20 - Trieste Artecultura - dicembre 2013 Canzoni per Nelson Mandela LA LIBERTà E LA MUSICA di Giuseppe Signorelli A parte Gesù, a pochi altri personaggi (e in questo momento, non me ne vengono in mente) sono state dedicate tante canzoni. E dire che, solo nel secolo scorso, ce ne sono stati alcuni che le avrebbero meritate (e qualcuna, in effetti, c’è): Gandhi e Martin Luther King, per dirne un paio. Ma se andate a fare qualche ricerca in rete, come ho fatto per preparare un programma radiofonico sull’argomento, scoprirete che per Nelson Mandela, Nobel per la Pace nel 1993, scomparso lo scorso 5 dicembre a 95 anni (dei quali 27 passati in galera), sono state composte molte più canzoni di quanto possiate immaginare. Magari non tutte all’altezza del personaggio, ma, in circostanze come queste, ha poca importanza: è proprio il caso di dire che “il fine giustifica i mezzi”. La ragione di questa ingente mole di dediche si spiega facilmente: la musica ha sempre sostenuto le battaglie per cause nobili quali la libertà, il riscatto sociale, la dignità, l’uguaglianza, anche pagando prezzi molto dolorosi, dalla censura al carcere, dalla tortura persino alla morte. Esemplare in questo senso il caso del cantautore cileno Victor Jara, torturato a morte a causa delle sue canzoni “sovversive” in appoggio al presidente Allende. E se le lotte di Madiba (soprannome di Mandela derivato dal suo clan) contro l’apartheid resteranno preziosa testimonianza storica per le generazioni a venire, anche le canzoni a lui dedicate assumono una valenza particolare, proprio per la loro natura intrinseca di “foto d’epoca”, resoconti in forma più o meno poetica e/o cronachistica di momenti storici ben precisi. Saranno anche solo “canzonette”, ma pensate quanto possano essere importanti! Vorrei qui citarne alcune fra le più interessanti, prendendo il discorso alla larga e risalendo al 1980, anno in cui esce il terzo album omonimo di Peter Gabriel, che contiene la bellissima Biko, dedicata a Stephen Biko, attivista sudafricano fondatore del Black Consciousness Movement contro l’apartheid, morto torturato in carcere. Questo brano, in perfetto equilibrio fra suoni etnici, “rock” ed elettronica, oltre a rappresentare una svolta fondamentale per la carriera di Gabriel, ha segnato anche l’inizio della serie di tributi musicali a Mandela. Procedendo un po’ in ordine sparso e rimanendo negli anni Ottanta, c’era anche una “canzoncina” orecchiabile che, se si fosse prestata maggiore attenzione al testo, avrebbe rivelato tutta la sua importanza: si tratta di Gimme hope Jo’anna (con riferimento a Johannesburg) del musicista, cantante e produttore discografico guyanese naturalizzato britannico Eddy Grant e conteneva un esplicito attacco al regime sudafricano dell’apartheid, citando nel testo Nelson Mandela, Desmond Tutu (al quale dedicò un intero album il grande Miles Davis) e Soweto, la “township” nera dove pulsava la protesta anti-segregazionista. Chissà quante volte l’avrete ballata senza sapere tutto ciò! Continuando, il musicista e politico senegalese Youssou N’Dour ha intitolato Nelson Mandela un suo album del 1986 (aperto dalla canzone omonima), ancora improntato allo stile “mbalax” tipico della sua terra d’origine, prima della svolta commerciale e di “occidentalizzazione” che ha fatto un po’ storcere il naso ai puristi. Così come è successo per il disco Street fighting years dei Simple Minds, uscito nel 1989, che considero, invece, fra le opere migliori del gruppo scozzese. Anche questo lavoro, come quello citato di Peter Gabriel, ha rappresentato una svolta sia dal punto di vista stilisticomusicale, con atmosfere che spaziavano da sonorità progressive a tradizioni celtiche, rock e ritmi africani, sia da quello testuale, con brani di impegno civile che sposavano le grandi cause della Sinistra britannica di quel periodo, fra i quali una cover proprio di Biko e Mandela Day, scritta in occasione del Nelson Mandela 70° Birthday Tribute, svoltosi a Wembley l’11 giugno 1988. Ancora degli anni ‘80 sono: Free Nelson Mandela (1984) degli Special A.K.A., anche questa, come Gimme hope Jo’anna, grande canzone di protesta “camuffata” da ballabile orecchiabile; Bring him back home (1986) del trombettista jazz sudafricano Hugh Masekela, trascinante afro-beat; Asimbonanga (alla lettera, “Non lo abbiamo visto”, 1987) di Johnny Clegg, soprannominato lo “Zulu bianco”, che, dopo vari problemi con la censura, nel 1999 ebbe l’onore di cantarla su un palco insieme allo stesso Mandela; Freedom now (1989) della cantautrice Tracy Chapman, folk-blues dalla forza dirompente. Naturalmente, tutte queste canzoni furono censurate dal regime sudafricano e causarono diversi problemi ai musicisti originari di quella zona. Il presente è rappresentato dall’intensa colonna sonora del film Mandela: long walk to freedom, diretto da Justin Chadwick. A impreziosire questa raccolta di splendidi brani (fra i quali, War di Bob Marley), c’è l’originale Ordinary love degli U2, scritto da Bono appositamente per il film. Per motivi di spazio, ho dovuto escludere tante canzoni, ma lascio a voi il gusto di rintracciarle per assaporare ulteriormente il senso di libertà che ci comunicano, grazie al grande uomo che le ha ispirate. 20 - Trieste Artecultura - dicembre 2013