L’EFFETTO CASIMIR
L’effetto Casimir consiste nell’attrazione fra due lamine conduttrici di elettricità poste nel vuoto ad
una data distanza fra loro. La verifica sperimentale (effettuata per la prima volta nei laboratori
Philips nel 1958) dimostra una delle più importanti e basilari scoperte sulla conoscenza della natura:
la creazione dal nulla (nel vuoto) di particelle elementari e la loro successiva distruzione.
Il principio di indeterminazione tempo-energia :
∆t * ∆E > ћ/2
vieta che una certa regione di vuoto abbia uno scarto quadratico medio dell’energia, ∆E, uguale a
zero, come sarebbe se la sua energia fosse sempre uguale a zero, dunque devono esistere delle
fluttuazioni di energia del vuoto. Queste fluttuazioni di energia si manifestano con la creazione e la
successiva distruzione di fotoni ed altri bosoni, leptoni e quark.
La distribuzione (ovvero il numero di particelle mediamente presenti per unità di volume in
funzione dell’ energia che possiedono) è regolata dalle leggi della Teoria della relatività e della
Meccanica quantistica.
Se nello spazio vi sono dei “bordi”(ad es. le lamine conduttrici) la Meccanica quantistica impone
una ulteriore restrizione alle fluttuazioni del vuoto: la probabilità di trovare le particelle sui bordi
deve essere zero, quindi la funzione d’onda ψ(t,x,y,z) che le descrive deve avere (usando i termini
delle onde stazionarie in una cavità) dei nodi in coincidenza delle lamine: ψ(t, xl, yl, zl) = 0.
Fra le tante vie per ricavare la relazione che dà la forza che agisce nell’effetto Casimir qui
seguiremo quella standard ovvero quella più comunemente seguita.
Supponiamo che l’ Universo sia un parallelepipedo rettangolo con le pareti conduttrici i cui lati,
rispettivamente paralleli agli assi cartesiani x, y, z, misurino a, b, a.( non preoccupatevi: più avanti
faremo tendere a e b all’infinito). Supponiamo inoltre che questo parallelepipedo sia diviso in tre
regioni da due ulteriori lamine poste parallelamente fra loro alla reciproca distanza pari a d.
Esattamente come per le onde stazionarie in una cavità, in cui l’esistenza dei nodi impone la
quantizzazione delle lunghezze d’onda , qui l’esistenza dei nodi impone la quantizzazione delle
componenti dell’impulso (la quantità di moto) k :
kx = ћπnx/a
ky = ћπny/b
kz = ћπnz/a
dove ћ è la costante di Planck ridotta e nx, ny, nz = 1,2,…..
Ad ogni terna di valori interi di nx, ny, nz corrisponde un dato impulso e due modi di oscillazione
(due fotoni) in corrispondenza dei due stati di polarizzazione che un fotone può avere.
Qui conviene considerare la quantizzazione delle componenti dell’impulso k (k=h/λ) perché da
esse è facilmente ricavabile l’energia di quel modo di oscillazione E = k*c/2 = c*(kx2+ky2+kz2)1/2/2.
Poiché l’energia delle varie regioni è la somma delle energie degli infiniti modi presenti in esse si
ha ( n sta per nx, ny, nz e la sommatoria si intende estesa da 1 a ∞) :
E(a.b,a) = 2*Σn [ ћπc *(nx2/a2 + ny2/b2 + nz2/a2)1/2/2 ]
= energia dell’intero parallelepipedo se non
ci fossero le lamine al suo interno.
E(a,(b-d)/2,a) = 2*Σn [ ћπc *(nx2/a2 + ny2/((b-d)/2)2 + nz2/a2)1/2/2 ] = energia di ciascuna delle due
regioni poste ai lati della
regione compresa fra le lamine.
E(a,d,a) = 2*Σn [ ћπc *(nx2/a2 + ny2/d2 + nz2/a2)1/2/2 ] = energia della regione centrale compresa fra
le due lamine interne.
Quindi la differenza di energia fra la situazione con le lamine intermedie e quella senza lamine
intermedie è data da:
∆E = 2*E(a,(b-d)/2,a) + E(a,d,a) – E(a,b,a)
Ora facciamo tendere a e b all’infinito e calcoliamo le sommatorie. Si ottiene che ognuna delle tre
sommatorie scritte tende all’infinito, ma nella differenza presente in ∆E alcuni infiniti si annullano
(per dire la verità con metodi che farebbero inorridire, giustamente, i matematici) e il rapporto
∆E/a2 risulta un numero finito (ovvero ∆E e a2 sono infiniti dello stesso ordine) , esattamente si
ottiene:
∆E/a2 = - π2ћc/( 240*3*d3 ) [J/m2]
La differenza di energia per unità di area delle lamine è quindi data da:
∆E = - π2ћc/( 240*3*d3 ) [J].
Come è noto la forza perpendicolare alle lamine è data dalla derivata della differenza di energia
fatta rispetto alla distanza d, quindi il modulo F della forza di Casimir per unità di area è dato da:
F = - π2ћc/(240d4)
F = - δ∆E/ δd
mentre se le lamine hanno un’area S il modulo della forza di Casimir con cui si attirano è dato da:
F = - π2ћcS/(240d4).
Per una teoria moderna, di cui sono disponibili solo i “preprint”, l’effetto Casimir spiegherebbe, fra
l’altro, l’origine dei valori della costante di gravitazione universale, delle cariche elettriche e delle
masse dei leptoni.
Prof. Igino Ferrari, Matematica e Fisica, triennio del corso CS.