a cura del Dipartimento di Valorizzazione dei Beni Culturali dell’Istituto
N°10 AGOSTO 2012
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda - Piazza Arese, 12 Cesano Maderno (20811 MB) - Tel. 0362.52.81.18 - www.istitutoartelombarda.org
ARCHIVIOnews
EDITORIALE
Tra
Barcellona
e
Milano:
guardando due cattedrali
La consacrazione della grande
basilica della Sagrada Familia a
Barcellona da parte di Benedetto
XVI ha sollecitato un rinnovato
interesse per quest’opera anche in
terre lombarde. Ho tenuto 16
conferenze in Milano e in varie
città dell’hinterland tra 2011 e
2012, tutte affollatissime, su Gaudì
e la sua ‘cattedrale’. Il grande
architetto, nato nel 1852 e deceduto nel 1926, fu attivo nel suo cantiere dal 1883 alla morte. La Sagrada Familia è stata sempre tra le
sue opere la più discussa e quella
rimasta più di tutte incompiuta.
Oggi, tuttavia, molti sono interessati a coglierne dal vivo, nella pietra stessa disegnata e calcolata,
modellata e composta, il senso. Lo
studioso Armand Puig i Tàrrech ha
recentemente segnalato: “Il simbolo struttura la Sagrada Familia
[…] che è una esplosione di
significati e di significanti, come se
ciascun elemento potesse sussistere solo in rapporto agli altri e,
soprattutto,
a
un
orizzonte
precedente e concomitante con
essi. Il simbolo è un’alternativa a
un’architettura preoccupata per le
forme puramente plastiche e
ornamentali, che non significano
nulla, o per gli spazi enormi, che
suscitano l’ammirazione di coloro
che li osservano, ma che non
risvegliano alcun moto interiore”.
Mi sono spesso chiesta, in questi
anni di ‘passione gaudiniana’
vivacemente accesa, se i milanesi
e i lombardi hanno ripensato con
affetto, tornando da Barcellona e
dopo la visita a Gaudì, allo
straordinario patrimonio di storia,
di fede e di carica simbolica della
‘loro’ cattedrale in Milano.
MONUMENTI IN 2.000 BATTUTE
IL SANTUARIO DI SANTA MARIA
DEL PARADISO A MILANO
L’origine di questa chiesa risale al
XV secolo anche se della
primigenia struttura architettonica
non rimane più nulla. La chiesa
eretta nel 1482 fu infatti distrutta
nel 1532 e la sua riedificazione
venne decisa solamente 18 anni
più tardi. La decisione di erigere
la nuova chiesa risale al 1550
sebbene la consacrazione della
prima pietra avvenne solamente
nel 1590 ad opera
dell’Arcivescovo Gaspare
Visconti. La progettazione dello
odierno edificio venne affidata a
Martino Bassi, il quale ideò un
semplice volume a navata unica
con otto cappelle laterali. Tra il
1733 ed il 1737 venne edificata la
cappella del Crocefisso e la
chiesa subì numerosi rifacimenti
pittorici e decorativi.
Nel 1782 la chiesa conventuale
venne soppressa dal governo
austriaco e nell’anno successivo
la custodia dei fedeli passò ai
padri serviti di San Dionigi che vi
portarono numerose opere d’arte
ed alcune importanti reliquie. Con
gli editti francesi la chiesa venne
Maria Antonietta Crippa
nuovamente soppressa e le
proprietà conventuali vennero
BIBLIOTECA
news
incamerate e vendute ai privati.
Tra i volumi giunti alla Biblioteca
La facciata che venne rifatta nel
ISAL negli ultimi giorni del mese di 1897 da Ernesto Pirovano
luglio, si segnala il catalogo della
attualmente appare ornata da due
mostra di cui si parla a p. 5 di que- rilievi di Ambrogio Pirovano e da
sto stesso numero di ISAL Magavetrate degli anni ’50.
zine: R. La Guardia, F. Tiradritti (a Numerose opere d’arte ornano la
cura di), Un egittologo garibaldino
chiesa: alla maestria di Giuseppe
milanese: Luigi Vassalli bey,
Leva si devono le raffigurazioni
Biblioteca Archeologica-Biblioteca della Nascita e della
d'Arte-CASVA, Milano 2012.
Presentazione al Tempio della
Vergine Maria presenti nella
controfacciata; a Gerolamo
Chignoli sono invece da
ascrivere il Martirio di San Isidoro
nella prima cappella di destra ed
il San Bonaventura nella terza
cappella di destra. Accanto a
queste opere in chiesa si
custodiscono anche la Natività e
la Fuga in Egitto di Clara Borroni,
e la raffigurazione di Sant’Anna e
la Vergine, attribuita al Procaccini
o a Francesco Fabbrica, il quale
realizzò la figura di Santa Lucia
nella seconda cappella di sinistra.
Andrea Porta, invece, è l’autore
del “San Carlo comunica gli
appestati” collocato nella prima
cappella di sinistra. Concludono
le opere artistiche presenti
all’interno della chiesa il crocifisso
quattrocentesco e gli stalli
intagliati del coro conventuale
della fine del XVI secolo.
Nel corso dei restauri del 1982
nel coro sono emersi alcuni
lacerti della Vergine Incoronata
dipinta da Andrea Pellegrini,
mentre sulle pareti della navata
sono stati rinvenuti frammenti
delle decorazioni seicentesche ad
affresco.
Al centro della pavimentazione
della chiesa è ancora visibile
quella che la tradizione identifica
come la pietra nella quale San
Barnaba, apostolo di Gesù e
compagno di San Pietro, il 13
marzo del 52 avrebbe conficcato
una croce iniziando la sua
predicazione a Milano.
Ferdinando Zanzottera
Malgrado l’ufficiale lunga chiusura
estiva dell’Istituto, l’Archivio, la
Fototeca e i Dipartimenti nei quali
è strutturato l’ISAL hanno continuato ad operare e ad incrementare il proprio patrimonio, per consentire una sempre più ricca fruizione ai soci e agli studiosi.
Tra le acquisizioni avvenute nel
mese di agosto si annovera anche
una piccola serie di fotografie di
Marco Beck Peccoz, che da tempo
ha lasciato la condizione di
emergente fotografo di architettura
per divenire una sempre più
consolidata realtà culturale del
panorama fotografico italiano ed
internazionale. La Fototeca ISAL,
dunque, ha ricevuto per donazione
alcune stampe digitali su
hahnemühle fine art paper da 305
g/mq autografate dall’autore,
raffiguranti l’Ospedale Niguarda di
Milano e, in particolare, la cappella
ospedaliera e l’opera di Francesco
Messina di cui ISAL Magazine si è
occupato nel numero 8.
ISAL
necessita
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culturale online gratuito.
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essere interessate
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senso è dunque la ben gradita.
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 10 Agosto 2012
DISTRETTO CULTURALE DELLA VALLE CAMONICA
ABITARE MINIMO NELLE ALPI:
CONCORSO INTERNAZIONALE DI IDEE PER LA PROGETTAZIONE DI UN BIVACCO ALPINO
in collaborazione con il gruppo di
lavoro del Politecnico di Milano
che si occupa dell’abitare minimo,
saldandosi con le loro ricerche e
con le finalità della Fiera della
Sostenibilità nella Natura alpina
realizzata dal Parco dell’Adamello
in Valle Camonica.
Riconoscendo comune unità di
intenti, l’iniziativa ha riscontrato la
collaborazione di: Politecnico di
Milano, MAGA Museo di Gallarate,
Club Alpino Italiano Regione
Lombardia, rivista Abitare, Museo
delle scienze – rete dei musei
della scienza in Trentino,
Promo_legno, e il patrocinio di:
Parco Nazionale dello Stelvio,
Parco Naturale Adamello-Brenta,
Assorifugi Lombardia, Collegio
Regionale Guide Alpine,
Legambiente.
Il Concorso, aperto dal 15 marzo
al 22 aprile 2012 ha registrato la
consegna di circa 200 proposte
progettuali, che saranno raccolte
in un catalogo critico che ha
ottenuto l’appoggio costruttivo del
C.A.I. Lombardia. La Mostra di
questi progetti, presentata ad
“abitare minimo” al MAGA -Museo
di Gallarate dal 12 maggio all’8
luglio e alla Fiera della
Sostenibilità nella Natura alpina in
Valle Camonica dal 13 al 22 luglio
2012, sarà esposta in altri
appuntamenti di rilievo in sede
regionale e, divenuta itinerante,
percorrerà le Alpi.
© Distretto Culturale Valle Camonica
Giorgio Azzoni
© Distretto Culturale Valle Camonica
Il Distretto Culturale di Valle
Camonica, all’interno del Progetto
artistico aperto_2012 ha
promosso, con la collaborazione
del Parco dell’Adamello, il
Concorso internazionale di idee
Abitare minimo nelle Alpi, per la
progettazione di una cellula
abitativa minima, autonoma,
reversibile (bivacco) destinata al
ricovero temporaneo, da collocarsi
lungo un sentiero in quota in area
alpina.
La partecipazione al Concorso,
aperta a gruppi di giovani
architetti, ingegneri, industrial
designers under 40 italiani e
stranieri, ha fissato come punti di
valore del progetto la qualità
© Collezione privata
© Distretto Culturale Valle Camonica
vivere nell’ambiente
alpino per
contribuire a
ripensare i canoni
del rapporto tra
uomo e territorio
sulla base di
concetti come
responsabilità e
sobrietà. La
modalità
dell'architettura
minima appare
infatti come lo
strumento mentale e
operativo adatto a
svolgere il tema in
termini
architettonici, tecnici
e ambientali; la
micro-architettura è
una forma di
sostenibilità e si
architettonica, la sostenibilità
coniuga con i tempi che viviamo,
economica, energetica e
che stanno determinando un
ambientale, la durabilità e la
ripensamento degli standard
realizzabilità della struttura. Con progettuali e costruttivi.
questi criteri si è inteso indurre i L’obiettivo dell’iniziativa è
partecipanti ad una riflessione
contribuire al dibattito sul tema
sugli aspetti realmente fondativi
dell’ospitalità di sicurezza in alta
del progetto; raccogliendo i
quota e sulle modalità di
risultati dell’ampia partecipazione, presenza dell’uomo nelle terre
si intende fornire ai gruppi
alte. L’apporto di idee progettuali
escursionistici organizzati un
e soluzioni tecniche può infatti
catalogo di idee, ipotesi e
costituire l’occasione per
sperimentazioni da valutare e
affrontare il tema da un punto di
eventualmente approfondire in
vista funzionale, architettonico e
progetti esecutivi.
sociale, ma anche per aprire un
Il concorso affronta il tema
dialogo sul significato
dell’abitare in territorio montano, dell’escursionismo alpino.
nelle terre alte, indagando
L’essenzialità imposta dal luogo e
situazioni marginali, estreme del dalle condizioni ambientali ha
richiesto ai progettisti scelte
semplici, funzionali e necessarie,
indirizzandoli in una direzione
selettiva, così come l’alta quota
dispone alla frugalità chiedendo
alla tecnica di essere ausilio in
termini di sicurezza. Il bivacco è
quindi un luogo fisico ma anche
un luogo mentale, un rifugio
temporaneo e una nicchia di
conforto, una forma di pensiero
che può indurre comportamenti
consapevoli.
Il Concorso di idee, concepito
all’interno di aperto_2012
“fare_arte al confine”, una
rassegna di arte pubblica
dedicata al tema dell’abitare
nell’area alpina, è stato costruito
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 10 Agosto 2012
MONUMENTI DA SCOPRIRE
LA VILLA PESTARINI A MILANO:
UN CAPOLAVORO POCO CONOSCIUTO DI FRANCO ALBINI
attenzione nel valutare le
soluzioni dei collegamenti verticali.
Una scelta compositiva che ancora
oggi è perfettamente leggibile
perché gli interni, la disposizione
degli ambienti, compresi gli arredi,
sono rimasti pressoché inalterati.
Villa Pestarini,come documenta
l’esistente, non ha subito fenomeni
di abbandono e non ha perso nel
tempo le sue funzioni residenziali.
Un eventuale progetti di
conservazione e restauro
dovrebbe riassumersi
nell’espressione “conservare per
mantenere vivo”. Un progetto di
restauro, dunque, che dovrebbe
trovare lecite modifiche per dare
una continuità abitativa a tale
struttura, mantenendo attuali i suoi
valori storici e funzionali.
Andrea Tardito
La villetta Pestarini, unico episodio
tuttora esistente in Milano di
creazione per una singola
committenza privata costruito da
Albini nel periodo prebellico, è un
piccolo elemento puntiforme
nell’eterogeneo panorama di
Piazza Tripoli (Via Mogadiscio
N.N. 2-4). Questo edificio
rappresenta un nodo importante
non solo per la comprensione del
progetto architettonico “albiniano”
in senso stretto, per cui “il
processo di definizione di un tipo
edilizio opera una selezione nel
tempo fra i caratteri essenziali e
quelli secondari degli edifici, una
sorta di distillazione che Albini ha
sempre considerato un processo
importante”(A. Monestiroli, Milano
2005) ma anche testimonianza
eloquente della sua particolare
visione delle ambientazioni di
interni.
“Tanti suoi arredi e tanti suoi
oggetti […] sembrano voler sfidare
le leggi della gravità”(C. de Seta,
Milano 1980). Una ricerca astratta
e purista che porta Albini, nel
periodo ante guerra, alla
creazione di geometrie
elementari, strutture modulari,
sistemi strutturali diafani e ridotti
a fili e telai; ricerca ampiamente
documentata dagli arredi originali
ancora presenti nell’edificio in
questione.
La creazione della villetta si
sviluppa in due fasi differenti. Il
signor Umberto Pestarini,
esportatore di prodotti in vetro
dalla Germania, affida nel 1938 il
progetto della propria abitazione
all’architetto Franco Albini. Lo
stesso Pestarini commissiona
successivamente all’architetto un
sopralzo (1949). Da
testimonianze rese dagli eredi
Pestarini, Albini non fu affatto
contento di stravolgere la sua
opera con le modifiche chieste
per la nuova unità abitativa.
L’attuale terzo piano fuori terra,
indipendente dai primi due piani
originari per l’aggiunta del nuovo
vano scala, modifica radicalmente
© Collezione privata
© Collezione privata
il gioco dei due corpi rettangolari
sfalsati (l’elemento compositivo
più importante della villetta ante
guerra), trasformando l’edificio
nel “parallelepipedo” compatto
che conosciamo oggi. Inoltre la
tamponatura delle pareti del
nuovo piano con pannelli ondulati
crea una netta cesura con le lisce
superfici rivestite in Terranova
delle parti originarie.
Il nodo, o almeno uno dei nodi,
per comprendere l’importanza di
quest’opera è l’interno della
scatola costruita. Se all’esterno
può sembrare che manchino
soluzioni di continuità, gli interni
denunciano l’esatto opposto.
Entrambe le fasi progettuali
mantengono uguale enfasi per gli
spazi comuni, con ricercate
soluzioni di partiture mobili per
frazionare tali spazi; medesima
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 10 Agosto 2012
© Fototeca ISAL
OMAGGIO AL GRANDE STUDIOSO DI GAUDÌ RECENTEMENTE
SCOMPARSO: JAUN BASSEGODA NONELL
Juan Bassegoda Nonell al lavoro nell’ufficio della Reial Càtedra Gaudí, nella Finca Güell di
Pedralbes in Barcellona, un tempo scuderie del conte Güell progettate da Antoni Gaudì
Il professor Juan Bassegoda
Nonell è morto a Barcellona, a
ottantadue anni, il 30 luglio di
quest’anno dopo lunga malattia.
Sono molto grata a lui e alla
moglie Olga per l’accoglienza
cordiale che mi hanno sempre
riservato, a lui in particolare per la
generosità con la quale mi ha
consentito di accedere all’archivio
della Reial Cátedra Gaudí,
istituzione ministeriale per lo studio
della personalità e dell'opera del
grande architetto catalano Antoni
Gaudì, Cátedra da lui iniziata e
collegata all’Università di
Architettura (Escuela de
Arquitectura) di Barcellona, dove,
in più di trenta anni, Juan ha
raccolto materiali grafici, fotografici
e documenti legati soprattutto a
Gaudì, oltre che elaborato studi
che hanno spaziato in vari ambiti
della storia dell'architettura.
Moltissime furono le cariche da lui
assunte, segno di un profondo
innesto nella ultura catalana e
spagnola. Divenne nel 1966
presidente della Asociación de
Amigos de Gaudí, fu dal 1968
professore ordinario di Historia de
la Arquitectura y del Urbanismo,
Jardinería y Paisaje della Escuela
de Arquitectura e direttore della
Reial Cátedra Gaudí, fino 2000,
anno del suo pensionamento. Da
allora fino al 2009 è stato
conservatore a vita della Cátedra,
divenendone nel 2010 anche
direttore onorario. Membro della
Reial Academia de Bellas Artes de
Sant Jordi, ne fu presidente tra
1990 e 1998; inoltre è stato
membro della Reial Academia de
Ciencias y Artes in Barcellona dal
1977, dell’American Institute di
Washington e dell’Hispanic
Society of America di New York
dal 1994; membro corrispondente
delle accademie di San Fernando
di Madrid, di Santa Isabel di
Sevilla, di San Telmo di Málaga e
di Nuestra Señora del Rosario de
La Coruña; nel 1997 ricevette la
Medalla al Mérito en Bellas Artes
nella categoría de oro. É stato
responsabile o consulente in molti
restauri di opere gaudiniane (la
Casa Batlló, il Parque Güell, la
Finca Güell, la Casa Calvet, la
Cripta de la Colonia Güell, i
Jardines de Can Artigas), oltre
che di architetture medievali,
come la cattedrale de Barcellona,
la basilica di Santa Maria del Mar
in Barcellona, i monasteri di
Poblet e di Pedralbes, la chiesa di
Sant Andreu a La Selva del
Camp, il Palacio de la Música
Catalana, il Teatro del Liceu, il
Palazzo vescovile di Barcellona,
la cattedrale di Tarragona, la
cattedrale di Tortosa. Dal 1969 è
stato architetto diocesano della
cattedrale di Barcellona.
Tra i molti suoi libri meritano di
essere ricordati: Guía de Gaudí
(1970), Los maestros de obras de
Barcelona (1972), El Círculo del
Liceo (1973), La catedral de
Barcelona (1973), Historia de la
Arquitectura (1976) ,La Pedrera
de Gaudí (1980), Història de la
restauració de Poblet (1983), The
Designs and Drawings of A.
Gaudí (con George Collins,
1983), La casa Llotja de Mar
(1985), El gran Gaudí (1989), El
mestre Gaudí (2011), e altri
ancora. In collaborazione con me
e presso la casa editrice Jaca
Book, ha curato: l’edizione di Idee
per l’architettura (1994 1.a ed.,
2012 2.a ed.), raccolta antologia
di scritti di Gaudì e di pensieri
trascritti dai suoi allievi; in italiano,
castigliano, catalano, francese e
inglese Gaudì- Spazio e segni del
sacro (Lunwerg-Jaca Book, Madrid-Barcellona e Milano 2002).
Con scrittura piana e grande
rigore documentario ha ricostruito
molti fatti della storia personale e
delle opere di Gaudì. Del grande
catalano ha valorizzato
soprattutto “la grande capacità di
saper vedere intorno a sé tutta la
meraviglia della creazione” colta
con “una sensibilità chiaramente
francescana”, che lo portò sia a
ritenere che “niente meglio della
natura è capace di creare forme
razionali, belle e resistenti”, sia ad
avvertire il proprio compito come
vocazione e missione cristiana, in
una forma che non ha paragoni
nella storia dell’architettura
occidentale. Ha affermato
Bassegoda in una conferenza:
“La ‘filosofia’ gaudiniana, la
sostanza del suo lavoro, la sintesi
della sua opera si potrebbero
esprimere dicendo che niente è
per lui arte se non deriva dalla
natura, dalla quale provengono le
forme più straordinarie, belle e
ben concepite; per tradurre in
edifici le forme, le strutture e i
colori che la natura crea e
proporziona, lo strumento più
adeguato è quello della geometria
reglada, poiché la natura stessa
ha usato questa geometria nella
composizione della forma di una
montagna o delle ossa degli
animali.
L’osservazione non
intellettualistica della natura è
fonte della migliore ispirazione,
ma sempre tenendo presente che
la natura è opera del Creatore e
che senza la spiritualità
l’architettura non riesce a
superare i limiti della mera
tecnica, magari adorna di una
retorica pseudofilosofica. Se a
tutto questo si unisce una
dedizione esclusiva e totale al
proprio lavoro, allora può
emergere una figura del calibro di
Gaudí, personaggio oggi
leggendario, catalano universale,
ma soprattutto architetto, e perciò,
innanzitutto, responsabile di un
gruppo di operai insieme ai quali
ricreare, con l’immaginazione
umana, quelle forme che dal
principio del mondo compongono
questo pianeta”.
Il centro dell’opera di Gaudì è stato
a suo parere, il senso religioso,
poiché l’architetto catalano “ha
vissuto intensamente la fede
religiosa, ha compreso che
vedendo la natura con ingenuità,
scoprendo la sua geometria, le
sue leggi, essa rivelava una
funzionalità totale. Un fiore, una
rosa, non sono un'opera d'arte in
sé, sono un'opera di funzionalità,
perché il profumo e il colore non
sono creati per far bellezza, ma
per attrarre gli insetti che hanno
una funzione riproduttrice. Gaudì
vedeva che attraverso la
funzionalità si arriva alla bellezza.
Non bisogna operare con
l'intenzione di creare un'opera
d'arte, ma fare il proprio mestiere
con onestà pensando che
l'ispirazione viene direttamente da
Dio che ha fatto tutte queste
meraviglie. Questo sentimento
francescano di Gaudì, che è un
sentimento spirituale e materiale
allo stesso tempo, si avvicina alla
spiritualità attraverso la materialità
come creazione di Dio”.
Razionalità, spirito francescano,
semplicità e schiettezza, rifiuto di
ogni forma di retorica e
presunzione, hanno sempre
caratterizzato anche il pensiero e i
modi di Bassegoda.
Resta per me indimenticabile la
simpatia con la quale,
accompagnato sempre dal suo
fedele cane, mi apriva il cancello
della Finca Güell a Barcellona
dandomi in benvenuto a
qualunque ora; Juan Bassegoda
era sempre lì dal mattino molto
presto a sera, tra le carte, i
microfilm, le diapositive, i libri che
riempivano sempre più di anno in
anno scaffali e tavoli.
Maria Antonietta Crippa
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 10 Agosto 2012
MESE DI AGOSTO: LE MOSTRE CHE ISAL HA VISITATO PER VOI
UN EGITTOLOGO GARIBALDINO A MILANO: LUIGI VASSALLI BEY
A Milano la mostra curata da Rina La Guardia e Francesco Tiradritti - Dal 6 luglio al 30 settembre
La mostra “Un egittologo
garibaldino milanese: Luigi
Vassalli Bey”, a cura di Rina La
Guardia in collaborazione con
l’egittologo Francesco Tiradritti,
intende celebrare il bicentenario
della nascita dell’archeologo e
patriota risorgimentale milanese
Luigi Vassalli (1812–1887).
Vassalli lasciò parte dei suoi
manoscritti in legato testamentario
al Comune di Milano, che ne entrò
definitivamente in possesso nel
1899. Altri preziosi documenti
(appunti, manoscritti, disegni,
fotografie), furono venduti alla
civica amministrazione, assieme
alla biblioteca personale, dal
Museum of Fine Arts di Boston
esattamente cento anni dopo.
Vassalli studiò pittura a Brera e,
fervente patriota - prima
mazziniano, poi garibaldino prese parte a molte delle vicende
insurrezionali risorgimentali, tra
cui le Cinque Giornate di Milano,
la difesa della Repubblica
Romana e la Spedizione dei Mille.
Costretto più volte all’esilio,
elesse a sua patria d’adozione
l’Egitto, dove collaborò con il
francese Auguste Mariette alla
costituzione del Service de
Conservation des Antiquités de
l'Egypte e alla fondazione del
primo museo egizio del Cairo, il
Museo di Bulaq, di cui fu anche
direttore ad interim.
In qualità di Ispettore degli scavi,
tra il 1859 e il 1883 diresse
ricerche archeologiche in varie
località dell’Egitto. Fu anche, per
un breve periodo, Conservatore
del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Nel 1871, dietro richiesta del
ministro della Pubblica Istruzione,
Cesare Correnti, visitò le maggiori
raccolte egittologiche italiane, allo
scopo di redigere un piano di
miglioramento ed ampliamento
delle stesse.
La mostra al Castello Sforzesco
di Milano è divisa idealmente in
tre sezioni. La prima ripercorre le
vicende della vita avventurosa di
Vassalli.
La seconda è dedicata alla
“riscoperta” e allo studio dei suoi
manoscritti.
La terza documenta la sua attività
presso il Service de Conservation
des Antiquités de L’Egypte e
alcune delle scoperte
archeologiche da lui compiute,
che sono rimaste fondamentali
per lo sviluppo dell’archeologia e
della museografia in Egitto nel
XIX secolo.
Il materiale selezionato, esclusivamente di proprietà del Comune di Milano, è in gran parte
presentato al pubblico per la
prima volta con un progetto
espositivo unitario, che prevede la
collaborazione del Centro di Alti
Studi sulle Arti Visive (CASVA)
con numerosi istituti culturali civici,
quali l’Archivio Fotografico, le
Raccolte Artistiche e le Raccolte
Storiche.
Testo liberamente tratto
dal comunicato stampa
Per ulteriori informazioni:
www.comune.milano.it/casva
www.milanocastello.it
Milano, Castello Sforzesco,
Musei d’Arte - Sala 38
Ingresso libero
Barbara Galimberti
Biblioteca Archeologica
Biblioteca d’Arte
Centro di Alti Studi sulle Arti Visive
(CASVA)
Iniziative Culturali e
Comunicazione
[email protected]
o.it - tel. 02.88463657
TORNA LUISA GARZONIO
BRAMANTINO A MILANO
Angera (VA) – Dall’11 al 26 agosto 2012
Milano - Dal 16 maggio al 25 settembre 2012
Luisa Garzonio artista
varesina,architetto, torna a esporre
le sue opere nei suoi luoghi dopo
una ricerca silenziosa e solitaria di
cinque anni. Indaga il tema del
ritratto anche come luogo dove
proiettare ricordi, emozioni.
Inserisce i volti in carte di città
ottenendo una suggestiva
commistione tra fisionomie e
mappe. I volti a volte sono reperiti
nella memoria, a volte immaginari,
evocativi di emozioni recondite che
ci riportano a uno stato riflessivo e
d’incanto, tra indagine psicologica
e celebrazione del Bello. La
tecnica prediletta é quella dei
pastelli e matita su carta, qualche
olio su tela. Spesso le opere sono
accoppiate in dittici di grandi
dimensioni e celebrano un mondo
possibile trasfigurato dalla luce,
attraversato da vibranti segni che
tradiscono un’antica passione per
il gestuale virata verso la
figurazione per emerse esigenze
spirituali, che superano negli esiti
finali, il conflitto tra gli ismi, in
un’originale relazione tra loro.
L’opera Crocifissione dell’artista è
stata selezionata nel concorso
crocifissi d’autore indetto da
Regione Lombardia per la
donazione e collocazione nelle
stanze dell’ente; sarà esposta
fino al 18 Luglio presso lo spazio
espositivo.
Sandro Zarga
La mostra promossa e prodotta
dal Comune di Milano
presenta circa una ventina di
opere fra dipinti e
disegni del Bramantino e si
articola nelle due grandi Sale
del Castello Sforzesco che
ospitano già importanti lavori
dell’artista: la Sala del Tesoro
dove domina l’Argo,
Il grande affresco realizzato
intorno al 1490 e destinato a
vegliare sul tesoro sforzesco e la
soprastante Sala della
Balla, che accoglie i dodici arazzi
della collezione Trivulzio, acquisiti
dal Comune nel 1935.
Per ulteriori informazioni:
Castello Sforzesco di Milano
P.za Castello
Cortile della Rocchetta,
Sala del Tesoro e Sala della Balla
Da martedì a domenica 9.00-17.30
lunedì chiuso
www.milanocastello.it
http://www.milanocastello.it/ita/pdf/bra
mantino.pdf (comunicato stampa)
P. 5
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 10 Agosto 2012
Memori del passato della cittadina,
Varedo è ricordata tra altri da illustri letterati lombardi che ne colsero aspetti di domestica vitalità lombarda. Fu così per Antonio Stoppani che identificò il luogo "dove
sorge questa borgata, dal fare
gentile e cittadino, le nevi tenevano il loro impero di candore". Il
territorio trasformato dall'incessante attività umana si mostrava al
viaggiatore ottocentesco con le
forme ridenti descritte da Cesare
Cantù: "Aria salubre, suolo piano,
sparso di vaghe collinette, molto
fertile in gelsi biade, vini e frumento della migliore qualità, la popolazione in generale è agricola e in
poca porzione applicata al commercio". Elementi costitutivi della
struttura e del paesaggio dell'altopiano asciutto furono rilevati con
minuzia durante la dominazione
austriaca, nel solco della monumentale ricognizione sul territorio
dalla quale derivarono le mappe
del catasto teresiano. Nella mappa
di campagna di Varedo, disegnata
nel 1721, il nucleo storico appare
nettamente definito da edifici a
corte distribuiti lungo l'attraversamento principale della via Longa,
da ovest ad est. Qui s'individua in
posizione pressoché centrale, tra
lo slargo su cui è attestata la
Chiesa dei SS. Pietro e Paolo e i
caseggiati a corte di proprietà dei
baroni Bagatti, un ampio fabbricato
a corte quadrangolare che costituiva la casa d'abitazione della
famiglia Quinterio, a quel tempo
proprietaria anche di case d'affitto,
con orti e cortili distribuiti nell’immediato intorno. Sul luogo della
casa padronale furono avviate
© Collezione privata
© Collezione
privatadi Milano
© Provincia
VILLA MEDICI DI MARIGNANO A VAREDO:
UN’ANTICA DIMORA OGGI SOLO IN PARTE LEGGIBILE
modifiche e sistemazioni che
interessarono soprattutto le
pertinenze rustiche e le case
d'affitto contigue, rilevate nella
cartografia catastale dell'Ottocento. La proprietà, frattanto
passata ai marchesi Medici di
Marignano, comprendeva la casa
padronale a corte, affacciata a
nord e a ovest su un ampio giardino, mentre a oriente aveva preso forma la corte rurale di proprietà della famiglia Balzareti, identificata localmente come Curt russa,
dal colore delle murature di rosso
tinteggiate. La dimora attraversò
tutto il XIX secolo avviandosi poi
a un lento declino. Già nei primi
anni del Novecento al parziale
utilizzo di alcune sue parti fece
riscontro l'insediamento dell'ambulatorio del medico condotto e
alcuni uffici comunali, prefigurando la futura acquisizione pubblica,
avvenuta poco dopo la metà del
secolo. Un primo intervento fu
rivolto alla sistemazione del
giardino, con la parziale demolizione della muratura di cinta, reso
fruibile alla cittadinanza con il
nome di Parco I° Maggio.
Passato un ventennio, negli anni
ottanta furono avviati i lavori di
ristrutturazione del fabbricato
principale, ormai giunto a condizione di precarietà strutturale in
ampie parti. Tra consistenti demolizioni, rifacimenti e non accorte soluzioni che hanno compromesso del tutto alcune significative permanenze architettoniche, la villa si è affacciata al
nuovo secolo con una generale
riforma, consistente oltre ogni
retaggio storico di cui rimane
testimonianza il prospetto ad
archi e bifore verso il parco,
memoria storica che rimanda
all'antica stagione padronale.
Un dato significativo avvalorato
dall'istanza promossa nel 2011
dall'Amministrazione Comunale,
per la verifica presso la Soprintendenza dell'interesse culturale
del patrimonio immobiliare pubblico del complesso della Villa Medici di Marignano e del parco
annesso.
Il nucleo storico di Varedo è
organizzato sul minuto tessuto
edificato in prevalenza a cortina
sui percorsi stradali di attraversamento che convergono alla piazza della Pace. Risultato della
sistemazione avviata negli ultimi
anni a conclusione del generale
riassetto dello spazio del Municipio, riunisce valenze storiche,
architettoniche e naturali - anche
col concorso della monumentale
robinia pressoché centrale - che,
pur tra modifiche e trasformazioni, rimandano all'antica Villa
Medici di Marignano. Accanto
all'organismo planimetrico, la
ristrutturazione su progetto
dell'architetto Enrico Marini ha
fatto salva una porzione del
prospetto rivolto a ovest, verso il
parco, dato storico di rilievo cui si
aggiungono poche altre permanenze all'interno dell'edificio, la
più significativa delle quali è la
scala principale, oggi manomessa
e del tutto occultata in un vano
tecnico. Dalla piazza l'edificio
presenta all'osservatore semplici
prospetti modulati sulle preesistenti aperture, talune con balconcino e ringhiera metallica. Qui
la facciata ha la parte centrale
elevata su tre piani, limitata a due
livelli nella porzione più antica
rivolta al parco e in quella del
tutto riformata sulla via Vittorio
Emanuele II. Su quest'ultima
l'intervento più consistente dal
quale è derivato il portico su arcate a tutto tondo, con un'imposta
d'arco alquanto ribassata nel
prospetto principale a sud.
Il passaggio coperto introduce
all'ingresso agli uffici e risvolta
verso la piazza conducendo al
vasto parco pubblico, delimitato
da una lineare cancellata con
piedritti metallici di rinforzo.
Introdotti al parco, sistemato con
radure e macchie alberate, la vista
coglie i dettagli compositivi della
porzione di fabbricato più antica,
individuati con quel po' di attenzione resa necessaria dal fitto schermo delle fronde di alti alberi. Di
rilievo è l'architettura riassunta
nell'evocazione storica di elementi
decorativi e composta nella sequenza di quattro bifore ogivali con
ghiera in laterizio a vista, sostenute da colonnette in pietra con capitello corinzio. A esse corrispondono nella porzione inferiore otto
aperture tonde con cornice cementizia a sbalzo. Sul lato destro il
prospetto sensibilmente più elevato presenta modanature cementizie che danno forma a tre cornici
ogivali raccordate all'imposta delle
arcatelle, entro le quali si aprono
finestre quadrate. Motivo riprodotto
al piede di questa porzione di facciata dove due piedritti lapidei sostengono un arco ogivale vetrato.
In sommità, decorazioni dentellate
in laterizio e mensole unghiate sono ripartite nelle due distinte porzioni dell'alzato, identicamente
concluse da merlature. All'interno
dell'edificio rimangono due massicci piedritti, tracce strutturali dello
spazio al quale si presentava la
scala principale a tre rampe con
gradini di pietra, della cui "scomparsa" nel vano tecnico s'è già
fatto cenno, e una scala secondaria che si spinge sino al piano cantinato, in parte rifatta e anch'essa
con gradini lapidei. Nella generale
atmosfera contemporanea si evidenzia, lungo un disimpegno, una
nicchia dalla quale emerge, tra
lastre lapidee murate, un dignitoso
fontanetto con bacile tondeggiante
in pietra e zampillo in ottone
forgiato in forma di mascherone e
drago. È un sussulto, e la data
scolpita riporta al 1867.
Il presente testo riprende la scheda SIRBeC di valorizzazione
redatta da Daniele Garnerone per
conto di ISAL nell’ambito della
convenzione per la gestione e il
coordinamento del sistema di
schedatura del patrimonio architettonico affidato all’Istituto dalla
Provincia di Monza e Brianza.
Daniele Garnerone
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 10 Agosto 2012
DAVANTI ALL’OCEANO
Do/Co 2012 - Documentazione e
Conservazione del Patrimonio
Architettonico ed Urbano
© Alberto Biassoni
Un cesanese fotografa l’Atlantico
sembra alleggerirti e prometterti
l'altra sponda ...
Fotografare serve a questo, a
cercare di cogliere il vissuto, le
emozioni di un luogo; non è
semplice rappresentazione della
realtà, diventa raffigurazione delle
emozioni di chi fotografa. E io, in
riva all'Oceano, nel vento, mi
sono emozionato ed ho
fotografato.
storico-monumentale, attivare un
ambito di incontro e
confronto tra esperienze
consolidate di realtà europee e più
recenti esperienze avviate in
università brasiliane e latino
americane. L’evento intende
anche garantire risultati di
immediata utilità professionale, sia
per istituzioni e
pubbliche amministrazioni, sia per
società private, che
potranno ugualmente essere
interlocutori autorevoli del
seminario.
III Seminario Internazionale
26-27 ottobre 2012
Tomar (Portogallo)
Convento de Cristo
Convegno promosso da:
- Università di Bologna Alma Mater
Studiorum
- Direcao-General do Patrimçnio
Cultural
Per informazioni ed iscrizioni:
http://www.dapt.ing.unibo.it/do_co
2012.htm
Alberto Biassoni
© Do/Co 2012
No, non avevo mai visto l'Oceano,
ma sempre e solo il
Mediterraneo.... bello, luminoso,
pieno di vita, ma l'Oceano è altro...
Può essere l'idea della vastità: già,
solo l'idea, perché io dalla riva
posso solo immaginare quanto
lontana sia l'altra sponda, quante
migliaia di chilometri di profondo
Oceano blu ci siano … Oppure
può essere la sensazione di vita
dell'Oceano, come un'enorme
creatura dotata di vita propria che
respira durante il giorno.... inspira,
e si ritrae; espira e si allarga,
sommergendo e scoprendo nuovi
spazi di terra e legando ad essa
tutta la vita, animale ed umana,
circostante.
Con queste emozioni mi trovo in
Portogallo, a Vila Nova, un piccolo
paese di pescatori e di turismo
nell’Alentejo, costruito sull'estuario
di un fiume sull'Oceano.
La fotografia allora riesce a
cogliere le sfumature di colore,
nelle correnti di marea che si ritira,
del fiume che si getta nel mare,
che si incrociano. La luce del sole,
ormai quasi rasente terra, taglia
tutte le ombre.
I solchi lasciati dall'acqua che si
ritira nella sabbia umida, con
questa luce sembrano canyon
profondi; dove prima c'erano onde
terribili, capaci di schiacciarti sugli
scogli, ora è emerso un paesaggio
roccioso e quasi lunare dove i toni
di grigio sono quasi esclusi; il
vento spazza tutto, un vento che
Il seminario, terzo della serie di
incontri promossi fra
ricercatori di lingua italiana e
portoghese, è realizzato
nell’ambito di una ricerca PRIN
2008 dal titolo “Sistemi
informativi integrati per la
tutela, la conservazione e la
valorizzazione del patrimonio
architettonico e
urbano”.
Esso vuole raccogliere e
confrontare, a livello
internazionale, studi e
documentazioni scientifiche
nell’ambito delle discipline del
rilievo e del restauro
architettonico. L’incontro, aperto a
contributi di ricercatori
ed operatori di queste discipline,
è dedicato particolarmente
all’utilizzo di Sistemi ed Archivi
Informativi, utilizzati
per analizzare, rappresentare e
promuovere il patrimonio
architettonico storico e come
strumenti di supporto al
progetto di restauro.
Il seminario intende poi,
attraverso un evento proposto
all’interno di un luogo di singolare
pregio e valore
© Alberto Biassoni
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 10 Agosto 2012
POSSIBILITÀ PER ALCUNE ARCHITETTURE LOMBARDE DI
DIVENIRE “FORME DI EDUCAZIONE PERMANENTE”
© Fototeca ISAL, Fondo Cariplo, b. 36/92
Nel 1995 la professoressa Maria
Luisa Gatti Perer, fondatrice
dell'Istituto per la Storia dell'Arte
Lombarda, mi invitò a Palazzo
Reale di Milano a tenere una
conferenza dal titolo "Vincenzo
Seregni alla Certosa di
Garegnano". Al termine
dell’incontro e del consueto
dibattito seguito con i partecipanti,
ci ritrovammo con alcuni amici in
un bar della Galleria Vittorio
Emanuele per continuare a parlare
di arte e di architettura sacra.
Malgrado da quel lontano tardo
pomeriggio di settembre siano
passati quasi vent'anni, ricordo
distintamente alcuni temi che
toccammo, destando anche la
curiosità di qualche avventore che
aveva notato il coinvolgimento
emotivo di noi tutti e, in particolare,
della prof. Gatti. Con grande
trasporto, infatti, discutevamo del
tema dell'adeguamento liturgico
postconciliare e del problema della
decontestualizzazione delle opere
d'arte religiose. Ricordo ancora la
sua faccia “corrucciata” e
“dolorante” nel riferire lo sdegno
che aveva provato poco tempo
prima nel vedere in una casa di un
privato un confessionale barocco,
con preziosi intagli lignei, tagliato e
trasformato in un mobile bar e
nell'aver notato che la proprietaria
di casa utilizzava per imbellettarsi
ostensori di rito ambrosiano
trasformati in specchi.
La conversazione si protrasse a
lungo e non tenne toni sempre
pacati, ma improvvisamente la
discussione si fece calma e i toni
di voce della storica dell’arte
milanese divennero quasi
sommessi, come a voler
sottolineare l’importanza delle
parole che avrebbe pronunciato.
Seria in volto, ma con un abbozzo
di sorriso, esortò me e un'altra
ragazza, allora giovani studiosi di
storia dell'architettura e
dell'ordine certosino, a proseguire
i nostri studi, affinché potessimo
promuovere una vera e
consapevole cultura della
valorizzazione del patrimonio
artistico-architettonico italiano,
sempre protesa alla
comprensione del vero significato
– mi verrebbe da dire ontologico delle opere d'arte, facendo
attenzione al loro valore
figurativo, simbolico, iconografico
ed iconologico. Dopo una breve
pausa aggiunse che augurava a
tutti i presenti di mantenere vivo
quel desiderio di ricerca che
aveva colto in noi, certa che lo
studio potesse divenire anche
“avvenimento” e occasione per
sperimentare l’irruzione del
trascendente nella vita quotidiana
dell’uomo e, ancora più seria,
aggiunse: l’Arte è dialogo
personale perché è rivelazione.
Ripensandoci, in quella ormai
giovane sera, toccammo intensi
temi considerati dalla prof. Gatti
di fondamentale importanza, ai
quali ha dedicato molti anni delle
sue ricerche e, forse, la sua intera
esistenza. Si trattava di argomenti
non banali la cui comunicazione
veniva da lei avvertita non solo
come un compito e un dovere
istituzionale al quale non poteva
sottrarsi, ma, forse, come
uno dei suoi principali compiti
esistenziali sostenuto da ragioni
morali.
Oggi negli archivi dell'Istituto non
è difficile imbattersi in documenti
che trattino del significato di
studiare e di promuovere l'arte,
dell'importanza che alcune figure
hanno avuto nei secoli passati nel
salvaguardare e difendere i beni
culturali religiosi o, ancora, della
necessità di recuperare il vero
significato di parole delle quali
spesso si abusa, tra cui i lemmi
Simbolo, Arte e Architettura.
Alcuni di questi documenti
risultano particolarmente
interessanti perché attestano
l'impegno profuso dai loro
estensori nella difesa di
specifiche tematiche culturali o
per l'attualità dei temi trattati. Tra
questi vi è certamente anche un
breve testo redatto nel 1973 dalla
stessa prof. Maria Luisa Gatti
Perer intitolato "Proposte per un
recupero dei valori permanenti. Il
senso cristiano dello spazio del
mondo delle immagini nelle chiese antiche della diocesi di Milano”
(“Ambrosius”, anno XLIX, n. 4,
pp. 316-321), del quale si
riportano alcuni brevi stralci, che
nella mia mente, di non più
giovanissimo studioso di storia
dell'architettura e dell'ordine
certosino, hanno riportato alla
mente quella vibrante
discussione svoltasi all’ombra del
Duomo di Milano.
Ferdinando Zanzottera
"Quali funzioni oggi può rivestire
un edificio religioso agli occhi di
coloro che abitano nel luogo dove
esso è situato? Qualora si tratti di
edificio antico, costruito da
generazioni lontane da noi, può
ancora contenere un messaggio
da comunicare agli uomini
d’oggi?
La costruzione di uno spazio
architettonico e l'arte figurativa
che contribuiva a renderlo
significante, hanno avuto
preminentemente nel passato
significato di opera compiuta nella
ricerca di un linguaggio
universalmente accessibile.
La decorazione pittorica di una
chiesa rappresentava nel
contempo una didattica pastorale
ad un avvenimento alla intuizione
di quei valori di ordine, bellezza,
l'armonia che consentivano di
intuire il trascendente. La Chiesa
era infatti la casa di Dio in quanto
era la casa di tutti, ed alla
contemplazione di tutti era offerto
quanto poteva suscitare
l'immaginazione intesa come
tramite tra particolare e universale.
L'edificio religioso nasceva con
una vocazione pubblica ed a tutti
senza distinzione di classe di ceto,
era destinata la contemplazione
delle opere d'arte in esso
contenute e della stessa forma
architettonica.
L'opera d'arte aveva cioè come
finalità quella di proporre un
parametro di valori in cui ognuno
potesse riconoscere una parte di
sé, secondo i tempi e le esigenze.
La visualizzazione del reale
possibile, lo stupore di una
creazione fantastica del tutto
irreale, quando non addirittura
onirica (certe teorie prospettiche
che moltiplicavano gli spazi
all’infinito nelle chiese del
Settecento) o più semplicemente
un più intenso modo di capire gli
uomini e rifletterli in immagini che
con sincerità totale ne cogliessero
ad un tempo la facilità della
possibilità di attingere alle sorgenti
della Luce della Grazia (si pensi
alle opere di Caravaggio), erano
elementi di un discorso che
aiutava l’uomo a scoprire quella
parte di sé più riposta che aspirava
all’infinito, a placare le inquietudini
derivanti dai limiti troppo ristretti in
cui si configurava il vivere
quotidiano, a riposarsi nella
contemplazione di un oggetto di
gusto, di una sinfonia di linee,
colori e forme(pensiamo a certi
altari barocchi: gli sguardi,
convergendo su di essi,
collegavano d’istinto l’armonia
derivante dall’uso sapiente di
marmi diversi, dalle ombre e luci
forgiate da imprevisti movimenti
formali, all’Armonia universale, al
concetto del trascendente).
L'ordine degli oggetti per cui tanto
si batté per quanto attiene alla
diocesi di Milano san Carlo, era
condizione essenziale per
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consentire agli uomini di percepire
la bellezza del luogo, farla propria,
nutrirsene per il resto del giorno.
L'esatta collocazione degli arredi
sacri, secondo un percorso
liturgico reso significante da
simboli antichi e tramandati di
generazione in generazione,
attraverso i quali la comunità
riconosceva valori perenni,
rendeva la chiesa famigliare; un
luogo dove l'uomo poteva ritrovarsi
con gli altri uomini alla ricerca di
un'immagine che lo aiutasse a
accogliere il trascendente. E qui
occorre precisare che il significato
del termine immagine deve essere
inteso nel senso di tutto il
complesso di oggetti, arredi sacri,
dipinti, affreschi, motivi decorativi e
spazio architettonico che
costituiscono in una chiesa la
rappresentazione visuale di una
realtà esterna alla coscienza. Se
siamo d'accordo sul fatto che
«costruire significa comporre,
ossia mettere assieme cose
diverse in modo che, dall'ordine in
cui sono poste, derivi un nuovo
significato per ciascuna di esse»,
riusciremo a comprendere il
significato comunitario dell'edificio
sacro che san Carlo intendeva
recuperare nelle sue Istruzioni.
Si trattava di stabilire, o meglio
ristabilire, un ordine, cosicché ogni
oggetto nell'ambito di un edificio
sacro fosse come doveva essere e
al posto in cui doveva essere, e
ogni spazio avesse una giusta
misura, il tutto naturalmente
rapportato all'uomo, all'esigenza
primaria di concretare attraverso
l'oggetto ritenuto simbolo il suo
destino nei confronti della
trascendenza […]
Tali edifici [gli edifici religiosi
barocchi], concepiti come case di
tutti, luoghi quindi in cui ognuno
può ritrovare una parte di se
stesso, qualora la popolazione
che abita il luogo fosse resa
sensibile attraverso una forma di
educazione permanente in cui
diventi essa stessa protagonista
del loro recupero spirituale prima
ancora che materiale, verrebbero
conservati e restituiti al loro primo
nitore a cura della popolazione
stessa. Lo stesso edificio
religioso potrebbe divenire tramite
ad uno spirito di comunità – ché
non esiste comunità laddove non
esista un obiettivo comune –.
In tal caso l'obiettivo comune
potrebbe essere costituito dal
recupero del luogo in cui si vive,
sia esso il rione di una grande
città o un piccolo paese, di una
presenza storica testimonianza
della dignità dell'uomo, del suo
vivere civile; potrebbe anche
essere recupero di un significato
pastorale connesso con i temi
proposti dall'iconografia degli
affreschi che decorano un
oratorio, oppure di uno spazio
che consenta ancora all'uomo la
meraviglia per il modo come è
organizzato, per le sue capacità
di illusione, e, perché no, per il
suo carattere teatrico.
Lo stesso problema
dell'utilizzazione attuale
dell'edificio sacro, parliamo qui
soprattutto di quelli minori, i
cosiddetti oratori, diviene un
mezzo attraverso cui la
popolazione prende possesso
dell'edificio, lo fa suo.
Potrà divenire luogo dove l'uomo
si ritrova per la preghiera
individuale o corale, ma anche
per altre manifestazioni dello
spirito che possono pur sempre
costituire una via per giungere a
Dio, un tramite per il
trascendente. Edifici per lo più
dall'acustica perfetta, soprattutto
quelli concepiti nella prima metà
del Settecento, potrebbero
costituire una presenza culturale
attraverso concerti, conferenze,
mostre, biblioteche. Potrebbero
rappresentare per i giovani
un'alternativa ai modelli di
comportamento abnormi,
costituirebbero con la loro
presenza, riscattata dall'ordine e
da una adeguata illuminazione,
una forma di educazione
permanente.
La decadenza attuale in cui molti,
troppi di questi edifici si trovano,
deriva per lo più dalla loro
chiusura al pubblico. Il timore dei
furti conduce in definitiva a creare
le condizioni ideali perché appunto
i furti si possono compiere: quello
cioè di un disinteresse da parte
della popolazione in cui è stato
interrotto quel tramite che la
tradizione aveva mantenuto fino a
non molti anni fa, se non a livello
di cultura, almeno a livello di
devozione. Essi diventano allora
una sorta di cava a cui si attinge in
forme più o meno lecite per la
gioia del privato cittadino che a
caro prezzo li acquistano.
Diventano oggetti di gusto; in un
tentativo di recupero estetico. Ma
quegli oggetti, quei simboli, privati
della loro originaria pregnanza e
dell'ordine consueto e della
collocazione in uno spazio esatto
dicono poi nelle case private una
vita abnorme sino a rasentare il
limite del grottesco".
[Maria Luisa Gatti Perer, op. cit.]
© Fototeca ISAL, Fondo Cariplo, b. 36/92
© Fototeca ISAL, Fondo Cariplo, b. 36/92
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 10 Agosto 2012
Alla scoperta del Cimitero
Monumentale di Milano
“Cheto riposo all’ombra di alberi
operosi della briantea terra”
Un viaggio alla scoperta dell’Arte Lombarda
che passa per Bovisio Masciago
Una serie di incontri per scoprire il valore e il
significato del Vivere in Villa
Il mese di settembre è da sempre
considerato il periodo di riapertura
nel quale riprendere i lavori dopo
la pausa estiva e impostare nuovi
progetti per i mesi successivi.
Per ISAL il mese di settembre sarà
particolarmente ricco di avvenimenti ed appuntamenti e in attesa
del grande evento del decennale
di Ville Aperte, che si svolgerà
nell’ultima decade di settembre e
che vedrà l’Istituto impegnato su
più fronti con mostre, visite guidate
e concorsi, ISAL ripropone due incontri e due visite guidate assolutamente da non perdere organizzate in partenariato con il Comune
di Bovisio Masciago e l’Associazione Amici del Palazzo e Parco
Arese Borromeo. I singoli eventi
sono inseriti in un articolato progetto che ha inteso, in questi mesi,
promuovere alcuni monumenti particolarmente significativi del territorio milanese e lombardo e sostenere la cultura e l’identità del contesto monzese-brianteo valorizzando le significative architetture
che insistono sullo stesso territorio
comunale di Bovisio Masciago.
Ecco dunque il calendario:
-13 settembre 2012 h21,00 Conferenza tenuta da
Ferdinando Zanzottera dal titolo:
“Musei a cielo aperto: il Cimitero Monumentale di Milano e il
Cimitero di Monza”
- 16 settembre 2012 –
Visita studio al Cimitero
Monumentale di Milano, al
famedio e ai suoi principali
monumenti funebri
- 20 Settembre 2012 h21Conferenza tenuta da Daniele Garnerone e da Ferdinando
Zanzottera dal titolo:
“Bovisio Masciago: alla
scoperta dei Beni Culturali
della città”
- 22 Settembre 2012 h14,30 Visita studio per le strade della
città intitolata: “Andar per Arte:
alla scoperta dei Beni Culturali
della città di Bovisio Masciago”
Le conferenze si svolgeranno
presso la sede comunale di
Bovisio Masciago. Per maggiori
informazioni ed iscrizioni ci si
può rivolgere a:
- Ufficio Cultura di Bovisio
Masciago (tel. 0362/511228 mail: [email protected]
masciago.mb.it);
- Segreteria ISAL (tel.
0362.52811 - e-mail:
[email protected]);
- Segreteria Associazione Amici
di Palazzo e Parco Arese
Borromeo (tel. 0362.508901 – email: [email protected]).
Il Distretto Culturale Evoluto di
Monza e Brianza costituisce
sempre più un solido riferimento
culturale nel panorama lombardo
e, insieme ad altre realtà locali e
di valore internazionali, ottiene
nelle sue manifestazioni un
crescente interesse da parte del
pubblico e della stampa, non
sempre così attenta ai temi
culturali, che giudica troppo
spesso queste tematiche con
poco appeal e di difficile
comunicazione.
Coadiuvato dalla Fondazione
CARIPLO, invece, il Distretto ha
deciso di puntare anche sulla
formazione e sulla valorizzazione
del proprio patrimonio culturale,
organizzando corsi gratuiti
specificatamente per rispondere
ad esigenze concrete dei
professionisti che operano nel
settore dei Beni Culturali e del
Restauro, del mondo dell’associazionismo che necessitano di
comprendere almeno le
elementari tecniche del Fund
raising e delle realtà locali che si
occupano attivamente di
presentare al grande pubblico il
proprio patrimonio storico-artistico
ed architettonico.
Per il secondo anno consecutivo,
quindi, il DCE ha chiesto ad ISAL
di organizzare due corsi
specificatamente pensati per
sensibilizzare le guide turistiche,
gli amministratori locali e le
associazioni, anche di volontariato, che operano nell’universo
culturale, chiedendo di creare
occasioni di confronto con
particolari realtà da tempo
operanti sul territorio nazionale.
La prima parte del corso avrà
inizio nel mese di settembre e si
volgerà presso Palazzo Arese
Jacini di Cesano Maderno
secondo il seguente calendario:
Giovedì 6 settembre 2012
h.9,00-11,00
Incontro tenuto da Maria
Antonietta Crippa (Politecnico di
Milano - ISAL) sul tema “La
Cultura per una consapevole
conoscenza e valorizzazione
del patrimonio delle Ville di
delizia lombarde e dei Beni
Monumentali”
h.11,00-13,00
Incontro tenuto da Ferdinando
Zanzottera (Politecnico di Milano ISAL) sul tema “Verso l’Expo: un
itinerario possibile tra il territorio milanese e il territorio
brianteo”
h.14,00-18,00
Incontro tenuto da Monica Colombo (Opera d’Arte) sul tema “Accoglienza e tecniche per la comunicazione di una visita guidata”
animata da una esercitazione
pratica di visita guidata ad alcune
sale di Palazzo Arese Borromeo
Nelle giornate Venerdì 7
settembre (h.9,00-13,00) e di
Sabato 8 settembre (h.9,0018,00) incontro ISAL con le singole
associazioni ed enti culturali
secondo le modalità di “sportello
aperto” in cui verranno forniti
ulteriori nozioni sulle modalità
organizzativo-gestionali di visite
guidate e indicazioni storicoartistiche sui monumenti storici sui
quali le associazioni hanno chiesto
approfondimenti ad ISAL.
Nel mese di ottobre vi saranno
nuovi incontri ed un nuovo corso
intitolato “Contributo per la
conoscenza di una storia condivisa: valore simbolico e attualità
dell’abitare in Brianza”. A questo
secondo ciclo di lezioni, più
contratto e limitato alle sole
giornate del 12 e 13 ottobre,
parteciperà in qualità di relatrice
anche Simonetta Coppa, già
Soprintendente per il Patrimonio
storico Artistico e etnoantropologico di Milano.
Per informazioni:
Distretto culturale evoluto di
Monza e Brianza
Piazza Diaz, 1 – Monza
039.97522.47
[email protected]
Istituto per la Storia dell’Arte
Lombarda
P.za Arese, 12 – Cesano Maderno
0362.528118
[email protected]
P. 10