Il Laser, un nuovo rischio da valutare: classificazione, effetti

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Il Laser, un nuovo rischio da valutare: classificazione, effetti biologici
sui tessuti e normativa di riferimento
Fabiano Rinaldi
Responsabile Tecnico - Esperto Qualificato & RSPP - SILAQ
Il laser è un dispositivo che consente di generare radiazione ottica monocromatica,
costituita cioè da un'unica lunghezza d'onda, estremamente direzionale e di elevata
intensità. Tali caratteristiche non sono ottenibili con l'impiego di una normale
sorgente ad incandescenza o al neon.
Pur differenti per le tecnologie adottate tutti i laser sono basati sul medesimo principio
fisico: l'amplificazione coerente dell'intensità luminosa tramite emissione stimolata di
radiazione (in inglese Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, da
cui l'acronimo LASER) e sono tipicamente costituiti da un materiale attivo, le cui
proprietà fisiche determinano la lunghezza d'onda della radiazione laser, racchiuso in
un contenitore cilindrico le cui basi sono due specchi piani.
Esiste attualmente una grande varietà di sorgenti laser (a stato solido, a gas, a coloranti
organici, ad eccimeri) che coprono un intervallo di lunghezze d'onda che comprende
la radiazione visibile l'infrarosso e l'ultravioletto. Accanto ai laser in continua (CW),
esistono laser che emettono impulsi di grande intensità e breve durata (anche ben al di
sotto del picosecondo).
Un concetto importante per definire il rischio da esposizione a un'apparecchiatura
laser è quello di LEA (Accessible Emission Limit), che è definito come il livello di
radiazione massimo di una sorgente cui può accedere un operatore e determina la
pericolosità di un apparato laser. Attraverso lo studio della soglia di danneggiamento
per l'occhio e la cute in funzione della lunghezza d'onda e della durata dell'esposizione
alla radiazione laser, sono stati dedotti i criteri che, in base alla lunghezza d'onda e al
LEA, cioè alla potenza accessibile da parte dell'operatore, collocano un laser in una
certa classe di pericolosità.
Dal punto di vista della pericolosità le classi sono così definite:
! Classe 1: non è pericolosa l'osservazione prolungata e diretta del fascio
! Classe 2: (definita per la sola radiazione visibile): non è pericolosa
l'osservazione diretta del fascio se non è prolungata oltre 0.25 s che è il
tempo tipico del riflesso palpebrale nel visibile.
! Classe 3A: come la classe 2, ma è pericolosa l'osservazione diretta tramite
sistemi ottici.
! Classe 3B: è pericolosa l'osservazione diretta del fascio a occhio nudo. Non
è pericolosa l'osservazione dellla luce diffusa da uno schermo per t< 10s.
! Classe 4: è pericolosa anche l'osservazione della luce diffusa da uno
schermo. Può innescare incendi.
E' importante sottolineare che il criterio è legato solo alla potenza del laser
effettivamente accessibile all'operatore e dipende quindi dall'apparato laser nel suo
complesso. Il produttore deve dichiarare la classe di appartenenza del laser, la
lunghezza d'onda di emissione, la massima potenza di uscita. Tali dati dovranno essere
chiaramente specificati oltre che nei dati di targa, anche nell'ambito di appositi segnali
di pericolo posti in ogni punto dello strumento dal quale sia possibile accedere
direttamente o diffusamente al fascio laser.
Dal punto di vista della pericolosità le classi sono così definite:
! Rischio di danno oculare per esposizione diretta e/o attraverso riflessioni
speculari (classe 3B, 4)
! Rischio di danno oculare anche nel caso di riflessioni diffuse (solo classe 4)
! Rischio di lesioni cutanee (solo classe 4)
! Rischio di innescare incendi (solo classe 4)
Gli effetti della radiazione laser sui tessuti dipendono principalmente dalla lunghezza
d'onda, dalla potenza o energia assorbita per unità di superficie e dal tempo di
esposizione. Sia la radiazione visibile che quella infrarossa (IR) e ultravioletta (UV)
sono in grado, per le elevate densità di potenza tipiche dei laser, di produrre danni di
vario tipo.
I principali organi bersaglio nel caso dell'esposizione a radiazione laser sono gli occhi
e la pelle, tuttavia, laser di elevata intensità possono trasmettere notevoli quantità di
energia anche a organi interni, particolarmente per certi intervalli di lunghezze d'onda
in cui la trasmissione è relativamente elevata (finestre ottiche), ad esempio nel vicino
infrarosso.
L'entità dei danni dipende soprattutto dalle proprietà dei tessuti di assorbire,
trasmettere e riflettere le varie lunghezze d'onda, e, nel caso dei danni termici, dalla
capacità dei tessuti di dissipare più o meno rapidamente l'energia assorbita.
Danno a carico degli occhi
Gli UV-B e UV-C sono intensamente assorbiti nella cornea e nella congiuntiva e
possono, quindi, provocare danni locali (cheratiti e congiuntiviti). Gli UV-A vengono
trasmessi più facilmente dalla cornea e sono quindi assorbiti totalmente dal cristallino
con conseguente rischio di opacizzazione (cataratta). Gli IR-B e IR-C vengono
assorbiti nella cornea e nell'umor acqueo e producono danni alla cornea tipici degli
addetti alle fornaci. Il rischio di danno oculare è particolarmente elevato nel caso di
radiazioni che vengono focalizzate sulla retina; queste ultime sono la radiazione
visibile, compresa cioè nel range 400-760 nm e la radiazione che appartiene al vicino
infrarosso che, pur non dando luogo a percezione visiva, viene tuttavia focalizzata. Le
densità di potenza o di energia sulla retina sono tipicamente centomila volte più
elevate di quelle incidenti a livello della cornea. Oltre ad essere pericolosi per la retina,
gli IR-A producono un danno termico che colpisce il cristallino che, essendo un
tessuto privo di vascolarizzazione non è in grado di dissipare l'energia termica in modo
efficiente e tende ad opacizzarsi (cataratta).
Danni a carico della cute
Per quanto riguarda la pelle, l'azione degli UV è in generale a carico dei nuclei
cellulari. Gli UV-B e UV-C provocano l'eritema, ed è noto che gli UV solari in genere
e in particolare gli UV-B provocano invecchiamento cutaneo e aumentano il rischio di
insorgenza tumorale (carcinoma delle cellule squamose e basali, melanoma e sarcoma
di origine cutanea). I danni biologici principali sono dovuti agli UV-C di lunghezza
d'onda compresa tra 260 e 280 nm, in quanto a queste lunghezze d'onda si ha il
massimo di assorbimento da parte del DNA e delle proteine. Anche la radiazione
visibile di corta lunghezza d'onda sembra sia in grado di produrre alterazioni
biologiche nella cute e negli organi più interni. La radiazione IR produce
essenzialmente danni di natura termica, innalzando la temperatura della cute e dei
tessuti sottostanti, con conseguente progressiva denaturazione di macromolecole
(proteine, collagene, lipidi, emoglobina).
Le misure di sicurezza raccomandate nell'uso di apparecchiature laser sono
ovviamente funzione della classe di pericolosità dell'apparato. Un problema
importante è legato alla possibilità di riflessioni del fascio e, in questo caso, bisogna
distinguere il caso della riflessione diffusa da quello della riflessione speculare. La
riflessione diffusa produce irradianza ridotta ma in tutte le direzioni, mentre una
riflessione da una superficie speculare piana è particolarmente pericolosa perché il
fascio rimane collimato, mentre una superficie riflettente convessa lo disperde su un
determinato angolo solido. Per l'installazione e l'utilizzo di laser di classe 3A o
superiori è necessaria la consulenza di personale altamente specializzato: un Tecnico
Laser o di un Addetto alla Sicurezza Laser. Il laser dovrebbe essere utilizzato solo da
personale adeguatamente formato.
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Il Laser, un nuovo rischio da valutare: classificazione, effetti biologici
sui tessuti e normativa di riferimento
Per i laser di Classe 3B o superiore valgono, ad esempio, le seguenti misure di
controllo del rischio riguardanti in particolare il controllo delle riflessioni:
! Il laser deve operare esclusivamente in un'area controllata.
! Particolari precauzioni dovrebbero essere prese per evitare riflessioni
speculari indesiderate.
! Il fascio laser dovrebbe essere limitato, laddove sia possibile, alla fine del
suo tragitto utile, da un materiale diffondente che minimizzi i rischi di
riflessioni.
! E' richiesto l'uso di protettori oculari se esiste la possibilità di entrare in
contatto con il fascio per visione diretta o a causa di riflessioni.
! L'accesso all'area in cui opera il laser dovrebbe essere segnalato da segnali di
pericolo di tipo standard.
Normativa di riferimento
La Comunità Europea ha emesso una direttiva (93/42/CEE del 14/6/93) pubblicata
sulla G.U.L 169 dd 12/7/93) relativa ai dispositivi medici. I laser per applicazioni
mediche rientrano nella categoria dei dispositivi medici attivi. La direttiva definisce
quali sono i requisiti a cui un'apparecchiatura laser per uso medico deve sottostare e
indica le modalità con cui è possibile ottenere il marchio di conformità CE. Una
seconda direttiva (89/686/CEE GUCE NL 399/18 dd 30/12/89) riguarda i dispositivi
di protezione individuali con particolare attenzione agli occhiali protettivi ed è in
vigore in Italia dal 1 dicembre 1992. I requisiti a cui devono soddisfare gli occhiali di
protezione sono descritti nelle norme EN 207 e En 208 pubblicate dal CEN e tradotte
in italiano dall'UNI. Le norme di buona tecnica che fissano i requisiti tecnici di
installazione ed impiego dei Laser utilizzati in ambito sanitario è la norma CEI 76-1
(1989), Norma CEI 76-6 "Sicurezza degli apparecchi laser. Parte 8: Guida all'uso
(2001)”, e Norma CEI EN 60601-2 22
degli apparecchi laser in medicina (2001)”,
"Apparecchi elettromedicali Parte 2. Norme particolari per la sicurezza degli
apparecchi laser terapeutici e diagnostici (1997)”
Valutazione del rischio.
Gli effetti della radiazione laser sui tessuti dipendono principalmente dalla lunghezza
d'onda, dalla potenza o energia assorbita per unità di superficie e dalla durata
dell'esposizione. Gli organi maggiormente esposti a rischio sono gli occhi e la pelle. Il
rischio di danno oculare è particolarmente elevato nel caso di radiazioni visibili (con
lunghezza d'onda compresa fra 400 e 700 nm) o nel vicino infrarosso, perché l'occhio è
in grado di focalizzarle sulla retina. Le densità di potenza o di energia sulla retina sono
tipicamente centomila volte più elevate di quelle in arrivo sull'occhio a livello della
cornea. La penetrazione della radiazione nei tessuti dipende dalla lunghezza d'onda;
nella pelle è massima per radiazioni attorno al micron. Il meccanismo di
danneggiamento dei tessuti varia con la lunghezza d'onda; le radiazioni ultraviolette
hanno un'azione prevalente di tipo fotochimico che porta alla distruzione delle cellule
epiteliali causando, nell'occhio, congiuntiviti o, nel caso di penetrazione più profonda,
cataratte e, nella pelle, dermatiti con possibili effetti mutageni ad alte dosi. L'entità del
danno ai tessuti è determinata, in questo caso, dalla durata della esposizione e dalla
potenza assorbita e cioè dalla dose complessiva (energia assorbita per unità di
superficie).
Le radiazioni nel visibile e nell'infrarosso hanno, per esposizioni fra 0,1 ms ed 1 s
un'azione prevalentemente termica; il danno deriva dal riscaldamento indotto nel
tessuto e dal tempo di persistenza della condizione che porta alla denaturazione delle
proteine. L'entità del danno è quindi determinata dalla potenza della radiazione in
arrivo, dalla sua durata e dalla capacità dei tessuti di disperdere il calore per
conduzione determinata per tempi brevi dalla diffusività termica e, su tempi più
lunghi, anche dalla convezione del calore da parte dei fluidi che irrorano i tessuti
stessi.
Ad esempio i valori di esposizione massima permessa (EMP) previsti dalle norme per
esposizione oculare diretta per i laser a Nd-YAG per emissione a 1,06 m sono di 5
J/cm2 per impulsi con durata inferiore a 20 s e salgono fino a 2 mJ/cm2 per impulsi
della durata di un secondo, perché nel secondo caso l'energia assorbita si diffonde nei
tessuti adiacenti e l'innalzamento locale di temperatura è dello stesso ordine anche se
l'energia assorbita è molto maggiore. Questo andamento è stato verificato con una
serie di misure della soglia di danneggiamento in funzionamento della durata
dell'esposizione. Non si ha ancora evidenza di effetti cumulativi a lungo termine, la cui
possibilità di insorgenza è al momento oggetto di studio. Gli effetti nocivi presi in
considerazione dalla normativa sono unicamente gli effetti acuti, prendendo in
considerazione danni irreversibili che si manifestano in breve tempo dopo
l'esposizione.
Dai livelli di esposizione permessa derivano in particolare i criteri di classificazione
dei laser nelle diverse classi di pericolosità in base ai livelli di emissione accessibile
(LEA) e tutte le indicazioni relative alle normative di sicurezza che i costruttori di
apparati laser devono adottare. Tali limiti riguardano i livelli di radiazione a cui
l'operatore può essere esposto. Le classi così definite hanno le seguenti caratteristiche
di pericolosità:
! Apparati laser di CLASSE 1.
Non sono pericolosi anche per osservazione diretta e prolungata del fascio.
! Apparati laser di CLASSE 2.
L'osservazione diretta del fascio non è pericolosa per tempi inferiori a 0,25 s,
come accade ad esempio se interviene, come meccanismo di protezione, il
riflesso palpebrale o la reazione di aversione dell'occhio.
! Apparati laser di CLASSE 3.
E' pericolosa l'osservazione diretta del fascio mediante sistemi ottici quali
binocoli o oculari. L'osservazione ad occhio nudo non è pericolosa se
l'occhio mette in atto entro 0,25 s meccanismi di protezione (chiusura delle
palpebre o aversione dell'occhio).
! Apparati laser di CLASSE 3B.
E' pericolosa l'osservazione diretta del fascio ad occhio nudo. Non è
pericolosa l'osservazione della luce diffusa da uno schermo (tempi minori di
10 s).
! Apparati laser di CLASSE 4.
E' pericolosa anche l'osservazione della radiazione diffusa da uno schermo.
E' da notare che la classificazione riguarda gli apparati laser e non i laser che
essi contengono in quanto essa si basa sui livelli di radiazione accessibili da
parte di un operatore (LEA). Se ad esempio viene impedito completamente
l'accesso umano alla radiazione laser mediante opportuni involucri protettivi,
si può realizzare un apparato di classe 1 contenente un laser, che, preso
isolatamente, sarebbe classificato di classe 4.
Secondo quanto illustrato al precedente paragrafo, in ambito sanitario le
apparecchiature laser potenzialmente pericolose sono di classe 3 B (laser
principalmente impiegati in fisioterapia per terapie antalgiche ed antiflogistiche ) e
classe 4 (laser chirurgici e cosmetici).