Polonia - Cc-Ti

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Eventi
Polonia: l’economia
più dinamica d’Europa?
Membro dell’Unione europea dal 2004, pur non avendo aderito alla moneta unica, la Polonia confina
con sei Paesi, fra cui la Germania e la Bielorussia. Con una superficie di oltre 300’000 km2 e una
popolazione di quasi 39 milioni di abitanti, negli ultimi anni ha mostrato una crescita costante del
prodotto interno lordo (PIL), che attualmente ammonta a circa 317 miliardi di Euro, mentre il PIL
pro-capite è di 9’340 Euro. La Polonia è stata uno dei pochissimi Paesi ad uscire rapidamente dal
comunismo e ad aprirsi al libero mercato. L’importante sviluppo economico avvenuto soprattutto a partire
dal 2004, anno in cui la sua ricchezza è aumentata del 6%, le ha fatto guadagnare il titolo di Nazione
più performante d’Europa. Come di consueto vi proponiamo alcune riflessioni ed interviste ai relatori
dell’evento sulla Polonia organizzato lo scorso 4 giugno presso l’Hotel Parco Paradiso a Lugano, in
collaborazione con Osec, Credit Suisse e Cippà Trasporti. Buona lettura!
Il tavolo dei relatori in un momento delle presentazioni
sulla Polonia
La Polonia si distingue per consumi resilienti
Intervista di Lisa Pantini con Nora Wasserman, Global Economic Research, Credit Suisse
Nora Wassermann
Se dovesse tracciare una visione d’insieme sull’andamento
economico della Polonia, come sarebbe?
“La Polonia è stata «best performer» in termini di crescita reale
del PIL dal 2007, se confrontata non solo con gli altri Paesi
dell’Europa orientale quali Ungheria e Repubblica Ceca, ma anche con altri membri dell’OCSE. La caratteristica più impressionante è stata senza dubbio la capacità di resistenza durante la
debolezza economica mondiale degli anni passati. La crescita
annuale è stata positiva fin dal 1992. Il fattori chiave dietro questa relativa stabilità sono stati la capacità di ripresa dei consumi
delle famiglie, come pure un basso debito pubblico, che hanno
permesso al Governo di agire ed operare in modo anticiclico (ad
esempio aumentando la spesa e gli investimenti nel 2000/01
e nel 2008/09). Inoltre la Polonia ha beneficiato dell’adesione
all’Unione Europea nel 2004, ricevendo un sostegno finanziario
da fondi comunitari, in particolare per i settori dell’agricoltura
e delle infrastrutture. Oltre a ciò una profonda integrazione con
l’UE attraverso il commercio e il canale finanziario ne ha rafforzato la crescita, ma ha anche contribuito ad incrementare
la vulnerabilità dell’economia alla crisi dell’Eurozona. Pertanto,
ci aspettiamo quest’anno una crescita annua rallentante ad un
valore stimato del 2,6%, da un 4,3% nel 2011 per poi risalire al
3% nel 2013. Ciò in base al presupposto che la crescita nell’Eurozona si riprenda, benché i rischi vadano comunque al ribasso”.
Quali rischi si presentano nei canali commerciale e finanziario?
“La crisi nell’Eurozona presenta rischi nel canale commerciale e
finanziario. Nello specifico:
-Rischi nel commercio: in termini di scambi commerciali, la Polonia è meno esposta rispetto alle altre Nazioni della regione
orientale come l’Ungheria, la Repubblica Ceca o la Slovacchia,
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Eventi
ma non è ancora comunque immune dall’indebolimento della
crescita nella regione. Le esportazioni dalla Polonia si attestano a circa il 40% del PIL, rendendo il Paese meno «aperto»
rispetto all’Ungheria (90%), ma più esposto della Russia (30%).
La maggior parte delle esportazioni (80%) sono indirizzate a
membri dell’UE. Una nota positiva è che non ci aspettiamo per
quest’anno un calo assoluto dell’attività economica nella maggior
parte dei suoi principali partner commerciali (ad esempio i Paesi
scandinavi, Regno Unito, Germania e Francia). Ciò nondimeno,
anche i rischi per la domanda esterna si prospettano al ribasso.
-Rischi nel settore finanziario: per quanto concerne il settore
finanziario, le banche polacche devono affrontare un certo
rischio di liquidità. La Polonia è un importatore di capitali
- riflesso da un disavanzo delle partite correnti - il che significa che gli investimenti sono in parte guidati da investitori
stranieri. Dal momento che in genere le banche forniscono
finanze per investimenti a lungo termine e si assumono prestiti a breve termine, la volatilità dei mercati finanziari può
portare a problemi di liquidità. Dal 2009 il mix dei termini
di scadenza è diventato meno favorevole: a breve termine gli
afflussi di capitale di natura più speculativa rappresentano ora
l’80% del totale netto (marzo 2012). In un evento di elevata
volatilità dei mercati finanziari, gli investitori potrebbero ritirare rapidamente i capitali, alla ricerca di «porti sicuri» per gli
investimenti, creando un problema di liquidità per le banche
polacche. Tuttavia, anche in uno scenario di crescita molto
bassa, un collasso del sistema bancario appare piuttosto improbabile, poiché a breve termine il debito estero è ancora
basso (25% del PIL) e le riserve di valuta estera rappresentano
un solido 20% del PIL. Oltre a ciò la Polonia possiede una linea
di credito flessibile con l’FMI di 30 miliardi di dollari (USD),
pari al 6% del PIL.
Un altro rischio è la grande presenza di filiali di banche della
zona euro, e il potenziale contagio di un debole sistema bancario
europeo. Alla fine del 2011, circa il 70% delle attività bancarie in
Polonia erano di proprietà straniera. La capacità di assorbimento
delle perdite sembra piuttosto forte con le banche che posseggo-
no in media un coefficiente di capitale del 13%, ma la necessità
di ricapitalizzazione di alcune banche dell’Eurozona indica che
l’offerta di credito potrebbe essere più limitata.
La politica fiscale potrebbe diventare meno favorevole.
In aggiunta, la necessità di una rigorosa politica fiscale in Polonia potrebbe indebolire la crescita della domanda interna nel
futuro. Gli investimenti pubblici sono cresciuti fortemente negli
ultimi tre anni, specialmente nel settore edile. Soprattutto se
paragonato a molti dei Paesi della zona euro fortemente indebitati, il debito pubblico lordo, pari al 55% del PIL, non è elevato.
L’adozione di un «tetto del debito» al 55% del PIL (60% come
definito dalla Costituzione) potrebbe innescare tagli alla spesa
e limitare il sostegno fiscale in caso di un futuro rallentamento
più forte del previsto. Il Governo ha già ridotto il suo disavanzo
da quasi il 7,8% del PIL nel 2010 (contro l’1,9% nel 2007) a
circa il 5,6% nel 2011, aumentando il valore aggiunto fiscale
e riformando il sistema pensionistico. Tuttavia, nel 2012 e il
2013 gli obiettivi di disavanzo di bilancio sono inferiori al 2,9%
e 2,5% del PIL”.
Può fare una previsione di un prossimo futuro contesto
economico?
“Le prospettive economiche sono migliori rispetto ad altre parti
d’Europa. Considerando i rischi esposti, la storia del successo
polacco non è finita. Se l’economia si indebolisse in modo significativo nei prossimi mesi, la leva della politica monetaria
sarebbe ancora possibile, mentre i limiti della politica fiscale
sono maggiori. Mentre l’inflazione elevata attualmente limita la
flessibilità della banca centrale, un rallentamento della crescita
e delle materie prime con più prezzi più bassi (la Polonia è un
importatore di petrolio e la quota dei prezzi del petrolio e degli
alimentari nel paniere dei prezzi al consumo è al 40%, ossia
un rapporto relativamente alto, anche per i mercati emergenti)
dovrebbe aprire uno spazio per tagli ai tassi della politica. Con
tassi di interesse nominali alti e un basso debito pubblico, la
Polonia è ancora di più una «potenza di fuoco» rispetto ad altri
Paesi della regione. Nel complesso anche se la crescita del PIL
rimane al di sotto dei trend, deve ancora arrivare a circa il 2-3%
annuo e sarebbe quindi più forte che in molti altri Paesi europei”.
La ricetta del successo polacco
e le opportunità d’affari in Polonia
Intervista di Monica Zurfluh a Miguel Fonollosa, Responsabile Swiss Business Hub Poland
Miguel Fonollosa
Signor Fonollosa, l’Unione Europea lotta contro l’indebitamento
di vari Stati membri. Cosa ci può dire della Polonia? Come si sta
comportando?
“Dalla sua entrata in funzione nell’ottobre 2007, il Governo
Tusk mette l’accento sulla politica economica. Nonostante le
prospettive economiche per la Polonia siano buone, occorre affrontarne i problemi strutturali. A fine aprile 2011, il Governo ha
confermato la volontà di ridurre il deficit budgetario fino a un
massimo del 3% entro il 2012. Il suo livello si attestava al 7,3%
prima del 2009 ed è aumentato al 7,9% nel 2010. Si tratta del
sesto disavanzo più alto all’interno dell’UE. Il piano stilato dalla
Commissione europea è sì stato accettato, ma comporta rischi
maggiori per quanto riguarda le entrate macroeconomiche e la
riduzione al livello previsto entro il 2013 sembra sia irraggiungi-
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bile. Secondo le ultime stime del Ministero polacco delle finanze,
il disavanzo nel primo trimestre 2012 dovrebbe ammontare al
65,6% dell’indebitamento atteso per l’anno corrente. La Polonia,
come altri Paesi europei, deve evitare di indebitarsi ulteriormente. Una delle numerose misure volte a ridurre il deficit è la riforma
delle rendite, che il Governo è riuscito a far accettare a fine aprile
2011. Malgrado la forte opposizione dell’industria farmaceutica,
il parlamento ha approvato in procedura accelerata una nuova
regolamentazione del settore riguardante il rimborso dei farmaci
soggetti a prescrizione medica. Le misure fiscali comprendono
il recente aumento dell’aliquota IVA dal 22% al 23%. Inoltre, le
privatizzazioni delle imprese statali hanno fatto confluire ulteriori fondi nelle casse dello Stato (circa 6 miliardi di franchi nel
2010). Lei ha azzeccato la domanda: l’ulteriore sviluppo econo-
mico della Polonia è determinato in larga misura dal controllo
che il Governo riuscirà a esercitare sul bilancio”.
Durante l’incontro informativo del 4 giugno scorso ha menzionato
alcune aziende svizzere presenti nel Paese - ABB, Lindt, Nestlé,
Roche, Swatch Group… solo per citarne alcune. Trattasi tuttavia
soprattutto di grandi aziende. Che ne è delle più piccole? Come
può una PMI svizzera entrare sul mercato polacco?
“Le grandi imprese sono state le prime ad approdare in Polonia,
sono arrivate 15 anni fa, appena dopo la svolta storica, poiché
hanno un’impostazione globale e i mezzi finanziari necessari
per entrare su nuovi mercati con le proprie aziende. Oggi sono
piuttosto le piccole e medie imprese a compiere il passo dell’internazionalizzazione, rivolgendosi all’Osec e allo Swiss Business
Hub. Vi sono sempre più PMI svizzere attive in svariati rami
anche in Polonia. In collaborazione con la Camera di commercio locale, abbiamo cercato di registrare tutte le aziende rossocrociate presenti in Polonia. Per rispondere alla sua importante
domanda sui passi che deve compiere una PMI per entrare su
un mercato nuovo, insisto sempre sul fatto che il prodotto o il
servizio offerto debba assolutamente essere competitivo: occorre azzeccarne la qualità, il prezzo e la disponibilità. Una volta
rispettata questa premessa, si tratta di realizzare gli ulteriori
passi di rito nell’esportazione. Bisogna essere preparati e poter
contare su una decisione convinta della direzione per l’entrata
sul mercato locale, informarsi sulle condizioni vigenti, elaborare
una strategia d’esportazione e mettere a disposizione le risorse
interne necessarie, tanto per citare gli aspetti più importanti.
Vorrei rilevare altresì che a causa della barriera linguistica (il
polacco è davvero difficile!), la scelta del partner locale giusto è
di fondamentale importanza”.
La concorrenza estera, soprattutto giapponese e tedesca, è molto
agguerrita in Polonia, quali settori offrono ancora del potenziale
per le aziende svizzere?
“La concorrenza in Polonia è già molto presente: il suo potenziale è ormai riconosciuto a Ovest, non si tratta più di un nuovo
territorio. Le imprese, i consumatori e i clienti si comportano
secondo parametri occidentali: sono esigenti, nonostante il potere d’acquisto sia ancora a livelli inferiori rispetto al nostro. La
Germania rappresenta un partner commerciale essenziale. Le
aziende svizzere non devono comunque temere la concorrenza
poiché la Svizzera e la Polonia hanno caratteristiche simili.
Una PMI che ha successo in Svizzera ha buone possibilità di
affermarsi anche in Polonia, a patto che il prodotto/servizio
sia idoneo all’esportazione nel Paese mirato e siano compiuti i
passi giusti per entrare sul mercato locale. Le PMI rossocrociate sono abituate a proporre i loro prodotti innovativi in mercati
esteri di nicchia. La Polonia offre opportunità d’affari molto
interessanti ai subfornitori, soprattutto a quelli attivi nei rami
dell’elettronica e dei macchinari (MEM). Tuttavia, sarebbe peccato limitarsi a determinati settori. I giapponesi, per esempio,
non esportano molto in Giappone, ma si attivano diversamente:
costruiscono siti produttivi in Polonia e da questi servono il
mercato europeo”.
Infine, perché secondo lei una PMI dovrebbe rivolgere uno sguardo attento alla Polonia?
“Soprattutto per due motivi: primo, la Polonia è un mercato in
crescita con numerosi abitanti e un forte potenziale; secondo,
per una PMI svizzera è molto più semplice entrare sul mercato
polacco piuttosto che attivarsi in Paesi lontani”.
Le spedizioni di merci in Polonia
Intervista di Lisa Pantini con Angelo Betto, Direttore operativo Cippà Trasporti SA
Angelo Betto
Quali sono le procedure chiave per la spedizione di merci in Polonia? Quali documenti sono necessari?
“Oggi spedire in Polonia a livello documentale non comporta
nessuna difficoltà particolare, essendo membro della Comunità
Europea ed essendosi quindi adeguata ai suoi standard. Indispensabile fornire al proprio spedizioniere la fattura di vendita
dove siano indicati numero colli – peso lordo – peso netto – incoterms – valore – origine della merce. È importante considerare
che per gli Accordi bilaterali tra CE e Svizzera, la merce di origine
Svizzera all’importazione in Polonia non paga dazio. A tal fine
è indispensabile che sia emesso il certificato d’origine E.U.R.1.
abitualmente compilato dall’esportatore e convalidato (tramite
lo spedizioniere doganale) dalla Dogana Svizzera. Lo stesso,
presentato a destino, consentirà automaticamente l’esenzione
dal dazio. Esiste anche la possibilità che il documento E.U.R.1.
venga compilato dallo spedizioniere, tramite delega emessa
dall’esportatore”.
Esistono difficoltà dal punto di vista doganale? Quali?
“Non esistono particolari difficoltà. Tuttavia è fondamentale giocare d’anticipo. È abitudine consolidata che in Polonia le operazioni doganali siano a cura e carico dell’importatore, pertanto
fornire tutti gli estremi, dello spedizioniere a destino, al proprio
agente doganale, sarà azione opportuna; lo stesso provvederà ad
inviare i documenti doganali una volta emessi e farà in modo che
all’arrivo fisico della merce in dogana, tutta la documentazione
sia già predisposta e l’importatore abbia avuto modo di far avere
al proprio spedizioniere gli oneri da versare nelle casse della
dogana Polacca. I tempi di sdoganamento non sono ancora così
veloci come in altri Stati membri ma nemmeno eccessivamente
più lunghi. Questa premessa è necessaria, considerando che
la maggior parte degli invii in Polonia sono DAP (ossia la resa
INCOTERM «Delivery At Place» la quale prevede che il mittente
si faccia cura e carico di tutti i costi di spedizione fino a domicilio cliente in Polonia , eccezion fatta per le operazioni doganali
import polacche). Questa resa è anche la più consigliata, perché
permette a chi spedisce di avere il controllo della propria spedizione fino all’arrivo a destino”.
Come trova la burocrazia polacca?
“Grossi sforzi sono stati fatti dalla caduta del muro ad oggi,
per rendere la Polonia uno Stato aperto all’economia di mercato
«occidentale». L’apparato burocratico non è ancora ai livelli di
altri stati membri della CE, tuttavia in futuro prevedo un rapido adeguamento a tempi e metodi standard all’interno della
comunità”.
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