Evoluzione delle stelle e Buchi Neri (* 1.072Kb)

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Ssis - Veneto Indirizzo FIM A.A 2002/2003
Terzo Ciclo
Corso di Didattica dell’Astronomia
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“Evoluzione delle Stelle e Buchi Neri”
Professore: Giampaolo Piotto
Specializzando: Laino Michele Maurizio Matr.: R01818
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INTRODUZIONE
La presente unità didattica si intende rivolta agli studenti degli ultimi anni delle scuole superiori
con curricula standard. Scopo di tale unità è stimolare i ragazzi a riconoscere quali sono le
caratteristiche fondamentali delle Stelle e dei Buchi Neri, e che sappiano richiamare e utilizzare
quelle nozioni di fisica incontrate nel corso degli anni scolastici che sono necessarie per spiegarne
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le caratteristiche.
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Prerequisiti e Obiettivi
Prerequisiti minimi
Prerequisiti di Fisica
Il concetto di forza
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Prerequisiti di Astronomia
Il Sole è luminoso
L’energia cinetica
Il Sole è sferico
L’energia potenziale gravitazionale
Le stelle sono luminose
Il principio di conservazione dell’energia
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Il Sole è colorato
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Il Sole è una stella
La legge di gravitazione universale
La legge dei gas perfetti (pressione,
temperatura, densità)
Le cariche elettriche e la forza
elettrostatica
Lo spettro elettromagnetico
Ulteriori concetti di Fisica previsti sono:
La forza di gravitazione è una forza di tipo centrale;
La legge di Stevino;
I meccanismi di trasporto del calore: irraggiamento, convezione, conduzione;
L’emissione di corpo nero e la legge di Wien;
Emissione e assorbimento della luce da parte di atomi;
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L’obiettivo più importante è sicuramente far apprendere agli studenti come alcune nozioni
permettano, o almeno si spera, riescano a far comprendere il funzionamento di alcuni corpi celesti.
Di seguito vengono riportati gli obiettivi disciplinari minimi. Si può osservare esplicitamente che
gli obiettivi sono di tipo sapere e non di tipo saper fare: per questi ultimi, infatti, occorrerebbero
delle vere e proprie esercitazioni che, in genere, né per i tempi, né per le strutture a disposizione, si
è in grado di fare.
Ci si riferirà, inoltre, ai soli obiettivi per quanto riguarda l’astronomia, poiché, per quanto
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riguarda la fisica l’obiettivo è di mostrare l’utilizzo di saperi ormai già noti.
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Obiettivi (sapere):
Sfericità di corpi celesti come conseguenza della forma della legge di gravitazione;
Il significato di equilibrio per una stella;
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La relazione fra temperatura e colore in un corpo nero;
L’evoluzione delle stelle (nascita, morte ecc…);
Le reazioni nucleari come sorgente necessaria per spiegare l’età di una stella;
I Buchi Neri;
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In particolare: si riconosce che la sfericità, caratteristica comune di molti oggetti celesti quali la
Terra, la Luna, i pianeti, le stelle, gli ammassi globulari ecc. è legata al fatto che la forza
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gravitazionale è una forza di tipo centrale (l’intensità della forza non dipende cioè dalla direzione,
ma solo dalla distanza fra i corpi interagenti).
Per capire l’origine dell’equilibrio di una stella, si paragona l’atmosfera terrestre agli strati di
gas che compongono il Sole e, infine, agli strati di acqua che si dispongono in una vasca da bagno.
Si ricorda la legge di Stevino per il calcolo della pressione in un liquido a una certa profondità. Si
mostra come attraverso la legge di Stevino si possa descrivere la differenza di pressione a due
diverse profondità in funzione della densità del liquido, della differenza di profondità e della
accelerazione gravitazionale. Questa equazione, che abbiamo espresso con differenze finite, è
l’analogo integrale dell’equazione che esprime il principio dell’equilibrio idrostatico di una stella.
Si fa ricavare l’espressione generale dell’accelerazione gravitazionale utilizzando la legge di
gravità.
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Il colore delle stelle: ricordando la definizione di stella (vista come corpo celeste costituito da
gas caldo tenuto insieme dalla gravità, che emette luce propria), si può spingere i ragazzi a pensare
ad una sorgente di luce: le lampadine a filamento hanno tutte lo stesso colore? E un ferro
arroventato? Si introduce il corpo nero e la connessione fra temperatura e colore. Si introducono
discorsivamente elementi di spettroscopia: l’emissione della luce da parte di atomi, l’assorbimento
della luce da parte di atomi. Confrontando spettri atomici di gas in emissione e in assorbimento e
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spettri stellari, si riconosce che una stella è costituita da gas “caldo” che emette e assorbe luce.
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Una volta compreso che le reazioni nucleari avvengono all’interno di una stella, si potrebbe
invitare i ragazzi a elencare le modalità che conoscono per il trasporto dell’energia e le condizioni
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in cui queste modalità si possono realizzare.
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PUNTINI LUMINOSI E LEGGENDE
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Le stelle, si sa, sono i “puntini” che popolano il nostro cielo ogni volta che il sole tramonta. Si
sa anche che sono fonte di grande fascino ed inoltre sono, e sono state, dense di significato per
molte popolazioni, soprattutto in passato. Basti pensare che gli antichi credevano che le stelle
fossero dei fori su una grande sfera al di là della quale c’era una grande luce prorompente
rappresentante il Dio creatore. Erano quindi considerate come collegamento con l’aldilà. Gli antichi
dedicavano molto allo studio degli astri e temevano quello che loro il cielo poteva celare.
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Il fascino delle Stelle e dell’Astronomia
Quei piccoli puntini luminosi, però, restano molto spesso lontano dalla maggior parte delle
persone che ne ignora l’ origine, la potenza distruttrice, la potenza creatrice, in pratica tutto ciò che
le riguarda, lasciando solo che esse rappresentino un indicatore di “ciel sereno” alla sera. Magari,
dando un’occhiata al cielo, non si immagina che si sta guardando un pezzo di storia del nostro
universo, quello stesso universo in cui viviamo, che ci ha donato la vita, una cosa così rara nelle
nostre “relative” vicinanze cosmiche , e comunque così preziosa. E magari non sa nemmeno che sta
guardando indietro nel tempo, che proprio una stella ci ha donato la vita, o che proprio una stella
potrebbe togliercela.
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LA NASCITA DI UNA STELLA
Nebulosa dell’Aquila
Gravità e Nebulose
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La nascita di una stella, evento che si verifica continuamente nell’universo, avviene in
circostanze particolari coinvolgendo una grande quantità di materia, (soprattutto gas) che, per
effetto dell’attrazione gravitazionale all’interno di una nebulosa1, si concentra in uno spazio sempre
più piccolo. Un’onda d’urto prodotta dall’esplosione di una stella (ciclo stellare) o un altro disturbo
gravitazionale che investe il gas provoca la formazione di nuclei di materia che aumentano di
consistenza grazie all’azione della forza di gravità.
Esempio
di
nebulosa
(M20:
Nebulosa
Trifida
nella
costellazione del Sagittario)
Nebulose: nubi di gas caldissimo e che sono spesso regioni di formazione di stelle. Più in generale una nebulosa è una
nube di gas e polvere interstellare. Le nebulose si osservano prevalentemente lungo il piano galattico e si differenziano
in luminose ed oscure. Le nebulose luminose possono riflettere o diffondere la luce delle stelle mentre le oscure
possono essere osservate solo se oscurano altre sorgenti luminose.
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L’attrazione gravitazionale è la forza (scoperta da Isaac Newton) che fa cadere una mela
dall’albero, ed è quella forza che spinge tutto verso un punto comune: il centro della Terra,
nel nostro caso; nel caso della nebulosa sopracitata questa forza spinge tutto il gas verso il
suo centro.
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Composizione delle Nebulose
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L’addensarsi del gas in uno spazio più piccolo ne causa la diminuzione del volume e l’aumento
della temperatura (per la legge dei gas perfetti). Nel caso in questione il gas è il più semplice e
abbondante dell’intero universo, ovvero l’Idrogeno (H). L’idrogeno, però, non è l’unico gas
presente in queste nubi. Infatti, oltre ad esso vi è dell’elio (He: il gas presente nei palloni che volano
appena li si lascia) e altri elementi ancora meno numerosi, comprese particelle di polvere cosmica,
che altro non sono che molecole (o insiemi di atomi). E’ inoltre dimostrato, secondo recenti
scoperte, che all’interno delle nebulose che ospitano la formazione delle stelle è presente una
cospicua quantità di molecole di acqua.
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·
·
·
·
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La composizione di queste nubi proto-stellari è la seguente:
idrogeno (il più abbondante)
elio
ossigeno
azoto
carbonio
polvere interstellare (molecole quali CO)
L’estensione di una nebulosa (la “fabbrica” nella quale si “producono” le stelle) si può aggirare
anche attorno al centinaio di anni luce. In pratica, se la si volesse percorrere alla velocità della luce
(300.000 Km/sec) si impiegherebbero cento anni. Come detto, il gas della nebulosa inizia a
concentrarsi verso il centro per effetto della forza gravitazionale che spinge gli atomi di idrogeno
l’uno contro l’altro. Ad un certo punto, quando gli atomi di H sono concentrati enormemente nel
centro, inizia un processo di fusione nucleare. Il processo che è in grado di fornire il massimo
dell’energia dalla materia.
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L’acqua nelle stelle
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Gli studi compiuti dalle osservazioni dei satelliti SWAS e ISO portano alla tesi secondo cui
l’acqua esiste sicuramente nelle nubi diffuse che ospitano la nascita di nuove stelle come la regione
di Orione. La scoperta dell’acqua avviene anche nelle protostelle (le stelle in formazione) sia di
grandi dimensioni che di piccole dimensioni. All’interno di oggetti protostellari massicci è stata
rilevata la presenza di righe di assorbimento del vapore d’acqua eccitato a 30° C. E’ probabile che a
surriscaldare l’ambiente gelido spaziale sia stata la collisione tra il materiale circostante la
protostella e i getti emergenti dal suo asse polare. L’onda d’urto avrebbe innescato la produzione di
una grande quantità d’acqua quantificata in 1 molecola ogni 10.000 molecole di idrogeno.
Se la componente dell’acqua nelle nubi calde o nelle protostelle è in prevalenza sotto forma di
vapore, la componente presente nelle nubi interstellari fredde (le stelle che potrebbero dare vita a
nuove stelle) è totalmente sotto forma di ghiaccio. Le analisi dei dati rilevati da altre ricerche
effettuate nel 2001 hanno rivelato che l’acqua sotto forma di ghiaccio è presente nella stessa
quantità che nelle nubi protostellari. In termini pratici è stato calcolato che per una nube fredda di
medie dimensioni c’è una massa d’acqua sufficiente a 3000 pianeti come la Terra.
Nella formazione di un eventuale sistema planetario ci sarà sempre acqua a disposizione che in
parte si distribuirà nella parte interna dei pianeti privilegiati e in parte si conserverà in forma
primordiale all’interno di oggetto che non subiranno evoluzioni come comete, asteroidi e meteoriti.
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La produzione di acqua nelle stelle giganti
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Le stelle più grandi del Sole più del doppio nella loro fase finale dell’evoluzione divengono
Giganti Rosse. Esaurito il combustibile di idrogeno e di elio nel nucleo, iniziano a bruciare idrogeno
ed elio negli strati più esterni. Questo provoca un aumento delle dimensioni stellari e una
diminuzione della temperatura superficiale che scende a 3000°C. Nelle stelle di questo tipo lo strato
più esterno si arricchisce molto di ossigeno e un pò meno di carbonio. L’acqua si può formare in
assenza del carbonio perché questo reagirebbe meglio con l’ossigeno per formare il CO (monossido
di carbonio). Nelle giganti meno evolute, una volta esaurito tutto il carbonio, rimane una buona
dose di ossigeno che può formare legami con l’idrogeno formando acqua.
Diverso è il caso delle giganti rosse giunte alla fase finale della loro evoluzione. In questi casi lo
strato più esterno della stella diviene molto più ricco di carbonio che di ossigeno. Questo fa si che il
carbonio si unisca totalmente con l’ossigeno generando CO impedendo la formazione di acqua.
L’osservazione di una stella di questo tipo ha però dimostrato ugualmente una presenza notevole di
acqua nel suo sistema. Questa presenza è presto spiegata di ipotesi ragionevoli e molto probabili.
Nella fase finale di gigante rossa una stella di circa 3 masse solari aumenta il proprio raggio fino ad
una quantità di 5 UA (unità astronomica: distanza media del Sole dalla Terra). Questo comporta la
vaporizzazione di qualunque corpo ghiacciato nell'arco di 75 UA, ovvero quella fascia del sistema
che dovrebbe contenere al suo interno l’acqua sotto forma di ghiaccio conservata in corpi quali
pianeti, comete, asteroidi, ecc. Del resto questa è anche la fine a cui andrà incontro il nostro sistema
solare tra 5 o 6 miliardi di anni, quando verrà vaporizzata anche la fascia di Kuiper contenente
numerosi oggetti cometari.
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Genesi stellare
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Inizialmente, queste nubi di gas e polvere interstellare si trovano ad una temperatura di circa
100°K (circa -170°C) ed inoltre la loro densità è di qualche centinaio di atomi per metro cubo,
centinaia di volte lo spazio circostante la cui densità é di appena qualche atomo per metro cubo. La
densità di qualsiasi oggetto sulla terra è di miliardi di atomi per metro cubo. Il vuoto di cui stiamo
parlando, quindi, è milioni di volte più “spinto” del più grande vuoto spinto creato sulla terra con
apparecchiature ad alta tecnologia. In questo stato in cui la materia sta addensandosi e stanno
iniziando le reazioni di fusione la stella è nella cosiddetta fase T TAURI dal nome di una stella della
costellazione del Toro in una simile condizione.
Di solito, poiché le nubi di gas sono molto estese e ricche di massa, non si forma una sola stella
ma molte di più. Da una singola nube avviene quindi la nascita simultanea di più stelle e queste,
poiché sono a distanze relativamente vicine, formano quello che viene chiamato un “Ammasso
aperto”2, che risulta unito dalla forza di gravità. Gli ammassi aperti sono indice di recente
formazione stellare ed infatti le stelle che li compongono sono relativamente giovani ed azzurre.
(Per la grande quantità di materia che hanno a disposizione si formano stelle massive e quindi
azzurre). Con il passare del tempo gli ammassi aperti tendono ad aprirsi e a disgregarsi, in seguito
alla diminuzione dell’effetto della forza di gravità che non riesce più a tenere unite le stelle.
Ammasso aperto: M45 Le Pleiadi nelle costellazione del Toro
Discorso totalmente separato meritano gli ammassi globulari3, che nulla hanno in comune con
gli ammassi aperti se non la forza di gravità che mantiene legate le stelle.
Ammassi Aperti: Gli ammassi aperti possono contenere da diverse centinaia a parecchie migliaia di stelle, distribuite
in una regione vasta pochi anni luce. Sono relativamente giovani e contengono stelle molto calde e luminose. Sono
situati all’interno del disco della galassia, dove c’è più materia per la formazione di stelle. Nel piano della Via Lattea
sono noti circa 1200 ammassi aperti. Per definizione, le stelle al loro interno sono legate da un vincolo gravitazionale
che, non essendo molto potente, non trattiene le stelle compatte tra di loro. Ne consegue che l’età di un ammasso si può
stabilire anche dalla concentrazione delle stelle al suo interno: se le stelle sono ancora molto raggruppate si avrà un
ammasso giovane mentre se sono molto lontane tra loro si avrà un ammasso vecchio.
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Ammassi Globulari: Un ammasso globulare è un insieme molto compatto di stelle “vecchie”. A differenza degli
ammassi aperti, che sono costituiti da stelle giovani ed azzurre, gli ammassi globulari sono costituiti da stelle rosse e
vecchie. Può essere formato da decine o centinaia di migliaia di stelle. Un’altra differenza che esiste fra i due tipi di
ammassi stellari è la loro ubicazione. Mentre gli ammassi aperti si trovano all’interno dei bracci delle galassie a spirale,
i globulari si trovano nell’alone che circonda il nucleo della galassia. Essi si formarono quando la galassia era ancora di
forma sferica e rimasero nella loro posizione originaria anche quando questa si appiattì. Infatti, gli ammassi della nostra
galassia contengono alcune tra le stelle più vecchie
Le stelle negli ammassi globulari contengono bassa abbondanza di elementi più pesanti dell’elio perchè la loro
formazione risale ai tempi in cui il mezzo interstellare non si era ancora arricchito di elementi pesanti prodotti solo
all’interno delle stelle.
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FORMAZIONE DELLE STELLE
Esempio tipico di Protostella
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Lo sbalzo termico che subisce il gas è enorme: infatti la temperatura che la nube deve
raggiungere nel suo nucleo per innescare le reazioni nucleari é di circa 12 milioni di gradi. Se la
nube di gas in contrazione (detta anche Protostella) non riesce a raggiungere tale temperatura,
perché la sua massa iniziale non è sufficiente, allora nel centro della nebulosa non si innescano i
processi nucleari a pieno regime e si formerà un oggetto detto “Nana Bruna”, cioè, una piccola
stella con una temperatura superficiale piuttosto bassa (inferiore ai 3000°C), poco luminosa e di
colore rossastro (da cui il nome nana bruna).
Quantità di materia ancora più piccole e condizioni chimico-fisiche diverse possono invece
formare oggetti simili a Giove o Saturno che, in quanto tali, possono essere considerati lontani
parenti di stelle mancate. Se Giove avesse avuto una massa mille volte maggiore sarebbe diventato
forse una piccola stella. La composizione della sua atmosfera, infatti, è molto simile a quella delle
stelle.
Giove
I due casi estremi
Si possono dunque presentare i due casi estremi:
Quantità di materia iniziale ridotta ma comunque sufficiente a generare temperature idonee
all’innescarsi della fusione nucleare: si forma una stella molto piccola e rossastra che, però,
avrà una lunga vita e splenderà per moltissimo tempo per motivi che poi si analizzerà.
Massa iniziale della nube di gas abbondante: si formerà una stella ben più grossa di colore
che tenderà al bianco o, addirittura all’azzurro. La stella in tal caso sarà detta una Gigante
azzurra.
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Dunque: da un lato, abbiamo una stella piccola e rossastra che sarà destinata a vivere miliardi di
anni, dall’altro una stella gigante azzurra che, al contrario, vivrà poco più di 100 milioni di anni
circa. Naturalmente una via di mezzo a questi due “estremi” esiste ed è rappresentata da stelle come
il Sole di colore giallo-arancio che vivono in media una decina di miliardi di anni.
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Il colore delle stelle
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Il colore di una stella risulta quindi direttamente relazionato con la temperatura superficiale
della stella e ne indica anche la sua massa. Lo spettro elettromagnetico aiuta a capire i motivi di
questa relazione.
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In alto vengono mostrati la temperatura ed in basso la lunghezza d’onda della luce:
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Il diagramma di Hertsprung-Russell mostra questa relazione tra massa, colore e luminosità. La
sequenza principale è lo stato in cui si vengono a trovare le stelle di medie dimensioni come il Sole.
La classe spettrale non è altro che una classificazione delle stelle in base alla temperatura e quindi al
colore. Va dall’azzurro al rosso e segue l’ordine O-B-A-F-G-K-M-N-R. Esiste poi, all’interno di
ciascuna classe spettrale, una suddivisione ulteriore, per ampliare la precisione degli intervalli
considerati. L’ulteriore suddivisione va da 0 a 9 (ad esempio B2, G5) in ordine decrescente di
luminosità. La magnitudine assoluta, presente sul grafico, è definita come la luminosità della stella
acquisita da una distanza standard e fissata per convenzione a 32,6 anni luce.
Diagramma di Hertsprung-Russell
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Classificazione delle stelle in base alle proprietà degli spettri
Questo tipo di classificazione venne iniziata nel secolo scorso da Angelo Secchi. Le cinque
classi individuate da questi, a occhio nudo, vennero enormemente precisate in seguito, grazie
all’introduzione della fotografia astronomica.
Stella Tipica
Righe Spettrali
Gamma Argus
Zeta Argus
Spiga
Sirio
Beta Cassiopeae
Epsilon Leonis
Sole
Arturo
Epsilon Eridani
Betelgeuse
Wolf 359
U Cygni
S Cephei
R Andromedae
Wolf Rayet
Elio
Elio
Idrogeno
Calcio
Metalli
Metalli
Idrocarburi
Idrocarburi
Titanio e Calcio
Titanio e Calcio
Carbonio
Carbonio
Zirconio
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Verdastro
Verdastro
Blu
Bianco
Giallastro
Giallo
Giallo
Arancio
Arancio
Arancione
Arancione
Arancione
Rosso
Rosso
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B
A
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G (Gigante)
G (Nana)
K (Gigante)
K (Nana)
M (Gigante)
M (Nana)
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Colore
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Temperatura
fotosfera (°K)
36000
36000
28000
10500
7200
4900
5700
4000
4700
3100
3100
2000
2300
2300
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Tipo
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TIPI SPETTRALI
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Creazione di un sistema solare
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Sistema solare in formazione
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Il processo di fusione genera energia e la temperatura inizia a salire enormemente. Una cosa
molto importante da notare è la caratteristica dell’ambiente che si viene a creare nei dintorni della
stella nascente. Infatti, tutto il materiale coinvolto nel processo di creazione della stella ruota attorno
al centro per il semplice motivo che tutto nell’universo subisce un movimento rotatorio.
Durante la rotazione gli elementi più pesanti si tengono lontani dal centro e si accrescono
urtandosi a vicenda grazie ad un processo che porterà alla formazione di pianeti e satelliti. Il
processo appena descritto è la nascita di un sistema solare. La formazione di sistemi planetari come
il nostro dovrebbe quindi essere la norma nell’universo, per quanto riguarda i processi di
formazione di stelle singole.
Nel processo sopra descritto gli elementi pesanti si tengono relativamente vicini al centro del
sistema creando pianeti rocciosi. Gli elementi leggeri come l’idrogeno e l’elio si tengono invece
lontani dalla stella centrale andando a formare pianeti gassosi come Giove e Saturno. Ad una
distanza notevole infine si posizionano quei piccoli agglomerati di materia rocciosa che verranno
chiamati comete, asteroidi e meteoriti. Uno scontro tra i pianeti interni non esclude che una fascia
asteroidale possa formarsi anche nella parte interna del sistema solare.
La disposizione appena vista degli elementi nel disco stellare è dovuta al calore emanato dalla
stella e dalla forza di gravità. Il discorso è diverso e meriterebbe un approfondimento nel caso delle
stelle doppie4, dove, non è possibile la formazione di un disco protoplantario stabile.
Le stelle doppie sono formate da una coppia, o anche più (triple, quadruple…) di stelle molto vicine tra loro. Bisogna
però fare una distinzione sostanziale; esistono due tipi di stelle doppie: quelle visuali e quelle binarie. Le prime al
telescopio sembrano doppie (molto vicine) ma non lo sono nella realtà, a causa di un effetto prosospettico. Le due stelle,
quindi, non hanno influenza gravitazionale l’una sull’altra perché possono essere distanti tra loro anche anni luce. Il
problema nasce perché ad una distanza crescente le dimensioni diminuiscono, come noto, e quindi diminuisce anche
l’angolo che separa i due oggetti. Due stelle molto vicine in cielo possono però anche esserlo effettivamente. In tal caso
la distanza reale che le separa può essere veramente molto piccola (su scala cosmica) al punto che ci può essere un
influsso gravitazionale dell’una sull’altra e viceversa. Si parla in tal caso di Stelle binarie. Più della metà delle stelle fa
parte di un sistema di due, o raramente più, stelle. A volte le due stelle sono così vicine che non è possibile scorgerle
visualmente ed allora si adottano metodi alternativi come quello spettroscopico in cui la presenza di un’altra stella è
dedotta dall’oscillazione di una delle due causata dall’influsso gravitazionale dell’altra. Ognuna delle due componenti,
in un sistema binario, si muove in un’orbita ellittica attorno al centro di massa comune. Alcune componenti binarie
sono così vicine che la forza di gravità deforma la normale forma sferica delle singole stelle. In tal caso esse possono
scambiarsi materiale ed essere circondate da un comune involucro di gas. Le Novae, ad esempio, sono una conseguenza
del trasferimento di massa in stelle di questo tipo.
Un’altra categoria di stelle doppie è quella “ad eclisse”. In un sistema di questo tipo le orbite di una coppia sono
orientate verso la Terra. In questo caso una stella passa davanti all’altra oscurandone parzialmente la luce producendo
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Il motore delle stelle
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Quando la temperatura all’interno del nucleo ha raggiunto i 12 milioni di gradi la stella si
accende e inizia la fase evolutiva. Il processo di combustione nucleare, che genera dell’elio, è un
processo molto efficiente per produrre energia perché da un chilogrammo di idrogeno si ricavano,
nella combustione di una stella, energie prodotte da 200 tonnellate di petrolio. Ed è questa energia
che ci fa vivere e fa splendere il nostro sole già da 5 miliardi di anni. Ed è anche questa energia che
sulla Terra si spera di governare, creando la cosiddetta “Fusione controllata”. Per ora gli sforzi in
questa direzione portano solo alla creazione di ordigni di fatale mostruosità. Evidentemente, quindi,
non si riescono ancora a sfruttare le potenzialità delle fornaci stellari, solo per scopi civili e
comunque controllabili. Attenzione però, perché se l’idrogeno genera un’energia così efficiente,
l’elio non si comporta allo stesso modo. La sua fusione infatti, dura molto di meno, come si vedrà,
stabilendo così un cambiamento nell’evoluzione della vita stellare.
Ma perché ora si parla della fusione dell’elio? Il processo di fusione nucleare coinvolge
l’idrogeno in primis nella creazione dell’elio. L’idrogeno viene trasformato in elio e l’elio resta
nella stella come cenere del processo nucleare. Quando la quantità di idrogeno tende a finire, le
ceneri dell’elio sono coinvolte nel processo di fusione. Fondere l’elio, però, non è così “facile”
come l’idrogeno perché la sua struttura atomica è diversa e richiede temperature maggiori. Come è
possibile raggiungere queste temperature? Lo si vedrà nel processo evolutivo della stella.
Il processo di fusione, del resto, è sempre meno efficiente man mano che si passa ad elementi
più pesanti fino ad arrivare al ferro, la cui fusione non è per niente efficiente come l’idrogeno, cosa
che causa eventi catastrofici.
una variazione di luminosità. Stelle di questo tipo sono numerose e la più rappresentativa della categoria è la stella
Algol nella costellazione di Perseo.
Un sistema doppio può formarsi anche tra una stella e una stella di neutroni o un ipotetico buco nero. In questa
circostanza si forma un disco di concrezione che si sviluppa quando la materia della stella meno densa scorre verso
quella densa. L’innalzamento della temperatura di questa materia genera poi un’emissione di raggi X. Questo è il modo
in cui vengono scoperti ipotetici buchi neri che possono dare prova dell’esistenza di sè solo con l’emissione di raggi X
indiretta.
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L’EVOLUZIONE DELLE STELLE
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Equilibrio stellare
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Quando inizia il processo di fusione nucleare, la stella entra nella fase evolutiva. Questa fase
dura, nel caso di una stella come il Sole, una decina di miliardi di anni. (Il Sole è giunto alla mezza
età perché ha circa 5 miliardi di anni e gliene restano poco meno di 5, dopodiché, a meno che la
razza umana (sempre che esista ancora) non abbia sviluppato tecnologie in grado di trasferirsi su un
altro “Sistema solare”, sarà veramente la fine).
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In questa fase, la stella è stabile e presenta delle caratteristiche comuni nella maggior parte dei
casi: la sua stabilità è dovuta al contrasto tra due forze enormemente potenti: la stella rimane tale
perché è in una fase di Equilibrio.
Mentre da un lato c’è la forza di gravità, che tende a contrarre la stella, dall’altro c’è n’è un’altra
che spinge verso l’esterno. La gravità è una forza unicamente attrattiva che spinge verso il centro ed
ha bisogno di essere contrastata per non schiacciare la stella sotto la propria massa. La forza che
spinge dal centro verso l’esterno della stella, e che contrasta dal forza di gravità, è generata dalla
fusione nucleare e si chiama pressione di radiazione nucleare. La stella mantiene questo equilibrio
“delicato” perché si comporta come se avesse un termostato che ne regola la temperatura.
Analizziamo i due casi in cui la stella potrebbe perdere l’equilibrio e quindi, vediamo il
funzionamento di questo termostato naturale:
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Primo caso ® Aumento della forza di gravità (la stella tende a schiacciarsi):
Se la forza di gravità dovesse prendere il sopravvento per una diminuzione della
temperatura interna (e quindi della pressione nucleare), la stella reagirebbe con una
contrazione che, diminuendo il volume ne aumenterebbe la temperatura e quindi
anche la pressione nucleare, ristabilendo il vecchio equilibrio.
Secondo caso ® Aumento della pressione nucleare verso l’esterno (la stella tende a scoppiare):
Viceversa, se dovesse aumentare la pressione nucleare nei confronti della forza di
gravità, per una eccessiva combustione, questo provocherebbe un aumento della
massa della stella. E poiché la forza di gravità è proporzionale alla massa, si
verificherebbe anche un aumento dell’intensità della forza di gravità, che così
facendo, ristabilisce il vecchio equilibrio. Questo “termostato naturale” funziona
finché c’è dell’idrogeno da bruciare. Dopo, la situazione si complica e la stella va
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incontro ad una serie di complicazioni che, come vedremo, ne segneranno
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l’esistenza.
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Le due forze (la pressione di radiazione nucleare e la forza di gravità) si bilanciano e la stella
“brilla” per tanto tempo
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La situazione stabilizzata, raggiunta con l’equilibrio citato, non cambierà quindi per un bel pò di
tempo, fino a quando, non verrà anche per lei il momento di dire addio alla sua esistenza in un
processo alquanto semplice da descrivere, ma molto complesso.
Una volta esaurito il combustibile nucleare primario (l’idrogeno), che per stelle di massa più
grande avviene prima, inizia una nuova fase della vita di una stella.
Le stelle Giganti vivono poco
La
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Una stella di massa maggiore vive di meno perché essendo più massiccia tende a bruciare una
quantità maggiore di idrogeno in meno tempo trovandosi a contrastare una forza di gravità
maggiore dovuta alla massa maggiore. Viceversa, una stella di piccola massa (1/10 di quella del
Sole), ritrovandosi una massa contenuta, si ritrova anche una forza di gravità contenuta. Il
raggiungimento dell’equilibrio fra le due forze si ottiene quindi anche se la stella brucia un
quantitativo di idrogeno limitato con la conseguenza che la sua vita si può allungare a decine di
miliardi di anni. Il tutto sempre allo scopo di raggiungere quel famoso equilibrio. Tra l’altro, questo
potrebbe significare che, poiché l’universo ha circa una quindicina di miliardi di anni, si potrebbe
trovare ancora qualche stella che si è “accesa” nei primi istanti dell’universo ed ora si trova ancora
lì, senza variazioni di sorta a continuare il suo lavoro. Essa quindi starebbe bruciando ancora
l’idrogeno che si è creato nei primi istanti di vita dell’universo, rappresentando una stella di prima,
anzi, primissima generazione.
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Composizione delle stelle
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Veniamo ora alla composizione di una stella. Una stella è costituita da strati concentrici aventi
dimensioni differenti. Il nucleo è chiamato “Core”. Esso raggiunge i milioni di gradi centigradi ed è
il luogo in cui si verifica la fusione dell’idrogeno in elio. Vi sono poi varie zone che le radiazioni
devono attraversare prima di giungere alla superficie della stella. Gli strati intermedi sono la zona
convettiva e la zona radioattiva in cui i fotoni luminosi trovano difficoltà ad attraversare perché
questa è una zona molto “opaca” alle radiazioni.
Per superare questa zona la luce può impiegare migliaia di anni, e dopodiché si ritrova sulla
fotosfera, lo strato più esterno, assieme alla cromosfera, di una stella. La luce che noi vediamo viene
da questi strati esterni. Quindi, la luce, anzi la radiazione (perché la luce è radiazione!), parte dal
centro della stella, generata dalla fusione nucleare, e dopo varie migliaia di anni giunge in
superficie, negli strati più esterni e da lì intraprende un altro lungo viaggio verso i nostri occhi che
può durare dagli 8 minuti (la stella più vicina a noi) ai miliardi di anni per le stelle più lontane mai
osservate. Tra l’altro assieme alla luce visibile, una stella emana nello spazio grandi quantità di
raggi X, raggi gamma, raggi ultravioletti e raggi infrarossi fino a riempire tutto lo spettro delle onde
elettromagnetiche comprese le onde radio. Inoltre, le stelle sono luoghi ove si verificano tempeste
magnetiche, ed il Sole ogni tanto ce ne da una dimostrazione facendo danni al nostro sistema
satellitare e delle telecomunicazioni.
Dal nucleo della stella si dipartono, tra l’altro, i “Neutrini” che sono particelle con massa e
dimensioni quasi nulle che vengono prodotte nel core dalle reazioni nucleari.
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LA MORTE DELLE STELLE
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La fine di una stella non è sempre la stessa per tutte le stelle. Tutte però seguono un percorso
comune fino ad un certo punto.
Come detto, tutte le stelle consumano l’idrogeno contenuto in esse fino al suo esaurimento. A
tal punto, nel momento in cui l’idrogeno finisce, resta il prodotto della combustione: l’elio. Questo,
però, richiede una maggiore energia per essere bruciato, e ciò comporta per la stella un
cambiamento di aspetto e di “abitudini”. Se, infatti fino ad ora la stella era abituata ad usare il suo
termostato nel caso in cui le cose andavano “storte”, ora questo viene a mancare perché di idrogeno
non c’è n’è più nel nucleo.
L’assenza dell’idrogeno è accompagnata da un’altra assenza di rilievo: quella della pressione
della radiazione nucleare. Ora la gravità la fa da padrona e comprime la stella nelle sue mani.
Questa, comprimendosi, si inizia a riscaldare enormemente fino a raggiungere nel nucleo i 100
milioni di gradi. In tutto questo trambusto la stella si contrae e spasima fino al momento in cui
avviene la sua nuova “Accensione” momentanea. Le contrazioni generano una stella variabile
pulsante. Nel nucleo vengono raggiunte temperature necessarie alla fusione dell’elio in carbonio ed
ossigeno in un’altra reazione nucleare che stavolta richiede energia maggiore e genera energia
minore. Questo, rappresenta un nuovo ma breve equilibrio per la stella.
Già, il suo aspetto è cambiato però, poiché, bruciando elio la temperatura è salita enormemente
e la stella si è espansa. Lontano dal nucleo, dove l’idrogeno incombusto se ne era stato tranquillo, si
innescano nuove reazioni nucleari.
Questo provoca due cose: la stella si espande grazie alla combustione dell’idrogeno che si
allarga nello spazio e diventa rossa per il rapido raffreddamento delle sue parti esterne a contatto col
vuoto cosmico.
La stella è diventata una Gigante rossa.
Il nuovo periodo di stabilità non dura però 10 miliardi di anni (sempre prendendo come esempio
una stella simile al sole) ma “solo” cento milioni di anni. Questo perché, come detto, la fusione
dell’elio non è così efficiente come quella dell’idrogeno. Il paragone più adatto a descrivere la
morfologia della stella in questo momento è quello della cipolla. Si creano infatti dei gusci
concentrici ognuno dei quali brucia un carburante nucleare diverso. Nella fase di Gigante rossa, si
raggiungono luminosità molte volte più grandi del Sole e dimensioni ragguardevoli. In cielo si
possono ammirare tante stelle giunte a questa fase e molte di loro si trovano proprio nelle
costellazioni più famose e visibili ad occhio nudo.
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Alcuni esempi di stelle Giganti rosse
NOME
Miraci
Arturo
Menkar
Scheat
COSTELLAZIONE
Andromeda
Boote
Balena
Petaso
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A questo punto entra in gioco una variabile che decide come finirà di evolversi la stella nelle
sue fasi finali: la massa. Infatti, per stelle con una massa simili a quella del sole la stella procede
verso una fine tranquilla.
Stelle con massa media piccola
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Essendo la massa della stella non eccessiva, la stella continuerà a bruciare elio ancora per
qualche centinaio di milioni di anni. Si tiene a precisare che i tempi sono relativi ad una stella di
dimensioni e massa simili a quelle del Sole. I tempi cambiano notevolmente per stelle di massa
diversa. Finito anche l’elio resta il suo prodotto e cioè il carbonio; ma, poiché la massa è
relativamente ridotta, la forza di gravità non riesce a comprimere la stella in modo tale da
aumentare la temperatura nel nucleo a livelli ancora più elevati e non si innescano nuove reazioni
nucleari. La forza di gravità diventa di nuovo padrona della situazione e comprime la stella fino a
farle raggiungere densità elevatissime e facendo salire gravemente la temperatura. In questo modo,
però, la stella diventa molto piccola ed assume una colorazione bianco acceso. La densità di queste
stelle raggiunge valori 40.000 volte maggiori di qualunque metallo sulla Terra.
Si è appena formata una Nana Bianca. La nana bianca sopravvive nelle sue ultime fasi sotto un
altro equilibrio che la spegnerà lentamente con il passare del tempo. Ai livelli di densità raggiunti, il
gas non è formato più da molecole “normali”, e in quanto tale, non si comporta più da gas normale.
Nonostante ciò, è ancora in grado di opporre una resistenza alla forza di gravità, ristabilendo ancora
una volta quel famoso equilibrio con la forza di gravità. Questa volta ad opporsi alla gravità non è
più la pressione nucleare (ormai assente) ma la pressione del gas degenere, raffreddandosi
lentamente e inesorabilmente la nana bianca diventa una nana nera. In pratica, un faro spento. Le
nane bianche, nonostante la loro altissima temperatura e pressione, non sono visibili ad occhio nudo
perché hanno una luminosità bassissima dovuta solamente alle dimensioni, tanto ridotte.
La nana bianca è circondata da una quantità notevole di materia espulsa nella fase di gigante
rossa. La materia in questione è chiamata nebulosa planetaria ed è costituita dalle polveri e dai gas
lanciati nello spazio dalla stella ex gigante rossa.
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Esempio di nebulosa planetaria:
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Stelle con massa grande
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La piccola stella che si trova al centro è una Nana bianca.
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Le cose vanno molto diversamente però se la stella in questione ha una massa molto più grande
del sole (diciamo più di 10 volte). Infatti, in tal caso, la gravità prende il sopravvento sulle altre
forze e nel nucleo si formano nuclei di ferro grazie alla fusione nucleare a catena che, stavolta non
si ferma al carbonio (come succedeva alla gigante rossa) ma prosegue fino al ferro, grazie alle
temperature superiori raggiunte. La stella si viene quindi a trovare in uno stato molto inquieto e
inizia ad espandersi in modo incontrollabile divenendo una Supergigante rossa che viene ad avere
un diametro grande quanto tutto il sistema solare. Ancora una volta il paragone con la sfoglia di una
cipolla è fedele. Gli strati interni bruciano gli elementi più pesanti della tavola periodica mentre gli
strati più esterni bruciano elementi più leggeri.
Arrivati a questo punto però i nuclei di ferro non possono essere più fusi, seguendo il processo
di fusione visto fino ad ora, perché la loro fusione non genera energia ma la assorbe. La catena di
reazioni nucleari si interrompe.
Le supergiganti rosse sono stelle aventi un core ferroso e le cui temperature interne possono
raggiungere 1 miliardo di gradi. Il problema è che, nonostante questa grande temperatura, non vi è
emissione di energia (infatti manca la pressione di radiazione nucleare) e quindi la stabilità è
sempre più compromessa perché manca un contrasto alla gravità. In una stella di questo tipo la
densità raggiunge un miliardo di grammi per centimetro cubo. Un cucchiaino di materia, sulla Terra
peserebbe un miliardo di tonnellate.
Esempio di esplosione di Supernova galattica
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Quando il nucleo diviene stracolmo di atomi di ferro la stella non regge più alla pressione della
gravità ed esplode in un modo terrificante gettando nello spazio tutto quello che aveva creato
compresi gli atomi più pesanti, diventando una supernova.
Supernova:Esplosione di una stella che non regge più al contrasto della gravità
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Come se non bastasse la sua capacità di “creare” elementi non si arresta perché, se nel suo core
non ha avuto le possibilità di produrre elementi più pesanti del ferro come l’oro, l’argento, l’uranio,
ecc., l’esplosione e l’immane temperatura generata da essa, unitamente alla quantità inimmaginabile
di radiazioni che emana, è in grado di creare in un processo chimico complesso anche atomi di oro e
i restanti elementi della tavola periodica. La tavola periodica, con tutti i suoi elementi compresi
quelli del nostro corpo come l’ossigeno, l’acqua e il carbonio solo per citarne alcuni non sono altro
che il prodotto di quelle combustioni nucleari che poi le supernove hanno “distribuito” nello spazio.
Espulsi i materiali che circondavano la stella si crea quella che viene detta residuo di supernova
o nebulosa.
Residuo di Supernova
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Quello che rimane del nucleo stellare può essere diverso a seconda della massa. Se la massa è
compresa tra 1,4 e 3,4 masse solari si forma quella che viene detta Stella a Neutroni o Pulsar.
Questa, non è altro che il residuo dell’esplosione, ed è in uno stato particolare per la enorme forza di
gravità. Gli atomi non esistono più in quanto tali ma si spezzano e i protoni e gli elettroni si
scontrano con grande energia formando i neutroni. I neutroni, riescono a respingere la forza di
gravità. Le stelle di neutroni ruotano velocemente su se stesse emettendo due potenti fasci di onde
radio in direzioni opposte. Il campo magnetico di questi oggetti è così forte che le onde radio
riescono solo a sfuggire dai punti in cui la forza del campo magnetico è minore (ovvero i due poli
della stella). Se uno dei due fasci è orientato verso la Terra, si possono osservare gli impulsi emessi
dalla stella di neutroni sotto forma di onde elettromagnetiche. Le pulsar ruotano velocissime tanto
da compiere anche 30 giri in un secondo e hanno dimensioni estremamente ridotte dell’ordine di
poche decine di chilometri.
Se però la massa del residuo rimanente è maggiore di 3,4 masse solari si può creare un oggetto
la cui forza di gravità è talmente forte da non far uscire nemmeno la luce: un Buco Nero.
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L’evoluzione stellare (in breve)
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Dal disegno si può osservare come tutte le stelle nascono per condensazione di una
nebulosa; una volta innescate le reazioni termonucleari, si assestano sulla sequenza
principale fino a quando hanno idrogeno da trasformare in elio; in seguito si espandono
passando attraverso la fase di gigante rossa o di supergigante rossa.
Se la stella era di massa modesta, paragonabile cioè a quella del sole, si evolverà
verso una nana bianca, dove verrà espulso tutto il guscio esterno dei gas che andranno
a formane una nebulosa planetaria.
Se la massa iniziale della stella è superiore, la supergigante rossa passerà
attraverso fasi successive di contrazione ed espansione, prima di avviarsi verso la
catastrofica esplosione di supernova; da questa potrà formarsi un pulsar o un buco
nero a seconda della massa iniziale.
Una stella a neutroni o Pulsar è costituita da una forma molto densa di materia
degenere (in cui non esistono più gli atomi poiché consiste di elettroni in cui sono
immersi i nuclei degli atomi originali), cioè da un fluido di neutroni in cui un centimetro
cubo racchiuderebbe tutta la materia di una montagna. Il diametro dei Pulsar è
stimato essere dell’ordine di una decina di chilometri.
Dopo che la stella ha espulso tutti gli strati esterni, resta solamente il nucleo al
centro che collassa per la forza di gravità. Normalmente il collasso si arresta quando
la forza di repulsione dei gusci elettronici esterni degli atomi controbilancia
l’attrazione gravitazionale. Ma nelle stelle a neutroni nemmeno questa pressione di
elettroni è sufficiente, e la contrazione continua, in modo impressionante che porta
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alla fusione di elettroni e protoni a formare neutroni. e la stella risultante sarà
formata solo da particelle di questo solo tipo cioè neutre.
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Nel 10600 a. C. l'esplosione della supernova Vela X (nella figura alcuni
suoi residui) determinò una serie di effetti catastrofici tra cui
l'inclinazione dell'asse terrestre e lo scioglimento dei ghiacciai. La civiltà
umana allora esistente risultò rimaneggiata e si attivò un nuovo percorso
che portò alle civiltà attualmente conosciute.
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Le stelle di neutroni ruotano su se stesse a velocità altissime e generano un
potentissimo campo magnetico e le radiazioni elettromagnetiche emesse fanno
assomigliare queste stelle a veri e propri “fari” dell'universo. In particolare, gli impulsi
altamente regolari di onde radio si susseguono a intervalli brevissimi.
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Una "culla stellare": prime fasi della nascita di una stella.
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BUCHI NERI
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Buco nero mentre risucchia materiale da un corpo vicino (stella compagna). Nella cosiddetta zona
dell’orizzonte degli eventi si hanno forti emissioni di raggi X
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Proprietà
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Buco nero: Corpo celeste dotato di un campo gravitazionale estremamente intenso; neppure la
radiazione elettromagnetica può sottrarsi alle forze attrattive che si manifestano all’interno di esso.
Il corpo è circondato da un confine ideale sferico, detto “orizzonte degli eventi”, attraverso il quale
la luce può entrare ma non uscire; da ciò deriva il nome. Un buco nero può essere un corpo di
densità elevatissima, avente una massa relativamente piccola, come quella del Sole o anche minore,
compressa in un volume estremamente ridotto; oppure un corpo di bassa densità ma di massa
enorme, pari a milioni di volte la massa del Sole, posto nel centro di una galassia.
La
Il concetto di buco nero venne sviluppato intorno al 1916 dall’astronomo tedesco Karl
Schwarzschild, sulla base della teoria della relatività generale di Albert Einstein. Il raggio
dell’orizzonte degli eventi di un buco nero di Schwarzschild dipende soltanto dalla massa del corpo,
e in chilometri è pari a 2,95 volte la massa del corpo stesso espressa in masse solari. I risultati
trovati da Schwarzschild vanno modificati se il corpo è dotato di carica elettrica oppure se è in
rotazione. In quest’ultimo caso, infatti, all’esterno dell’orizzonte si forma una “ergosfera”, dentro la
quale la materia viene sollecitata a ruotare insieme al buco nero; teoricamente può verificarsi
emissione di energia dalla regione dell’ergosfera.
Secondo la relatività generale, in prossimità di un buco nero la forza gravitazionale altera in
maniera sensibile lo spazio-tempo. In particolare, il tempo rallenta man mano che ci si avvicina,
dall’esterno, all’orizzonte degli eventi, e si ferma completamente sull’orizzonte. Dal punto di vista
teorico un corpo che subisce una contrazione entro il raggio di Schwarzschild collassa in una
singolarità dello spazio-tempo, cioè in un oggetto senza dimensioni e di densità infinita.
Formazione
I buchi neri rappresentano lo stadio finale dell’evoluzione di alcune stelle; quando il carburante
di una stella si esaurisce, l’aumento di pressione associato al calore prodotto dalle reazioni nucleari
non è sufficiente per contrastare il processo di contrazione della stella. In queste condizioni, a
seconda dei valori della densità, può avvenire la formazione di una nana bianca oppure di una stella
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di neutroni (Pulsar). Se la massa del nucleo supera di 1,7 volte la massa del Sole, nessuna pressione
è sufficiente ad arrestare il collasso e si genera un buco nero.
Gli astronomi hanno scoperto emissioni di raggi X da Cygnus X-1, una stella doppia nella quale
la componente primaria è una stella normale avente massa pari a circa 30 masse solari. Lo
spostamento delle linee dello spettro di emissione, dovuto all’effetto Doppler, lascia supporre
l’esistenza di un compagno, di 10 o 15 masse solari, in orbita intorno a essa. Un’emissione simile a
quella che si osserva per Cygnus X-1 è generalmente prodotta da un “disco di accrescimento”, cioè
da un disco denso e caldo che si forma quando il gas di una stella cade su un oggetto compatto
descrivendo un percorso a spirale. A causa dell’elevato valore della massa, il compagno in Cygnus
X-1 potrebbe essere un buco nero anziché una nana bianca o una stella di neutroni. Altri possibili
buchi neri osservati sono due sorgenti di raggi X situate nella vicina galassia della Grande Nube di
Magellano e nella costellazione dell’Unicorno. Gli astrofisici suppongono inoltre che alcuni buchi
neri siano posti al centro di galassie di massa elevata.
Nel 1994 il telescopio spaziale Hubble fornì prove molto evidenti della presenza di un buco
nero al centro della galassia M87. Inoltre, l’alta accelerazione dei gas in questa regione indica la
presenza di un oggetto, o di un gruppo di oggetti, avente complessivamente massa pari a circa 2,53,5 miliardi di masse solari.
Il fisico britannico Stephen Hawking ha suggerito che molti buchi neri possano essersi formati
nell’universo primordiale. Se ciò fosse vero, la maggior parte di essi potrebbe essere troppo distante
da altra materia per formare un disco di accrescimento rilevabile, ma potrebbe tuttavia costituire
una frazione significativa della massa totale dell’universo. Per evitare il concetto matematico di
singolarità, Hawking ha inoltre proposto che i buchi neri non collassino in questo modo ma
piuttosto formino dei wormholes (letteralmente “buchi di vermi”) che collegano il nostro con altri
universi.
Un buco nero, di massa sufficientemente piccola, può catturare un membro di una coppia
elettrone - positrone che si trova in prossimità dell’orizzonte; contemporaneamente l’altro membro
può sfuggire dando luogo a una radiazione particolarmente energetica che provoca l’evaporazione
del buco nero. I buchi neri primordiali di massa minore di qualche miliardo di tonnellate sono forse
già evaporati, ma quelli più massicci possono ancora esistere.
Molti astrofisici pensano che al centro di ogni galassia si debba trovare un buco nero, attorno al
quale ruota la materia circostante in attesa quasi di esservi inghiottita. Nella genesi di un buco nero
la stella continua a contrarsi all’infinito fino a creare quella che i cosmologi chiamano singolarità:
un punto la cui densità sarebbe infinita, ma in cui lo spazio e il tempo cessano di esistere.
Non si sa, e neppure si può supporre, che cosa diventi la materia inghiottita da un buco nero: è
stata avanzata l’ipotesi che la materia potrebbe riapparire sotto forma di buco bianco in un altro
universo, fornendo una ulteriore ipotesi per l’origine del nostro universo ma non esaurendo,
naturalmente, il problema delle origini.
La teoria del buco bianco permetterebbe, dunque, di pensare all’esistenza di universi paralleli:
collegamento per ora affidato alla sagace immaginazione degli scrittori di fantascienza. Secondo
alcuni eminenti fisici contemporanei un buco nero non è poi così nero. Infatti, anche questo avrebbe
una temperatura ed un’entropia, e quindi, emetterebbe radiazione in modo inversamente
proporzionale alla sua massa. Questo implica che in un tempo sufficientemente lungo ogni buco
nero finirà per evaporare in una gigantesca esplosione. Ad ogni modo, fino ad oggi non ci sono
ancora prove dell’esistenza di siffatti oggetti, sebbene la maggior parte dei fisici contemporanei sia
concorde nell’affermarne la possibilità.
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Riepilogando: un buco nero lo si può definire come una “stella spenta” tanto pesante che
neanche la luce può fuggire poiché, la velocità di fuga (velocità necessaria per sfuggire
ad un campo gravitazionale) è superiore alla velocità della luce. Questa velocità, sulla
terra, è di 11 chilometri al secondo. Su un pianeta come Giove è superiore perché,
avendo una massa maggiore, la forza di gravità è maggiore e quindi anche la velocità di
fuga. Ora, noi sappiamo che la velocità della luce non è infinita ma è di 300.000
chilometri al secondo; un valore molto grande ma comunque finito. Pertanto, se la
forza di gravità è così grande da imporre una velocità di fuga maggiore di 300.000
chilometri al secondo, la luce non può andare nello spazio circostante ma ricade
sull’oggetto.
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A questo punto i ragazzi potrebbero chiedere: ma allora se non si vede come
sappiamo che il buco nero esiste?
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Lo capiamo osservando i fenomeni circostanti, ossia, quelli immediatamente al di
fuori dell’orizzonte degli eventi (raggio entro il quale nulla sfugge ad un buco nero); la
materia attratta da un buco nero subisce il così detto “effetto marea”; la forza
gravitazionale di un buco nero è infatti tanto forte che la differenza di accelerazione
gravitazionale da un punto più vicino al buco nero rispetto ad un altro è tanta che un
corpo solido finisce per “allungarsi” distorcendo la struttura atomica. Sono gli
elettroni più interni degli atomi ad essere coinvolti, queste reazioni fanno disperdere
l’energia acquistata da questi elettroni per effetto marea, sotto forma di raggi X
(onde elettromagnetiche di frequenza superiore a quella del visibile); grazie ai radio
telescopi siamo in grado di individuare tali raggi e dedurre, dunque, che in prossimità
di questi si trova un buco nero.
La
Anche se, “mai” potremmo sapere, che fine fa quello che ci va a finire dentro e se
le leggi della fisica valide in tutto l’universo valgano anche lì, è comunque molto
probabile che un buco nero, viste le premesse e vista la teoria della relatività, non le
conosca nemmeno le leggi della fisica con tanto di conseguenze che non possiamo
immaginare.
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Ritengo che, indipendentemente dall’interesse che può suscitare nei ragazzi quanto trattato, non
sia comunque sprecato farli riflettere, almeno un po’, su quanto di “misterioso” e affascinante ci
circonda. Vorrei concludere elogiando personalmente l’Astronomia, una materia in grado di
sconfinare nella filosofia e nella religione, nella chimica e nella matematica oltre che nella fisica.
Non si dimentichi, inoltre, che ci si trova in un campo in cui ad un certo punto la mente umana,
almeno per ora, non può andare più avanti. Si può far riferimento, ad esempio, oltre al già citato
caso dei Buchi neri, al momento “0” della creazione di tutto: il momento in cui si lascia la parola
alla fede per incapacità di vedere oltre. Il momento della creazione di tutto ciò che ci circonda. E’
proprio qui che infatti l’astronomia sconfina nella religione; ma forse il suo maggior fascino risiede
proprio nel fatto che una disciplina fondata sulle rigide leggi della matematica debba “fermarsi” per
“mancanza di scienza”, per l’ingresso in campo del nulla o della religione. E non è certo l’unico
pezzo di storia e di universo che l’uomo non riesce a spiegare.
Ciononostante, l’astronomia rimane pur sempre una scienza che applica, per capire l’universo
che ci circonda, tutte le discipline che non lasciano spazio a misteri o dubbi come la fisica e la
matematica. Pertanto, quello che non sa in questo campo non va certo inventato, ma sempre
ipotizzato in base a rigide supposizioni matematiche. Se poi si vuole lasciare un pò di spazio alla
fantasia può anche andar bene, purché non si sfoci nelle truffe epocali quali l’astrologia e
l’ufologia.
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