Man on the Moon

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Man on the Moon Di Giovanni Bignami | 12 giugno 2009
Lʹastronauta Harrison Shmitt (dellʹequipaggio di Apollo 17, in kissione fra il 7 e il 19 dicembre 1972) sale a bordo di un rover luna
Cotruito dalla Beoing e costato 39 milioni di dollari, viene usato per la prima volta diramte Apollo 15, nel 71. A destra Buzz Aldrin
Foto: Courtesy of Nasa
Buzz Aldrin lo conoscono tutti. Fu il “secondo uomo” sulla Luna dal Lem dell’Apollo 11, in quel fatidico luglio
La storia, ormai analizzata nei minimi dettagli, di come e perché calpestò la sabbia lunare per secondo anziché p
primo, non è mai riuscito a digerirla. Avrebbe dovuto uscire lui, per lasciare a bordo il comandante della missio
Neil Armstrong. E soprattutto avrebbe voluto molto essere lui, il protagonista dell’impresa. La Nasa invece dec
freddamente, che Neil andava meglio come immagine di “all‐American boy”, anche se ci misero molti anni ad ammetterlo. Per un bel po’ dissero che era perché Armstrong, in quel momento, era un civile e non un militare Aldrin; poi provarono a giustificarsi con il portello di uscita, più comodo per Neil che per Buzz. Tutte scuse. In semplicemente, ritenevano Neil più adatto come immagine e anche più capace di sopportare lo stress della imm
popolarità (quanto immensa, non potevano neppure immaginarlo). Forse, a posteriori, avevano ragione. Buzz, un caratteraccio, due Mig abbattuti in Corea, non si riprese mai bene
problemi fisici (anche di alcolismo) e affettivi (rapporti difficili con svariate mogli). Ma Neil, oggi, non parla più
pubblico, almeno della Luna. Con Buzz invece, che a 80 anni vive in piena forma in California, sfruttando un’am
nata sul campo, siamo riusciti a scambiare un’affascinante chiacchierata, in esclusiva per Wired. Dopo l’annuncio del Presidente Kennedy nel 1961 si trattava di decidere come fare davvero ad andare sulla L
A tre anni dal primo, piccolissimo satellite americano e dalla nascita della Nasa, nessuno ne aveva la minim
Chiesero anche il parere di voi astronauti, che alla fine eravate quelli che rischiavano davvero? «All’inizio io ero ancora al Mit, a fare un dottorato in astronautica. Quando venni selezionato, nel 1963, sentii p
di tre possibilità: Von Braun voleva fare un razzone immenso, capace di partire dalla Terra, posarsi sulla Luna a
marcia indietro, ripartire e tornare a casa. Un’idea grandiosa nella sua semplicità ma di gran lunga troppo peric
Poi c’era la possibilità più sicura, quella di un rendez‐vous in orbita terrestre dei vari segmenti di missione nece
http://www.wired.it/magazine/archivio/2009/05/storie/buzz-aldrin.aspx
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per andare e tornare dalla Luna, tutti messi in orbita con due Saturno V (il più potente razzo mai costruito dalla
Nasa). Ma quella che vinse fu l’idea di un rendez‐vous in orbita lunare. Era molto meno sicuro di quello in orbi
terrestre, ma si poteva fare con un solo Saturno V. La Nasa, ovviamente, scelse quell’opzione: faceva risparmiar
miliardi e due anni di tempo. Era anche l’unico modo di rispettare la promessa fatta a un Presidente assassinato
Oltre che più sicura, una infrastruttura in orbita terrestre sarebbe però rimasta anche dopo Apollo. Molti pen
che se ci fosse stata, e con Von Braun ancora in gioco, oggi saremmo già su Marte… «Per prendermi in giro, mi chiamavano “Dr. Rendez‐Vous”: il mio dottorato era proprio sugli agganci in orbita
all’epoca erano una cosa rara e difficile (non che oggi siano da prendere alla leggera…). Proprio come esperto, d
comunque il mio assenso all’aggancio sull’orbita lunare, anche se era più pericoloso. Noi volevamo andare pres
sulla Luna, a tutti i costi». Veniamo a una questione sulla quale anche la Bbc ha molto insistito a suo tempo: è vero che vedeste un Ufo
andando verso la Luna «Fui io a vedere una luce, come di una stella brillante, che si muoveva contro il cielo pi
stelle fisse. Era il primo giorno della nostra traversata verso la Luna. Lo dissi a Neil e Mike (Collins), che la vide
immediatamente. Sembrava seguirci a distanza. Puntammo il nostro piccolo telescopio, con qualche difficoltà d
messa a fuoco. Aveva una forma a L, era chiaramente uno dei quattro pannelli che adattavano la nostra navicel
all’ultimo stadio del lanciatore. Al momento di staccarsi dal lanciatore e partire per i tre giorni di traversata Ter
Luna, avevamo azionato il distacco di questi pannelli, comandati con delle molle. Ma siccome eravamo già deco
pannelli rimasero su traiettorie simili alla nostra e noi stavamo vedendo il più vicino. Una spiegazione banale, naturalmente mai accettata dai fanatici di Ufo, specialmente alla Bbc. Erano troppo affascinati dall’idea di un og
sconosciuto che ci seguiva. Andai persino al Larry King Show portando con me uno di quei pannelli in tv. Ma n
può convincere chi ama sognare…». Avete visto nient’altro di strano andando sulla Luna? «Solo i famosi “flicker flashes” (così li chiama Buzz). Erano brevissimi lampi di luce che io e gli altri vedevamo tanto, senza nessuna ragione apparente. Poi ci hanno spiegato che si trattava di particelle dei raggi cosmici che attraversavano ad altissima velocità il nostro occhio e ci davano quella sensazione, senza danno apparente. Sarà
bisognerà tenerne conto se vogliamo viaggiare a lungo nello spazio». Ripensandoci oggi, abbandonare Apollo e costruire lo Shuttle prima, e dopo cominciare la Stazione Spaziale
davvero una buona idea? «Lo Shuttle ebbe una lunghissima gestazione, dal 1971 al 1981. Avevo lasciato la Nasa e diedi il mio parere solo
dall’esterno. Ero contro la struttura dello Shuttle così come fu poi realizzata. Sarebbe stato molto meglio avere i
orbita Skylab1, la prima stazione spaziale, assieme alla seconda stazione di riserva che non volò mai, e usarle co
moduli di base per una stazione che avrebbe potuto contenere anche otto astronauti alla volta». E la Stazione Spaziale? «La Stazione era partita come base per la Strategic Defense Initiative degli anni 80, nota anche come Star Wars a
tempi di Reagan. Si doveva chiamare Freedom e rappresentare l’alternativa allo spazio sovietico. L’Unione Sov
nei suoi ultimi anni, non accettò la sfida e decise di gettare la spugna spaziale. Poi caddero sia loro che il Muro Berlino. La Sdi non aveva più ragione di essere, ma la Stazione era inarrestabile. Avrebbe già dovuto essere in o
fino dal 1984 e costare al massimo 8 o 10 miliardi. Invece né lo Shuttle né la Stazione, non ancora finita e costata
100 miliardi, sono all’altezza delle aspettative». Parliamo del futuro. La Nasa obbedisce agli ordini di Bush (finora più o meno confermati da Obama) e dice voler tornare sulla Luna. Servirà all’esplorazione? «Il ritorno sulla Luna che la Nasa sta pianificando non è esplorazione». Davvero? Ma allora che senso ha oggi, per gli Stati Uniti, tornare sulla Luna? «Ripeto, andare sulla Luna, oggi, vuol dire fare sviluppo, non esplorazione. La mia visione è molto più ampia e
somma di esplorazione, più imprenditoria privata, più sviluppo di satelliti a propulsione solare (un concetto ch
Buzz non spiega in maggior dettaglio), più turismo spaziale». Come si può sviluppare questa tua idea? http://www.wired.it/magazine/archivio/2009/05/storie/buzz-aldrin.aspx
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«Prima di tutto costruendo un XM (Exploration Module), un modulo di esplorazione, che, lui sì, può essere atta
alla Stazione Spaziale per una prima serie di test. Un progetto alternativo sarebbe quello di due Skylab messi vi
comunque deve essere innovativo. Alla sua progettazione e realizzazione potrebbe partecipare l’industria italia
Alenia (oggi Thales Alenia Space Italia) che sa fare i moduli meglio di Boeing (dice proprio così Buzz, sembra convinto, non sembra che lo dica per complimento). XM potrebbe essere pronto per il 2016». E poi? «Bisognerà lanciarlo e metterlo sul punto di “librazione” tra la Terra e la Luna, cioè il punto dove i due campi gravitazionali di Terra e Luna si annullano e ogni massa sta ferma, come in equilibrio. Ripartire da lì costa zero
energia, non come partire dalla superfi cie della Luna. E a quel punto, the sky is the limit…». Online editing di Maria Teresa Sette
TAG: spazio | astronauta | luna | Buzz Aldrin | Apollo11 | shuttle
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