quanto in quella esterna.
In esso sono confluite diverse matrici storicamente individuabili e in
primo luogo l’esigenza dello Stato moderno di giustificare la propria
piena sovranità anche nel campo giuridico, dove si è arrogato il
monopolio sia per quanto riguarda la produzione delle norme
giuridiche sia per quanto riguarda la loro applicazione, in ossequio a
un principio monistico.
Le cose però non stanno proprio così, posto che mai lo sono state e il
monismo positivistico è andato rivelando il proprio carattere
puramente ideologico.
Pretese del
positivismo
giuridico
La pretesa dell’ideologia monistico - privatistica
del diritto è stata quella di giustificare
l’asserzione che il diritto positivo rappresenta
l’unico ordinamento giuridico valido, lasciando
spazio ad altre fonti normative, purché le
stesse, non qualificandosi come giuridiche, non
interferissero col diritto positivo e soprattutto
non ne ponessero in questione la presunta
supremazia e la presunta esclusività.
Presunte
Caratterist.
delle norme
giuridiche
Anche la scissione tra il diritto e la morale,
operata dal positivismo giuridico non può essere
intesa solamente come la pretesta di laicità
dello stato sovrano che rifiuta l’ipoteca religiosa,
bensì anche come la conseguenza della
necessità, dettata dalla pretesa di esclusività,
che la sfera pubblica potesse giustificare
l’attribuzione di spazi di normatività alla sfera
privata la dove non fosse in grado di garantirne
la subordinazione alla sfera pubblica.
In omaggio a tale orientamento monistico –
positivistico del diritto, alle norme giuridiche
sono stati e vengono ancora attribuiti caratteri
che esse in realtà non possiedono, o possiedono
solo in parte.
Si è giunti quindi a ritenere che tali caratteri
siano loro esclusivi così da costituire i tratti
peculiari che distinguono le norme giuridiche
stesse rispetto alle norme sociali.
Le norme giuridiche, considerate anche nel loro
complesso, sarebbero caratterizzate da
razionalità intesa nella sua accezione di
coerenza e non contraddittorietà interna, al
contrario delle altre norme sociali che sarebbero
incoerenti e contraddittorie.
Origine della
pretesa di
razionalità e
completezza
Confutazione
dell’idea
Tale affermazione è dettata dall’idea che
sarebbe plausibile ritenere che un ordinamento
normativo sociale possa raggiungere i suoi scopi
e svolgere la sua funzione anche in presenza di
un certo livello di incoerenza interna, mentre
non lo sarebbe ritenere al contrario, che ciò
possa valere per un ordinamento giuridico, il
quale, per funzionare, dovrebbe evitare
contraddizioni interne e proporre o imporre
disposizioni di comportamento, non solamente
le più chiare, ma anche univoche.
Semplici osservazioni però suggeriscono
tuttavia che potrebbe essere esattamente il
contrario:
Norme sociali non giuridiche
Per quanto riguarda le norme sociali diverse
dalle norme giuridiche infatti apparirebbe ben
strano che un uso o una regola di buona
educazione, proprio perché tali sono, si
contraddicano e consentano comportamenti
diversi (se in certe circostanze è buona
educazione togliersi il cappello non è possibile
rispettare le regole di buona educazione nel loro
complesso tenendo il cappello e, d’altro canto, è
probabile che una regola sulla buona
educazione sia conforme anche all’uso e al
costume, sicché dunque tra le regole sociali di
un dato ordinamento normativo sociale e tra gli
stessi ordinamenti normativi sociali è
riscontrabile una certa coerenza.
Regole giuridiche
Per quanto concerne le regole giuridiche
viceversa è quanto meno piuttosto frequente
che una regola sia incoerente con un'altra e anzi
la contraddica.
È vero infatti che in ordinamenti giuridici che
presentano un certo grado di complessità, sono
state elaborate regole anche sofisticate al fine di
consentire il superamento di conflitti.
- gerarchia delle fonti
Per cui le disposizioni recate da un certo tipo
di fonte prevalgono su quelle di rango
inferiore.
- meccanismo dei gravami
Per cui contro la decisione di un giudice di un
istanza è possibile proporre ricorso a un
giudice superiore, la cui decisione prevarrà
se diversa (sino al passato in giudicato).
- corti di legittimità
Corte di cassazione. Corte interpellata
secondo una funzione normofilattica (di
garanzia della legge), volta a individuare
l’esatta interpretazione delle norme
giuridiche quando vi sia un dubbio o
contraddittorietà.
- corti supreme
Corte costituzionale. Chiamata a confrontare
singole regole giuridiche coi principi
fondamentali dell’ordinamento stabiliti ex
corte cost.
È l’esistenza stessa di questi meccanismi volti a
superare la contraddittorietà dell’ordinamento
giuridico che ne dimostrano l’incoerenza e la
contraddittorietà stessa.
Le norme
Giuridiche
E le norme
Sociali
Le norme sociali sono tutti i tipi di norme, è una qualsivoglia regola
vigente in una collettività, il contenuto prescrittivo o proscrittivo
della quale impone o vieta comportamenti facendo riferimento alle
aspettative di almeno parte una parte della collettività, regola
ritenuta vincolante da almeno parte della collettività, la cui
violazione comporta una reazione sociale.
Questa definizione può valere per qualsiasi norma, anche giuridica.
Caratteri
comuni
Certe qualità attribuite con carattere di
esclusività alle norme giuridiche sono comuni
alle norme sociali in generale e tali qualità , a
tutto concedere, risultano più evidenti presso le
norme sociali di tipo giuridico che non presso le
norme sociali di altro tipo, ma ciò non toglie che
siano caratteristiche comuni.
Le norme possono essere
- condivise o imposte
- riferirsi a collettività più o meno differenziate
o più o meno vaste
- prevedere vari tipi di sanzioni e di modi per
irrogarle
- svolgere certe funzioni piuttosto che altre,
trovare fonti diverse di produzione
Per differenziare le norme sociali giuridiche dalle
norme sociali non giuridiche bisogna ricorrere a
un criterio non formale, ma sostanziale ovvero
alla distinzione tra norme e comportamento
orientato dalle stesse, e alla fine utilizzare la
distinzione, non propriamente nuova, tra
E
via dicendo,
presentando in misura maggiore
eteronomia
e autonomia.
o minore, ma non mai essendo ne totalmente
prive
neuna
possedendoli
perfettamente,
caratteri
Solo in
società perfettamente
omogenea
di
(difficile da immaginare se non i concezioni
 generalitàsarebbe pensabile che non si
utopistiche)
 astrattezza
determini
un organizzazione politica destinata a
gestire
razionalità
le differenze del potere e che non
esistano
coercitività
regole che tale differenziazione
Indipendentemente
dal tipoindiprecetti
norma regolativi
sociale
rappresentino e traducano
che sidiverse
voglia prendere
in potere.
considerazione (sociale
delle
posizioni di
giuridica
o sociale
giuridica).
Ciò
significa
che è non
difficile
pensare a una società
priva di Stato, inteso come organizzazione
politica, e priva di diritto.
E anzi si può osservare che quanto più una
Diversità tra
società è differenziata tanto più le regole
Norme sociali giuridiche sono preponderanti, al contrario delle
E norme
norme sociali non giuridiche che appaiono meno
giuridiche
diffuse e rilevanti quanto più la società è
omogenea.
Criterio distintivo norme giuridiche e norme sociali Proprio questa relazione tra il diritto e il potere
consente di attribuire alle regole giuridiche il
carattere della eteronomia e alle norme sociali
non giuridiche quello dell’autonomia.
In realtà tanto le une quanto le altre sono
eteronome, nel senso che entrambe
s’indirizzano agli individui dall’esterno, e tanto
le une che le altre recano il carattere della
coattività, nel senso che anche le norme
dell’uso e del costume non possono essere
trasgredite senza il rischio di sanzione che, per
quanto siano diverse le modalità di irrogazione
e per tipo stesso, non sono meno gravi o meno
cogenti di quelle giuridiche.
Occorre però notare come sia diversa la
percezione da parte del destinatario delle
norme:
- norme sociali
il destinatario le percepisce come
adeguamento spontaneo a un precetto che
gli pare nascere da se stesso e dalla sua
libera scelta.
- norme sociali
il destinatario ha la consapevolezza che esse
provengono dall’esterno e non corrispondono
a una sua libera scelta, ma a una scelta
adottata almeno anche da altri oltre che da
se stesso.
Da queste premesse si potrebbe dedurre un
criterio di distinzione non formale ma
sostanziale delle norme sociali dalle norme
giuridiche: la separabilità tra la norma e il
comportamento normativo.
Carattere prescrittivo e carattere non
prescrittivo
È una distinzione possibile grazie al carattere
prescrittivo delle n. sociali che si differenziano
dalle leggi naturali.
-
Leggi naturali
Esse Infatti descrivono i fenomeni per come
accadono sicché le aspettative, se deluse,
impongono di modificare le aspettative
stesse (aspettative cognitive) e il soggetto
che le nutre deve essere disposto ad
apprendere dalla delusione.
Ad es. se è nuvoloso ed esco senza ombrello
perché spero che non piova, se poi mi bagno
non posso fare altro che imparare che la
prossima volta dovrò portare l’ombrello,
imparare dalla delusione perciò.
-
Norme sociali
Le norme sociali invece possono tutte essere
trasgredite, nel senso che il comportamento
contrario a quello auspicato dalla norma è
pur sempre empiricamente possibile,
appunto perché la norma sociale
rappresenta la selezione di un
comportamento auspicato o preferito, sicché
le aspettative, se deluse, non impongono di
modificare le stesse
(aspettative normative) e il soggetto che le
nutre può non essere disposto ad apprendere
dalla delusione.
Ad es. se mi aspetto di non essere derubato
ma ciò succede comunque, potrò continuare
ad aspettarmi di non essere derubato perché
c’è una legge che lo vieta, è un reato.
Diverso carattere di vincolatività
La differenza tra le norme sociali giuridiche e le
norme non giuridiche è legata alla fonte della
loro vincolatività.
- Norme sociali di tipo non giuridico
la prescrizione e il fatto orientato da essa
coincidono e la differenza è solo formale,
tanto che sono vincolanti perché seguite
spontaneamente
- Norme sociali giuridiche
Invece sono vincolanti di per sé, per il solo
fatto di essere norme giuridiche, anche se
non rispettate.
Quindi anche una norma giuridica
sistematicamente violata viene ad essere
considerata vincolante, per il solo fatto di essere
una norma giuridica. Ciò invece non accade per
una norma sociale di tipo non giuridico
In altre parole questa distinzione è
- per quanto riguarda le norme sociali
una distinzione solo concettuale, nel senso
che se non vi è un comportamento
normativamente orientato osservabile,
neppure la norma è identificabile.
- per quanto riguarda le norme giuridiche
una distinzione concreta, perché anche se
non è osservabile un comportamento
normativamente orientato la norma giuridica
resta vincolante, come fatto sociale per sé.
Conseguenza di tale distinzione:
le regole sociali diverse dal diritto, come
qualsiasi fenomeno sociale, si evolvono e
cambiano, ma regole sociali nuove vengono
percepite come vincolanti solamente quando i
comportamenti da esse orientati abbiano
appunto preso piede e siano divenuti una
pratica concreta e usuale, vale a dire solo
quando il fatto coincide con la regola.
Al contrario, le regole sociali di tipo giuridico,
possono esistere anche quando non sono
praticate e rispetto alle quali la vincolatività
sussiste a prescindere dalla pratica concreta,
possono prescrivere comportamenti nuovi e non
mai seguiti
dai loro
destinatari
La nascita delle norme
giuridiche
richiede
sempre 2 condizioni:
- differenziazione degli interessi
- ineguale distribuzione del potere tra i membri della collettività
Le regole
Giuridiche
E la struttura
Del potere
Se infatti tutti i membri di una collettività fossero mossi dagli stessi
interessi, il loro agire non avrebbe bisogno di regole che prescrivano
o proscrivano comportamenti, ma al più di regole tecniche
organizzative, le più adatte al conseguimento del comune interesse.
Dl’altro canto se il potere fosse distribuito in modo omogeneo,
nessun soggetto potrebbe vincere la resistenza di un altro soggetto e
quindi l’esercizio stesso del potere tramite l’imposizione di
comportamenti sarebbe inibito e ciascuno si troverebbe alla fine a
potere tutto ciò che può e vuole.
Questi sono fattori che si fondano su 2 elementi:
- le risorse limitate
- le differenza riscontrabili tra soggetti diversi.
Il soddisfacimento degli interessi comporta necessariamente un
sacrificio degli interessi altrui: tale conflitto è conseguenza della
relazione dei relativi poteri dei contendenti.
Questo conflitto tra poteri si esprime in modo diretto (uso della
forza) o indiretto (minaccia dell’uso di forza).
L’uso della forza è però dispendioso perché consuma risorse e non
consente l’uso pacifico del proprio vantaggio, anche se la tentazione
di usarla è sempre latente.
La soluzione migliore è la determinazione di determinate regole, la
cui osservanza è assistita dalla minaccia dell’uso della
forza/sanzione: queste sono le regole giuridiche.
In esse il conflitto sociale è latente e l’operare delle regole giuridiche
lo trasforma in un conflitto giuridico manifesto.
Il conflitto sociale non si risolve per il fatto che esso è tradotto in
regole giuridiche, appunto perché queste non rappresentano altro
che una sua formalizzazione, tale per cui la gestione del conflitto tra
poteri disomogenei deve svolgersi secondo certe formule
convenzionali fissate da regole giuridiche medesime.
In altre parole il diritto tramuta il conflitto sociale da latente a
manifesto, tramutandolo in un conflitto giuridico manifesto che può
essere appunto trattato secondo certi schemi individuati e
organizzati dalle medesime regole giuridiche.
Al tempo stesso, il conflitto sociale viene, attraverso la sua
traduzione in regole giuridiche, ridotto a conflitto individuale, nel
senso che il diritto, attribuendo diritti e doveri agli individui e non al
gruppo o ai gruppi sociali portatori degli interessi, frammenta i
gruppi stessi che non sono immediatamente riferibili al gruppo di cui
in realtà fanno parte e del quale condividono l’interesse.
In tal modo il diritto definisce il livello delle pretese che i singoli
individui possono legittimamente avanzare nei confronti degli altri
individui, riducendo le aspettative collettive ad aspettative
individuali, sicchè i conflitti che ne scaturiscono possono essere
trattati e risolti a livello individuale e dunque in maniera
apparentemente pacifica perché il trattamento si svolge secondo le
regole fissate dal diritto stesso, laddove il conflitto sociale troverebbe
possibilità di trattamento attraverso l’uso della forza.
L’equilibrio espresso nel diritto è comunque instabile, perché non
tutti gli interessi sono soddisfatti.
Potrà mantenersi solo finché il conflitto sociale può trovare nelle
norme giuridiche stesse il modo per svolgersi come conflitto
giuridicamente regolato.
soggetto può essere influenzata
“lotta per il dirittoL’azione
secondodi
il un
diritto”.
da un
integrazione,
cioèsarà
dall’intento
Quando ciò non sarà
piùdesiderio
possibile di
il ricorso
alla forza
inevitabile
di rafforzare il senso di appartenenza al proprio
gruppo,
di mantenere descritto,
la propria nei
identità
Questo processo così
schematicamente
fatti, sociale,
che pur
tramite
scelte
con interessi
sembra valido peranche
spiegare
il nesso
tra contrastanti
il potere, il conflitto
sociale e
identificabili
e, sul
piano
il diritto, presentadirettamente
una molteplicità
di variazioni
nelle
situazioni
psicologico,
da
orientamenti
culturali
o
da
idee
empiriche e ciò per la ragione che, tale schema interpretativo
ha alla
che rendano
nondell’uomo
legittimati
gli interessi
base un immaginemorali
antropologica:
quella
razionale
che
medesimi.
agisce razionalmente
nel perseguimento dei propri interessi materiali
e immateriali e fa Altri
uso razionale
del suo
potere per
meglio
fattori tuttavia
appaiono
pesare,
con
conseguirli, la quale
non corrisponde
sempre
e necessariamente
a
riferimento
alle regole
giuridiche,
nell’indirizzare
quella empiricamente
riscontrabile individuali per quanto attiene
i comportamenti
Nella realtà empirica
molto
d’ordine che
allainfatti
distanza
tra fattori
i comportamenti
psicologico
potrebbero essere in astratto valutati come
socialereazionali e quelli frutti di scelte concrete.
Possono intervenire e alterare il procedimento.
Abitudine
Un primo elemento che influenza i
Fattori che
Influenzano il comportamenti individuali è l’abitudine.
Quando c’è consapevolezza che la regola
Comportam.
giuridica riflette l’interesse altrui, l’adesione a
Individuale
tale norma si regge sul timore della minaccia
dell’uso della forza (sanzione negativa).
Col tempo tale consapevolezza dell’origine
conflittuale si perde e emerge la consapevolezza
che tale comportamento è tenuto perché da
sempre lo si tiene. Si giustifica di per se.
Introiezione delle norme giuridiche
È il fenomeno di introiezione delle regole
giuridiche.
Questa introiezione delle norme giuridiche fa si
che le stesse siano percepite non come
eternonome ma come autonome e condivise,
sicché il comportamento da loro orientato è
percepito come spontaneo.
Tutto questo processo di introiezione è favorito
a sua volta da altri fattori come la durata del
tempo trascorso dal venire in essere della
regola, la profondità del contrasto con
l’interesse effettivo del destinatario, senza
trascurare il fatto che gli esseri umani sono
generalmente poco inclini ad accogliere le
novità e le trasformazioni.
La presunzione di legittimità
Il processo di introiezione è poi influenzato dalla
presunzione di legittimità che accompagna le
norme giuridiche solo per il fatto di essere tali.
Tale presunzione si fonda sull’ideologia interna
dell’ordinamento giuridico, cioè l’idea di
giustizia.
L’idea di giustizia può però assumere due
diversi significati:
- idea di giustizia puramente formale
quando si regge su principi come quello di
uguaglianza, reciprocità che pongono tutti i
soggetti astrattamente sullo stesso piano
concezione liberale della giustizia.
-
idea di giustizia sostanziale
che considera i soggetti secondo le loro
diversità usando la loro diversità stesse per
giustificare la disomogeneità sociale,
legittimandola, come qualcosa di naturale
quindi. (concezione castale della giustizia).
Non bisogna fermarsi alla giustizia formale ma
combinarla con quella sostanziale, nel senso che
gli individui non vanno trattati tutti in modo
diverso a prescindere (dato che le diversità tra
gli individui sono soggettive ma individui uguali
vanno trattati in modo uguale!).
Le idee di uguaglianza e reciprocità che fondano
la giustizia formale possono però, al contempo,
rappresentare fonte di legittimazione
dell’ordinamento giuridico in nome della
giustizia sostanziale .
Stato
Si propone come la fonte apparente del diritto,
attribuendosi il ruolo di garante di una equa
distribuzione delle risorse volta al
soddisfacimento, e per equità, degli interessi di
tutti i membri della collettività, tramite la
produzione di regole giuridiche coerenti.
L’analisi esterna dell’ordinamento giuridico
suggerisce che si tratta di un circolo vizioso,
caratterizzato da una natura puramente
ideologica, nel senso di una ricostruzione
fondata sulla contraffazione della realtà.
Sulla base di una analisi interna però può trarsi
l’immagine di una notevole coerenza, al punto
che appare plausibile ritenere che, se non il
contenuto delle singole regole giuridiche che
potrebbe essere “ingiusto”, almeno taluni
concetti giuridici di carattere generale godano di
validità per se stessi e possano essere utilizzati
e trovare applicazione indipendentemente dal
contenuto delle regole, ovvero per qualsiasi loro
contenuto.
Questo fenomeno appare particolarmente
evidente nel campo del diritto privato, le cui
regole sono riconducibili al conflitto sociale dal
quale scaturiscono in maniera meno immediata
rispetto a quelle afferenti al cosiddetto diritto
pubblico (per fare solo un esempio la “libertà
contrattuale” o la “libertà di contrarre” vengono
considerati concetti riferibili a qualsivoglia
contratto, indipendentemente dalla relazione
sociale che nel medesimo contratto si esprime,
considerandosi i contraenti su un piano di parità
e di reciprocità).
A questo proposito si potrebbe in un certo senso
parlare di una serie di ideologie interne ai
singoli campi dell’esperienza giuridica, nei quali
il nesso tra il conflitto sociale, la distribuzione
del potere e il diritto si concreta in maniera
talora considerevolmente diversa.
Sempre a tale proposito la tradizionale
distinzione tra diritto privato e pubblico si rivela
priva di significato dal punto di vista del
sociologo, nel senso che ogni regola giuridica,
esprimendo
relazioni
di nel
potere
una
natura
Questi processi descritti
si sono
compiuti
XIX ha
sec.
E si
sono
eminentemente
espressi con chiarezza
e coerenza pubblicistica.
nell’ideologia del positivismo
giuridico, specialmente tramite l’affermazione dell’idea della
centralità dello Stato.
Crisi del
Positivismo
Giuridico
A questi processi, nonostante molte e significative differenze, non
sono rimasti estranei gli ordinamenti giuridici di common low.
Anche in tali ordinamenti infatti la sfera pubblica si è attribuita la
facoltà o il potere di rendere legittime le autorità (le corti) investite
del compito di individuazione ossia di produrre le regole giuridiche
attraverso le pronunce giurisprudenziali.
È per altro notevole osservare che, proprio a partire dal XIX sec,
anche negli ordinamenti di common low il ricorso alla produzione di
leggi nel senso continentale è divenuto sempre più ampio, fino a
diventare attualmente una fonte di diritto importante e di estensione
non minore del diritto di fonte giurisprudenziale.
Al centro di questo processo sta il concetto di stato nazionale, il
quale corona il movimento storico di formazione dei grandi Stati
Nazionali europei e trova una compiuta, se non definitiva
formulazione nello stato napoleonico, il quale si presenta come stato
accentratore, fortemente burocratizzato, detentore di ogni potere
pubblico e organizzato secondo un modello
Costituzionale e amministrativo di tipo forte, nel quale però i membri
della collettività non sono sudditi, ma appunto cittadini, tutti
partecipanti dello Stato – nazione su un piano di parità formale.
L’idea di uno stato centralizzato e burocratico, il quale propone modelli
di società attraverso una produzione legislativa di tipo razionale, ha
finito col rappresentare il modello, se non l’unico, certo quello
prevalente, del rapporto società/diritto, modello secondo il quale il
potere sociale si concentra nello Stato sovrano, che rappresenta i
cittadini e, filtrando le loro istanze, produce secondo un progetto
razionale le regole giuridiche che ai cittadini s’indirizzano al fine di
realizzare un determinato modello di società.
Nell’ideologia statalistica si rinviene insomma a un percorso coerente di
sviluppo dal dispotismo illuminato, allo Stato socialista, dall’altro, nei
quali cambia la titolarità della sovranità, ma non il suo concetto.
A corollario di questo modello, molto più radicato di quanto non si creda
sia nella cultura giuridica interna che in quella esterna, si sono
affermate alcune matrici:
- idea codicistica, da un lato
vale a dire la pretesa di concentrare il diritto in un corpo di regole
organico e dotato di coerenza interna come appunto solo una fonte
unitaria potrebbe fare.
- idea del potere della legislazione
vale a dire la capacità della legge razionale di ottenere i risultati che
razionalmente lo Stato legislatore si propone, che fonda l’idea del
diritto come strumento di ingegneria sociale.
Appare così completato un lungo processo evolutivo che vede
l’affermazione di una serie di idee:
- Idea della neutralità dello stato detentore del potere per delega dei
cittadini.
- Idea che il diritto esprima in prevalenza l’interesse collettivo
- Idea della cittadinanza come partecipazione alla sovranità
- Idea del cittadino come destinatario delle regole che dal potere
sovrano che in lui stesso riposa vengono emanate
- Idea della neutralità delle regole giuridiche stesse, caratterizzate da
generalità e astrattezza.
Da ormai lungo tempo però questo modello si è rivelato essere
piuttosto un ideologia che la descrizione di una realtà e le ragioni della
sua plausibilità sono state pienamente confutate:
- Innanzi tutto col tempo si è andato offuscando il carattere della
generalità e astrattezza della norma giuridica, nonché il riferimento
all’interesse collettivo sono venuti meno, diventando puramente
formali.
Le stesse norme tendono sempre di più a regolare casi specifici e
concreti e a riguardare interessi individuali.
- La produzione delle norme ha perso l’apparente coerenza che
sembrava caratterizzarla (era una pretesa ideologica perlopiù).
Vista l’accresciuta complessità della società si sono moltiplicate le
norme “speciali” determinando un forte problema di coerenza delle
stesse.
Questo provoca una grave incertezza per i cittadini, tanto che la
Altri
fenomeni
poi condizionando
produzione
delle
stessa
cortevanno
costituzionale
ha infrantoleilmodalità
mito del di
principio
“ignorantia
regole
e trasformando certe caratteristiche che,
iurisgiuridiche
non excusat”.
tradizionalmente, vengono loro attribuite.
Si parla molto in questi ultimi anni del processo di globalizzazione.
Le regole
Giuridiche
Nell’era
Della
Globalizz.
Il diritto
Transnaz.
La globalizzazione si fonda su alcuni fattori essenziali:
- celerità delle comunicazioni
società delle comunicazioni
comunicazione di massa
- criminalità organizzata internazionale
che ha determinato lo sviluppo del diritto transnazionale in materia.
celerità di trasferimento di merci e persone
Le matrici del diritto transnazionale possono essere
determinata da fattori di espulsione come crescita demografica,
essenzialmente portate a due:
prospettive migliori di vita e lavoro ecc. e da fattori di attrazione,
analoghi in concreto
ai primi.
- La matrice
legata alla delega formale o meno, del
potere legislativo a organizzazioni sovranazionali
Tutti questi fattori hanno messo ancor più in crisi l’idea di centralità
Matrice che ha conosciuto un importanza sinora
dello stato come fonte esclusiva delle norme giuridiche.
inedita per via dello sviluppo e della diffusione
È il caso del dirittodegli
transnazionale,
cioè non le regole
che
organismi sovranazionali
che, giuridiche
a partire dalla
trovano la loro fonte
nei trattati
consuetudine
internazionale,
seconda
guerrae mondiale,
legano
a vario titolovolte
ea a
regolare i rapportivari
tra gli
stati
(diritto
bensì le
scopi
i paesi
delinternazionale
mondo. Anchepubblico),
se tutti queste
regole giuridiche simili
che vengono
ad esistere
e si applicano
organizzazioni
trovano
nei trattati
loro fonte in stati
diversi.
costitutiva, diversa è però la delega di potere che
La novità sta nel fatto
che spesso
la fonteSisostanziale
delle
norme
tali trattati
prevedono.
distinguono
perciò:
giuridiche non risiede
nei singoli
stati, ma in entità sovranazionali o in
 Trattati
di unione
attori sociali economici.
Prevedono il trasferimento formale di parte della
sovranità, determinando la costituzione di
Matrici del
specie di stati federali o confederazione di stati
Diritto
(es. unione europea).
Transnaz.
-

Trattati di cooperazione
Diversi stati intendono costituire politiche
omogenee attraverso scelte coordinate volta
(es. WITO world trade organisation).
Comportano entrambi limitazioni della sovranità
degli stati che vi partecipano, simile alla
limitazione della sovranità popolare che avviene in
ogni singolo stato.
-
La matrice legata a processi di convergenza delle
regolamentazioni giuridiche di ordinamenti giuridici
diversi
Non impone una vera e propria limitazione di
sovranità agli stati ma limita la libertà di opzione in
nome del processo di globalizzazione.
Impone regole relativamente omogenee. (es.
nuova lex mercatoria)
È infatti proprio il campo economico – finanziario il
settore dove si realizza la convergenza
transnazionale.
Il sistema delle fonti i diritto interno è così mutato
rispetto al modello giuspositivista della centralità dello
stato.
Diverse fonti infatti concorrono oggi nella produzione
delle regole giuridiche.
Il partic.
Giuridico
Non possono poi essere trascurati fenomeni che realizzano processi
inversi a quelli indotti dalla globalizzazione.
A causa dei flussi migratori si registra un aumento delle minoranze
presenti negli stati, le quali sono portatrici di cultura giuridica etica ecc.
molto diversa da quella dello stato di accoglienza.
Lo stato di accoglienza può comprendere oggi una popolazione
profondamente disomogenea, spesso fautrice di rivendicazioni di un
autonomia politica, economica e normativa.
Uno stesso individuo può così trovarsi di fronte a diversi ordinamenti
giuridici.
Ruolo sempre maggiore lo riveste anche il diritto privato internazionale:
complesso di regole del diritto interno che individuano e richiamano le
regole dei diritti stranieri per regolare i rapporti tra soggetti estranei
all’ordinamento interno.
Si va poi diffondendo il concetto di pluralismo giuridico, cioè
compresenza sul territorio di uno stato di una popolazione con
ordinamenti giuridici diversi (pluralismo degli ordinamenti) e il fatto che
lo stato non è più fonte esclusiva del diritto (pluralismo delle fonti).
Rispetto poi merita il c.d. pluralismo etico, cioè il ritenere come
ugualmente legittime tutte le diverse opinioni e opzioni etiche nel
rispetto del principio di tolleranza.
Affermare quindi il nesso inscindibile tra stato – territorio –
ordinamento e l’idea della cittadinanza legata al territorio,
rappresenterebbe l’esatto contrario del concetto stesso di pluralismo
giuridico.
Resta comunque necessario immaginare la coesistenza di ordinamenti
giuridici diversi e tutti ugualmente legittimati rispetto ai loro destinatari
e tutti riconosciuti ugualmente legittimi.
L’azione di cui ciascun individuo può riferirci invece a uno specifico
quadro di orientamento normativo.
Ciascun individuo anzi è 1 ordinamento normativo in se stesso nel
senso che ciascun individuo orienta la sua azione secondo le norme.
Il termine pluralismo giuridico esprime un valore
Il relativismo giuridico secondo cui ciascun ordinamento normativo non
è per se migliore o peggiore di un atto.
Tale valore, per quanto utopico, è comunque da apprezzare per il suo
significato democratico e liberale, espressione delle minoranze etiche e
culturali.
Tutto ciò avrebbe poi maggiore senso se “diritto transnazionale” fosse
l’idea di un ordinamento giuridico condiviso da tutti i popoli e invece
l’espressione di interesse transnazionale economico finanziario come
invece è oggi (deboli e ricchi).
Con l’espressione “funzione del diritto” si può alludere a
-
Le funzioni sociali
del diritto
funzione sociale del diritto
Da un lato agli scopi che alle regole giuridiche possono essere assegnati.
funzionamento del diritto
Le modalità secondo cui le regole giuridiche operano e, quindi, alla loro capacità di conseguire o non conseguire gli
scopi medesimi.
Dal punto di vista del sociologo è facile comprendere come il funzionamento del diritto influenzi la funzione stessa del
diritto: è infatti tipico della prospettiva del sociologo il non indagare le questioni relative alla causa o al fine ultimo dei
fenomeni, ma lo è l’interrogarsi sulle modalità secondo le quali i fenomeni si svolgono.
Funzionamento
Del diritto:
L’efficacia del
Diritto
L’efficacia delle regole giuridiche è alta quando esiste congruenza tra i valori, regole sociali e
giuridiche: esiste cioè una società omogenea, quindi ordine e integrazione.
L’efficacia è scarsa quando c’è incongruenza tra valori, regole sociali e giuridiche: esiste cioè una
collettività differenziata, quindi disordine e conflittualità.
Per molti le regole giuridiche prevalgono sulle “sociali” perché accompagnate da sanzioni
caratterizzate da coercitività e gravità diverse da quelle che accompagnano le regole sociali non
giuridiche.
Tuttavia le sanzioni giuridiche sono prevedibili, tipiche (ad es. privazione della libertà, multa, che
sono stabilite ex lege). Le sanzioni sociali invece sono atipiche e non prevedibili (ad es. disprezzo,
messa in ridicolo ecc).
Entrambe variano in entità a seconda dell’importanza data dalla collettività alla norma violata.
Le coercività delle sanzioni sociali non giuridiche.
Esse non sono meno eludibili di quelle giuridiche.
La gravità della sanzione poi dipende dalla percezione soggettiva di colui che rischia l’irrogazione
della sanzione. Quindi non necessariamente la sanzione giuridiche è più grave della sanzione
sociale.
Quando la norma sociale giuridica ha lo stesso contenuto prescrittivo di quella non giuridica,
l’individuo trasgressore subirà entrambe le sanzioni, se però il contenuto è diverso può darsi che
l’ottemperanza a una delle due regole sia la violazione dell’altra.
Concetto più alto di sanzione: qualsiasi comportamento (conforme o meno alla prescrizione) che
comporti una reazione sociale, di apprezzamento o avversione.
Si parlerà allora di
- sanzioni positiva
- sanzione negativa
entrambe hanno carattere di tipicità nel campo giuridico e atipicità nel campo sociale, cosicché,
mentre la conformità alle regole sociali non giuridiche comporta un premio in termini di prestigio e
riconoscimento sociale, ciò non avviene in caso in ottemperanza alle norme giuridiche.
Quindi l’efficacia della norma giuridica avente contenuto uguale alla norma non giuridica è
massimo, mentre se c’è differenza è minima.
Le ideologie sono il massimo strumento di legittimazione e delegittimazione delle regole giuridiche
e non. In genere sono quelle non giuridiche ad essere considerate intrinsecamente morali. A metà
tra valori e giuridicità stanno le regole costituzionali.
Interpretaz.
Del diritto
La cultura giuridica interna degli operatori si svolge e si sostanzia
nell’attività di interpretazione, cioè quel complesso di operazioni volte a
decodificare il significato del testo giuridico e a individuarne il significato
prescrittivo che meglio possa ritenersi conforme all’intenzione del testo
medesimo.
Non è però un operazione meramente logica ma è volta a relazionare la
norma generale e astratta col caso concreto, perché non vale più la tesi
del formalismo giuridico (le regola generale contiene tutti i casi concreti.
Non è piu vero ciò perché la regola generale è solo uno strumento di
orientamento della decisione del caso concreto. La regola giuridica è una
scatola vuota dove l’interpretazione colloca il caso concreto!).
Per valutare il caso concreto l’interprete deve usare non solo le norme
giuridiche ma anche elementi normativi non giuridici, come il buon
costume, l’ordine pubblico, la buona fede, il dolo, la diligenza del buon
padre di famiglia. Essi sono elementi variabili nel tempo e nello spazio, non
prevedibili con una norma generale.
L’intreccio inestricabile tra regole giuridiche e non giuridiche risulta
evidente nelle norme aperte. (ad es. art. 62 circostanza attenuante, cioè
l’aver agito per motivi di particolari valori sociali e morali) Sta all’interprete
dare senso a tali definizioni nel caso concreto!
L’interprete sa di far riferimento a elementi non giuridici, ma non si rende
conto di farlo per tutte le norme giuridiche, che non sono mai
autosufficienti, perché c’è un pregiudizio di completezza dell’ordinamento
giuridico nell’interprete, pregiudizio di completezza che però è del tutto
sfatato.
La legge stessa lo ammette nella misura in cui prevede che
l’interpretazione sia:
- Letterale
- analogica
- sistematica
in mancanza di chiarezza, di una norma per il caso specifico e …a seconda
del caso.
L’interprete deve quindi pronunciarsi e la legge ammette che le regole
possono essere insufficienti ammettendo che può essere necessaria
l’interpretazione.
L’interprete può così “inventare” di volta in volta il complesso di regole utili
al trattamento del caso concreto.
Le finalità sociali del diritto sono ovviamente molteplici, ma le si può ricondurre sinteticamente a
due:
- funzione latente
- funzione manifesta
Entrambe non sono peculiari delle regole giuridiche ma sono comuni qualsiasi regola sociale.
Uno degli scopi del diritto nel suo complesso è quello di rendere latente il conflitto sociale
tramutandolo in conflitti giuridici manifesti e individuali, tali da poter essere trattati secondo le
regole che il diritto medesimo propone.
Funzioni sociali
Del diritto
Per ottenere tale risultato è necessario che le regole giuridiche siano in qualche misura condivise.
Le regole giuridiche devono quindi essere socialmente legittimate per conseguire le loro finalità e
devono quindi venire assunte come criterio di orientamento delle scelte d’azione da parte dei
membri della collettività.
Solamente quando la regola giuridica o l’ordinamento giuridico nel suo complesso godono di una
certa legittimazione e quindi di una certa efficacia, è possibile che tali regole possano essere
utilizzate per trasformare il conflitto sociale in conflitto latente e in conflitti individuali manifesti
giuridici e per trattare tali conflitti.
Per trattare efficacemente i conflitti individuali è infatti necessario che le regole giuridiche siano in
qualche modo condivise dalle parti in conflitto e che l’autorità investita del compito di trattare tali
conflitti abbia una
certa legittimazione,
deriva
anzi tutto
dalla legittimazione
che godono le
La prima
funzione socialeche
delle
diritto
è quella
di riduzione
della conflittualità
regole giuridiche
che di tale
compito
e da quella goduta dalle regole giuridiche che
(controllo
sociale),
chelasiinvestono
esplica
per l’adempimento
di
tale
compito
è
chiamata
a
utilizzare.
- da un lato, tramite l’orientamento, in modo più o meno cogente, dal
Ciò significa che lacomportamento
stessa ristrutturazione
del conflitto
che l’intervento dell’autorità investita di tale
dei membri
della collettività
compito determina,
vale a dire
regolazione
delle conseguenze
conflitto medesimo, deve
- dall’altro
lato,latramite
il trattamento
dei conflittidel
individuali
godere di una certa legittimazione, che altrimenti la funzione stessa del diritto di trattare i conflitti
ne resterebbe vanificata,
con la conseguenza
il conflitto individuale
manifesto
L’aspetto dell’orientamento
dei che
comportamenti,
in un certo
senso è verrebbe
ovvio e, non
riportato al conflitto
sociale
che
vi è sotteso,
il quale,
da latente,
tornerebbe
a rendersi
per caso,
esso
caratterizza
tutte
le regole
sociali, ovvero
tutteappunto
le convenzioni
che
manifesto.
nell’interazione sociale si sviluppano.
Nel concetto stesso di convenzionalità è implicito il fatto che i comportamenti
Solamente la soddisfacente
realizzazione
della
diritto
si realizza
concretamente
possibili siano
unfunzione
numero manifesta
comunquedel
uguale
o che
superiore
a 2. tramite
due processi tra
loro speculari
comportamenti
dei sono
membri
della
Come
già detto (orientamento
la convenzione dei
e quindi
la regola non
altro
checollettività
il risultato edi
trattamento deiun
conflitti
individuali),
consente
al diritto
di svolgere
la sua
funzione latente
processo
di selezione
sulla base
del quale
viene, anche
tra i molti
comportamenti
( legittimare il potere
che
lo ha emanato).
Per rafforzarsi
e mantenersi
infatti ragione
un potere
ha bisogno
possibili,
individuato
un comportamento
che
per una qualsiasi
debba
di un certo consenso
da
parte
della
collettività
ritenersi preferibile.
Funzione
Manifesta
In una collettività differenziata, i membri della quale sono portatori d’interessi e
di valori diversi, è plausibile ritenere peraltro che il comportamento prescelto
non sia quello preferibile per tutti i consociati e che la selezione avvenga sulla
base degli interessi e delle scelte dei soggetti e dei gruppi dotati di maggiore
potere.
In sintesi tale selezione, traducendosi in regola, stabilizza le aspettative
comportamentali degli individui e permette ad essi di prevedere il
comportamento altrui e adottare le strategie più opportune.
Per fare questo è necessario però che tutti conoscano le regole. Tale conoscenza
delle regole permette la c.d. riflessività delle aspettative e la possibilità che le
regole orientino i comportamenti. Infatti non basta, perché strategie individuali
abbiano senso, che entrambi sappiano o possano presumere che anche l’altro
soggetto la conosca.
Si pongono a questo punto diversi problemi.
Problemi
-
-
Gli ordinamenti normativi sono numerosi e spesso
incongruenti, quindi le aspettative normative possono
essere plurime e la sensibilizzazione delle aspettative
viene meno ( a causa ad es. della globalizzazione e della
localizzazione).
È improbabile che le regole giuridiche siano tutte
conosciute da tutti (ad es. per la presenza di gruppi
etnici ecc).
Mentre il significato delle regole sociali non giuridiche è
chiaro, quello delle norme sociali giuridiche spesso non lo
è, anzi è spesso contradditorio ed equivoco.
Spesso quindi gruppi etnici minori privilegiano le regole
sociali non giuridiche che poi sono le più diverse da
quelle del popolo ospitante.
Di fronte a conflitti l’intervento delle istituzioni giuridiche li
risolve solo dal punto di vista formale, non effettivo, perché
non elimina le ragioni stesse del conflitto.
Il contendente che ha torto vede il suo interesse
squalificato, mentre l’altro si vede riconosciuta tutela
giurisdizionale, ma la situazione che risulta non è meno
conflittuale di quella di partenza.
La riduzione di conflittualità sociale è possibile solo se
l’istituzione giuridica gode di una sufficiente legittimazione
ex collettività.
L’intervento delle istituzioni giuridiche è sia:
- giurisdizione (civile, penale, amministrativa)
- mediazione
processo che vede la presenza di un 3 che interviene nel
conflitto tra le parti facendo leva sui loro rispettivi
interessi o sull’interesse di un altro soggetto che
entrambe le parti sono disponibili a ritenere rilevante al
fine di ottenere una conciliazione.
Requisiti per la buona riuscita della mediazione sono:
interessi divisibili e concilianti
terzo che goda di fiducia ex 2 contenditori.
- Amministrazione
Il terzo (l’amministratore) è in una posizione di
supremazia e gode di risorse proprie da usare x
comporre la controversia e del potere di imporre la
soluzione scelta.
Qui non si preoccupa della ragione o del torto delle parti,
come anche la mediazione, mentre la giurisdizione se ne
occupa, dato che è chiamata a legittimare o
delegittimare comportamenti sulla base del torto o
ragione.
Nella mediazione e amministrazione rilevano
maggiormente gli interessi in gioco e vengono trattate
anche le motivazioni del conflitto cosicché esso viene
risolto (a differenza della giurisdizione).
A causa di diversi fattori ( lentezza, onerosità, aleatorietà
ecc) i contendenti tendono sempre più a rivolgersi a
strumenti diversi dalla giurisdizione, come gli arbitrati
(rituali o irrituali).
Si è inoltre sviluppato l’intervento amministrativo come
prevenzione e trattamento di conflitti potenziali o attuali
(intervento dello stato assistenziale – welfare state- ).
Funzione
Latente:
legittimaz.
Del potere
Ex funzione manifesta di orientamento dei comportamenti e scelte, e del
trattamento dei conflitti individuali, risulta che un efficace orientamento dei
comportamenti e delle scelte riduce il numero dei conflitti e un efficace
trattamento dei conflitti può rappresentare un efficace meccanismo di
orientamento. Quando entrambe le funzioni sono efficaci si può ottenere una
forma di ordine efficiente che è l’autoregolamentazione: membri della collettività
trattano da sé i conflitti e li prevengono.
Ogni individuo è portato a criticare le norme giuridiche ma non l’intero
ordinamento giuridico che appare legittimato socialmente dal fatto che si è
globalmente convinti che la collettività intera lo condivida. È quindi dalla somma
dei convincimenti individuali che trae la sua legittimazione, nonché dal consenso
dei cittadini stessi.
Tale legittimazione sociale (ordine sociale) investe anche l’ordinamento
costituzionale, che a sua volta legittima il diritto, che a sua volta determina
l’ordine sociale (“circolarità”).
L’assetto così determinato che quindi coincide con l’organizzazione del potere
stesso, è legittimato dal diritto in virtù della funzione del diritto di realizzazione
dell’ordine sociale. è un circolo virtuoso.
È diverso dal potere tradizionale (dove si da per scontata la legittimazione
dell’autorità). In esso l’assetto costituzionale può non coincidere con
l’organizzazione del potere reale, sicché la sua legittimazione ex diritto è
ideologica e non reale.
Nel potere carismatico (cioè carattere sacro o valore di una persona o degli
ordinamenti creati da essa) l’assetto costituzionale è sbilanciato sulla personalità
e qualità del capo, che rappresenta il potere e l’organizzazione stessa del potere,
ma non è il reale detentore.
La sua legittimazione è quindi ideologica.
Resta comunque il fatto che gli assetti costituzionali non possono fare a meno
del diritto come fonte di legittimazione (dato che il potere si colloca all’esterno
Le regole giuridiche
e l’ordinamento giuridico sono assistiti da una presunzione di legittimità.
di essi).
Cioè finché esse sono assistite dal riconoscimento sociale, spetta agli attori sociali che le
vogliono contestare, recare argomenti idonei alla delegittimazione.
Ideologia del diritto
Le regole giuridiche e l’ordinamento giuridico nel loro complesso rappresentano uno stretto intreccio coi valori, pur
essendo cosa molto diversa da essi.
Intreccio molto stretto perché se intendiamo come valori i criteri di eccellenza o di perfezione che, sulla base della
cultura della collettività, individuano ciò che è auspicabile e desiderabile da parte della collettività medesima rispetto a
ciò che non lo è, criteri che consentono ai membri della collettività di valutare l’adeguatezza dei comportamenti propri
e altrui cosicché le regole sociali (giuridiche e non) si riferiscono ai valori della collettività.
È comunque possibile riscontrare comportamenti concreti che si discostano dai valori senza subire sanzioni, poiché è
socialmente accettato, perché un criterio di eccellenza non è sempre possibile.
Accanto ai valori collettivi stanno i valori individuali, che esprimono ciò che per il singolo è auspicabile.
È da notare come nell’intreccio tra regole sociali (giuridiche e non) e valori (individuali e collettivi), l’ordinamento
giuridico, in quanto portatore di valori propri (legalità ecc) che sono ideologici, rappresenta un ideologia.
Ideologia
Della giustizia
Ad es.
di carattere tecnico, volti ad evidenziare la contraddittorietà della regola coi suoi
scopi (irrazionalità rispetto allo scopo). O l’incoerenza della regola attraverso altre regole
(irrazionalità rispetto ai valori: irrazionalità formale).
Di carattere ideologico, volti a negare il valore a cui la regola si riferisce.
La contestazione delle regole giuridiche al fine di modificare l’ordinamento (lotta per il diritto)
può svolgersi all’interno dell’ordinamento (ad es. lotta parlamentare) o all’esterno ex strumenti
pacifici (manifestazioni) o violenti ( guerra civile).
Si svolge principalmente come lotta per la giustizia.
Il concetto di giusto o ingiusto appare un dato culturale ed è impossibile formulare un giudizio
assoluto in merito alla giustizia.
Quello di giustizia è un concetto relativistico.
L’idea della giustizia intrinseca del diritto è un idea ossimorica perché il diritto intrinsecamente
non è ne giusto né ingiusto.
La giustizia di una regola giuridica si riduce alla percezione soggettiva della corrispondenza
della regola stessa ai valori condivisi dall’individuo collettività.
L’idea che il diritto possa dettare regole ingiuste e inconcepibile per la collettività che quindi la
contesterà proprio in nome della giustizia.
Il problema della giustizia si è quindi spostato dall’interno all’esterno dell’ordinamento giuridico,
cosicché il giudizio sulla giustizia del diritto riflette i valori condivisi dalla collettività in un certo
momento storico.
Prima che si consumasse la scissione tra diritto e morale era possibile definire ingiusto e
immorale l’ordinamento per la sua incoerenza interna.
Dopo tale scissione nessun ordinamento è giudicabile come ingiusto di per sé, purché goda di
una certa legittimazione (cioè congruenza ai valori condivisi).
Nasce così un idea di giustizia non naturale ma di carattere storico e culturale, fiuto della
convenzionalità delle relazioni umane.
Quanto più una regola giuridica trova corrispondenza in valori diffusi nella collettività, tanto più
questa regola tende a conservarsi nel tempo e a reputarsi legittimata.
Dal diritto ai
Diritti
L’idea dei diritti soggettivi fondamentali si è accresciuta grazie all’affermarsi dell’individualismo,
dal quale consegue una frammentazione della collettività (ex 1 assunzione di rudi non
predefiniti, imprevedibili) e la perdita di capacità normativa delle regole giuridiche.
Da un punto di vista sociologico – giuridico, il diritto soggettivo, è una pretesa che un soggetto
avanza verso altri soggetti, chiedendone e ottenendone il riconoscimento giuridico.
Tale pretesa può ledere o limitare gli interessi degli altri soggetti, quindi trova riconoscimento
solo ex forza relativa del soggetto stesso che riesce a imporre tale riconoscimento, oppure ex
fatto che tale pretesa sia ritenuta moralmente giusta dalla collettività.
Per la scienza giuridica i diritti soggettivi sono il versante positivo della capacità giuridica
rispetto ai quali i doveri sono il versante negativo.
All’ idea dei diritti soggettivi è sotteso il valore dell’uguaglianza.
Se taluno può avanzare una pretesa e vedersela riconosciuta, anche un altro, nella stessa
situazione può fare lo stesso!
È anch’essa una ideologia dato che tutti gli individui sono diversi, ma è comunque condivisibile
tanto che proprio perché tutti gli individui sono diversi essi devono essere trattati tutti come
soggetti di diritto.
Un trattamento diverso paradossalmente è possibile solo a favore di soggetti formalmente
uguali ma sostanzialmente diversi (soggetti deboli).
L’affermazione e il rispetto del principio di uguaglianza, per quel che attiene i diritti soggettivi,
riscontra tuttavia con la diversa distribuzione del potere tra gli individui e gruppi della
collettività.
L’idea dei diritti fondamentali è un idea utile nella lotta politica: spaccia gli interessi particolari
dei politici per interessi generali (è l’ipocrisia del diritto).
Legittimare il proprio potere su tale idea dei diritti fondamentali è ipocrita perché lascia
intendere a tutti che tali diritti spettano a tutti (anche i deboli).
Si è così sviluppata l’idea che certi diritti fondamentali appartengano a tutti gli esseri umani in
quanto tali.
Transnaz. Dei
Diritti
Al contrario delle regole giuridiche, i diritti si rafforzano per via della loro violazione.
Ciò trova riscontro nei casi in cui l’uso dell’idea cei diritti fondamentali abbia carattere
meramente strumentale, quando cioè la violazione è invocata al fine di legittimare la lotta
politica internazionale.
-
I primi diritti ad affermarsi sono i diritti negativi: le pretese dell’individuo che non venga
invasa la sua sfera di libertà (libertà personale, inviolabilità della sfera privata, essere
giudicati ex regole prestabilite).
Si parla così di diritti civili negativi.
-
Si affermano poi i diritti civili positivi: le pretese di agire direttamente per l’ottenimento di
qualcosa (partecipare alla sovranità e alle scelte politiche, svolgere liberamente un attività
economica).
Sottesa a tali diritti stava prima un idea di uguaglianza formale degli individui, poi un idea di
uguaglianza sostanziale, in virtù della quale la collettività ha il compito di rimuovere tutte le
ragioni di diversità, grazie a interventi di welfare state per garantire il soddisfacimento dei
diritti economico sociali.
-
Vi sono poi i diritti positivi collettivi: la cui titolarità è individuata ex partecipazione
dell’individuo a una determinata categoria.
Collettività è chiamata una redistribuzione coattiva delle risorse fiscali in senso egualitario.
Si tratta di pretese che comunque tutti i membri possono avanzare perché tutti possono
trovarsi esposti al rischio di un danno. (es. diritti ecologici).
In questo processo di affermazione dei diritti fondamentali si può notare:
- un progressivo riconoscimento di una soggettività individuale
- di un progressivo riconoscimento di una soggettività collettiva
entrambe dotate del carattere dell’assolutezza, volta l riconoscimento dei diritti inviolabili a ogni individuo, ma mentre
per i diritti individuali l’assolutezza prescinde alle caratteristiche proprie dell’individuo, per i diritti collettivi questo non
avviene (vedi libro).
In realtà non si è però affatto pervenuti a un uguaglianza sostanziale tra i membri della collettività, anzi, tale
disuguaglianza si riflette nell’esercizio dei diritti stessi.
Ciò nonostante tale criterio è assoluto e resta valido e rende quindi ingiustificabile ogni forma di discriminazione.
Eventuali disuguaglianza di trattamento potevano fondarsi solo su disuguaglianza di carattere ontologico tra diversi
soggetti, e non sociale (si trattamento di favore per la donna in gravidanza, no trattamenti diversi per i genitori
nell’esercizio delle loro funzioni comuni).
Questioni di discriminazione possono nascere anche dall’uso di un termine piuttosto che di un altro all’interno di una
legge:
- Art, 3 Cost. tutti i “cittadini” hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge.
- Art. 2 Cost. la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’”uomo”
- Art. 22 Cost. “Nessuno” è privato per motivi politici della capacità giuridica, cittadinanza, nome.
- Art. 24 Cost. “tutti” possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi
- Art. 32 Cost. la repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell’”individuo”
Mentre il termine cittadino va incontro a meno equivoci circa l’individuazione dei destinatari delle norme e quindi dei
diritti, gli altri termini sono più vaghi e pericolosi.
Con “cittadino” si chiarisce che il riconoscimento della partecipazione ai diritti riconosciuti nell’ordinamento italiano, è
legato all’appartenenza
Stato. ci sono diversità di trattamento evidenti di carattere ontologico.
Traallo
i cittadini
Un esempio è la tutela dei diritti dei minori che nonostante siano tutelati in via prioritaria
rispetto agli adulti, non godono di piena capacità giuridica.
I diritti difficili
Legittime sono quindi le discriminazioni positive, cioè trattamenti privilegiati a favore di soggetti
più deboli (come bambini e donne).
Diritti degli
Animali
Non umani
Gli animali dovrebbero essere trattati nello stesso modo, invece sono
discriminati sulla base di un criterio specista, fondato sulle teorie
antropocentriche e sul dualismo filosofico.
I punti chiave che differenziano l’uomo dall’animale sono:
- immortalità dell’anima
- raziocinio (capacità di ragionare razionalmente)
Queste differenze non possono però giustificare la differenza di
trattamento (nel primo caso non si ha la certezza dell’immortalità
dell’anima, nel secondo caso invece anche i cerebrolesi sarebbero non
umani, eppure godono dei diritti tipici dell’uomo!).
Ne deriva la necessità di superare lo specismo e riconoscere alcuni diritti
fondamentali agli animali.
Diritti dei
Paesi poveri
Ugualmente necessario è diventato affermare il diritto allo sviluppo come
diritto fondamentale che deve fondarsi sul mutamento del rapporto tra
paesi ricchi e paesi poveri.
La rivoluzione informatica non pone in crisi il tradizionale schema del rapporto tra regole
giuridiche e valori.
La trasformaz.
Tecnologica e il
Ruolo del diritto
L’ingegneria genetica corre il rischio dell’ “apprendista stregone”, quindi si invoca il principio di
precauzione, volto a favorire l’applicazione tecnologica delle acquisizioni scientifiche solo se c’è
certezza sulle conseguenze (per tutelare diritti fondamentali come il diritto alla salute).
Quindi in ogni situazione di incertezza rispetto ai rischi e benefici, con conseguente incertezza
di calcolo, di bilanciamento degli interessi, la regolazione giuridica deve operare scelte orientate
al divieto, sotto il profilo generale nel rispetto del principio di cautela.
Verso le conoscenze e le tecniche biomediche invece la questione si fa piu delicata. Esse hanno
portato a un allungamento delle aspettative di vita, ma anche a situazioni di scarsa qualità della
vita (es. accanimento terapeutico).
- Secondo alcune opzioni etiche è necessario il riconoscimento del diritto
all’autodeterminazione dell’individuo e del diritto alla disponibilità del proprio corpo.
Trova riscontro nell’art. 32 Cost. “i sanitari devono astenersi da interventi sproporzionati
rispetto ai benefici”, che traduce in un rifiuto all’accanimento terapeutico.
- Secondo altre opzioni etiche invece la vita è indisponibile.
Caso emblema: eutanasia
Essa assume due sensi:
- eutanasia passiva o involontaria
interruzione dei mezzi di sostegno vitale per i malati irrecuperabili, che versano in uno
stato vegetativo permanente.
- eutanasia attiva o volontaria e suicidio assistito
aiuto al malato che non è in grado di suicidarsi da solo, tramite la somministrazione di
farmaci su richiesta del malato.
Costituiscono due reati molto gravi (omicidio del consenziente, aiuto del suicidio).
I tale situazione di pluralismo etico, la regolazione sociale non può preferire un opzione etica
piuttosto che un'altra (essendo tutte legittime) ma deve adottare scelte mirate a garantire il
massimo grado di libertà individuale e sulla base di un prudente bilanciamento degli interessi
e in grado di giustificare eventuali divieti in nome degli interessi collettivi riconosciuti dalle
regole giuridiche.
Da questa riflessione deriva che il diritto all’eutanasia è una privazione della libertà
individuale ingiustificata.
conclusioni
La società è profondamente mutata
- sia per fattori economico – sociali
globalizzazione, movimenti migratori ecc.
- che per fattori culturali
sviluppo comunicativo, scientifico ecc.
Questi mutamenti hanno sconvolto il sistema delle fonti, accanto al diritto interno emanato dallo Stato, si pone il diritto
transnazionale e il particolarismo giuridico.
Questi mutamenti hanno poi mutato le modalità del funzionamento dei diritto, ora ci sono infatti più difficoltà a
garantire l’efficacia delle sue norme giuridiche (visto l’aumento del particolarismo giuridico).
In un tale contesto si pone come fondamentale il riconoscimento giuridico dei diritti umani fondamentali, che
l’ordinamento deve porre come base legittimante dell’organizzazione politica e istituzionale, nonché di se stesso.
Rappresenta il caso più ampio di diritto transnazionale.
Su tale piano, però l’organizzazione di riferimento (ONU) sta perdendo di importanza in questo processo di
affermazione dei diritti fondamentali, soprattutto a causa delle spinte verso un tipo di globalizzazione neoimperialistica.
Tale processo deve quindi essere portato avanti dagli ordinamenti nazionali e dall’ordinamento internazionale.
è necessario che lo Stato chiarisca che vuole porre divieti e limitare la sfera di libertà personale e dell’autonomia
normativa dei soggetti, le ragioni dei divieti medesimi indicando quale interesse collettivo giustifichi tale riduzione di
libertà (come gioverebbe fare per l’eutanasia).