Parrocchia san giacomo - QUAReSIMA 2016

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Parrocchia san giacomo - QUAReSIMA 2016 - lA loggia
QUERERE DEUM (cercare Dio)
Quaresima dei 40 giorni del diluvio universale per annegare per sempre i
miei diluvi di parole
Quaresima dei 40 giorni di Mosè sul Sinai per riavere le tavole dimenticate dei
Suoi comandamenti
Quaresima di Elia per l’Oreb e salire sola sull’altro monte, il Tabor,
trascendenza dei miei peccati
Quaresima di Giona, nella predicazione a Ninive, per distruggere senza pietà i
miei affanni effimeri
Quaresima di Gesù nel deserto delle tentazioni, perché nella mia notte desertica, ricoperta dalla coltre del cielo, sferzata dal
vento e ribattezzata dalla tempesta, trovi in una tentazione satanica, la bellezza della tentazione di Dio, del suo Amore, della
sua misericordia
Quaresima di cenere che soffochi, in sempiterno, il carnevale della mia esistenza
Quaresima vestita di sacco per un digiuno ascetico ed illuminante del mistero della Croce e Risurrezione, unica e vera
riconciliazione col Padre.
MercOledi’ delle ceNeri
Le mie mani,
coperte di cenere,
segnate dal mio peccato e da fallimenti, davanti a te, Signore, io le apro,
perché ridiventino capaci di costruire e perché tu ne cancelli la sporcizia.
Le mie mani, avvinghiate ai miei possessi e alle mie idee già assodate, davanti a te,
o Signore, io le apro, perché lascino andare i miei tesori…
Le mie mani, pronte a lacerare e a ferire, davanti a te, o Signore, io le apro,
perché ridiventino capaci di accarezzare.
Le mie mani, chiuse come pugni di odio e di violenza, davanti a te, o Signore,
io le apro, deponi in loro la tua tenerezza.
Le mie mani, si separano dal loro peccato, davanti a te, o Signore,
io le apro:
attendo il tuo perdono.
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Il termine “deserto”, nell’accezione latina suona con “de – serere”, ossia non – legare, non annodare. (serere = annodare) e
indica appunto lo scioglimento, la privazione di ogni legame, di ogni consistente efficienza materiale e spirituale.
Giovanni, il cui nome significa “dono di Dio” oppure “Dio ha misericordia”, vive il deserto geografico perché noi
riconosciamo la nostra aridità spirituale, e si rende per questo latore di un messaggio di conversione e di cambiamento che
sottende la speranza e la gioia. Egli non solamente invita a riconoscere il nostro deserto di abbandono e di precarietà spirituale,
ma egli stesso vi si immedesima e lo assume fino in fondo.
“Mi è sempre piaciuto il deserto.
Ci si siede su una duna di sabbia.
Non si vede nulla. Non si sente nulla.
E tuttavia qualche cosa risplende in silenzio… ”
“Ciò che abbellisce il deserto”, disse il piccolo principe,
“è che nasconde un pozzo in qualche luogo…”
Fui sorpreso di capire d’un tratto quella misteriosa irradiazione della sabbia. Quando ero piccolo abitavo in una casa antica, e
la leggenda raccontava che c’era un tesoro nascosto.
“… il piccolo principe disse
<Ciò che abbellisce il deserto è che nasconde un pozzo in qualche luogo…>
E’ come dire che in ogni uomo, anche nel più cattivo,
c’è in fondo al cuore un briciolo di bontà…E’ bello pensare sia così… ” Antonie de Saint-Exupèry
tratto da Il Piccolo Principe
Prima
domenica di
QUARESIMA
Dal «Commento sui salmi» di
sant'Agostino, vescovo (Sal 60, 2-3;
CCL 39, 766) «Ascolta, o Dio, il mio
grido, sii attento alla mia preghiera»(Sal
60, 1) Chi è colui che parla?
Sembrerebbe una persona sola. Ma osserva bene se si tratta davvero di una persona sola. Dice infatti: «Dai confini della terra io
t'invoco; mentre il mio cuore è angosciato» (Sal 60, 2).Dunque non si tratta già di un solo individuo: ma, in tanto sembra uno, in
quanto uno solo è Cristo, di cui noi tutti siamo membra. Una persona sola, infatti, come potrebbe gridare dai confini della terra?
«Ma, perché ho gridato questo? Perché il mio cuore è in angoscia. »
Mostra di trovarsi fra tutte le genti, su tutta la terra non in grande gloria, ma in mezzo a grandi prove. Infatti la nostra vita in
questo pellegrinaggio non può essere esente da prove e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può
conoscere se stesso, se non è tentato, né può essere coronato senza aver vinto, né può vincere senza combattere; ma il
combattimento suppone un nemico, una prova. Pertanto si trova in angoscia colui che grida dai confini della terra, ma tuttavia
non viene abbandonato.
Dunque Egli ci ha come trasfigurati in sé, quando volle essere tentato da Satana. Gesù era tentato dal diavolo nel deserto.
Precisamente Cristo fu tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato anche tu. Perché Cristo prese da te la sua carne, ma da sé la
tua salvezza, da te la morte, da sé la tua vita, da te l'umiliazione, da sé la tua gloria, dunque prese da te la sua tentazione, da sé
la tua vittoria.
Se siamo stati tentati in lui, sarà proprio in lui che vinceremo il diavolo. Tu fermi la tua attenzione al fatto che Cristo fu
tentato; perché non consideri che Egli ha anche vinto? Fosti tu ad essere tentato in lui, ma riconosci anche che in lui tu sei
vincitore. Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato
vincere, quando sei tentato!
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TRASFIGURAZIONE
«Mentre pregava il suo volto cambiò d’aspetto»
II DOMENICA DI QUARESIMA
Esegesi
La trasfigurazione è l’evento straordinario in cui il velo dell’umanità di Cristo si solleva per un momento e lascia intravedere lo
splendore della natura divina ed ha lo scopo principale di accreditare presso i discepoli la missione salvifica di Gesù. Pietro
nella seconda lettera ricorda: “ Egli ricevette da Dio onore e gloria quando dalla magnifica Gloria fu recata a lui questa voce: “
Questi è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto”. E noi udimmo questa voce portata dal cielo, mentre eravamo
con lui sul monte santo“ (1,6-8).
PIETRO, GIACOMO E GIOVANNI
Sono i tre testimoni privilegiati di particolari eventi: risurrezione della figlia di Giairo (Mc 5, 37), l’agonia nell’orto (Mt 26, 18), L’alto monte
non viene nominato; la tradizione cristiana, già dal tempo di Cirillo da Gerusalemme indicava come monte della trasfigurazione il Tabor. Il
monte è luogo della vicinanza dell’incontro e della rivelazione di Dio (Vedi Monte Sinai).
MOSE’ ED ELIA
La loro simbologia è chiara: essi rappresentano rispettivamente la Legge e i Profeti, cioè l’Antico Testamento, la cui testimonianza al Cristo è
fondamentale. Inoltre Mosè ed Elia sono figure degli ultimi tempi.
CONVERSAVANO CON LUI
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che la trasfigurazione ha un nesso strettissimo con la morte di Gesù e deve servire e sorreggerà la fede dei discepoli nel momento della crisi
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L’argomento del colloquio non è indicato, ma Luca precisa che parlavano “della sua dipartita”, cioè della sua morte imminente. Ciò indica
FARO’ QUI TRE TENDE
La “tenda” rievoca le tende della festa dei Tabernacoli, le tende degli ultimi tempi nell’esodo definitivo, quando ci si sarebbe accampati nelle
tende di Dio (“Ti farò di nuovo abitare sotto le tende, come ai giorni del convegno” (Os 12, 10) e la sacra Tenda dell’Antica alleanza, simbolo
della presenza divina in mezzo al popolo. Pietro si dimostra ingenuo: pensa che la trasfigurazione sia l’inizio della gloria messianica e che sia
arrivato il tempo della pienezza finale. Il capo degli apostoli chiama Gesù, col titolo cultuale di“ “Signore” (Kirios), invece che col titolo di
Rabbi.
UNA NUBE LUMINOSA
La nube è segno della presenza di Dio. Essa era comparsa sul Sinai (La gloria (=presenza) di Javhé si posò sul monte Sinai e la nube lo ricoprì
per sei giorni; (Es 24, 16), al tempo della peregrinazione nel deserto (Es 40, 34 ss) e al momento della consacrazione del Tempio di Salomone
(1 Re 8, 10).
UNA VOCE DICEVA
La voce che parla è letteralmente identica alla voce del cielo udita nel Battesimo. Viene solo aggiunto: “Ascoltatelo”.
QUESTI
E’
Gesù è il Figlio. L’attributo “prediletto” significa “ unico”, è infatti la traduzione usuale dei LXX dell’espressione ebraica “ ben jahid” = “figlio
unico” (Gn 22, 2). “Ascoltatelo” si riferisce alla promessa di Mosè “ Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un
profeta pari a me, a lui darete ascolto” (Dt 18, 15). Gesù è il nuovo Mosè incaricato di portare al popolo la nuova legge, i divini precetti che
danno la vita; a lui perciò si deve l’obbedienza della fede (Rm 1, 5).
CON LA FACCIA A TERRA
E’ la tipica reazione provocata nell’uomo dal manifestarsi improvviso del mondo celeste (cf 14, 26).
TOCCATILI
Gesù li tocca, per liberarli dalla loro paralisi e li invita ad alzarsi e a non aver paura. Davanti alla manifestazione di Dio l’uomo nasconde la
faccia nella polvere e solo Dio può sollevarla da là.
SOLO GESU’
La visione è finita e i discepoli non vedono che Gesù: è il Gesù terreno, che è identico al Messia escatologico, al Figlio di Dio trasfigurato.
Mosè ed Elia non ci sono più e questo fatto ha anche un significato simbolico: la vecchia economia ha fatto il suo tempo, la salvezza è solo in
Gesù, “ in nessun altro v’è salvezza” (At 4, 12).
LUCE NEL CAMMINO
L’esperienza momentanea della trasfigurazione doveva aiutare i discepoli a camminare con Gesù verso la morte e la risurrezione. Questo
“sprazzo” di gloria doveva far capire agli apostoli che la passione e morte di Gesù non era negatività, fallimento, sconfitta e perdita, ma in
essa brillava e si attuava l’amore splendido e infinito di Dio per noi. La trasfigurazione è un lampo di luce che illumina il cammino di Gesù
verso Gerusalemme, è il suo traguardo di gloria, mostrato in anticipo per un istante.
Pietro ha la tentazione di installarsi in un momento di estasi gioiosa: “ Signore è bello per noi restare qui”. E invece quella è un’esperienza
fuggitiva. Bisogna scendere dal monte e calcare coraggiosamente le orme di Cristo. E’ quello che ognuno di noi è chiamato a fare: staccarsi
continuamente da tutto, giacché quaggiù niente è definitivo, e la vita è un cammino. Soprattutto staccarsi da abitudini che ci attaccano alla
mediocrità, e forse al peccato.
Il racconto evangelico indica la direzione del nostro “andare” e ci conduce sulla cima del monte della trasfigurazione. “Andare” significa
“salire”, distaccarsi dalle piccole misure terrene e innalzarci verso le altezze dove Gesù si fa riconoscere come il “Figlio prediletto di Dio”. Se
si ha il coraggio di salire, di sciogliere i legami, che trattengono e spingono verso il basso, se c’è una continua ricerca del meglio, si può
riconoscere la verità su Gesù, la sua divinità, la sua presenza misteriosa in mezzo a noi. Se spesso la preghiera diventa arida e noiosa e il
rapporto con Dio si vanifica, è perché non abbiamo il coraggio di salire superando i nostri limiti.
L’irrompere di Dio, nella nostra vita spesso fa paura, perché avviene lo scontro tra la sua trascendenza e la nostra realtà di miseria e di
peccato. E’ il grande fatto della conversione. Entrare in comunione con Dio significa prendere coscienza della propria realtà e questa è
un’avventura che ci scuote terribilmente, ci disarma, infrange e nello stesso tempo ci costruisce, anche se non più nello stesso modo. Si
tratta sempre di lasciare qualcosa e qualcuno di certo per lasciarsi portare da un Altro.
La meta è anticipata nell’Eucaristia, che è già una trasfigurazione, perché ha la virtù di “trasformarci” a immagine di Cristo. “E noi ci
accostiamo a questo sacramento perché l’effusione dello Spirito ci trasformi a immagine della sua gloria”, canta il prefazio eucaristico della
festa. E un’orazione chiede: “ la comunione a questo sacramento sazi la nostra fame e sete di te, e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio”.
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III DOMENICA DI QUARESIMA
« CONVERTITEVI: il Regno dei Cieli è vicino»
Luca ci racconta il viaggio a Gerusalemme, cioè, il cammino che Gesù realizza per compiere la sua
missione (lo stesso che deve fare chi vuole essere suo discepolo). Un cammino che esige un certo stile e
atteggiamento. Due fatti storici, che ignoriamo, offrono a Gesù l´opportunità per ricordare che, di fronte a Dio, tutti
abbiamo bisogno di conversione. La parabola del fico illustra le opportunità che Dio concede per la conversione."
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Nel brano lucano si fa cenno anche alla vigna e potrebbe alludere alla pazienza di Dio (Cf. Is 5,1-7).
Due rimandi non casuali e con i quali si vogliono sfatare due equivoci: «quello di chi pensa che ormai è troppo tardi
e che la pazienza di Dio si è logorata nell’attesa, e quello di chi pensa che c’è sempre tempo e che la pazienza di
Dio è senza limiti. La risposta è un’altra: Dio è certamente paziente, ma noi non possiamo programmare o fissare
scadenze alla sua pazienza.
Che non possiamo programmare o fissare scadenze alla pazienza di Dio, lo suggerisce anche il libro del Siracide:
«Non dire: Ho peccato, e che cosa mi è successo?, perché il Signore è paziente.
Non esser troppo sicuro del perdono tanto da aggiungere peccato a peccato.
Non dire: La sua compassione è grande; mi perdonerà i molti peccati, perché presso di lui ci sono misericordia e
ira, e il suo sdegno si riverserà sui peccatori.
Non aspettare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno, poiché improvvisa scoppierà l’ira del
Signore e al tempo del castigo sarai annientato» (Sir 5,4-7).
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Così sant’Ambrogio: «Quest’albero di fico può essere paragonato all’antico insegnamento spirituale: come
quest’albero, con l’esuberanza del suo abbondante fogliame, ha ingannato le speranze del suo padrone che invano
ha atteso il desiderato raccolto, così nella sinagoga, i cui dottori, sterili nelle opere, si inorgogliscono per le loro
parole come foglie abbondanti, la vana ombra della Legge sovrabbonda, ma la speranza e l’attesa di un raccolto
chimerico inganna i desideri del popolo credente» (In Lucam, VII, 161-3).
“Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno”... Per san Gregorio “zappato attorno”
significa correggere gli animi infruttuosi, estirpandone la superbia. Ogni volta che riprendiamo qualcuno per le sue
colpe è come se scavassimo attorno all’albero che non reca frutti. Cioè concimare, è pensare ai peccati...
Ripensare al male commesso è come versare letame intorno all’albero infruttuoso, perché il ricordo delle colpe lo
spinge alla grazia del pentimento. E quando l’anima, pentita, piange il proprio passato e si volge alle opere di bene,
è come se la radice del cuore al contatto col letame, ritornasse feconda. (Gregorio, Hom. in ev. XXXI, 5).
Quante volte, in che aspetti concreti, in che modo, Dio è venuto a cercare frutti dal mio fico e non li ha trovati?
Starò logorando la pazienza di Dio?
Sarà necessaria una buona potatura nella mia vita perché si rinnovi e riviva?
Che frutti staranno aspettando oggi uomini, donne, giovani da noi, che ci diciamo cristiani?
Che atteggiamenti dobbiamo assumere per produrre quei frutti’’?
Un Proccesso di conversione:
1° Il Padre entra nelle nostra vita per grazia, il Padre agisce per primo (Rm 10:20 (cf. Is 65:1), At 11:11-17).
2° Liberamente si sceglie l’amore del Padre, ci si riconcilia con il Padre (II Cor 5:20).
La risposta al messaggio è la conversione:
Cambiamento oggettivo;
nuova condotta, abbandono del male.
Cambiamento soggettivo:
nuova concezione della vita. (At 8:22 cf. At 3:26; Gv3:3; 2Cor 5:17; Gal 6:15; Ef 1:13; Rm 2:1-4)
La conversione implica di cominciare una nuova vita, con una nuova concezione della vita.
Un orientamento che porta sulla stessa linea di quelli che sono stati gli orientamenti di Gesù.
È l’inizio di un itinerario di speranza che richiede la perseveranza e fiducia (At 11:23-24, 2 Cor 3: 3-6).
La conversione non si deve verificare una volta soltanto nella vita.
Ogni qual volta si accoglie la parola che presenta il messaggio, il credente dovrà rispondere con un rinnovato
atteggiamento di conversione.
Preghiera (di David Maria Turoldo)
Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in silenzio, noi non sappiamo più cosa dirci: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in solitudine, ma ognuno di noi è sempre più solo: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni, figlio della pace, noi ignoriamo cosa sia la pace: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a liberarci, noi siamo sempre più schiavi: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a consolarci, noi siamo sempre più tristi: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a cercarci, noi siamo sempre più perduti: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni, tu che ci ami, nessuno è in comunione col fratello se prima non lo è con te, Signore.
Noi siamo tutti lontani, smarriti, n é sappiamo chi siamo, cosa vogliamo: vieni, Signore.
Vieni sempre, Signore.
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Iv domenica Di QUARESIMA
Nella parabola, Gesù -come manifestazione visibile di Dio- indica qual’ è l’atteggiamento del Padre, come si
comporta Dio. Quindi in questo brano l’evangelista, in maniera chiara e definitiva, descrive qual’ è, non
l’atteggiamento che ha il peccatore nei confronti di Dio, ma quello di Dio nei confronti del peccatore.
Egli dunque si alzò e tornò da suo padre; ma mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe
compassione: corse, gli si gettò al collo, lo baciò e ribaciò. … era ancora lontano quando il padre lo vide.... È lo
sguardo di Dio. Il Padre ha rispettato la libertà del figlio, ma è stato sempre in vigile attesa per il possibile ritorno di
questo figlio. Il figlio ha sbagliato nella sua decisione; ma si impara più dai propri errori che dai buoni consigli degli
altri.
I due verbi messi insieme, vedere e avere compassione, nell’Antico Testamento indicano sempre un’ azione divina .
La compassione ha la radice ebraica che indica uno sconvolgimento delle viscere materne. È come se Dio avesse
l’utero che si contorce, l’utero indica la vita che nasce.
La compassione non è un sentimento ma è un’azione con la quale Dio comunica vita a chi non ce l’ha.
È la terza volta che nel vangelo di Luca appare questa espressione:
1° Gesù vede il corteo funebre del figlio della vedova di Nain: Lc 7:13;
2° La parabola del samaritano: Lc 10:13;
3° Quando il padre quando vede il figlio che ritorna: Lc 15:20.
Quindi, allorché c’è il minimo cenno di orientarsi di nuovo verso Dio (anche se per interesse, non importa il motivo),
inizia da parte di Dio un movimento di compassione, cioè una comunicazione di vita che restituisce questa vita là
dove non c’è. … e ne ebbe compassione!
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Il Padre ci ama tanto che, per restituirci l’onore che possiamo aver perso, è disposto a perdere il proprio.. : “corse”.
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La fretta è segno di maleducazione. I tempi nel mondo orientale non sono scanditi come da noi. Nel mondo orientale
non si corre mai, non si ha mai fretta e il correre è segno di maleducazione e se lo fa una persona adulta o una
persona sposata è segno di disonore. Quindi l’indicazione che, corse, indica che abbiamo un padre, un uomo che
vive il desiderio di restituire l’onore al figlio disonorato, e accetta di perdere il proprio onore. Questo padre ama
talmente il figlio che non aspetta che il figlio arrivi prostrato e umile e gli chieda perdono, ma si mette lui a correre.
Ma per il padre il desiderio di restituire la reputazione al figlio è più importante di quanto sia importante la propria.
Noi leggiamo questa parabola e sappiamo già come va a finire.
Ma provate a immaginare la scena mentre Gesù la insegnava in questo mondo orientale.
Gli ascoltatori dell’epoca avrebbero potuto pensare: Ecco perché gli ha corso incontro: per strozzarlo!
Un padre non corre incontro a un figlio! Gli si getta al collo e lo strozza.
È uno che aveva l’eredità... l’ha persa... è andato a fare il guardiano dei porci...
E saremmo tutti soddisfatti, perché sarebbe così che noi avremmo fatto....,gli si gettò al collo,... lo baciò e lo ribaciò!
Questa espressione l’evangelista la prende dal libro della Genesi, riallacciandosi al primo grande perdono della
Bibbia, della storia di Israele. Nella Genesi si parla del perdono di Esaù nei confronti di Giacobbe: Esaù era il
primogenito, Giacobbe il secondogenito. Giacobbe, con l’aiuto della madre, si è finto Esaù; è riuscito a farsi dare
l’eredità e poi è scappato via. Immaginate Esaù, quando arriva in vista del fratello che gli aveva preso la parte
dell’eredità ! Scrive la Bibbia che Giacobbe scappa, ma a un certo momento si trova davanti, sulle colline, Esaù con
400 uomini a cavallo. Esaù corre incontro al fratello, gli si getta al collo e lo bacia.
Il bacio è segno di perdono.
Esaù rinuncia al rancore, rinuncia alla vendetta e bacia il fratello (Gen 33:4).
È importante la sequenza delle azioni. Se il bacio è segno di perdono, il padre perdona il figlio prima che il figlio abbia
chiesto perdono.
Nei Vangeli Gesù non invita mai i peccatori a chiedere perdono a Dio.
Non c’è un brano dove Gesù invita i peccatori a chiedere perdono a Dio.
Dio non è buono, ma “esclusivamente buono”: in lui c’è soltanto rapporto d’amore.
Gesù non invita mai i peccatori a chiedere perdono a Dio, ma insistentemente - potremo dire esagerando, dalla prima
all’ultima pagina del vangelo - continuamente lui dice: Perdonate! Perdonate!.
Allora cosa vuol dire Gesù?
L’amore che il Padre ci concede diventa operativo ed efficace in noi quando si trasforma, nella nostra persona, in
perdono-amore per gli altri.
Per questo Gesù non ci invita a chiedere perdono a Dio, ma ci invita a perdonare gli altri per rendere operativo ed
efficace l’amore del Padre.
Quindi il bacio è segno di perdono.
Il padre perdona il figlio prima che il figlio gli chieda il perdono....,lo baciò e lo ribaciò.
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…. Il Papa ha concluso una Messa in S. Marta con una confidenza:
«Vorrei soltanto dire una delle parole più belle del Vangelo che a me commuove tanto:
“Nessuno ti ha condannata?” – “No, nessuno, Signore” – “Neanch’io ti condanno”.
«Neanche io ti condanno: una delle parole più belle perché è piena di misericordia».
V domenica
di
quaresima
Gesù parla piano. Con serietà pietosa. Tiene il volto e il corpo lievemente piegati verso terra, verso quella miseria, e gli
occhi sono pieni di una espressione indulgente e risanatrice.
«Dove sono, o donna, quelli che ti accusavano?».
«Nessuno ti ha condannata?».
La donna, fra un singulto e l'altro, risponde: «Nessuno, Maestro».
«E neppure Io ti condannerò.
Và. E non peccare più. Và alla tua casa.
E sappi farti perdonare.
Da Dio e dall'offeso.
Non abusare della benignità del Signore.
Và».
E la aiuta a rialzarsi prendendola per una mano.
Ma non la benedice e non le da la pace.
La guarda avviarsi, a capo chino e lievemente barcollante sotto la sua vergogna.
Per quanto uno sia colpevole, l’accusato va sempre trattato con rispetto e carità.
Non si deve gioire del suo annichilimento e non accanircisi contro neppure con sguardi curiosi.
Pietà, pietà per chi cade!
Alla colpevole Gesù indica la via da seguire per redimersi.
Tornare alla sua casa, umilmente chiedere perdono e ottenerlo con una vita retta.
Non cedere più alla carne.
Non abusare della bontà divina e della bontà umana per non scontare più duramente di ora la duplice o molteplice colpa.
Dio perdona, e perdona perché è la Bontà.
Ma l'uomo, per quanto Io abbia detto: “Perdona al fratello tuo settanta volte sette”, non sa perdonare due volte.
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Non a tutti fui Salvatore. Per tutti lo volli essere, ma non lo fui perché non tutti ebbero la volontà d'esser salvati. E
questo è stato uno dei più penetranti strali della mia agonia del Gestemani!
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L’ Adultera si è poi salvata? Gesù risponde così:
E’ cominciato il
cammino
quaresimale nel
deserto.
Accompagnami,
Signore, con il
tuo aiuto perché
non sarà un
cammino
tranquillo.
Camminare scalzi
nel deserto non è
facile.
Camminare sotto
il sole infuocato
non è comodo.
Camminare sotto
la violenza del
vento, .
che scuote le dune,
è accecante.
Nonostante questo non posso fermarmi,
altrimenti vengo di nuovo afferrato dai miei vecchi desideri luccicanti,
che hanno sapore di marcio.
Io non voglio tornare sotto i loro gioghi,
che hanno sapore di marcio,
Io non voglio tornare sotto il loro giogo, essi sono
per me una veste logora e stracciata, come tale
indegna di me.
Non voglio tornare in compagnia con gli stolti”
Sono certo che tu mi pianterai “come albero lungo un corso d’acqua
e le mie foglie non cadranno mai!”
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Compassione, Dio.
Dio,
la tua compassione mi commuove e mi inquieta
La voglio cantare per trasformare i dannati in serafini
e la voglio celebrare per la beatitudine dei maledetti.
La voglio difendere per i lebbrosi, illusi e dimenticati
e la illumino per i ciechi disperati.
La rubo in gocce per gli assetati di verità
e la trasformo in pane per gli affamati delusi.
La rivendico per i peccatori incalliti
e la bisbiglio per i santi improvvisati.
La restituisco ai carcerati preventivi
e la rinnovo per i vicini scontati.
La credo per i condannati di sempre
e la spero per i crocifissi di oggi.
.
Buon cammino quaresimale nella sequela di
Cristo Gesù, per rinnovare la nostra FEDE
La amo per tutti e anche per me
e in attesa inquieto sospiro,
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Il Vostro Parroco ed Amico, Don Ruggero
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Compassione Dio, compassione.
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