Scuola di Scienze della Salute Umana Corso di Laurea in Infermieristica Distress Thermometer: analisi dei fattori di rischio e protezione nei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche. Relatore Laura Rasero Correlatore Luigi Rinaldi Candidato Rossella Borrelli Anno Accademico 2013/2014 Oh! Signore, fa di me un istrumento della tua pace: Dove è odio, fa ch'io porti l'Amore, Dove è offesa, ch'io porti il Perdono, Dove è discordia, ch'io porti l'Unione, Dove è dubbio, ch'io porti la Fede, Dove è errore, ch'io porti la Verità, Dove è disperazione, ch'io porti la Speranza. Dove è tristezza, ch'io porti la Gioia, Dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce. Oh! Maestro, fa ch’io non cerchi tanto: Ad esser consolato, quanto a consolare. Ad essere compreso, quanto a comprendere. Ad essere amato, quanto ad amare. Poiché: Si è: Dando, che si riceve; Perdonando, che si è perdonati; Morendo, che si risuscita a Vita Eterna. S. Francesco RINGRAZIAMENTI Il prendersi cura è un atto creativo, è un gesto che modifica l’esistente generando bellezza. Sono questi gli aspetti intrinseci della professione infermieristica che ho potuto cogliere e che ho cercato di apprendere al meglio in questo mio percorso di formazione universitaria. Pur essendo solo l’inizio di un lungo percorso, trovo doveroso porgere i miei più sentiti ringraziamenti a tutti coloro che mi hanno permesso di conoscere al meglio il vero significato della nostra professione. Sono molte le persone cui sono grata ed esprimo riconoscenza. Ringrazio in particolare chi ha collaborato e mi ha aiutato nella stesura di questo mio elaborato finale, tra cui: la Prof.ssa Laura Rasero per la fiducia accordatami accettando il ruolo di Relatrice per questo lavoro di tesi, il Dott. Luigi Rinaldi infermiere presso il centro Trapianto di Midollo Osseo di Careggi, per avermi trasmesso la sua esperienza e l’amore per la professione infermieristica, così come ringrazio il Dott. Mauro Marsullo coordinatore dello stesso centro, per la sua disponibilità e il Prof. Andrea Guazzini per la sua infinita pazienza. Un doveroso ringraziamento è rivolto alla mia famiglia, senza la quale non avrei mai neppur cominciato questa soddisfacente carriera: a lei consegno questa mia ultima fatica lavorativa e il mio diploma di laurea, in segno di riconoscimento per gli sforzi sostenuti, non solo finanziari e per aver sempre creduto in me. Il ringraziamento più caloroso è per il mio fidanzato Luca, che con amore, pazienza e fiducia mi ha sostenuto per tutti questi anni, condividendo con me momenti di gioia e restando sempre al mio fianco nei momenti di difficoltà. È a lui, il mio futuro, che dedico questo successo. Un grazie speciale a tutte le amiche ed a tutti gli amici con cui ho vissuto l’università, come esperienza unica ed indimenticabile che mi ha permesso di crescere e diventare una persona migliore e che porterò sempre nel cuore. Grazie di vero cuore. Rossella Borrelli INDICE Introduzione................................................................................................................ 1 Prima parte ................................................................................................................. 3 1. Capitolo: Trapianto di cellule staminali ematopoietiche pluripotenti ........... 3 1.1 Introduzione ................................................................................................... 3 1.2 Sorgenti di cellule staminali emopoietiche .................................................... 5 1.3 Condizionamento e regimi preparativi .......................................................... 8 1.4 Tipologie di trapianto .................................................................................... 9 1.5 Decorso e complicanze del trapianto ........................................................... 16 1.6 Risultati del trapianto di cellule staminali emopoietiche ............................. 23 2. Capitolo: Gestione infermieristica nel trapianto di CSE .............................. 24 2.1 Processo di assistenza infermieristica .......................................................... 25 3. Capitolo: Degenza a bassa carica microbica, tra Distress e Coping............. 35 3.1 Premessa ...................................................................................................... 35 3.2 L’adattamento alla malattia ......................................................................... 36 3.3 Risposta agli stressor ................................................................................... 37 4. Capitolo: Distress, sesto parametro vitale in oncologia ................................. 42 4.1 Test di screening per il Distress ................................................................... 43 4.2 Distress Thermometer.................................................................................. 44 Seconda parte ........................................................................................................... 51 5. Progetto di ricerca ............................................................................................. 51 5.1 Introduzione e background scientifico......................................................... 51 5.2 Obiettivi dello studio ................................................................................... 52 5.3 Procedure e metodo ..................................................................................... 52 5.4 Analisi dei dati ............................................................................................. 55 6. Risultati .............................................................................................................. 56 6.1 Analisi statistica descrittiva epidemiologica................................................ 56 6.2 Analisi statistiche inferenziali ..................................................................... 72 7. Discussioni e conclusioni ................................................................................ 106 Allegati .................................................................................................................... 112 Bibliografia e Sitografia ........................................................................................ 113 Introduzione Nel corso degli anni l’approccio terapeutico con trapianto di cellule staminali emopoietiche ha preso sempre maggior piede, rendendo la procedura più sicura e garantendo sempre maggiori successi, rendendo così indispensabile il porre maggiore attenzione agli aspetti psicosociali della malattia e del trattamento. La valutazione della qualità dell’assistenza è tradizionalmente effettuata mediante indici immediati, quali mortalità e sopravvivenza, trascurando la valutazione di diversi e importanti fattori che riguardano la salute dell’individuo come le risposte agli stressor. Dalla ricerca sullo stress è emersa una nuova visione del funzionamento dell’organismo umano fondata sulle interrelazioni tra i grandi sistemi biologici dell’organismo e la psiche. Lo stress è oggi considerato un’importante modulatore del sistema immunitario, in quanto è stato dimostrato come alcuni parametri immunitari siano influenzati da stressor sia fisici che psicologici. Alcune teorie suggeriscono infatti, come eventi stressanti siano in grado di innescare risposte cognitive ed affettive in grado di indurre cambiamenti nel sistema nervoso centrale e sul sistema endocrinologico, causando in ultimo, modulazioni verso il basso del sistema immunitario. La letteratura esistente sui sopravvissuti ad un trapianto allogenico di cellule staminali evidenzia una buona qualità di vita dopo il trapianto ma evidenzia altresì la presenza di distress emozionale e psicologico in una buona proporzione di questi pazienti. Il distress può essere considerato nel range delle paure, preoccupazioni e tristezze o problemi disabilitanti come depressione clinica, ansietà generalizzata, panico, isolamento o crisi spirituali o esistenziali. Secondo le statistiche riportate dal gruppo NCCN circa il 40% dei pazienti con nuova diagnosi di cancro mostrano un livello significativo di distress. Per questi motivi il Distress è stato riconosciuto come il sesto parametro vitale in oncologia e come per gli altri parametri vitali, sono stati adottati degli strumenti che permettono il monitoraggio dei livelli di distress. Nella fattispecie la linea-guida NCCN fornisce un algoritmo per identificare rapidamente i pazienti con distress significativo, mediante l’utilizzo del test di screening Distress Thermometer, scala analogico-visiva, composta da un primo livello di indagine che indaga il grado di Distress riportato su un termometro numerato da 0-10, ed accompagnato da un secondo livello d’indagine: 1 una Problem List in cui si chiederà ai pazienti di a n notare l ’o ri gi n e d e l di s t r es s ( pr obl em i fisici, sociali, psicologici, o spirituali). Il monitoraggio del distress svolge un ruolo di fondamentale importanza nei pazienti sottoposti a trapianto di CSE, essendo una procedura complessa che richiede interventi psico-oncologici in una varietà di fasi, a partire dall’inizio del ricovero, al trapianto stesso, alle crisi dovute alla GvHD, ma anche e soprattutto dopo la dimissione dalla struttura ospedaliera, si registrano infatti durante tutto l’iter terapeutico sintomi somatici, problemi fisici, di ruolo e sessuali. Esistono evidenze in merito al fatto che le questioni psicosociali sono associate ad una diminuzione della compliance del paziente ed un aumento della morbilità nel periodo posttrapianto, ad esempio la depressione può diminuire la motivazione e l’adesione con il piano terapeutico. Al contrario un approccio centrato sul paziente è associato ad aumento della compliance, maggiore soddisfazione e risoluzione delle preoccupazioni interne. Il trapianto di CSE costituisce inoltre un lungo e doloroso periodo della vita, che crea notevoli esigenze e problemi nei pazienti stessi e nelle famiglie, richiedendo cure complicate e competenti non solo in ambito tecnico. Diviene quindi indispensabile adottare una visione d’insieme del paziente, considerando esigenze e preoccupazioni e garantendo una tempestiva ed efficace assistenza sanitaria, in quanto un intervento che non aiuta emotivamente non è in grado di fornire un beneficio fisico. Su questo sfondo, scopo dello studio è la determinazione delle risposte individuali agli stressor nei diversi momenti del periodo di ricovero, nei pazienti sottoposti a trapianto autologo e allogenico di CSE. Nella fattispecie sono stati correlati i fattori sociodemografici di ciascuno dei 285 pazienti esaminati, con il grado di distress e i 36 items che compongono la problem list del Distress Thermometer, per ciascuna rilevazione (al momento del colloquio, e a + 1,+8,+15,+22,+29,+36 giorni dal trapianto). Ciò ha permesso di individuare i fattori di rischio e protezione che influenzano il grado di distress e studiare i cambiamenti psicopatologici occorsi in relazione ai cambiamenti situazionali ed ambientali che il paziente affronta nel lungo periodo di ricovero. Lo studio dei fattori di rischio e protezione consente quindi, il miglioramento dell’assistenza erogata al paziente, attraverso la personalizzazione dei piani di assistenza, che può quindi avvenire sulla base di dati ottenuti con l’ausilio di strumenti adeguati. 2 Prima parte 1. Capitolo: Trapianto di cellule staminali ematopoietiche pluripotenti. 1.1 Introduzione Sebbene la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia abbiano migliorato i tassi di sopravvivenza degli assistiti oncologici, molte patologie oncologiche che inizialmente rispondono alla terapia poi si ripresentano. Questo si verifica particolarmente nelle neoplasie ematologiche che riguardano il midollo osseo. Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche pluripotenti (HSCT), precedentemente definito trapianto di midollo osseo (TMO) consiste nel prelievo di cellule progenitrici del sistema emopoietico e nella loro successiva infusione endovenosa in un paziente sottoposto a radio- e/o chemioterapia. Consente di ristabilire la funzionalità ematopoietica nei pazienti con sistema ematopoietico compromesso o deficitario, offrendo la possibilità di somministrare dosi molto elevate di chemio-radioterapia, ricostituendo la riserva di cellule staminali distrutte dalle terapie. Le cellule sane trapiantate infatti, permettono al midollo osseo di ritornare a produrre tutte le cellule ematiche necessarie al paziente. Il processo attraverso cui si ottengono le cellule donate si è evoluto negli anni. Queste ultime infatti, possono essere ottenute da tradizionale raccolta di grandi quantità di midollo osseo ottenuto in sala operatoria, in anestesia generale, tuttavia il trapianto di cellule staminali ematiche periferiche (PBSCT) che usa l’aferesi del donatore per raccogliere cellule staminali da reinfondere è la metodica più utilizzata. È considerato sicuro e con un migliore rapporto costo-efficacia rispetto alla tradizionale raccolta di midollo. Per quanto concerne il tipo di trapianto (allogenico, autologo, aploidentico), la scelta dipende dall’indicazione al trapianto stesso, dalla sua urgenza e dall’età del paziente. 3 La procedura di trapianto consiste in alcuni passaggi fondamentali, costituiti dalla scelta della tipologia di trapianto da effettuare (da midollo, sangue periferico, cordone ombelicale), dall’uso di regimi preparativi (condizionamento), dall’esecuzione del tipo di trapianto e dei problemi connessi, quali la tipizzazione HLA per la scelta del donatore nel caso del trapianto allogenico, eventuale decontaminazione (purging) cellulare nel caso di trapianto autologo. L’attecchimento e l’autoperpetuazione delle cellule emopoietiche del donatore sono definiti chimerismo, piattaforma sulla quale si basa l’effetto terapeutico del trapianto. Il periodo successivo all’infusione delle cellule staminali è caratterizzato dal trattamento con farmaci ad azione immunosoppressiva, i quali, se favoriscono l’attecchimento delle cellule del donatore e prevengono il conflitto immunologico fra donatore e ricevente, espongono tuttavia il paziente a un notevole rischio infettivo, solo parzialmente mitigato dall’isolamento in stanze a bassa carica microbica. La finestra terapeutica del trapianto è limitata dalla notevole tossicità della procedura. Vi possono essere danni d’organo legati al regime di condizionamento, infezioni opportunistiche, mucositi, seconde neoplasie e reazioni tossiche immunologiche tra ospite e ricevente (GvHD/rigetto). 1 Altro grosso limite è rappresentato dalla ricaduta della malattia di base. Quindi, la guarigione del paziente si ottiene solo per quei soggetti che mantengano la bilancia del trapianto in perfetto equilibrio, evitando sia la tossicità del trapianto sia la recidiva della malattia di base del paziente (Fig. 1.1). 2 Guarigione Figura 1.1 - La bilancia del trapianto evidenzia come la guarigione sia possibile solo in perfetto equilibrio fra tossicità e rischio di recidiva. Le diverse tipologie di trapianto possono costare i piatti della bilancia più verso la recidiva o verso la Tossicità Tipo Donatore: Incompatibile, Unità Cordonale, volontario, fratello, tossicità 1 recidiva Gianluigi Castoldi, Malattie del sangue e degli organi ematopoietici, 6 ed., Milano, McGraw-Hill, 2013 2 Alberto Bosi, Manuale di malattie del sangue, Milano, Elsevier, 2012 4 La possibilità di utilizzare diverse sorgenti di cellule staminali estende l’intervento a quasi tutti i pazienti che ne necessitano. Pertanto nel corso degli ultimi quattro decenni, dall’inizio della sua attuazione nel 1973, il numero totale di procedure di trapianto ha visto un notevole incremento, passando da 109 nel primo decennio (1973-1982) a 939 negli ultimi dieci anni (2003-12).3 Tutto ciò è stato reso possibile dalla riduzione della mortalità trapiantologica, dovuta all’acquisizione di esperienze cliniche sempre più consolidate, all’adozione di regimi di condizionamento ridotti che tengano conto anche delle comorbidità del paziente, alla maggior efficacia della terapia di supporto e a una migliore prevenzione delle complicanze infettive. 1.2 Sorgenti di cellule staminali emopoietiche Sono rappresentate dal midollo osseo, dal sangue periferico e dal cordone ombelicale. Fino ai primi anni Novanta, l’unica sorgente di cellule staminali era rappresentata dal midollo osseo (BM); successivamente, il sangue periferico (PBSC) e poi anche il sangue placentare (CB) hanno dimostrato di essere valide fonti alternative di progenitori emopoietici capaci di ricostituire l’ambiente midollare dopo trattamento chemio- radioterapico ad alte dosi. 1.2.1 Midollo osseo Il midollo osseo è la sede dell’ematopoiesi, o formazione delle cellule del sangue. In un bambino, tutte le ossa dello scheletro sono coinvolte in questo processo che diminuisce via via che il bambino cresce. Nell’età adulta, di solito l’attività del midollo è limitata alla pelvi, alle coste, alle vertebre e allo sterno. Il midollo rappresenta il 4-5% del peso corporeo, quindi è uno dei maggiori organi. Esso è costituito da gruppi isolati di cellule (midollo rosso) separate da grasso (midollo giallo). Con l’avanzare dell’età, la proporzione di midollo rosso, attivo, diminuisce a favore di quella del midollo giallo; in un individuo sano, tuttavia, quest’ultimo può essere nuovamente sostituito da midollo rosso in caso di necessità. Il midollo osseo è un organo molto vascolarizzato, contenente cellule non differenziate, dette cellule staminali. 3 O'Meara A, Holbro A, Meyer S, Martinez M, Medinger M, Buser A, Halter J, Heim D, Gerull S, Bucher C, et al., Forty years of haematopoietic stem cell transplantation: a review of the Basel experience; Swiss Medical Weekly, 2014; 144:w13928 5 Le cellule staminali possono autoreplicarsi, assicurando un apporto continuo di cellule progenitrici durante tutta la vita dell’individuo. In presenza di opportuni stimoli le cellule staminali danno inizio a un processo di differenziazione che produce cellule staminali mieloidi o linfoidi: da queste avranno origine gli specifici tipi di cellule del sangue. Nella fattispecie dalle cellule staminali linfoidi derivano linfociti T o B. Le cellule staminali mieloidi si differenziano in tre grandi tipi di cellule: eritrociti, leucociti e piastrine. Pertanto, ad eccezione dei linfociti, tutte le cellule del sangue derivano da cellule staminali mieloidi. Un difetto nelle cellule staminali mieloidi può causare problemi per la produzione di leucociti, di eritrociti e di piastrine.4 Il midollo osseo rappresenta la fonte classica di cellule staminali utilizzabili ai fini trapiantologici. Secondo la metodica classica, durante una anestesia generale o spinale, si prelevano, dalle cavità osteomidollari delle creste iliache, circa 15-20 ml di sangue midollare per chilogrammo (Kg) di peso del ricevente. Il prelievo viene eseguito con aghi da aspirato midollare e siringhe, con tecnica molto simile a quella impiegata per l’aspirato midollare a scopo diagnostico. Il midollo prelevato viene fatto passare attraverso dei filtri per eliminare il grasso, le spicole ossee e per disperdere gli aggregati di cellule midollari; quindi viene reinfuso in 5-8 ore per via endovenosa come una normale trasfusione di sangue. La quantità ottimale di cellule in grado di garantire l’attecchimento, espressa come cellule mononucleate/kg di peso corporeo del ricevente, è pari a circa 2-4 × 108. 5 Durante la procedura di donazione vengono reinfuse al donatore una o due unità di sangue autologo predepositato, onde minimizzare i rischi trasfusionali. 1.2.2 Sangue periferico Negli anni recenti, è andato diffondendosi l’impiego di cellule staminali da sangue periferico, come fonte alternativa di cellule emopoietiche. La dimostrazione che cellule emopoietiche staminali sono presenti nel sangue periferico è venuta dall’osservazione che dopo trattamento con fattori di crescita o dopo chemioterapia vi è un progressivo incremento di questi elementi in circolo, un processo definito come mobilizzazione. 4 S. C. Smeltzer, B. Bare, J. Hinkle, K. Cheever, Brunner Suddarth- Infermieristica medico-chirurgica. Vol 1, 4ed., Casa editrice Ambrosiana, Milano, 2010. 5 P. Corradini, R. Foà, M. Boccadoro, et al. Manuale di ematologia, 2. ed., Torino, Minerva medica, 2015. 6 Le caratteristiche biologiche delle cellule staminali emopoietiche (CSE) sono state oggetto di numerosi studi, resi talora difficoltosi per l’esiguità del loro numero in periferia. Le concentrazioni di CSE nel midollo osseo infatti, sono 10-100 volte superiori a quelle presenti nella circolazione periferica. Le procedure per aumentare le concentrazioni di CSE in circolo sono pertanto necessarie al fine di assicurare l’adeguatezza e il successo delle raccolte. 6 Il donatore viene trattato per 4-7 giorni con un fattore di crescita granulocitario (G-CSF, granulocyte colonystimulating growth factor) sottocute, e sottoposto a leucaferesi per uno o più giorni consecutivi. Le cellule staminali vengono quantificate mediante citofluorimetria che valuta l’antigene CD34 presente sulla superficie delle cellule stesse. Relativamente al donatore il trattamento è nella maggior parte dei casi ben tollerato, esente da rischi e presenta il vantaggio di non richiedere anestesia generale. Quanto al ricevente, l’impiego di progenitori da sangue periferico si associa a una più rapida risalita posttrapianto dei globuli bianchi e delle piastrine, con conseguente riduzione dell’ospedalizzazione e delle complicanze legate al rischio infettivo. Alcuni problemi particolari connessi con l’uso di cellule CD34+ periferiche riguardano la mancata mobilizzazione in alcuni soggetti, la contemporanea mobilizzazione di cellule patologiche, la contaminazione con un grande numero di linfociti. 1.2.3 Cordone ombelicale Il sangue contenuto nel cordone ombelicale e nella placenta al momento della nascita rappresenta una sorgente particolarmente ricca di cellule staminali emopoietiche. La relativa immaturità di queste cellule consente di superare più facilmente la barriera immunologica nelle fasi di attecchimento rispetto alle cellule derivanti da altre sorgenti. Le tecniche di prelievo attualmente a disposizione hanno permesso di raggiungere un volume di sangue di circa 80-160 ml, contenenti fino a 2 ×106/cellule CD34+, tuttavia è da considerarsi insufficiente per effettuare trapianti nell’adulto. Per tale motivo sono allo studio procedure intese a ottenere un’espansione in vitro di cellule staminali derivate dal cordone ombelicale, ad esempio incubandole con fattori di crescita, citochine stimolatorie, cellule mesenchimali e componenti del complemento. 6 EBMT, Formazione infermieristica EBMT: Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche, 7 Più ampiamente utilizzati sono, nella pratica clinica, i trapianti che utilizzano due unità cordonali parzialmente compatibili (Double umbilical cord blood transplantation) o una metodica alternativa, chiamata intra-BM injection (IBMI), nella quale il graft viene iniettato direttamente a livello del bacino. I vantaggi del trapianto da cordone sono: la rapida disponibilità dell’unità compatibile, già tipizzata e criopreservata; la maggiore tolleranza al mismatch HLA e quindi la possibilità di reperire un donatore per la gran parte dei pazienti; il minore rischio di GVHD, di trasmissione di infezioni e l’assoluta sicurezza per il donatore. Le cellule staminali del cordone ombelicale inoltre possono essere più facilmente trasdotte da vettori retrovirali rispetto alle cellule staminali midollari, offrendo in questo modo nuove possibilità per una terapia genica in vari disordini. Lo svantaggio è rappresentato fondamentalmente dallo scarso numero di cellule mononucleate del cordone, che determina un attecchimento più ritardato e un maggiore rischio di graft failure. Sono oggi a disposizione registri (Eurocord Transplant Project) che forniscono linee guida per la raccolta, la criopreservazione, la tipizzazione e il controllo di qualità del prodotto finale, in modo tale da creare banche-dati utili all’impiego.7 1.3 Condizionamento e regimi preparativi Il regime di condizionamento consiste nella somministrazione di chemio/radioterapia ad alte dosi, con una duplice funzione: distruggere le cellule tumorali residue e indurre un’immunodepressione nel ricevente, consentendo quindi l’attecchimento del sistema emopoietico al donatore. I regimi di condizionamento definiti mieloablativi o convenzionali contengono chemioterapia ad alte dosi in grado di provocare una pancitopenia irreversibile, se non sono seguiti dal trapianto di cellule emopoietiche. I più comunemente utilizzati comprendono la ciclofosfamide e l’irradiazione corporea totale (TBI), oppure l’associazione del busulfano con la ciclofosfamide. Tali regimi di condizionamento comportano una mortalità trapiantologica pari al 2040% e non sono pertanto applicabili a pazienti di età superiore ai 55 anni o affetti da patologie concomitanti che coinvolgono organi importanti come cuore, rene, fegato o polmoni. 7 G. Castoldi, Malattie del sangue e degli organi ematopoietici, 6. ed., Milano, McGraw-Hill, 2013 8 Partendo dal presupposto, in parte documentato, che l’attività antitumorale del trapianto allogenico sia dovuta anche all’effetto immunomediato dai linfociti del donatore (graft versus leukemia), dal 1997 sono stati introdotti i regimi di condizionamento detti a ridotta intensità o non mieloablativi. Tali regimi di condizionamento presentano un’attività prevalentemente immunosoppressiva in grado di garantire un attecchimento stabile del midollo mediante una immunoablazione del sistema emopoietico del ricevente. Possedendo una media o moderata attività citotossica, i regimi di condizionamento a intensità ridotta inducono danni mucosi e d’organo molto limitati, riducendo la mortalità trapiantologica e rendendo quindi eleggibili al trattamento anche pazienti anziani (solitamente sino ai 65-70 anni) o pesantemente pretrattati. 8 Figura 1.3.1 Schema di condizionamento generico chemio chemio chemio TBI TBI TBI Riposo riposo TMO -8 -4 -3 -2 -1 0 1.4 -7 -6 -5 Tipologie di trapianto Il trapianto di cellule staminali emopoietiche è classificato in base all'identità del donatore in: - Autologo. Le cellule del donatore utilizzate per la procedura appartengono al paziente stesso; - Allogenico. Da una persona diversa, consanguinea o meno, selezionata in quanto HLA-compatibile; - 8 Singenico. Quando il donatore e il paziente sono due gemelli identici. Shi M et al. Blood Lymphatic Cancer , 2013;3:1–9 9 Figura 1.4.1 Differenze fra l'HSCT autologo e allogenico Trapianto Autologo Definizione Cellule staminali ottenute dal 9 Trapianto Allogenico Cellule staminali fornite da un sangue o dal midollo osseo del donatore HLA-identico, paziente stesso consanguineo oppure estraneo Indicazioni Leucemie, linfomi, mieloma multiplo Alcuni tipi di leucemie, linfomi e altri disturbi del midollo osseo Vantaggi Nessun rischio di rigetto Le cellule del donatore possono attaccare le cellule cancerose residue (effetto del trapianto contro il cancro graft-versus-cancer) Svantaggi - Cellule cancerose possono venire raccolte - Rischio di rigetto - Le cellule del donatore contemporaneamente alle possono attaccare cellule staminali l'organismo del paziente - Le cellule cancerose possono aggirare le difese immunitarie (malattia del trapianto contro l'ospite - graft-versus-host) - Aumento del rischio di infezione Usi Compensare il fallimento Sostituire il sistema ematopoietico durante i cicli ematopoietico dei pazienti con chemioterapici ad alte dosi, per il insufficienza acquisita o trattamento dei tumori del sistema congenita e, più di frequente, ematopoietico sfruttare l'effetto del trapianto contro il tumore, o graft-vstumour 9 EBMT Nurses Group International Study Day HCST patients: where are we going? Actual practice and new challenges, Florence, 2014 10 1.4.1 Trapianto Autologo La ricostituzione delle cellule emopoietiche dopo la terapia mieloablativa può essere ottenuta reinfondendo cellule staminali emopoietiche del sangue periferico o del midollo osseo del paziente stesso, prelevate nelle settimane prima del regime di condizionamento e criopreservate. Questa procedura verso la fine degli anni ’80 è radicalmente cambiata grazie all’osservazione che i fattori di crescita emopoietici impiegati per accelerare la ripresa emopoietica dopo la chemioterapia avevano la capacità di espandere e indurre il rilascio nel sangue periferico di elevate quantità di cellule staminali. Nella pratica quotidiana a livello mondiale il 90% degli autotrapianti è effettuato con cellule mobilizzate da sangue periferico e non più con midollo osseo, in questo modo la ripresa emopoietica post-trapianto avviene nel giro di una decina di giorni sia per i neutrofili, che per le piastrine, con una conseguente riduzione del periodo di pancitopenia grave, ovvero la riduzione del numero di tutte le cellule presenti nel sangue (meno di 500 neutrofili µl/ e 20.000 piastrine/ µl). In questo modo l’autotrapianto, è divenuto una procedura molto comune, con una bassa mortalità, in genere dell’1-2%. 1.4.1.1 Risultati clinici e indicazioni all’uso del trapianto autologo: Malattie onco-ematologiche Nonostante il problema della possibile reinfusione di cellule neoplastiche presenti nel midollo osseo, anche quando il prelievo viene eseguito in remissione completa, l’autotrapianto è stato largamente impiegato come terapia post-remissione nella leucemia mieloblastica acuta nei pazienti fino a 60 anni di età. Gli studi clinici dimostrano che circa il 45-50% dei pazienti così trattati possono guarire. Esistono dati anche a supporto del trapianto autologo per le sindromi mielodisplastiche (anemia refrattaria con eccesso di blasti) nei pazienti di età inferiore ai 60 anni che abbiano fatto ricorso a una chemioterapia di induzione e che siano in remissione completa. 11 Il trattamento di doppio autotrapianto preceduto dalle alte dosi di melphalan10 (200 mg/mq) nel regime di condizionamento è considerato oggi il trattamento più efficace per i pazienti con mieloma multiplo alla diagnosi fino a 60-65 anni di età. I linfomi non Hodgkin e il linfoma di Hodgkin fino a 60-65 anni vengono frequentemente sottoposti a trapianto autologo come terapia di salvataggio delle malattia chemiosensibile in prima ricaduta. Sono meno chiare nella letteratura internazionale le indicazioni al trapianto autologo per i linfomi follicolari in ricaduta o per i linfomi a grandi cellule B a cattiva prognosi alla diagnosi o per i linfomi a cellule T. I linfomi follicolari sono generalmente sottoposti ad autotrapianto in prima ricaduta, ma essendo la localizzazione midollare di malattia molto comune, è importante ottenere delle cellule staminali prive di cellule tumorali residue per migliorare significativamente la sopravvivenza di questi pazienti dopo autotrapianto. Essenziale per il successo della procedura è che la malattia neoplastica sia in risposta completa o almeno parziale. La tossicità della procedura come nel trapianto allogenico dipende in modo importante dalle comorbidità che può avere il paziente oltre alla malattia neoplastica (e.g. infezioni pregresse, cardiopatie, diabete etc.). Malattie autoimmuni Studi pilota hanno fornito dei risultati interessanti nel lupus sistemico, nella sclerodermia, nell’artrite reumatoide e nella sclerosi multipla. Sono dati che derivano dalle casistiche limitate di pazienti con malattie molto avanzate, in queste situazioni cliniche l’autotrapianto immunosoppressivo per è stato utilizzato distruggere i come cloni trattamento linfocitari altamente responsabili dell’autoimmunità. 10 Il Melphalan è un agente chemioterapico appartenente alla classe dei farmaci cosiddetti alchilanti, sostanze che esercitano un’azione tossica a livello cellulare (per questo sono definite citotossiche), provocando in tal modo la morte delle cellule neoplastiche. Trova indicazione nel trattamento di diverse neoplasie, in particolare per il mieloma multiplo, il carcinoma dell’ovaio e della mammella, ma trova indicazione anche in alcuni regimi di condizionamento prima del trapianto di midollo osseo. http://chemocare.com/chemotherapy/drug-info/Melphalan.aspx#.VQLEcY6G8vk 12 1.4.2 Trapianto allogenico Il trapianto allogenico di CSE consiste nella reinfusione di cellule staminali ematopoietiche (CSE) di un donatore sano, in un ricevente (il soggetto malato) dopo che il ricevente è stato sottoposto a regimi di condizionamento, cioè preparato con la somministrazione di chemioterapia e/o radioterapia ad alta intensità. Individuare un donatore di CSE idoneo per poter procedere al trapianto significa tipizzare sia donatore che ricevente, ovvero verificare, con tecniche di biologia molecolare in alta risoluzione, che le cellule dell’uno e dell’altro siano HLA compatibili, ovvero presentino gli stessi antigeni di istocompatibilità. Di conseguenza, è un pre-requisito di fondamentale importanza per il successo del trapianto allogenico che sia il ricevente che il donatore abbiano un sistema HLA il più possibile simile, in modo da limitare il rischio della condizione nota come Graft Versus Host Disease (GVHD, Malattia del Trapianto contro l’Ospite), cioè quella condizione in cui linfociti del donatore colpiscono i tessuti del ricevente, non riconoscendoli come self. I geni del sistema HLA hanno la caratteristica di essere estremamente variabili da individuo ad individuo; per tale motivo, la variabilità genetica è molto elevata al di fuori dell’ambito familiare mentre nell’ambito familiare è più ristretta ed ogni fratello ha una probabilità del 25% di essere HLA compatibile col paziente. Tuttavia, per dare la possibilità di trovare un donatore compatibile anche a quei pazienti che non dispongono di un donatore HLA-compatibile all’interno del nucleo familiare, sono stati creati i Registri Internazionali di Donatori Volontari di CSE o i Network di Banche di Sangue di Cordone Ombelicale. 1.4.2.1 Tipologia di trapianto allogenico Parliamo di: - Trapianto singenico quando il donatore è rappresentato da un gemello identico omozigote. - Trapianto allogenico di CSE da donatore familiare compatibile quando il donatore HLA-compatibile viene trovato all’interno del nucleo familiare del paziente (probabilità di circa il 25-30%). - Trapianto allogenico di CSE da donatore volontario quando il donatore è un volontario iscritto nei Registri Internazionali di Donatori di CSE. 13 Il tempo mediano per l’identificazione di un donatore volontario HLA compatibile può variare da 1 a 16 mesi. - Trapianto allogenico di CSE da sangue di cordone ombelicale (SCO) quando la fonte di CSE è costituita dal SCO prelevato al momento del parto da donatrici sane e accuratamente selezionate e conservato in Banche di SCO. Il tempo mediano per l’identificazione è di sole 3 settimane. - Trapianto allogenico di CSE da familiare non compatibile (aploidentico) quando il donatore condivide con il paziente almeno un aplotipo del sistema HLA, condizione che è naturalmente riscontrabile nei genitori e figli del paziente. Il tempo mediano per la sua identificazione corrisponde ai tempi dello studio dell’HLA, cui seguono circa 10-15 giorni per la preparazione alla donazione. La scelta di questo tipo di trapianto è spesso dettata dall’urgenza clinica dello stesso. 1.4.2.2 Risultati clinici e indicazioni all’uso del trapianto allogenico Il trapianto allogenico rappresenta ancora oggi l’unica opzione terapeutica con prospettiva di guarigione in molte malattie ematologiche. I dati del registro internazionale international bone marrow transplant registry, indicano che negli ultimi 5 cinque anni circa il 60% dei trapianti sono stati eseguiti per leucemie acute o croniche, il 20% circa è stato eseguito per linfomi, o mieloma multiplo, e il restante 20% per malattie non neoplastiche. Leucemia mieloblastica acuta e mielodisplasia. La chemioterapia convenzionale e il trapianto autologo possono guarire circa il 40-50 % delle leucemie mieloidi non promielocitiche. La presenza di alterazioni cariotipiche o alterazioni di FLT3 sono da considerarsi un fattore prognostico sfavorevole e quindi costituiscono un’indicazione al trapianto allogenico anche in prima remissione per i pazienti di età inferiore ai 55-60 anni. Il trapianto allogenico è inoltre indicato in tutti i pazienti in seconda o successiva remissione, sebbene la mortalità trapiantologica, così come la percentuale di recidive in questi casi aumentino. Infatti, la probabilità di sopravvivenza libera da leucemie a 5 anni è circa del 60-65%, quando il trapianto viene eseguito in prima remissione e del 25-35% quando viene fatto in seconda o successiva remissione. Per le mielodisplasie, i migliori risultati in termini di sopravvivenza sono stati dimostrati trapiantando pazienti giovani, in stadio iniziale. 14 - In generale, si può dire che il trapianto è indicato alla diagnosi di pazienti ad alto rischio secondo lo score prognostico internazionale, mentre per i rimanenti è consigliato lo stretto monitoraggio della malattia in modo tale da procedere eventualmente al trapianto ai primi segni di aumento della quota blastica. - Leucemia linfoblastica acuta. La chemioterapia tradizionale non è in grado di curare la maggior parte dei pazienti affetti da leucemia linfoblastica, pertanto per i pazienti con un donatore familiare HLA-identico vi è l’indicazione a effettuare il trapianto anche in prima remissione, specialmente se permane la presenza di malattia molecolare nonostante la remissione clinica. Con il trapianto allogenico effettuato in prima remissione, la sopravvivenza libera da leucemia a cinque anni è del 40-50% circa, mentre scende al 20-40% quando il trapianto viene eseguito in remissioni successive alla prima. La presenza del cromosoma Filadelfia t(9;22), costituisce un’indicazione anche per la ricerca di un donatore non familiare, in quanto la prognosi è infausta. - Leucemia mieloide cronica e mielofibrosi. 11 11 P. Corradini, R. Foà, M. Boccadoro, et al. Manuale di ematologia, 2. ed., Torino, Minerva medica, 2015. 15 1.5 Decorso e complicanze del trapianto Figura 1.5.1 Cronologia delle complicanze del trapianto di cellule staminali ematopoietiche 12 1.5.1 Principali problematiche cliniche dopo il trapianto allogenico Complicanze che avvengono nei primi 100 giorni Esse sono principalmente legate alla tossicità d’organo della chemio-radioterapia del regime di condizionamento, alle infezioni durante la pancitopenia e alla insorgenza della GVHD acuta. - Rigetto: è una complicanza rara specie con l’utilizzo delle cellule staminali periferiche che contengono un grande quantitativo di progenitori emopoietici e linfociti T. è causato dal sistema immunitario residuo del ricevente, che reagisce contro le cellule del donatore. Il rigetto può manifestarsi nei primi 30 giorni come mancato attecchimento, ossia il paziente rimane pancitopenico dopo trapianto (primary graft failure) o può avvenire in un secondo momento come perdita dell’attecchimento, ossia si ha un recupero dei leucociti neutrofili e delle piastrine seguito da un successivo calo dei valori (secondary graft failure). 12 EBMT Nurses Group International Study Day HCST patients: where are we going? Actual practice and new challenges, Florence, 2014 16 La terapia di questa complicanza consiste in un trattamento immunosoppressivo seguito dalla reinfusione di altre cellule emopoietiche del donatore. - Infezioni. Sono una delle principali cause di decesso per questi pazienti. Nelle prime 2-3 settimane post-trapianto, durante la fase di pancitopenia grave, sono comuni le infezioni batteriche, fungine e da virus erpetici. Fino al sesto mese, prima cioè della completa normalizzazione delle funzioni immunitarie, i pazienti restano a rischio di infezioni micotiche, virali, parassitarie e da batteri capsulati. L’immunodeficienza è da attribuirsi al regime di condizionamento, in quanto danneggia la normale ematopoiesi dei neutrofili, dei monociti, dei macrofagi e delle cellule germinative delle mucose, causando una temporanea perdita dell’integrità della barriera delle mucose. Il tratto gastroenterico, che normalmente contiene un grande numero di batteri ed un numero minore di funghi commensali ed altri batteri saprofiti, diventa terreno per potenziali germi patogeni. In teoria tutti i pazienti trapiantati perdono rapidamente tutti i linfociti T e B dopo il condizionamento, perdendo così la memoria immunitaria accumulata nel tempo con l’esposizione agli agenti infettanti, antigeni ambientali e vaccini. Durante il primo mese dopo il TMO, il maggior deficit di difesa dell’ospite include l’indebolimento della fagocitosi e i danni alle barriere mucocutanee. Inoltre, frequentemente, i pazienti posizionano cateteri venosi centrali (CVC) fissi per settimane o mesi, per poter gestire le terapie endovenose, le trasfusioni e le nutrizioni parenterali totali. Questi dispositivi, purtroppo, rappresentano anche una via d’accesso per i germi patogeni opportunisti, in particolare quelli che colonizzano la pelle, es. Stafilococchi coagulasi-negativi, Stafilococco aureo, Candida, Enterococchi. L’attecchimento è definito come il momento in cui il paziente riesce a mantenere una conta assoluta di neutrofili maggiore a 500 mm3 ed un numero assoluto di piastrine tra le 20000-50000 mm3 per almeno tre giorni consecutivi senza trasfusioni. Se non vengono utilizzati corticosteroidi, l’attecchimento è associato alla ripresa della funzione fagocitaria che riduce il rischio di infezioni batteriche e fungine. In ogni caso, tutti i pazienti trapiantati, e in modo particolare gli allogenici, hanno disfunzioni immunitarie per mesi dopo l’attecchimento. I pazienti sottoposti a HSCT sviluppano varie infezioni in tempi diversi dopo il trapianto e il recupero del sistema immunitario nei trapiantati avviene in tre fasi cominciando dal giorno 0 del trapianto: 17 La prima fase, chiamata pre-attecchimento, si instaura nei primi 30 giorni dopo il trapianto. In questa fase il paziente presenta due grandi fattori di rischio: la prolungata neutropenia e la rottura della barriera mucocutanea dovuta alla fase di condizionamento e al frequente accesso alla via venosa per la somministrazione delle terapie. Durante la fase di pre-attecchimento i rischi di infezione sono gli stessi sia per i trapianti autologhi che per gli allogenici, e le infezioni opportunistiche possono presentarsi sotto forma di neutropenia febbrile. La maggiore fonte di infezione proviene dalla flora batterica orale, gastrointestinale e della pelle. La seconda fase, detta di post-attecchimento, si instaura dopo 30-100 giorni dal trapianto. In questa fase domina l’indebolimento dell’immunità cellulo-mediata sia per i trapianti autologhi che allogenici. Per questi ultimi la dimensione e l’impatto di questo deficit sono determinate dall’importanza della GVHD (Graft Versus Host Disease). Durante l’attecchimento i virus erpetici e il CMV sono i maggiori patogeni: il CMV può causare polmoniti, epatiti, coliti e superinfezioni. Particolarmente temibili e dominanti in questa fase lo Pneumocisti Carinii e l’Aspergillo. La terza fase si verifica dopo 100 giorni dal trapianto. Durante questa fase, di solito, i pazienti che hanno subito trapianto autologo hanno un recupero più rapido della funzione immunitaria, con conseguente minor rischio di sviluppare infezioni opportunistiche rispetto agli allogenici, che invece, soprattutto se sono riceventi da un donatore non consanguineo, MUD o da cordone ombelicale, sono particolarmente a rischio di infezioni da CMV, Varicella Zoster virus, Epstein-Barr virus, virus respiratori acquisiti in comunità, Haemophilus Influenzae, streptococcus pneumoniae. Il rischio di acquisire queste infezioni è approssimativamente proporzionale alla gravità della GVHD.13 - Complicanze polmonari. - Microangiopatia trombotica 13 Raccomandazioni del CDC di Atlanta per la prevenzione delle infezioni opportuniste nei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche, U. O. Ematologia e centro trapianto midollo osseo, Piacenza 18 - Malattia veno-occlusiva del fegato. La malattia veno-occlusiva (veno- occlusive disease, VOD) è una temibile complicazione del trapianto allogenico e del trapianto autologo. È la conseguenza di un danno epatico dovuto al regime di condizionamento che può portare a morte in oltre l’80% dei pazienti. Clinicamente si manifesta con un incremento di peso non giustificato, ittero, dolenzia in corrispondenza della zona ipocondriaca destra con epatomegalia, ascite e ritenzione idrica. Non vi sono attualmente test diagnostici definitivi e la diagnosi è fondamentalmente clinica: si ritiene che valori serici elevati dell’inibitore-1 dell’attivatore del plasminogeno possano essere associati a pazienti con VOD. L’esecuzione di una biopsia epatica può essere necessaria per convalidare la diagnosi. Dal punto di vista istopatologico il tessuto epatico mostra la deposizione di fibrinogeno e fattore VIII a livello delle vene centrolobulari con danno delle cellule endoteliali sinusoidali (SEC), formazione di gap tre le cellule stesse con imbibimento ematico dello spazio del Disse, dissezione delle SEC e loro embolizzazione a valle. Tale fenomeno comporta l’ostruzione dei sinusoidi, riducendo l’efflusso venoso epatico e comportando una ipertensione portale post-sinusoidale. La terapia, basata sull’uso di attivatore del plasminogeno di tipo tissutale ed eparina, è in grado di ottenere risposte in circa il 30-40% dei pazienti, peraltro in associazione a rischi emorragici. 14 - Graft-versus-host-disease Il sistema immunitario è una precisa macchina per la difesa dell'organismo da agenti patogeni. In particolare è composto da tre tipi cellulari derivanti tutti dalla linea mieloide delle cellule sanguigne. In particolar modo il sistema di regolazione del sistema immunitario permette il riconoscimento di organismi estranei al corpo stesso. Nel caso di un trapianto, può verificarsi il fenomeno inverso, ossia l'organo trapiantato, che in questo caso è estraneo al corpo del ricevente, produce dei segnali che attivano le cellule immunitarie in esso contenute contro l'ospite. La malattia del trapianto contro l'ospite (lingua inglese Graft versus Host Disease da cui l'acronimo GVHD) è una comune forma di complicanza medica, una sindrome che si ottiene quando durante un trapianto di tessuto od organo, le cellule immunologiche forniscono una risposta esagerata aggredendo il sistema immunitario della persona, riconoscendolo come corpo estraneo. 14 (Castoldi, 2013) 19 Tale fenomeno si verifica più sovente in pazienti immunosoppressi, cioè i riceventi di trapianto che sono sottoposti ad un trattamento con farmaci in grado di diminuire la risposta immunitaria al fine di ottenere un migliore attecchimento dell'organo trapiantato. Nel caso specifico i farmaci immunosoppressori sono indirizzati a bloccare la reazione specifica contro l'organo trapiantato, evitando quindi la morte dello stesso, fenomeno che viene chiamato rigetto. Casi specifici riguardano il trapianto delle cellule staminali periferiche allogeniche e il trapianto di midollo osseo.15 Complicanze tardive Le complicanze che avvengono dopo i primi 100 giorni dal trapianto sono principalmente legate a problemi di ricostituzione immunologica ( infezioni virali e fungine) o a fenomeni di aggressione immunitaria cronica (GVHD cronica) da parte del sistema immune del donatore verso i tessuti del ricevente. - GVHD cronic. Sebbene la GVHD cronica possa manifestarsi in assenza di GVHD acuta, generalmente la sua insorgenza è molto frequente a seguito delle forme acute severe e i segni clinici ricordano quelli di comune riscontro nelle patologie autoimmunitarie. Nell’80% dei casi si ha coinvolgimento cutaneo con eritema o lesione cutanee a impronta sclerodermica (depigmentazione, papule lichenoidi, fibrosi del derma e del sottocute, alopecia). La xeroftalmia e la xerostomia associata a lichen planus, ulcere e atrofia della mucosa orale si riscontrano nel 50-70% dei casi. Altre manifestazioni cliniche meno frequenti comprendono epatopatia cronica con aumento della bilirubina e degli enzimi epatici, trombocitopenia, bronchiolite obliterante, disturbi della motilità intestinale, pleuriti e pericarditi, artralgie sino all’anchilosi e atrofia muscolare. Il sistema immunitario di questi pazienti è profondamente compromesso, di conseguenza sono frequenti le infezioni. Il trattamento prevede l’utilizzo di ciclosporina e prednisolone; la terapia di seconda linea consiste nella somministrazione di farmaci immunosoppressori in associazione alla ciclosporina quali il micofenolato, la rapamicina, l’azatioprina e la pentostatina. Con l’avvento dei regimi di condizionamento a ridotta intensità e l’utilizzo di infusione di linfociti del donatore per il trattamento della recidiva post-trapianto si è parzialmente abbandonata la definizione di GVHD acuta e cronica basata sul tempo 15 http://www.staminafoundation.org/section/gvhd-staminali-adulte 20 di insorgenza (prima e dopo 100 giorni dal trapianto), per definire la diagnosi di sindrome acuta o cronica più sui segni e sintomi. Pertanto, è stata identificata la GVHD acuta tardiva che insorge dopo 100 giorni in assenza di segni di GVHD cronica e la sindrome overlap che non ha limiti di tempo e presenta caratteristiche sia della GVHD acuta che cronica. - Disordini linfoproliferativi post trapianto. Derivano dalla linea linfocitaria B e sono associate a disfunzione dei linfociti T e a infezione da Epstein Barr Virus. L’incidenza cumulativa è pari a circa l’1% a 10 anni con un picco di incidenza a 1-5 mesi dal trapianto. Il quadro clinico comprende febbre con interessamento linfonodale o degli organi non ematopoietici; a livello istologico l’aspetto è quello del linfoma diffuso a grandi cellule B. Con l’introduzione della PCR (polymerase chain reaction) quantitativa per la determinazione dei genomi di EBV, la diagnosi può esser fatta su sangue periferico in uno stadio precoce, quando la febbre costituisce l’unico sintomo della malattia. Il rischio di PTLD è particolarmente elevato nei pazienti sottoposti a trapianto da donatore non consanguineo, e nei casi di trapianto con deplezione dei linfociti T. Il trattamento si basa principalmente sulla somministrazione di anticorpo anti-CD 20 (Rituximab). - I secondi tumori. Il rischio di mielodisplasie o leucemie secondarie è molto basso dopo trapianto allogenico, è sicuramente superiore dopo il trapianto autologo. Il periodo medio di insorgenza di tumori solidi post-trapianto è di circa 5-6 anni. È stata riportata un’incidenza cumulativa pari all’8% a 20 anni e il rischio sembra aumentare con il tempo senza evidenza di un plateau. Sono stati osservati tumori della cavità orale, melanomi, tumori epatici, del sistema nervoso centrale, della tiroide, dell’osso e del tessuto connettivo. La somministrazione di TBI ad alte dosi aumenta in generale l’incidenza dei tumori secondari. Nei fumatori l’incidenza dei tumori secondari è maggiore. 21 1.5.2 Principali problemi clinici dopo il trapianto autologo Il trapianto autologo è una procedura più semplice rispetto all’allotrapianto e risolve il problema di dover trovare un donatore HLA compatibile in quanto il paziente stesso funge da donatore con le proprie cellule staminali. Inoltre l’autotrapianto è gravato da minori complicanze infettive poiché non causa una prolungata immunocompromissione, tuttavia permangono ancora alcuni potenziali rischi per il paziente: - Le infezioni della fase pancitopenia conseguente al regime di condizionamento, in cui si attende l’attecchimento delle cellule staminali trapiantate; - La possibile contaminazione delle cellule staminali con cellule tumorali residue, in particolare nelle leucemie e nei linfomi follicolari e mantellari; - La ricaduta della malattia neoplastica; - La cardiotossicità da chemio-radioterapia. La profilassi anti-infettiva ha ridotto il rischio di infezioni gravi batteriche o micotiche. L’utilizzo di anticorpi monoclonali umanizzati rivolti contro gli antigeni di superficie di alcune cellule tumorali durante le terapie pre-trapianto e anche dopo l’autotrapianto hanno di molto ridotto il problema della contaminazione neoplastica delle cellule staminali e hanno anche ridotto il numero delle ricadute di malattia. Purtroppo tali anticorpi non sono ancora disponibili per tutto lo spettro di malattie neoplastiche che vengono curate con l’autotrapianto, anche perché in molte neoplasie ematologiche non sono stati identificati degli antigeni specifici per la sola cellula tumorale. 22 1.6 Risultati del trapianto di cellule staminali emopoietiche Il trapianto di CSE si è dimostrato un potente mezzo per sconfiggere malattie altrimenti ineradicabili. Come ampiamente descritto in precedenza, le cause di fallimento del trapianto di CSE sono rappresentate dalla mortalità legata alla procedura e dalla ricaduta della malattia di base. I risultati sono influenzati da numerose variabili, tra cui alcune legate alla patologia di base (diagnosi, fase di malattia, fattori prognostici), altre legate al donatore (familiare o no, completamente o parzialmente compatibile). I risultati variano poi in funzione della tecnica di trapianto utilizzata, del tipo di regime di condizionamento, del tipo di sorgente di cellule staminali e del tipo di profilassi della GvHD. I donatori familiari istocompatibili espongono a un minor rischio trapiantologico, ma a un maggiore rischio di recidiva rispetto ai non consanguinei, aspetti che sono ancor più evidenti nei pochi casi di trapianto da fratello gemello monocoriale. Tuttavia, il parametro che condiziona più di ogni altro il risultato del trapianto è la fase di malattia, che, se molto avanzata, comporta una più elevata incidenza sia di ricaduta della malattia sia di tossicità trapiantologica, e i risultati sono spesso deludenti. Diversamente, il trapianto effettuato in una fase più precoce della malattia consente di avere più del 50% di pazienti lungosopravviventi, spesso con ottima qualità di vita.16 16 (Bosi, 2012) 23 2. Capitolo: Gestione infermieristica nel trapianto di CSE Data la complessità di cura di cui necessitano i pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche, la figura dell’infermiere risulta essenziale, poiché in grado di erogare assistenza specifica e riconoscere le complicanze inerenti la terapia trapiantologica17. L’infermiere inoltre è un esperto nella valutazione olistica del paziente e presenta una spiccata capacità di influenzare i sintomi nel paziente oncologico.18 L’assistenza infermieristica delle persone sottoposte a TMO è complessa e richiede un alto livello di abilità, in quanto il successo del trapianto è influenzato in modo consistente dall’assistenza infermieristica. L’infermiere nell’unità di TMO può essere estremamente soddisfatto ma anche molto stressato. Alcuni studi dimostrano infatti, come vi sia una correlazione tra il distress vissuto dai pazienti, nel periodo di degenza e il disagio espresso dagli infermieri a seguito dell’incremento dei bisogni assistenziali ed emotivi dei pazienti stessi. Dunque mediante l’attuazione di interventi volti a ridurre il distress nel personale infermieristico o nel paziente avremo miglioramenti del grado di distress in entrambi i protagonisti e da parte del paziente un miglioramento della qualità di vita e maggior soddisfazione verso il trattamento. 19 17 Emilia Campos de Carvalho ,Infusion of Hematopoietic Stem Cells: Types, Characteristics, Adverse and Transfusion Reactions and the Implications for Nursing, Rev. Latino-Am. Enfermagem ,Brasil,2010, 18(4):716-24 18 L. Boonstra, K. Harden, S. Jarvis, et al., Sleep disturbance in hospitalized recipients of stem cell transplantation, Clinical journal of oncology nursing,15:3(271-276), 2011 19 Norbert Grulke, Wolfgang Larbig, Horst Ka¨chele, Distress in patients undergoing allogeneic haematopoietic stem cell transplantation is correlated with distress in nurses, European Journal of Oncology Nursing, 13:( 361–367), 2009 24 2.1 Processo di assistenza infermieristica Tutte le persone assistite devono essere sottoposte ad approfondita valutazione pretrapianto per accertare lo stato della malattia. Devono essere eseguiti un accertamento nutrizionale, una visita medica completa e degli esami relativi alla funzione degli organi, oltre a una valutazione psicologica. Gli esami del sangue comprendono l’accertamento di precedenti esposizioni ad antigeni (per esempio, virus dell’epatite, citomegalovirus, virus dell’herpes simplex,). Devono essere valutati anche il sistema di sostegno della persona e le risorse economiche e assicurative. Risulta inoltre fondamentale l’educazione dell’assistito riguardo l’iter diagnostico-terapeutico pre e post- trapianto e il consenso informato. Durante la fase di trattamento del TMO, quando si somministra chemioterapia ad alte dosi (regime di condizionamento) e un’irradiazione di tutto il corpo, è richiesta un’assistenza infermieristica specialistica. La tossicità acuta della nausea, della diarrea, della mucosite e della cistite emorragica, richiede uno stretto monitoraggio e una costante attenzione da parte dell’infermiere. La gestione infermieristica nell’infusione di midollo osseo o di cellule staminali consiste nel monitoraggio dei parametri vitali e della saturazione, dell’ossigeno, nell’accertamento degli effetti collaterali, come febbre, brividi, dispnea, dolore toracico, reazioni cutanee, nausea, vomito, ipo/ipertensione, tachicardia, ansia e cambiamenti del gusto, ma la persona può andare incontro anche a complicanze maggiori quali l’insufficienza renale acuta, l’arresto cardio circolatorio, l’embolia polmonare ecc. nonché nell’offrire sostegno continuo ed educazione all’assistito. Durante la fase di aplasia midollare, fino a che si verifica l’attecchimento, i malati sono ad alto rischio di morte da sepsi e sanguinamento. Gli assistiti richiedono sostegno con emoderivati e fattori di crescita emopoietica. Le infezioni potenziali possono essere batteriche virali, fungine e di origine protozoaria. Le complicanze renali derivano da tossicità da chemioterapia usata nei regimi di condizionamento o per trattare infezioni. La sindrome da lisi del tumore e la necrosi tubulare acuta sono un altro rischio dopo HSCT. La GVHD richiede valide capacità di accertamento infermieristico per scoprire precoci effetti sulla cute, sul fegato e sul tratto gastrointestinale. La malattia veno-occlusiva del fegato da regime dì condizionamento usato nel BMT può determinare ritenzione di liquidi, ittero, dolore addominale, asciti, epatomegalia ed encefalopatia. 25 Le complicanze polmonari, come edema polmonare, polmonite interstiziale e altre polmoniti, spesso complicano la guarigione dopo trapianto. L’accertamento continuo nelle visite di follow-up per le persone sottoposte a trapianto di cellule staminali emopoietiche è essenziale per scoprire gli effetti tardivi della terapia, che si verificano 100 giorni dopo, o oltre, la procedura. Gli effetti tardivi includono infezioni (per esempio, infezione da varicella zoster), anomalie polmonari restrittive e polmoniti ricorrenti. In seguito a TMO può svilupparsi anche cataratta e spesso per gli effetti collaterali delle terapie si verifica sterilità. 2.2.1 Il processo di assistenza infermieristica nel malato oncologico Le prospettive per gli assistiti oncologici sono molto migliorate grazie ai progressi scientifici e tecnologici. Tuttavia, a causa della malattia stessa o di varie modalità di trattamento, la persona può trovarsi ad affrontare molti problemi secondari, come infezioni, leucopenia, sanguinamenti, problemi cutanei, problemi nutrizionali, dolore fatigue e stress psicosociale. Accertamento Indipendentemente dal tipo di trattamento e dalla prognosi di cancro, molti assistiti oncologici sono suscettibili a questi problemi e complicanze. All’interno dell’equipe sanitaria oncologica, l’infermiere riveste un ruolo importante nel valutare questi problemi e complicanze: - INFEZIONI. Le infezioni sono la causa principale di mortalità tra gli assistiti oncologici. I fattori predisponesti le infezioni sono riassunti nella Tabella 2.2.1. L’infermiere ispeziona siti comuni di infezione, quali, faringe, cute, zona perianale, apparato urinario e respiratorio, devono essere controllati con frequenza, così come i segni tipici di infezione come febbre, gonfiore, arrossamento, drenaggio e dolore, che tuttavia possono essere assenti nel soggetto immunosoppresso a causa della ridotta risposta infiammatoria locale, in cui la febbre può essere il solo segno evidente di infezione. Sia la conta totale dei globuli bianchi, sia la concentrazione dei neutrofili sono importanti per determinare la capacità dell’organismo di combattere l’infezione. 26 Tabella 2.2.1 FATTORI PREDISPONENTI IL MALATO ONCOLOGICO ALLE INFEZIONI FATTORI MECCANISMI SOTTOSTANTI Molti agenti causano mielosoppressione, provocando una Chemioterapia/ riduzione della produzione e della funzionalità dei globuli Radioterapia bianchi. Gli agenti chemioterapici che causano mucositi danneggiano l’integrità della cute e della membrana mucosa. Danni organici, quali fibrosi polmonare o cardiomiopatia, associati a taluni agenti, possono predisporre la persona a infezioni. Le radiazioni coinvolgenti siti di produzione del midollo osseo possono avere, come conseguenza, mielosoppressione e danni tissutali. Neoplasia maligna Le cellule tumorali possono infiltrare il midollo e interferire con la produzione di globuli bianchi e linfociti. Neoplasie maligne ematologiche (leucemie e linfomi) sono legate ad alterazioni della funzionalità e della produzione di cellule ematiche Riporta come conseguenza, alterazioni della funzionalità e della Malnutrizione produzione di cellule della risposta immunitaria. Può contribuire alla compromissione dell'integrità cutanea. Gli antibiotici alterano l'equilibrio della flora batterica, diventando patogeni. Creano meccanismi d’ingresso per organismi patogeni. Farmaci Cateterizzazione urinaria e endovenosa Altre procedure Provoca danni cutanei e può introdurre organismi esogeni nel sistema invasive L’invecchiamento è legato a indebolimento delle funzioni Età organiche e alla diminuzione della produzione e del funzionamento delle cellule del sistema immunitario Patologia cronica Associate a compromissione della funzionalità organica e ad alterazioni della risposta immunitaria Espone a infezioni ospedaliere e alla colonizzazione di nuovi Degenza organismi prolungata 27 - SANGUINAMENTI. L’infermiere accerta l’assistito oncologico per fattori che possono contribuire a emorragie. Questi includono la mielosoppressione come conseguenza della chemioterapia, radioterapia o somministrazione di altri farmaci che interferiscono con la coagulazione e la funzione piastrinica. Siti associati spesso a emorragie sono la cute e le membrane mucose, il cervello e gli apparati intestinale, urinario e respiratorio. Devono essere controllati e riferiti eventuali abbondanti sanguinamenti in feci, urine, escreato o vomito (melena, ematuria, emottisi, ematemesi), nonché nei siti di iniezione, contusioni (ecchimosi), petecchie e alterazioni dello stato mentale. - PROBLEMI CUTANEI. Il mantenimento dell’integrità cutanea e tissutale è un problema a causa degli effetti della chemioterapia, radioterapia e chirurgia e di procedure invasive a scopo diagnostico e terapeutico. Come parte dell’accertamento, l’infermiere identifica l’eventuale presenza di questi fattori predisponenti e di altri possibili fattori di rischio, quali deficit nutrizionali, incontinenza fecale e urinaria, immobilità, immunosoppressione, piaghe cutanee multiple e modifiche legate all’età. Risulta dunque fondamentale rilevare la presenza di lesioni o ulcerazioni cutanee causate dal tumore, la presenza di qualsiasi lesione delle membrane della mucosa orale e i loro effetti sullo stato nutrizionale dell’assistito e sul suo livello di benessere e alterazioni nell’integrità tissutale dell’apparato gastrointestinale, in quanto risultano particolarmente fastidiose per gli assistiti. - PERDITA DEI CAPELLI. L’infermiere annota la presenza di alopecia (caduta di capelli), un’altra forma di danno tissutale di frequente riscontro in soggetti sottoposti a radioterapia o chemioterapia. Inoltre, l’infermiere deve anche valutare l’impatto psicologico di questo effetto collaterale sull’assisto e sui suoi familiari. Nel caso del trapianto ai pazienti è richiesto il taglio dei capelli all’entrata in TMO. A seguito poi della ricrescita durante la degenza gli verranno ritagliati di nuovo al momento della caduta che di solito avviene poco dopo l’attecchimento. - PROBLEMI NUTRIZIONALI. Un importante ruolo infermieristico è l’accertamento dello stato nutrizionale dell’assistito. Un’alterazione dello stato nutrizionale può contribuire alla progressione della malattia, alla diminuzione della sopravvivenza, all’immunocompetenza, all’aumentata incidenza di infezioni, al ritardo della guarigione tissutale, alla diminuita abilità funzionale, alla capacità di continuare la terapia con antineoplastici, all’aumentata degenza ospedaliera, e 28 all’alterata funzione psicosociale. Un alterato stato nutrizionale, un calo ponderale e la cachessia (perdita muscolare, soggetto emanciato) possono verificarsi a causa di una riduzione dell’apporto calorico e proteico, degli effetti di un tumore locale, di una patologia sistemica, gli effetti collaterali legati alla terapia, dello stato emotivo della persona. Il peso dell’assistito e il suo apporto calorico devono essere rilevati quotidianamente. Altre informazioni ottenibili con l’accertamento includono la storia alimentare, la frequenza e durata degli episodi di anoressia, le alterazioni nell’appetito, le situazioni e i cibi che aggravano o alleviano l’anoressia, la storia farmacologica. Si verifica che l’assistito presenta difficoltà nella masticazione o deglutizione se si sono verificati episodi di nausea, vomito o diarrea. I dati clinici e di laboratorio sono utili per l’accertamento dello stato nutrizionale; fra essi vi sono le rilevazioni antropometriche (piega cutanea del tricipite e circonferenza del tratto medio superiore del braccio), i livelli di proteinemia (albumina e transferrina), gli elettroliti sierici, la conta dei linfociti, i valori dell’emoglobina, l’ematocrito, i livelli di creatinina urinaria e i livelli di ferro sierico. - DOLORE. Nel cancro, dolore e malessere possono essere legati alla malattia sottostante, alla pressione che il tumore esercita, a procedure diagnostiche o alle terapie utilizzate. Come in ogni altra situazione che comporti la presenza di dolore, anche nel caso di cancro la sofferenza è condizionata da fattori fisici e psicosociali. L’infermiere accerta anche i fattori che possono aumentare la percezione di dolore dalla persona, come paura e apprensione, senso di spossatezza, rabbia e isolamento sociale. Le scale di valutazione del dolore sono utili sia per identificare il livello di sofferenza della persona prima di intraprendere terapie antalgiche, sia per valutare la loro efficacia. - FATIGUE. Per effettuare un accertamento accurato, l’infermiere deve distinguere tra fatigue acuta, che si verifica dopo un’esperienza che richiede energia, e fatigue cronica, che è spesso caratterizzata dal senso di essere sopraffatti, è eccessiva e non risponde al riposo. La fatigue acuta ha una funzione protettiva a differenza di quella cronica, che influisce gravemente sulla qualità della vita. La fatigue è il più comune effetto collaterale riferito dai soggetti sottoposti a chemioterapia e radioterapia. L’accertamento si basa sull’individuazione della presenza di stanchezza, debolezza, mancanza di energia, incapacità di assolvere alle necessità quotidiane, diminuzione di interesse, di motivazione e di capacità di concentrazione. La persona può diventare 29 meno reattiva alla conversazione o apparire pallida con un rilassamento della muscolatura facciale. L’infermiere esamina gli agenti di stress fisiolologici e psicologici che contribuiscono alla fatigue, che può essere preceduta, accompagnata o seguita da dolore, nausea, dispnea, stipsi, paura e ansia. - STATO PSICOSOCIALE L’accertamento dell’assistito oncologico si concentra anche sullo stato mentale psicologico del soggetto e dei suoi familiari nell’affrontare questa esperienza cosi minacciosa per la vita, sui test diagnostici, sulle modalità di trattamento spiacevoli e sulla progressione della malattia. L’infermiere accerta l’umore e le reazioni emotive della persona ai risultati dei test diagnostici e alla prognosi, nonché il suo passaggio attraverso i vari stadi del lutto e il rapporto con i familiari nel comunicare loro la diagnosi e la prognosi. - IMMAGINE CORPOREA. L’infermiere identifica potenziali minacce all’immagine corporea della persona e accerta l’abilità della persona di affrontare le molte alterazioni della propria immagine corporea che sperimenta nel corso della malattia e del trattamento. L’ingresso nel sistema sanitario è spesso accompagnato da depersonalizzazione. Vi sono enormi minacce all’autostima allorché la persona prende coscienza della malattia, di possibili infermità e della morte. Molti assistiti oncologici sono costretti a modificare il loro stile di vita per adattarsi alle terapie o come diretta conseguenza della malattia. Le priorità e i valori cambiano quando l’immagine corporea è minacciata. Chirurgia sfigurante, perdita dei capelli, cachessia, alterazioni cutanee, alterazioni dei modelli di comunicazione e disfunzioni sessuali sono alcuni dei devastanti effetti del cancro e del suo trattamento che possono minacciare l’autostima della persona e la sua immagine corporea. Il compito dell’infermiere è quello di raccogliere le difficoltà del paziente e attraverso la relazione e la compliance che si è creata, interagire con la persona in modo di attenuare la sofferenza e spostare l’attenzione su obiettivi più importanti, alla sua accettazione. 30 Diagnosi Infermieristiche in TMO Rischio elevato di gestione inefficace del regime terapeutico; Rischio di ansia e paura; Rischio di coping inefficace; Rischio di deficit cura di sé; Rischio elevato di infezione; Rischio di compromissione della mucosa; Dolore acuto; Rischio di alterazione ritmo sonno; Rischio di tensione nel ruolo del caregiver; Rischio di sofferenza spirituale Pianificazione e obiettivi Gli obiettivi principali per l’assistito possono includere il mantenimento dell’integrità tissutale, il mantenimento dello stato nutrizionale, il sollievo dal dolore e dalla fatigue, il miglioramento dell’immagine corporea, l’effettiva progressione attraverso il processo di lutto e l’assenza di complicanze. Interventi infermieristici di psico-oncologia L’intervento psicologico si propone di aiutare il paziente e i suoi familiari nella gestione dello stress che necessariamente è associato ai vari momenti dell’iter terapeutico, di mantenere e ristabilire la qualità di vita antecedente la diagnosi, di attenuare l’ansia e la depressione, di aiutare il paziente a trovare un senso a ciò che sta vivendo e soprattutto di aiutarlo ad attivare tutte le risorse psichiche per far fronte alla malattia e ai trattamenti, di aiutare la famiglia ad integrare la malattia nella propria organizzazione quotidiana, di sviluppare modalità più funzionali e positive per affrontare la malattia. In alcuni casi l’approccio psicologico può richiedere un intervento integrato con l’ausilio della psico-farmacologia. Nella reazione alla malattia oncologica va sottolineato come elemento chiave la valutazione cognitiva che il paziente dà all’evento stesso, caratterizzandone l’attribuzione di significato. I processi di valutazione cognitiva sono influenzati da vari fattori tra cui la struttura di personalità del malato, l’insieme di convinzioni su di sé e sulla propria situazione, le aspettative e i progetti personali, il senso di identità e di controllo degli eventi, le esperienze precedenti e il livello di supporto sociale ricevuto. 31 I fattori che possono influire negativamente nel processo di adattamento alla malattia possono consistere in un elevato valore simbolico soggettivo attribuito all’evento, nella ridotta capacità di gestione delle situazioni stressanti, nello scarso senso di controllo della situazione e nella percezione di minaccia e di perdita. L’intervento psicologico può esser effettuato in sessioni individuali e/o di gruppo, inteso o come un gruppo di pazienti, ma anche tutto il nucleo familiare. L’avvento di una malattia complessa come il cancro, con tutte le implicazioni relative ed affettive, rompe l’equilibrio emozionale che la famiglia si è data e richiede uno sforzo di riadattamento. La tabella 2.2.2 riassume i principali interventi psicologici e psicoterapeutici utilizzati in oncologia, le metodologie di intervento e gli obiettivi che si propone. La terapia comportamentale e cognitiva è centrata sulla crisi scatenata dalla malattia oncologica e sul controllo del sintomo. Gli incontri sono a cadenza settimanale e si protraggono per alcuni mesi. Si configura perlopiù come una psicoterapia breve e lo scopo è quello di analizzare e modificare schemi di risposte non adattive e patologiche. È il caso di pazienti con disturbi del sonno, nausea e vomito anticipatorio, fobie legate alla malattia, dolore psicogeno, anoressia. La terapia cognitiva mette in rilievo come aspettative, pensieri, credenze, convinzioni siano spesso decisive nel determinare o influenzare le modalità di reazione sia da un punto di vista psicologico sia somatico. La psicoterapia ad orientamento analitico applicata in ambito oncologico non è, come per le precedenti impostazioni psicoterapeutiche, così sistematica e ricca di documentazione bibliografica, di solito sono terapie più lunghe nel tempo in quanto prevedono un lavoro psicodinamico profondo. A differenza delle precedenti l’obiettivo è la ristrutturazione della personalità. Anche le terapie di gruppo si fanno sostanzialmente agli stessi paradigmi teorici di quelli utilizzati negli incontri individuali, tuttavia lavorare in gruppo è per certi versi molto differente, infatti il gruppo stesso ha in sé un potenziale terapeutico molto forte. È possibile individuare fattori terapeutici generali che si riscontrano in tutti i gruppi a prescindere dal tipo di conduzione e di riferimento teorico: - I partecipanti possono essere modello l’uno per l’altro - Possono aiutarsi reciprocamente nella comprensione delle dinamiche psicologiche reattive alla malattia 32 - Condividono le esperienze, imparano ad ascoltarsi e anche a realizzare il proprio vissuto - Si possono sentire inclusi ed accettati in un gruppo e questo può contrastare il senso di solitudine vissuto in famiglia e/o nei rapporti sociali - Possono parlare liberamente dei propri vissuti e sentirsi compresi - Il gruppo può essere un forte contenitore delle ansie reciproche Gruppi di malati oncologici sono solitamente costituiti da 8/10 pazienti, gli incontri si svolgono a cadenza settimanale della durata di 90 min circa a seduta. La composizione può essere eterogenea oppure omogenea per patologia e/o trattamento. L’obiettivo può esser la riduzione del sintomo (es. nausea e vomito anticipatorio, insonnia, etc. ) oppure il confronto verbale su temi comuni a tutti i malati come la paura della malattia, mutilazioni chirurgiche e le loro implicazioni psico-sociali, ripercussioni sulla famiglia, paura della cronicizzazione. In questi ultimi anni sono stati pubblicati numerosi studi sull’efficacia dei trattamenti psicologici e psicoterapeutici nei malati di tumore. In particolare si è osservato: riduzione dei sintomi( tensione, rabbia, insonnia, ansia, depressione), migliore capacità di adattamento, migliore comunicazione con i familiari e lo staff medico, aumento dell’autostima e dell’immagine corporea, migliore gestione dello stress e della relazione con il partener. Una recente revisione sugli effetti degli interventi psicologici sottolinea come questi possano avere importanti implicazioni anche da un punto di vista economico, andando a ridurre il costo complessivo dell’intervento medico. Esistono altri interventi a valenza psicologica anche se non strettamente psicoterapeutici, sono rappresentati sostanzialmente dai programmi informativi sulla malattia e sui trattamenti e dai gruppi di mutuo aiuto. I programmi informativi si propongono di promuovere nei pazienti una più chiara comprensione della loro situazione aumentando la conoscenza sulla malattia e sui trattamenti. 20 20 Gianni Bonadonna, Medicina oncologica, VIII ed., Milano, Elsevier Masson, 2007 33 Tab. 2.2.2 Terapie psicologiche nei malati oncologici TIPO DI METODI E OBIETTIVI INTERVENTO STRATEGIE ADOTTATE Informazioni sulla Aumentare la conoscenza Tecniche psicoeducazionali malattia, sui trattamenti, riguardo la malattia e sui sugli studi clinici, sulla trattamenti; favorire il senso di gestione degli effetti controllo sull’esperienza della collaterali e sugli aspetti malattia; aumentare i livelli di emozionali. compliance; aiutare a risolvere i problemi pratici; favorire la comunicazione con l’equipe terapeutica. Rilassamento (training Ridurre lo stress psicologico Tecniche rilassamento Sviluppare modalità più comportamentali autogeno, muscolare progressivo); funzionali e positive per desensibilizzazione affrontare le cure e la gestione sistemica; Biofeedback della malattia Visualizzazioni di Modificare i processi mentali e comportamenti immagini mentali; Ipnosi; conseguenti disadattivi Distrazione e programmazione di attività Analisi delle convinzioni Verbalizzare i pensieri e sulla malattia e sui sentimenti relativi alla malattia Tecniche trattamenti Aiutare ad affrontare le cognitive Ristrutturazioni mentali tematiche esistenziali sulla malattia e sui sollecitate dalla malattia trattamenti Modificare i processi mentali e conseguenti comportamenti disadattivi Esplorazione dei conflitti Chiarire l’influenza di Tecniche emozionali antecedenti la eventuali esperienze psicodinamiche malattia precedenti alla diagnosi Analisi della malattia alla Aiutare ad integrare la malattia luce delle dinamiche nella propria esperienza di vita psichiche inconsce 34 3 Capitolo: Degenza a bassa carica microbica, tra Distress e Coping 3.1 Premessa Il tempo della malattia è spesso accompagnato da stress molto intenso. Tutto ciò è particolarmente vero quando parliamo di una malattia complessa come il cancro. La diagnosi oncologica e le terapie spesso lunghe e debilitanti possono provocare nei malati un vissuto di ansia, disagio e disorientamento psicologico che può interessare anche tutto il contesto familiare. Fare i conti con una malattia oncologica è per la stragrande maggioranza delle persone uno shock emotivo intenso e sollecita tutti gli aspetti della vita. La condizione di malattia non è solo una questione meramente fisica, essere malati significa vivere una difficoltà che abbraccia ogni aspetto della vita: fisico, mentale e spirituale. Non rientrano nell’osservazione clinica i corpi complessi; che pensano, che si emozionano, che soffrono, che gioiscono. Il corpo di cui stiamo parlando non è il corpo senz’anima dei tavoli anatomici, quello che Michel Foucault ha descritto essere alla base della clinica medica21. Il corpo di cui stiamo parlando è quello che ciascuno di noi sperimenta direttamente nel mondo e nelle relazioni. È quello carico di senso e che rende unica e irripetibile la vita. Tutto ciò significa consentire alla persona malata di cancro la possibilità di esprimere i suoi vissuti personali, di elaborarli nella narrazione, di confrontarsi, di costruire un senso comune all’evento. Quello che genericamente possiamo chiamare sofferenza psicologica riassume un insieme di sintomi che sono diversi in relazione allo stadio della malattia, ma anche ai trattamenti. Da alcune ricerche effettuate sia negli Stati Uniti sia in Europa emerge che i disturbi psicologici osservati più frequentemente durante tutto l’iter terapeutico sono: ansia, depressione, nausea e vomito anticipatorio, anoressia, disfunzioni sessuali, disturbi del sonno, dolore psicogeno e disturbi cognitivi. In molti casi questi sintomi soddisfano per intensità e frequenza i criteri diagnostici del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder (DSMIV).22 21 22 Michel Foucault, Nascita della clinica-Una archeologia dello sguardo medico, Torino, Einaudi,1969 G. Bonadonna, Medicina oncologica, 8 ed., Milano, Elsevier Masson, 2007 35 3.2 L’adattamento alla malattia Le specifiche modalità di risposta alla malattia, ovvero la caratterizzazione del processo di adattamento, vengono racchiuse all’interno del concetto di coping. Esso può essere definito come lo sforzo cognitivo e comportamentale di gestire lo stress psicologico, quando questo supera un certo livello di guardia. La reazione alla malattia, legata agli stressor e alle caratteristiche personali, consente di affrontare la crisi come un momento di transizione verso successive condizioni di adattamento oppure di disadattamento. In uno studio condotto su 31 pazienti, a distanza di 1-2 anni dal TMO, si evince che la possibilità di guarigione e la positività del decorso della malattia sono proporzionali al coinvolgimento attivo del paziente, protagonista della terapia e dell’evoluzione dei sintomi, nei cambiamenti del corpo e nei vissuti soggettivi. In particolare uno stile di coping efficace e una personalità attiva, gioiosa e ottimista, pur presentando i normali e comprensibili livelli di ansia e depressione, sono associati ad un incremento della sopravvivenza post-trapianto. Contrariamente è stato osservato che gli esiti peggiori e un calo della sopravvivenza si hanno in quei pazienti che presentano uno stile di coping inefficace e la propensione verso l’accettazione della malattia, intesa come un’attitudine ad arrendersi e mostrarsi passivi nei confronti di essa, perché non riescono neppure ad elaborare la depressione e a trasformarla in voglia di lottare efficacemente contro il male. 23 Un numero estremamente elevato di studi ha rilevato che il 60-70% dei pazienti con cancro presenta una normale risposta di adattamento alla malattia, mentre il 30-40% non riesce ad adattarsi e manifesta disturbi della sfera affettiva; principalmente depressione, ansia e disturbi dell’adattamento, in accordo con i sistemi nosografici ICD-1024 e DSM-IV25, in risposta al cancro e ai trattamenti oncologici. Una percentuale di pazienti che si aggira intorno al 15-25% manifesta inoltre altre condizioni significative di sofferenza psicologica e sociale (ad esempio ansia correlata allo stato di salute, umore irritabile, demoralizzazione, o distress 23 A. Molassiotis et al., sympton distress, coping style and biological variables as predictors of survival after bone marrow transplantation, Journal of psychosomatic research, vol. 42,3: (275-285), 1997 24 La classificazione ICD (International Classification of Diseases) è la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). 25 Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, noto anche con la sigla DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), è uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali o psicopatologici più utilizzati da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, sia nella pratica clinica che nell'ambito della ricerca. 36 emozionale) che non sono identificabili attraverso i sistemi diagnostici come il DSMIV e l’ICD-10, mentre possono essere colti con altri sistemi, quali i Diagnostic Criteria for Psychosomatic Research (DCPR). Ciò assume particolare rilievo poiché tali quadri appaiono caratterizzati da un’importante disfunzionalità ed ostacolano il normale processo di adattamento. Numerosi studi hanno messo in luce un’associazione esistente tra distress clinicamente significativo e modalità di coping disfunzionale, riduzione della qualità della vita e delle relazioni sociali, rischio di suicidio, riabilitazione più lunga, scarsa aderenza ai trattamenti, reazione abnorme nei confronti della malattia, disturbi del funzionamento familiare, nonché possibile riduzione della sopravvivenza del paziente. 26 Con l’intento di aumentare la probabilità con cui i pazienti oncologici con sintomi di disagio psicosociale vengono identificati ed aiutati, sono stati elaborati e proposti strumenti di screening e diagnostici e implementate le linee-guida. Dal momento che il disagio psicologico può svilupparsi durante tutte le diverse fasi della malattia, le pratiche di screening sono state raccomandate come parte integrante della comune pratica clinica nell’ambito dell’oncologia e delle cure palliative. 3.3 Risposta agli stressor Le caratteristiche peculiari con cui la malattia colpisce la persona (fisicamente e psicologicamente) vengono riunite sotto il concetto di distress. Dalla ricerca sullo stress è emersa una nuova visione del funzionamento dell’organismo umano fondata sulle interrelazioni tra i grandi sistemi biologici dell’organismo e la psiche. Lo stress è oggi considerato un importante modulatore del sistema immunitario, in quanto è stato dimostrato come alcuni parametri immunitari siano influenzati da stressor sia fisici che psicologici. Eventi stressanti infatti, sono in grado di innescare risposte cognitive ed affettive in grado di indurre cambiamenti nel sistema nervoso centrale e sul sistema endocrinologico, causando in ultimo, modulazioni verso il basso del sistema immunitario, con conseguenze quali l’aumento del tasso di infezione e aumento della progressione e dell’incidenza del cancro27. 26 M.G. Nanni, R. Carruso, L. Grassi, Implicazioni cliniche e criticità nella valutazione del distress emozionale in oncologia come sesto parametro vitale, Giornale Italiano di Psico-Oncologia. Vol. 13 N. 1/2011 27 A. Molassiotis et al., sympton distress, coping style and biological variables as predictors of survival after bone marrow transplantation, Journal of psychosomatic research, vol. 42,3: (275-285), 1997 37 Per questi motivi, il contenimento dei livelli di stress è da ricercarsi prevalentemente nei pazienti affetti da patologie onco-ematologiche e candidati al trapianto di cellule staminali emopoietiche, poiché fortemente debilitati sia fisicamente che psicologicamente. Tra i fattori di rischio per il distress possiamo identificare: - Peggiore funzionamento fisico, dovuto ai trattamenti mielosoppressivi indotti da chemio/radioterapia ed eventuali effetti collaterali (Infezioni, nausea, vomito, anemia, sanguinamenti); - Dolore e Fatigue; - Precedenti disturbi psichiatrici; - Cattiva comunicazione con l’equipe curante; - Assenza di sostegno sociale; - Storia personale e familiare di cancro. Il disagio psicologico se non adeguatamente riconosciuto e trattato può favorire l’insorgenza di complicanze come una riduzione dell’adesione alle cure, aumento della permanenza del ricovero, ritiro dalla vita sociale e compromissione delle relazioni, peggioramento della qualità di vita, aumento della morbilità. 28 Inoltre i pazienti possono manifestare specifiche complicanze psicologiche a seconda della fase del percorso assistenziale in cui si trovano. Vengono identificati lungo il percorso assistenziale tre stadi di particolare importanza: la prima fase relativa all’ingresso del paziente in reparto vengono rilevati stati di ansia esistenziale e di depressione legato all’insieme di dubbi e incertezze che il paziente porta con sé e alla paura di morire. In questo contesto può rivelarsi fondamentale l’intervento del professionista infermiere, che attraverso un approccio relazionale corretto ed un intervento educativo mirato può contribuire a ridurre significativamente l’ansia del paziente. La mancanza di informazioni infatti può sviluppare incertezza, ansia e depressione nell’assistito. Nel giorno del trapianto di cellule staminali invece si assiste ad una notevole diminuzione dei livelli di ansia, tuttavia ad un incremento dei disturbi somatoformi. Inoltre durante il ricovero il paziente può andare incontro ad un esperienza di stress da isolamento, correlato da un lato alla carenza di supporto sociale che si ha durante il periodo di isolamento protettivo, durante il quale le relazioni interpersonali con familiari e amici sono ridotte al minimo, e dall’altro agli 28 M.A.Annunziata, La valutazione del distress: sesto parametro vitale in oncologia, III° Conferenza Regionale HPH del Friuli Venezia Giulia. 38 alti livelli di ansia registrati inizialmente che possono in un secondo momento essere espressi attraverso sintomi fisici, spie di un disagio profondo. Infine, nella fase postTMO, i disturbi somatoformi rappresentano il problema principale accusato dai pazienti, possono presentarsi sia un vissuto di paura relativo alla perdita del supporto dei sanitari, sia una crisi della compliance nella relazione con il personale sanitario, sia, infine, un profondo distress associato a un vissuto di perdita permanente (ad es. infertilità). Il supporto della famiglia e delle persone più care al paziente è di fondamentale importanza nell’esperienza di una persona con cancro, riconosciuti come parte integrante del progetto di cura. Il semplice abbraccio di una persona cara arreca nel paziente un aumento dei livelli di autostima, memoria, benessere, e una diminuzione dei livelli di stress, ansia e depressione. Tuttavia gli abbracci terapeutici e la vicinanza fisica dei propri cari è limitata nei pazienti degenti in un unità di trapianto di midollo osseo, i quali sperimentano lunghi periodi di immunodepressione determinati dai regimi di condizionamento radio/chemioterapici. A causa dell’estrema esposizione a rischi di tipo infettivo è necessario allora proteggere il più possibile questi malati in ambienti isolati, dove l’aria viene immessa a pressione positiva dopo esser stata filtrata attivamente per una massima decontaminazione. La camera sterile è un ambiente di degenza singolo, all’interno del quale la persona trascorre un periodo di tempo variabile dai 20 giorni, fino anche, nei casi limite, a 6-9 mesi, in attesa dell’attecchimento del nuovo midollo osseo, della fine del periodo di aplasia e della normalizzazione dei parametri clinici. I pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo e degenti all’interno di una camera sterile sperimentano una condizione simile a quella vissuta in una terapia intensiva. Pazienti ricoverati in tale ambito o in ambienti particolarmente stressanti sono esposti a sviluppare dei cambiamenti di carattere percettivo-sensoriale noti come sindrome ICU (Intensive Care Unit), nel cui sviluppo incidono fattori quali la malattia organica, la personalità del paziente, l’età e la situazione emotiva, ma sono altrettanto decisivi fattori ambientali come l’isolamento, l’ambiente impersonale, il sovraccarico sensoriale e la deprivazione del sonno. Secondo uno studio, per i pazienti i principali fattori di stress ambientali presenti in una camera sterile, riguardano: 29 29 G.Caocci, G. La Nasa, A. Orabo, Humanizing medical structures: the issue of a low-bacterial environment in the bone marrow transplant unit, Journal of Medicine & The Person, vol 2, n.3, 2004 39 - Riduzione/impossibilità al movimento a causa degli esigui spazi ambientali o delle condizioni psicofisiche del soggetto. - Alterazione del ritmo sonno veglia, dovuto alle frequenti interruzioni del riposo, indotte da stressori acustici e luminosi presenti nella camera. - Presenza di numerose pompe di infusione collegate a cateteri venosi centrali ed elettrodi per la monitorizzazione dei parametri vitali su monitor di rilevazione dati - Scarsa possibilità di vista sull’ambiente esterno - Scarsa privacy Inoltre è stato mostrato come la degenza presso un unità sterile possa alterare la percezione del mondo esterno, del tempo, del corpo, di sé e dell’ambiente in pazienti sottoposti a TMO. Rendersi conto anticipatamente riguardo particolari esigenze o alterazioni presenti nell’esperienza del paziente può risultare decisivo per spostare l’attenzione del team di cura su tali richieste, favorendole o modificandole il più possibile, nell’obiettivo di garantire alla persona il massimo benessere psicofisico possibile. Nonostante significativi progressi, il trapianto di cellule staminali rimane una procedura estremamente stressante, sia dal punto di vista fisico che emotivo. In questo contesto può instaurarsi la depressione, una delle condizioni psichiatriche più comuni nei pazienti sottoposti a trattamento oncologico e un sintomo significativo e potenzialmente limitante che si manifesta nel corso del trattamento per trapianto di cellule staminali emopoietiche. Studi indicano infatti che la depressione è prevalente nei pazienti sottoposti a HSCT , e che un quarto/un terzo di essi sperimenta la depressione durante la degenza in isolamento o nei primi 100 giorni dal trapianto. La depressione è associata a molte conseguenze fisiche e psicosociali potenzialmente negative e interferisce significativamente con la qualità della vita e in generale con la salute, inoltre può essere coesistente con altri importanti problemi, come il disturbo da stress post-traumatico30 e l’ideazione suicidaria nei sopravvissuti dopo trapianto. Un’indagine esplorativa condotta su un totale di 228 pazienti, evidenzia come il sintomo della depressione varia in base alle fasi del trattamento, in particolare vengono individuati due momenti; un primo tempo è rappresentato dalla prima visita, prima dell’inizio del trapianto; un secondo momento invece dalla prima visita ambulatoriale, dopo 6-7 settimane dal trapianto di HSCT. 30 http://www.apc.it/disturbi-psicologici/disturbo-da-stress-post-traumatico 40 Una prevalenza dei sintomi depressivi (31%) si sono registrati nel secondo momento, dopo il trapianto; rispetto al 6% di pazienti che manifestano depressione prima del trapianto. Per cui molti dei partecipanti che raggiungevano elevati punteggi di depressione post-trapianto, non risultavano depressi prima del trapianto, ciò sta ad indicare che un paziente apparentemente stabile emotivamente, prima del trapianto può comunque presentare un rischio significativo per la depressione nel post-HCT. Dunque non è consigliato attendere i sintomi depressivi, ma piuttosto un attento riconoscimento, da parte del team curante, degli indicatori di distress, come l’ansia, tensione e irritabilità, presenti nei pazienti già nelle fasi di pre-trapianto. La presenza di distress prima del trapianto è infatti indicato come il più valido fattore predittivo per ansia e depressione post-HSCT. 31 31 S.B Artherholt, F.Hong, D.L. Berry, J.R.Fann, Risk factors for depression in patients undergoing hematopoietic cell transplantation, Biol Blood Marrow Transplant, 2014, 20: (946-950) 41 4 Capitolo: Distress, sesto parametro vitale in oncologia Secondo le ultime stime dell’OMS (organizzazione mondiale della sanità), i tumori figurano tra le principali cause di morbilità e mortalità in tutto il mondo, con circa 14 milioni di nuovi casi e 8,2 milioni di decessi correlati cancro nel 2012.32 La diagnosi di cancro e il trattamento sono spesso associati ad elevati livelli di distress psicosociale, tuttavia molti malati di cancro che necessitano di un aiuto psicosociale, non ricevono l’adeguato supporto a causa delle difficoltà nel riconoscimento dei bisogni psicologici dei pazienti. Per tale motivo il National Comprehensive Cancer Network ( NCCN) ha elaborato delle linee guida per il riconoscimento, la valutazione e il trattamento del disagio psicosociale, detto anche Distress, per evitare termini stigmatizzanti quali psichiatrico o psicosociale. Il Distress è definito come una multifattoriale spiacevole esperienza di natura psicologica (cognitiva, comportamentale, affettiva), sociale, e/o spirituale che può interferire con la capacità di efficace adattamento al cancro, ai suoi sintomi fisici e ai suoi trattamenti. È possibile descrivere il distress come un continuum, che va da un comune normale sentimento di vulnerabilità, tristezza e paura da un lato, a problemi che possono divenire invalidanti, come la depressione, l’ansia, il panico, l’isolamento sociale e le situazioni di crisi spirituale ed esistenziale dall’altro. 33 Secondo Il NCCN tutti i pazienti devono esser sottoposti a screening per il Distress ad inizio visita, ad intervalli appropriati e quando clinicamente indicato, specialmente in caso di cambiamenti in status di malattia, come una remissione o anche in caso di progressione della patologia. Il Distress deve essere identificato, valutato, in relazione al grado ( lieve, moderato, grave) e alla causa del disagio, per poter al meglio effettuare un piano assistenziale adeguato, indirizzando la persona al servizio più idoneo e offrendo l'opportunità, agli operatori sanitari, di comprendere meglio le preoccupazioni e le problematiche dei loro pazienti, instaurando un rapporto di empatia e di reciproca fiducia con la persona assistita. 32 33 http://www.epicentro.iss.it/temi/tumori/aggiornamenti.asp NCCN clinical practice guidelines in oncology, Distress Management, 2014 42 4.1 Test di screening per il Distress L’Identificazione dei bisogni psicologici del paziente è fondamentale per sviluppare un piano di cura e gestire i bisogni del paziente. Lo strumento di screening ideale per il monitoraggio del distress nei pazienti con cancro dovrebbe essere semplice ed efficace, e dovrebbe integrare la valutazione delle preoccupazioni psicologiche e sociali, così come la valutazione fisica. Inoltre lo screening dovrebbe non solo quantificare il livello di stress, come ad esempio con il termometro del distress (scala 0-10), ma anche la natura del disagio, quindi il termometro del distress dovrebbe esser correlato con una lista che ne permetta l’identificazione del problema correlato.34 Tra gli strumenti più comunemente utilizzati per la misurazione del Distress emozionale troviamo: L’Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS), il sistema Edmontom Symptom Assesment System (ESAS), Canadian Problem Check List e Psychological Screen for Cancer (PSSCAN) e il Distress Thermometer (DT).35 Edmonton Symptom Assessment System (ESAS) L' ESAS è lo strumento di screening più utilizzato in Canada, fa riferimento all'individuazione di 9 dei comuni sintomi presenti nel paziente oncologico. La gravità di ogni sintomo viene valutata su una scala numerica da 0 a 10 ( 0 equivale ad assenza di sintomo, 10 corrisponde alla massima gravità del sintomo). I sintomi esaminati includono lo screening per il dolore, stanchezza, nausea, depressione, ansia, sonnolenza, appetito, benessere, e mancanza di respiro. L'ESAS presenta comunque delle limitazioni, in quanto analizza problematiche fisiche e psicosociali ma trascura quelle pratiche. Canadian Problem Check List rappresenta uno strumento di screening in riferimento a problematiche psicosociali, pratiche e fisiche, adottato in associazione con la somministrazione dell' ESAS. 34 L. Vitek, M.Q. Rosenzweig, S. Stollings Distress in Patients With Cancer:Definition, Assessment, and Suggested Interventions, Clinical journal of oncology nursing, 2007, Vol.11, 3: (413-418) 35 Cancer Journay Action Group “ Guide to Implementing Screening for Distress, the 6th Vital Sign Moving Towards Person-Centered Care, Canadian Partnership against cancer, 2009 43 Hospital Anxiety and depression Scale (HADS) è una scala molto semplice, composta da 14 item che esplorano tanto l’ansia generalizzata che la depressione, mantenendo divisi i due punteggi. La caratteristica principale della scala è che esclude dalla valutazione la sintomatologia somatica, la quale potrebbe esser confusa con i sintomi della malattia o con gli effetti collaterali del trattamento (e.g. calo ponderale, fatigue); concentrando invece l’attenzione, per la depressione, sulla riduzione delle capacità edoniche, considerate gli indicatori più sensibili di questo disturbo.36-37 4.2 Distress Thermometer Uno strumento specifico, il termometro del distress (DT Distress Thermometer), è stato elaborato dal gruppo del NCCN che lo ha posto come test di screening breve che può essere utilizzato nella comune pratica clinica e con rapidità per valutare il distress in ambito oncologico. Il DT è uno strumento a carattere di analogo visivo (come la scala Visual Analogue Scale per il dolore), composito di due parti: una prima parte chiede al soggetto di indicare il suo livello di distress sperimentato nell’ultima settimana, compreso il giorno stesso della rilevazione, ponendo un cerchio attorno al numero corrispondente al termometro su una scala che va da 0 a 10 (da 0= Assenza di Distress, a 10= Distress Estremo) e una seconda parte che indaga possibili problematiche in differenti campi, incluso quello fisico, emotivo, spirituale, familiare e pratico; quest’ultima parte è di fondamentale importanza per indagare anche l’origine del disagio e pone le condizioni per l’attuazione di interventi specifici. 38 36 http://www.psychiatryonline.it/node/3520 P.C. Trask, A.Paterson, M.Riba, et al., Psycosocial consideration Assessment of psychological distress in prospective bone marrow transplant patients, Boon Marrow Trasplantation, 2002, 29: (917-925) 38 S.S. Tavernier , Translating research on the distress thermometer into practice, Clinical journal of oncology nursing, 2014, Vol. 18, 26-30 37 44 Figura 4.2 Distress Thermometer secondo le linee guida Del NCCN La diffusione di questo modello ha contribuito alla formulazione del concetto di distress emozionale come sesto parametro vitale, con la stessa rilevanza di pressione sanguigna, temperatura, frequenza cardiaca, respirazione e dolore e alla proposta di integrazione della metodologia di screening in oncologia all’interno del sistema di assistenza sanitaria dei diversi paesi. Seguendo gli obiettivi degli standard proposti dal NCCN, viene raccomandato l’uso ordinario del DT in ambito oncologico come mezzo di identificazione rapida dei pazienti che presentano livelli di distress indicativi di morbidità psicosociale, al fine di facilitare il loro invio adeguato per interventi di tipo psicosociale. Il DT trova la sua applicazione in diversi contesti oncologici quali i servizi oncologici ambulatoriali, i reparti ospedalieri, le unità di cure palliative, e nelle diverse fasi del percorso della malattia. 45 Sono stati redatti moltissimi studi per stabilire l’affidabilità e la validità del Distress Thermometer come strumento di screening per il distress, in particolare secondo uno studio condotto da Jacobs et al., il DT è anche uno strumento utile per lo screening del disagio nei pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo, poiché presenta una maggiore sensibilità e specificità rispetto al Center for Epidemiological StudiesDepression Scale (CES-D). 39 Inoltre lo stesso autore, in un diverso studio hanno riscontrato che un punteggio cut-off al DT di 4 è necessario per ottimizzarne la sensibilità e la specificità nell’individuazione dei casi, rispetto a strumenti psicologici considerati gold standard per la misurazione della morbilità psicologica in oncologia, quali l’Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS) e il Brief Symptom Inventory-18 (BSI-18). 40 Una meta-analisi di studi con più di 14.000 soggetti con cancro hanno confermato la validità di un punteggio corrispondente a 4 al DT come cut-off per l’identificazione del distress (sensibilità 81%, specificità 72%) e la necessità di invio e di intervento per disagio a livello psicologico e sociale (NCCN, 2014). 39 P.B Jacobsen, S.Ransom,M. Booth-Jones, Validation of the Distress Thermometer with bone marrow transplant patients, Psycho-Oncology, 15: 604-612,2006 40 Jacobsen PB, Donovan KA, Trask PC, Fleishman SB, Zabora J, Baker F, Holland JC. Screening for psychologic distress in ambulatory cancer patients. Cancer 2005; 103:1494-1502. 46 Algoritmo per la gestione del Distress TEST di SREENING: Distress Thermometer VALUTAZIONE A chi? – Tutti i malati di cancro Quando?- pratica routinaria atta a misurare e controllare le emozioni Come?- il team di cura consegna e spiega gli strumenti di rilevazione e preannuncia che i valori ottenuti saranno discussi all’interno di un colloquio DT < 4 (Disagio lieve/controllato), I sintomi del disagio sono attesi (paura, preoccupazione e incertezza del futuro, poco sonno, scarso appetito, riduzione della concentrazione) e gestiti sistematicamente dal team oncologico primario. DT ≥ 4 (Disagio moderato/grave), il team oncologico deve approfondire il motivo del disagio (eccessive preoccupazioni e paure, tristezza eccessiva, disperazione , problemi familiari gravi, problemi spirituali o religiosi) e richiedere l’intervento di uno psicologo, assistente sociale, o di consigliere spirituale, a seconda dei problemi individuati nella lista dei INTERVENTI -Colloquio: Ha lo scopo di restituire al paziente (in termini non quantitativi) lo stato della propria salute emozionale. Si conclude solitamente con la riduzione dell’intensità emotiva, espressa dal paziente sul piano sia non verbale sia verbale. In caso di mancata riduzione dei segnali di distress, l’obiettivo diventa la motivazione del paziente a intraprendere un percorso psicologico più strutturato. -Gestione dei problemi: Pratici/sociali-emotivi-spiritualifisici -Riduzione del livello di ansia 47 Il valore numerico attribuito dal paziente sulla scala analogica del termometro del distress (da 0 a 10 ), esprime il livello di disagio, di ansia e preoccupazione del paziente. Secondo le linee guida si possono individuare tre zone all’interno delle quali è possibile identificare il range del distress del paziente: 1. 41 0-3: Il suo punteggio indica i livelli di difficoltà sono ben controllati al momento. Il personale comunque sarà sempre a disposizione per ogni ulteriore fonte di aiuto. 2. 4-6 : Il punteggio indica che vi sono delle difficoltà/ preoccupazioni significativi. In tal caso è opportuno accertarsi delle cause del distress, relative alla seconda parte dello screening e favorire il colloquio tra team curante e paziente. 3. 7-10: Il punteggio indica un alto livello di difficoltà, in questo caso è bene parlarne e confrontarsi assolutamente con l'equipe sanitaria. 41 Hillingdon Oncology & Palliative Care Team, Coping with Stress: The Distress Thermometer, West London Cancer Network 48 Divisione in zone a seconda del grado di distress: Zona verde Score fra 03 Questa zona rappresenta un lieve disagio ed è di norma gestito dal team e sono "attesi" sintomi di disagio: paura, preoccupazione e incertezza del futuro, preoccupazioni per la malattia, la tristezza per la perdita di buona salute, la rabbia e la sensazione che la vita è fuori controllo, poco sonno, scarso appetito. Zona gialla Score fra 46 Questa zona è un segnale d'allarme che indica che le cose stanno andando fuori controllo per questo paziente. C'è bisogno di un intervento chiaro per ottenere che questo paziente torni nella zona verde. Zona rossa Score fra 7-10 Questa zona richiede una risposta urgente da parte del team clinico. Questi pazienti hanno dei problemi più gravi per cui l’analisi deve essere più approfondita e immediata deve essere la valutazione. A seconda dei problemi individuati nella lista dei problemi dovremmo rivolgersi a uno specialista di salute mentale, l’ assistente sociale, o ad un consigliere spirituale. Per tutti i gruppi dovrebbe avvenire: 1) I punteggi siano riconosciuti da tutto il team; 2) Il colloquio col paziente va rivalutato; 3) Seguire con il piano di azione stabilito in base alla zona dove ci troviamo. 49 Tabella interventi relativi a livelli di ansia42 42 M.C. Townsend, Diagnosi infermieristiche in psichiatria, Edizioni Internazionali, Roma.2002 50 Seconda parte 5 Progetto di ricerca 5.1 Introduzione e background scientifico Le patologie oncoematologiche nel loro complesso rappresentano circa il 10% di tutti i tumori, facendo registrare, nel nostro Paese, 40.000 nuove diagnosi ogni anno.43 Il trapianto di cellule staminali autologo o allogenico rappresentano valide opzioni di trattamento, in grado di migliorare significativamente la sopravvivenza in questo gruppo di pazienti. Allo stesso tempo i pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE) ricevono alte dosi di chemio-radioterapia, esponendoli a sostanziali effetti collaterali durante tutto il periodo di degenza ospedaliera nelle camere di isolamento, influenzando negativamente la salute connessa alla qualità di vita del paziente. Il trapianto di CSE è una procedura complessa che richiede interventi psico-oncologici in una varietà di fasi, a partire dall’inizio del ricovero, al trapianto stesso, alle crisi dovute alla GvHD, ma anche e soprattutto dopo la dimissione dalla struttura ospedaliera. Diversi studi hanno esaminato la prevalenza dei sintomi dopo HSCT; vengono segnalati prevalentemente: infezioni, stanchezza, GvHD, ansia, depressione, fatigue e paura di recidiva.44-45 Altri studi dimostrano inoltre la presenza di distress emotivo prima di esser sottoposti a trapianto di CSE, in particolare durante il consenso informato, considerato come un momento di forte disagio in cui il paziente è chiamato a fronteggiare le terapie e a prendere decisioni importanti sulla propria salute.46 43 http://www.tumoridelsangue.it/epidemiologia/ AMJ Braamse, B van Meijel et al., Distress, problems and supportive care needs of patients treated with auto-or allo-sct, Bone Marrow Trasplantation,2014,49: (292-298) 45 Areej R. El-jawahri et al., Quality of life and mood of patients and family caregivers during hospitalization for hematopoietic stem cell transplantation, Cancer,2014 46 PC Trask, A Paterson, M. Riba, Psycosocial consideration Assessment of psychological distress in prospective bone marrow transplant patients, Bone Marrow Transplantation, 2002, 29 : (917-925) 44 51 Il Distress è definito come una multifattoriale spiacevole esperienza di natura psicologica (cognitiva, comportamentale, affettiva), sociale, e/o spirituale che può interferire con la capacità di efficace adattamento al cancro, ai suoi sintomi fisici e ai suoi trattamenti. È possibile descrivere il distress come un continuum, che va da un comune normale sentimento di vulnerabilità, tristezza e paura da un lato, a problemi che possono divenire invalidanti, come la depressione, l’ansia, il panico, l’isolamento sociale e le situazioni di crisi spirituale ed esistenziale dall’altro (NCCN, 2014). Esso ha un effetto negativo sia sulla qualità della vita, ma determina anche una minor aderenza alle cure e una diminuzione in termini di sopravvivenza. Il tempo della malattia è spesso accompagnato da stress molto intenso, obiettivo del team di cura è il contenimento dei livelli di distress, per incrementare l’aderenza terapeutica e la risposta alle terapie. Ciò può esser attuato mediante l’utilizzo di test di screening, come il Distress Thermometer, strumento a carattere di analogo visivo varato dal gruppo NCCN per valutare il distress e le relative cause nella comune pratica clinica, in ambito oncologico. Il distress dunque deve esser mantenuto entro un range di valori, riconosciuto come disagio controllato (DT=0-3) e individuato già nelle fasi prima del trapianto in quanto predittivo di ansia e depressione nel post-trapianto. 5.2 Obiettivi dello studio Obiettivo del presente studio è valutare il Distress nei pazienti sottoposti a differenti tipi di trapianto di cellule staminali ematopoietiche. In particolare analizzare la relazione tra i fattori sociodemografici e clinici caratterizzanti il paziente ed il suo grado di Distress (fattori di rischio e protezione), ed il costrutto sotto indagine (i.e., distress); in uno studio osservazionale. 5.3 Procedure e metodo 5.3.1 Procedure di campionamento/selezione del campione Al fine di individuare i pazienti eleggibili per lo studio, la selezione del campione ha previsto la preliminare stesura di un protocollo contenente sia i criteri di inclusione/esclusione, che la metodologia adottata per il reclutamento. 52 Campionamento: Il campione di riferimento è stato reclutato attraverso un censimento completo non probabilistico relativo alla struttura ospedaliera Centro Trapianti di Midollo Osseo (TMO) dell' Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze. I pazienti risultati eleggibili per lo studio sono 285 pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche. Criteri di inclusione: A) Essere stati sottoposti a trapianto di CSE secondo una delle modalità prese in considerazione, B) Essere ricoverati nella struttura di riferimento all'interno del periodo: Novembre 2011- Settembre 2014. Criteri di esclusione: minori, barriere linguistiche, problemi cognitivi. 5.3.2 Protocollo clinico di rilevazione misure, e metodi associate Il protocollo di screening per la gestione del disagio emozionale, presso il Centro TMO San Luca vecchio di Careggi, prevede la somministrazione del Distress Thermometer, validato in italiano, a tutti i pazienti candidati a trapianto di CSE (ALLEGATO A). Lo strumento viene somministrato al paziente primariamente dal coordinatore al momento del colloquio prima dell’ingresso nell’unità di degenza. Successivamente il Distress Thermometer viene consegnato al paziente dagli infermieri del reparto a partire dal giorno successivo al trapianto e poi viene somministrato con cadenza settimanale. Quindi a seconda del tipo di trapianto effettuato (autologo/allogenico), si può riassumere così la cadenza delle rilevazioni: - Dal giorno 0 del trapianto Autologo : ogni 7 giorni a +1, +8, +15, +22, +29 - Dal giorno 0 del trapianto Allogenico: ogni 7 giorni a +1, +8, +15, +22, +29, +36 Il Distress Thermometer dopo la compilazione viene esaminato e allegato in cartella infermieristica. Per la stesura del database di ricerca è risultata fondamentale la revisione della cartelle cliniche e infermieristiche, in formato cartaceo, dei pazienti presenti nell’unità di degenza dal Novembre 2011 a Settembre 2014. 53 I parametri di interesse estratti dalle cartelle, sono i seguenti: 1. Tipologia di trapianto: Autologo / Allogenico 2. Tipo di donatore nel trapianto allogenico: MUD, da cordone, da familiare. 3. numero di trapianti ricevuti 4. Età Paziente 5. Genere: maschio-femmina 6. Patologie candidate al trapianto Allogenico: leucemia mieloide cronica/acuta, linfomi, sindrome mielodisplastica, leucemia linfoblastica acuta, LLC, Mieloma multiplo, linfoma non Hodgkin, linfoma Hodgkin. Patologie candidate al trapianto Autologo: Mielomi, linfomi, sclerosi, LMA,ST, HDG, LNH. 7. Scolarità: elementare, media inferiore, diploma, laurea. 8. Stato civile: sposato/a, celibe/nubile, Divorziato/a, separato/a, vedovo/a, convivente. 9. Presenza figli 10. Numero Figli 11. Figli a carico 12. Professione: disoccupato, studente, L. dipendente, L. autonomo, Professionista, casalinga, pensionato. 13. Presenza familiare portatore di disabilità 14. Categoria di rischio comorbidità per TMO Allogenico 15. Nazionalità 16. Sonno disturbato 17. Presenza patologie di interesse psichiatrico 18. Dolore 19. DT al colloquio 20. giorno del TMO Inoltre ad ogni giornata (+1, +8,+15,+22..) sono stati riportati il valore del termometro a DT, e la presenza/assenza dei problemi evidenziati dal paziente come fonte di disagio (riferibili alla seconda parte del DT): -Problemi pratici : Cura dei figli, Alloggio, Economici, Scolatici/lavorativi, Trasporti, Partner, Figli , Altri. 54 -Problemi emozionali/ spirituali: Depressione, Paure, Nervosismo, Tristezza, Preoccupazione, Perdita di interessi, Spirituali. -Problemi fisici: Aspetto, Dolore, Lavarsi/vestirsi, Nausea, Fatica/stanchezza, Muoversi, Respirazione, Mucosite, Mangiare, Digerire, Stipsi, Disturbi, Minzione, Febbre, Secchezza cute, Naso chiuso, Formicolio, Sonno, Sfera Sessuale, Diarrea, Memoria, Come si vede. 5.4 Analisi dei dati Al fine di analizzare i dati raccolti dal presente studio per rispondere alle ipotesi di ricerca iniziali, si sono suddivise le procedure dedicate in tre sottofasi principali. Nella prima fase si è proceduto al preprocessing dei dati, attraverso il quale si sono valutate sia le caratteristiche metriche delle dimensioni prese in considerazione (i.e., media, mediana, deviazione standard, etc), sia le precondizioni necessarie alla somministrazione delle tecniche statistiche inferenziali di interesse (e.g., equinumerosità campionaria, normalità della distribuzione di frequenza dei caratteri continui e numerosità di cella minima per il test non parametrico del 2). Al fine di verificare le ipotesi sostantive è stato necessario discretizzare alcune variabili per poter utilizzare tutti i dati raccolti tramite confronti basati su test 2. Nella seconda fase si sono calcolate le statistiche descrittive ed epidemiologiche, fornendo così dati aggregati opportuni alla terza fase. Nella terza fase si sono adottate le statistiche inferenziali necessarie per l’indagine proposta dalle ipotesi del presente lavoro. In particolare i fattori sociodemografici di interesse, e le condizioni cliniche, rappresentate in termini di fattori discreti (e.g., sesso, tipo trapianto, etc), sono state confrontate ed analizzate ricorrendo al test del 2. Infine i fattori emersi come significativamente relati alle dimensioni criterio del presente studio, sono stati trattati in maniera congiunta attraverso un modello di regressione logistica multipla, raffinando così il miglior modello (i.e., il modello di rischio caratterizzato dalla maggior varianza spiegata) associabile ai dati. In particolare abbiamo prodotto modelli differenti per i differenti momenti in cui è stato rilevato il termometro del Distress, ottenendo così indicazioni circa le variabili di interesse significativamente associate all’evoluzione del trattamento. 55 6 Risultati Per la valutazione della significatività statistica dei risultati, sono state utilizzate procedure e metodiche quali le statistiche descrittive epidemiologiche e le statistiche inferenziali mono/multivariate. Le statistiche descrittive hanno permesso di fornire una sintesi semplice del campione e delle misure raccolte necessarie per un’analisi quantitativa dei dati, la statistica inferenziale, invece ha permesso di raggiungere conclusioni che si estendono oltre i dati raccolti nel loro immediato, permettendo dunque di valutare in che modo i dati raccolti influenzano il grado di Distress. 6.1 Analisi statistica descrittiva epidemiologica Nell’analisi delle descrittive epidemiologiche sono stati adottati gli strumenti classi messi a disposizione dalla statistica descrittiva, come gli indici di sintesi, che in unico valore esprimono una specifica caratteristica della distribuzione dei dati: - Indici di posizione o tendenza centrale ( media, mediana, moda) - Indici di variabilità o dispersione (varianza, deviazione standard, range, range interquartile) - Indice di asimmetria (skewness) Avvalendosi dei suddetti indici, sono stati analizzati i seguenti dati: Genere, età, scolarità, presenza figli- N° figli- Figli a carico, patologia, stato civile, professione, presenza familiare portatore di disabilità, sonno disturbato, presenza patologie di interesse psichiatrico, nazionalità, dolore e i livelli di distress nelle varie rilevazioni. 56 Genere: I risultati mostrano che su un totale di 285 pazienti, il genere prevalente risulta quello maschile, nel numero di 160 e 125 Figura 1 –descrittiva epidemiologica-genere femmine. GENERE Tabella 1 -Genere Frequenza Percentuale Maschi 160 56,1% Femmine 125 43,9% Totale 100% 285 43,90 % Maschi 56,10 % Femmine Età paziente: Dai risultati si evince che l’età del campione di 285 pazienti è compresa nel range tra i 16 e i 69anni, con una media pari a 48,8 anni; mediana=51anni e moda pari a 59 anni. Tabella 2. Età paziente Media 48.80 Mediana 51 Moda 59 Dev.standard 12,611 Varianza 159,046 Skewness -0,491 Kurtosis -0,606 Età minima 16 Età massima 69 Figura 2. Descrittiva epidemiologica- età paziente 57 Tasso di scolarità: A fronte di tale paramento l’indice del grado di istruzione è stato registrato indicando il valore numerico di seguito: 1 = diploma di scuola elementare 2 = diploma di scuola media inferiore 3= diploma di scuola media superiore 4= Laurea universitaria I risultati mostrano che il tasso di scolarità è prevalentemente concentrato tra 2 e 3, rispettivamente diploma scuola media inferiore e superiore, mostrando comunque la presenza di un certo numero di pazienti con diploma di scuola elementare o laurea. La mediana indica tuttavia una prevalenza di pazienti con diploma di maturità. Figura 3 Descrittiva epidemiologica- tasso di scolarità Tabella 3. Tasso di scolarità Media 2,65 Mediana 3 Moda 3 Dev.standard 0,828 Varianza 0,686 Skewness -0,076 Kurtosis -0,556 Minimo 1 Massimo 4 58 Patologia: Dall’analisi dei dati si evince che la patologia prevalente nei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche è il mieloma multiplo con il 33%, seguito da Linfoma Hodgkin 11,2%, Linfoma non Hodgkin 10,5%, leucemia mieloide acuta 8,9%. Figura 4 Descrittiva epidemiologica- patologia PATOLOGIA Leucemia mieloide cronica Linfoma Leucemia linfobastica acuta Linfoma non hodgkin Leucemia linfoblastica cronica Leucemia Mieloide acuta Sindrome mielodisplastica Mieloma multiplo Linfoma hodgkin Sclerosi 0 0,40% 6% 8,90% 11,20% 7,70% 3,50% 10,50% 0 33% Tabella 4. Patologia Mieloma multiplo Frequenza Percentuale 94 33% Leucemia mieloide acuta 54 8,9% Linfoma Hodgkin Linfoma non Hodgkin Linfoma Sclerosi Sindrome mielodisplastica Leucemia mieloide cronica 32 30 22 17 10 9 11,2% 10,5% 7,7% 6% 3,5% 3.2% Leucemia linfoblastica acuta 9 3.2% Leucemia linfoblastica cronica 1 0,4% 59 Presenza figli: Figura 5 descrittiva epidemiologicapazienti con figli Tabella5. Presenza figli Frequenza Assenza 65 Presenza 170 Tot. pazienti 235 esaminati Missing data 50 Percentuale 22,8% 59,6% 82,5% Pazienti con figli Assenza 65 Presenza 17,5% Numero figli: 170 Figura 5.1 descrittiva epidemiologica-numero figli Tabella5.1 Numero figli Tot. Pazienti con figli 170 Media 1,84 Mediana 2 Moda 2 Dev.standard 0,756 Varianza 0,572 Skewness 0,854 Kurtosis 1,317 N° Minimo 1 N° Massimo 5 Figli a carico: Figura 5.2- descrittiva epidemiologica-pazienti con figli a carico Pazienti con figli a carico 112 122 60 Assenza Tabella 5.2 Figli a carico Frequenza Percentuale Assenza 112 39,3% Presenza 122 42,8% Tot. pazienti esaminati Missing data 234 82% 51 17,9% Presenza Escludendo i missing data (50/285 pazienti), possiamo evincere che su un totale di 235 pazienti, una prevalenza di 170 pazienti è genitore di un range che va da 1 a 5 figli. Nella fattispecie, secondo la mediana i pazienti risultano genitori di 2 figli e prevalentemente questi ultimi vivono ancora con i genitori (conf. Figli a carico in 122 pazienti). Stato civile: I risultati evidenziano una prevalenza di pazienti sposati ( 149 Pz.), seguiti da 48 pazienti celibe/nubile. Tabella 6. Stato civile Frequenza Sposato/a 149 Celibe/Nubile 48 Convivente 14 Divorziato/a 9 Separato/a 8 Vedovo/a 5 Tot. Pazienti esaminati 233 Missing data 52 Percentuale 52,3% 16,8% 4,9% 3,2% 2,8% 1,8% 81,8% 18,2% Figura 6 Descrittiva epidemiologica- stato civile STATO CIVILE Sposato/a 5 14 Celibe/Nubile 8 9 Divorziato/a Separato/a 48 149 Vedovo/a Convivente 61 Professione: I risultati d’interesse mostrano una prevalenza di lavoratori dipendenti pari a 98 pazienti, seguiti da 36 pazienti con un’attività propria, 34 pazienti in pensione, 25 pazienti liberi professionisti, 17 pazienti disoccupati al pari con le casalinghe e 7 studenti. Tabella. 7 Professione Frequenza Lavoratore dipendente 98 Lavoratore autonomo 36 Pensionato 34 Professionista 25 Disoccupato 17 Casalinga 17 Studente 7 Tot. Pazienti esaminati 234 Missing data 51 Percentuale 34,4% 12,6% 11,9% 8,8% 6,0% 6,0% 2,5% 82,1% 17,9% Figura 7 Descrittiva epidemiologica-stato civile PROFESSIONE Disoccupato 34 17 Studente 7 Lavoratore dipendente Lavoratore autonomo Professionista 17 25 98 36 62 Casalinga Paziente con familiare portatore di disabilità: I dati analizzati mostrano che una significativa percentuale di pazienti non presenta in famiglia persone con handicap, in particolare 218 su 230 pazienti. Tuttavia è presente un gruppo di 12 pazienti che si fa carico di familiari con disabilità di natura fisica (9 pazienti); di natura psichica (2 pazienti) o familiari non autosufficienti (1 paziente). Tabella 8. Familiare con disabilità Frequenza Nessuna disabilità 218 Disabilità fisiche 9 Disabilità psichiatriche 2 Non autosufficiente 1 Tot. Pazienti esaminati 230 Missing data 55 Percentuale 76,5% 3,2% 0,7% 0,4% 80,7% 19,3% Figura 8. Paziente con familiare portatore di disabilità Familiare con disabilità Familiare con disabilità Nessuna disabilità Disabilità fisiche Disabilità psichiatrich e Presenza disabilità Non autosufficien te 63 Paziente con presenza di sonno disturbato: I risultati evidenziano che su 191 pazienti esaminati 104 non mostrano disturbi del sonno, a differenza dei restanti 87 pazienti. Di quest’ultimi 52 pazienti assumono farmaci per riposare meglio, mentre 37 pazienti pur avendo problemi nel dormire non assume alcun tipo di farmaci. Tabella 9. Paziente con sonno disturbato Frequenza Assenza 104 Presenza (assume farmaci) 52 Presenza (non assume farmaci) 35 Tot. Pazienti esaminati 191 Missing data 94 Percentuale 36,5% 18,2% 12,3% 67,0% 33,0% Figura 9.Disturbo del sonno Sonno disturbato Paziente con sonno disturbato Assenza 87 Presenza 104 64 35 52 assume farmaci non assume farmaci Pazienti con problemi a carattere psichico: Dall’analisi dei dati risulta che su 226 pazienti analizzati, 206 pazienti non presentano all’ingresso problemi psicologici, mentre 20 pazienti dichiarano di soffrirne. Tabella 10. Paziente con problemi di natura psichica Frequenza Percentuale Assenza 206 72,3% Presenza 20 7,0% Tot. pazienti esaminati 226 79,3% Missing data 59 20,7% Figura 10 paziente con problemi di natura psichica Paziente con problemi psichici 20 assenza presenza 206 65 Nazionalità I risultati mostrano campione a nazionalità molto eterogenea, tuttavia i pazienti risultano prevalentemente italiani. Tabella 11. Nazionalità pazienti Frequenza Percentuale albanese 3 1,1% cilena 1 0,4% cingalese 2 0,7% egiziana 1 0,4% italiana 210 73,7% moldava 1 0,4% peruviana 1 0,4% polacca 1 0,4% portoghese 1 0,4% rumena 7 2,5% statunitense 2 0,7% svedese 1 0,4% svizzera 1 0,4% tedesca 2 0,7% ucraina 1 0,4% Figura 10 Nazionalità paziente NAZIONALITA' albanese cilena cingalese egiziana italiana moldava peruviana polacca portoghese rumena statunitense svedese svizzera tedesca ucraina 66 Pazienti con dolore all’ingresso Dall’analisi dei dati si evince che all’anamnesi i pazienti riferiscono prevalentemente assenza di dolore (142 pazienti su 196); 39 pazienti presentano dolore e altri 15 pazienti dichiarano dolore acuto. Tabella 12 Pazienti con dolore all’ingresso Frequenza Percentuale Assenza di dolore 142 49,8% Dolore presente all'ingresso 39 13,7% Presenza di dolore cronico 15 5,3% Tot. pazienti esaminati 196 68,8% Missing data 89 31,2% Figura 2 Pazienti con dolore all’ingresso Dolore 15 39 Assenza Dolore all'ingresso Dolore cronico 142 Rilevazioni del Distress Thermometer: 1. Al colloquio: I risultati mostrano che al momento del colloquio con il coordinatore del reparto centro trapianti midollo osseo (TMO), i pazienti riferiscono un grado di distress che va da 0 a 7. Nella fattispecie la moda mostra un maggior numero di pazienti con valore 4 al termometro del Distress. 67 Tabella 13 DT al colloquio Media Mediana Moda Dev. Standard Varianza Skewness Kurtosis Minimo Massimo Tot. Pazienti esaminati Missing data 2. Figura 13 Distress Thermometer al colloquio 3,86 4,00 4 2,104 4,429 -0,504 -0,266 0 7 21 264 +1 giorno dal trapianto Dai risultati possiamo evincere che il Distress rilevato il giorno dopo il trapianto mediante screening con DT, si una mediana di 3 e i pazienti mostrano un grado di distress che varia da 0 a 9. Tabella 14 DT +1 giorno dal TMO Media 2,67 Mediana 3,00 Moda 4 Dev. Standard 2,038 Varianza 4,155 Skewness 0,364 Kurtosis -0,227 Minimo 0 Massimo 9 Tot. Pazienti esaminati 208 Missing data 77 68 Figura 14 Distress Thermometer a +1 giorno dal TMO 3. +8 dal trapianto Figura 15 Distress Thermometer a +8 giorni dal TMO Tabella 15 DT a +8 giorni dal TMO Media 3,14 Mediana 4,00 Moda 4 Dev. Standard 2,131 Varianza 4,541 Skewness 0,362 Kurtosis -0,128 Minimo 0 Massimo 10 Tot. Pazienti esaminati 197 Missing data 88 I valori rilevati al Distress Thermometer dopo 8 giorni dal trapianto risultano compresi in un range tra 0 e 10. Nella fattispecie la moda rilevata è pari a 4. 4. +15 dal trapianto I dati in questione mostrano che dopo 15 giorni dal trapianto il valore più espresso al DT è 4. E il range di valori è compreso tra 0 e 10. Figura 16 Distress Thermometer a +15 giorni dal TMO Tabella 16 DT a +15 giorni dal TMO Media Mediana Moda Dev. Standard 2,87 3,00 4 2,046 Varianza Skewness Kurtosis Minimo Massimo Tot. Pazienti esaminati 4,187 0,778 1,614 0 10 109 Missing data 176 69 5. +22 dal trapianto Dal grafico si evince dopo 22 giorni dal trapianto valori di distress compresi tra 0 e 8 e una media di 3. Figura 17 Distress Thermometer a +15 giorni dal TMO Tabella17 DT a +22 giorni dal TMO Media 3,02 Mediana 3,00 Moda 4 Dev. Standard 2,354 Varianza Skewness Kurtosis Minimo Massimo Tot. Pazienti esaminati 5,543 0,328 -0,924 0 8 47 Missing data 238 6. +29 dal trapianto Dal grafico si evince come il campione tende ulteriormente a ridursi, e ciò è dovuto alla riduzione dell’ospedalizzazione. Il valore del DT più ripetuto è 1 in un range che va da 0 a 8, con una media di 3,22. Figura 18- Distress Thermometer a +29 giorni dal TMO Tabella 18 DT a +29 giorni dal TMO Media 3,22 Mediana 3,00 Moda 1 Dev. Standard 2,532 Varianza 6,410 Skewness 0,467 Kurtosis -0,856 Minimo 0 Massimo 8 Tot. Pazienti esaminati 27 Missing data 258 70 7. +36 dal trapianto Dalla tabella si può evincere che il range di valori al DT indicato dai pazienti varia da tra 0 e 7. Figura 19- Distress Thermometer a +36 giorni dal TMO Tabella 19 DT a +36 giorni dal TMO Media 2,06 Mediana 2,00 Moda 0 Dev. Standard 2,106 Varianza 4,434 Skewness 0,823 Kurtosis 0,105 Minimo 0 Massimo 7 Tot. Pazienti esaminati 17 Missing data 268 Andamento del Distress 4,5 4 3,86 3,5 3,22 3,14 2,87 3 3,02 2,67 2,5 2,06 2 1,5 1 0,5 0 Andamento Distress Thermometer DT Colloquio DT+1 DT +8 DT +15 DT +22 DT +29 DT +36 71 6.2 Analisi statistiche inferenziali Mentre la statistica descrittiva si occupa di rappresentare l’informazione contenuta in un dato insieme o campione di dati, la statistica inferenziale utilizza tale informazione per fare delle affermazioni più generali riguardanti i parametri della popolazione, da cui il campione è stato estratto. Le affermazioni della statistica inferenziale sono di due tipi: 1. STIMA: si vuole indicare un valore plausibile per il parametro della popolazione, sotto una delle 2 forme: - un valore ben definito (STIMA PUNTUALE) - un intervallo in cui molto verosimilmente il parametro sia incluso (STIMA INTERVALLARE) 2. VERIFICA DI IPOTESI: indicare quale tra due specifiche ipotesi sul parametro (nulla o alternativa) sia da accettare. Tra le inferenziali sono state considerate esclusivamente i parametri significativi, ovvero con p value ≤ 0,05 e 0,01. 6.2.1 Inferenziali univariate Nelle inferenziali univariate si sono verificati solo gli effetti diretti, e non mediati, tra i singoli fattori di interesse e le variabili criterio dello studio (i.e., il termometro del distress). 6.2.1.1 Effetto dell’età Mediante la seguente analisi si vuole analizzare come l’età del paziente influenza le dimensioni di seguito riportate (solo le significative), nei vari momenti di rilevazione del Distress tramite Distress Thermometer, al fine di verificare eventuali comorbidità o effetti non dovuti alla condizione clinica. 72 Effetto dell’età nella Prima rilevazione del Distress Thermometer: +1 giorno dal trapianto. Presenza figli 120 100 80 60 40 20 0 ≤ 51 > 51 54 11 65 105 No SI Cura dei figli 120 100 80 60 40 20 0 ≤ 51 > 51 NO 93 103 SI 17 8 Effetto dell’età su presenza figli: Vi è la presenza di più genitori tra i pazienti con un età superiore a 51, rispetto ai pazienti con età inferiore o uguale a 51(età media). Effetto dell’età su cura dei figli: Pazienti con un età inferiore ai 51 avvertono come più problematica la cura dei figli. Tristezza Paure 100 80 60 40 20 0 ≤ 51 >51 NO 73 89 SI 37 22 100 80 60 40 20 0 ≤ 51 >51 NO 78 94 SI 32 17 Effetto dell’età su la Paura: Paziento con un età inferiore ai 51 anni riferiscono di esser maggiormente impauriti. Effetto dell’età su Tristezza: Avvertita maggiormente dai pazienti con età inferiore ai 51 anni. 73 Preoccupazione 80 70 60 50 40 30 20 10 0 NO ≤51 52 >51 69 SI 58 42 Fatica 80 70 60 50 40 30 20 10 0 NO ≤51 49 >51 70 SI 61 41 Effetto dell’età su preoccupazione: Avvertita maggiormente dai pazienti con un età inferiore ai 51 anni. Effetto dell’età sulla Fatica: Avvertita maggiormente come stressante nei pazienti con età inferiore ai 51 anni. Formicolio 120 100 80 60 40 20 0 Diarrea 120 100 80 60 40 20 0 ≤51 ≤51 >51 >5 1 NO 100 81 NO 92 103 SI 10 30 SI 18 8 Effetto dell’età su formicolio: Si presenta maggiormente nei pazienti con età superiore ai 51 anni. Effetto dell’età su diarrea: Si presenta maggiormente nei pazienti con età inferiore ai 51 anni. 74 Effetto dell’età sulla memoria: Pazienti con Titolo asse Memoria 120 100 80 60 40 20 0 età inferiore ai 51 anni avvertono come fattore di stress la perdita della memoria. ≤51 >51 NO 84 97 SI 26 14 Effetto dell’età nella seconda rilevazione del Distress Thermometer: +8 giorni dal trapianto. Cura dei figli 120 100 80 60 40 20 0 Economici ≤ 51 >51 NO 95 103 SI 13 2 120 100 80 60 40 20 0 ≤51 >51 NO 96 102 SI 12 3 Effetto dell’età sulla cura dei figli: Avvertita come fattore di stress nei pazienti con età inferiore ai 51 anni. Effetto dell’età sui problemi economici: Avvertiti come fonte di maggior disagio nei pazienti con età inferiore ai 51 anni. 75 Nervosismo Paure 100 Titolo asse 80 60 40 20 0 ≤51 >51 120 100 80 60 40 20 0 NO 79 91 NO SI 29 14 SI ≤51 >51 84 96 24 9 Effetto dell’età su Paure: Si presenta maggiormente nei pazienti con età inferiore ai 51 anni. Effetto dell’età sul Nervosismo: Esso è espresso maggiormente nei pazienti con età inferiore ai 51 anni. Titolo asse Prepccupazione 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Disturbi minzionali 120 100 80 60 40 20 0 NO ≤51 60 >51 76 NO SI 48 29 SI ≤51 103 >51 92 5 13 Effetto dell’età sulle Preoccupazioni: Riferite maggiormente nei pazienti con età inferiore ai 51 anni. Effetto dell’età sui disturbi della minzione: Sono maggiormente espressi nei pazienti con età superiore ai 51 anni. 76 Formicolio 120 100 80 60 40 20 0 Memoria 100 80 60 40 20 ≤51 >51 0 NO 96 79 SI 12 26 ≤51 >51 NO 81 90 SI 27 15 Effetto dell’età sul formicolio: Avvertito maggiormente nei pazienti con età superiore ai 51 anni. Effetto dell’età sulla memoria: Pazienti con età inferiore ai 51 anni risentono maggiormente della riduzione della memoria. Distress Thermometer +1 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Effetto dell’età sul valore numerico espresso al Distress Thermometer rilevato il giorno successivo al trapianto: Pazienti con età inferiore ai 51 anni presentano un livello di Distress superiore a 3 al Distress Thermometer a +1. DT ≤ 3 ≤51 50 >51 70 DT >3 51 37 77 Chi-Square Tests Al fine di dimostrare il valore predittivo e la significatività dei risultati sopradescritti, riferibili all’età del paziente, si riporta di seguito per ogni fattore del Distress Thermometer, il valore del 2 (Pearson Chi-Square) e la relativa significatività (p<0,01/ p<0,05), sia per il Distress Thermometer esaminato a +1 giorno dal trapianto, sia quello rilevato a + 8 giorni. Dai grafici si evince che alla rilevazione del distress a 8 giorni dal trapianto, compaiono nuovi fattori predittivi, quali il nervosismo, problemi economici e disturbi della minzione, mentre non sono più rilevanti fattori come fatica, tristezza e diarrea. Inoltre si può notare un incremento del valore del 2 per items quali cura dei figli (da 3,746 a 8,349) ; preoccupazione ( da 4,944 a 6,530); paure ( da 5,389 a 6,039), ed una diminuzione del 2 per: formicolio (da 11,990 a 6,768) ; memoria (da 4,529 a 3,861. Distress Thermometer +1. Età paziente discretizzata: ≤51 / > 51 anni Pearson Chi-Square Asymp. Sig. (2-sided Presenza figli 37,826 P <0,01 Formicolio 11,990 P <0,01 Fatica 7,623 P < 0,05 Tristezza 6,076 P < 0,01 Paure 5,389 P <0,05 Preoccupazione 4,944 P < 0,05 Memoria 4,529 P < 0,05 Diarrea 4,462 P < 0,05 Cura dei figli 3,746 P <0,05 Distress Thermometer +8. Età paziente discretizzata: ≤51 / > 51 anni . Pearson Chi-Square Asymp. Sig. (2-sided Cura dei figli 8,349 P< 0,05 Nervosismo 7,577 P<0,01 Formicolio 6,768 P<0,01 Preoccupazione 6,530 P<0,01 Paure 6,039 P<0,01 Problemi economici 5,541 P< 0,01 Disturbi minzione 4,135 P<0,05 Memoria 3,861 P<0,05 78 Distress Thermometer +1 0 5 10 15 20 25 30 memoria diarrea fatica preoccupazione tristezza paure cura dei figli 35 40 formicolio presenza figli Distress Thermometer +8 0 2 4 memoria 6 8 10 formicolio disturbi della minzione preoccupazione nervosismo paure problemi economici cura dei figli 79 6.2.1.2 Effetto del sesso Effetto del sesso nella prima rilevazione del Distress Thermometer: +1 giorni dal trapianto. Patologie psichiatriche Paure 120 100 140 120 100 80 60 40 20 0 80 60 40 20 Maschio a 0 Femmin Maschio Fmmina Assenza 128 78 NO 104 58 Presenza 5 15 SI 19 40 Effetto del genere sulle patologie psichiatriche: Il grafico mostra una prevalenza di patologie psichiatriche nel genere femminile. Effetto del genere sulle paure: Il grafico mostra una maggior espressione delle paure nel sesso femminile. Nervosismo 120 100 80 60 40 20 0 Preoccupazione 80 60 40 20 0 Maschio Femmina NO 106 73 NO SI 17 25 SI Maschio 75 Femmina 46 48 52 Effetto del genere su nervosismo: Il nervosismo è meno rappresentativo nel genere maschile. Effetto del genere sulle preoccupazioni: Le preoccupazioni sono maggiormente rappresentate nelle donne. 80 Formicolio 100 80 60 40 20 0 Maschio Femmina NO 93 88 SI 30 10 Effetto del genere sul formicolio: Come si evince dal grafico il formicolio è maggiormente espresso nel genere maschile. Effetto del genere sulla memoria: Maggior rappresentativo nel sesso femminile. Effetto del sesso nella prima rilevazione del Distress Thermometer: +8 giorni dal trapianto. Trasporti 140 120 100 80 60 40 20 0 NO SI Paure 120 100 80 60 40 20 0 Maschio Femmina Maschio Femmina 119 88 NO 106 64 1 5 SI 14 29 Effetto del sesso sui trasporti: Il problema dei trasporti è poco rappresentativo per entrambi i sessi, ma prevalente nel genere femminile. Effetto del sesso sulle paure: Il sesso femminile avverte maggiori paure rispetto al genere maschile. 81 Preoccupazione Perdita d'interessi 100 80 60 40 20 0 Maschio Femmina NO 88 48 SI 32 45 120 100 80 60 40 20 0 Maschio Femmina NO 110 77 SI 10 16 Effetto del genere sulle preoccupazioni: Nella seconda rilevazione del Distress, vediamo che le preoccupazioni tra genere femminile e maschile quasi si equivalgono, tuttavia vi è una prevalenza femminile. Effetto del genere sulla perdita d’interessi: Maggiore nel genere femminile. Aspetto 120 100 80 60 40 20 0 NO SI Dolore 100 80 60 40 20 0 Maschio Femmina Maschio Femmina 111 73 NO 95 53 9 20 SI 25 40 Effetto del genere sull’aspetto: Le donne avvertono come fattore di Distress il cambiamento dell’aspetto maggiormente rispetto al sesso maschile. Effetto del genere sul dolore: Il sesso femminile percepisce il dolore come fonte di distress, maggiormente rispetto al genere maschile. 82 Lavarsi/vestirsi 120 100 80 60 40 20 0 Maschio Femmina NO 110 76 SI 10 17 Muoversi 120 100 80 60 40 20 0 Maschio Femmina NO 103 69 SI 17 24 Effetto del genere sul lavarsi/vestirsi: Prevalente nel genere femminile Effetto del genere sul muoversi: prevalente nel genere femminile Respirazione 140 120 100 80 60 40 20 0 NO SI Mucosite 100 80 60 40 20 0 Maschio Femmina Maschio Femmina 116 80 NO 81 35 4 13 SI 39 58 Effetto del genere sulla respirazione: Avvertita maggiormente stressante nel genere femminile. Effetto del genere sulla mucosite: La mucosite è un fattore di distress molto rappresentativo in entrambi i sessi, tuttavia presenta un alta incidenza nel genere femminile, mostrandosi nella maggior parte delle donne sottoposte a trapianto di CSE. 83 Mangiare 70 60 50 40 30 20 10 0 NO SI Febbre Maschio 65 Femmina 28 55 65 120 100 80 60 40 20 0 Maschio Femmina NO 102 65 SI 18 28 Effetto del genere sul mangiare: Il mangiare è avvertito come un’importante fattore di disagio in entrambi i sessi. Il genere maschile il numero di chi soffre nel magiare quasi equivale il numero degli uomini che non mostrano questo problema. Nel sesso femminile invece le donne che riferiscono difficoltà nel mangiare sono più del doppio delle donne che non riferiscono questa difficoltà. Effetto del genere sulla febbre: Prevalente nel genere femminile Formicolio Sonno 100 80 60 40 20 0 100 80 60 40 20 Maschio Femmina NO 94 59 SI 26 34 0 Maschio Femmina NO 92 83 SI 28 10 Effetto del genere sul formicolio: Il genere maschile dichiara il formicolio come fattore di distress, maggiormente rispetto al genere femminile. Effetto del genere sul sonno: La difficoltà nel dormire è percepita come fattore di distress prevalentemente nel genere femminile. 84 Effetto Memoria 120 100 80 60 40 20 0 del genere sulla memoria: Disturbi della memoria sono percepiti maggiormente stressanti nel genere femminile. Maschi Femmine NO 107 64 SI 13 29 Effetto del sesso nella prima rilevazione del Distress Thermometer: +15 giorni dal trapianto. 70 60 50 40 30 20 10 0 NO SI Tristezza 70 60 50 40 30 20 10 0 Titolo asse Titolo asse Paure Maschi 64 Femmine 42 6 17 NO SI Maschio 62 Femmina 42 8 17 Effetto del genere sulle paure: Maggiormente rappresentative nel sesso femminile. Effetto del genere sulla tristezza: maggiormente rappresentative nel sesso femminile. 85 Digerire 70 60 50 40 30 20 10 0 NO SI Memoria Maschio 61 Femmina 38 9 21 70 60 50 40 30 20 10 0 NO Maschio 64 Femmina 45 6 14 SI Effetto del genere nel digerire: Si rileva un maggior grado di distress nel sesso femminile per quanto concerne la dispepsia. Effetto dell’età sulla memoria: Il disagio è prevalente nel sesso femminile. Effetto del sesso nella prima rilevazione del Distress Thermometer: +22 giorni dal trapianto. Preoccupazione 30 preoccupazione: Inoltre notiamo che le donne che 10 riferiscono 5 86 sulla espressa nel genere femminile. 15 SI genere preoccupazione è maggiormente 20 NO del Dal grafico si evince che la 25 0 Effetto uno preoccupazione Maschio 26 Categoria 2 17 4 15 stato quasi di equivale numericamente alle donne non esprimono questo disagio. che Muoversi 35 30 25 20 15 10 5 0 NO SI Memoria Maschio 30 Femmina 28 0 4 35 30 25 20 15 10 5 0 NO SI Maschio 30 Femmina 28 0 4 Effetto del genere sul movimento: Il grafico mostra che non è avvertito come fonte di disagio il non potersi muovere. Effetto del genere sulla memoria: poco rappresentativo, ma prevalente nel genere femminile. Effetto del sesso nella prima rilevazione del Distress Thermometer: +29 giorni dal trapianto. Effetto Respirazione 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 NO SI del genere sulla respirazione: Prevalente nel genere maschile. Maschio 13 Femmina 17 4 0 87 Chi-Square Tests Al fine di dimostrare il valore predittivo e la significatività dei risultati sopradescritti, riferibili all’età del paziente, si riporta di seguito per ogni fattore del Distress Thermometer, il valore del 2 (Pearson Chi-Square) e la relativa significatività (p<0,01/ p<0,05), nelle rilevazioni del Distress Thermometer a + 1, + 8,+15,+22,+29 giorni dal trapianto. Effetto del sesso. Distress Thermometer +1 Pearson Chi-Square Paure 17,938 Presenza patologie psichiatriche 10,381 Formicolio 7,405 Memoria 4,851 Nervosismo 4,842 Preoccupazione 4,338 Asymp. Sig. (2-sided) P<0,01 P< 0,01 P < 0,01 P < 0,05 P < 0,05 P < 0,05 Distress Thermometer +1 0 88 5 10 15 memoria formicolio preoccupazione nervosismo paure patologie psichiatriche 20 Effetto del sesso. Distress Thermometer +8 Pearson Chi-Square Asymp. Sig. (2-sided) Mucosite 18,843 P < 0,01 Memoria 13,706 P < 0,01 Paure 12,386 P <0,01 Mangiare 12,329 P < 0,01 Dolore 12,153 P < 0,01 Preoccupazione 10,709 P < 0,01 Aspetto 8,738 P < 0,01 Respirazione 8,084 P < 0,01 Febbre 7,062 P < 0,01 Sonno 5,743 P < 0,01 Formicolio 5,658 P < 0,01 Lavarsi /vestirsi 4,683 P<0,05 Muoversi 4,567 P < 0,05 Trasporti 3,950 P < 0,05 Perdita d’interessi 3,847 P < 0,05 Distress Thermometer +8 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 memoria sonno formicolio febbre mangiare mucosite respirazione muoversi lavarsi/vestirsi dolore aspetto perdita d'interessi preoccupazioni paure trasporti 20 89 Effetto del sesso. Distress Thermometer +15 Pearson Chi-Square Asymp. Sig. (2-sided) Digerire 9,273 P < 0,01 Paure 8,954 P < 0,01 Tristezza 6,193 P< 0,01 Memoria 5,615 P < 0,01 Distress Thermometer +15 0 2 4 memoria 6 digerire 8 tristezza 10 paure Effetto del sesso. Distress Thermometer +22 Pearson Chi-Square Asymp. Sig. (2-sided) Preoccupazione 8,196 P <0, 01 Muoversi 4,009 P < 0,05 Memoria 4,009 P < 0,05 Distress Thermometer +22 0 2 memoria 90 4 muoversi 6 8 preoccupazione 10 Effetto del sesso. Distress Thermometer +29 Pearson Chi-Square Asymp. Sig. (2-sided) Respirazione 4,533 P < 0,05 Dai grafici sopradescritti si evince quali fattori influenzano prevalentemente il distress in entrambi i sessi alle rilevazioni del Distress Thermometer da + 1 a +29 giorni dal trapianto. Nella fattispecie vediamo che alla rilevazione del DT a +1 il fattore predominante è la paura (2 = 17,938), che tuttavia va progressivamente diminuendo nelle rilevazioni a + 8 e +15. Alle paure seguono il formicolio, la memoria, il nervosismo e la preoccupazione. Nella rilevazione del Distress a +8 giorni dal trapianto, come dimostra il grafico notiamo una predominanza della mucosite (2=18,843) avvertita particolarmente stressante da entrambi i sessi. Nella seconda rilevazione inoltre si nota un aumento del numero dei fattori stressanti segnalati al termometro del distress, infatti la mucosite è seguita dal disagio legato alla perdita della memoria, dalle paure, difficoltà nel mangiare, dolore, preoccupazione, disagio legato al cambiamento dell’aspetto, compaiono problemi della respirazione, febbre, formicolio, difficoltà nel lavarsi/vestirsi, muoversi e poi in misura minore anche disagio legato ai trasporti e viene riferita anche una perdita d’interessi. Nella rilevazione del DT a + 15 invece compare il disagio legato alla dispepsia (2=9,273), seguito da paure, tristezza e memoria. Alla rilevazione del DT a +22 sono rilevanti le preoccupazioni, (2 = 8,196) seguite da difficoltà nel muoversi, e memoria. Nell’ultima rilevazione a + 29 si evidenzia la respirazione come disagio. 91 6.2.1.3 Effetto del tipo di trapianto Di seguito si vuole analizzare come il tipo di trapianto ( Trapianto di cellule staminali Autologo / Allogenico) influenza il distress nelle diverse rilevazioni e i parametri ad esso correlati, segnati nella seconda parte del questionario del Distress Thermometer. Effetto del Tipo di trapianto nella prima rilevazione del Distress Thermometer: +1 giorni dal trapianto Genere 120 100 80 60 40 20 0 Alloggio 200 150 100 50 Autotrapi anto Allotrapia nto 0 Maschio 108 52 NO Femmina 79 46 SI Auotrapianto Allotrapianto 143 67 4 7 Effetto del trapianto sul genere: Dal grafico si evince una predominanza di trapianti autologhi in entrambi i sessi, tuttavia vi è un minor divario tra donne sottoposte a trapianto autologo e allogenico, rispetto ai maschi in cui il divario è maggiore. Effetto del tipo di trapianto sull’alloggio: Il problema dell’alloggio è poco rappresentativo in entrambi i tipi di pazienti, tuttavia è prevalente nei pazienti sottoposti a trapianto autologo. 92 Dolore 160 140 120 100 80 60 40 20 0 NO SI Fatica 100 80 60 40 20 Autotrapianto 134 Allotrapianto 59 13 15 0 NO Autotrapianto 86 Allotrapianto 33 61 41 SI Effetto del trapianto sul dolore: Dal grafico si evince una predominanza nel trapianto allogenico. Effetto del trapianto sulla fatica: Dal grafico si evince che nel trapianto allogenico i pazienti che risentono della fatica superano i pazienti che non avvertono questa difficoltà. Anche nel trapianto autologo la fatica è molto rappresentativa. Mangiare 140 120 100 80 60 40 20 0 Febbre 160 140 120 100 80 60 40 20 0 Autotrapianto Allotrapianto NO 117 45 NO SI 30 29 SI Autotrapiant o Allotrapianto 139 63 8 11 Effetto del tipo di trapianto sul mangiare: Dal grafico si evince che in proporzione il numero di pazienti che hanno subito un trapianto allogenico risentono maggiormente della difficoltà nel mangiare, rispetto ai pazienti sottoposti a trapianto autologo. Effetto del trapianto sulla febbre: Dal grafico si evince una prevalenza nel trapianto Allogenico 93 Diarrea Formicolio 120 100 80 60 40 20 0 150 100 50 0 Autotrapiant Autotrapianto Allotrapianto NO 113 68 NO o 135 SI 34 6 SI 12 Allotrapianto 60 14 Effetto del trapianto sul formicolio: Maggiormente rappresentativo nel trapianto autologo. Effetto del trapianto sulla diarrea: Maggiormente rappresentativo nel trapianto allogenico. Effetto del trapianto sulla nausea: Nausea 140 120 100 80 60 40 20 0 Colpisce in egual misura, proporzionalmente ma maggiore è nel trapianto allogenico. Autotrapianto Allotrapianto NO 115 42 SI 31 32 Effetto del Tipo di trapianto nella prima rilevazione del Distress Thermometer: +8 giorni dal trapianto Cura dei figli Effetto del trapianto sulla cura dei 150 figli: Non è molto rappresentativo, ma 100 prevalente nel trapianto allogenico. 50 0 NO SI 94 Autotrapianto 135 Allotrapianto 63 6 9 Formicolio 120 100 80 60 40 20 0 Dolore 120 100 80 60 40 20 Autotrapiant o Allotrapiant o NO 108 67 NO SI 33 5 SI 0 Autotrapianto 105 Allotrapianto 43 36 29 Effetto del trapianto sul dolore: Prevalente nel trapianto Autologo. Effetto del trapianto sul formicolio: Prevalente nel trapianto autologo. Effetto del Tipo di trapianto nella prima rilevazione del Distress Thermometer: +15 giorni dal trapianto Mucosite NO Titolo asse 50 40 30 20 10 0 Febbre Autotrapianto 47 SI 12 Allotrapianto 43 27 70 60 50 40 30 20 10 0 Autotrapia nto Allotrapia nto NO 46 64 SI 13 6 Effetto del tipo di trapianto sulla mucosite: Maggiormente rappresentativo nell’allotrapianto. Effetto del trapianto sulla mucosite: Maggiormente espresso nel trapianto autologo. 95 Formicolio 80 70 60 50 40 30 20 10 0 NO SI Effetto del trapianto sul formicolio: Maggiormente presente nel trapianto autologo. Autotrapianto 47 Allotrapianto 67 12 3 Distress Thermometer +1 100 80 60 40 20 0 96 Effetto del trapianto sul valore del Distress Thermometer: Dal grafico si evince che nell’allotrapianto il numero dei pazienti con un distress > 3 a 1 giorno da trapianto supera in numero dei pazienti con un DT< 3. Anche nel Autotrapianto Allotrapianto ≤3 88 32 >3 52 36 trapianto autologo un abbastanza significativo. DT >3 è Chi-Square Tests Al fine di dimostrare il valore predittivo e la significatività dei risultati sopradescritti, riferibili al tipo di trapianto, si riporta di seguito per ogni fattore del Distress Thermometer, il valore del 2 (Pearson Chi-Square) e la relativa significatività (p<0,01/ p<0,05), nelle rilevazioni del Distress Thermometer a + 1, + 8,+15 giorni dal trapianto. Distress thermometer +1 Pearson Chi-Square Asymp. Sig. (2-sided) Nausea 11,642 p. < 0,01 Mangiare 8,872 p. < 0,01 Formicolio 7,492 p.< 0,01 Dolore 5,809 p.< 0,01 Febbre 5,561 p.< 0,05 Diarrea 5,485 p.< 0,05 Alloggio 4,725 p.< 0,05 Fatica 3,832 p.< 0,05 Distress Thermometer +8 Pearson Chi-Square Asymp. Sig. (2-sided) Formicolio 8,810 p.< 0,01 Cura dei figli 4,949 p. < 0,05 Dolore p. <0,05 4,888 Distress Thermometer +15 Pearson Chi-Square Asymp. Sig. (2-sided) Formicolio 8,029 p. < 0,01 Mucosite 5,046 p. < 0,05 Febbre 4,620 p. < 0,05 97 Distress Thermometer +8 0 2 4 formicolio 6 dolore 8 10 cura dei figli Distress Thermometer +15 0 2 4 formicolio 98 6 febbre 8 mucosite 10 Dai grafici sopradescritti si evince che il problema maggiormente predittivo di Distress in entrambi i trapianti è la nausea, di conseguenza anche il mangiare al DT +1 è molto predittivo. Il mangiare è seguito dal formicolio, rappresentativo in tutte e tre le rilevazioni. A questo segue il Dolore, la Febbre, Diarrea, Alloggio, Fatica. Nella rilevazione del DT a +8 compare anche la mucosite, presente anche al DT +15 oltre che alla febbre. 6.2.1.4 Presenza figli Dal grafico si evince che pazienti Rischio comorbidità per trapianto allogenico 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 Rischio basso Rischio intermedio Rischio alto sottoposti a trapianto allogenico che hanno figli presentano un rischio di comorbidità superiore ai pazienti che non hanno figli. Ed è vero anche il contrario, ovvero pazienti senza figli presentano un basso rischio di comorbidità per trapianto assenza figli 6 Presenza figli 3 2 9 3 16 figli. Sonno Disturbato 80 70 60 50 40 30 20 10 0 NO Si, assume farmaci Si, non assume farmaci allogenico, rispetto ai pazienti con Dal grafico si evince che tra i pazienti con figli quelli che presentano sonno disturbato superano quelli che non soffrono disturbi del sonno. Assenza figli 36 Presenza figli 68 Mentre i pazienti senza figli 12 40 disturbato superano quelli con 3 32 che non soffrono di sonno sonno disturbato. 99 6.2.1.5 Sonno disturbato Dal grafico si evince che tra i Presenza di patologie psichiatriche pazienti che presentano patologie psichiatriche 120 la maggioranza soffre di disturbi del sonno e per 100 questo assume farmaci. 80 60 40 20 0 NO SI, ma assume farmaci Si, ma non assume farmaci Assenza 97 40 32 Presenza 6 11 3 Dolore 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 100 Dal grafico si evince che la maggior parte dei pazienti che non presenta dolore non ha sonno disturbato, mentre la i pazienti con dolore presentano No Si, ma assume farmaci Si, ma non assume farmaci NO Dolore all'ingresso 82 31 12 15 10 7 Dolore cronico 5 4 5 disturbato. anche sonno Dal grafico si evince che la Distress Thermometer +15 totalità dei pazienti con dolore cronico presenta un DT>3 alla rilevazione del Distress a 15 35 30 25 20 15 10 5 0 giorni dal trapianto. No Dolore All'ingresso Dolore cronico ≤3 31 9 0 >3 19 4 4 6.2.2 Analisi statistica inferenziale multivariata, la regressione logistica L’analisi di regressione logistica è una metodologia impiegata per prevedere il valore di una variabile dipendente dicotomica sulla base di un insieme di variabili esplicative, sia di tipo qualitativo che quantitativo. Gli obiettivi possono essere molteplici, fra cui individuare tra le variabili indipendenti quelle a maggiore potere esplicativo, che vanno quindi interpretate come determinanti del possesso o meno dell’attributo: a seconda che siano correlate positivamente o negativamente con il fenomeno studiato possono essere considerate rispettivamente come fattori di rischio o come fattori di protezione. Per cui sono stati analizzati gli effetti congiunti nelle variabili componenti lo spettro rilevato dal termometro (variabile indipendente), sul valore complessivo della qualità della vita e quindi del grado di Distress (variabile dipendente). A questo scopo sono stati adottati i valori della statistica multivariata come il wald e la significatività che dimostrano quanto il modello è predittivo e la sua validità; l’Exp (B), espressione dell’odds ratio, indice utilizzato per definire il rapporto di causa-effetto tra due fattori, per esempio tra un fattore di rischio e una malattia, per cui per valori <1 siamo difronte ad un fattore di protezione, mentre per valori >1 sono espressione del fattore di rischio. Mentre il valore di Nagelkerke ci dice quanta varianza spiega il modello. 101 6.2.2.1 Distress Thermometer – Prima rilevazione Di seguito sono stati confrontati gli items corrispondenti alla seconda parte del questionario del Distress Thermometer con il relativo grado di distress. Nella fattispecie si è voluto analizzare come gli items influenzano il grado di distress e quali sono i fattori di rischio e protezione. Nella prima rilevazione a 1 giorno dal trapianto sono risultati significativi i seguenti fattori: Aspetto, Economici, Memoria, Secchezza cute, Preoccupazione, Tristezza, Nervosismo, Nausea. Dalle tabelle si evince che L’aspetto, in questa prima rilevazione presenta il fattore di rischio più alto legato al Distress, in quanto Exp (B) > 1. Mentre presenta il Wald più alto la preoccupazione, cioè significa che la variabile indipendente preoccupazione ha un rapporto statisticamente significativo con la variabile dipendente Distress, significativo dunque di un rapporto causa effetto. Riepilogo elaborazione casi Riepilogo dei casi per cui abbiamo un valore non nullo del termometro: Casi non pesati Casi selezionati N Percentuale Incluso nell'analisi 205 71,9 Casi mancanti 80 Totale 285 100,0 28,1 285 100,0 Totale Variabili nell’equazione B Wald Sign. Exp(B) Model -0,285 4,075 p. <0.05 0,752 Valore della statistica multivariata (Wald) di 4,075 e significativa (p. < 0.05), dimostra la validità del modello. R-quadrato di Nagelkerke 0,461 Il valore di Nagelkerke ci dice quanta varianza spiega il modello. In questo caso abbiamo un modello che spiega il 46,1% della varianza. 102 Variabile dipendente: Valore del Distress Thermometer DT ≤3 DT >3 Variabili nell'equazione B Wald Sign. Exp(B) Aspetto 1,464 4,375 p. < 0.05 4,324 Economici 1,269 3,972 p. < 0.05 3,556 Memoria 1,149 4,642 p. < 0.05 3,154 Secchezza cute 1,114 4,278 p. < 0.05 3,048 Preoccupazione 1,098 8,018 p. < 0.01 2,997 Tristezza 1,078 5,156 p. < 0.05 2,940 Nervosismo 0,982 4,121 p. < 0.05 2,670 Nausea 0,847 4,554 p. < 0.05 2,333 6.2.2.2 Distress Thermometer – Seconda rilevazione In questa seconda rilevazione si può evincere dalle tabelle che il disagio particolarmente espresso dai pazienti al momento del questionario con DT a + 8 giorni dal trapianto è l’Alloggio, esso presenta un Exp (B) di 58,696, espressione così di un alto fattore di rischio per il distress. Mentre presenta il wald più alto la depressione con 10,063, espressione di causa effetto. Risultano comunque significativi e legati al fattore di rischio tutti i seguenti fattori: Alloggio, trasporti, depressione, respirazione, economici, nervosismo. Riepilogo elaborazione casi Casi non pesati N Casi selezionatiIncluso nell'analisi 196 Casi mancanti 89 Totale 285 Casi non selezionati 0 Totale 285 Percentuale 68,8 31,2 100,0 ,0 100,0 103 Variabili nell'equazione B Wald Sign. Exp(B) Model 1,597 70,014 <0.01 0,202 R-quadrato di Nagelkerke 0,415 Variabili nell'equazione B Wald 4,072 5,044 Alloggio 3,099 6,226 Trasporti Depressione 2,505 10,063 Respirazione 2,069 7,907 1,883 5,938 Economici Nervosismo 1,183 3,637 Sign. <0,05 <0,05 <0,01 <0,01 <0,05 <0,05 Exp(B) 58,696 22,182 12,244 7,918 6,573 3,265 6.2.2.3 Distress Thermometer – Terza rilevazione Dalla tabella si evince che la respirazione presenta un altissimo fattore di rischio correlato al distress ( Exp (B) 88,962). Seguito da Lavarsi/vestirsi, Disturbi Minzione, Aspetto, Come si vede, Paure. Invece il formicolio presentando un valore di Exp (B)< 1, è espressione di un fattore protettivo nei confronti del distress. Riepilogo elaborazione casi Casi non pesati N Percentuale Casi selezionatiIncluso nell'analisi 106 37,2 Casi mancanti 179 62,8 Totale 285 100,0 Casi non selezionati 0 ,0 Totale 285 100,0 Variabili nell'equazione B Wald Sign. Exp(B) Model -0,461 5,339 <0,05 0,631 R-quadrato di Nagelkerke 0,516 104 Variabili nell'equazione B Wald Sign. Exp(B) Respirazione 4,488 5,029 p.<0,05 88,962 Lavarsi/vestirsi 4,105 4,491 p.<0,05 60,661 Disturbi Minzione 3,069 4,009 p.<0,05 21,529 Aspetto 3,049 3,540 p. <0,05 21,094 Come si vede 2,697 3,539 p.<0,05 14,828 Paure 2,001 7,346 p. < 0,01 7,393 Formicolio -4,558 4,753 p.<0,05 0,010 6.2.2.4 Distress Thermometer – Quarta, quinta e sesta rilevazione La tabella mostra che dalla IV- V-VI rilevazione non è possibile evincere risultati significativi, in quanto vi è la presenza di pochi casi residui e non rappresentativi. Ciò è dovuto alla diminuzione del numero di pazienti nell’unità di degenza correlato alla dimissione del paziente stesso, per cui si ha una diminuzione del numero di rilevazioni del DT a + 22, +29,+36 giorni dal trapianto. Statistiche Termometro D IV Termometro D V Termometro D VI NValido 47 Mancante 238 27 17 258 268 105 7 Discussioni e conclusioni Dall’analisi dei risultati sopra illustrati, emerge un campione di nazionalità a prevalenza italiana (73.7%) composto prevalentemente dal sesso maschile, che presenta un’età media di 48,8 anni, prevalentemente affetto da mieloma multiplo, con un tasso di scolarità medio corrispondente al diploma di scuola media superiore. La prevalenza del campione è costituita da pazienti sposati e genitori in media di due figli a carico, e lavoratori dipendenti. Quasi la totalità del campione non presenta parenti con disabilità di natura fisica o psichica di cui si devono prendere cura. Il 45,5% dei pazienti al momento del colloquio riferisce di soffrire di disturbi del sonno, di cui il 18.3% di questi non assume farmaci per poter riposare meglio. Inoltre il 27,5% dei pazienti riferisce la presenza di dolore all’ingresso e l’8,8% dei pazienti soffre di disturbi psichici. I pazienti candidati a trapianto di cellule staminali emopoietiche, poiché ad alto rischio di disagio e stress possono sviluppare modelli di coping inefficace, causa di una minor risposta e aderenza terapeutica e sviluppo di ansia e depressione post-trapianto. Per questi motivi ogni paziente candidato al trapianto viene monitorizzato tramite Distress Thermometer, al momento del colloquio e dal giorno dopo il trapianto ogni settimana, per valutare il grado di distress e le relative cause espresse dal paziente stesso. Dai risultati sull’andamento del distress, valutato statisticamente dopo aver riportato il valore del DT di ciascun paziente, si evince che i livelli più alti di distress si rilevano al momento del colloquio, ma anche a 29 e 8 giorni dal trapianto. Mentre i livelli più bassi di distress si rilevano a + 36 e +1 giorni dal trapianto. Tali risultati sono in linea con i dati di letteratura, un livello più alto di distress al momento del colloquio è legato infatti ad uno stato di ansia e depressione, manifestazione dell’insieme di dubbi e incertezze che il paziente porta con sé e alla paura di morire. In questo contesto può rivelarsi fondamentale l’intervento infermieristico, che attraverso un approccio relazionale corretto ed un intervento educativo mirato può contribuire a ridurre significativamente l’ansia del paziente. La mancanza d’informazioni infatti può contribuire allo sviluppo di incertezza, ansia e depressione nell’assistito. Nel giorno del trapianto di cellule staminali si assiste invece ad una notevole diminuzione dei livelli di ansia. 106 Questo è dovuto al fatto che i pazienti affetti da patologie oncoematologiche, a differenza dei malati di tumore solido, vivono la malattia come sistemica che colpisce interamente il proprio essere e dalla quale risulta difficile scindersi. Il trapianto di cellule staminali rappresenta per questi pazienti una speranza di guarigione, ciò spiega livelli inferiori di distress alla rilevazione del Distress Thermometer il giorno successivo al trapianto. Tuttavia un aumento dei livelli di distress dopo il trapianto in particolare a +8 è legato ad un incremento dei disturbi somatoformi, e all’esperienza di stress da isolamento, correlato da un lato alla carenza di supporto sociale che si ha durante il periodo di isolamento protettivo, durante il quale le relazioni interpersonali con familiari e amici sono ridotte al minimo, e dall’altro agli alti livelli di ansia registrati inizialmente che possono in un secondo momento essere espressi attraverso sintomi fisici, spie di un disagio profondo. Valori più alti del DT si riscontrano anche a + 29 giorni dal trapianto, ciò è legato ai disturbi somatoformi, ma può anche esser correlato ad una serie di fattori tra i quali i disturbi propri causati dalla procedura terapeutica in sé per sé. Alcuni sintomi di malattia psicosomatica infatti possono essere confusi, in questa fase, con quelli propri che il trapianto di cellule staminali emopoietiche può causare, come mal di testa, problemi gastrointestinali, ecc. Inoltre un livello più alto di distress verso la fine della degenza, quindi in prossimità della dimissione può esser dovuto all’aumento dei livelli di ansia scaturita dal dover abbandonare l’unità di isolamento, entro la quale in un certo senso il paziente si sente protetto, ed affrontare le problematiche che possono instaurarsi nel ritorno alla normalità. Per questi motivi, l’aumento dei livelli di distress, inoltre può esser associato sia ad un vissuto di paura relativo alla perdita del supporto dei sanitari, sia una crisi della compliance nella relazione con il personale sanitario, infine, un profondo stato di distress può esser associato ad un vissuto di perdita permanente (ad es. infertilità). Mediante l’analisi statistica multivariata delle regressioni logistiche è stato possibile dimostrare quali sono i fattori di rischio e protezione per lo sviluppo del distress, espressi dal paziente mediante lo screening del Distress Thermometer nelle sue varie rilevazioni. In particolare vediamo che nella rilevazione del DT a 1 giorno dal trapianto il fattore di rischio maggiormente rappresentativo di distress riguarda l’aspetto del paziente, ovvero come questi si vede. 107 Ciò può esser legato alle modificazioni dell’aspetto che la persona assume, in quanto sottoposta a regime di condizionamento radio/chemioterapico, necessario per il verificarsi dell’aplasia midollare che permetterà il successivo attecchimento delle cellule staminali emopoietiche infuse con il trapianto. Nella rilevazione del distress a +1 si può notare infatti la presenza di fattori di rischio quali l’aspetto, secchezza cute e nausea, legati agli effetti tossici della radio e chemioterapia. Infatti per ridurre il disagio legato alla vista della perdita di capelli, questi ultimi vengono rasati prima dell’inizio delle cure. Inoltre compaiono come fattori di rischio anche una diminuzione delle capacità mnemoniche, problemi economici, tristezza e nervosismo. Mentre il fattore di rischio rilevato che presenta anche il più alto valore di wald riguarda la preoccupazione, espressione di una maggior causa effetto per la comparsa del disagio. I fattori che possono indurre uno stato di preoccupazione nel paziente, possono esser riconducibili alla paura che il trapianto non abbia effetto, oppure alla lontananza dal contesto familiare e il non poter provvedere alla propria famiglia. Nella rilevazione a +8 giorni dal trapianto il fattore che presenta un’Odds Ratio maggiore è il parametro alloggio, ciò può esser dovuto alla condizione di isolamento. La stanza di degenza pur essendo dotata di connessioni internet, televisori, webcam etc. con i quali il paziente può restare in comunicazione con i propri cari, tuttavia non si può sostituire alla vicinanza e all’affetto dimostrato attraverso profondi abbracci. Il valore che mostra un wald più alto è la depressione, espressione che la sua presenza determina un aumento dei livelli di distress. Nella rilevazione del DT a +15 giorni dal trapianto invece si nota a differenza delle precedenti rilevazioni, disturbi fisici, talvolta di origine somatoforme, in particolare si registra come fattore di rischio più alto associato al distress, che presenta anche il valore più alto di wald, la respirazione. Ad essa segue il lavarsi/ vestirsi, disturbi minzione, aspetto, come la persona si vede e paure, rappresentano tutti fattori di rischio per lo sviluppo del distress. Mentre si riscontra che il formicolio è associato ad un fattore protettivo. Ciò può esser spiegato, in quanto dai risultati si evince che il sesso femminile e un età <51 anni sono dei fattori di rischio per il distress, allora possiamo affermare anche il contrario, ovvero il sesso maschile e un età >51 anni costituiscono dei fattori protettivi per il distress, e poiché questi gruppi di pazienti 108 manifestano disagio prevalentemente per quanto riguarda i fattori fisici, tra cui il formicolio, possiamo dire che il formicolio è un fattore protettivo. Tra i fattori sociodemografici che influenzano il grado di distress vi è l’età anagrafica del paziente. È stato riscontrato infatti che i pazienti con età media inferiore ai 51 anni manifestano più paura, tristezza, fatica, problemi economici e nella cura dei figli, maggiori preoccupazioni e nervosismo e la percezione di una perdita delle capacità mnemoniche. Mentre soggetti con età superiore ai 51 anni manifestano prevalentemente sintomi fisici, legati al formicolio e disturbi della minzione. Per cui nei soggetti più giovani i problemi sono principalmente di natura psicologica, quindi meno oggettivabili rispetto ai problemi di natura fisica dei soggetti meno giovani. Per quanto riguarda il genere, dall’analisi dei risultati si evince che il distress nel sesso femminile è correlato alla manifestazione di paure, nervosismo, preoccupazione, modifiche dell’aspetto, dolore, lavarsi e vestirsi, mucosite, disturbi del sonno, dispepsia. Mentre il sesso maschile sperimenta maggiormente problemi legati al formicolio e alla respirazione. Questa diversità nell’espressione dei problemi percepiti come fonte di disagio è intrinseca nella diversità tra i due generi; le donne infatti sono più ansiose degli uomini e ciò è correlato ad uno squilibrio degli ioni calcio e magnesio. La principale differenza tra uomo e donna sta nel fatto che il funzionamento delle ghiandole della riproduzione nell'uomo è continuo mentre nella donna è ciclico. La donna è caratterizzata dalla continua fluttuazione dei tassi di estrogeno e dall'aggiunta intermittente di progesterone, ormoni che esercitano entrambi potenti effetti sull'umore e su tutte le funzioni neurotrasmettitrici. Inoltre le donne sono più abituate ad esternare e ad esprimere meglio le proprie emozioni rispetto all’uomo 47 , da ciò ne deriva una diversa espressione dello stato doloroso associato alla malattia. Per quanto riguarda gli effetti del distress correlati al diverso tipo di trapianto, sia esso autologo o allogenico, si riscontrano maggiori problematiche nei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali allogenico, legate principalmente all’alloggio, dolore, febbre, diarrea, nausea, cura dei figli e mucosite. Mentre pazienti sottoposti a trapianto di CSE autologo, manifestano prevalentemente disagio legato alla fatica, mangiare, formicolio e febbre. 47 http://www.francescagalvani.org/articoli/95-differenze-tra-maschi-e-femmine-di-fronte-al-dolorecronico.html 109 La differenza tra le diverse manifestazioni è collegata alle diverse complicanze che si verificano in entrambi i tipi di trapianto, il trapianto allogenico infatti è correlato ad un maggior numero di effetti tossici legato alla terapia. Altri fattori di rischio che sono stati individuati dal presente studio, in grado di influenzare il distress, riguardano la presenza di figli e il sonno disturbato. È stato riscontrato infatti che pazienti con figli presentano un maggior rischio di comorbidità per trapianto allogenico. Inoltre la presenza di figli è in grado di influenzare negativamente il sonno, ciò può esser dovuto all’aumento delle preoccupazioni nei confronti dei figli e alla loro cura. Inoltre il sonno disturbato si riscontra nella totalità dei pazienti con dolore cronico e nei pazienti con dolore all’ingresso, oltre che nei soggetti con disturbi psichici. Si può dunque dedurre quanto sia fondamentale un attento controllo delle cause che possono incidere sul disturbo del sonno, che può contribuire ad una varietà di disfunzioni psicologiche e fisiche, come l’insonnia, dolore cronico, distress respiratorio, obesità, ansia e stress.48 La ricerca condotta per l’elaborazione dello studio ha messo in evidenza la presenza di fattori che sono in grado di incidere sullo sviluppo del distress che se non adeguatamente individuato e monitorizzato mediante Distress Thermometer, contribuisce allo sviluppo di problemi quali l’ansia, disturbi somatoformi o depressione, problemi comuni nei pazienti che affrontano un trapianto di cellule staminali emopoietiche. Importante dunque il mantenimento di valori del Distress <4, cutoff che esprime un disagio controllato, come è stato rilevato nella media dei soggetti analizzati nel presente studio. Tuttavia la presenza anche moderata di tali problemi richiede la presa di coscienza da parte del personale dei fattori di rischio e protezione che influenzano il distress e lo sviluppo di un’assistenza centrata sugli effettivi bisogni del paziente che, come si è visto, possono variare notevolmente nel corso del ricovero, che può presentare anche una durata molto lunga. L’infermiere gioca in questo contesto un ruolo centrale essendo si il fautore dell’assistenza giornaliera, ma potendo rappresentare anche un confidente, un amico, un alleato. Il paziente che affronta un trapianto di cellule staminali emopoietiche affronta non solo una procedura terapeutica complessa, ma va incontro ad una serie di restrizioni che limitano significativamente la sua sfera di vita, a partire dall’alimentazione, al regime 48 L. Boonstra, K. Harden , S. Jarvis , Sleep disturbance in hospitalized recipients of stem cell transplantation, Clinical journal of oncology nursing, 2011,vol15,3:271-276 110 di isolamento protettivo, che rappresenta forse l’elemento più significativo per gli stessi. In questo contesto l’infermiere rappresenta dunque non solo il professionista che si prende cura, ma viene identificato anche come colui che conosce in modo approfondito il paziente, che si preoccupa non solo della salute fisica, ma anche dei suoi bisogni psicoemozionali. L’Infermiere è una figura chiave dell’ equipe curante in quanto ha modo di passare molto tempo con il malato, momenti in cui può dialogare con lui e può ascoltarlo in maniera attiva; in queste occasioni può capire come si sente il paziente, se è in difficoltà e quindi cercare di ripercorrere con lui i vissuti, può riscontrare nel paziente tante paure per il futuro e per quando sarà dimesso e quindi cercare di fornirgli informazioni corrette. Dal colloquio con il paziente dunque si possono cogliere campanelli d’allarme, progettare e pianificare l’assistenza sulla base dei bisogni riscontrati. L’integrazione tra i diversi professionisti riveste un ruolo fondamentale nella cura e nel prendersi cura dei pazienti oncoematologici, che necessitano di interventi tecnici specifici, ma anche educativo-relazionali durante tutto il percorso di cura, e il professionista infermiere può e deve fungere da punto di comunicazione tra le diverse figure coinvolte, rappresentando comunque il professionista maggiormente coinvolto nell’assistenza diretta al malato. 111 Allegati Allegato A: Distress Thermometer adottato dal centro TMO- Careggi 112 Bibliografia e sitografia - A. 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