con il patrocinio del progetto realizzato da
in collaborazione con
UNIONE NAZIONALE
PRO LOCO D’ITALIA
Consiglio Regionale
del Veneto
Comitato Provinciale
Padova
Consorzio Atesino
delle Pro Loco
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passo
S
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n
R
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Scoprire e Conoscere
il Territorio Atesino
con il patrocinio
Comune di
Stanghella
Comune di
Granze
Comune di
Villa Estense
Comune di
Carceri
Comune di
Ponso
Comune di
Urbana
AS
c
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passo
on la STOR
Progetto realizzato da
Consorzio Atesino
delle Pro Loco
in collaborazione con:
Ringraziamenti: Patrocinio e Contributo del Consiglio Regionale del Veneto.
Foto: Archivio fotografico Consorzio Atesino delle Pro Loco
e Gruppo Bassa Padovana.
Testi: Agostino Merlin, Gianni Barollo.
Collaborazioni: Roberto Soliman, Claudia Vigato,
Riccardo Merlin.
Consulenza storica: Prof. Camillo Corrain.
Comitato tecnico: Consorzio Atesino delle Pro Loco.
Realizzato in collaborazione con:
Progetto culturale di promozione turistica Euganeamente,
Agenzia di Comunicazione Futurama snc - Monselice.
www.euganeamente.it - www.futuramaonline.com
In un territorio ricchissimo di storia fin dall’antichità,
com’è quello della Bassa Padovana e atesino in particolare, ogni iniziativa che porti alla conoscenza di tutto
questo patrimonio è benvenuta e fondamentale. Plaudo
pertanto al progetto “A spasso con la Storia” realizzato
dal Consorzio atesino delle Pro Loco, associazioni preziose per la tutela e la valorizzazione degli angoli meno noti
ma più affascinanti dei nostri paesi. Mi sono adoperata
personalmente presso la Regione del Veneto per dare un
sostegno a questo evento, trovando nella Giunta Zaia un
valido apporto, nella consapevolezza del valore profondo
di ogni proposta che permetta di fruire al meglio di un
territorio ricco di storia, cultura, tradizione ed identità.
Consigliere regionale del Veneto
Arianna Lazzarini
A SPASSO CON LA STORIA
Il Progetto “A Spasso con la Storia” si propone come obbiettivo primario la promozione e la valorizzazione del
territorio e della cultura storica della Bassa Padovana.
Attraverso il coordinamento messo in atto dal Consorzio
Atesino delle Pro Loco e dalla Regione Veneto in collaborazione con le Pro Loco ed i Comuni di Stanghella, Granze, Villa Estense, Carceri, Ponso ed Urbana si
propone di dare visibilità e far conoscere i “gioielli culturali” del territorio Atesino.
Questi straordinari luoghi, così vicini a noi e così unici, sono al centro di una rete di promozione che comprende visite guidate ai musei ed ai luoghi caratteristici
del territorio a cura del Gruppo Bassa Padovana, con
presentazione dei prodotti tipici locali, degustazioni ed
intrattenimenti folcloristici.
Attraverso questo progetto e grazie alle attività messe in
atto dalle Pro Loco e dai Comuni si vuole dare una maggiore conoscenza e consapevolezza alle persone che vivono nel territorio, ai turisti e ai visitatori, delle meraviglie
culturali ed architettoniche presenti. Maggiore conoscenza significa quindi maggiore partecipazione alla
tutela ed alla valorizzazione dei tesori che si trovano
nel territorio, per stimolare la volontà di dare un aiuto
concreto alla conoscenza, alla salvaguardia ed al miglioramento del territorio Atesino.
Il Presidente
Consorzio Atesino delle Pro Loco
Giuliano Venturini
Stanghella
A SPASSO CON LA STORIA
STANGHELLA
MUSEO CIVICO ETNOGRAFICO
Il Museo Civico Etnografico di Stanghella, sorto nel
1980 per merito del Gruppo Bassa Padovana diretto dal
Prof. Camillo Corrain, si propone oggi come centro di
documentazione sulla colonizzazione umana del territorio che dai Colli Euganei si spinge sino all’Adige,
contribuendo ad evidenziarne una storia insediativa propria e talvolta originale, quasi sempre caratterizzata da
soluzioni di tipo autarchico.
La disposizione su tre piani dei vari settori del museo,
segue una sequenza cronologica a ritroso e precisamente
da quando le campagne erano popolate ed organizzate in
contrade e corti, nel periodo preindustriale, all’inizio della meccanizzazione agraria e del grande esodo. Tale aspetto è curato nei settori posti al piano terra, dall’osteria alle
officine rurali.
L’ambiente “dell’osteria” è stato ricreato con elementi
provenienti da vecchie osterie locali come i lunghi tavoli
fratini del seicento, le botti di varie dimensioni ed altri
vari contenitori vinari. Su una parete è stesa una grande
rete a strascico dei primi del ‘900 localmente detta regagna. Si è cercato di ricreare il tipico ritrovo degli adulti
della passata civiltà rurale. L’osteria quindi come luogo
di incontro e di discussione dove anche i più umili potevano esprimere un parere.
Le “officine rurali” sono dedicate ai mestieri portanti dell’agricoltura e precisamente i fabbri, i carradori e i
maniscalchi, spesso operanti nelle grandi corti padronali ma non di rado anche in piccole officine sistemate in
modestissime “casone”.
L’attrezzatura della bottega del fabbro qui esposta
è stata integralmente asportata e rimessa nello stesso
ordine di lavoro dal luogo ove originariamente si trovava. A dominare le varie attrezzature esposte è sicuramente il vistoso mantice, azionato a mano ed utilizzato per mantenere ben acceso il carbone del crogiolo
su cui veniva arroventato il ferro da modellare poi con
il martello sull’incudine. La bottega del carradore
Stanghella
A SPASSO CON LA STORIA
era un’officina assolutamente indispensabile per le attività agricole. Vi si fabbricavano o vi si aggiustavano
carri, calessi, birocci e molti altri mezzi di trasporto
dai più umili ai più signorili. Nella sala sono esposti
due torni da legno e tutta l’attrezzatura necessaria alla
costruzione ed al montaggio di una ruota.
L’attività del maniscalco invece richiedeva meno attrezzatura: per ferrare gli animali da traino era sufficiente un deschetto, piazzato solitamente all’aperto,
con sopra raschietti, chiodi, martello e ferri per cavallo, mulo, asino e buoi.
Al primo piano nella sala di destra è esposta la grande
carta catastale del “Retratto del Gorzon” lunga 7,95
metri e larga 3,385 metri, disegnata con colori a tempera.
Essa è composta da 121 listelli di cartoncino originariamente incollati su tela di lino, dopo il restauro del 1980
reincollati su lino e canapa. Recentemente è stata effettuata la digitalizzazione fotografica ad altissima risoluzione dell’antica carta catastale.
Fu commissionata dal Rettorato ai Beni Inculti di Venezia al perito Ercole Peretti che la ultima nel gennaio
del 1633. Trattandosi di una carta tematicamente attenta
alla bonifica ed alla catastazione delle proprietà terriere
del territorio a sud dei colli Euganei da sottoporre ad interventi di bonifica, presenta una particolare attenzione
nella descrizione della rete idraulica e della parcellazione
indicando per quest’ultime il nome del proprietario e l’estensione misurata in campi, quarti e tavole.
Anche i nuclei abitati sono rappresentati con una certa
dovizia di particolari anche se si deve annotare la mancanza di alcuni paesi già sviluppatisi all’epoca dell’ultimazione della carta quali: Granze, Stanghella e Barbona. Non meno minuziosi sono i tracciati degli antichi
percorsi di terra denominati talvolta semplicemente
come “argini”.
La carta è in scala approssimativamente di poco superiore a 1:10.000 e grazie a ciò diventa un validissimo strumento comparativo per esplorare la primitiva situazione ambientale della Bassa Padovana, prima cioè che i
lavori di bonifica ne avessero cancellato l’antico assetto,
rimasto pressoché invariato dalla preistoria.
Stanghella
A SPASSO CON LA STORIA
Nella mansarda dapprima si incontra la sala della “Ruralità” ove sono esposti gli oggetti d’uso quotidiano per
il lavoro, per la casa e per la persona. Superato l’archivio,
si accede alla sala della “Colonizzazione antica” dove
trovano spazio gli importantissimi reperti ritrovati presso la stazione neolitica di Selva di Stanghella. In tale
stazione, scoperta durante i lavori di scavo e pulizia del
fiume Gorzone ad una profondità di circa 4 metri, sono
venuti alla luce i resti scheletrici umani di almeno 28 individui, ora conservati presso il Museo archeologico di
Este, di cui 11 maschi, 12 femmine e 5 bambini.
A testimonianza di questo primitivo insediamento, in
una grande vetrina posta al centro della sala, si possono
osservare ossa di diverse specie animali quali il cinghiale,
il bisonte, ed il cervo, nonché un cranio ben conservato
di un esemplare di Orso delle caverne. Ossa che offrono
il quadro faunistico del paleoambiente in cui si trovava
ad insistere la stazione.
Ma corna, cubiti e frammenti di ossa lunghe costituivano anche materia prima da cui ricavare strumenti per le
attività di sostentamento che caratterizzavano la primitiva economia dell’epoca. Si possono vedere infatti esempi
di fusaiola e aghi che venivano utilizzati per la filatura e
la cucitura e ancora diversi punteruoli, lisciatoi e spatole
dalla accurata lavorazione.
L’insediamento di Selva ci ha restituito inoltre un abbondante corredo di manufatti in selce tra cui numerose lame e raschiatoi. Notevole è la quantità di schegge
e lamelle riportate alla luce. Splendide per forma, dimensioni e accuratezza di lavorazione, sono le punte di
pugnale di cui la maggiore è lunga 13 e larga 4, 6 cm.
All’estremità destra della vetrina sono ben visibili
alcuni pali di bonifica in legno. Dietro di essi una
foto, ricostruisce graficamente le capanne con struttura
portante in legno che dovevano formare i villaggi delle
aree paludose di cui si narra la storia.
Nella sala della “Ceramica” sono raccolte, iniziando dal
tardo medioevo, le terracotte ed il vasellame caratterizzanti l’evoluzione nel tempo delle tecniche di lavorazione
e di decorazione.
Preziosissime sono le due scodelle e il piattello di legno di
Stanghella
salice dipinti con ornamentazioni che richiamano schemi islamici. Tali oggetti provengono da tombe della chiesa di San Paolo a Monselice e sono databili agli inizi del
XIV sec. Gli altri tre esemplari del corredo sono conservati a Monaco di Baviera.
All’interno del Museo Civico è ospitata la Pinacoteca
intitolata al Maestro e artista concittadino Pietro Favaro, costituita nel 1993 dalla donazione di 66 opere che
l’artista stesso ha fatto al Comune e che vanno dal 1930
al 1990. La Pinacoteca presenta inoltre opere di illustri
pittori del ‘700 e ‘800 veneziano e del ‘900.
PARCO PUBBLICO CENTANINI
Realizzato attorno al 1865 per volere di Marc’Antonio
Centanini, è situato nel centro cittadino dirimpetto alla
composita Villa Centanini, a lato della sede del Museo
Civico Etnografico, e vanta una superficie di circa 6 ettari. L’impostazione si rifà al modello di “giardino romantico”, in voga nell’800.
L’accesso avviene da via Roma ed il suo spazio è organizzato in tre aree separate da cortine arboree. Le prime
due aree sono mantenute a prato, mentre la terza è caratterizzata dalla presenza di un laghetto circondato da
collinette su cui svettano piante secolari.
Al suo interno si incontrano specie vegetali tipiche
dell’antica foresta padana accanto a svariate specie arboree esotiche. I visitatori, hanno l’opportunità di ammirare da vicino un mondo vegetale quasi del tutto scomparso dal nostro territorio.
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MUSEO CIVICO ETNOGRAFICO
Piazza Otello Renato Pighin, 21 - 35048 Stanghella (Pd)
Tel. 0425 95670 - [email protected]
[email protected]
Periodo apertura:
Da marzo a settembre: sabato e domenica dalle 15.00 alle 18.00
Da ottobre a febbraio: sabato e domenica dalle 14.30 alle 17.30
Per gruppi e scolaresche tutti i giorni su prenotazione.
A SPASSO CON LA STORIA
Via Roma - Stanghella
Granze
GRANZE
MUSEO CIVICO DELLE CENTURIAZIONI
A SPASSO CON LA STORIA
Il Museo Civico delle Centuriazioni di Granze raccoglie
manufatti e oggetti provenienti principalmente dall’area
del comune e dal territorio tra Adige e Colli Euganei.
La scelta di Granze, quale sede di questa esposizione, è
motivata dal fatto che il territorio comunale, in età romana, fu al centro di diverse divisioni agrarie, identificate
dalle numerose fotografie aeree all’infrarosso termico le
quali hanno evidenziato queste lineazioni che a tutt’oggi
sono ancora in parte tratti di strade, carrarecce, fossati
che delimitano i confini delle proprietà.
Il percorso espositivo presenta inizialmente quattro carte
tematiche su pannelli luminosi che, a varie scale, illustrano gli interventi di sistemazione agraria di carattere centuriato in tutta la Bassa Padovana. Tali azioni
di bonifica vennero probabilmente reiterate, nel corso
del I - II d.C., per ben tre volte a causa di un problema
legato allo scolo delle acque.
Nelle sale sono esposte, in diverse vetrine, reperti romani
legati al mondo dell’edilizia (frammenti di pavimentazione, intonaci, tessere musive, mattoni di diverse misure fra cui alcuni bollati), della casa (frammenti di anfore,
olle e patere, pesi da telaio, frammenti di ceramica grigia
e ceramica sigillata, due frammenti in cotto con inciso il
gioco magico – religioso della trea) e dell’ambito funera-
Granze
A SPASSO CON LA STORIA
rio (frammenti di urna cineraria contenenti residui di ossa, un lacrimatorio, un vasetto di ceramica sigillata e una
moneta dell’imperatore Gallieno del 260 d.C.).
Un reperto significativo dell’esposizione posto al centro
della sala è un cippo gromatico in trachite, con inciso
sulla sommità il segno di decussis. Per spiegare l’uso di
questo reperto è stata ricostruita, al di sopra dello stesso, una groma in legno, sul modello di quella ritrovata a
Pompei, un pannello luminoso illustra con immagini il
posizionamento e il procedimento per tracciare i cardi e
i decumani.
Il più importante monumento romano è la Stele funeraria scoperta nel 1902 in località Calalte, allora di proprietà della famiglia Ferretto Federico. Si tratta di un manufatto in calcare, ascrivibile alla prima metà del I sec.
d.C., con ritratto del defunto e con iscrizione che ricorda
Publio Papirio Sereno figlio di Publio. Una frattura alla
fine dell’iscrizione non permette di conoscere con esattezza gli anni di Papirio. È probabile che manchi una
sola cifra, per cui l’età potrebbe essere di venti o quaranta anni. Il busto del defunto, rivestito di tunica e toga,
si presenta in posizione frontale. I lineamenti del volto
assumono la rigidità e la severità della maschera funebre.
Purtroppo alcuni tratti fisionomici non sono ben leggibili per la corrosione della pietra. Da notare la caratteristica
pettinatura a ciocche virgolate sulla fronte, le orecchie
larghe e sporgenti, la mano destra stesa sul petto che tiene un lembo della toga: quest’ultima posa la ritroviamo
in molti altri monumenti dello stesso genere, forse era
tipica di qualche rituale religioso. Il panneggio delle vesti
è reso con un sistema di pieghe che, pur nella sua schematicità, acquista una funzione decorativa.
La stele è opera di officina locale e si rivela come esempio
di arte romana “popolare” e “provinciale”.
È esposta nell’atrio dell’edificio comunale poiché il suo
considerevole peso non ha permesso la collocazione
all’interno del museo.
Il 26 ottobre 2014 è stata inaugurata una nuova sala
espositiva nelle cui vetrine sono raccolti reperti rinvenuti
negli ultimi anni. I più antichi risalgono al terzo millen-
Granze
A SPASSO CON LA STORIA
nio a.C. con varie selci dell’industria campignana; sono
inoltre esposte: una fusarola, un rocchetto e frammenti
di ceramica dei Veneti Antichi rinvenute in località Grimana di Granze. Nelle altre vetrine sono visibili diverse
ceramiche del periodo medioevale, in particolare frammenti di ceramica arcaica (XII – XIII sec. d.C.), nelle altre sono esposte ceramiche graffite di vasi, piatti, ciotole
del XV – XVI secolo assieme a vetri di ampolle e bicchie-
ri risalenti al XVII secolo. Un oggetto particolarmente
raro è la Bocca o Boccatura che serviva per calibrare la
quantità di polvere da sparo delle antiche bombarde.
Il materiale esposto nelle varie vetrine testimonia di insediamenti continuativi nel territorio di Granze a partire
dal neolitico al paleoveneto, al periodo romano, medioevale fino ai giorni nostri.
DAL VILLAGGIO DI SANTA CRISTINA
ALL’ODIERNA PARROCCHIALE
L’antico villaggio di S. Cristina di Vescovana, probabilmente verso la fine XIV sec. d.C., si è trasferito a
destra del fiume S. Caterina (antica Fossa Lovara), infatti, nella visita pastorale, il vescovo Barozzi, nel 1486,
descrive l’antica chiesa in stato di abbandono e non
più ufficiata da tanto tempo. La nuova chiesa dedicata
a S. Giovanni Decollato fu edificata dalla nobile famiglia Pisani nel 1570 accanto alla villa padronale, essi
avevano acquistato nel 1486, dal ramo padovano degli
Estensi, un vastissimo territorio che comprendeva Vescovana, Stanghella, Boara Pisani e parte di Solesino.
La popolazione del vecchio villaggio di Santa Cristina
si era spostata più a nord, in terreni più salubri, vicino alla località Gazzolo, di proprietà della famiglia
Purtroppo, anche a quei tempi, la mancanza di fondi
rallentava notevolmente i lavori, la chiesa, con enormi
sacrifici, fu costruita dalla popolazione locale. Uno scalpellino, sicuramente sotto dettatura di una persona che
conosceva bene il latino, scolpì nella vera in trachite la
seguente frase: “DECVNTA - ANNO SALVT – 1586
– BNDÆ C PT PO” cioè: DECVNCTA(ta) – ANNO
SALUT(is) – 1586 – B(e)N(edicta) Æ(terno) C(ristina)
P(osuit) T(itulum) P(ute)O. La traduzione dovrebbe
quindi essere: “Non essendo ancora completata la chiesa, nell’anno di salute 1586, Cristina, benedetta a Dio
Eterno, diede il titolo al pozzo”.
Negli anni sessanta del secolo scorso il pozzo, che si
trovava davanti alla canonica, venne demolito e la vera
in trachite venne spostata nel lato nord della chiesa su
un basamento a finto pozzo. Nel 1984 questa incisione
fu fotografata e pubblicata in un quaderno del Gruppo Bassa Padovana: “Granze 1984 - Una contrada un
paese un comune”.
Nel 2009, il Gruppo Bassa Padovana, in accordo con il
parroco, ha trovato una degna e sicura sistemazione nel
portico nord della chiesa. È il documento più antico
della parrocchia di Santa Cristina, una testimonianza
della volontà e della fede di una comunità. La chiesa
infine fu consacrata il 15 ottobre 1594.
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MUSEO CIVICO DELLE CENTURIAZIONI
Via della Libertà, 36 - 35040 Granze (Pd)
Tel. 0429 690209
Periodo apertura:
Sabato e domenica dalle 15.00 alle 18.00 su prenotazione.
Per gruppi e scolaresche tutti i giorni su prenotazione.
Granze
A SPASSO CON LA STORIA
padovana Conte. Sorse quindi la necessità di edificare
una nuova Chiesa, che si volle dedicata, come l’antica,
a Santa Cristina. I lavori iniziarono nel 1582, come
è inciso sull’architrave della porta d’ingresso. Naturalmente, per la costruzione dell’edificio, occorreva acqua
per l’impasto delle malte, quindi, il primo lavoro fu la
costruzione del pozzo.
Villa Estense
A SPASSO CON LA STORIA
VILLA ESTENSE
MUSEO CIVICO DEI VILLAGGI SCOMPARSI
Il Museo Civico dei Villaggi scomparsi, allestito nel 1996
e gestito dal Gruppo Bassa Padovana, si propone di illustrare, attraverso documenti, cartografia (in particolare
mappe e foto aeree) nonché reperti archeologici, la storia degli antichi insediamenti della Bassa Padovana
generatisi da impianti di bonifica agraria del periodo
romano, sviluppatesi notevolmente tra i sec. X - XII e
scomparsi tra i sec. XIV e XV.
Lo studio ha preso spunto da un documento del 1077
nel quale Arrigo IV Re di Germania e d’Italia conferma
ad Ugo e Folco il possesso dei beni acquisiti dal Padre
Azzo II, signore d’Este. In questo elenco compaiono nomi di villaggi del tutto scomparsi dalla toponomastica
attuale o al massimo ricordati da toponimi oggi relegati
in località quasi del tutto disabitate.
Un museo che da spazio e voce a quelle piccole comunità, che seppur umili e primitive, furono artefici della
colonizzazione del territorio tra l’Adige e i Colli Euganei,
che racconta la quotidianità di chi non ha mai fatto la
“grande storia” ma ha invece dovuto subirla – la storia del
popolo, anzi, del Popolo della Bassa Padovana.
Il museo si articola in tre aree: la sala di ingresso è di introduzione generale, in cui si illustrano le metodologie
di ricerca utilizzate per identificare fisicamente le località
in cui sorgevano questi primi agglomerati, le condizioni
ambientali con cui si trovarono a coesistere, le trasformazioni subite dal territorio e le tracce (sotto forma di reperti) lasciate da questi nostri antichi progenitori.
L’ambiente in cui si svilupparono questi primi agglomerati non era tra i più ospitali anche se, proprio per la sua
tipologia, garantiva il necessario per il sostentamento quotidiano (prati per il pascolo, pesce in abbondanza e innumerevoli animali da cacciare). Un contesto ambientale del
tutto simile a quello proposto dal Bosco dei Lavacci.
In questa prima sala, a scopo storico-didattico, è stato installato il plastico di un villaggio tipico alto-medievale
con capanne in legno e paglia e chiesa (unico edificio
Villa Estense
A SPASSO CON LA STORIA
in muratura). Questi villaggi erano sovente protetti da un
fossato e da un terrapieno su cui sorgeva una “palizzata in
vivo” costituita da un fitto intreccio di piante spinose e
rovi. L’accesso era consentito da un rudimentale ponte levatoio. La funzione di protezione svolta da questo genere
di difesa era intesa più verso gli animali selvatici che infestavano la zona che verso veri e propri nemici.
La seconda area del Museo è dedicata alla descrizione
di alcuni Villaggi Scomparsi di cui si è potuto determinarne con certezza l’esatta ubicazione grazie proprio ai
tre tipi di testimonianze su cui si è sempre basato il nostro studio: la testimonianza scritta (talvolta anche quella
orale) la testimonianza cartografica e fotografica e la testimonianza “oggettiva”.
Il primo villaggio descritto è Ancarano con chiesa dedicata a Santa Colomba, citato per la prima volta in un
documento del 1077.
L’abbandono del villaggio dovette avvenire attorno al
‘400 in quanto il Vescovo Barozzi nella sua visita Pastorale del 1489 descrive la chiesa abbandonata, senza tetto e con il pavimento pieno di rovi ed il territorio quasi
disabitato a seguito delle inondazioni del Fossa Lovara.
Il villaggio è stato individuato nel Comune di Villa
Estense, in un appezzamento di terreno ancor oggi in
proprietà alla Curia Padovana compreso tra via Grompa
di Sopra e Grompa di Sotto.
I reperti venuti alla luce testimoniano inequivocabilmente tracce di epoche passate. In questo caso si parte da
frammenti di oggetti risalenti al paleoveneto, si prosegue
con frammenti di periodo romano per concludersi con
numerosissimi frammenti di ceramica grezza “pettinata”
appartenenti in prevalenza a vasellame di uso domestico.
Il Villaggio del Finale con chiesa dedicata a S. Maria
viene citato per la prima volta sempre nel documento
del 1077. La sua ubicazione è stata individuata, sempre
nel Comune di Villa Estense, grazie a foto aeree, al ritrovamento di reperti e, soprattutto, grazie al persistere del
toponimo con cui ancor oggi viene indicata la località in
cui si trovava ad insistere e cioè: Sgiazza o Cesazza (Chiesa Vecchia). I Reperti venuti alla luce confermano in primo luogo la presenza di un insediamento di età romana
(frammenti di vaso, pesi da telaio etc.), mentre i reperti
sicuramente ascrivibili al periodo medioevale, per la loro
grossolanità e il loro impasto grezzo indicano un arco di
Villa Estense
A SPASSO CON LA STORIA
tempo piuttosto ridotto, limitato ai secoli XI e XII.
All’individuazione del primitivo Villaggio di Vescovana
con chiesa dedicata a S. Cristina si è giunti grazie ad un
“particolare” individuato nella grande carta del Retratto del Gorzon custodita presso il Museo Etnografico di
Stanghella. In corrispondenza dell’attuale Località “Livelli” (oggi Comune di Granze) si nota, in una zona totalmente disabitata, la rappresentazione di una Chiesetta
(o i resti di essa).
In questo, accanto alla classica ceramica grezza “pettinata” tipicamente medioevale, sono ben rappresentate le
“Ceramiche arcaiche” quelle ceramiche ingobbiate, dipinte ed esternamente invetriate che appaiono verso la
metà del XIV secolo. La loro presenza, data il grado di
raffinatezza ben al di sopra di quello primitivo sino ad
allora accertato, porta a supporre la presenza in loco di
qualche famiglia facoltosa.
La terza ed ultima area del museo è interamente dedicata
al Villaggio di Villa.
Di grande interesse risulta inoltre il ritrovamento di una
moltitudine di frammenti di secchielli e testucci in pietra
ollare una roccia tenera denominata anche pietra verde
diffusa prevalentemente in Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria. Non essendo quindi una roccia rinvenibile nei nostri dintorni appare piuttosto chiaro che, pur trattandosi di villaggi molto primitivi, gli abitanti, probabilmente
in maniera sporadica, commerciavano anche con località piuttosto lontane. Secondo le fonti scritte la Pieve di
Villa viene citata per la prima volta in un documento del
1179, mentre dal già citato documento degli statuti Padovani del 1281 si desume che la sua consistenza era di
appena 36 famiglie; testimonianza questa che ci porta a
supporre che i villaggi di Ancarano e Finale fossero ancora
notevolmente floridi. Nella mappa del Retratto del Gorzon, appena ad ovest dell’abitato di Villa compare una
scritta che indica che la località era conosciuta come Sasso
Castellaro, un toponimo questo che starebbe ad indicare
un luogo sicuramente fortificato. In quest’ultima sala sono esposti in due vetrine ceramiche che testimoniano il
progredire di questi abitati dando spazio in particolare a
quelle ascrivibili al periodo rinascimentale.
È situato in un’area golenale delimitata dai canali Gorzone e Masina, nei comuni di Villa Estense, Granze e
Sant’Urbano.
Il toponimo, secondo quanto ipotizzato dallo storico
Camillo Corrain, è di origine tardo romana (da Fundusa’lpago da cui Lapaciense con le sue varianti volgari).
Da un documento del 1424 si desume che la valle dei
“Lavachi” doveva allora estendersi su di un’area molto
più ampia dell’attuale, spingendosi a sud sino all’argine
del canale S.ta Caterina e a nord sino al vecchio tragitto
medioevale che da Carmignano giungeva sino a Granze
passando per le località Grompa e Finale di Villa Estense.
Il Bosco dei Lavacci ha cominciato a generarsi nel 1928
a seguito dei lavori di scavo del Canale Masina ed alla
conseguente formazione di una cassa di espansione per le
piene di questi due canali.
Al suo interno è un continuo alternarsi di aree paludose poco profonde, prati e aree boschive.
Le piante arboree sono in prevalenza salici, pioppi, ed in
misura minore, ontani e aceri campestri, tra gli arbusti troviamo la sanguinella, il pruno selvatico e il biancospino.
Le pozze acquitrinose sono colonizzate dal carice e nei
punti meno profondi dalla cannuccia palustre. Non
mancano le ninfee, il nannufero, il giaggiolo di palude
e la sarcinella.
Tra il folto di questa vegetazione, ora che l’area è stata
preclusa alla caccia, trovano ospitalità un numero sempre
maggiore di specie animali tra cui: il cuculo, la garzetta,
l’arino cinerino e bianco, la nitticora.
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MUSEO CIVICO DEI VILLAGGI SCOMPARSI
Via Municipio, 22 - 35040 Villa Estense (Pd)
Tel. 0429 91896 - [email protected]
Periodo apertura:
Sabato e domenica dalle 15.00 alle 18.00 su prenotazione.
Per gruppi e scolaresche tutti i giorni su prenotazione.
Villa Estense
Via Gorzone - Villa Estense
A SPASSO CON LA STORIA
BOSCO DI LAVACCI
Carceri
A SPASSO CON LA STORIA
CARCERI
MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA
Al primo piano del grande Chiostro dell’Abbazia di
Santa Maria del ‘500 è stato inaugurato nel 2002 il
Museo della Civiltà Contadina. L’allestimento, curato
dagli architetti Eugenio e Marianna Barato, permette
l’esposizione di moltissimi attrezzi, utensili e oggetti
(oltre un migliaio), tanto da renderlo uno dei più ricchi e significativi musei di questo genere. Il materiale
espositivo proviene in buona parte dalle famiglie del
paese, diversi attrezzi e mezzi agricoli sono stati ceduti gratuitamente dalla famiglia Capuzzo di Conselve.
L’esposizione segue un ordine ben definito, con un
percorso sistematico e riguarda: la lavorazione della
terra, la semina, la raccolta del frumento, del granoturco, della barbabietola; l’ambiente della stalla;
il ricordo delle “rogazioni” e le benedizioni delle
stalle. Vari settori presentano varie lavorazioni come: i
lavori domestici, la lavorazione della canapa e la tessitura, il calzolaio, il falegname e il fabbro. Sono esposte
le unità di misura e di peso, oggetti riguardanti i giuochi dei ragazzi e il tempo libero. È riprodotta un’aula
di scuola con i banchi, la cattedra, la lavagna, la stufa,
le carte geografiche e il materiale scolastico in uso 50
anni or sono. All’interno è presente una sala con diversi
ABBAZIA DI SANTA MARIA
Fondata nel XII secolo dai monaci Portuensi Agostiniani
e passata ai Camaldolesi nel 1407, è stata, sino alla soppressione (1690), una delle abbazie più ricche di storia,
cultura, ospitalità e religiosità del Nord Italia, tanto da
meritarsi l’appellativo di “Montecassino del Veneto”.
Sul finire del XVII secolo il complesso, a cui era annesso un podere di ben 20.000 campi, venne acquistato dai
Carminati che lo trasformarono in una grande azienda
agricola. Parte dei chiostri vennero abbattuti e gran parte
degli edifici, come ad esempio la splendida “Foresteria”
(XVI sec.), vennero destinati a ricovero per gli animali,
Carceri
A SPASSO CON LA STORIA
reperti della prima e seconda guerra mondiale che
testimoniano esperienze tragiche che hanno inciso profondamente nell’esistenza delle famiglie di quel periodo storico. Un’altra ala del Chiostro, nonostante le trasformazioni avvenute lungo i secoli, testimonia ancora
la vita dell’Abbazia dove erano ubicate le celle dei
monaci oggi trovano posto alcune carrozze per il trasporto delle persone e i carri agricoli utilizzati per usi
diversi. Nel grande corridoio centrale sono esposti vari
attrezzi e contenitori che servivano per la produzione e conservazione del vino. In due celle comunicanti
si può constatare quali erano gli oggetti usati nella cucina e nella stanza da letto.
Carceri
A SPASSO CON LA STORIA
per le attrezzature agricole e per la servitù.
Tra gli edifici che attualmente compongono il complesso abbaziale si evidenziano tre elementi architettonici di
indubbia importanza.
L’ingresso, opera probabilmente risalente al XV secolo,
abbellita da una merlatura a “coda di rondine” e, al primo piano da una loggetta a quattro archi. A fianco di
questo edificio si eleva la torre di guardia.
La chiesa, costruita dai Regolari Portuensi verso la fine
del XII secolo, fu più volte rimaneggiata ed ampliata sino
a raggiungere, tra il XVI ed il XVII secolo, l’attuale assetto architettonico per opera dei cenobiti Camaldolesi. Al
suo interno sono custodite opere pittoriche di notevole
Carceri
Un inestimabile gioiello è inoltre il Battistero, in origine era la torre d’angolo del chiostro romanico salvatasi,
assieme al presbiterio, al coro e a parte del campanile,
dall’incendio del 1242 e pure da quello del 1643.
Al suo interno conserva una serie di splendidi affreschi
alcuni ascrivibili al XV sec. che evidenziano in maniera
inequivocabile gli influssi della scuola del Giotto.
Il chiostro Romanico o chiostrino, costruito tra il XII
ed il XIV secolo dai padri fondatori dell’Abbazia oggi ne
rimane solo un lato; poca cosa purtroppo, ma certamente sufficiente per far comprendere l’originario splendore dell’edificio. Tale lato, salvatosi probabilmente perché
addossato alla Chiesa, è caratterizzato da una fuga di colonnine binate intercalate da una più robusta, tutte in
marmo rosso di Verona, che delimitano il porticato da
cui un tempo i frati accedevano alle sale di servizio.
Il chiostro Rinascimentale fu edificato per volontà dei
padri Camaldolesi nel XVI secolo ed è costituito da una
vasta costruzione, con archi a tutto sesto sostenuti da colonne in pietra d’Istria, che racchiude un cortile al cui
centro spicca un maestoso pozzo in marmo rosso di Verona sormontato dallo stemma dei Camaldolesi. Al primo piano di questo edificio si segnala la sala della Biblioteca le cui pareti sono state decorate con affreschi
raffiguranti Santi, Profeti e dottori della Chiesa, opera
del Salviati o della sua scuola.
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MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA
Via Camaldoli
35040 Carceri (Pd)
Tel. 0429 619777
Periodo apertura:
Visite guidate sabato e domenica pomeriggio.
A SPASSO CON LA STORIA
rilievo tra cui “l’Annunciazione” di Lucca da Reggio,
“la Crocifissione” attribuita alla Bottega di Guido Reni e due lunette affrescate probabilmente da Iacopo da
Montagnana.
Ponso
PONSO - CESAZZA
CHIESA SANTA MARIA AI PRATI
A SPASSO CON LA STORIA
Sorge piuttosto lontano dall’attuale centro urbano,
lungo quello che fu un antico “argine” che nel medioevo permetteva i collegamenti con Casale e Vighizzolo, costeggiando per alcuni tratti la grande palude
denominata “Lago di Vighizzolo”.
L’edificio è oggi una delle pochissime testimonianze
di architettura romanica ancora presenti nel territorio
della Bassa Padovana e l’appellativo “Cesazza” (e sue
varianti) con cui i locali la stanno ad indicare non è
un dispregiativo ma indice della sua innegabile vetustà.
Nelle immediate vicinanze, lungo la strada arginale
“della Motta” che dalla Crosarazza scendeva verso la
Palude, sorgeva la Chiesa di Michele appartenente al
monastero della Vangadizza di Badia. Una inscrizione
presente nella “Carta del Retratto del Gorzon” indica
appunto “Motta della Giesia de S. Michel”.
La chiesetta, un tempo parrocchiale, è a pianta subrettangolare, lunga quasi 18 m e larga circa 9,5 m, con
un campanile posto sull’angolo nord-est alto circa
14 m terminante con un tetto a cuspide. Oggi vi si
accede solo dall’interno ma un tempo, una porticina
rivolta a nord, ne permetteva l’accesso dall’esterno.
A differenza di altre chiesette campestri in stile roma-
Ponso
A SPASSO CON LA STORIA
nico questa non presenta la tipica abside sporgente
all’esterno. In origine tale abside era presente ed è andata abbattuta o parzialmente inglobata nella struttura dai ripetuti rifacimenti subiti nel tempo. Il Vescovo
Barozzi infatti, nella sua visita del 1489, ne testimonia la presenza e la descrive a “5 facierum ad rotunditatetendentium-cinque facce tendenti alla rotondità”.
Nel XVI secolo subisce una devastante inondazione
e abbandonata tanto che nella visita del 1587 l’E.mo
Federico Cornelio la descrive così: “Sembra quasi una
stalla, ed è totalmente priva di decorazioni”.
Già nelle visite Pastorali del ‘700 la chiesetta risulta
ristrutturata ed in buono stato anche se da tempo è
ormai divenuta solamente chiesetta campestre i cui
paramenti vengono trasportati quando necessitano
dalla Parrocchiale.
Ponso
A SPASSO CON LA STORIA
Molti segni di queste vicissitudini si notano sulla sua
struttura muraria. Lo zoccolo, costituito prevalentemente da un insieme caotico di frammenti di laterizi
di varie epoche (anche romana) e blocchi trachitici di
varie dimensioni, ne è il testimone più antico, mentre
la parte alta ed il campanile dovrebbero essere di epoca rinascimentale.
L’interno è semplice, ad una sola navata con tetto in
coppi sostenuto da capriate in legno e tavelle in cotto.
Il pavimento è in tavelle in cotto piuttosto lise posate
prevalentemente a “spina-pesce”. Al centro della navata è posta una lapide marmorea che testimonia la
sepoltura in quel luogo di un “Rettore”avvenuta nel
1747. Possiede tre altari: quello a settentrione è dedicato alla Beata Vergine ed è il più antico.
Sulla parete settentrionale e nell’ultimo tratto della parete meridionale, dopo un’attenta e meticolosa
opera di restauro, campeggiano ora una serie di splendidi affreschi che la rendono molto interessante sotto
il profilo estetico ed al tempo stesso costituiscono una
base per una migliore datazione dell’edificio o delle
sue evoluzioni.
Di pareti interamente affrescate parla il Vescovo Barozzi sempre nella già citata visita pastorale del 1489,
mentre in quella del 1587 la si descrive totalmente
spoglia. Fu probabilmente in questo lasso di tempo,
forse in occasione di qualche pestilenza o di qualche
grave epidemia, che le pareti vennero rintonacate a
Ponso
Tra questi affreschi meritano di essere menzionati:
due ritratti della “Madonna con Bambino”, “L’annunciazione” e un “San Giovanni”. La gamma di colori usati e la tecnica pittorica portano ad ascriverli al
tardo Trecento.
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CHIESA SANTA MARIA AI PRATI
Via Vittorio - Località Chiesazza
35040 Ponso (Pd) Tel. 0429 95030 - 335 7514207
Periodo apertura:
Domenica per Messa Vespertina ore 18.00.
Per gruppi e scolaresche su prenotazione.
A SPASSO CON LA STORIA
calce nascondendo così alla vista tali affreschi sino al
secolo scorso.
Urbana
A SPASSO CON LA STORIA
URBANA
MUSEO CIVICO DELLE ANTICHE VIE
Il Museo è distribuito su cinque locali e l’ingresso avviene
dal portale cinquecentesco del Monastero.
La prima stanza a cui si accede è l’osteria che rievoca, da
un lato, il ruolo di accoglienza e ricovero svolto da Monasteri e Abbazie e, dall’altro, costituisce uno spazio di sosta
e ristoro per i visitatori del Museo.
Alcune stanze sono rispettivamente dedicate agli antichi
strumenti da viaggio (veicoli, abbigliamento, etc.), ai lavori di strada (ambulanti, piccoli artigiani, saltimbanchi,
etc.) e agli antichi giochi di strada.
Molto importante è la sala della cartografia storica in cui
si racconta l’evoluzione del territorio e dei suoi tracciati
viari principali avvenuti nel corso dei secoli ed in particolar modo nel medioevo.
MONASTERO DI SAN SALVARO
La chiesa di San Salvatore, o San Salvaro come il volgo la
denomina dai tempi più remoti, sorge accanto alla riva
destra del Fiume Fratta, nell’omonima frazione che dista
qualche chilometro dal centro di Urbana.
Viene menzionata per la prima volta in un atto notarile
del 1084 mentre da un documento del 1099 si apprende che vi è attiva una scuola di formazione sacerdotale.
Tale scuola non va intesa come un vero e proprio Seminario ma bensì un gruppo di persone che vivono in
comunità, intorno ad un superiore, per prepararsi a diventare sacerdoti.
Sebbene tale chiesa dipenda da quella di Casale, grazie
proprio alla presenza di questa Scuola, riesce comunque a
vivere di luce propria, tanto che nel 1100 Folco, Marchese di Montagnana, elargisce a tale chiesa (per l’anima sua
e dei suoi genitori) una vasta proprietà che si estendeva tra
Trecontadi e la selva di Carracedo.
Nel 1181 il vescovo Gerardo, su esortazione di Papa Alessandro III e su preghiera dei Marchesi d’Este, concede la
Urbana
A SPASSO CON LA STORIA
Chiesa di San Salvaro ed i suoi possedimenti all’Abbazia
di Santa Maria delle Carceri all’epoca retta dai monaci
Agostiniani di Porto di Ravenna.
Da questo momento San Salvaro diverrà un Priorato.
Nel 1407, Papa Gregorio XII soppresse l’ordine degli
Agostiniani Portuensi ormai ridottisi per numero ed importanza e, nel contempo, affida l’Abbazia delle Carceri
ed il Priorato di San Salvaro ai monaci Camaldolesi di
Giorgio. Verso la metà dello stesso secolo a questi subentrano i Camaldolesi di San Michele di Murano.
Urbana
A SPASSO CON LA STORIA
Nel 1690, Papa Alessandro VIII sopprime i complessi
monastici di San Salvaro e Carceri che nel 1693 verranno acquistati, assieme a tutte le proprietà, dalla facoltosa Famiglia Veneziana dei Conti Carminati. Da questo
momento la chiesa di San Salvaro sarà sempre retta da
Sacerdoti diocesani mentre il monastero, dapprima riadattato ad uso abitativo, verrà pian piano abbandonato a
se stesso sino a diventare quasi un rudere. Nel 1995 verrà
acquistato dalla Parrocchia e dal Comune di Urbana con
il proposito di restauralo e dargli nuovo vigore.
Urbana
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MUSEO CIVICO DELLE ANTICHE VIE
Via Marconi, 10 - Località San Salvaro di Urbana
35040 Urbana (Pd) - Tel. 347 6238422
[email protected]
www.museosansalvaro.it
Periodo apertura:
Dal 1 febbraio al 30 giugno e dal 1 settembre al 30 novembre,
domenica e festivi, dalle 16.00 alle 19.00.
Tutti i giorni per gruppi e scolaresche su prenotazione.
A SPASSO CON LA STORIA
La chiesa di questo complesso monastico, nonostante i
numerosi rifacimenti succedutesi nei secoli, presenta ancor oggi, almeno all’interno, tutta la sua semplice e antica
bellezza. Interessantissimo è il “Pantocratore” (o Cristo
Salvatore benedicente) posto nella conca dell’abside che
alcuni critici d’arte lo fanno risalire alla seconda metà del
trecento, cioè in pieno periodo gotico.
Il Monastero dopo il recente restauro è stato in parte destinato a centro parrocchiale, in parte ad Ostello della
Gioventù ed in parte a Museo dedicato alle Antiche Vie.
Il Gruppo Bassa Padovana ha voluto istituire un simile
Museo proprio in questo luogo soprattutto per esaltarne
l’importante funzione sociale svolta, seppur involontariamente, nei secoli.
Sorgendo accanto ad un corso d’acqua e lungo un antico
tragitto che collegava l’Estense con il Basso Veronese, fu
certamente luogo di passaggio, di sosta e di ristoro per
pellegrini, commercianti, ambulanti e quanti svolgessero
attività che contemplavano lunghi spostamenti.
Un luogo quindi dove ci si poteva riposare, rifocillarsi e
soprattutto si aveva l’opportunità di scambiarsi notizie,
idee e, talvolta, ideali.
Luoghi da Visitare
A SPASSO CON LA STORIA
ALTRI LUOGHI DA VISITARE:
Vescovana - La “Santa Casa” - Via Roma, 44
Si tratta di una piccola cappella situata sul lato sinistro
della parrocchiale, edificata dai nobili Pisani agli inizi
del ‘700, a riproduzione della più famosa Santa Casa di Loreto. Al suo interno sono conservati pregevoli
affreschi, attribuiti al famoso pittore veneziano Pietro
Longhi, raffiguranti i momenti salienti della vita della
Santa Vergine. Nel catino della piccola abside, protetta
da una grata in legno, è posta una interessante riproduzione della Madonna di Loreto.
Vescovana - Villa Pisani Scalabrin - Via Roma, 19
Si tratta di un possente complesso che
domina il centro di
Vescovana.
Venne
costruita dall’omonima nobile Famiglia
veneziana nei primi
decenni del XVII secolo. Esternamente presenta un’architettura piuttosto
semplice, con pianta rettangolare ed un corpo centrale
leggermente avanzato. Sulla facciata, al di sotto dello
stemma del casato, si nota un’iscrizione con la data
di ultimazione, mentre a destra dell’ingresso compare
una lapide datata 1750 con le tariffe di pedaggio per il
transito al passo sull’Adige a Boara e ai due ponti sul
Gorzone a Stanghella. Passi e ponti erano ovviamente
sotto la giurisdizione del Casato.
Il giardino antistante la villa è ben curato ed impreziosito da statue disposte prevalentemente lungo il viale
d’accesso.
Granze - Cà Conte Rusconi-Camerini - Via Ca’ Conti, 12
Sorge piuttosto lontano dal centro del paese e la si raggiunge imboccando la strada alberata che fiancheggia la
parrocchiale di Santa Cristina.
Il complesso inizialmente dovette essere probabilmente una fortificazione degli Estensi a guardia dell’Argine
Conselvano, una delle principali vie di comunicazione
medioevale della Bassa Padovana che in quel tratto gli
passava accanto.
Quando divenne proprietà della famiglia Conte fu destinato a casino di caccia e a dimora estiva, indi, nell’Ottocento passando ai Marchesi Rusconi Camerini fu trasformata come attualmente possiamo ammirala.
All’interno numerose stanze sono abbellite con affreschi
seicenteschi, mentre la barchessa è stata recentemente ristruttura per ospitare eventi pubblici e privati.
Accanto all’ingresso principale si incontra l’oratorio privato di famiglia che, secondo le cronache locali, svolse
per un certo periodo di tempo funzione di Parrocchiale.
Villa Estense - Palazzo San Bonifacio – Ardit - Via Roma
È la struttura architettonica che accoglie
chi giunge nel paese
di Villa Estense e ne
è il suo edificio più
antico.
La sua costruzione risale al XVI secolo ad
opera di Ludovico III dei San Bonifacio. Fu costruito
sopra un precedente edificio fortificato indicato nella
mappa del Retratto del Gorzon e le cui tracce sono
state confermate durante alcuni recenti lavori di restauro.
L’edificio si compone di un corpo centrale ai cui lati si
muovono due ali che gli conferiscono una particolare
forma a U. Poggia su uno zoccolo e si eleva per tre
piani più la soffitta un tempo abitabile. Le facciate dei
piani superiori sono scandite da due ordini di lesene
con capitelli tuscanico-dorici. La facciata non è in asse,
infatti l’angolo nord arretra di 50 cm, come spesso avveniva quando la nuova costruzione si elevava sopra un
edificio precedente.
Il palazzo è circondato da un grazioso giardino impreziosito da numerose statue raffiguranti alcuni guerrieri
della Famiglia, simili a quelle poste a guardia dell’ingresso principale. Un’ampia scalinata in trachite, ingentilita da statue di putti, costruita nel XVII secolo,
porta direttamente al maestoso salone delle feste decorato con stucchi e colonne rinascimentali.
Nelle immediate vicinanze sorge il piccolo oratorio privato dedicato a S. Giuseppe in cui riposano le spoglie
di molti discendenti del Casato. Del palazzo fanno parte le stalle e le barchesse dove in origine si allevavano
cavalle di razza.
L’intero complesso è vincolato dal 1927 come Monumento Nazionale.
Luoghi da Visitare
A SPASSO CON LA STORIA
Dai primi anni ’90, lungo la già citata strada alberata che
dal centro di Granze porta alla villa, in occasione della Festa Patronale del 24 luglio si svolge una particolare manifestazione denominata Infioriata. L’infiorata è una tecnica
molto particolare che consiste nel riprodurre disegni, quadri,
tappeti di varie forme e dimensioni, realizzati direttamente su strada e colorati con i petali dei fiori, sementi, foglie e
tutto ciò che la natura fornisce. A Granze, in particolare,
i disegni realizzati riguardano principalmente la simbologia del Corpus Domini e della vita e del martirio di Santa
Cristina, ma non mancano anche disegni astratti o figure
geometriche.
Durante la settimana antecedente l’evento l’intero paese si
mobilita per decorare nel migliore dei modi questo tratto di
strada che farà da tappeto naturale alla processione di chiusura della festa patronale.
Luoghi da Visitare
A SPASSO CON LA STORIA
Sant’Urbano - Palazzo Loredan – Via Priula, 1
Sorge in aperta campagna,
piuttosto
lontano dal centro
urbano , lungo l’antico alveo della Rotta
Sabadina, un importante diversivo dell’Adige che per secoli ha
costituito una delle principali vie per i trasporti fluviali
interni e di comunicazione tra l’area Atestina, l’area
Euganea e Padova.
L’edificio, a tipica pianta quadrata, fu costruito dalla
nobile famiglia veneziana dei Nani che qui vantava
da tempo numerose proprietà. Nell’ottocento passò
quindi ai Loredan e nel novecento, dopo aver conosciuto per molti anni il degrado dell’abbandono, è stato rilevato dall’Ente Ville Venete che, restaurandolo, ha
riportato agli antichi splendori gli affreschi cinquecenteschi presenti al piano nobile.
In particolare il salone centrale è caratterizzato da tre
splendidi affreschi di tipo mitologico: due raffiguranti
alcune scene del Ratto d’Europa ed il terzo dedicato a
Diana che si bagna con le Ninfe.
Le pareti della prima stanza dell’ala destra sono spartite da architetture con tre paesaggi, mentre quelle della stanza accanto sono decorate da colonne corinzie e
grandi medaglioni ovali che racchiudono le “Quattro
virtù teologali”.
Le due stanze dell’ala sinistra sono invece decorate con
grottesche.
Vighizzolo - Ponte canale delle Tre Canne – Via Tre Canne
Sorge nell’omonima
località, oggi disabitata ma sino agli anni ‘60 del novecento
prosperosa frazione
agricola di Vighizzolo.
Si tratta di un’imponente struttura idraulica costruita durante le bonifiche
veneziane del XVI secolo per consentire alle acque di
drenaggio del Lago di Vighizzolo, convogliate nel fiume Fratta-Gorzone, di sottopassare il fiume Santa Caterina e defluire quindi a mare.
Il Ponte-canale, costruito interamente in muratura, è
costituito da tre botti-sifone affiancate, con volte a tutto sesto, aventi, sia a monte che a valle, una pendenza
del 33% rispetto al tratto centrale orizzontale. Tale forma particolare è stata ideata dagli ingegneri veneziani
per creare dei vortici tali da agevolare il deflusso delle
acque altrimenti rallentate dalla presenza delle opere
murarie che ostruivano parzialmente l’alveo.
AS
c
IA
passo
on la STOR
Scoprire e
Conoscere
il Territorio
Atesino
Museo Civico Etnografico
Piazza Otello Renato Pighin, 21
35048 Stanghella (Pd)
Tel. 0425 95670
[email protected]
[email protected]
Museo Civico delle Centuriazioni
Via della Libertà, 36
35040 Granze (Pd)
Tel. 0429 690209
Museo Civico dei Villaggi Scomparsi
Via Municipio, 22
35040 Villa Estense (Pd)
Tel. 0429 91896
[email protected]
Museo della Civiltà Contadina
Via Camaldoli
35040 Carceri (Pd)
Tel. 0429 619777
Chiesa Santa Maria ai Prati
Via Vittorio
Località Chiesazza
35040 Ponso (Pd)
Tel. 0429 95030 - 335 7514207
Museo Civico delle Antiche Vie
Via Marconi, 10
Località San Salvaro di Urbana
35040 Urbana (Pd)
Tel. 347 6238422
[email protected]
www.museosansalvaro.it
Consorzio Atesino
delle Pro Loco
l Consorzio ha lo scopo di coordinare
le iniziative promosse dalle singole Pro
Loco e funge da collegamento tra le stesse
ed i vari Enti ed Associazioni operanti nel
territorio, con lo scopo di valorizzare e
promuovere le eccellenze locali e la crescita socio-culturale delle comunità locali.
È un soggetto giuridico di coordinamento e indirizzamento che programma degli
obiettivi comuni tra le singole Pro Loco e
le relative Amministrazioni Comunali di
appartenenza.
Il Consorzio di Pro Loco crea sinergie tra
queste due realtà: si ha quindi la possibilità di incidere nel territorio, partecipando
alla governance e portando avanti gli obbiettivi delle singole Pro Loco.
Questi obiettivi sono stilati annualmente e devono essere legati alla promozione
e sviluppo del territorio in cui si opera.
Gli ambiti di partecipazione sono quelli
turistici, storici, culturali ed enogastronomici.
Le attività hanno normalmente una cadenza annuale, derivati da proposte delle
varie Pro Loco del Consorzio. Le linee
operative di ogni singola attività non devono discostarsi dagli obiettivi strutturali
programmati.
Un’altra funzione del Consorzio è di fungere da legame tra UNPLI Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia, Regione,
Provincia di appartenenza e le Pro Loco.
Tale legame si esplicita con manifestazioni, organizzate e svolte a rotazione nelle
varie Pro Loco dove moltissimi volontari
lavorano in favore del proprio paese.
www.atesinoproloco.net
futuramaonline.com
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