UTE13,14e15SNC CORSO DI FITOTERAPIA E FARMACOGNOSIA PARTE TERZA - CAPITOLI 13, 14, 15 SNC CAPITOLO 13 - DROGHE STIMOLANTI PER IL SISTEMA NERVOSO - Premessa - Droghe stimolanti descrizione - caffè - cacao - the - guaranà - cola - matè CAPITOLO 14 - DROGHE PER LE ATTIVITÀ COGNITIVE E DEMENZA - Attività cognitive - ginkgo - salvia - melissa - bacopa CAPITOLO 15 - DROGHE PER INSONNIA, ANSIA E DEPRESSIONE - Insonnia, Ansia e Depressione, definizioni preliminari - valeriana - passiflora - melissa - iperico - biancospino - luppolo. CAPITOLO 13 - DROGHE STIMOLANTI PER IL SISTEMA NERVOSO PREMESSA Il sistema nervoso centrale è costituito da un insieme di organi, tra loro strettamente collegati, grazie ai quali è possibile realizzare le seguenti attività di carattere fisiologico, relazionale e psicologico: - ricevere, riconoscere, memorizzare ed elaborare gli stimoli trasmessi da parte del sistema nervoso periferico e dagli organi di senso, - trasmettere le risposte agli stimoli ricevuti e coordinare le diverse attività svolte da parte del sistema nervoso periferico, - stimolare, organizzare, svolgere e programmare le diverse attività relazionali dell’individuo, intervenendo sulla capacità di adattamento agli stimoli ricevuti, - regolare, controllare, coordinare e gestire, attraverso il sistema nervoso vegetativo, i diversi processi vitali svolti ininterrottamente da parte degli organi o apparati preposti a queste funzioni, (es. respirazione, circolazione, digestione, etc.) Riguardo all’importanza e all’impatto, che rivestono le diverse attività del sistema nervoso centrale, nella gestione della vita sociale, gli individui, in quanto tali, hanno da sempre cercato di realizzare i seguenti obiettivi: - migliorare le prestazioni svolte dal sistema nervoso centrale, - modificare i meccanismi di elaborazione o di risposta agli stimoli ricevuti, - potenziare i meccanismi intellettivi di concentrazione, di memoria e di recupero. Per facilitare il conseguimento di questi risultati e per essere in grado di assicurarsi condizioni di supremazia o di privilegio nella vita sociale, l’essere umano ha da sempre fatto ricorso all’utilizzo di sostanze dl natura vegetale, in grado di modificare e/o di potenziare le prestazioni del sistema nervoso centrale. Molte di queste droghe, sono state usate in passato in cerimonie mistico-religiose per alterare lo stato di coscienza, (alluncinogeni), per favorire la creatività artistica, (oppiacei), per scacciare la paura prima di una battaglia, (hashish), per alleviare la fatica durante lo svolgimento di mansioni faticose, (cocaina), per migliorare le prestazioni sportive, (efedrina), per stimolare e/o potenziare la propria capacità sessuale, (cannabinoidi). La maggior parte delle droghe sopra riportate continua ad essere tuttora impiegata, sia illegalmente a scopo edonistico come stupefacenti, sia legalmente come analgesici per la cura dei grandi dolori. L’impiego delle droghe, in generale molto attive sul sistema nervoso centrale, è tuttavia molto limitato e circoscritto a causa degli effetti collaterali, dell’elevata tossicità e dell’induzione di uno stato di dipendenza, da esse costantemente manifestato. La vendita legale a scopo terapeutico e la somministrazione di droghe attive sul sistema nervoso centrale sono regolate da leggi molto restrittive, precise e di sicura affidabilità, in grado di tutelare la salute dei pazienti che ne fanno uso. Di maggiore interesse terapeutico per i farmacisti e per gli erboristi sono invece le droghe utilizzabili per fornire risposte adeguate alle sollecitazioni e agli stimoli di natura relazionale e sociale, che coinvolgono l’attività del sistema nervoso centrale del singolo individuo inserito in una realtà sempre più frenetica complessa. Le caratteristiche e le proprietà fitoterapiche di questo tipo di droghe riguardano i seguenti meccanismi di azione: “stimolazione del sistema nervoso centrale”, “potenziamento delle capacità cognitive e mnemoniche”, “cura dell’insonnia”, “ controllo dell’ansia e della depressione”. DROGHE STIMOLANTI DESCRIZIONE Le droghe stimolanti sono costituite da sostanze caratterizzate dalla presenza di un nucleo “xantinico o metilxantinico”, il quale a seconda del diverso grado di complessazione della molecola è costituito da tre diverse molecole, denominate rispettivamente: “Caffeina, Teofillina e Teobromina”. Tutte queste droghe, se assunte a dosi terapeutiche, agiscono come stimolanti direttamente sul sistema nervoso centrale, migliorando il livello di attenzione, la capacità di vigilanza, diminuendo contemporaneamente il senso di fatica. A dosi maggiori queste sostanze causano stati di nervosismo, aumentano la soglia d’irritabilità, inducono insonnia e provocano aumenti e/o modifiche della frequenza cardiaca. La caffeina, tra le droghe stimolanti è quella caratterizzata da effetti centrali più marcati, essa è, infatti, in grado di attraversare più facilmente la barriera ematoencefalica. Una dose di 100 mg di caffeina è generalmente sufficiente a indurre l’aumento delle capacità cognitive in quasi tutti gli adulti, provocando come effetti indesiderati, un aumento della frequenza cardiaca e più raramente un potenziamento dello stato di nervosismo. La teofillina manifesta invece una maggiore attività spasmolitica sulla muscolatura liscia, dell’apparato respiratorio in particolare, associata ad una discreta attività diuretica; in passato questa sostanza è stata a lungo utilizzata come broncodilatatore per combattere gli effetti patologici dell’asma bronchiale cronica, prima dell’arrivo dei farmaci βadrenergici e cortisonici. La teobromina, alcaloide tipico del cacao è dotata di una minore attività stimolante rispetto alla caffeina, ma presenta rispetto alle precedenti, una maggiore azione diuretica, cardiotonica e vasodilatatoria, soprattutto a livello coronarico; non a caso questa sostanza era stata largamente utilizzata in passato come rimedio utile per combattere le crisi di “angina”. I ben noti effetti del cacao sono proprio collegati alla presenza di teobromina unitamente a quella della caffeina; a titolo esemplificativo una barretta al cioccolato fondente può contenere da 400 a 600 mg di teobromina e 20-40 mg di caffeina. Si tratta comunque di valori generali che possono variare significativamente, sia in relazione alle caratteristiche del prodotto di partenza, tipo di coltura e semi utilizzati, sia in funzione delle tecniche estrattive utilizzate. Nel cioccolato al latte il contenuto di teobromina e di caffeina è ridotto in funzione della minore presenza di cacao, mentre nel cioccolato bianco il loro contenuto è praticamente nullo. Tra i prodotti fitoterapici, dotati di attività stimolanti sul sistema nervoso centrale, i più importanti sono: “il Caffè, il Tè, il Cacao, la Coca, il Guaranà ed il Matè”. CAFFE’ Il Caffè, denominato anche “Coffea arabica”, appartenente alla famiglia delle “Rubiaceae”, è una pianta legnosa sempreverde, spontanea, originaria degli altopiani dell’Abissinia; attualmente la coltivazione del caffè è diffusa sia nelle fasce tropicali africane, sia in particolare nelle zone agricole del centro e sud america. La pianta del caffè presenta foglie ovali, opposte e sempreverdi, il frutto è formato da una drupa di colore rosso che assomiglia a una ciliegia, al cui interno sono presenti due noccioli o semi dalla caratteristica forma piano convessa, denominati comunemente come “chicchi di caffè”. La lavorazione del caffè avviene con le seguenti tappe a partire dal frutto: 1° eliminazione della polpa esterna, che viene scartata, liberando i semi ancora allo stato grezzo, 2° rimozione della parte membranosa esterna che ricopre i semi, per separare tra loro le due parti interne, 3° lavaggio e asciugatura dei semi con conseguente liberazione dei chicchi allo stato grezzo, 4° spazzolatura e classificazione dei chicchi, per selezionare la qualità del prodotto, 5° stagionature dei chicchi di caffè, per migliorarne le caratteristiche aromatiche, 6° torrefazione, riscaldamento a 200°C in ambiente privo di fiamma, per ottenere caffè tostato, L’aroma sprigionato durante la torrefazione è più o meno intenso e dipende dalla presenza di un olio volatile contenuto nel prodotto di partenza. Dopo la torrefazione il caffè viene solitamente macinato, prima di essere usato come bevanda, generalmente preparata come infuso o decotto. Le proprietà stimolanti del caffè sono dovute alla presenza della “caffeina”, che viene anche estratta allo stato puro a scopo farmaceutico. La dose di caffeina mediamente contenuta in una tazza di caffè varia da 60 a 100mg, la quantità limite di caffeina, tollerabile per un organismo sano, è pari a circa 1-1,2 g/die corrispondenti a circa 12-20 tazzine/giorno. Le principali proprietà benefiche, correlate all’uso giornaliero di “limitate quantità del caffè”, producono i seguenti effetti: - una leggera eccitazione cerebrale - un incremento della capacità reattiva - una maggiore capacità di attenzione e di concentrazione mentale - una maggiore facilità di movimenti muscolari - un minore senso di stanchezza - una migliorata capacità digestiva - un leggero effetto diuretico - una forte azione antagonista nei confronti dell’ingestione di alcol. Gli effetti collaterali più marcati, conseguenti “all’uso eccessivo di caffè” provocano invece i seguenti sintomi: - insorgenza di insonnia, - aumento della frequenza cardiaca, - aumento della secrezione gastrica, - stato di nervosismo, - alterazione delle proprietà gustative, - facilità all’uso del fumo. CACAO Il Cacao o “Theobroma cacao”, appartenente alla famiglia delle “Sterculiaceae”, è una pianta arborea di medie dimensioni, originaria del centro america, dove era già coltivata nell’epoca precolombiana. Droga è ricavata dai frutti e dai semi, con procedimenti di lavorazione particolari e complessi, i due principali componenti, ottenuti al termine di questo processo di estrazione, sono costituiti da: “burro di cacao” miscela ricca di grassi, amidi e proteine, di consistenza molle, di colore chiaro, di aspetto simile ai pani di burro “polvere di cacao”, frazione solida, ricavabile anche direttamente dai semi essiccati, di colore marrone scuro, facilmente polverizzabile; essa contiene “teobromina, caffeina, tannini e polifenoli”. Il “burro di cacao”, per le sue proprietà organolettiche e per le sue caratteristiche chimico-fisiche, è una sostanza molto stabile dal punto di vista chimico e microbiologico, conserva a lungo inalterate le proprie caratteristiche senza dover ricorrere a particolari precauzioni, infine è facilmente manipolabile a bassa temperatura, per cui può essere agevolmente mescolato con molte altre sostanze senza mostrare particolari incompatibilità. Per queste sue proprietà il burro di cacao è comunemente utilizzato in diversi settori: - nell’industria dolciaria, come componente principale per la preparazione dello cioccolato, - nell’industria cosmetica come componente elettivo per la preparazione di prodotti per le labbra, - nell’industria farmaceutica come componente per la preparazione di creme e di supposte. Il burro di cacao dal punto di vista alimentare, pur essendo un grasso, molto simile come composizione al burro e all’olio d’oliva, presenta vantaggi ed affidabilità superiori nei loro confronti, in quanto possiede una temperatura di decomposizione più elevata, e non contiene colesterolo. La “polvere di cacao” è una sostanza solida di aspetto soffice, dotata di ottime proprietà di “amalgama” per cui essa può essere utilizzata, sia nell’industria dolciaria in generale, sia in cucina per la preparazione estemporanea di dolci, sia infine per la preparazione di infusi assieme ad altri componenti. Per l’assenza di zucchero la polvere di cacao è particolarmente indicata nella fabbricazione di prodotti dolciari per pazienti affetti da diabete. La teobromina e la caffeina, presenti nella polvere di cacao, producono, a seguito dell’ingestione di questa sostanza, benefici e salutari effetti per l’organismo, in funzione delle proprietà stimolanti, diuretiche, vasodilatatorie e cardiotoniche già indicate a proposito della teobromina. Tossicità, la teobromina presenta nell’uomo una tossicità praticamente trascurabile, se assunta a dosi giornaliere contenute, in relazione al fatto che essa viene metabolizzata molto rapidamente; negli animali, invece, essa è particolarmente tossica in quanto viene metabolizzata lentamente; a titolo esemplificativo ricordo che una dose di 50/60 g di cioccolato fondente, se ingerita intera da parte di un cane di piccole dimensioni, può risultare letale . THE Il The o Tè, appartenente alla famiglia delle “Theaceae”, è una pianta dotata di “foglie sempreverdi”, che allo stato selvatico può raggiungere anche i 10 metri di altezza, le diverse specie coltivate invece restano allo stato arbustivo e di norma non raggiungono i 2 metri. Questa pianta è originaria della zona meridionale della Cina e attualmente è coltivata, su larga scala, non solo nel sud est asiatico, ma anche nel continente americano; la diffusione dell’impiego e delle zone di coltivazione hanno determinato nel tempo lo sviluppo di un’enorme varietà di specie differenti tra loro, sia per le caratteristiche botaniche, sia per le attività estrattive utilizzate. Droga, è ricavata dalle foglie, raccolte manualmente in diversi periodi dell’anno, a seconda dei diversi trattamenti lavorativi adottati è stato possibile selezionare differenti varietà di tè, tra le quali le due più pregiate, per quanto riguarda le caratteristiche organolettiche, sono denominate rispettivamente “tè verde” o “tè nero”. Le foglie di tè contengono tutte e tre le “metilxantine”, le quali sono complessate con i “tannini”, presenti in elevata percentuale . La sostanza più abbondante è la caffeina denominata comunemente anche come “teina”, presente in concentrazione tra il 2,5 ed il 4%, seguita da teobromina, (0,1% circa) e da teofillina, (0,02-0,03%). L’aroma più o meno intenso e la colorazione delle bevande ottenute dipendono, sia dalla presenza di un olio volatile, sia dal contenuto dei diversi tannini. Proprietà terapeutiche e impieghi, le foglie di tè, somministrate come infuso, manifestano proprietà fitoterapiche molto simili a quelle già descritte per il caffè, alle quali occorre aggiungere anche una modesta attività diuretica ed astringente, correlate in particolare alla presenza dei tannini. Riguardo al comune uso del tè come bevanda, occorre ricordare che la colorazione e l’aromatizzazione richiedono alcuni minuti prima di essere considerati accettabili dal punto di vista organolettico; durante questo intervallo di tempo avviene inoltre la solubilizzazione completa della caffeina legata ai tannini, per cui ne consegue che l’attività della caffeina si manifesta come tale solo una volta avvenuta la sua completa dissoluzione e liberazione dai tannini. GUARANA’ Il Guaranà, o “Paullinia cupana”, appartenente alla famiglia delle “Sapindaceae”, è una pianta rampicante spontanea, originaria della foresta amazzonica, questa specie al momento è diffusamente coltivata, sotto forma un arbusto di altezza inferiore ai 2 metri, per facilitare la raccolta dei semi. Droga, dai semi, grazie ad un sistema di lavorazione particolare, viene estratta una sostanza bruna, pastosa, dal sapore amaro e astringente ricca di caffeina, denominata “guaranina”; per il mercato sudamericano, la pasta ottenuta dai semi di guaranà, è usata tal quale nella preparazione di bevande toniche e rinfrescanti; nei paesi europei invece la pasta è usata solo dopo esser stata liofilizzata. Uso, il guaranà, utilizzato in prevalenza come bevanda dissetante, presenta attività stimolanti e tonificanti tipiche delle droghe a base di caffeina. COLA La “Cola” appartenente alla famiglia delle “Sterculiaceae”, comprende diverse decine di specie di piante spontanee originarie del continente africano e attualmente coltivate su larga scala nelle zone tropicali del continente sud americano; le specie più conosciute sono: la C. vera, la C.nitida, la C. verticillata e la C. acuminata. Droga, è ottenuta dai semi, impropriamente definiti come “noci di cola”, i quali sono ricchi di caffeina, denominata “colatina”, teobromina, e tannini, le sue proprietà terapeutiche sono quelle tipiche delle droghe contenenti caffeina. Uso, i semi di cola sono frequentemente masticati, come alimento vero e proprio, da parte delle popolazioni autoctone nelle zone montagnose del continente sudamericano, per attenuare la fame, la sete e la fatica. L’uso maggiormente diffuso dei semi di cola è tuttavia quello relativo alla preparazione estemporanea o industriale di bevande rinfrescanti, di cui il riferimento più conosciuto e diffuso è rappresentato dalla bevanda denominata “coca-cola”, la cui preparazione è stata allestita la prima volta nel 1886 da parte di un farmacista di Atlanta, (John Pemberton), all’epoca denominata: come “Pemberton’s French Wine Coca”. MATE’ Il Matè, o “Ilex paraguayensis”, appartenente alla famiglia delle “Aqiufoliaceae”, è una pianta arborea, sempreverde di grandi dimensioni, originaria dei territori compresi tra Paraguay, Argentina e Brasile. Droga, è ricavata dalle foglie lasciate ad essiccare e a maturare per lunghi periodi di tempo, (fino ad un anno), a seguito del quale, le foglie sono utilizzate come decotto, da parte delle popolazioni locali di quei paesi, per combattere gli stati di affaticamento e lo stress fisco e psichico. I componenti maggiormente presenti nella droga sono costituiti da caffeina, teobromina, tannini e olio essenziale. Proprietà terapeutiche, sono in generale quelle tipiche delle droghe costituite da caffeina, con l’aggiunta che i preparati a base di matè sono frequentemente utilizzati anche per le loro proprietà lipolitiche, diuretiche e dimagranti. CAPITOLO 14 - DROGHE PER LE ATTIVITÀ COGNITIVE E LA DEMENZA CAPACITÀ COGNITIVE DEFINIZIONE Le capacità cognitive sono caratterizzate da quell’insieme di processi mentali razionali e decisionali, elaborati da parte del sistema nervoso centrale, che consentono a ciascun individuo, di interfacciarsi correttamente con l’ambiente di cui fa parte, allo scopo di poter organizzare e finalizzare il proprio comportamento e sviluppo sociale. Le “capacità cognitive” possono quindi essere considerate alla stregua di strumenti virtuali in grado di gestire e dei supportare adeguatamente i processi di linguaggio, di attenzione, di percezione, di apprendimento, di organizzazione, di socializzazione e di creatività, di ciascun individuo all’interno della società in cui esso è inserito. Le attuali condizioni di vita, influenzate da ritmi sempre più frenetici, da stati emotivi e da livelli di tensione sempre più intensi, portano spesso l’individuo a utilizzare in maniera non sempre adeguata le proprie capacità cognitive, con il risultato di non sentirsi sempre all’altezza delle proprie aspettative, trovandosi così costretto a vivere in una condizione d’inferiorità, d’insicurezza, d’incapacità e d’inadeguatezza. Per poter reagire correttamente nei confronti di queste criticità, è importante che le “prestazioni cognitive individuali” siano mantenute su livelli di efficienza molto elevati, per cui, in conseguenza di questo presupposto, “la memoria”, rappresenta sicuramente la funzione più importante per raggiungere i risultati attesi, nell’ambito di un corretto utilizzo delle capacità cognitive. Dal punto di vista terapeutico, occorre segnalare che, al momento attuale, non esiste ancora alcun farmaco in grado di agire direttamente sui processi di memoria, sulle cause del loro deficit e/o sul loro potenziamento. Per intervenire sulle carenze di memoria sono attualmente utilizzati diversi prodotti in grado di migliorare la microcircolazione a livello cerebrale e di fornire un migliore o più mirato apporto energetico; tra i prodotti fitoterapici, quelli maggiormente utilizzati sono il “Ginkgo”, la Salvia, la Melissa e la Bacopa”, i quali sono commercializzati da soli o in associazione con altri prodotti in grado di potenziarne l’attività. DEMENZA DEFINIZIONE Il termine “Demenza” definisce una condizione patologica di diversa complessità e intensità, la quale provoca un decadimento grave e irreversibile delle funzioni cerebrali in toto e in generale di quelle che interessano l’intelletto, tra cui in particolare la memoria e la personalità, causando un progressivo e sempre più marcato isolamento dell’individuo dalla vita sociale. Lo stato di demenza implica l’incapacità da parte del paziente affetto da questa patologia di gestire autonomamente le proprie esigenze quotidiane. Alla demenza sono solitamente associati deficit cognitivi, facilmente misurabili, alterazioni dello stato emozionale e disturbi comportamentali. Le cause più comuni, riconducibili al concetto di “demenza” sono quelle rappresentate dal “Morbo di Alzheimer” e da “Disfunzioni CerebroVascolari” correlate o conseguenti a patologie di “natura arterosclerotica o post-infartuale”; in entrambi i casi sono sempre facilmente riscontrabili danneggiamenti irreversibili delle seguenti funzioni neurovegetative, proprie della corteccia cerebrale, quali: - deficit progressivo della memoria, nel ricordare nuove informazioni, recenti conversazioni, eventi date, orari e/o appuntamenti; - difficoltà crescente nel gestire i problemi quotidiani, tra cui quelli di parlare con appropriatezza di linguaggio e di posizionare gli oggetti in maniera corretta; - difficoltà nell’eseguire attività motorie consolidate da lungo tempo, come quelle di mantenere il corretto equilibrio durante la deambulazione e di orientarsi durante la guida o le passeggiate in luoghi familiari; - difficoltà nel gestire i rapporti di socializzazione quotidiana, con una riduzione della capacità di elaborare una serie complessa di pensieri o nel mantenere un comportamento riguardoso delle regole sociali; - riduzione del proprio controllo emotivo nel rispondere adeguatamente a problemi insorti a casa o nel lavoro, con la comparsa di atteggiamenti passivi o scarsamente reattivi. GINKGO Il Ginkgo, o “Ginkgo biloba” appartenente alla famiglia delle “Ginkgoaceae” è una pianta arborea di grosse dimensioni, molto diffusa nei paesi europei come pianta ornamentale presente in parchi, viali alberati e giardini. Droga, è ottenuta dalle foglie fresche, raccolte all’inizio dell’estate, in corrispondenza del periodo di massimo sviluppo vegetativo, i principi attivi presenti sono costituiti da “Triterpenoidi” denominati anche “Ginkgolidi”, da “Flavonoidi e da “Acidi Gingkonici”. Proprietà terapeutiche, gli attuali impieghi riguardano in prevalenza le disfunzioni caratterizzate da una cattiva circolazione del sangue, soprattutto a livello periferico, quali insufficienza venosa periferica, patologie ischemiche e deficit mentali dovuti a micro-circolazione insufficiente. Il meccanismo d’azione dei principi attivi presenti nel ginkgo è caratterizzato dalle seguenti proprietà: 1°) facilita la circolazione sanguigna nei capillari, sia venosi che arteriosi, riducendo in particolare i danni ostruttivi derivanti da ischemie, 2°) esercita un’azione protettiva per lo stato di conservazione delle membrane lipidiche di rivestimento delle fibre nervose, migliorando così la loro attività a livello cognitivo, 3°) i “ginkgoidi” presenti non solo prevengono o riducono il danno metabolico, causato da ischemia cerebrale nei malati di Alzheimer, ma anche su soggetti giovani migliorano il livello di attenzione e di memoria, 4°) inibisce il fattore di aggregazione piastrinica, (PAF), aumentando la fluidità interna dei liquidi presenti nelle cellule e il conseguente apporto energetico necessario per fabbisogni cellulari, 5°) la presenza dei “flavonoidi” esercita un’azione antiossidante/antiradicalica, con conseguente riduzione degli effetti neurotossici causati dalla formazione dei radicali liberi, 6°) favorisce all’interno delle cellule le reazioni di “fosforilazione ossidativa”, assicurando di conseguenza una maggiore disponibilità energetica per i processi cellulari. Per queste sue caratteristiche i prodotti a base di sono spesso associati con altre sostanze utili per migliorare le capacità cognitive. Interazioni, l’assunzione di ginkgo, potenzia in generale l’azione dei farmaci antiaggreganti piastrinici e anticoagulanti, interferisce con l’effetto antiepilettico di alcuni farmaci specifici e potenzia l’effetto degli antidepressivi. SALVIA La Salvia o “Salvia officinalis” descritta nella Eu.Ph. IV ediz., è una pianta erbacea spontanea, appartenente alla famiglia delle “Labiatae”, molto comune e diffusa intutta la regione mediterranea, dove viene spesso utilizzata come aromatizzante per il cibo in generale e per le carni in particolare. Droga, è ottenuta per distillazione in corrente di vapore sia dalle sommità fiorite che soprattutto dalle foglie essiccate, da cui si ricava “l’olio essenziale”, che si presenta come un liquido denso, incolore o giallastro-verdastro, con un caratteristico odore canforaceo. Proprietà terapeutiche, gli studi sperimentali preclinici, di recente realizzazione, mostrano un’attività antiossidante ed un’azione anticolinesterasica protettiva delle membrane lipidiche, “in grado di ridurre i deficit cognitivi” tipici del morbo di Alzheimer. Impieghi alternativi, la salvia è un’erba dotata di molteplici proprietà fitoterapiche che sono tuttora largamente utilizzate: 1°) nella medicina popolare, come antisettico, diuretico, balsamico, spasmolitico e ipoglicemico; 2°) nell’industria liquoristica come amaro-tonico e digestivo; 3°) nell’industria cosmetica per la preparazione di dentifrici, di mprodotti per l’igiene del capello e come antisudorifero. MELISSA La Melissa o “Melissa officinalis” descritta nella Eu.Ph. IV ediz., è conosciuta anche con le denominazioni di cedronella o erba cedrata; la melissa è una pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle “Labiatae”, caratterizzata da un intenso odore di limone, che è largamente diffusa nei boschi e nei luoghi freschi dell’area mediterranea. Droga, è costituita da un “olio essenziale”, ricco di “flavonoidi”e “polifenoli”, che è ricavato dalle foglie essiccate le quali, anche dopo essiccamento, continuano ad emanare per lungo tempo un gradevole odore di limone; per la European Pharmacopeia le foglie di melissa devono contenere “almeno il 4% di acidi polifenolici”, espressi come acido rosmarinico. Proprietà terapeutiche, l’uso della melissa è legato alla cosiddetta “Acqua di Melissa dei Carmelitani”, la quale era costituita da un distillato, che veniva diffusamente venduto nella Francia del XVII secolo ed utilizzato per la sua azione rilassante, sedativa e lenitiva contro gli spasmi intestinali. Attualmente gli studi sperimentali della melissa per il trattamento del morbo di Alzheimer sono ancora in una fase preliminare e mostrano risultati incoraggianti per quanto riguarda la riduzione dei deficit cognitivi, dello stato di agitazione e per l’azine sedativa particolarmente efficace nell cura dei disturbi nervosi del sonno. Impieghi alternativi, attualmente la melissa viene sempre più frequentemente associata ad altre piante medicinali, (es. valeriana, biancospino, melatonina), al fine di esaltarne e completarne l’attività; la commissione europea consiglia inoltre l’uso delle preparazioni di melissa, da sola o in associazione, per la cura dell’insonnia nervosa e dei disturbi neurovegetativi, come spasmolitica per la cura dei disturbi gastrointestinali, per la cura delle sindromi ansiose, inclusi i disturbi del sonno e infine per trattare mal di testa e nevralgie, grazie alla sue sue proprietà calmanti e spasmolitiche. Effetti collaterali, l’uso dei preparati a base di melissa è controindicato per i soggetti affetti da ipotiroidismo, da glaucoma, per le donne in stato di gravidanza e durante l’allattamento, la melissa, inoltre, se presa in associazione con farmaci sedativi, (barbiturici e ansiolitici), tende a provocare eccessiva sonnolenza con conseguente riduzione delle capacità relazionali diurne. BACOPA La Bacopa o “Bacopa Monnieri”, appartenente alla famiglia delle “Plantaginaceae” e una pianta acquatica, originaria delle zone paludose presenti nella fascia tropicale americana. Droga, è ricavata dalle foglie e contiene alcune “saponine triterpeniche”, “steroli vegetali”, tra cui il “sistosterolo” e diversi “alcaloidi” denominati “bacosidi”, i quali si ritiene siano quelli maggiormente responsabili dell’attività cognitiva. Proprietà terapeutiche, l’uso terapeutico principale di questa pianta è costituito dal miglioramento delle funzioni cognitive; ricerche specifiche condotte in tal senso sembrano indicare che le “Saponine Triterpeniche” ed i “Bacosidi” siano le sostanze maggiormente in grado di migliorare la trasmissione dell’impulso nervoso. Da sperimentazioni condotte in laboratorio è emerso in particolare che questi due componenti esercitano un’attività protettiva per le cellule dei neuroni danneggiati e di potenziamento degli enzimi destinati al trasporto dell’ossigeno a livello cellulare. L’estratto di bacopa svolge quindi un’azione “neuroprotettiva” e “antiossidante” in grado di migliorare al memoria durante il lavoro o lo studio, aumentare il livello di attenzione, migliorare i processi di elaborazione cognitiva, ridurre gli stati di astenia o di spossatezza. CAPITOLO 15 - DROGHE PER INSONNIA, ANSIA, DEPRESSIONE DEFINIZIONE DI INSONNIA, ANSIA E DEPRESSIONE Per poter illustrare in maniera corretta le droghe utilizzabili per la cura dei tre disturbi, sopra indicati, è utile descrivere brevemente le caratteristiche, le differenze e gli effetti, che ciascuno di essi provoca nell’organismo. Insonnia, è un disturbo del sonno, caratterizzato dalla difficoltà di addormentarsi, dalla presenza di risvegli notturni o dall’impossibilità di dormire per un tempo ragionevole durante le ore di riposo; l’insonnia è un disturbo sempre più diffuso e riguarda circa il 20% della poplazione adulta, la cui frequenza tende ad aumentare con l’invecchiamento, dopo i 60 anni supera ampiamente il 30%. Per ciascun individuo occorre ricordare che la durata delle ore di riposo o di sonno rappresentano quella condizione fisiologica, indispensabile per recuperare le forze dalla stanchezza accumulata a causa delle varie attività relazionali svolte durante la giornata. I segnali più immediati o più evidenti, causati da disturbi del sonno o da insonnia, sono uno rappresentati da uno stato di stanchezza diurna, affaticamento, sonnolenza durante la giornata, facile assopimento post-prandiale o serale, cambiamento dell’umore, scarso interesse riguardo ad attività ludiche, attività motoria molto rallentata. Le cause più frequenti, ad esclusione di quelle di natura patologica, che portano all’insorgenza dell’insonnia sono classificabili nei tre seguenti gruppi: 1°) abitudini alimentari errate, diete eccessive o ritmo dei pasti alterato, ingestione eccessiva di bevande alcooliche o energetiche, 2°) fattori ambientali esterni causati da rumore, da affaticamento prolungato, da condizioni stagionali, climatiche o metereologiche, 3°) stati emotivi, relazionali o di condizionamento particolarmente intensi, accompagnati da tensione e abitudine al fumo. Ansia, è un meccanismo fisiologico di difesa del nostro organismo, rivolto verso sollecitazioni ricevute dall’esterno, che viene sviluppato come risposta a particolari stati di tensione e di paura generati da stimoli non immediatamente quantificabili, comprensibili o accettabili. La risposta ansiosa si trasforma in disturbo neurologico o peggio degenera in una condizione patologica vera e propria, quando l’individuo inizia a reagire in maniera eccessiva nei confronti di situazioni relazionali ritenute normali e inizia a considerare in maniera sempre più preoccupante qualunque evento si presenti. In queste condizioni emotive la realtà è vissuta con un senso di alterazione, il futuro è spesso percepito come incerto e insorge un timore indefinito riguardo a qualunque situazione presentata dalla vita o dalla società. Depressione, è un disturbo dell’umore caratterizzato da un calo della propria autostima, accompagnato da una sensazione di sconforto e di abbattimento senza un’apparente via d’uscita. La depressione riduce o annulla la capacità di reazione, provoca alterazioni comportamentali dell’individuo in tutte le proprie attività relazionali ed affettive, (lavoro, studio, famiglia, società etc.). Gli stati depressivi sono frequentemente accompagnati da: - cambiamenti più o meno intensi delle attività svolte abitudinariamente nell’ambito sociale, - modifiche comportamentali come perdita di appetito, difficoltà digestive etc. - profondi condizionamenti della qualità di vita delle persone a diretto contatto con l’individuo affetto da depressione. Se la natura dei tre disturbi, sopra descritti, è ancora di lieve intensità, è chiaramente ricollegabile a fattori esterni o a stili di vita troppo frenetici, oppure se è tale da non pregiudicare in maniera irreversibile i rapporti sociali dell’individuo, allora è possibile ricorrere all’uso di prodotti fitoterapici, i quali sono privi di farmaco-dipendenza e se utilizzati correttamente accanto a stili di vita adeguati facilitano la risoluzione del disturbo. Diversamente se l’intensità o la gravità dei disturbi d’insonnia, ansia o depressione degenera in uno stato patologico evidente, allora occorre prevedere accertamenti o terapie di natura specialistica, che non sono certamente gestibili con i rimedi offerti dall’uso dei fitoterapici. Tra i prodotti vegetali, in grado di eliminare o contrastare i disturbi sopra descritti, quelli maggiormente utilizzati da soli o in associazione sono rappresentati da: “Valeriana, Passiflora, Melissa, Iperico, Biancospino e Luppolo”. VALERIANA La “Valeriana”, o “Valeriana officinalis”, appartenente alla famiglia delle “Valerianaceae”, è una pianta erbacea spontanea, diffusa nei boschi umidi e lungo i corsi d’acqua europei e asiatici. Droga, è costituita dalle parti ipogee, “rizoma e radici”, che vengono raccolte in primavera ed in autunno, per essere successivamente lavate ed essiccate ad una temperatura non superiore ai 40°C per evitare di degradare chimicamente i composti aromatici presenti, costituiti prevalentemente “oli essenziali” e da “acido valerianico”. Le preparazioni di valeriana maggiormente commercializzate sono formate da estratti idro-alcoolici e da tinture. Proprietà terapeutiche, la valeriana è tradizionalmente utilizzata da sola o in associazione ad altre droghe dotate di attività sedativa, come Passiflora, Melatonina, Melissa e Biancospino, per ridurre le tensioni emotive, nervose e l’agitazione, migliorando l’umore e la concentrazione. La valeriana favorisce la capacità di addormentarsi e migliora la qualità del sonno con un’efficacia simile a quella dei prodotti di sintesi, senza però intontire coloro che la utilizzano e senza provocare assuefazione. Questa droga manifesta inoltre importanti proprietà “spasmolitiche per la muscolatura liscia” e “depressive sul sistema nervoso centrale”, in quanto l’acido valerianico presente inibisce l’azione di una sostanza denominata GABA, la quale agisce da stimolo per l’eccitazione della fibra nervosa. Effetti collaterali, la valeriana, in relazione alla forte attività sedativa, se assunta per lunghi periodi di tempo o ad alte dosi, provoca stato di torpore o sonnolenza diurna, potenzia l’attività ipnotica dei barbiturici, delle benzodiazepine, degli antistaminici e dell’alcool. PASSIFLORA La Passiflora, o “Passiflora incarnata”, appartenente alla famiglia delle “Passifloraceae”, è una pianta erbacea, rampicante, originaria delle zone tropicali sudamericane, che comprende diverse specie alcune delle quali, tra cui la “Passiflora coerulea”, sono largamente diffuse anche in Italia per usi ornamentali. Il nome di questa pianta, che significa “fiore della passione” è stato originato dalla tradizione popolare, che ha identificato la particolare forma dei fiori di questa pianta con i momenti più rappresentativi, che caratterizzarono la Passione di Gesù; la struttura dei fiori di passiflora contiene infatti tre spine centrali, una corona ed un numero di petali la cui disposizione ricorda i chiodi, la corona di spine, le piaghe e i 12 apostoli che parteciparono alla Passione di Gesù. Droga, è ottenuta dalle parti aeree, (foglie e talvolta fiori), che dopo esser state essiccate vengono utilizzate come infusi. I principi attivi maggiormente presenti nella droga sono costituiti “flavonoidi” espressi come “vitexina”, da “glicosidi”, (maltolo, armolo e armano), e da “oli essenziali”, (tra cui anetolo, eugenolo e linalolo). Proprietà terapeutiche, la passiflora è prevalentemente utilizzata come ansiolitico, ma trova applicazione anche nel trattamento dell’insonnia, essendo comunemente considerata come sedativo del sistema nervoso centrale; i suoi impieghi più diffusi riguardano la capacità di assicurare buone condizioni di riposo notturno, la riduzione degli stati di ansia di agitazione e di angoscia, accumulati a causa della tensione nervosa. Questa droga è consigliata anche nel trattamento dell’iperattività nei bambini, nei casi di affaticamento, nel periodo della menopausa e dell’andropausa. La passiflora trova inoltre applicazione anche nelle disfunzioni del sistema gastrointestinale di origine nervosa, poiché l’attività ansiolitica è abbinata a quella spasmolitica. La passiflora è una droga generalmente ben tollerata, priva di assuefazione o dipendenza, che viene spesso utilizzata in associazione ad altre droghe di attività similare, quali ad es. biancospino, valeriana, camomilla melatonina etc. in preparazioni erboristiche o omeopatiche per curare stati di insonnia, dovuta a varie cause di solito originate da fattori di natura sociale o relazionale. MELISSA Già trattata nel capitolo precedente.. IPERICO L’Iperico, o “Hypericum perforatum”, appartenente alla famiglia delle “Hypericaceae”, è una pianta erbacea molto comune e largamente diffusa in tutto il continente europeo, possiede caratteristici fiori di colore giallo, i quali raggiungono la massima fioritura nell’ultima decade di giugno, per cui questa pianta è comunemente conosciuta anche con il nome di “Erba di San Giovanni”. Droga, è ottenuta dalle sommità fiorite, che vengono raccolte nel periodo di massima fioritura e che sono lasciate essiccare all’ombra, per evitare possibili degradazioni dei componenti. I costituenti principali sono formati da un “fitocomplesso”, contenente “diantrachinoni”, (ipericina), “flavonoidi”, (iperoside e rutina) e “composti polifenolici”, (ac. clorogenico e caffeico), ai quali sono essenzialmente attribuiti gli effetti antidepressivi e soporiferi della pianta. Proprietà terapeutiche, l’iperico agisce provocando un effetto globale di normalizzazione dei neurotrasmettitori implicati nella modulazione dell’umore, per cui esso è consigliato per “il controllo dell’umore, degli stati d’ansia e delle forme depressive di lieve entità o allo stato iniziale”, migliorando la qualità del sonno, attenuando gli stati di stress e di ansia. Molti studi clinici hanno dimostrato la sua efficacia nel trattamento della depressione leggera o moderata, nelle forme di depressione maggiore l’iperico possiede un’efficacia sicuramente inferiore rispetto agli antidepressivi di sintesi comunemente impiegati, anche se questa droga non manifesta gli effetti collaterali derivanti dall’uso prolungato degli antidepressivi. Effetti collaterali, l’iperico a dosi molto elevate può provocare, nei soggetti sensibili, eritema cutaneo a seguito di prolungata esposizione ai raggi U.V., (effetto fotosensibilizzante). BIANCOSPINO Il Biancospino, o “Grataegus oxyacantha” appartenente alla famiglia delle “Rosaceae” è una pianta arbustiva spontanea molto comune nelle campagne nelle siepi e nei boschi di tutta la nostra penisola. Droga, è ottenuta in primavera dalla raccolta delle sommità fiorite, le quali sviluppano un odore gradevole, grazie alla presenza di piccole quantità di un olio essenziale ricco di composti profumati. I principali componenti attivi presenti, sono costituita da “flavonoidi, (vitexina)” e da un “iperoside”. Prpprietà terapeutiche, il biancospino è un “fitocomplesso”, che agisce come regolatore del ritmo cardiaco, diminuendo le palpitazioni e la percezione esagerata dei battiti cardiaci negli individui ansiosi e nervosi.Oltre alla sua azione sul cuore affaticato, il biancospino agisce più ampiamente sul sistema circolatorio aumentando il flusso coronarico e assicurando così al muscolo cardiaco un maggior apporto di sangue ossigenato. Per le sue proprietà cardiotoniche e per i suoi effetti dilatatori sui vasi sanguigni, il biancospino può rivelarsi utile nei disturbi di aritmia cardiaca. La sinergia dei suoi componenti, che è assicurata dall’uso della polvere in toto, gli conferisce anche un’attività sedativa del sistema nervoso centrale, utile per combattere gli stati d’ansia, di nervosismo ed i disturbi del sonno. Diveramente dai farmaci di sintesi, l’uso continuato del biancospino non provoca effetti collaterali, quali sonnolenza diurna o perdita di memoria e non induce dipendenza o assuefazione. LUPPOLO Il Luppolo, o “Humulus lupulus”, appartenente alla famiglia delle “Cannabaceae”, è una pianta erbacea, perenne, rampicante, comunemente presente nei paesi europei a clima temperato, dove viene intensamente coltivato come ingrediente per la fabbricazione della birra. Il luppolo è caratterizzato da un fusto flessibile, che si avviluppa facilmente lungo sostegni verticali di varia natura, alberi, pali, siepi, etc. raggiungendo un’altezza di 5/6 metri, il luppolo coltivato per scopi alimentari viene fatto crescere su lunghi fili compatti e disposti in maniera ordinata, sui quali raggiunge il massimo sviluppo nei mesi estivi. Droga, è ricavata per sbattitura e/o setacciamento dalle infiorescenze o dalle ghiandole resinifere collocate sulla superficie dei frutti; a seguito di queste operazioni viene ottenuta una polvere giallastra chiamata “Luppolino”, la quale è attaccaticcia al tatto, possiede un odore caratteristico e un sapore spiccatamente amaro. Il luppolino è usato prevalentemente per la fabbricazione della birra avendo la proprietà di conferire ad essa il caratteristico sapore amarognolo. Proprietà terapeutiche, l’indicazione principale del luppolo riguarda l’azione sedativa ed ipnotica rivolta nei confronti di stati di agitazione, insonnia ed eccitazione nervosa, anche in associazione con altre droghe sedative, come peraltro consigliato ufficialmente anche dalla Commissione Europea per l’utilizzo dei fitofarmaci. Tra gli altri usi del luppolo, quello più diffuso è costituito da un “infuso”, dotato di attività amaro-stomachica, antinfiammatoria, per la riduzione di disturbi vescicali e per uso esterno per la cura di ferite o lesioni della cute. CAPITOLO 16 - DROGHE PER LA PROFILASSI DELLE DISFUNZIONI URINARIE APPARATO URINARIO - DEFINIZIONE L’apparato urinario, (fig.16.1), rappresenta, per l’organismo la struttura anatomica, la cui funzione è quella di “filtrare, depurare ed eliminare”, attraverso la formazione di urina i prodotti del metabolismo intermedio, in particolare quelli azotati, derivati dalla degradazione delle sostanze proteiche e degli aminoacidi, (es. urea, ac. urico, creatinina, etc.). Attraverso l’apparato urinario è inoltre allontanata dalla circolazione sanguigna la maggior parte delle sostanze estranee, quali farmaci e loro metaboliti, volutamente o accidentalmente introdotti nell’organismo. L’apparato urinario costituisce anche la principale via di eliminazione di acqua e di ioni, (es. sodio, potassio, magnesio, etc.), per cui quest’apparato “è indispensabile per mantenere inalterato l’equilibrio idrosalino, il pH ematico, la pressione sanguigna e la composizione del sangue”. Fig 16.1 rappresentazione anatomica dell’apparato urinario L’apparato urinario è formato anatomicamente - dai “reni”, organi di colore rosso scuro, a forma di fagiolo, tra loro simmetrici, lunghi circa 10 cm, situati nella parte posteriore della cavità addominale, ai lati della colonna vertebrale, in prossimità delle due ultime vertebre toraciche, - dalle “vie escretrici superiori”, costituite dai calici renali, dal bacinetto renale o pelvi, dall’uretere, - dalle vie “escretrici inferiori”, formate da vescica e uretra, le quali convogliano all’esterno, per mezzo della “minzione” tutta l’urina prodotta e accumulata. Dal punto di vista fisiologico, i diversi organi dell’apparato urinario svolgono le seguenti funzioni: - “Reni”, la loro funzione principale è quella di filtrare tutto il sangue, ricevuto dall’arteria renale e di riversarlo, dopo averlo depurato dalle scorie filtrate, nella vena renale, che a sua volta confluisce nella vena cava. Questa funzione di depurazione è essenziale per garantire il mantenimento del giusto equilibrio umorale dell’organismo e per assicurare la corretta regolazione degli equilibri idro-salini e acido-base del tessuto sanguigno circolante. Le scorie filtrate dai reni formano, a loro volta, un liquido che prende il nome di “urina”. A livello renale è sintetizzato un ormone chiamato “eritropoietina”, la cui funzione principale è quella di favorire la formazione dei globuli rossi e viene inoltre attivata la produzione di un enzima ad azione ipotensiva denominato “renina”, il quale a sua volta regola la sintesi degli ormoni implicati nel bilancio dello ione sodio e nel controllo della pressione del sangue. - Vie escretrici superiori, costituite da “calici renali, bacinetto renale e uretere”, rappresentano dei condotti a forma d’imbuto e di tubo, tra loro strettamente collegati, la cui funzione è quella di raccogliere in maniera continua e senza interruzione l’urina prodotta dai reni, di convogliarla e riversarla senza interruzione, con movimenti attivi direttamente nella vescica. - “Vie escretrici inferiori”, formate da ”vescica e uretra”, la cui funzione è quella di “accumulare e di espellere” dall’organismo tutta l’urina, prodotta dai reni nelle 24 h e canalizzata dalle vie renali superiori; in particolare, la vescica, organo muscolare cavo, svolge le funzioni vere e proprie di un “serbatoio di accumulo”, la cui “capacità di contenimento” varia tra i 150 e i 350 cm³. Quando la capienza della vescica è vicina al livello di riempimento o di ssopportazione, interviene automaticamente uno stimolo, che attiva gradualmente il travaso dell’urina nell’uretra, che è rappresentata da un condotto, la cui funzione è quella di convogliare, durante la giornata, all’esterno dell’organismo, attraverso la minzione, l’urina scaricata dalla vescica. L’uretra, pur svolgendo le stesse funzioni per entrambi i sessi, sia per quello femminile, sia per quello maschile, ha tuttavia una forma, una lunghezza e uno sbocco diversi nella donna e nell’uomo, caratteristiche anatomiche, che differenziano e condizionano la tipologia e la durata dei disturbi in entrambi i sessi. DISTURBI DELL’APPARATO URINARIO I principali disturbi di “carattere saltuario, acuto o transitorio”, che interessano l’apparato urinario in forma lieve, sono prevalentemente caratterizzati da simomatologie dolorose e da disturbi di natura infettiva, infiammatoria, ostruttiva o allergica, le cui insorgenze dipendono, sia da disturbi di origine fisiologica ricollegabili, direttamente o indirettamente, con la funzionalità dell’apparato urinario, (quali ad es. età, condizione sessuale, gravidanza, diabete mellito, calcoli renali), sia da fattori apparentemente estranei all’organismo, ma sempre riconducibili a errate abitudini alimentari o a inadatte condizioni di vita sociale e relazionale. I sintomi più comuni che caratterizzano questo tipo di disturbo sono generalmente classificati in: - dolori o spasmi localizzati prevalentemente nella vescica, - difficoltà nel passaggio dell’urina durante la minzione, - bruciore al passaggio dell’urina, in corrispondenza della minzione, - sensazione di svuotamento scarso o incompleto, - impellenza e/o lieve incontinenza urinaria, - minzione frequente durante la giornata, - aumentata minzione notturna nelle ore di riposo. Questo tipo di disturbi, riconducibili prevalentemente alla composizione chimica dell’urina prodotta e alla presenza di microrganismi nel tratto urinario, possono essere facilmente curati alternativamente con: - l’impiego sintomatico di farmaci, da soli o in associazione, dotati di attività antsettica, (antibiotici e/o chemioterapici), antiniammatoria o antispastica, - l’utilizzo sistematico e/o preventivo di prodotti fitoterapici, da soli o in associazione, aventi attività analoga o talvolta superiore a quella dei medicinali stessi. Diversamente, se la cura di questi malesseri, per la loro intensità o durata, non porta a remissioni significative in breve tempo, ma se i sintomi persistono, proseguono o si trasformano in patologie manifeste come per es. quelle di natura infettiva, allergica, degenerativa, fibrosa, funzionale o tumorale, allora occorre prevedere cure mediche e indagini specifiche più accurate prima di poter stabilire quali interventi da adottare. TERAPIE A BASE DI PRODOTTI FITOTERAPICI Piante medicinali ufficialmente riconosciute per la cura dei disturbi del tratto urinario - (Tab. 16.2) Nome della pianta Asparago Bardana Betulla Bucco Echinacea Equiseto Gramigna Levistico Mirtillo americano Nasturzio Ortica Ortosifon Prezzemolo Sandalo Uva ursina Verga d’oro Classificazione Asparagus officinalis Arctium majus Betulla Barosma betulina Echinaccea purpurea Equisetum arvense Agropyron repens Levisticum officinale VaccinIum macrocarpon Tropaelum majus Urtica dioica Ortosiphon spicatus Petroselinum crispum Santalum album Arkostaphylos uva-ursi Solidago canadensis Parte utilizzata radici, radici foglie foglie parti aeree parti aeree rizoma radici frutti pianta intera pianta, radici foglie radici, parti aeree corteccia foglie sommità fiorite Componenti o sostanze principali saponine steroidee, fruttani e aminoacidi olio esseniale, steroli, tannini. flavonoidi,triterpenoidi, proantocianidine flavonoidi, olio essenziale flavonoidi, polisaccaridi flavonoidi,acido caffeico e silicico flavonoidi, olio essenziale, saponine olio essenziale, cumarine flavonoidi, proantocianine,fruttosio, etc. cucurbitacine, glucosinolati, oli grassi flavonoidi, ac.silicico, olio essenziale flavonoidi, ac.caffeico, saponine, olio essenz. flavonoidi, cumarine, olio essenziale tannini, resine, olio essenziale tannini, ac. fenolici, glicosidi antrachinonici flavonoidi, olio essenziale, saponine La tabella 16.2 riporta e confronta tra loro, l’elenco e l’indicazione dei principali componenti, presenti nelle più comuni piante medicinali, ufficialmente riconosciute dalle diverse Farmacopee europee per la cura dei disturbi dell’apparato urinario e che sono attualmente disponibili e adoperate a questo scopo: - “sia come preparazioni fitoterapiche tradizionali”, da sole o in associazione”, come “antisettici urinari”, per il trattamento delle infezioni o degli stati infiammatori dell’apparato urinario, - “sia per terapia diluente” per facilitare l’espulsione dei calcoli urinari o della renella. La “terapia diluente” consiste in un lavaggio del tratto urinario, attraverso l’assunzione orale di elevate quantità di acqua, (la forma farmaceutica più indicata è la tisana), in modo da facilitare la rimozione per diluizione delle sostanze nocive contenute nei calcoli renali. INTRODURRE IL CONCETTO DI CALCOLI URINARI a pag 501 per spiegare cosa sono Il principale meccanismo d’azione antibatterico dei prodotti fitoterapici consiste “nell’inibire l’adesione delle principali cellule batteriche infettanti l’apparato urinario”, (Escherichia coli, Proteus, Klebsiella e, occasionalmente, Enterobacter), all’epitelio vescicale e uretrale. Questa proprietà terapeutica è stata evidenziata sperimentalmente, sia in vitro che in vivo, da parte delle “Proantocianidine” contenute nel “Mirtillo rosso” e, più recentemente, anche dal “Mannosio.” I più comuni prodotti fitoterapici, al momento presenti in farmacia o in erboristeria, e allestiti come preparazioni farmaceutiche da usare per via orale, contengono da sole o in associazione le seguenti piante o droghe: “Mirtillo rosso americano, Uva ursina, Mannosio, Verga d’oro, Ortosiphon, Echinacea e Betulla”. I prodotti fitoterapici ad attività antisettica, sono inoltre compatibili a titolo terapeutico e possono essere facilmente abbinati ad altre piante medicinali dotate di attività antinfiammatoria quali ad es Malva, Altea, Agrimonia, Betulla, Ananas, etc. A titolo esclusivamente esemplificativo, i nomi commerciali corrispondenti alle preparazioni farmaceutiche, più diffuse e/o facilmente reperibili in farmacia o in erboristeria, sono costituiti da: Betulla cps, Cys-Control cps, Cistiflux bst e cps, Cranberry Cist, bst, Monurelle cps, Cranberry cps, Litostop bst, Nocist Intensive bst, Petrase,Tatassaco cps, Uractive cprs, Urogyn cps, Uticran Mono cps e Uva ursina cps. MIRTILLO ROSSO AMERICANO Il “Mirtillo rosso americano”, o “Vaccinum macricarpon”, appartenente alla faiglia delle “Ericaceae”, è una pianta spontanea arbustiforme di piccole dimensioni, originaria delle zone settentrionali del continente americano, che produce frutti a forma di bacche rosse di sapore molto dolce, originariamente consumate come tal o utilizzate per la preparazione di conserve mescolate a sciroppo d’avena. Droga, è ricavata come “estratto secco” dai frutti, in cui i composti principali presenti sono costituiti da: “Antocianine”, “Proantocianidine”, “Fruttosio”, Flavonoidi” e “Acidi organici”; (benzoico, citrico, malico, ossalico). Proprietà terapeutiche, la sua specifica attività antibatterica, clinicamente dimostrata contro le infezioni del tratto urinario, induce una inibizione irreversibile dell’adesione batterica alla mucosa della vescica, condizione essenziale per contrastare lo sviluppo delle infezioni del tratto urinario. In modo particolare risultano essere sensibili a questo tipo di attività i germi patogeni denominati “Escherichia coli”, i quali sono i più diffusi agenti infettanti e che sono responsabili delle maggior parte delle complicazioni da provocate dalle infezioni urinarie. Effetti collaterali, una presenza eccessiva di “acido ossalico”, in alcuni estratti di mitrillo rosso americano, è in grado di aumentare i livelli di “ossalato di calcio” nelle urine, con conseguente formazione di calcolosi. Le preparazioni farmaceutiche di mirtillo rosso americano, attualmente commercializzate in farmacia o in erboristeria sotto forma di compresse, capsule o bustine, riportano sempre la denominazione di “cranberry”. UVA URSINA L’Uva ursina o “Arctostaphylos uva-ursi”, appartenente alla famiglia delle “Ericaceae”, è un arbusto, spontaneo, sempreverde, di piccole dimensioni, molto diffuso nelle aree montuose, alpine e appenniniche Questo arbusto presenta foglie coriacee di colore verde scuro e frutti, non commestibili, a forma di bacca di colore rosso con polpa farinosa. Droga è ricavata dalle “foglie essiccate” e contiene come principi attivi “glicosidi idrochinonici”, (tra cui arbutina e metilarbutina), tannini, acidi terpenici, flavonoidi e acidi organici, (malico e chinico), allantoina e sostanze resinose. Proprietà terapeutiche sono prevalentemente dovute alla presenza di “arbutina e metilarbutina”, che una volta assorbite dall’organismo, si trasformano in composti idrochinonici, i quali a determinate concentrazioni esercitano un’azione astringente e antisettica sulla mucosa delle vie urinarie. Efficacia clinica, l’uva ursina è ampiamente raccomandata dalla commissione europea, sia da sola sia in combinazione con antibiotici ß-lattamici, per la cura delle infezioni del tratto urinario, in particolare di quelle sostenute da “Escherichia coli e Staphylococcus aureus”. L’uva ursina, somministrata assieme al tarassaco, riduce sensibilmente la dolorosità nelle donne anziane affette da cistite; questa pianta è inoltre raccomandata in associazione con gli estratti di luppolo e menta per curare soggetti afflitti da minzione dolorosa, da bruciori all’emissione di urina o da leggera incontinenza urinaria, (specie notturna). Effetti collaterali, l’uva ursina provoca una colorazione marrone dell’urina, che se lasciata all’aria diventa di colore scuro. La commissione europea riporta tra gli effetti collaterali nausea e vomito occasionali in soggetti sensibili sottoposti a elevati dosaggi; l’uso di questa pianta è inoltre controindicato per individui di sesso femminile di età inferiore ai 12 anni, durante la gravidanza o l’allattamento. DIURETICI Premessa, per quanto, in senso stretto, il termine “diuresi” sia comunemente riferito ad un aumento del volume di urina, il suo significato è solitamente associato all’impiego terapeutico di quelle sostanze che aumentano la secrezione renale di acqua sempre associata a quella dello ione Sodio. L’effetto primario della maggior parte delle sostanze diuretiche è la riduzione del riassorbimentio dello ione sodio, mentre quello secondario è l’aumento di perdita di acqua. Le principali proprietà terapeutiche dei diuretici sono finalizzate, sia al trattamento dell’ipertensione, in cui l’azione diuretica provoca una rapida diminuzione del volume ematico con conseguente riduzione della pressione arteriosa, sia alla cura dei disturbi da ritenzione idrica o da ristagno di liquidi extracellulari, (edema). Nella cura dei disturbi dell’apparato urinario le piante diuretiche, indipendentemente dalla loro attività terapeutica più o meno intensa, svolgono comunque un ruolo importante in quanto già l’assunzione di acqua favorisce la diuresi utile per esempio non soltanto nelle infezioni ma anche in quei pazienti soggetti a formazione di calcoli urinari, nella sindrome premestruale accompagnata da marcata ritenzione urinaria o da patologie extraurinarie quali ipertensione arteriosa edemi etc. La tabella 16.3 contiene in forma riassuntiva l’elenco dei prodotto ufficialmente riconosciuti e classificati come diuretici dalla principali Farmacopee. Tabella 16.3 elenco delle piante medicinali classificate dalla commissione europea ad attività diuretica Nome della pianta Asparago Betulla Cola Equiseto Fagiolo Ginepro Gramigna Levistico Matè Onoide Ortica Othosiphon Pilosella Rusco Tarassaco Verga d’oro Classificazione Asparagus officinalis Betula pendula Cola spp Equisetum arvense Phaseolus vulgaris Juniperus communis Agropyron repens Levisticum officinale Ilex paraguaiensis Ononis spinosa Urtica dioica Orthosiphon spicatus Hieracium pilosella Ruscus aculeatus Taraxacum officinale Solidago spp Parte utilizzata rizoma foglie semi parti aeree baccelli frutti rizoma radici parti aeree radici sommità fiorite foglie sommità fiorite radici pianta intera sommità fiorite Componenti o sostanze principali presenti flavonoidi, saponine steriodee,fruttani flavonoidi, proantocianidine, triterpenoidi caffeina,teobromina, tannini flavonoidi,ac.silicico e caffeico,alcaloidi piridinici. flavonoidi,saponine lecitine,ac.pipecolico,cromo flavonoidi, tannini, acidi organici, olio essenziale Olio essenziale, carbiodrati, flavonoidi, saponine Olio essenziale, cumarine caffeina,teobromina,teofillina, flavonoidi, tannini flavonoidi, olio essenziale flavonoidi, sali ninerali flavonoidi, saponine triterpeniche,olio essenziale flavonoidi,saponine,cumarine,ac.caffeico, mucillag. saponine steroidee, benzofurani flavonoidi, cumarine, terpenoid, ac,organici flavonoidi, saponine triterpeniche,olio essenziale EQUISETO L’Equiseto o “Equisetum arvense”, appartenente alla famiglia delle “Equisetaceae”, è una pianta arbustiva perenne, molto diffusa in europa, che cresce spontaneamente in aree umide e acquitrinose. Droga è ricavata dal fusto ed è composta prevalentemente da “Acido silicico”, “Sali minerali”, (potassio, calcio e magnesio), “Flavonoidi”, (Quercetina, Equisetrina e Isoquercetina), “Alcaloidi” e “Acidi organici”. Proprietà terapeutiche la Commissione E. tedesca considera l’Equiseto per i seguenti trattamenti terapeutici: - come un blando diuretico per il trattamento degli edemi postflebitici, - per la “terapia diluente” nei casi di formazione di renella, negli stati infettivi e infiammatori del tratto urinario, - per uso esterno per favorire la guarigione di ferite e/o di piccole emorragie superficiali. Effetti collaterali, dalle sperimentazioni cliniche finora effettuate non sono stati evidenziati né interazioni farmacologiche né controindicazioni, tuttavia a titolo precauzionale è sconsigliato l’uso terapeutico dell’equiseto per il trattamento dei casi di edema periferico originato da scompenso cardiaco. GRAMIGNA La Gramigna o”Agropyron repens”, appartenete alla famiglia delle “Graminaceae” è una pianta erbacea infestante largamente nel mondo e nel continente europeo. Droga è ottenuta dal rizoma intero dopo essere stato lavato, essiccato ripulito dalle radici avventizie, i componenti principali sono costituiti da “Carboidrati”, “Pectine”, “Flavonoidi”, “Olio essenziale”, (contenente “Agropirene”), “Sali minerali” e “Saponine”. Proprietà terapeutiche la Gramigna presenta una blanda attività diuretica dovuta soprattutto ai carboidrati presenti, i quali agiscono per osmosi favorendo l’eliminazione idrica. L’agropirene presente agisce invece come antinfiammatorio e antimicrobico nei casi di cistite e di lievi infezioni delle vie urinarie. Effetti collaterali anche per la Gramigna valgono le stesse considerazioni già espresse a proposito dell’Equiseto. LEVISTICO Il Levistico o “Levisticum officinale”, appartenente alla famiglia delle “Umbelliferae”, è una pianta erbacea perenne, molto diffusa nelle zone collinari italiane, dove viene comunemente denominato come “sedano di montagna”. Droga è ottenuta dalla pianta intera, da cui si estrae un “Olio essenziale”, di odore caratteristico, contenente “Monoterpeni”, “Cumarine” e “Furanocumarine”, a cui sono attribuite le attività diuretiche; l’Eu. Phar. nella specifica monografia indica che la pianta deve contenere “non meno di 4ml/Kg di olio essenziale”, estratto direttamente dalla pianta intera. Proprietà terapeutiche il Levistico è ufficialmente utilizzato come “terapia diluente”, per la cura dei processi infiammatori, contro gli stati infettivi di lieve entità del tratto urinario e per il trattamento della renella. Effetti collaterali le diverse “commissioni europee”, deputate espressamente al monitoraggio delle reazioni avverse, correlate all’uso dei prodotti fitoterapici, pur non segnalando particolari condizioni avverse, sconsigliano l’uso del Levistico nei casi di infiammazione acuta a carico dei reni e raccomandano di usarlo con precauzione nei casi di fotosensibilità dovuta alla presenza delle “Furanocumarine”. ORTOSIPHON L’Ortosifon o “Orthosiphon spicatus”, conosciuto anche con la denominazione di “The di Giava”, è una pianta erbacea spontanea, appartenente alla famiglia delle “Lamiaceae”, originaria delle zone tropicali del continente asiatico. Droga, ottenuta come “estratto secco titolato” dalla pianta intera, contiene un “Olio essenziale”, “Flavonoidi”, (ricchi di “Sinenensetina”), ”Terpeni” e “Sali di potassio”; l’Eu. Phar. nella specifica monografia indica un contenuto minimo dello 0,05% di sinensetina in riferimento alla corrispondente quantità di droga essiccata. Proprietà terapeutiche l’Ortosiphon è ufficialmente utilizzato: - tal quale come “blando spasmodico” nella terapia dei disturbi urinari, per la sua attività diuretica e depurativa in grado di favorire l’eliminazione dei cloruri, dell’urea e dell’acido urico, - per “terapia diluente” nei casi d’infezioni batteriche, infiammazioni delle basse vie urinarie e in presenza di renella. Impieghi alternativi, l’Ortosiphon, per le sue proprietà diuretiche e depurative, è largamente utilizzato come integratoer per la riduzione della cellulite, nel corso di diete dimagranti equilibrate, come complemento delle misure dietetiche, per facilitare le funzioni di eliminazione idrica e la conseguente perdita di peso. Effetti collaterali, dalle sperimentazioni cliniche effettuate non sono stati evidenziati particolari effetti collaterali, controindicazioni o interazioni farmacologiche, tuttavia a titolo precauzionale è sconsigliato l’uso terapeutico dell’ortosiphon per il trattamento dei casi di edema originato da disfunzioni cardiaca o renale. PREZZEMOLO Il “Prezzemolo” o “Peroselium sativum” appartenente alla famiglia delle “Umbelliferae”, è una pianta spontanea biennale alta da 30 a 80 cm, dotata di foglie di forma caratteristica, ampiamente diffusa e coltivata in Italia a scopo alimentare. Droga, è ricavata sia dalle radici, sia dalle parti aeree, le principali sostanze presenti nella droga sono costituite da “Flavonoidi”, “Furanocumarine” e da un “Olio essenziale”, (“Apiodi composizione molto variabile a seconda della varietà utilizzata).-à Proprietà terapeutiche gli estratti di Prezzemolo aumentano la produzione di urina, per cui essi sono ufficialmente raccomandati, come “terapia diluente”, per la cura dei disturbi urinari e per la prevenzione o per la riduzione della renella. Impieghi alternativi il Prezzemolo è largamente impegato nella medicina popolare nei seguenti casi: - sotto forma di decotto, come spasmolitico, nelle affezioni epatiche, come ipotensivo e per i dolori mestruali - come prodotto fresco, per applicazioni local sotto forma di “cataplasmi”, spalmati solitamente a caldo, per trattare contusioni o ascessi, per la preparazione di aperitvi, - nell’industria alimentare consumato crudo è un prodotto ricco di vitamine tra cui in particolare la Vit. C. Effetti collaterali, questa pianta, se somministrata a dosi eccessive, il suo uso è sconsigliato nei casi di edema causato da disfunzioni cardiaca o renale; il Prezzemolo può inoltre causare attività alluncinogene o di eccitazione del sistema nervoso centrale, fenomeni abortivi, dovuti soprattutto alla presenza dell”Apiolo” nell’Olio essenziale.olo”, dalle sperimentazioni finora effettuate non sono stati evidenziati né interazioni farmacologiche né controindicazioni, tuttavia a titolo precauzionale è sconsigliato l’uso terapeutico dell’equiseto per il trattamento dei casi di edema periferico originati da scompenso cardiaco. VERGA D’ORO La “Verga d’oro” o “Solidago virgaurea”, appartenente alla famiglia delle “Asteraceae”, è una pianta erbacea, alta fino a 150 cm circa, che cresce spontaneamente nelle zone collinari e montane dell’Italia centro-settemntrionale. Droga, è ricavata dalle parti aeree essiccate, all’atto della massima fioritura; i componenti maggiormente presenti sono costituiti da “Saponine triterpeniche”, “Polisaccaridi solubili”, “Acidi fenolici”, “Flavonoidi”, “Olio essenziale” e “Tannini”. La Eu.Pharm. indica nella specifica monografia di riferimento, che la Verga d’oro deve contenere non meno di 10 ml/Kg di Flavonoidi, espressi come “Iperoside” in riferimento alla droga essiccata. Proprietà terapeutiche il meccanismo d’azione di questa droga non è stato ancora completamente chiarito, i Flavonoidi presenti, sembrano essere quelli maggiormente responsabili, sia della sua attività diuretica e antinfiammatoria del tratto urinario, sia delle sue proprietà curative nella profilassi dei calcoli urinari e della renella. Impieghi alternativi gli estratti alcolici della Verga d’oro manifestano in vitro un’attività antinfiammatoria del tutto simile a quella del “Diclofenac”, per cui sono tuttora in fase iniziale di sperimentazione altri possibili impieghi antinfiammatori di questa droga, per la cura delle infiammazioni del cavo orale, delle afte, delle dermatosi superficiali e delle lesioni cutanee. Effetti collaterali a titolo precauzionale anche per la Vite d’oro è sconsigliato l’uso terapeutico per il trattamento dei casi di edema originato da disfunzione cardiaca o renale. CAPITOLO 17 - DROGHE PER L’INSUFFICIENZA VENOSA E LA MICROCIRCOLAZIONE INSUFFICIENZA VENOSA - DEFINIZIONE L’insufficienza venosa è un disturbo molto comune con incidenza del 10-15% negli uomini e del 20-25% nelle donne. Questa patologia rappresenta dal punto di vista circolatorio una condizione a seguito della quale le “vene” non garantiscono più il completo ritorno del flusso sanguigno dagli organi periferici al cuore, per cui il sangue ristagna nei tessuti o nelle cavità sottocutanee, formando edemi facilmente evidenziabili in corrispondenza dei capillari, che assumono una colorazione bluastra sempre più diffusa con il progredire della patologia. L’insufficienza venosa si manifesta prevalentemente nelle estremità degli arti inferiori o in quelle parti del corpo sottoposte a stati di compressione prolungata. L’insufficienza venosa è generalmente caratterizzata da una serie di sintomi che variano come intensità, dal semplice gonfiore, a senso di tensione, a pesantezza delle gambe, a crampi specialmente notturni, fino a manifestare edemi da stasi che si diffondono progressivamente lungo la superficie dell’articolazione. L’insufficienza venosa non rappresenta quindi solamente un problema estetico, questo disturbo se trascurato o non adeguatamente trattato degenera in una patologia dolorosa con rischio di complicazioni circolatorie, che si manifestano in fase acuta o cronica sotto forma di flebiti, trombosi e ulcerazioni, le quali richiedono lunghe terapie a livello farmacologico, ricoveri ospedalieri con interventi chirurgici di varia complessità. Una delle più comuni manifestazioni dell’insufficienza venosa è costituita dalle “vene varicose” o “varici” che si presentano come vene superficiali, dilatate, dal decorso tortuoso, inizialmente localizzate all’interno di un’area specifica e, progressivamente, sempre più diffuse sulla parte superficiale dell’articolazione fino a interessare i vasi profondi con una progressiva alterazione dei valori del flusso venoso, a cui conseguono complicazioni circolatorie molto serie, di varia complessità, le quali, se non adeguatamente trattate, compromettono le funzioni vitali dell’organismo. TERAPIE BASATE SULL’UTILIZZO DI FARMACI I casi d’insufficienza venosa più grave sono attualmente trattati con la somministrazione per via orale o sottocutanea di “farmaci anticoagulanti”, i quali sostanzialmente “agiscono in maniera selettiva sugli elementi responsabili del processo di coagulazione sanguigna”, provocando una riduzione della sua viscosità, una maggiore fluidità ed un conseguente miglioramento delle condizioni di circolazione sanguigna all’interno dei vasi venosi. In base ai diversi meccanismi di azione anticoagulante i gruppi di farmaci attualmente più utilizzati sono suddivisi in: 1) “inibitori indiretti della Trombina” costituiti da farmaci a base di “Eparina”, i quali rappresentano il gruppo di medicamenti più vecchio e collaudato dal punto di vista terapeutico, per cui questo gruppo di farmaci è quello, attualmente, più utilizzato e conosciuto; 2) “inibitori diretti della Trombina”, farmaci a base di “irudina, argatroban o melagatran”, costituiti da medicamenti di più recente impiego terapeutico, con attività superiore a quella dei precedenti ma con effetti collaterali superiori e una durata d’azione molto più breve, per cui l’utilizzo di questo tipo di farmaci è limitato al solo ambito ospedaliero; 3) “anticoagulanti fibrinolitici”, farmaci a base di “Streptochinasi e Urochinasi”, questi medicamenti sono molto attivi, per cui essi sono impiegati non solo per insufficienza venosa, ma anche per terapie che interessano la microcircolazione arteriosa, polmonare o cardiaca; 4) “anticoagulanti cumarinici”, farmaci a base di “Warfarin e Cumarina”, questo gruppo di medicamenti è molto attivo ed è quello che è utilizzato da lungo tempo, non solo per fludificare la circolazione venosa, ma anche per quella arteriosa I casi di insufficienza venosa di minore gravità sono attualmente trattati, per via orale o locale, con la somministrazione di farmaci, caratterizzati dalle seguenti proprietà in grado di: - alleviare il disagio e la pesantezza causati da immobilità e da e prolungate posizioni erette, - proteggere e migliorare le condizioni di tenuta e di elasticità delle pareti venose, - facilitare a livello locale il riassorbimento circolatorio, ostacolato dall’insufficienza venosa, - favorire la riduzione dei problemi di occlusione o di trombosi venosa superficiale, - ridurre la fragilità capillare e facilitare la guarigione di ulcerazioni cutanee. I prodotti medicinali più comunemente usati per la cura di questo tipo di disturbi sono quelli a base di “Eparina e derivati”, (Hemovasal, Hirudoid, Voltarauma, Fibrase, Prisma, etc.), “Escina e derivati”, (Capillarema, Centellase, Doxium, Essaven, Reparilexin, etc.), “Favonoidi Capillaroprotettori”, (Arvenum, Daflon, Diosmina, Fleboside, Tegens, Venoruton, etc.). TERAPIE A BASE DI PRODOTTI FITOTERAPICI Le più importanti piante medicinali, più comuni e conosciute, tradizionalmente impiegate, da sole o in associazione, per “il trattamento dell’insufficienza venosa” sono costituite da: Amamelide, Centella, Ippocastano, Meliloto, Mirtillo, Rusco, Rutina, Vite rossa, in aggiunta a: Cumarina, Diosmina, Esperidina, Gigkgo, Pino marittimo francese, Prontocianidina, etc. I prodotti fitoterapici da esse derivati sono in particolare utilizzati per la cura dei seguenti disturbi: - “gambe pesanti e/o edema degli arti inferiori”, - “ridotta fluidità sanguigna con rischio di flebite”, - “emorroidi e/o stati di fragilità capillare”. I prodotti fitoterapici sono attualmente disponibili in farmacia,“come parafarmaci”, sotto forma di preparazioni per via orale e per uso locale; tra i numerosi prodotti presenti quelli più comuni, a titolo esemplificativo, sono costituiti da: Antistax, Crioven, Diosmina, Proctolyn, Ruscoven, Tegevens, Venoruton, Vitiven, etc. AMAMELIDE “L’Amamelide”, o “Hamamelis Virginiana” appartenente alla famiglia delle Hamamelidaceae, è una pianta spontanea arbustiforme, originaria del Canada e degli Stati Uniti, che è coltivata ora anche in europa a uso botanico. L’Amamelide è dotata di un’ampia corteccia, rami flessibili e foglie intere, ovali, di grandi dimensioni e di un bel verde scuro, che la rendono molto simile al “nocciolo”: Gli stregoni indiani del nord america le attribuivano poteri magici nelle cerimonie religiose e a causa della sua somiglianza con il nocciolo era conosciuta anche con il nome di “Nocciolo della strega”. Droga, ricavata dalla corteccia e dalle foglie, è costituita da un “estratto secco”, titolato in “tannini”, (valore minimo 14%); la cui composizione chimica comprende “flavonoidi, glicosidi, tra cui rutina, catechine e olii volatili”. L’Amamelide è riportata ufficialmente in una Monografia dell’Eu Pharm. In cui sono indicate le caratteristiche chimico-fisiche delle foglie essiccate, le specifiche e il titolo minimo degli elementi chimici, che devono essere obbligatoriamente presenti. Proprietà terapeutiche, i “tannini”, presenti sono responsabili delle “proprietà astringenti ed emostatiche” dell’amamelide. L’applicazione locale degli estratti di amamelide provoca una “vasocostrizione” e una “rapida riduzione della permeabilità vascolare”, favorita dalla denaturazione delle proteine, che ricompatta gli strati cellulari dei capillari prima sfilacciati, (azione emostatica). Il calo di permeabilità vascolare si traduce in un effetto antinfiammatorio locale, i tannini presenti svolgono anche una blanda azione anestetica locale che dà sollievo a dolore e prurito. Efficacia clinica, L’Amamelide è raccomandata dalla commissione sanitaria tedesca a uso locale: - per la cura dei problemi di stasi venosa associati alla presenza di vene varicose, - per il trattamento dei disturbi e delle complicanze delle emorroidi, - per la riduzione dei disturbi causati da stress oculari, - per la cura degli stati infiammatori della pelle e delle mucose. Effetti collaterali, sono stati riportati rari casi di dermatite da contatto, conseguenti all’uso topico di preparazioni, (unguenti), a base di Amamelide, mentre le sue preparazioni a uso orale possono provocare irritazione gastrica in pazienti affetti da gastrite. CENTELLA La “Centella” o “Centella Asiatica”, appartenente alla famiglia delle “Umbelliferae” è una pianta erbacea spontanea originaria delle aree tropicali e subtropicali, che oggi è coltivata in molti paesi del sud est asiatico. Droga, ricavata dalle parti aeree raccolte alla fioritura, contiene “Triterpeni”, (costituiti da Asiaticoside, Centelloside, Madecassioside), “Flavonoidi” e “Olii volatili”; la Monografia della Farmacopea Europea riporta che la droga, costituita dalle parti aeree essiccate e frantumate, deve contenere non meno del 6% di “Derivati Triterpenoidi totali”, espressi come “Asiaticoside”. Proprietà terapeutiche, la maggior parte degli studi farmacologici effettuati utilizzando la “Frazione Tritepenica di Centella Asiatica, (denominata FTTCA)”, ha evidenziato le seguenti proprietà terapeutiche: - attività antinfiammatoria, paricolarmente accentuata a livello topico in aree scarsamente vascolarizzate, - guarigione delle ferite, con promozione della cheratinizzazione ed effetto benefico sull’epidermide, - aumento dell’elasticità delle vene e riduzione delle forme di collassamento o di dilatazione venosa, - incremento della sintesi di collagene e mucopolisaccaridi a sostegno della tenuta delle pareti venose. Efficacia clinica, la Centella somministrata per via orale a una dose giornaliera di 120 mg è risultata efficace per facilitare la riduzione dei disturbi legati all’insufficienza venosa, per favorire il riassorbimento dell’edema delle caviglie e per contrastare la permeabilità capillare. Effetti collaterali, dall’analisi degli studi clinici effettuati, emerge che la Centella è in generale sempre ben tollerata, sia per via orale, che per uso topico; al riguardo sono stati segnalati, sempre a seguito di somministrazioni ad alti dosaggi, rari casi di disturbi gastrici e nausea e alcuni casi di dermatite allergica da contatto dopo applicazioni topiche. IPPOCASTANO L’Ippocastano o “Aesculus Hippocastanum” appartenente alla famiglia delle “Ippocastanaceae”, è una pianta ad alto fusto originaria dell’Asia minore, molto diffusa anche in Italia, in particolare nei viali e nei parchi. Questa specie arborea produce dei frutti a forma di capsula tonda carnosa, a pericarpo spinoso, ciascuno dei quali contiene da 1 a 3 grossi semi di colore marrone, simili alle castagne, non commestibili e moderatamente tossici, se ingeriti accidentalmente, i quali sono comunemente denominati come “castagne d’india o castagne matte”. Droga, è ricavata dai semi essiccati e triturati e contiene una miscela di saponine, chiamata “Escina”, Tannini, Flavonoidi, (Quercetina, Kaempferolo e Rutina), Cumarine, (Esculetina e Frassina), in misura minore Fitosteroli, Allantoina e Aminoacidi. Proprietà terapeutiche, l’efficacia clinica dell’Ippocastano dipende essenzialmente dal suo contenuto di Escina, la quale è responsabile dell’attività antiedemigena, antinfiammatoria, venotonica e protettiva della parete vasale venosa, (soprattutto per l’endotelio dei capillari). Tuttavia è opportuno ricordare che anche i Flavonoidi, largamente presenti sono dotati di azione antinfiammatoria e protettiva vasale e contribuiscono all’efficacia dell’estratto in toto. Efficacia clinica, l’Ippocastano è ufficialmente e universalmente raccomandato dal punto di vista clinico per il trattamento d’insufficienza venosa, cronica, accompagnata da senso di pesantezza alle gambe, crampi notturni ai polpacci, prurito e gonfiore delle gambe. Effetti collaterali, nonostante l’utilizzo terapeutico dell’estratto dei semi d'Ippocastano sia considerato molto sicuro e d’indiscussa affidabilità, tuttavia sono riportati casi isolati di nefrotossicità ed epatotossicità conseguenti a sovradosaggi: oltre a questi sono stati segnalati sporadicamente altri effetti collaterali, quali spasmi, nausea, vomito, orticaria e potenziamento dell’azione degli anticoagulanti orali; per queste caratteristiche l’Ippocastano è sconsigliato durante la gravidanza, l’allattamento e in età pediatrica. MELILOTO Il Meliloto, o “Melilotus officinalis/ M. altissima”, appartenente alla famiglia delle “Leguminosae”, è una pianta erbacea spontanea, annuale, alta fino a 80 cm, dotata d’infiorescenze caratteristiche di colore giallo, diffusa soprattutto in campagna e ai margini erbosi delle zone agricole. Droga, è ricavata dalle parti aeree essiccate, raccolte al momento della massima fioritura, contiene “Cumarine”, (costituite da Cumarina e Meliloina), Flavonoidi e Saponine. Proprietà terapeutiche, gli studi farmacologici effettuati hanno evidenziato le seguenti proprietà: - attività antinfiammatoria, in particolare nei confronti di edemi da stasi venosa, o da contusioni, - aumento del flusso venoso e linfatico, con conseguente riduzione dei disturbi di insufficienza circolatoria, - azione cicatrizzante e regolatrice nei confronti della microcircolazione venosa, - attività antinfiammatoria, lubrificante e drenante locale nei casi di mucosa oculare infiammata. Impieghi, il Meliloto, somministrato per via orale, è “ufficialmente” raccomandato, da solo o in associazione con altre erbe, per la cura dei casi d’insufficienza venosa, caratterizzata da dolore notturno, crampi, prurito e gonfiore delle gambe, per il trattamento adiuvante di tromboflebiti, sindrome post-trombotica, congestione linfatica e malattia emorroidaria. Le preparazioni ad uso topico di Meliloto sono raccomandate, per la riduzione di edemi da contusione, per favorire il riassorbimento di sangue superficiale e, come collirio, per la cura degli occhi in caso di stanchezza, infiammazione e/o irritazione. Le preparazioni sotto forma d’infuso, ottenute direttamente dalle sommità fiorite essiccate, sono comunemente usate come diuretico, sedativo per combattere l’insonnia, come gargarismi e per la cura di infiammazioni del cavo orale. Effetti collaterali, l’unico effetto collaterale, ufficialmente segnalato, è rappresentato da lieve cefalea, che però si manifesta sempre nei casi di somministrazioni elevate. MIRTILLO Il Mirtillo o “Vaccinum myrtillus”, appartenente alla famiglia delle “Ericaceae”, è una pianta arbustiva, alta dai 15 ai 50 cm, che cresce spontaneamente anche in Italia, dove è molto diffusa in particolare nelle aree boschive montuose; questa specie sviluppa dei frutti caratteristici a forma di piccole bacche sferiche di colore violetto, dotati di piccoli semi ovali di colore rossastro. Droga, è ottenuta attualmente, “come estratto secco”, “solo dai frutti”; in passato erano impiegate anche le foglie, ma a causa degli effetti tossici provocati dal loro utilizzo, le foglie sono state classificate, come molto pericolose da parte della specifica commissione europea, che si occupa di individuare, segnalare e vietare le specie vegetali considerate pericolose per la loro tossicità. Le bacche di Mirtillo nero contengono “Antocianosidi”, (costituiti da Cianidina, Delfinidina, Malvidina e Petunidina), “Flavonoidi”, “Pectine”, “Sostanze minerali” e “Vitamina C”. La Farmacopea Italiana riporta la “monografia dell’estratto secco idroalcolico titolato”, ottenuto dai frutti freschi e il contenuto minimo di Antocianosidi che devono essere obbligatoriamente presenti e rilevabili. Proprietà terapeutiche, le Antocianidine, presenti nella droga, sono dotate delle seguenti proprietà: - riducono la permeabilità vascolare, migliorano il tono venoso e regolarizzano il flusso ematico, - provocano variazioni ritmiche del diametro dei capillari facilitando il riassorbimento del liquido interstiziale, - agiscono da “scavenger”, (o scavatori tra i rifiuti), dei radicali liberi e inibiscono l’aggregazione piastrinica, Efficacia clinica, gli estratti di Mirtillo nero risultano essere attualmente efficaci nei seguenti casi: - per la cura dell’insufficienza venosa, migliorando la microcircolazione venosa, il riassorbimento degli edemi e favorendo il drenaggio linfatico, - per la cura di alcuni disturbi visivi, per i quali gli estratti di Mirtillo svolgono una azione specifica sugli enzimi della retina e sui pigmento retinici in grado di migliorare la percezione visiva, (in particolare l’adattamento notturno). A questo proposito ricordo l’uso dell’estratto di mirtillo da parte dei piloti della RA,F durante la seconda guerra mondiale, nei casi di bombardamento notturno. - per il trattamento di varie infiammazioni del cavo orale e del tratto gastrointestinale, per la cura della diarrea e per le irritazioni delle vie respiratorie. Effetti collaterali, sono molto rari e riguardano isolati casi di irritazione cutanea, nervosa o gastrointestinale in individui particolarmente sensibili e sottoposti ad elevati trattamenti per lungo tempo, senza interruzione. RUSCO Il Rusco o “ Ruscus aculeatus”, conosciuto anche con il nome di “Pungitopo”, appartenente alla famiglia delle “Liliaceae” è una pianta cespugliosa, perenne, sempreverde, che cresce spontaneamente nelle aree boschive europee. Droga, ricavata sotto forma di estratto idroalcolico dalle radici essiccate, è ricca di “Saponine steroidee”, (costituite principalmente da Ruscogenina e Neoruscogenina), “Flavonoidi”, “Tritepeni” e “Olii essenziali”. Proprietà terapeutiche, i principi attivi, rappresentati dalla Ruscogenina e dalla Neoruscogenina, risultano essere particolarmente efficaci nel trattamento delle vene varicose e delle emorroidi, grazie all’azione di restrizione del diametro dei capillari venosi dilatati, favorendo così il ripristino della circolazione, senza interferire sulla funzionalità dei capillari arteriosi. Efficacia clinica, gli estratti di Rusco sono raccomandati dalla Commissione E. tedesca, sia per la cura dei disturbi associati all’insufficienza venosa cronica, come dolore, senso di pesantezza, crampi alle gambe, gonfiore e prurito, sia per la riduzione dei disturbi tipici della malattia emorroidaria, quali bruciore localizzato, versamento e dolore. Effetti collaterali, gli estratti di Rusco, se usati secondo le modalità consigliate, non evidenziano alcuna controindicazione, intolleranza o interazione farmacologica. VITE La Vite o “Vitis vinifera”, appartenente alla famiglia delle “Vitaceae” è un arbusto rampicante largamente conosciuto diffuso e presente in numerose varietà sia in Italia che in tutte le aree temperate del pianeta, per la produzione dei vini e dei prodotti alcolici da essi derivati. Droga, è ricavata prevalentemente dalle foglie raccolte nel periodo autunnale, dopo la vendemmia, quando presentano il caratteristico colore rosseggiante. I componenti più importanti presenti nelle foglie essiccate sono costituiti da “Proantocianidine”, “Flavonoidi”, (tra cui Quercetina e Quercitrina), “Resveratrolo”, “Acidi organici”, (citrico e malico) e Vitamine, (C, B e carotenoidi). Le monografie delle principali farmacopee europee prevedono una presenza titolabile nell’estratto secco di foglie di Vite di Prontocianidine, di Flavonoidi e di Resveratrolo. Proprietà terapeutiche, le prontocianidine, presenti nell’estratto, presentano una forte attività “antiossidante”, “antinfiammatoria” in grado di “stabilizzare” nei capillari la presenza delle fibre, del collagene e dell’elastina, rafforzando così la tenuta delle pareti vascolari. Efficacia clinica, gli effetti benefici della droga sono stati dimostrati, attraverso numerosi studi clinici, in pazienti affetti da insufficienza venosa cronica. Per tutti i pazienti trattati è stata riscontrata al termine della terapia una diminuzione della circonferenza delle gambe, dei polpacci e delle caviglie, con conseguente riduzione dei sintomi soggettivi della patologia, quali stanchezza, pesantezza, dolore, formicolio e sensazione di tensione alle gambe. Effetti collaterali, nel corso delle sperimentazioni non sono stati riscontrati effetti avversi o rilevanti associati all’uso delle foglie di Vitis vinifera. La figura 17.1 illustra schematicamente la microcircolazione a livello capillarii e i punti di intervento delle diverse sostanze vegetali utilizzate per la cura dell’insufficienza venosa. La tabella 17.2 riassume e confronta le proprietà terapeutiche delle piante medicinali utilizzate per contrastare l’insufficienza venosa. CAPITOLO 18 - ORO BLÙ E ORO AZZURRO ORO BLÙ INTRODUZIONE I dati ufficiali forniti da parte dell’ISTAT per l’anno 2011 relativamente al consumo di acqua potabile indicano un consumo pro capite annuo pari a “64 m³” per abitante. Questo valore misura la quantità di acqua, prelevata direttamente dal sottosuolo, trattata, potabilizzata, distribuita e consumata, che è stata misurata dai contatori dei singoli utenti e dalle comunità chiuse, (luoghi pubblici, aziende, scuole, ospedali, comuni ecc.), con la sola esclusione dell’acqua prelevata direttamente dai corsi d’acqua superficiali per uso agricolo. CICLO DELL’ACQUA Il ciclo dell’acqua, denominato anche “ciclo idrologico”, consiste nella circolazione e nella distribuzione dell’acqua all’interno dell’idrosfera terrestre, descrive i cambiamenti di stato fisico dell’acqua, (liquido, aeriforme e solido), in relazione ai continui scambi di massa idrica tra l’atmosfera, la superficie terrestre, le acque superficiali, le acque sotterranee e gli organismi. La sequenza la durata l’intensità e la frequenza dei passaggi di stato, all’interno del ciclo dell’acqua, sono a loro volta influenzati negativamente dall’intervento umano, a causa dal dispendio energetico diffuso in atmosfera, dai dissesti idrogeologici dovuti all’eccessiva urbanizzazione e infine dalla continua e costante opera di disboscamento provocata a fini di lucro. Piovosità, questo termine definisce il “valore di quantità di acqua piovana”, monitorato annualmente per una determinata area geografica, all’interno della quale vengono eseguite misurazioni costanti delle precipitazioni che interessano complessivamente l’intera superficie della zona di riferimento. Il “valore di piovosità” rilevato annualmente per il territorio nazionale è mediamente pari a: 800 mm di pioggia/anno, i quali significano “800 litri/anno per metro quadro” di superficie, corrispondenti a 0,8 m³/anno. Assorbimento/drenaggio. La percentuale media di assorbimento dell’acqua piovana, stimata in base all’azione drenante di un terreno erboso ed alla conformazione idrogeologica degli strati sottostanti, corrisponde, in condizioni considerate idrogeologicamente ottimali, al 20% circa del valore di piovosità di riferimento; pertanto un terreno erboso permeabile e pianeggiante è in grado di assicurare annualmente un drenaggio corrispondente a circa “160 litri” di acqua per metro quadro di superficie, i quali equivalgono ad un accumulo nella falda di “0,16 m³/anno”. Consumo di acqua, calcolato per un comune di 30.000 abitanti. A fronte di quanto sopra indicato il quantitativo di acqua potabile consumato complessivamente in un comune di circa 30.000 abitanti a: [(64m³/abitante) x (30.000 abitanti)] = 1.920.000 m³/anno, il cui reintegro attraverso la falda richiede la disponibilità teorica ottimale di una superficie erbosa pari a 12.000.000 metri quadri, i quali, come estensione sono equivalenti ad una superficie di forma rettangolare, i cui i lati misurano rispettivamente: 4.000 metri e 3000 metri. Dissesto idrogeologico causato dall’uso distorto e strumentale del PGT. A titolo esemplificativo, l’autorizzazione alla costruzione di una palazzina di due piani, avente una superficie coperta di 200 m², destinata ad uso abitativo per 5 persone, a scapito di un terreno erboso permeabile all’acqua piovana, provoca i seguenti dissesti idrogeologici, di cui gli “amministratori politici” dovrebbero sempre tenere conto: 1) mancato drenaggio annuale dell’acqua piovana, risulta essere pari a: (0,16 m³ x 200) = 32m³/anno, 2) consumo di acqua potabile 64m³/anno x 5 persone = 320 m³/anno, 3) disavanzo nel bilancio fornitura: [ mancato drenaggio + consumo di risorsa idrica ] = 352m³/anno. Conclusione. Le diverse amministrazioni politiche presenti sul territorio: sindaci, assessori e giunte comunali, hanno, prima di ogni altra considerazione politica di parte, l’obbligo di adempiere ai seguenti tre doveri, come già previsto dalla vigente costituzione troppo spesso citata a vanvera in maniera ideologica o distorta: 1°) tutelare la salute dei cittadini, 2°) tutelare l’integrità del territorio, 3°) assicurare la salvaguardia delle risorse naturali. Le azioni politiche finora svolte, arbitrariamente, ideologicamente, spesso anche in maniera clientelare, da parte degli amministratori locali, indipendentemente dalla loro connotazione politica, sono sempre andate in senso opposto rispetto, sia riguardo alle aspettative dei cittadini, sia rispetto a quanto essi avrebbero dovuto fare, per quanto riguarda la raccolta, la conservazione ed il riciclo di questa “risorsa finita”di importanza vitale. ORO AZZURRO Premessa. L’ossigeno è l’elemento naturale “indispensabile” a garantire i processi vitali necessari per assicurare la sopravvivenza sulla terra di ciascun organismo animale. Questo composto è presente, come gas allo stato libero, nell’aria, che è utilizzata ininterrottamente giorno e notte da parte di ciascun essere vivente per la funzione respiratoria. Tuttavia occorre ricordare che l’ossigeno, come tutte le sostanze presenti sul nostro pianeta, è però una risorsa finita e la sua presenza nell’aria è soggetta ad una serie di trasformazioni, denominate “ciclo dell’ossigeno”. Fotosintesi clorofilliana. La produzione di ossigeno è assicurata unicamente dalla presenza e dall’azione delle piante, le quali attraverso il processo di “fotosintesi clorofilliana”, sono in grado di fornire l’apporto di ossigeno nell’aria che respiriamo. La fotosintesi clorofilliana, è un processo chimico, grazie al quale sfruttando la luce solare diretta come fonte energetica primaria, è possibile produrre sostanze organiche ed ossigeno, partendo dall’acqua metabolica e dall’anidride carbonica atmosferica. La reazione di base che porta alla formazione dell’ossigeno è la seguente: 6 CO2 + 6 H2O + energia = C6H12O6 + 6 O2 Questa reazione, dal punto di vista pratico fornisce i seguenti valori ponderali: 264 grammi di Anidride Carbonica reagiscono con 108 grammi di Acqua per formare 180 grammi di Glucosio e 192 grammi di Ossigeno. Metabolismo delle piante - Processo anaerobico. Il “glucosio”, ottenuto dalla reazione sopra indicata, rappresenta l’elemento fondamentale per la vita della pianta, esso consente infatti di produrre altri composti denominati carboidrati, i quali rappresentano la base energetica per tutti i “processi metabolici” di trasformazione, di sviluppo e di accumulo, necessari per garantire le funzioni vitali proprie della pianta stessa. Il “metabolismo” di una pianta, determina infatti lo sviluppo delle parti, (fusto, radici, rami, foglie, fiori, frutti), che ne caratterizzano il ciclo di vita in generale. In conseguenza a questo dato di fatto, se consideriamo 100 il valore ponderale di glucosio, “sviluppabile chimicamente in via teorica da parte di una pianta in un anno”, la sua resa pratica è condizionata dal seguente fattore di riduzione: - il glucosio accumulato, come legno, costituisce il componente principale della pianta e da solo rappresenta il 90% circa del valore complessivo della struttura, per cui misurando sperimentalmente, ogni anno, “a parametri omogenei di confronto”, le variazioni della pianta ed il suo livello di accrescimento, è possibile calcolare l’incremento della quantità di legno accumulato e conseguentemente i corrispondenti valori di glucosio e di ossigeno sviluppati dalla fotosintesi clorofilliana. In funzione di questo presupposto, una volta misurato il livello di accrescimento di una pianta e trasformato questo dato nel suo corrispondente valore di peso accumulato, è possibile calcolare con buona approssimazione il quantitativo di ossigeno sviluppato. Se una pianta di medie dimensioni, avente altezza di circa 6 metri, un diametro medio del tronco di 35 cm ed un peso di circa 430 Kg, è caratterizzata da aumento annuo ponderale del 3% pari a 12,5 kg, il valore di glucosio prodotto è pari a 11,25 Kg, da cui consegue che il corrispondente valore di ossigeno sviluppato annualmente è pari a: [11,25 Kg : X = 180 : 192] = 12,Kg di ossigeno. Metabolismo umano - Processo catabolico. Il volume di aria mobilizzata da parte di un individuo adulto, calcolato in funzione della propria frequenza respiratoria, corrisponde ad un consumo medio di 24 Kg di ossigeno/anno. La quantità di ossigeno, consumata annualmente da parte di un individuo deve essere quindi compensata da una corrispondente produzione, fornita mediamente da parte di 2 piante, aventi le caratteristiche sopra riportate. In un comune di 30.000 abitanti il consumo annuale di ossigeno, relativo alla sola attività respiratoria della popolazione presente, deve essere compensato dalla presenza sul territorio di almeno 60.000 piante, provviste delle caratteristiche sopra indicate, alle quali occorre aggiungere numerose altre piante, in grado di compensare il consumo di ossigeno dovuto alle attività produttive, al riscaldamento, ai trasporti ed all’inquinamento . Conclusione. Lo scarso livello di sensibilizzazione dei cittadini a questo problema, sommato ad un evidente disinteresse da parte delle diverse amministrazioni politiche presenti sul territorio: sindaci, assessori e giunte comunali, stanno portando ad un “consumo” e ad un “degrado” sempre più evidenti del territorio, oltre che ad un “peggioramento” sempre più intenso della qualità dell’aria a disposizione. Questo disinteresse, spesso mascherato dietro presupposti di natura ideologica, politico o peggio di natura clientelare, da parte dei nostri amministratori è in aperto contrasto con quanto previsto dalla costituzione in materia di: “tutela della salute dei cittadini, tutela dell’integrità del territorio, salvaguardia delle risorse naturali”. Le azioni politiche finora, arbitrariamente e ideologicamente, svolte da parte degli amministratori locali, indipendentemente dalla loro connotazione politica, sono sempre andate in senso opposto rispetto, sia alle aspettative dei cittadini, sia a quanto essi dovrebbero fare.