Sociologia del diritto Disciplina che considera i fenomeni giuridici solo in quanto fenomeni sociali e li studia nelle loro relazioni con altri fenomeni sociali. La sociologia del diritto affronta 3 tipi di questioni: - genetica del diritto Origine e natura delle regole giuridiche. Riguarda i modi in cui le regole giuridiche vengono in essere e le ragioni per cui vengono ad esistere. Studia in particolare la relazione tra la sfera giuridica e politica. - Funzione del diritto Riguarda le modalità secondo cui il diritto opera e quali effetti produce sulle relazioni sociali Studia in particolare, da un lato il rapporto tra diritto e regole sociali di tipo giuridico e dall’altro il rapporto tra diritto e organizzazione sociale. - Ideologia del diritto Riguarda il rapporto tra le regole giuridiche e le idee, i valori condivisi, più o meno diffusamente all’interno di una collettività. Studia in particolare il rapporto tra regole giuridiche, cultura, etica. Opera quindi una critica sociale del diritto. Per considerare i fenomeni giuridici: - la sociologia del diritto - la scienza giuridica Adottano prospettive profondamente diverse Genetica del diritto Le diverse Prospettive Scienza Giuridica La prospettiva della scienza giuridica considera le regole giuridiche come un dato che il giurista non deve giudicare ma che deve sviluppare come una variabile indipendente: il giurista è un tecnico che considera le norme giuridiche da un punto di vista interno Es. un tecnico di macchine lavatrici conosce perfettamente la struttura, la collocazione di ogni componente. Esso è in grado per questo di ottenere la massima resa dalla macchina, di capire le ragioni del malfunzionamento ed eventualmente riparare o sostituire un pezzo. Esso non è però interessato a sapere quanto le lavatrici siano diffuse, quale importanza abbia l’uso di una lavatrice per una casalinga, sapere se quel determinato modello è adeguato alle particolari esigenze di quella determinata casalinga. Non sarebbe poi in grado di progettarla e di costruirla, neppure di convincere qualcuno a comprarla dimostrandone l’utilità. Questo tecnico considera la macchina in quanto tale e il suo sapere e il suo agire cominciano e finiscono con la macchina. Così il giurista rispetto alle regole del diritto, che considera da un punto di vista interno. Sociologia Del diritto Il sociologo del diritto viceversa è come colui che sa come si progetta e si costruisce la macchina, che è in grado di valutarne le caratteristiche sia funzionali che commerciale, sa quale utilità e quale importanza una lavatrice possa avere per ridurre la fatica delle donne e, insomma, che cosa significhi l’uso della lavatrice per la collettività e nella ripartizione del lavoro umano. Per converso non la saprebbe riparare e magari non saprebbe nemmeno che bottone schiacciare per farla partire. Il sociologo quindi guarda al diritto da un punto di vista esterno, considera le regole giuridiche come un fenomeno sociale nelle sue relazioni con altri fenomeni sociali , come un variabile dipendente ma al contempo indipendente. Sono entrambi punti di vista necessari. Sia il sociologo che il giurista hanno un ruolo fondamentale nella comprensione della realtà del diritto, ma la loro funzione è alquanto differente e i loro punti di vista stessi sono profondamente differenti. Sono punti di vista entrambi necessari per la comprensione dei fenomeni giuridici e tra loro complementari, nel senso che, come diceva Einstein relativamente al rapporto tra scienza e filosofia, la scienza giuridica senza sociologia del diritto è ceca e quest’ultima senza la prima è vuota. La collaborazione tra sociologia del diritto e scienza giuridica ha però incontrato notevoli difficoltà, da quando la sociologia del diritto ha acquisito importanza, soprattutto da parte dei giuristi diffidenti. I sociologi al contrario sono da sempre coscienti della natura interdisciplinare della loro scienza, anche se si tratta di una interdisciplinarità di carattere esterno e non interno, vale a dire che non si tratta di una scienza a cavallo tra la sociologia e le altre scienze che hanno a oggetto di studio il diritto, ma che si tratta di un ramo della sociologia che, occupandosi specificamente del diritto ma non può avvalersi di contributi recati dalle altre scienze che del diritto si occupano. La sociologia del diritto poi ha ad oggetto di studio gli stessi giuristi e la riflessione sociologica consente ai giuristi di riflettere su se stessi e sul loro ruolo sociale (ciò comunque non significa che i giuristi non riflettono su se stessi e sul loro ruolo sociale, che non prendano in considerazione il diritto anche nelle sue relazioni con gli altri fenomeni sociali. Significa solo che quando così fanno si comportano come sociologi e non come giuristi, magari senza nemmeno rendersene conto). La sociologia del diritto rappresenta quindi il punto d’incontro speculativo tra la cultura degli operatori del diritto (cultura giuridica interna) e la cultura giuridica di tutti i soggetti ai quali le norme giuridiche si indirizzano (cultura giuridica esterna). Infatti sia la cultura giuridica interna che esterna sono oggetto di studio specifico della sociologia del diritto, in quanto il loro rapporto costituisce un aspetto rilevante della relazione tra il diritto, da un lato, e la politica, la cultura e la morale, dall’altro lato. L’ordinamento Giuridico La profonda differenza tra il punto di vista del giurista e quello del sociologo del diritto, si palesa in modo alquanto evidente nella idea stessa del diritto e nella definizione delle caratteristiche, che ad esso sarebbero peculiari, che la sociologia del diritto e la scienza giuridica rispettivamente nutrono, che risultano assai diverse e, per taluni aspetti addirittura antitetiche. - Punto di vista del giurista Ordinamento completo, senza incoerenze e vuoti normativi Il punto di vista del giurista, infatti ha costruito un idea del diritto che, minimizzando o mascherando certe ambizioni e certe incoerenze, si rendesse funzionalmente adatta alla sua utilizzazione pratica, come strumento di gestione e di trattamento delle contraddizioni sociali. A questo proposito è rilevante che il complesso delle regole giuridiche venga definito come “ordinamento giuridico”, ciò che appunto richiama l’idea di un tutto ordinato e coerente, tale da superare le particolarità delle singole regole giuridiche e la loro frammentazione. - Punto di vista del sociologo Ordinamento incompleto, con incoerenze e vuoti normativi Il punto di vista del sociologo, viceversa, non solamente è ben poco sensibile a questa esigenza (il diritto non è completo, non può essere funzionalmente utilizzato per gestire e superare le contraddizioni sociali. Anzi, deve essere in grado di mutare e adeguarsi) ma anzi tende, per via della maggiore attenzione che pone alle finalità descrittive che non a quelle funzionali e applicative, a sottolineare e a porre in evidenza le contraddizioni e la problematicità che il diritto presenta. Ancora una volta il punto di vista di chi lavora con le regole è diverso da chi lavora sulle regole, ma è importante che entrambi conoscano e tengano conto di entrambi i punti di vista. Positivismo Giuridico e Critica L’esigenza funzionale del diritto in quanto strumento operativo ha trovato e ancora trova un sostegno e una giustificazione in ideologie tuttora largamente diffuse, che sono al tempo stesso fonte di descrizione di un fenomeno già messo chiaramente in evidenza da Marx ed Engels, la dove denunciavano come un errore il fatto di concepire il diritto come un sistema chiuso, coerente e autosufficiente, si da recidere i suoi legami con le relazioni sociali reali o addirittura da invertire il rapporto che con queste intercorrere. Questa inversione logica ha trovato la sua massima espressione nel positivismo giuridico, ovvero quel complesso di posizioni teoriche, per altro tra loro diverse e talvolta contraddittorie, che considera il diritto come diritto positivo, in quanto posto dalla volontà umana e più specificamente dal legislatore, richiamando in modo netto la scissione tra - diritto e morale, da un lato - regole giuridiche e le altre regole sociali, dall’altro In questo orientamento di pensiero che, per quanto sia stato fortemente criticato e ormai da considerarsi assai fragile dal punto di vista della riflessione scientifica, rappresenta tuttora il paradigma più diffuso tanto nella cultura interna quanto in quella esterna. In esso sono confluite diverse matrici storicamente individuabili e in primo luogo l’esigenza dello Stato moderno di giustificare la propria piena sovranità anche nel campo giuridico, dove si è arrogato il monopolio sia per quanto riguarda la produzione delle norme giuridiche sia per quanto riguarda la loro applicazione, in ossequio a un principio monistico. Le cose però non stanno proprio così, posto che mai lo sono state e il monismo positivistico è andato rivelando il proprio carattere puramente ideologico. Pretese del positivismo giuridico La pretesa dell’ideologia monistico - privatistica del diritto è stata quella di giustificare l’asserzione che il diritto positivo rappresenta l’unico ordinamento giuridico valido, lasciando spazio ad altre fonti normative, purché le stesse, non qualificandosi come giuridiche, non interferissero col diritto positivo e soprattutto non ne ponessero in questione la presunta supremazia e la presunta esclusività. Presunte Caratterist. delle norme giuridiche Anche la scissione tra il diritto e la morale, operata dal positivismo giuridico non può essere intesa solamente come la pretesta di laicità dello stato sovrano che rifiuta l’ipoteca religiosa, bensì anche come la conseguenza della necessità, dettata dalla pretesa di esclusività, che la sfera pubblica potesse giustificare l’attribuzione di spazi di normatività alla sfera privata la dove non fosse in grado di garantirne la subordinazione alla sfera pubblica. In omaggio a tale orientamento monistico – positivistico del diritto, alle norme giuridiche sono stati e vengono ancora attribuiti caratteri che esse in realtà non possiedono, o possiedono solo in parte. Si è giunti quindi a ritenere che tali caratteri siano loro esclusivi così da costituire i tratti peculiari che distinguono le norme giuridiche stesse rispetto alle norme sociali. Le norme giuridiche, considerate anche nel loro complesso, sarebbero caratterizzate da razionalità intesa nella sua accezione di coerenza e non contraddittorietà interna, al contrario delle altre norme sociali che sarebbero incoerenti e contraddittorie. Origine della pretesa di razionalità e completezza Confutazione dell’idea Tale affermazione è dettata dall’idea che sarebbe plausibile ritenere che un ordinamento normativo sociale possa raggiungere i suoi scopi e svolgere la sua funzione anche in presenza di un certo livello di incoerenza interna, mentre non lo sarebbe ritenere al contrario, che ciò possa valere per un ordinamento giuridico, il quale, per funzionare, dovrebbe evitare contraddizioni interne e proporre o imporre disposizioni di comportamento, non solamente le più chiare, ma anche univoche. Semplici osservazioni però suggeriscono tuttavia che potrebbe essere esattamente il contrario: Norme sociali non giuridiche Per quanto riguarda le norme sociali diverse dalle norme giuridiche infatti apparirebbe ben strano che un uso o una regola di buona educazione, proprio perché tali sono, si contraddicano e consentano comportamenti diversi (se in certe circostanze è buona educazione togliersi il cappello non è possibile rispettare le regole di buona educazione nel loro complesso tenendo il cappello e, d’altro canto, è probabile che una regola sulla buona educazione sia conforme anche all’uso e al costume, sicché dunque tra le regole sociali di un dato ordinamento normativo sociale e tra gli stessi ordinamenti normativi sociali è riscontrabile una certa coerenza. Regole giuridiche Per quanto concerne le regole giuridiche viceversa è quanto meno piuttosto frequente che una regola sia incoerente con un'altra e anzi la contraddica. È vero infatti che in ordinamenti giuridici che presentano un certo grado di complessità, sono state elaborate regole anche sofisticate al fine di consentire il superamento di conflitti. - gerarchia delle fonti Per cui le disposizioni recate da un certo tipo di fonte prevalgono su quelle di rango inferiore. - meccanismo dei gravami Per cui contro la decisione di un giudice di un istanza è possibile proporre ricorso a un giudice superiore, la cui decisione prevarrà se diversa (sino al passato in giudicato). - corti di legittimità Corte di cassazione. Corte interpellata secondo una funzione normofilattica (di garanzia della legge), volta a individuare l’esatta interpretazione delle norme giuridiche quando vi sia un dubbio o contraddittorietà. - corti supreme Corte costituzionale. Chiamata a confrontare singole regole giuridiche coi principi fondamentali dell’ordinamento stabiliti ex corte cost. È l’esistenza stessa di questi meccanismi volti a superare la contraddittorietà dell’ordinamento giuridico che ne dimostrano l’incoerenza e la contraddittorietà stessa. Le norme Giuridiche E le norme Sociali Le norme sociali sono tutti i tipi di norme, è una qualsivoglia regola vigente in una collettività, il contenuto prescrittivo o proscrittivo della quale impone o vieta comportamenti facendo riferimento alle aspettative di almeno parte una parte della collettività, regola ritenuta vincolante da almeno parte della collettività, la cui violazione comporta una reazione sociale. Questa definizione può valere per qualsiasi norma, anche giuridica. Caratteri comuni Certe qualità attribuite con carattere di esclusività alle norme giuridiche sono comuni alle norme sociali in generale e tali qualità , a tutto concedere, risultano più evidenti presso le norme sociali di tipo giuridico che non presso le norme sociali di altro tipo, ma ciò non toglie che siano caratteristiche comuni. Le norme possono essere - condivise o imposte - riferirsi a collettività più o meno differenziate o più o meno vaste - prevedere vari tipi di sanzioni e di modi per irrogarle - svolgere certe funzioni piuttosto che altre, trovare fonti diverse di produzione Per differenziare le norme sociali giuridiche dalle norme sociali non giuridiche bisogna ricorrere a un criterio non formale, ma sostanziale ovvero alla distinzione tra norme e comportamento orientato dalle stesse, e alla fine utilizzare la distinzione, non propriamente nuova, tra E via dicendo, presentando in misura maggiore eteronomia e autonomia. o minore, ma non mai essendo ne totalmente prive neuna possedendoli perfettamente, caratteri Solo in società perfettamente omogenea di (difficile da immaginare se non i concezioni generalitàsarebbe pensabile che non si utopistiche) astrattezza determini un organizzazione politica destinata a gestire razionalità le differenze del potere e che non esistano coercitività regole che tale differenziazione Indipendentemente dal tipoindiprecetti norma regolativi sociale rappresentino e traducano che sidiverse voglia prendere in potere. considerazione (sociale delle posizioni di giuridica o sociale giuridica). Ciò significa che è non difficile pensare a una società priva di Stato, inteso come organizzazione politica, e priva di diritto. E anzi si può osservare che quanto più una Diversità tra società è differenziata tanto più le regole Norme sociali giuridiche sono preponderanti, al contrario delle E norme norme sociali non giuridiche che appaiono meno giuridiche diffuse e rilevanti quanto più la società è omogenea. Criterio distintivo norme giuridiche e norme sociali Proprio questa relazione tra il diritto e il potere consente di attribuire alle regole giuridiche il carattere della eteronomia e alle norme sociali non giuridiche quello dell’autonomia. In realtà tanto le une quanto le altre sono eteronome, nel senso che entrambe s’indirizzano agli individui dall’esterno, e tanto le une che le altre recano il carattere della coattività, nel senso che anche le norme dell’uso e del costume non possono essere trasgredite senza il rischio di sanzione che, per quanto siano diverse le modalità di irrogazione e per tipo stesso, non sono meno gravi o meno cogenti di quelle giuridiche. Occorre però notare come sia diversa la percezione da parte del destinatario delle norme: - norme sociali il destinatario le percepisce come adeguamento spontaneo a un precetto che gli pare nascere da se stesso e dalla sua libera scelta. - norme sociali il destinatario ha la consapevolezza che esse provengono dall’esterno e non corrispondono a una sua libera scelta, ma a una scelta adottata almeno anche da altri oltre che da se stesso. Da queste premesse si potrebbe dedurre un criterio di distinzione non formale ma sostanziale delle norme sociali dalle norme giuridiche: la separabilità tra la norma e il comportamento normativo. Carattere prescrittivo e carattere non prescrittivo È una distinzione possibile grazie al carattere prescrittivo delle n. sociali che si differenziano dalle leggi naturali. - Leggi naturali Esse Infatti descrivono i fenomeni per come accadono sicché le aspettative, se deluse, impongono di modificare le aspettative stesse (aspettative cognitive) e il soggetto che le nutre deve essere disposto ad apprendere dalla delusione. Ad es. se è nuvoloso ed esco senza ombrello perché spero che non piova, se poi mi bagno non posso fare altro che imparare che la prossima volta dovrò portare l’ombrello, imparare dalla delusione perciò. - Norme sociali Le norme sociali invece possono tutte essere trasgredite, nel senso che il comportamento contrario a quello auspicato dalla norma è pur sempre empiricamente possibile, appunto perché la norma sociale rappresenta la selezione di un comportamento auspicato o preferito, sicché le aspettative, se deluse, non impongono di modificare le stesse (aspettative normative) e il soggetto che le nutre può non essere disposto ad apprendere dalla delusione. Ad es. se mi aspetto di non essere derubato ma ciò succede comunque, potrò continuare ad aspettarmi di non essere derubato perché c’è una legge che lo vieta, è un reato. Diverso carattere di vincolatività La differenza tra le norme sociali giuridiche e le norme non giuridiche è legata alla fonte della loro vincolatività. - Norme sociali di tipo non giuridico la prescrizione e il fatto orientato da essa coincidono e la differenza è solo formale, tanto che sono vincolanti perché seguite spontaneamente - Norme sociali giuridiche Invece sono vincolanti di per sé, per il solo fatto di essere norme giuridiche, anche se non rispettate. Quindi anche una norma giuridica sistematicamente violata viene ad essere considerata vincolante, per il solo fatto di essere una norma giuridica. Ciò invece non accade per una norma sociale di tipo non giuridico In altre parole questa distinzione è - per quanto riguarda le norme sociali una distinzione solo concettuale, nel senso che se non vi è un comportamento normativamente orientato osservabile, neppure la norma è identificabile. - per quanto riguarda le norme giuridiche una distinzione concreta, perché anche se non è osservabile un comportamento normativamente orientato la norma giuridica resta vincolante, come fatto sociale per sé. Conseguenza di tale distinzione: le regole sociali diverse dal diritto, come qualsiasi fenomeno sociale, si evolvono e cambiano, ma regole sociali nuove vengono percepite come vincolanti solamente quando i comportamenti da esse orientati abbiano appunto preso piede e siano divenuti una pratica concreta e usuale, vale a dire solo quando il fatto coincide con la regola. Al contrario, le regole sociali di tipo giuridico, possono esistere anche quando non sono praticate e rispetto alle quali la vincolatività sussiste a prescindere dalla pratica concreta, possono prescrivere comportamenti nuovi e non mai seguiti dai loro destinatari La nascita delle norme giuridiche richiede sempre 2 condizioni: - differenziazione degli interessi - ineguale distribuzione del potere tra i membri della collettività Le regole Giuridiche E la struttura Del potere Se infatti tutti i membri di una collettività fossero mossi dagli stessi interessi, il loro agire non avrebbe bisogno di regole che prescrivano o proscrivano comportamenti, ma al più di regole tecniche organizzative, le più adatte al conseguimento del comune interesse. Dl’altro canto se il potere fosse distribuito in modo omogeneo, nessun soggetto potrebbe vincere la resistenza di un altro soggetto e quindi l’esercizio stesso del potere tramite l’imposizione di comportamenti sarebbe inibito e ciascuno si troverebbe alla fine a potere tutto ciò che può e vuole. Questi sono fattori che si fondano su 2 elementi: - le risorse limitate - le differenza riscontrabili tra soggetti diversi. Il soddisfacimento degli interessi comporta necessariamente un sacrificio degli interessi altrui: tale conflitto è conseguenza della relazione dei relativi poteri dei contendenti. Questo conflitto tra poteri si esprime in modo diretto (uso della forza) o indiretto (minaccia dell’uso di forza). L’uso della forza è però dispendioso perché consuma risorse e non consente l’uso pacifico del proprio vantaggio, anche se la tentazione di usarla è sempre latente. La soluzione migliore è la determinazione di determinate regole, la cui osservanza è assistita dalla minaccia dell’uso della forza/sanzione: queste sono le regole giuridiche. In esse il conflitto sociale è latente e l’operare delle regole giuridiche lo trasforma in un conflitto giuridico manifesto. Il conflitto sociale non si risolve per il fatto che esso è tradotto in regole giuridiche, appunto perché queste non rappresentano altro che una sua formalizzazione, tale per cui la gestione del conflitto tra poteri disomogenei deve svolgersi secondo certe formule convenzionali fissate da regole giuridiche medesime. In altre parole il diritto tramuta il conflitto sociale da latente a manifesto, tramutandolo in un conflitto giuridico manifesto che può essere appunto trattato secondo certi schemi individuati e organizzati dalle medesime regole giuridiche. Al tempo stesso, il conflitto sociale viene, attraverso la sua traduzione in regole giuridiche, ridotto a conflitto individuale, nel senso che il diritto, attribuendo diritti e doveri agli individui e non al gruppo o ai gruppi sociali portatori degli interessi, frammenta i gruppi stessi che non sono immediatamente riferibili al gruppo di cui in realtà fanno parte e del quale condividono l’interesse. In tal modo il diritto definisce il livello delle pretese che i singoli individui possono legittimamente avanzare nei confronti degli altri individui, riducendo le aspettative collettive ad aspettative individuali, sicchè i conflitti che ne scaturiscono possono essere trattati e risolti a livello individuale e dunque in maniera apparentemente pacifica perché il trattamento si svolge secondo le regole fissate dal diritto stesso, laddove il conflitto sociale troverebbe possibilità di trattamento attraverso l’uso della forza. L’equilibrio espresso nel diritto è comunque instabile, perché non tutti gli interessi sono soddisfatti. Potrà mantenersi solo finché il conflitto sociale può trovare nelle norme giuridiche stesse il modo per svolgersi come conflitto giuridicamente regolato. soggetto può essere influenzata “lotta per il dirittoL’azione secondodi il un diritto”. da un integrazione, cioèsarà dall’intento Quando ciò non sarà piùdesiderio possibile di il ricorso alla forza inevitabile di rafforzare il senso di appartenenza al proprio gruppo, di mantenere descritto, la propria nei identità Questo processo così schematicamente fatti, sociale, che pur tramite scelte con interessi sembra valido peranche spiegare il nesso tra contrastanti il potere, il conflitto sociale e identificabili e, sul piano il diritto, presentadirettamente una molteplicità di variazioni nelle situazioni psicologico, da orientamenti culturali o da idee empiriche e ciò per la ragione che, tale schema interpretativo ha alla che rendano nondell’uomo legittimati gli interessi base un immaginemorali antropologica: quella razionale che medesimi. agisce razionalmente nel perseguimento dei propri interessi materiali e immateriali e fa Altri uso razionale del suo potere per meglio fattori tuttavia appaiono pesare, con conseguirli, la quale non corrisponde sempre e necessariamente a riferimento alle regole giuridiche, nell’indirizzare quella empiricamente riscontrabile individuali per quanto attiene i comportamenti Nella realtà empirica molto d’ordine che allainfatti distanza tra fattori i comportamenti psicologico potrebbero essere in astratto valutati come socialereazionali e quelli frutti di scelte concrete. Possono intervenire e alterare il procedimento. Abitudine Un primo elemento che influenza i Fattori che Influenzano il comportamenti individuali è l’abitudine. Quando c’è consapevolezza che la regola Comportam. giuridica riflette l’interesse altrui, l’adesione a Individuale tale norma si regge sul timore della minaccia dell’uso della forza (sanzione negativa). Col tempo tale consapevolezza dell’origine conflittuale si perde e emerge la consapevolezza che tale comportamento è tenuto perché da sempre lo si tiene. Si giustifica di per se. Introiezione delle norme giuridiche È il fenomeno di introiezione delle regole giuridiche. Questa introiezione delle norme giuridiche fa si che le stesse siano percepite non come eternonome ma come autonome e condivise, sicché il comportamento da loro orientato è percepito come spontaneo. Tutto questo processo di introiezione è favorito a sua volta da altri fattori come la durata del tempo trascorso dal venire in essere della regola, la profondità del contrasto con l’interesse effettivo del destinatario, senza trascurare il fatto che gli esseri umani sono generalmente poco inclini ad accogliere le novità e le trasformazioni. La presunzione di legittimità Il processo di introiezione è poi influenzato dalla presunzione di legittimità che accompagna le norme giuridiche solo per il fatto di essere tali. Tale presunzione si fonda sull’ideologia interna dell’ordinamento giuridico, cioè l’idea di giustizia. L’idea di giustizia può però assumere due diversi significati: - idea di giustizia puramente formale quando si regge su principi come quello di uguaglianza, reciprocità che pongono tutti i soggetti astrattamente sullo stesso piano concezione liberale della giustizia. - idea di giustizia sostanziale che considera i soggetti secondo le loro diversità usando la loro diversità stesse per giustificare la disomogeneità sociale, legittimandola, come qualcosa di naturale quindi. (concezione castale della giustizia). Non bisogna fermarsi alla giustizia formale ma combinarla con quella sostanziale, nel senso che gli individui non vanno trattati tutti in modo diverso a prescindere (dato che le diversità tra gli individui sono soggettive ma individui uguali vanno trattati in modo uguale!). Le idee di uguaglianza e reciprocità che fondano la giustizia formale possono però, al contempo, rappresentare fonte di legittimazione dell’ordinamento giuridico in nome della giustizia sostanziale . Stato Si propone come la fonte apparente del diritto, attribuendosi il ruolo di garante di una equa distribuzione delle risorse volta al soddisfacimento, e per equità, degli interessi di tutti i membri della collettività, tramite la produzione di regole giuridiche coerenti. L’analisi esterna dell’ordinamento giuridico suggerisce che si tratta di un circolo vizioso, caratterizzato da una natura puramente ideologica, nel senso di una ricostruzione fondata sulla contraffazione della realtà. Sulla base di una analisi interna però può trarsi l’immagine di una notevole coerenza, al punto che appare plausibile ritenere che, se non il contenuto delle singole regole giuridiche che potrebbe essere “ingiusto”, almeno taluni concetti giuridici di carattere generale godano di validità per se stessi e possano essere utilizzati e trovare applicazione indipendentemente dal contenuto delle regole, ovvero per qualsiasi loro contenuto. Questo fenomeno appare particolarmente evidente nel campo del diritto privato, le cui regole sono riconducibili al conflitto sociale dal quale scaturiscono in maniera meno immediata rispetto a quelle afferenti al cosiddetto diritto pubblico (per fare solo un esempio la “libertà contrattuale” o la “libertà di contrarre” vengono considerati concetti riferibili a qualsivoglia contratto, indipendentemente dalla relazione sociale che nel medesimo contratto si esprime, considerandosi i contraenti su un piano di parità e di reciprocità). A questo proposito si potrebbe in un certo senso parlare di una serie di ideologie interne ai singoli campi dell’esperienza giuridica, nei quali il nesso tra il conflitto sociale, la distribuzione del potere e il diritto si concreta in maniera talora considerevolmente diversa. Sempre a tale proposito la tradizionale distinzione tra diritto privato e pubblico si rivela priva di significato dal punto di vista del sociologo, nel senso che ogni regola giuridica, esprimendo relazioni di nel potere una natura Questi processi descritti si sono compiuti XIX ha sec. E si sono eminentemente espressi con chiarezza e coerenza pubblicistica. nell’ideologia del positivismo giuridico, specialmente tramite l’affermazione dell’idea della centralità dello Stato. Crisi del Positivismo Giuridico A questi processi, nonostante molte e significative differenze, non sono rimasti estranei gli ordinamenti giuridici di common low. Anche in tali ordinamenti infatti la sfera pubblica si è attribuita la facoltà o il potere di rendere legittime le autorità (le corti) investite del compito di individuazione ossia di produrre le regole giuridiche attraverso le pronunce giurisprudenziali. È per altro notevole osservare che, proprio a partire dal XIX sec, anche negli ordinamenti di common low il ricorso alla produzione di leggi nel senso continentale è divenuto sempre più ampio, fino a diventare attualmente una fonte di diritto importante e di estensione non minore del diritto di fonte giurisprudenziale. Al centro di questo processo sta il concetto di stato nazionale, il quale corona il movimento storico di formazione dei grandi Stati Nazionali europei e trova una compiuta, se non definitiva formulazione nello stato napoleonico, il quale si presenta come stato accentratore, fortemente burocratizzato, detentore di ogni potere pubblico e organizzato secondo un modello Costituzionale e amministrativo di tipo forte, nel quale però i membri della collettività non sono sudditi, ma appunto cittadini, tutti partecipanti dello Stato – nazione su un piano di parità formale. L’idea di uno stato centralizzato e burocratico, il quale propone modelli di società attraverso una produzione legislativa di tipo razionale, ha finito col rappresentare il modello, se non l’unico, certo quello prevalente, del rapporto società/diritto, modello secondo il quale il potere sociale si concentra nello Stato sovrano, che rappresenta i cittadini e, filtrando le loro istanze, produce secondo un progetto razionale le regole giuridiche che ai cittadini s’indirizzano al fine di realizzare un determinato modello di società. Nell’ideologia statalistica si rinviene insomma a un percorso coerente di sviluppo dal dispotismo illuminato, allo Stato socialista, dall’altro, nei quali cambia la titolarità della sovranità, ma non il suo concetto. A corollario di questo modello, molto più radicato di quanto non si creda sia nella cultura giuridica interna che in quella esterna, si sono affermate alcune matrici: - idea codicistica, da un lato vale a dire la pretesa di concentrare il diritto in un corpo di regole organico e dotato di coerenza interna come appunto solo una fonte unitaria potrebbe fare. - idea del potere della legislazione vale a dire la capacità della legge razionale di ottenere i risultati che razionalmente lo Stato legislatore si propone, che fonda l’idea del diritto come strumento di ingegneria sociale. Appare così completato un lungo processo evolutivo che vede l’affermazione di una serie di idee: - Idea della neutralità dello stato detentore del potere per delega dei cittadini. - Idea che il diritto esprima in prevalenza l’interesse collettivo - Idea della cittadinanza come partecipazione alla sovranità - Idea del cittadino come destinatario delle regole che dal potere sovrano che in lui stesso riposa vengono emanate - Idea della neutralità delle regole giuridiche stesse, caratterizzate da generalità e astrattezza. Da ormai lungo tempo però questo modello si è rivelato essere piuttosto un ideologia che la descrizione di una realtà e le ragioni della sua plausibilità sono state pienamente confutate: - Innanzi tutto col tempo si è andato offuscando il carattere della generalità e astrattezza della norma giuridica, nonché il riferimento all’interesse collettivo sono venuti meno, diventando puramente formali. Le stesse norme tendono sempre di più a regolare casi specifici e concreti e a riguardare interessi individuali. - La produzione delle norme ha perso l’apparente coerenza che sembrava caratterizzarla (era una pretesa ideologica perlopiù). Vista l’accresciuta complessità della società si sono moltiplicate le norme “speciali” determinando un forte problema di coerenza delle stesse. Questo provoca una grave incertezza per i cittadini, tanto che la Altri fenomeni poi condizionando produzione delle stessa cortevanno costituzionale ha infrantoleilmodalità mito del di principio “ignorantia regole e trasformando certe caratteristiche che, iurisgiuridiche non excusat”. tradizionalmente, vengono loro attribuite. Si parla molto in questi ultimi anni del processo di globalizzazione. Le regole Giuridiche Nell’era Della Globalizz. Il diritto Transnaz. La globalizzazione si fonda su alcuni fattori essenziali: - celerità delle comunicazioni società delle comunicazioni comunicazione di massa - criminalità organizzata internazionale che ha determinato lo sviluppo del diritto transnazionale in materia. celerità di trasferimento di merci e persone Le matrici del diritto transnazionale possono essere determinata da fattori di espulsione come crescita demografica, essenzialmente portate a due: prospettive migliori di vita e lavoro ecc. e da fattori di attrazione, analoghi in concreto ai primi. - La matrice legata alla delega formale o meno, del potere legislativo a organizzazioni sovranazionali Tutti questi fattori hanno messo ancor più in crisi l’idea di centralità Matrice che ha conosciuto un importanza sinora dello stato come fonte esclusiva delle norme giuridiche. inedita per via dello sviluppo e della diffusione È il caso del dirittodegli transnazionale, cioè non le regole che organismi sovranazionali che, giuridiche a partire dalla trovano la loro fonte nei trattati consuetudine internazionale, seconda guerrae mondiale, legano a vario titolovolte ea a regolare i rapportivari tra gli stati (diritto bensì le scopi i paesi delinternazionale mondo. Anchepubblico), se tutti queste regole giuridiche simili che vengono ad esistere e si applicano organizzazioni trovano nei trattati loro fonte in stati diversi. costitutiva, diversa è però la delega di potere che La novità sta nel fatto che spesso la fonteSisostanziale delle norme tali trattati prevedono. distinguono perciò: giuridiche non risiede nei singoli stati, ma in entità sovranazionali o in Trattati di unione attori sociali economici. Prevedono il trasferimento formale di parte della sovranità, determinando la costituzione di Matrici del specie di stati federali o confederazione di stati Diritto (es. unione europea). Transnaz. - Trattati di cooperazione Diversi stati intendono costituire politiche omogenee attraverso scelte coordinate volta (es. WITO world trade organisation). Comportano entrambi limitazioni della sovranità degli stati che vi partecipano, simile alla limitazione della sovranità popolare che avviene in ogni singolo stato. - La matrice legata a processi di convergenza delle regolamentazioni giuridiche di ordinamenti giuridici diversi Non impone una vera e propria limitazione di sovranità agli stati ma limita la libertà di opzione in nome del processo di globalizzazione. Impone regole relativamente omogenee. (es. nuova lex mercatoria) È infatti proprio il campo economico – finanziario il settore dove si realizza la convergenza transnazionale. Il sistema delle fonti i diritto interno è così mutato rispetto al modello giuspositivista della centralità dello stato. Diverse fonti infatti concorrono oggi nella produzione delle regole giuridiche. Il partic. Giuridico Non possono poi essere trascurati fenomeni che realizzano processi inversi a quelli indotti dalla globalizzazione. A causa dei flussi migratori si registra un aumento delle minoranze presenti negli stati, le quali sono portatrici di cultura giuridica etica ecc. molto diversa da quella dello stato di accoglienza. Lo stato di accoglienza può comprendere oggi una popolazione profondamente disomogenea, spesso fautrice di rivendicazioni di un autonomia politica, economica e normativa. Uno stesso individuo può così trovarsi di fronte a diversi ordinamenti giuridici. Ruolo sempre maggiore lo riveste anche il diritto privato internazionale: complesso di regole del diritto interno che individuano e richiamano le regole dei diritti stranieri per regolare i rapporti tra soggetti estranei all’ordinamento interno. Si va poi diffondendo il concetto di pluralismo giuridico, cioè compresenza sul territorio di uno stato di una popolazione con ordinamenti giuridici diversi (pluralismo degli ordinamenti) e il fatto che lo stato non è più fonte esclusiva del diritto (pluralismo delle fonti). Rispetto poi merita il c.d. pluralismo etico, cioè il ritenere come ugualmente legittime tutte le diverse opinioni e opzioni etiche nel rispetto del principio di tolleranza. Affermare quindi il nesso inscindibile tra stato – territorio – ordinamento e l’idea della cittadinanza legata al territorio, rappresenterebbe l’esatto contrario del concetto stesso di pluralismo giuridico. Resta comunque necessario immaginare la coesistenza di ordinamenti giuridici diversi e tutti ugualmente legittimati rispetto ai loro destinatari e tutti riconosciuti ugualmente legittimi. L’azione di cui ciascun individuo può riferirci invece a uno specifico quadro di orientamento normativo. Ciascun individuo anzi è 1 ordinamento normativo in se stesso nel senso che ciascun individuo orienta la sua azione secondo le norme. Il termine pluralismo giuridico esprime un valore Il relativismo giuridico secondo cui ciascun ordinamento normativo non è per se migliore o peggiore di un atto. Tale valore, per quanto utopico, è comunque da apprezzare per il suo significato democratico e liberale, espressione delle minoranze etiche e culturali. Tutto ciò avrebbe poi maggiore senso se “diritto transnazionale” fosse l’idea di un ordinamento giuridico condiviso da tutti i popoli e invece l’espressione di interesse transnazionale economico finanziario come invece è oggi (deboli e ricchi). Con l’espressione “funzione del diritto” si può alludere a - Le funzioni sociali del diritto funzione sociale del diritto Da un lato agli scopi che alle regole giuridiche possono essere assegnati. funzionamento del diritto Le modalità secondo cui le regole giuridiche operano e, quindi, alla loro capacità di conseguire o non conseguire gli scopi medesimi. Dal punto di vista del sociologo è facile comprendere come il funzionamento del diritto influenzi la funzione stessa del diritto: è infatti tipico della prospettiva del sociologo il non indagare le questioni relative alla causa o al fine ultimo dei fenomeni, ma lo è l’interrogarsi sulle modalità secondo le quali i fenomeni si svolgono. Funzionamento Del diritto: L’efficacia del Diritto L’efficacia delle regole giuridiche è alta quando esiste congruenza tra i valori, regole sociali e giuridiche: esiste cioè una società omogenea, quindi ordine e integrazione. L’efficacia è scarsa quando c’è incongruenza tra valori, regole sociali e giuridiche: esiste cioè una collettività differenziata, quindi disordine e conflittualità. Per molti le regole giuridiche prevalgono sulle “sociali” perché accompagnate da sanzioni caratterizzate da coercitività e gravità diverse da quelle che accompagnano le regole sociali non giuridiche. Tuttavia le sanzioni giuridiche sono prevedibili, tipiche (ad es. privazione della libertà, multa, che sono stabilite ex lege). Le sanzioni sociali invece sono atipiche e non prevedibili (ad es. disprezzo, messa in ridicolo ecc). Entrambe variano in entità a seconda dell’importanza data dalla collettività alla norma violata. Le coercività delle sanzioni sociali non giuridiche. Esse non sono meno eludibili di quelle giuridiche. La gravità della sanzione poi dipende dalla percezione soggettiva di colui che rischia l’irrogazione della sanzione. Quindi non necessariamente la sanzione giuridiche è più grave della sanzione sociale. Quando la norma sociale giuridica ha lo stesso contenuto prescrittivo di quella non giuridica, l’individuo trasgressore subirà entrambe le sanzioni, se però il contenuto è diverso può darsi che l’ottemperanza a una delle due regole sia la violazione dell’altra. Concetto più alto di sanzione: qualsiasi comportamento (conforme o meno alla prescrizione) che comporti una reazione sociale, di apprezzamento o avversione. Si parlerà allora di - sanzioni positiva - sanzione negativa entrambe hanno carattere di tipicità nel campo giuridico e atipicità nel campo sociale, cosicché, mentre la conformità alle regole sociali non giuridiche comporta un premio in termini di prestigio e riconoscimento sociale, ciò non avviene in caso in ottemperanza alle norme giuridiche. Quindi l’efficacia della norma giuridica avente contenuto uguale alla norma non giuridica è massimo, mentre se c’è differenza è minima. Le ideologie sono il massimo strumento di legittimazione e delegittimazione delle regole giuridiche e non. In genere sono quelle non giuridiche ad essere considerate intrinsecamente morali. A metà tra valori e giuridicità stanno le regole costituzionali. Interpretaz. Del diritto La cultura giuridica interna degli operatori si svolge e si sostanzia nell’attività di interpretazione, cioè quel complesso di operazioni volte a decodificare il significato del testo giuridico e a individuarne il significato prescrittivo che meglio possa ritenersi conforme all’intenzione del testo medesimo. Non è però un operazione meramente logica ma è volta a relazionare la norma generale e astratta col caso concreto, perché non vale più la tesi del formalismo giuridico (le regola generale contiene tutti i casi concreti. Non è piu vero ciò perché la regola generale è solo uno strumento di orientamento della decisione del caso concreto. La regola giuridica è una scatola vuota dove l’interpretazione colloca il caso concreto!). Per valutare il caso concreto l’interprete deve usare non solo le norme giuridiche ma anche elementi normativi non giuridici, come il buon costume, l’ordine pubblico, la buona fede, il dolo, la diligenza del buon padre di famiglia. Essi sono elementi variabili nel tempo e nello spazio, non prevedibili con una norma generale. L’intreccio inestricabile tra regole giuridiche e non giuridiche risulta evidente nelle norme aperte. (ad es. art. 62 circostanza attenuante, cioè l’aver agito per motivi di particolari valori sociali e morali) Sta all’interprete dare senso a tali definizioni nel caso concreto! L’interprete sa di far riferimento a elementi non giuridici, ma non si rende conto di farlo per tutte le norme giuridiche, che non sono mai autosufficienti, perché c’è un pregiudizio di completezza dell’ordinamento giuridico nell’interprete, pregiudizio di completezza che però è del tutto sfatato. La legge stessa lo ammette nella misura in cui prevede che l’interpretazione sia: - Letterale - analogica - sistematica in mancanza di chiarezza, di una norma per il caso specifico e …a seconda del caso. L’interprete deve quindi pronunciarsi e la legge ammette che le regole possono essere insufficienti ammettendo che può essere necessaria l’interpretazione. L’interprete può così “inventare” di volta in volta il complesso di regole utili al trattamento del caso concreto. Le finalità sociali del diritto sono ovviamente molteplici, ma le si può ricondurre sinteticamente a due: - funzione latente - funzione manifesta Entrambe non sono peculiari delle regole giuridiche ma sono comuni qualsiasi regola sociale. Uno degli scopi del diritto nel suo complesso è quello di rendere latente il conflitto sociale tramutandolo in conflitti giuridici manifesti e individuali, tali da poter essere trattati secondo le regole che il diritto medesimo propone. Funzioni sociali Del diritto Per ottenere tale risultato è necessario che le regole giuridiche siano in qualche misura condivise. Le regole giuridiche devono quindi essere socialmente legittimate per conseguire le loro finalità e devono quindi venire assunte come criterio di orientamento delle scelte d’azione da parte dei membri della collettività. Solamente quando la regola giuridica o l’ordinamento giuridico nel suo complesso godono di una certa legittimazione e quindi di una certa efficacia, è possibile che tali regole possano essere utilizzate per trasformare il conflitto sociale in conflitto latente e in conflitti individuali manifesti giuridici e per trattare tali conflitti. Per trattare efficacemente i conflitti individuali è infatti necessario che le regole giuridiche siano in qualche modo condivise dalle parti in conflitto e che l’autorità investita del compito di trattare tali conflitti abbia una certa legittimazione, deriva anzi tutto dalla legittimazione che godono le La prima funzione socialeche delle diritto è quella di riduzione della conflittualità regole giuridiche che di tale compito e da quella goduta dalle regole giuridiche che (controllo sociale), chelasiinvestono esplica per l’adempimento di tale compito è chiamata a utilizzare. - da un lato, tramite l’orientamento, in modo più o meno cogente, dal Ciò significa che lacomportamento stessa ristrutturazione del conflitto che l’intervento dell’autorità investita di tale dei membri della collettività compito determina, vale a dire regolazione delle conseguenze conflitto medesimo, deve - dall’altro lato,latramite il trattamento dei conflittidel individuali godere di una certa legittimazione, che altrimenti la funzione stessa del diritto di trattare i conflitti ne resterebbe vanificata, con la conseguenza il conflitto individuale manifesto L’aspetto dell’orientamento dei che comportamenti, in un certo senso è verrebbe ovvio e, non riportato al conflitto sociale che vi è sotteso, il quale, da latente, tornerebbe a rendersi per caso, esso caratterizza tutte le regole sociali, ovvero tutteappunto le convenzioni che manifesto. nell’interazione sociale si sviluppano. Nel concetto stesso di convenzionalità è implicito il fatto che i comportamenti Solamente la soddisfacente realizzazione della diritto si realizza concretamente possibili siano unfunzione numero manifesta comunquedel uguale o che superiore a 2. tramite due processi tra loro speculari comportamenti dei sono membri della Come già detto (orientamento la convenzione dei e quindi la regola non altro checollettività il risultato edi trattamento deiun conflitti individuali), consente al diritto di svolgere la sua funzione latente processo di selezione sulla base del quale viene, anche tra i molti comportamenti ( legittimare il potere che lo ha emanato). Per rafforzarsi e mantenersi infatti ragione un potere ha bisogno possibili, individuato un comportamento che per una qualsiasi debba di un certo consenso da parte della collettività ritenersi preferibile. Funzione Manifesta In una collettività differenziata, i membri della quale sono portatori d’interessi e di valori diversi, è plausibile ritenere peraltro che il comportamento prescelto non sia quello preferibile per tutti i consociati e che la selezione avvenga sulla base degli interessi e delle scelte dei soggetti e dei gruppi dotati di maggiore potere. In sintesi tale selezione, traducendosi in regola, stabilizza le aspettative comportamentali degli individui e permette ad essi di prevedere il comportamento altrui e adottare le strategie più opportune. Per fare questo è necessario però che tutti conoscano le regole. Tale conoscenza delle regole permette la c.d. riflessività delle aspettative e la possibilità che le regole orientino i comportamenti. Infatti non basta, perché strategie individuali abbiano senso, che entrambi sappiano o possano presumere che anche l’altro soggetto la conosca. Si pongono a questo punto diversi problemi. Problemi - - Gli ordinamenti normativi sono numerosi e spesso incongruenti, quindi le aspettative normative possono essere plurime e la sensibilizzazione delle aspettative viene meno ( a causa ad es. della globalizzazione e della localizzazione). È improbabile che le regole giuridiche siano tutte conosciute da tutti (ad es. per la presenza di gruppi etnici ecc). Mentre il significato delle regole sociali non giuridiche è chiaro, quello delle norme sociali giuridiche spesso non lo è, anzi è spesso contradditorio ed equivoco. Spesso quindi gruppi etnici minori privilegiano le regole sociali non giuridiche che poi sono le più diverse da quelle del popolo ospitante. Di fronte a conflitti l’intervento delle istituzioni giuridiche li risolve solo dal punto di vista formale, non effettivo, perché non elimina le ragioni stesse del conflitto. Il contendente che ha torto vede il suo interesse squalificato, mentre l’altro si vede riconosciuta tutela giurisdizionale, ma la situazione che risulta non è meno conflittuale di quella di partenza. La riduzione di conflittualità sociale è possibile solo se l’istituzione giuridica gode di una sufficiente legittimazione ex collettività. L’intervento delle istituzioni giuridiche è sia: - giurisdizione (civile, penale, amministrativa) - mediazione processo che vede la presenza di un 3 che interviene nel conflitto tra le parti facendo leva sui loro rispettivi interessi o sull’interesse di un altro soggetto che entrambe le parti sono disponibili a ritenere rilevante al fine di ottenere una conciliazione. Requisiti per la buona riuscita della mediazione sono: interessi divisibili e concilianti terzo che goda di fiducia ex 2 contenditori. - Amministrazione Il terzo (l’amministratore) è in una posizione di supremazia e gode di risorse proprie da usare x comporre la controversia e del potere di imporre la soluzione scelta. Qui non si preoccupa della ragione o del torto delle parti, come anche la mediazione, mentre la giurisdizione se ne occupa, dato che è chiamata a legittimare o delegittimare comportamenti sulla base del torto o ragione. Nella mediazione e amministrazione rilevano maggiormente gli interessi in gioco e vengono trattate anche le motivazioni del conflitto cosicché esso viene risolto (a differenza della giurisdizione). A causa di diversi fattori ( lentezza, onerosità, aleatorietà ecc) i contendenti tendono sempre più a rivolgersi a strumenti diversi dalla giurisdizione, come gli arbitrati (rituali o irrituali). Si è inoltre sviluppato l’intervento amministrativo come prevenzione e trattamento di conflitti potenziali o attuali (intervento dello stato assistenziale – welfare state- ). Funzione Latente: legittimaz. Del potere Ex funzione manifesta di orientamento dei comportamenti e scelte, e del trattamento dei conflitti individuali, risulta che un efficace orientamento dei comportamenti e delle scelte riduce il numero dei conflitti e un efficace trattamento dei conflitti può rappresentare un efficace meccanismo di orientamento. Quando entrambe le funzioni sono efficaci si può ottenere una forma di ordine efficiente che è l’autoregolamentazione: membri della collettività trattano da sé i conflitti e li prevengono. Ogni individuo è portato a criticare le norme giuridiche ma non l’intero ordinamento giuridico che appare legittimato socialmente dal fatto che si è globalmente convinti che la collettività intera lo condivida. È quindi dalla somma dei convincimenti individuali che trae la sua legittimazione, nonché dal consenso dei cittadini stessi. Tale legittimazione sociale (ordine sociale) investe anche l’ordinamento costituzionale, che a sua volta legittima il diritto, che a sua volta determina l’ordine sociale (“circolarità”). L’assetto così determinato che quindi coincide con l’organizzazione del potere stesso, è legittimato dal diritto in virtù della funzione del diritto di realizzazione dell’ordine sociale. è un circolo virtuoso. È diverso dal potere tradizionale (dove si da per scontata la legittimazione dell’autorità). In esso l’assetto costituzionale può non coincidere con l’organizzazione del potere reale, sicché la sua legittimazione ex diritto è ideologica e non reale. Nel potere carismatico (cioè carattere sacro o valore di una persona o degli ordinamenti creati da essa) l’assetto costituzionale è sbilanciato sulla personalità e qualità del capo, che rappresenta il potere e l’organizzazione stessa del potere, ma non è il reale detentore. La sua legittimazione è quindi ideologica. Resta comunque il fatto che gli assetti costituzionali non possono fare a meno del diritto come fonte di legittimazione (dato che il potere si colloca all’esterno Le regole giuridiche e l’ordinamento giuridico sono assistiti da una presunzione di legittimità. di essi). Cioè finché esse sono assistite dal riconoscimento sociale, spetta agli attori sociali che le vogliono contestare, recare argomenti idonei alla delegittimazione. Ideologia del diritto Le regole giuridiche e l’ordinamento giuridico nel loro complesso rappresentano uno stretto intreccio coi valori, pur essendo cosa molto diversa da essi. Intreccio molto stretto perché se intendiamo come valori i criteri di eccellenza o di perfezione che, sulla base della cultura della collettività, individuano ciò che è auspicabile e desiderabile da parte della collettività medesima rispetto a ciò che non lo è, criteri che consentono ai membri della collettività di valutare l’adeguatezza dei comportamenti propri e altrui cosicché le regole sociali (giuridiche e non) si riferiscono ai valori della collettività. È comunque possibile riscontrare comportamenti concreti che si discostano dai valori senza subire sanzioni, poiché è socialmente accettato, perché un criterio di eccellenza non è sempre possibile. Accanto ai valori collettivi stanno i valori individuali, che esprimono ciò che per il singolo è auspicabile. È da notare come nell’intreccio tra regole sociali (giuridiche e non) e valori (individuali e collettivi), l’ordinamento giuridico, in quanto portatore di valori propri (legalità ecc) che sono ideologici, rappresenta un ideologia. Ideologia Della giustizia Ad es. di carattere tecnico, volti ad evidenziare la contraddittorietà della regola coi suoi scopi (irrazionalità rispetto allo scopo). O l’incoerenza della regola attraverso altre regole (irrazionalità rispetto ai valori: irrazionalità formale). Di carattere ideologico, volti a negare il valore a cui la regola si riferisce. La contestazione delle regole giuridiche al fine di modificare l’ordinamento (lotta per il diritto) può svolgersi all’interno dell’ordinamento (ad es. lotta parlamentare) o all’esterno ex strumenti pacifici (manifestazioni) o violenti ( guerra civile). Si svolge principalmente come lotta per la giustizia. Il concetto di giusto o ingiusto appare un dato culturale ed è impossibile formulare un giudizio assoluto in merito alla giustizia. Quello di giustizia è un concetto relativistico. L’idea della giustizia intrinseca del diritto è un idea ossimorica perché il diritto intrinsecamente non è ne giusto né ingiusto. La giustizia di una regola giuridica si riduce alla percezione soggettiva della corrispondenza della regola stessa ai valori condivisi dall’individuo collettività. L’idea che il diritto possa dettare regole ingiuste e inconcepibile per la collettività che quindi la contesterà proprio in nome della giustizia. Il problema della giustizia si è quindi spostato dall’interno all’esterno dell’ordinamento giuridico, cosicché il giudizio sulla giustizia del diritto riflette i valori condivisi dalla collettività in un certo momento storico. Prima che si consumasse la scissione tra diritto e morale era possibile definire ingiusto e immorale l’ordinamento per la sua incoerenza interna. Dopo tale scissione nessun ordinamento è giudicabile come ingiusto di per sé, purché goda di una certa legittimazione (cioè congruenza ai valori condivisi). Nasce così un idea di giustizia non naturale ma di carattere storico e culturale, fiuto della convenzionalità delle relazioni umane. Quanto più una regola giuridica trova corrispondenza in valori diffusi nella collettività, tanto più questa regola tende a conservarsi nel tempo e a reputarsi legittimata. Dal diritto ai Diritti L’idea dei diritti soggettivi fondamentali si è accresciuta grazie all’affermarsi dell’individualismo, dal quale consegue una frammentazione della collettività (ex 1 assunzione di rudi non predefiniti, imprevedibili) e la perdita di capacità normativa delle regole giuridiche. Da un punto di vista sociologico – giuridico, il diritto soggettivo, è una pretesa che un soggetto avanza verso altri soggetti, chiedendone e ottenendone il riconoscimento giuridico. Tale pretesa può ledere o limitare gli interessi degli altri soggetti, quindi trova riconoscimento solo ex forza relativa del soggetto stesso che riesce a imporre tale riconoscimento, oppure ex fatto che tale pretesa sia ritenuta moralmente giusta dalla collettività. Per la scienza giuridica i diritti soggettivi sono il versante positivo della capacità giuridica rispetto ai quali i doveri sono il versante negativo. All’ idea dei diritti soggettivi è sotteso il valore dell’uguaglianza. Se taluno può avanzare una pretesa e vedersela riconosciuta, anche un altro, nella stessa situazione può fare lo stesso! È anch’essa una ideologia dato che tutti gli individui sono diversi, ma è comunque condivisibile tanto che proprio perché tutti gli individui sono diversi essi devono essere trattati tutti come soggetti di diritto. Un trattamento diverso paradossalmente è possibile solo a favore di soggetti formalmente uguali ma sostanzialmente diversi (soggetti deboli). L’affermazione e il rispetto del principio di uguaglianza, per quel che attiene i diritti soggettivi, riscontra tuttavia con la diversa distribuzione del potere tra gli individui e gruppi della collettività. L’idea dei diritti fondamentali è un idea utile nella lotta politica: spaccia gli interessi particolari dei politici per interessi generali (è l’ipocrisia del diritto). Legittimare il proprio potere su tale idea dei diritti fondamentali è ipocrita perché lascia intendere a tutti che tali diritti spettano a tutti (anche i deboli). Si è così sviluppata l’idea che certi diritti fondamentali appartengano a tutti gli esseri umani in quanto tali. Transnaz. Dei Diritti Al contrario delle regole giuridiche, i diritti si rafforzano per via della loro violazione. Ciò trova riscontro nei casi in cui l’uso dell’idea cei diritti fondamentali abbia carattere meramente strumentale, quando cioè la violazione è invocata al fine di legittimare la lotta politica internazionale. - I primi diritti ad affermarsi sono i diritti negativi: le pretese dell’individuo che non venga invasa la sua sfera di libertà (libertà personale, inviolabilità della sfera privata, essere giudicati ex regole prestabilite). Si parla così di diritti civili negativi. - Si affermano poi i diritti civili positivi: le pretese di agire direttamente per l’ottenimento di qualcosa (partecipare alla sovranità e alle scelte politiche, svolgere liberamente un attività economica). Sottesa a tali diritti stava prima un idea di uguaglianza formale degli individui, poi un idea di uguaglianza sostanziale, in virtù della quale la collettività ha il compito di rimuovere tutte le ragioni di diversità, grazie a interventi di welfare state per garantire il soddisfacimento dei diritti economico sociali. - Vi sono poi i diritti positivi collettivi: la cui titolarità è individuata ex partecipazione dell’individuo a una determinata categoria. Collettività è chiamata una redistribuzione coattiva delle risorse fiscali in senso egualitario. Si tratta di pretese che comunque tutti i membri possono avanzare perché tutti possono trovarsi esposti al rischio di un danno. (es. diritti ecologici). In questo processo di affermazione dei diritti fondamentali si può notare: - un progressivo riconoscimento di una soggettività individuale - di un progressivo riconoscimento di una soggettività collettiva entrambe dotate del carattere dell’assolutezza, volta l riconoscimento dei diritti inviolabili a ogni individuo, ma mentre per i diritti individuali l’assolutezza prescinde alle caratteristiche proprie dell’individuo, per i diritti collettivi questo non avviene (vedi libro). In realtà non si è però affatto pervenuti a un uguaglianza sostanziale tra i membri della collettività, anzi, tale disuguaglianza si riflette nell’esercizio dei diritti stessi. Ciò nonostante tale criterio è assoluto e resta valido e rende quindi ingiustificabile ogni forma di discriminazione. Eventuali disuguaglianza di trattamento potevano fondarsi solo su disuguaglianza di carattere ontologico tra diversi soggetti, e non sociale (si trattamento di favore per la donna in gravidanza, no trattamenti diversi per i genitori nell’esercizio delle loro funzioni comuni). Questioni di discriminazione possono nascere anche dall’uso di un termine piuttosto che di un altro all’interno di una legge: - Art, 3 Cost. tutti i “cittadini” hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge. - Art. 2 Cost. la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’”uomo” - Art. 22 Cost. “Nessuno” è privato per motivi politici della capacità giuridica, cittadinanza, nome. - Art. 24 Cost. “tutti” possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi - Art. 32 Cost. la repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell’”individuo” Mentre il termine cittadino va incontro a meno equivoci circa l’individuazione dei destinatari delle norme e quindi dei diritti, gli altri termini sono più vaghi e pericolosi. Con “cittadino” si chiarisce che il riconoscimento della partecipazione ai diritti riconosciuti nell’ordinamento italiano, è legato all’appartenenza Stato. ci sono diversità di trattamento evidenti di carattere ontologico. Traallo i cittadini Un esempio è la tutela dei diritti dei minori che nonostante siano tutelati in via prioritaria rispetto agli adulti, non godono di piena capacità giuridica. I diritti difficili Legittime sono quindi le discriminazioni positive, cioè trattamenti privilegiati a favore di soggetti più deboli (come bambini e donne). Diritti degli Animali Non umani Gli animali dovrebbero essere trattati nello stesso modo, invece sono discriminati sulla base di un criterio specista, fondato sulle teorie antropocentriche e sul dualismo filosofico. I punti chiave che differenziano l’uomo dall’animale sono: - immortalità dell’anima - raziocinio (capacità di ragionare razionalmente) Queste differenze non possono però giustificare la differenza di trattamento (nel primo caso non si ha la certezza dell’immortalità dell’anima, nel secondo caso invece anche i cerebrolesi sarebbero non umani, eppure godono dei diritti tipici dell’uomo!). Ne deriva la necessità di superare lo specismo e riconoscere alcuni diritti fondamentali agli animali. Diritti dei Paesi poveri Ugualmente necessario è diventato affermare il diritto allo sviluppo come diritto fondamentale che deve fondarsi sul mutamento del rapporto tra paesi ricchi e paesi poveri. La rivoluzione informatica non pone in crisi il tradizionale schema del rapporto tra regole giuridiche e valori. La trasformaz. Tecnologica e il Ruolo del diritto L’ingegneria genetica corre il rischio dell’ “apprendista stregone”, quindi si invoca il principio di precauzione, volto a favorire l’applicazione tecnologica delle acquisizioni scientifiche solo se c’è certezza sulle conseguenze (per tutelare diritti fondamentali come il diritto alla salute). Quindi in ogni situazione di incertezza rispetto ai rischi e benefici, con conseguente incertezza di calcolo, di bilanciamento degli interessi, la regolazione giuridica deve operare scelte orientate al divieto, sotto il profilo generale nel rispetto del principio di cautela. Verso le conoscenze e le tecniche biomediche invece la questione si fa piu delicata. Esse hanno portato a un allungamento delle aspettative di vita, ma anche a situazioni di scarsa qualità della vita (es. accanimento terapeutico). - Secondo alcune opzioni etiche è necessario il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dell’individuo e del diritto alla disponibilità del proprio corpo. Trova riscontro nell’art. 32 Cost. “i sanitari devono astenersi da interventi sproporzionati rispetto ai benefici”, che traduce in un rifiuto all’accanimento terapeutico. - Secondo altre opzioni etiche invece la vita è indisponibile. Caso emblema: eutanasia Essa assume due sensi: - eutanasia passiva o involontaria interruzione dei mezzi di sostegno vitale per i malati irrecuperabili, che versano in uno stato vegetativo permanente. - eutanasia attiva o volontaria e suicidio assistito aiuto al malato che non è in grado di suicidarsi da solo, tramite la somministrazione di farmaci su richiesta del malato. Costituiscono due reati molto gravi (omicidio del consenziente, aiuto del suicidio). I tale situazione di pluralismo etico, la regolazione sociale non può preferire un opzione etica piuttosto che un'altra (essendo tutte legittime) ma deve adottare scelte mirate a garantire il massimo grado di libertà individuale e sulla base di un prudente bilanciamento degli interessi e in grado di giustificare eventuali divieti in nome degli interessi collettivi riconosciuti dalle regole giuridiche. Da questa riflessione deriva che il diritto all’eutanasia è una privazione della libertà individuale ingiustificata. conclusioni La società è profondamente mutata - sia per fattori economico – sociali globalizzazione, movimenti migratori ecc. - che per fattori culturali sviluppo comunicativo, scientifico ecc. Questi mutamenti hanno sconvolto il sistema delle fonti, accanto al diritto interno emanato dallo Stato, si pone il diritto transnazionale e il particolarismo giuridico. Questi mutamenti hanno poi mutato le modalità del funzionamento dei diritto, ora ci sono infatti più difficoltà a garantire l’efficacia delle sue norme giuridiche (visto l’aumento del particolarismo giuridico). In un tale contesto si pone come fondamentale il riconoscimento giuridico dei diritti umani fondamentali, che l’ordinamento deve porre come base legittimante dell’organizzazione politica e istituzionale, nonché di se stesso. Rappresenta il caso più ampio di diritto transnazionale. Su tale piano, però l’organizzazione di riferimento (ONU) sta perdendo di importanza in questo processo di affermazione dei diritti fondamentali, soprattutto a causa delle spinte verso un tipo di globalizzazione neoimperialistica. Tale processo deve quindi essere portato avanti dagli ordinamenti nazionali e dall’ordinamento internazionale. è necessario che lo Stato chiarisca che vuole porre divieti e limitare la sfera di libertà personale e dell’autonomia normativa dei soggetti, le ragioni dei divieti medesimi indicando quale interesse collettivo giustifichi tale riduzione di libertà (come gioverebbe fare per l’eutanasia).