a cura del Dipartimento di Valorizzazione dei Beni Culturali dell’Istituto N°10 AGOSTO 2012 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda - Piazza Arese, 12 Cesano Maderno (20811 MB) - Tel. 0362.52.81.18 - www.istitutoartelombarda.org ARCHIVIOnews EDITORIALE Tra Barcellona e Milano: guardando due cattedrali La consacrazione della grande basilica della Sagrada Familia a Barcellona da parte di Benedetto XVI ha sollecitato un rinnovato interesse per quest’opera anche in terre lombarde. Ho tenuto 16 conferenze in Milano e in varie città dell’hinterland tra 2011 e 2012, tutte affollatissime, su Gaudì e la sua ‘cattedrale’. Il grande architetto, nato nel 1852 e deceduto nel 1926, fu attivo nel suo cantiere dal 1883 alla morte. La Sagrada Familia è stata sempre tra le sue opere la più discussa e quella rimasta più di tutte incompiuta. Oggi, tuttavia, molti sono interessati a coglierne dal vivo, nella pietra stessa disegnata e calcolata, modellata e composta, il senso. Lo studioso Armand Puig i Tàrrech ha recentemente segnalato: “Il simbolo struttura la Sagrada Familia […] che è una esplosione di significati e di significanti, come se ciascun elemento potesse sussistere solo in rapporto agli altri e, soprattutto, a un orizzonte precedente e concomitante con essi. Il simbolo è un’alternativa a un’architettura preoccupata per le forme puramente plastiche e ornamentali, che non significano nulla, o per gli spazi enormi, che suscitano l’ammirazione di coloro che li osservano, ma che non risvegliano alcun moto interiore”. Mi sono spesso chiesta, in questi anni di ‘passione gaudiniana’ vivacemente accesa, se i milanesi e i lombardi hanno ripensato con affetto, tornando da Barcellona e dopo la visita a Gaudì, allo straordinario patrimonio di storia, di fede e di carica simbolica della ‘loro’ cattedrale in Milano. MONUMENTI IN 2.000 BATTUTE IL SANTUARIO DI SANTA MARIA DEL PARADISO A MILANO L’origine di questa chiesa risale al XV secolo anche se della primigenia struttura architettonica non rimane più nulla. La chiesa eretta nel 1482 fu infatti distrutta nel 1532 e la sua riedificazione venne decisa solamente 18 anni più tardi. La decisione di erigere la nuova chiesa risale al 1550 sebbene la consacrazione della prima pietra avvenne solamente nel 1590 ad opera dell’Arcivescovo Gaspare Visconti. La progettazione dello odierno edificio venne affidata a Martino Bassi, il quale ideò un semplice volume a navata unica con otto cappelle laterali. Tra il 1733 ed il 1737 venne edificata la cappella del Crocefisso e la chiesa subì numerosi rifacimenti pittorici e decorativi. Nel 1782 la chiesa conventuale venne soppressa dal governo austriaco e nell’anno successivo la custodia dei fedeli passò ai padri serviti di San Dionigi che vi portarono numerose opere d’arte ed alcune importanti reliquie. Con gli editti francesi la chiesa venne Maria Antonietta Crippa nuovamente soppressa e le proprietà conventuali vennero BIBLIOTECA news incamerate e vendute ai privati. Tra i volumi giunti alla Biblioteca La facciata che venne rifatta nel ISAL negli ultimi giorni del mese di 1897 da Ernesto Pirovano luglio, si segnala il catalogo della attualmente appare ornata da due mostra di cui si parla a p. 5 di que- rilievi di Ambrogio Pirovano e da sto stesso numero di ISAL Magavetrate degli anni ’50. zine: R. La Guardia, F. Tiradritti (a Numerose opere d’arte ornano la cura di), Un egittologo garibaldino chiesa: alla maestria di Giuseppe milanese: Luigi Vassalli bey, Leva si devono le raffigurazioni Biblioteca Archeologica-Biblioteca della Nascita e della d'Arte-CASVA, Milano 2012. Presentazione al Tempio della Vergine Maria presenti nella controfacciata; a Gerolamo Chignoli sono invece da ascrivere il Martirio di San Isidoro nella prima cappella di destra ed il San Bonaventura nella terza cappella di destra. Accanto a queste opere in chiesa si custodiscono anche la Natività e la Fuga in Egitto di Clara Borroni, e la raffigurazione di Sant’Anna e la Vergine, attribuita al Procaccini o a Francesco Fabbrica, il quale realizzò la figura di Santa Lucia nella seconda cappella di sinistra. Andrea Porta, invece, è l’autore del “San Carlo comunica gli appestati” collocato nella prima cappella di sinistra. Concludono le opere artistiche presenti all’interno della chiesa il crocifisso quattrocentesco e gli stalli intagliati del coro conventuale della fine del XVI secolo. Nel corso dei restauri del 1982 nel coro sono emersi alcuni lacerti della Vergine Incoronata dipinta da Andrea Pellegrini, mentre sulle pareti della navata sono stati rinvenuti frammenti delle decorazioni seicentesche ad affresco. Al centro della pavimentazione della chiesa è ancora visibile quella che la tradizione identifica come la pietra nella quale San Barnaba, apostolo di Gesù e compagno di San Pietro, il 13 marzo del 52 avrebbe conficcato una croce iniziando la sua predicazione a Milano. Ferdinando Zanzottera Malgrado l’ufficiale lunga chiusura estiva dell’Istituto, l’Archivio, la Fototeca e i Dipartimenti nei quali è strutturato l’ISAL hanno continuato ad operare e ad incrementare il proprio patrimonio, per consentire una sempre più ricca fruizione ai soci e agli studiosi. Tra le acquisizioni avvenute nel mese di agosto si annovera anche una piccola serie di fotografie di Marco Beck Peccoz, che da tempo ha lasciato la condizione di emergente fotografo di architettura per divenire una sempre più consolidata realtà culturale del panorama fotografico italiano ed internazionale. La Fototeca ISAL, dunque, ha ricevuto per donazione alcune stampe digitali su hahnemühle fine art paper da 305 g/mq autografate dall’autore, raffiguranti l’Ospedale Niguarda di Milano e, in particolare, la cappella ospedaliera e l’opera di Francesco Messina di cui ISAL Magazine si è occupato nel numero 8. ISAL necessita Aiutaci a diffondere ISAL Magazine, quale importante strumento di divulgazione culturale online gratuito. Inviaci gli elenchi delle persone che possono essere interessate a riceverlo o diffondilo utilizzando la tua mailing-list. Qualsiasi segnalazione in questo senso è dunque la ben gradita. Come ricevere ISAL Magazine ISAL Magazine è il nuovo strumento di comunicazione digitale ISAL inviato gratuitamente a chiunque lo desideri. Se non lo ricevi ancora puoi richiederlo inviando una semplice e-mail al seguente indirizzo di posta elettronica [email protected] o telefonando alla segreteria ISAL (Tel. 0362.528118). P. 1 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 10 Agosto 2012 DISTRETTO CULTURALE DELLA VALLE CAMONICA ABITARE MINIMO NELLE ALPI: CONCORSO INTERNAZIONALE DI IDEE PER LA PROGETTAZIONE DI UN BIVACCO ALPINO in collaborazione con il gruppo di lavoro del Politecnico di Milano che si occupa dell’abitare minimo, saldandosi con le loro ricerche e con le finalità della Fiera della Sostenibilità nella Natura alpina realizzata dal Parco dell’Adamello in Valle Camonica. Riconoscendo comune unità di intenti, l’iniziativa ha riscontrato la collaborazione di: Politecnico di Milano, MAGA Museo di Gallarate, Club Alpino Italiano Regione Lombardia, rivista Abitare, Museo delle scienze – rete dei musei della scienza in Trentino, Promo_legno, e il patrocinio di: Parco Nazionale dello Stelvio, Parco Naturale Adamello-Brenta, Assorifugi Lombardia, Collegio Regionale Guide Alpine, Legambiente. Il Concorso, aperto dal 15 marzo al 22 aprile 2012 ha registrato la consegna di circa 200 proposte progettuali, che saranno raccolte in un catalogo critico che ha ottenuto l’appoggio costruttivo del C.A.I. Lombardia. La Mostra di questi progetti, presentata ad “abitare minimo” al MAGA -Museo di Gallarate dal 12 maggio all’8 luglio e alla Fiera della Sostenibilità nella Natura alpina in Valle Camonica dal 13 al 22 luglio 2012, sarà esposta in altri appuntamenti di rilievo in sede regionale e, divenuta itinerante, percorrerà le Alpi. © Distretto Culturale Valle Camonica Giorgio Azzoni © Distretto Culturale Valle Camonica Il Distretto Culturale di Valle Camonica, all’interno del Progetto artistico aperto_2012 ha promosso, con la collaborazione del Parco dell’Adamello, il Concorso internazionale di idee Abitare minimo nelle Alpi, per la progettazione di una cellula abitativa minima, autonoma, reversibile (bivacco) destinata al ricovero temporaneo, da collocarsi lungo un sentiero in quota in area alpina. La partecipazione al Concorso, aperta a gruppi di giovani architetti, ingegneri, industrial designers under 40 italiani e stranieri, ha fissato come punti di valore del progetto la qualità © Collezione privata © Distretto Culturale Valle Camonica vivere nell’ambiente alpino per contribuire a ripensare i canoni del rapporto tra uomo e territorio sulla base di concetti come responsabilità e sobrietà. La modalità dell'architettura minima appare infatti come lo strumento mentale e operativo adatto a svolgere il tema in termini architettonici, tecnici e ambientali; la micro-architettura è una forma di sostenibilità e si architettonica, la sostenibilità coniuga con i tempi che viviamo, economica, energetica e che stanno determinando un ambientale, la durabilità e la ripensamento degli standard realizzabilità della struttura. Con progettuali e costruttivi. questi criteri si è inteso indurre i L’obiettivo dell’iniziativa è partecipanti ad una riflessione contribuire al dibattito sul tema sugli aspetti realmente fondativi dell’ospitalità di sicurezza in alta del progetto; raccogliendo i quota e sulle modalità di risultati dell’ampia partecipazione, presenza dell’uomo nelle terre si intende fornire ai gruppi alte. L’apporto di idee progettuali escursionistici organizzati un e soluzioni tecniche può infatti catalogo di idee, ipotesi e costituire l’occasione per sperimentazioni da valutare e affrontare il tema da un punto di eventualmente approfondire in vista funzionale, architettonico e progetti esecutivi. sociale, ma anche per aprire un Il concorso affronta il tema dialogo sul significato dell’abitare in territorio montano, dell’escursionismo alpino. nelle terre alte, indagando L’essenzialità imposta dal luogo e situazioni marginali, estreme del dalle condizioni ambientali ha richiesto ai progettisti scelte semplici, funzionali e necessarie, indirizzandoli in una direzione selettiva, così come l’alta quota dispone alla frugalità chiedendo alla tecnica di essere ausilio in termini di sicurezza. Il bivacco è quindi un luogo fisico ma anche un luogo mentale, un rifugio temporaneo e una nicchia di conforto, una forma di pensiero che può indurre comportamenti consapevoli. Il Concorso di idee, concepito all’interno di aperto_2012 “fare_arte al confine”, una rassegna di arte pubblica dedicata al tema dell’abitare nell’area alpina, è stato costruito P. 2 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 10 Agosto 2012 MONUMENTI DA SCOPRIRE LA VILLA PESTARINI A MILANO: UN CAPOLAVORO POCO CONOSCIUTO DI FRANCO ALBINI attenzione nel valutare le soluzioni dei collegamenti verticali. Una scelta compositiva che ancora oggi è perfettamente leggibile perché gli interni, la disposizione degli ambienti, compresi gli arredi, sono rimasti pressoché inalterati. Villa Pestarini,come documenta l’esistente, non ha subito fenomeni di abbandono e non ha perso nel tempo le sue funzioni residenziali. Un eventuale progetti di conservazione e restauro dovrebbe riassumersi nell’espressione “conservare per mantenere vivo”. Un progetto di restauro, dunque, che dovrebbe trovare lecite modifiche per dare una continuità abitativa a tale struttura, mantenendo attuali i suoi valori storici e funzionali. Andrea Tardito La villetta Pestarini, unico episodio tuttora esistente in Milano di creazione per una singola committenza privata costruito da Albini nel periodo prebellico, è un piccolo elemento puntiforme nell’eterogeneo panorama di Piazza Tripoli (Via Mogadiscio N.N. 2-4). Questo edificio rappresenta un nodo importante non solo per la comprensione del progetto architettonico “albiniano” in senso stretto, per cui “il processo di definizione di un tipo edilizio opera una selezione nel tempo fra i caratteri essenziali e quelli secondari degli edifici, una sorta di distillazione che Albini ha sempre considerato un processo importante”(A. Monestiroli, Milano 2005) ma anche testimonianza eloquente della sua particolare visione delle ambientazioni di interni. “Tanti suoi arredi e tanti suoi oggetti […] sembrano voler sfidare le leggi della gravità”(C. de Seta, Milano 1980). Una ricerca astratta e purista che porta Albini, nel periodo ante guerra, alla creazione di geometrie elementari, strutture modulari, sistemi strutturali diafani e ridotti a fili e telai; ricerca ampiamente documentata dagli arredi originali ancora presenti nell’edificio in questione. La creazione della villetta si sviluppa in due fasi differenti. Il signor Umberto Pestarini, esportatore di prodotti in vetro dalla Germania, affida nel 1938 il progetto della propria abitazione all’architetto Franco Albini. Lo stesso Pestarini commissiona successivamente all’architetto un sopralzo (1949). Da testimonianze rese dagli eredi Pestarini, Albini non fu affatto contento di stravolgere la sua opera con le modifiche chieste per la nuova unità abitativa. L’attuale terzo piano fuori terra, indipendente dai primi due piani originari per l’aggiunta del nuovo vano scala, modifica radicalmente © Collezione privata © Collezione privata il gioco dei due corpi rettangolari sfalsati (l’elemento compositivo più importante della villetta ante guerra), trasformando l’edificio nel “parallelepipedo” compatto che conosciamo oggi. Inoltre la tamponatura delle pareti del nuovo piano con pannelli ondulati crea una netta cesura con le lisce superfici rivestite in Terranova delle parti originarie. Il nodo, o almeno uno dei nodi, per comprendere l’importanza di quest’opera è l’interno della scatola costruita. Se all’esterno può sembrare che manchino soluzioni di continuità, gli interni denunciano l’esatto opposto. Entrambe le fasi progettuali mantengono uguale enfasi per gli spazi comuni, con ricercate soluzioni di partiture mobili per frazionare tali spazi; medesima P. 3 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 10 Agosto 2012 © Fototeca ISAL OMAGGIO AL GRANDE STUDIOSO DI GAUDÌ RECENTEMENTE SCOMPARSO: JAUN BASSEGODA NONELL Juan Bassegoda Nonell al lavoro nell’ufficio della Reial Càtedra Gaudí, nella Finca Güell di Pedralbes in Barcellona, un tempo scuderie del conte Güell progettate da Antoni Gaudì Il professor Juan Bassegoda Nonell è morto a Barcellona, a ottantadue anni, il 30 luglio di quest’anno dopo lunga malattia. Sono molto grata a lui e alla moglie Olga per l’accoglienza cordiale che mi hanno sempre riservato, a lui in particolare per la generosità con la quale mi ha consentito di accedere all’archivio della Reial Cátedra Gaudí, istituzione ministeriale per lo studio della personalità e dell'opera del grande architetto catalano Antoni Gaudì, Cátedra da lui iniziata e collegata all’Università di Architettura (Escuela de Arquitectura) di Barcellona, dove, in più di trenta anni, Juan ha raccolto materiali grafici, fotografici e documenti legati soprattutto a Gaudì, oltre che elaborato studi che hanno spaziato in vari ambiti della storia dell'architettura. Moltissime furono le cariche da lui assunte, segno di un profondo innesto nella ultura catalana e spagnola. Divenne nel 1966 presidente della Asociación de Amigos de Gaudí, fu dal 1968 professore ordinario di Historia de la Arquitectura y del Urbanismo, Jardinería y Paisaje della Escuela de Arquitectura e direttore della Reial Cátedra Gaudí, fino 2000, anno del suo pensionamento. Da allora fino al 2009 è stato conservatore a vita della Cátedra, divenendone nel 2010 anche direttore onorario. Membro della Reial Academia de Bellas Artes de Sant Jordi, ne fu presidente tra 1990 e 1998; inoltre è stato membro della Reial Academia de Ciencias y Artes in Barcellona dal 1977, dell’American Institute di Washington e dell’Hispanic Society of America di New York dal 1994; membro corrispondente delle accademie di San Fernando di Madrid, di Santa Isabel di Sevilla, di San Telmo di Málaga e di Nuestra Señora del Rosario de La Coruña; nel 1997 ricevette la Medalla al Mérito en Bellas Artes nella categoría de oro. É stato responsabile o consulente in molti restauri di opere gaudiniane (la Casa Batlló, il Parque Güell, la Finca Güell, la Casa Calvet, la Cripta de la Colonia Güell, i Jardines de Can Artigas), oltre che di architetture medievali, come la cattedrale de Barcellona, la basilica di Santa Maria del Mar in Barcellona, i monasteri di Poblet e di Pedralbes, la chiesa di Sant Andreu a La Selva del Camp, il Palacio de la Música Catalana, il Teatro del Liceu, il Palazzo vescovile di Barcellona, la cattedrale di Tarragona, la cattedrale di Tortosa. Dal 1969 è stato architetto diocesano della cattedrale di Barcellona. Tra i molti suoi libri meritano di essere ricordati: Guía de Gaudí (1970), Los maestros de obras de Barcelona (1972), El Círculo del Liceo (1973), La catedral de Barcelona (1973), Historia de la Arquitectura (1976) ,La Pedrera de Gaudí (1980), Història de la restauració de Poblet (1983), The Designs and Drawings of A. Gaudí (con George Collins, 1983), La casa Llotja de Mar (1985), El gran Gaudí (1989), El mestre Gaudí (2011), e altri ancora. In collaborazione con me e presso la casa editrice Jaca Book, ha curato: l’edizione di Idee per l’architettura (1994 1.a ed., 2012 2.a ed.), raccolta antologia di scritti di Gaudì e di pensieri trascritti dai suoi allievi; in italiano, castigliano, catalano, francese e inglese Gaudì- Spazio e segni del sacro (Lunwerg-Jaca Book, Madrid-Barcellona e Milano 2002). Con scrittura piana e grande rigore documentario ha ricostruito molti fatti della storia personale e delle opere di Gaudì. Del grande catalano ha valorizzato soprattutto “la grande capacità di saper vedere intorno a sé tutta la meraviglia della creazione” colta con “una sensibilità chiaramente francescana”, che lo portò sia a ritenere che “niente meglio della natura è capace di creare forme razionali, belle e resistenti”, sia ad avvertire il proprio compito come vocazione e missione cristiana, in una forma che non ha paragoni nella storia dell’architettura occidentale. Ha affermato Bassegoda in una conferenza: “La ‘filosofia’ gaudiniana, la sostanza del suo lavoro, la sintesi della sua opera si potrebbero esprimere dicendo che niente è per lui arte se non deriva dalla natura, dalla quale provengono le forme più straordinarie, belle e ben concepite; per tradurre in edifici le forme, le strutture e i colori che la natura crea e proporziona, lo strumento più adeguato è quello della geometria reglada, poiché la natura stessa ha usato questa geometria nella composizione della forma di una montagna o delle ossa degli animali. L’osservazione non intellettualistica della natura è fonte della migliore ispirazione, ma sempre tenendo presente che la natura è opera del Creatore e che senza la spiritualità l’architettura non riesce a superare i limiti della mera tecnica, magari adorna di una retorica pseudofilosofica. Se a tutto questo si unisce una dedizione esclusiva e totale al proprio lavoro, allora può emergere una figura del calibro di Gaudí, personaggio oggi leggendario, catalano universale, ma soprattutto architetto, e perciò, innanzitutto, responsabile di un gruppo di operai insieme ai quali ricreare, con l’immaginazione umana, quelle forme che dal principio del mondo compongono questo pianeta”. Il centro dell’opera di Gaudì è stato a suo parere, il senso religioso, poiché l’architetto catalano “ha vissuto intensamente la fede religiosa, ha compreso che vedendo la natura con ingenuità, scoprendo la sua geometria, le sue leggi, essa rivelava una funzionalità totale. Un fiore, una rosa, non sono un'opera d'arte in sé, sono un'opera di funzionalità, perché il profumo e il colore non sono creati per far bellezza, ma per attrarre gli insetti che hanno una funzione riproduttrice. Gaudì vedeva che attraverso la funzionalità si arriva alla bellezza. Non bisogna operare con l'intenzione di creare un'opera d'arte, ma fare il proprio mestiere con onestà pensando che l'ispirazione viene direttamente da Dio che ha fatto tutte queste meraviglie. Questo sentimento francescano di Gaudì, che è un sentimento spirituale e materiale allo stesso tempo, si avvicina alla spiritualità attraverso la materialità come creazione di Dio”. Razionalità, spirito francescano, semplicità e schiettezza, rifiuto di ogni forma di retorica e presunzione, hanno sempre caratterizzato anche il pensiero e i modi di Bassegoda. Resta per me indimenticabile la simpatia con la quale, accompagnato sempre dal suo fedele cane, mi apriva il cancello della Finca Güell a Barcellona dandomi in benvenuto a qualunque ora; Juan Bassegoda era sempre lì dal mattino molto presto a sera, tra le carte, i microfilm, le diapositive, i libri che riempivano sempre più di anno in anno scaffali e tavoli. Maria Antonietta Crippa P. 4 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 10 Agosto 2012 MESE DI AGOSTO: LE MOSTRE CHE ISAL HA VISITATO PER VOI UN EGITTOLOGO GARIBALDINO A MILANO: LUIGI VASSALLI BEY A Milano la mostra curata da Rina La Guardia e Francesco Tiradritti - Dal 6 luglio al 30 settembre La mostra “Un egittologo garibaldino milanese: Luigi Vassalli Bey”, a cura di Rina La Guardia in collaborazione con l’egittologo Francesco Tiradritti, intende celebrare il bicentenario della nascita dell’archeologo e patriota risorgimentale milanese Luigi Vassalli (1812–1887). Vassalli lasciò parte dei suoi manoscritti in legato testamentario al Comune di Milano, che ne entrò definitivamente in possesso nel 1899. Altri preziosi documenti (appunti, manoscritti, disegni, fotografie), furono venduti alla civica amministrazione, assieme alla biblioteca personale, dal Museum of Fine Arts di Boston esattamente cento anni dopo. Vassalli studiò pittura a Brera e, fervente patriota - prima mazziniano, poi garibaldino prese parte a molte delle vicende insurrezionali risorgimentali, tra cui le Cinque Giornate di Milano, la difesa della Repubblica Romana e la Spedizione dei Mille. Costretto più volte all’esilio, elesse a sua patria d’adozione l’Egitto, dove collaborò con il francese Auguste Mariette alla costituzione del Service de Conservation des Antiquités de l'Egypte e alla fondazione del primo museo egizio del Cairo, il Museo di Bulaq, di cui fu anche direttore ad interim. In qualità di Ispettore degli scavi, tra il 1859 e il 1883 diresse ricerche archeologiche in varie località dell’Egitto. Fu anche, per un breve periodo, Conservatore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nel 1871, dietro richiesta del ministro della Pubblica Istruzione, Cesare Correnti, visitò le maggiori raccolte egittologiche italiane, allo scopo di redigere un piano di miglioramento ed ampliamento delle stesse. La mostra al Castello Sforzesco di Milano è divisa idealmente in tre sezioni. La prima ripercorre le vicende della vita avventurosa di Vassalli. La seconda è dedicata alla “riscoperta” e allo studio dei suoi manoscritti. La terza documenta la sua attività presso il Service de Conservation des Antiquités de L’Egypte e alcune delle scoperte archeologiche da lui compiute, che sono rimaste fondamentali per lo sviluppo dell’archeologia e della museografia in Egitto nel XIX secolo. Il materiale selezionato, esclusivamente di proprietà del Comune di Milano, è in gran parte presentato al pubblico per la prima volta con un progetto espositivo unitario, che prevede la collaborazione del Centro di Alti Studi sulle Arti Visive (CASVA) con numerosi istituti culturali civici, quali l’Archivio Fotografico, le Raccolte Artistiche e le Raccolte Storiche. Testo liberamente tratto dal comunicato stampa Per ulteriori informazioni: www.comune.milano.it/casva www.milanocastello.it Milano, Castello Sforzesco, Musei d’Arte - Sala 38 Ingresso libero Barbara Galimberti Biblioteca Archeologica Biblioteca d’Arte Centro di Alti Studi sulle Arti Visive (CASVA) Iniziative Culturali e Comunicazione [email protected] o.it - tel. 02.88463657 TORNA LUISA GARZONIO BRAMANTINO A MILANO Angera (VA) – Dall’11 al 26 agosto 2012 Milano - Dal 16 maggio al 25 settembre 2012 Luisa Garzonio artista varesina,architetto, torna a esporre le sue opere nei suoi luoghi dopo una ricerca silenziosa e solitaria di cinque anni. Indaga il tema del ritratto anche come luogo dove proiettare ricordi, emozioni. Inserisce i volti in carte di città ottenendo una suggestiva commistione tra fisionomie e mappe. I volti a volte sono reperiti nella memoria, a volte immaginari, evocativi di emozioni recondite che ci riportano a uno stato riflessivo e d’incanto, tra indagine psicologica e celebrazione del Bello. La tecnica prediletta é quella dei pastelli e matita su carta, qualche olio su tela. Spesso le opere sono accoppiate in dittici di grandi dimensioni e celebrano un mondo possibile trasfigurato dalla luce, attraversato da vibranti segni che tradiscono un’antica passione per il gestuale virata verso la figurazione per emerse esigenze spirituali, che superano negli esiti finali, il conflitto tra gli ismi, in un’originale relazione tra loro. L’opera Crocifissione dell’artista è stata selezionata nel concorso crocifissi d’autore indetto da Regione Lombardia per la donazione e collocazione nelle stanze dell’ente; sarà esposta fino al 18 Luglio presso lo spazio espositivo. Sandro Zarga La mostra promossa e prodotta dal Comune di Milano presenta circa una ventina di opere fra dipinti e disegni del Bramantino e si articola nelle due grandi Sale del Castello Sforzesco che ospitano già importanti lavori dell’artista: la Sala del Tesoro dove domina l’Argo, Il grande affresco realizzato intorno al 1490 e destinato a vegliare sul tesoro sforzesco e la soprastante Sala della Balla, che accoglie i dodici arazzi della collezione Trivulzio, acquisiti dal Comune nel 1935. Per ulteriori informazioni: Castello Sforzesco di Milano P.za Castello Cortile della Rocchetta, Sala del Tesoro e Sala della Balla Da martedì a domenica 9.00-17.30 lunedì chiuso www.milanocastello.it http://www.milanocastello.it/ita/pdf/bra mantino.pdf (comunicato stampa) P. 5 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 10 Agosto 2012 Memori del passato della cittadina, Varedo è ricordata tra altri da illustri letterati lombardi che ne colsero aspetti di domestica vitalità lombarda. Fu così per Antonio Stoppani che identificò il luogo "dove sorge questa borgata, dal fare gentile e cittadino, le nevi tenevano il loro impero di candore". Il territorio trasformato dall'incessante attività umana si mostrava al viaggiatore ottocentesco con le forme ridenti descritte da Cesare Cantù: "Aria salubre, suolo piano, sparso di vaghe collinette, molto fertile in gelsi biade, vini e frumento della migliore qualità, la popolazione in generale è agricola e in poca porzione applicata al commercio". Elementi costitutivi della struttura e del paesaggio dell'altopiano asciutto furono rilevati con minuzia durante la dominazione austriaca, nel solco della monumentale ricognizione sul territorio dalla quale derivarono le mappe del catasto teresiano. Nella mappa di campagna di Varedo, disegnata nel 1721, il nucleo storico appare nettamente definito da edifici a corte distribuiti lungo l'attraversamento principale della via Longa, da ovest ad est. Qui s'individua in posizione pressoché centrale, tra lo slargo su cui è attestata la Chiesa dei SS. Pietro e Paolo e i caseggiati a corte di proprietà dei baroni Bagatti, un ampio fabbricato a corte quadrangolare che costituiva la casa d'abitazione della famiglia Quinterio, a quel tempo proprietaria anche di case d'affitto, con orti e cortili distribuiti nell’immediato intorno. Sul luogo della casa padronale furono avviate © Collezione privata © Collezione privatadi Milano © Provincia VILLA MEDICI DI MARIGNANO A VAREDO: UN’ANTICA DIMORA OGGI SOLO IN PARTE LEGGIBILE modifiche e sistemazioni che interessarono soprattutto le pertinenze rustiche e le case d'affitto contigue, rilevate nella cartografia catastale dell'Ottocento. La proprietà, frattanto passata ai marchesi Medici di Marignano, comprendeva la casa padronale a corte, affacciata a nord e a ovest su un ampio giardino, mentre a oriente aveva preso forma la corte rurale di proprietà della famiglia Balzareti, identificata localmente come Curt russa, dal colore delle murature di rosso tinteggiate. La dimora attraversò tutto il XIX secolo avviandosi poi a un lento declino. Già nei primi anni del Novecento al parziale utilizzo di alcune sue parti fece riscontro l'insediamento dell'ambulatorio del medico condotto e alcuni uffici comunali, prefigurando la futura acquisizione pubblica, avvenuta poco dopo la metà del secolo. Un primo intervento fu rivolto alla sistemazione del giardino, con la parziale demolizione della muratura di cinta, reso fruibile alla cittadinanza con il nome di Parco I° Maggio. Passato un ventennio, negli anni ottanta furono avviati i lavori di ristrutturazione del fabbricato principale, ormai giunto a condizione di precarietà strutturale in ampie parti. Tra consistenti demolizioni, rifacimenti e non accorte soluzioni che hanno compromesso del tutto alcune significative permanenze architettoniche, la villa si è affacciata al nuovo secolo con una generale riforma, consistente oltre ogni retaggio storico di cui rimane testimonianza il prospetto ad archi e bifore verso il parco, memoria storica che rimanda all'antica stagione padronale. Un dato significativo avvalorato dall'istanza promossa nel 2011 dall'Amministrazione Comunale, per la verifica presso la Soprintendenza dell'interesse culturale del patrimonio immobiliare pubblico del complesso della Villa Medici di Marignano e del parco annesso. Il nucleo storico di Varedo è organizzato sul minuto tessuto edificato in prevalenza a cortina sui percorsi stradali di attraversamento che convergono alla piazza della Pace. Risultato della sistemazione avviata negli ultimi anni a conclusione del generale riassetto dello spazio del Municipio, riunisce valenze storiche, architettoniche e naturali - anche col concorso della monumentale robinia pressoché centrale - che, pur tra modifiche e trasformazioni, rimandano all'antica Villa Medici di Marignano. Accanto all'organismo planimetrico, la ristrutturazione su progetto dell'architetto Enrico Marini ha fatto salva una porzione del prospetto rivolto a ovest, verso il parco, dato storico di rilievo cui si aggiungono poche altre permanenze all'interno dell'edificio, la più significativa delle quali è la scala principale, oggi manomessa e del tutto occultata in un vano tecnico. Dalla piazza l'edificio presenta all'osservatore semplici prospetti modulati sulle preesistenti aperture, talune con balconcino e ringhiera metallica. Qui la facciata ha la parte centrale elevata su tre piani, limitata a due livelli nella porzione più antica rivolta al parco e in quella del tutto riformata sulla via Vittorio Emanuele II. Su quest'ultima l'intervento più consistente dal quale è derivato il portico su arcate a tutto tondo, con un'imposta d'arco alquanto ribassata nel prospetto principale a sud. Il passaggio coperto introduce all'ingresso agli uffici e risvolta verso la piazza conducendo al vasto parco pubblico, delimitato da una lineare cancellata con piedritti metallici di rinforzo. Introdotti al parco, sistemato con radure e macchie alberate, la vista coglie i dettagli compositivi della porzione di fabbricato più antica, individuati con quel po' di attenzione resa necessaria dal fitto schermo delle fronde di alti alberi. Di rilievo è l'architettura riassunta nell'evocazione storica di elementi decorativi e composta nella sequenza di quattro bifore ogivali con ghiera in laterizio a vista, sostenute da colonnette in pietra con capitello corinzio. A esse corrispondono nella porzione inferiore otto aperture tonde con cornice cementizia a sbalzo. Sul lato destro il prospetto sensibilmente più elevato presenta modanature cementizie che danno forma a tre cornici ogivali raccordate all'imposta delle arcatelle, entro le quali si aprono finestre quadrate. Motivo riprodotto al piede di questa porzione di facciata dove due piedritti lapidei sostengono un arco ogivale vetrato. In sommità, decorazioni dentellate in laterizio e mensole unghiate sono ripartite nelle due distinte porzioni dell'alzato, identicamente concluse da merlature. All'interno dell'edificio rimangono due massicci piedritti, tracce strutturali dello spazio al quale si presentava la scala principale a tre rampe con gradini di pietra, della cui "scomparsa" nel vano tecnico s'è già fatto cenno, e una scala secondaria che si spinge sino al piano cantinato, in parte rifatta e anch'essa con gradini lapidei. Nella generale atmosfera contemporanea si evidenzia, lungo un disimpegno, una nicchia dalla quale emerge, tra lastre lapidee murate, un dignitoso fontanetto con bacile tondeggiante in pietra e zampillo in ottone forgiato in forma di mascherone e drago. È un sussulto, e la data scolpita riporta al 1867. Il presente testo riprende la scheda SIRBeC di valorizzazione redatta da Daniele Garnerone per conto di ISAL nell’ambito della convenzione per la gestione e il coordinamento del sistema di schedatura del patrimonio architettonico affidato all’Istituto dalla Provincia di Monza e Brianza. Daniele Garnerone P. 6 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 10 Agosto 2012 DAVANTI ALL’OCEANO Do/Co 2012 - Documentazione e Conservazione del Patrimonio Architettonico ed Urbano © Alberto Biassoni Un cesanese fotografa l’Atlantico sembra alleggerirti e prometterti l'altra sponda ... Fotografare serve a questo, a cercare di cogliere il vissuto, le emozioni di un luogo; non è semplice rappresentazione della realtà, diventa raffigurazione delle emozioni di chi fotografa. E io, in riva all'Oceano, nel vento, mi sono emozionato ed ho fotografato. storico-monumentale, attivare un ambito di incontro e confronto tra esperienze consolidate di realtà europee e più recenti esperienze avviate in università brasiliane e latino americane. L’evento intende anche garantire risultati di immediata utilità professionale, sia per istituzioni e pubbliche amministrazioni, sia per società private, che potranno ugualmente essere interlocutori autorevoli del seminario. III Seminario Internazionale 26-27 ottobre 2012 Tomar (Portogallo) Convento de Cristo Convegno promosso da: - Università di Bologna Alma Mater Studiorum - Direcao-General do Patrimçnio Cultural Per informazioni ed iscrizioni: http://www.dapt.ing.unibo.it/do_co 2012.htm Alberto Biassoni © Do/Co 2012 No, non avevo mai visto l'Oceano, ma sempre e solo il Mediterraneo.... bello, luminoso, pieno di vita, ma l'Oceano è altro... Può essere l'idea della vastità: già, solo l'idea, perché io dalla riva posso solo immaginare quanto lontana sia l'altra sponda, quante migliaia di chilometri di profondo Oceano blu ci siano … Oppure può essere la sensazione di vita dell'Oceano, come un'enorme creatura dotata di vita propria che respira durante il giorno.... inspira, e si ritrae; espira e si allarga, sommergendo e scoprendo nuovi spazi di terra e legando ad essa tutta la vita, animale ed umana, circostante. Con queste emozioni mi trovo in Portogallo, a Vila Nova, un piccolo paese di pescatori e di turismo nell’Alentejo, costruito sull'estuario di un fiume sull'Oceano. La fotografia allora riesce a cogliere le sfumature di colore, nelle correnti di marea che si ritira, del fiume che si getta nel mare, che si incrociano. La luce del sole, ormai quasi rasente terra, taglia tutte le ombre. I solchi lasciati dall'acqua che si ritira nella sabbia umida, con questa luce sembrano canyon profondi; dove prima c'erano onde terribili, capaci di schiacciarti sugli scogli, ora è emerso un paesaggio roccioso e quasi lunare dove i toni di grigio sono quasi esclusi; il vento spazza tutto, un vento che Il seminario, terzo della serie di incontri promossi fra ricercatori di lingua italiana e portoghese, è realizzato nell’ambito di una ricerca PRIN 2008 dal titolo “Sistemi informativi integrati per la tutela, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio architettonico e urbano”. Esso vuole raccogliere e confrontare, a livello internazionale, studi e documentazioni scientifiche nell’ambito delle discipline del rilievo e del restauro architettonico. L’incontro, aperto a contributi di ricercatori ed operatori di queste discipline, è dedicato particolarmente all’utilizzo di Sistemi ed Archivi Informativi, utilizzati per analizzare, rappresentare e promuovere il patrimonio architettonico storico e come strumenti di supporto al progetto di restauro. Il seminario intende poi, attraverso un evento proposto all’interno di un luogo di singolare pregio e valore © Alberto Biassoni P. 7 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 10 Agosto 2012 POSSIBILITÀ PER ALCUNE ARCHITETTURE LOMBARDE DI DIVENIRE “FORME DI EDUCAZIONE PERMANENTE” © Fototeca ISAL, Fondo Cariplo, b. 36/92 Nel 1995 la professoressa Maria Luisa Gatti Perer, fondatrice dell'Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda, mi invitò a Palazzo Reale di Milano a tenere una conferenza dal titolo "Vincenzo Seregni alla Certosa di Garegnano". Al termine dell’incontro e del consueto dibattito seguito con i partecipanti, ci ritrovammo con alcuni amici in un bar della Galleria Vittorio Emanuele per continuare a parlare di arte e di architettura sacra. Malgrado da quel lontano tardo pomeriggio di settembre siano passati quasi vent'anni, ricordo distintamente alcuni temi che toccammo, destando anche la curiosità di qualche avventore che aveva notato il coinvolgimento emotivo di noi tutti e, in particolare, della prof. Gatti. Con grande trasporto, infatti, discutevamo del tema dell'adeguamento liturgico postconciliare e del problema della decontestualizzazione delle opere d'arte religiose. Ricordo ancora la sua faccia “corrucciata” e “dolorante” nel riferire lo sdegno che aveva provato poco tempo prima nel vedere in una casa di un privato un confessionale barocco, con preziosi intagli lignei, tagliato e trasformato in un mobile bar e nell'aver notato che la proprietaria di casa utilizzava per imbellettarsi ostensori di rito ambrosiano trasformati in specchi. La conversazione si protrasse a lungo e non tenne toni sempre pacati, ma improvvisamente la discussione si fece calma e i toni di voce della storica dell’arte milanese divennero quasi sommessi, come a voler sottolineare l’importanza delle parole che avrebbe pronunciato. Seria in volto, ma con un abbozzo di sorriso, esortò me e un'altra ragazza, allora giovani studiosi di storia dell'architettura e dell'ordine certosino, a proseguire i nostri studi, affinché potessimo promuovere una vera e consapevole cultura della valorizzazione del patrimonio artistico-architettonico italiano, sempre protesa alla comprensione del vero significato – mi verrebbe da dire ontologico delle opere d'arte, facendo attenzione al loro valore figurativo, simbolico, iconografico ed iconologico. Dopo una breve pausa aggiunse che augurava a tutti i presenti di mantenere vivo quel desiderio di ricerca che aveva colto in noi, certa che lo studio potesse divenire anche “avvenimento” e occasione per sperimentare l’irruzione del trascendente nella vita quotidiana dell’uomo e, ancora più seria, aggiunse: l’Arte è dialogo personale perché è rivelazione. Ripensandoci, in quella ormai giovane sera, toccammo intensi temi considerati dalla prof. Gatti di fondamentale importanza, ai quali ha dedicato molti anni delle sue ricerche e, forse, la sua intera esistenza. Si trattava di argomenti non banali la cui comunicazione veniva da lei avvertita non solo come un compito e un dovere istituzionale al quale non poteva sottrarsi, ma, forse, come uno dei suoi principali compiti esistenziali sostenuto da ragioni morali. Oggi negli archivi dell'Istituto non è difficile imbattersi in documenti che trattino del significato di studiare e di promuovere l'arte, dell'importanza che alcune figure hanno avuto nei secoli passati nel salvaguardare e difendere i beni culturali religiosi o, ancora, della necessità di recuperare il vero significato di parole delle quali spesso si abusa, tra cui i lemmi Simbolo, Arte e Architettura. Alcuni di questi documenti risultano particolarmente interessanti perché attestano l'impegno profuso dai loro estensori nella difesa di specifiche tematiche culturali o per l'attualità dei temi trattati. Tra questi vi è certamente anche un breve testo redatto nel 1973 dalla stessa prof. Maria Luisa Gatti Perer intitolato "Proposte per un recupero dei valori permanenti. Il senso cristiano dello spazio del mondo delle immagini nelle chiese antiche della diocesi di Milano” (“Ambrosius”, anno XLIX, n. 4, pp. 316-321), del quale si riportano alcuni brevi stralci, che nella mia mente, di non più giovanissimo studioso di storia dell'architettura e dell'ordine certosino, hanno riportato alla mente quella vibrante discussione svoltasi all’ombra del Duomo di Milano. Ferdinando Zanzottera "Quali funzioni oggi può rivestire un edificio religioso agli occhi di coloro che abitano nel luogo dove esso è situato? Qualora si tratti di edificio antico, costruito da generazioni lontane da noi, può ancora contenere un messaggio da comunicare agli uomini d’oggi? La costruzione di uno spazio architettonico e l'arte figurativa che contribuiva a renderlo significante, hanno avuto preminentemente nel passato significato di opera compiuta nella ricerca di un linguaggio universalmente accessibile. La decorazione pittorica di una chiesa rappresentava nel contempo una didattica pastorale ad un avvenimento alla intuizione di quei valori di ordine, bellezza, l'armonia che consentivano di intuire il trascendente. La Chiesa era infatti la casa di Dio in quanto era la casa di tutti, ed alla contemplazione di tutti era offerto quanto poteva suscitare l'immaginazione intesa come tramite tra particolare e universale. L'edificio religioso nasceva con una vocazione pubblica ed a tutti senza distinzione di classe di ceto, era destinata la contemplazione delle opere d'arte in esso contenute e della stessa forma architettonica. L'opera d'arte aveva cioè come finalità quella di proporre un parametro di valori in cui ognuno potesse riconoscere una parte di sé, secondo i tempi e le esigenze. La visualizzazione del reale possibile, lo stupore di una creazione fantastica del tutto irreale, quando non addirittura onirica (certe teorie prospettiche che moltiplicavano gli spazi all’infinito nelle chiese del Settecento) o più semplicemente un più intenso modo di capire gli uomini e rifletterli in immagini che con sincerità totale ne cogliessero ad un tempo la facilità della possibilità di attingere alle sorgenti della Luce della Grazia (si pensi alle opere di Caravaggio), erano elementi di un discorso che aiutava l’uomo a scoprire quella parte di sé più riposta che aspirava all’infinito, a placare le inquietudini derivanti dai limiti troppo ristretti in cui si configurava il vivere quotidiano, a riposarsi nella contemplazione di un oggetto di gusto, di una sinfonia di linee, colori e forme(pensiamo a certi altari barocchi: gli sguardi, convergendo su di essi, collegavano d’istinto l’armonia derivante dall’uso sapiente di marmi diversi, dalle ombre e luci forgiate da imprevisti movimenti formali, all’Armonia universale, al concetto del trascendente). L'ordine degli oggetti per cui tanto si batté per quanto attiene alla diocesi di Milano san Carlo, era condizione essenziale per P. 8 N° 10 Agosto 2012 consentire agli uomini di percepire la bellezza del luogo, farla propria, nutrirsene per il resto del giorno. L'esatta collocazione degli arredi sacri, secondo un percorso liturgico reso significante da simboli antichi e tramandati di generazione in generazione, attraverso i quali la comunità riconosceva valori perenni, rendeva la chiesa famigliare; un luogo dove l'uomo poteva ritrovarsi con gli altri uomini alla ricerca di un'immagine che lo aiutasse a accogliere il trascendente. E qui occorre precisare che il significato del termine immagine deve essere inteso nel senso di tutto il complesso di oggetti, arredi sacri, dipinti, affreschi, motivi decorativi e spazio architettonico che costituiscono in una chiesa la rappresentazione visuale di una realtà esterna alla coscienza. Se siamo d'accordo sul fatto che «costruire significa comporre, ossia mettere assieme cose diverse in modo che, dall'ordine in cui sono poste, derivi un nuovo significato per ciascuna di esse», riusciremo a comprendere il significato comunitario dell'edificio sacro che san Carlo intendeva recuperare nelle sue Istruzioni. Si trattava di stabilire, o meglio ristabilire, un ordine, cosicché ogni oggetto nell'ambito di un edificio sacro fosse come doveva essere e al posto in cui doveva essere, e ogni spazio avesse una giusta misura, il tutto naturalmente rapportato all'uomo, all'esigenza primaria di concretare attraverso l'oggetto ritenuto simbolo il suo destino nei confronti della trascendenza […] Tali edifici [gli edifici religiosi barocchi], concepiti come case di tutti, luoghi quindi in cui ognuno può ritrovare una parte di se stesso, qualora la popolazione che abita il luogo fosse resa sensibile attraverso una forma di educazione permanente in cui diventi essa stessa protagonista del loro recupero spirituale prima ancora che materiale, verrebbero conservati e restituiti al loro primo nitore a cura della popolazione stessa. Lo stesso edificio religioso potrebbe divenire tramite ad uno spirito di comunità – ché non esiste comunità laddove non esista un obiettivo comune –. In tal caso l'obiettivo comune potrebbe essere costituito dal recupero del luogo in cui si vive, sia esso il rione di una grande città o un piccolo paese, di una presenza storica testimonianza della dignità dell'uomo, del suo vivere civile; potrebbe anche essere recupero di un significato pastorale connesso con i temi proposti dall'iconografia degli affreschi che decorano un oratorio, oppure di uno spazio che consenta ancora all'uomo la meraviglia per il modo come è organizzato, per le sue capacità di illusione, e, perché no, per il suo carattere teatrico. Lo stesso problema dell'utilizzazione attuale dell'edificio sacro, parliamo qui soprattutto di quelli minori, i cosiddetti oratori, diviene un mezzo attraverso cui la popolazione prende possesso dell'edificio, lo fa suo. Potrà divenire luogo dove l'uomo si ritrova per la preghiera individuale o corale, ma anche per altre manifestazioni dello spirito che possono pur sempre costituire una via per giungere a Dio, un tramite per il trascendente. Edifici per lo più dall'acustica perfetta, soprattutto quelli concepiti nella prima metà del Settecento, potrebbero costituire una presenza culturale attraverso concerti, conferenze, mostre, biblioteche. Potrebbero rappresentare per i giovani un'alternativa ai modelli di comportamento abnormi, costituirebbero con la loro presenza, riscattata dall'ordine e da una adeguata illuminazione, una forma di educazione permanente. La decadenza attuale in cui molti, troppi di questi edifici si trovano, deriva per lo più dalla loro chiusura al pubblico. Il timore dei furti conduce in definitiva a creare le condizioni ideali perché appunto i furti si possono compiere: quello cioè di un disinteresse da parte della popolazione in cui è stato interrotto quel tramite che la tradizione aveva mantenuto fino a non molti anni fa, se non a livello di cultura, almeno a livello di devozione. Essi diventano allora una sorta di cava a cui si attinge in forme più o meno lecite per la gioia del privato cittadino che a caro prezzo li acquistano. Diventano oggetti di gusto; in un tentativo di recupero estetico. Ma quegli oggetti, quei simboli, privati della loro originaria pregnanza e dell'ordine consueto e della collocazione in uno spazio esatto dicono poi nelle case private una vita abnorme sino a rasentare il limite del grottesco". [Maria Luisa Gatti Perer, op. cit.] © Fototeca ISAL, Fondo Cariplo, b. 36/92 © Fototeca ISAL, Fondo Cariplo, b. 36/92 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda P. 9 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 10 Agosto 2012 Alla scoperta del Cimitero Monumentale di Milano “Cheto riposo all’ombra di alberi operosi della briantea terra” Un viaggio alla scoperta dell’Arte Lombarda che passa per Bovisio Masciago Una serie di incontri per scoprire il valore e il significato del Vivere in Villa Il mese di settembre è da sempre considerato il periodo di riapertura nel quale riprendere i lavori dopo la pausa estiva e impostare nuovi progetti per i mesi successivi. Per ISAL il mese di settembre sarà particolarmente ricco di avvenimenti ed appuntamenti e in attesa del grande evento del decennale di Ville Aperte, che si svolgerà nell’ultima decade di settembre e che vedrà l’Istituto impegnato su più fronti con mostre, visite guidate e concorsi, ISAL ripropone due incontri e due visite guidate assolutamente da non perdere organizzate in partenariato con il Comune di Bovisio Masciago e l’Associazione Amici del Palazzo e Parco Arese Borromeo. I singoli eventi sono inseriti in un articolato progetto che ha inteso, in questi mesi, promuovere alcuni monumenti particolarmente significativi del territorio milanese e lombardo e sostenere la cultura e l’identità del contesto monzese-brianteo valorizzando le significative architetture che insistono sullo stesso territorio comunale di Bovisio Masciago. Ecco dunque il calendario: -13 settembre 2012 h21,00 Conferenza tenuta da Ferdinando Zanzottera dal titolo: “Musei a cielo aperto: il Cimitero Monumentale di Milano e il Cimitero di Monza” - 16 settembre 2012 – Visita studio al Cimitero Monumentale di Milano, al famedio e ai suoi principali monumenti funebri - 20 Settembre 2012 h21Conferenza tenuta da Daniele Garnerone e da Ferdinando Zanzottera dal titolo: “Bovisio Masciago: alla scoperta dei Beni Culturali della città” - 22 Settembre 2012 h14,30 Visita studio per le strade della città intitolata: “Andar per Arte: alla scoperta dei Beni Culturali della città di Bovisio Masciago” Le conferenze si svolgeranno presso la sede comunale di Bovisio Masciago. Per maggiori informazioni ed iscrizioni ci si può rivolgere a: - Ufficio Cultura di Bovisio Masciago (tel. 0362/511228 mail: [email protected] masciago.mb.it); - Segreteria ISAL (tel. 0362.52811 - e-mail: [email protected]); - Segreteria Associazione Amici di Palazzo e Parco Arese Borromeo (tel. 0362.508901 – email: [email protected]). Il Distretto Culturale Evoluto di Monza e Brianza costituisce sempre più un solido riferimento culturale nel panorama lombardo e, insieme ad altre realtà locali e di valore internazionali, ottiene nelle sue manifestazioni un crescente interesse da parte del pubblico e della stampa, non sempre così attenta ai temi culturali, che giudica troppo spesso queste tematiche con poco appeal e di difficile comunicazione. Coadiuvato dalla Fondazione CARIPLO, invece, il Distretto ha deciso di puntare anche sulla formazione e sulla valorizzazione del proprio patrimonio culturale, organizzando corsi gratuiti specificatamente per rispondere ad esigenze concrete dei professionisti che operano nel settore dei Beni Culturali e del Restauro, del mondo dell’associazionismo che necessitano di comprendere almeno le elementari tecniche del Fund raising e delle realtà locali che si occupano attivamente di presentare al grande pubblico il proprio patrimonio storico-artistico ed architettonico. Per il secondo anno consecutivo, quindi, il DCE ha chiesto ad ISAL di organizzare due corsi specificatamente pensati per sensibilizzare le guide turistiche, gli amministratori locali e le associazioni, anche di volontariato, che operano nell’universo culturale, chiedendo di creare occasioni di confronto con particolari realtà da tempo operanti sul territorio nazionale. La prima parte del corso avrà inizio nel mese di settembre e si volgerà presso Palazzo Arese Jacini di Cesano Maderno secondo il seguente calendario: Giovedì 6 settembre 2012 h.9,00-11,00 Incontro tenuto da Maria Antonietta Crippa (Politecnico di Milano - ISAL) sul tema “La Cultura per una consapevole conoscenza e valorizzazione del patrimonio delle Ville di delizia lombarde e dei Beni Monumentali” h.11,00-13,00 Incontro tenuto da Ferdinando Zanzottera (Politecnico di Milano ISAL) sul tema “Verso l’Expo: un itinerario possibile tra il territorio milanese e il territorio brianteo” h.14,00-18,00 Incontro tenuto da Monica Colombo (Opera d’Arte) sul tema “Accoglienza e tecniche per la comunicazione di una visita guidata” animata da una esercitazione pratica di visita guidata ad alcune sale di Palazzo Arese Borromeo Nelle giornate Venerdì 7 settembre (h.9,00-13,00) e di Sabato 8 settembre (h.9,0018,00) incontro ISAL con le singole associazioni ed enti culturali secondo le modalità di “sportello aperto” in cui verranno forniti ulteriori nozioni sulle modalità organizzativo-gestionali di visite guidate e indicazioni storicoartistiche sui monumenti storici sui quali le associazioni hanno chiesto approfondimenti ad ISAL. Nel mese di ottobre vi saranno nuovi incontri ed un nuovo corso intitolato “Contributo per la conoscenza di una storia condivisa: valore simbolico e attualità dell’abitare in Brianza”. A questo secondo ciclo di lezioni, più contratto e limitato alle sole giornate del 12 e 13 ottobre, parteciperà in qualità di relatrice anche Simonetta Coppa, già Soprintendente per il Patrimonio storico Artistico e etnoantropologico di Milano. Per informazioni: Distretto culturale evoluto di Monza e Brianza Piazza Diaz, 1 – Monza 039.97522.47 [email protected] Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda P.za Arese, 12 – Cesano Maderno 0362.528118 [email protected] P. 10