Progetto plasma iperimmune

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REGIONE PIEMONTE
MODSIMTSV066
MODELLO INFORMATIVO PER IL
DONATORE DI PLASMA IPERIMMUNE
S.C. IMMUNOEMATOLOGIA
E TRASFUSIONALE
Data di emissione:
01/09/09
Revisione n. 2
del 01/10/10
COS’E’ IL PLASMA IPERIMMUNE
Il plasma iperimmune è plasma di donatori che, a seguito della vaccinazione per l’epatite B o quella
antitetanica, contiene un’elevata concentrazione di anticorpi diretti contro il virus dell’epatite B o
contro il tetano. Dal loro plasma è possibile estrarre e purificare con metodiche molto sofisticate gli
anticorpi, denominati “immunoglobuline antiepatite B e immunoglobuline antitetaniche”.
Tuttavia solo pochi tra i donatori vaccinati producono un’elevata quantità di anticorpi tale che il
loro plasma possa essere utilizzato per l’estrazione e la purificazione di queste immunoglobuline
specifiche. Per questo motivo è necessario, a volte, somministrare al donatore che si dichiari
disponibile ad effettuare la donazione di plasma iperimmune, una dose di vaccino addizionale.
Questa vaccinazione aggiuntiva, si è dimostrata efficace a far produrre grandi quantità di anticorpo,
aumentando quindi la protezione del donatore nel confronto dell’epatite B e del tetano, e
permettendo di raccogliere un plasma utilizzabile per la produzione di immunoglobuline
iperimmuni. La vaccinazione aggiuntiva si è dimostrata priva di rischi per la salute del donatore.
Poichè si sta gradualmente introducendo in Italia alla raccolta di plasma iperimmune, il fabbisogno
di immunoglobuline attualmente è coperto quasi interamente da plasma acquistato da paesi esteri.
A COSA SERVONE LE IMMUNOGLOBINE ANTIEPATITE B?
L’uso di questo tipo di immunoglobuline (anticorpi) ha cambiato la prognosi e la sopravvivenza in
diverse categorie di soggetti:
1) Neonati da madre portatrice di infezione da HBV:
L’epatite B è un’infezione purtroppo molto frequente in Italia; si stima che dal 2 al 7% della
popolazione italiana sia portatrice del virus. Le madri portatrici di infezione da HBV
trasmettono l’infezione al neonato durante il parto in una percentuale molto elevata di casi (circa
90%); inoltre questa infezione tende a non guarire nel 90% circa dei neonati infettati riducendo
la loro aspettativa di vita. Questo meccanismo ha mantenuto per anni un ampio serbatoio di
infezione nel nostro paese. Per proteggere i neonati di madri infette bisogna somministrare al
neonato al momento del parto anticorpi antivirus dell’epatite B già funzionanti associati alla
vaccinazione. Tali anticorpi legano il virus e ne permettono la distruzione prima che il vaccino
sia in grado di far produrre al neonato stesso i suoi propri anticorpi. Con questa prassi non si
sono più registrate trasmissioni materno-fetali dell’infezione.
2) Pazienti trapiantati di fegato per una cirrosi dovuta al virus dell’epatite B:
Il numero dei pazienti trapiantati di fegato in Italia è andato aumentando negli ultimi 12 anni. Il
soggetto trapiantato a causa di un’infezione da HBV muore di una nuova cirrosi che si sviluppa
sul fegato trapiantato dopo in media 2 anni dal trapianto, se non esegue ogni 15 giorni la
profilassi dell’infezione utilizzando le immunoglobuline antiepatite B (associate a farmaci
antivirali). Questi individui utilizzano in media 160 fiale di immunoglobuline nel primo anno
post-trapianto e successivamente circa 70 fiale l’anno per tutta la loro vita. E’ stato stimato che
in Italia per coprire il fabbisogno nazionale dovremmo raccogliere ogni anno 10000 litri di
plasma iperimmune e queste necessita sono destinate ad aumentare in futuro.
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