IL PADRE AMA IL FIGLIO
e il Figlio ci introduce nella sua filiazione
5,19-47
Salmo 2 IL RE-MESSIA
1 Perché le genti congiurano,
perché invano cospirano i popoli?
2 Insorgono i re della terra
e i principi congiurano insieme
contro il Signore e contro il suo Messia:
3 «Spezziamo le loro catene,
gettiamo via i loro legami».
4 Se ne ride chi abita i cieli,
li schernisce dall'alto il Signore.
5 Egli parla ad essi nella sua ira,
li spaventa nel suo sdegno:
6 «Io stesso ho costituito il mio re
sul Sion, mio santo monte».
7 Annunzierò il decreto del Signore.
Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato.
8 Chiedi a me, ti darò in possesso le genti
e in dominio i confini della terra.
9 Li spezzerai con scettro di ferro,
come vasi di argilla li frantumerai».
10 E ora, sovrani, siate saggi;
lasciatevi correggere, giudici della terra;
11 servite il Signore con timore
e con tremore esultate,
12 perché non si sdegni e voi perdiate la via.
Improvvisa divampa la sua ira.
Beato chi in lui si rifugia!
Gv. 5,19-47
19 Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità vi dico: il Figlio da sé non può fare
nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa. 20 Il Padre
infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più
grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati. 21 Come il Padre risuscita i morti e dà la
vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole. 22 Il Padre infatti non giudica nessuno ma
ha rimesso ogni giudizio al Figlio, 23 perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre.
Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
24 In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato,
ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. 25 In
verità, in verità vi dico: è venuta l’ora, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio
di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. 26 Come infatti il Padre ha la vita in se
stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; 27 e gli ha dato il potere di
giudicare, perché è Figlio dell’uomo. 28 Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l’ora
in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce 29 e ne usciranno: quanti
fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di
condanna. 30 Io non posso fare nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il
mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha
mandato.
31 Se fossi io a rendere testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera;
32 ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende
è vera. 33 Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla
verità. 34 Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate
salvarvi. 35 Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un
momento rallegrarvi alla sua luce.
36 Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha
dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre
mi ha mandato. 37 E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma
voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, 38 e non avete la sua parola
che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato. 39 Voi scrutate le
Scritture, credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi
rendono testimonianza. 40 Ma voi non volete venire a me per avere la vita.
41 Io non ricevo gloria dagli uomini. 42 Ma io vi conosco e so che non avete in voi l’amore
di Dio. 43 Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse
nel proprio nome, lo ricevereste. 44 E come potete credere, voi che ricercate gloria gli uni
dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? 45 Non crediate che sia io ad
accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra
speranza. 46 Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto.
47 Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
Il Messaggio
«Il Padre ama il Figlio», risponde Gesù a chi vuole ucciderlo (v. 18). Questa affermazione, insieme scontata e sconvolgente, è la grande verità, purtroppo mai intesa e
sempre dimenticata, che sta a fondamento della nostra esistenza. Gesù è venuto a
risvegliarne il ricordo, tragicamente rimosso. Dio è suo Padre, lui è «il Figlio»: ciò che il
primo è e fa, anche l'altro è e fa, per dono suo. La relazione tra i due è di amore dato e
corrisposto. L'amore reciproco è la loro vita: lo Spirito Santo, il «terzo» che fa dei due
«uno», identici nell'essere, nell'intendere e nel volere, quindi anche nel giudicare e
nell'agire.
Questo discorso descrive la relazione tra «Padre» e «Figlio», questione di «vita»
o di «morte», con i verbi «fare», «vedere», «amare», «mostrare»,
«meravigliarsi», «risuscitare», «far vivere», «volere», «giudicare»,
«onorare», «inviare», «ascoltare», «credere», «passare», «vivere», «avere»,
«dare», «uscire».
Questi verbi esprimono l'azione in cui la vita del Padre è data al Figlio e comunicata a
noi. È un testo esemplare sul mistero trinitario e sul mistero dell'uomo.
Gesù afferma, con autorità divina, che chi ascolta lui, ha la vita eterna. Chi si affida al
Figlio, entra nel suo stesso rapporto con il Padre, accetta la propria realtà di figlio e vive
come tale: ama i fratelli ed è uscito dalla morte alla sua vita (1 Gv 3,14).
Con questo discorso di rivelazione il Vangelo vuol compiere anche nel lettore la
guarigione, appena narrata, dell'uomo che «risorge», porta la sua barella e cammina.
L'«opera» che Gesù ha compiuto ai bordi della piscina è «segno» di quanto queste
parole, ascoltate e contemplate, accolte e gustate, operano in noi.
Ciò che blocca l'uomo è la non conoscenza e la non accettazione della sua identità di
figlio. Il non sapere di essere figlio - amato! - è origine del suo male: gli fa rifiutare il
proprio principio e il proprio fine, ignorare da dove viene e verso dove va
Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, è venuto a ridarci la verità che ci fa liberi (8,32):
il nostro essere figli, uniti alla sorgente della vita. Ce ne eravamo allontanati, come
Adamo, per scavarci cisterne screpolate che perdono acqua (Ger 2,13). Lasciando il
Padre, abbiamo perso la nostra realtà di figli. Il testo rivela «il Figlio» nel suo rapporto
con «il Padre», aperto a chiunque lo ascolta; egli è infatti la Parola che ha il potere di
generare figli di Dio quanti la accolgono (1,12).
Questa parte del discorso si apre e si chiude con il «fare» del Figlio (vv. 19.30), che è
quello di Gesù che parla. Infatti «il Figlio» del v. 19 diventa «io» nel v. 30. Il Figlio
«vede e fa» ciò che il Padre gli «mostra» e «giudica» secondo ciò che «ascolta» da lui.
Si tratta di uno sviluppo del tema annunciato al v. 17, dove Gesù identifica l'agire suo
con quello del Padre, facendosi uguale a Dio (v. 18). Quanto ha appena fatto presso la
piscina è il compimento dell'opera di Dio nel suo amore per l'uomo: donargli vita piena
e introdurlo nel sabato.
In questa parte del discorso è nominato 8 volte «il Figlio», una volta «il Figlio di Dio»
(v. 25), un'altra il «Figlio dell'uomo» (v. 27) e 7 volte «il Padre». Se nell'AT Dio è
chiamato col nome di Padre 15 volte, nei Vangeli Gesù lo chiama così non meno di 170
volte, di cui 109 in Giovanni, 4 in Marco, 15 in Luca e 42 in Matteo. Qui si tratta di una
variazione sul tema Figlio-Padre, centro del messaggio di Gesù e centro del quarto
Vangelo. Il Padre è colui che tutto dona al Figlio: gli dona lui stesso e se
stesso (in ogni dono il donatore dona se stesso). Il Figlio è colui che tutto
riceve: il proprio io e il Padre stesso.
Il Figlio è uguale al Padre perché è amato e dice sì al suo amore. Ed è
inviato al mondo per manifestargli questo amore e salvarlo (3,16s). L'opera
di Gesù è rivelarci «il dono di Dio» (4,10), perché lo conosciamo e
accogliamo, diventando figli suoi e fratelli tra di noi, con lui e come lui, il
Figlio.
Il testo parla delle due prerogative principali ed esclusive di Dio che ha la vita in se
stesso: «risuscitare/far vivere» e «giudicare». Le due azioni in lui però non sono diverse,
perché il suo giudizio è dare la vita. Queste prerogative sono il dono del Padre al Figlio
in quanto Figlio dell'uomo.
Gesù ci rivela che l' «Unico» non è un solitario: Dio è Padre e Figlio, l'amore reciproco
è la sua vita, il suo operare nel mondo è comunicarla a tutti. Questa novità è inaudita,
eppure antica quanto il desiderio dell'uomo, che vuol essere come lui.
Nel rapporto Padre/Figlio si rivela chi è Dio e chi è l'uomo. Gesù, Figlio di Dio e Figlio
dell'uomo, è venuto a restituirci il nostro volto nascosto, che è lo stesso di Dio,
facendoci prendere coscienza di quella relazione che rende possibile la vita. Egli ci dice
che, qualunque sia la nostra esperienza negativa in proposito, c'è per tutti una
paternità/maternità positiva, che risponde al nostro desiderio innato: «Mio padre e mia
madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto» (Sal 27,10). I vv.19-21
presentano il «fare» comune del Padre e del Figlio: «destare i morti» e «far vivere»
un'esistenza che non è più per la morte. Il miracolo dell'infermo è segno di questo dono,
che introduce l'uomo nel settimo giorno, dandogli quella felicità per cui è fatto. I vv. 2230 parlano del «giudizio»: onorare e ascoltare il Figlio è la salvezza, il passaggio da una
vita morta, separata dal Padre, alla vita piena del Figlio di Dio. Questo giudizio avviene
già «adesso» (v. 25), nella presa di posizione nei confronti della voce di Gesù, che
raggiunge chiunque, anche il lettore che lo sente dire: «Destati, leva la tua barella e
cammina». Chi non l'ha udita, la sentirà certamente alla fine del mondo, quando aprirà i
sepolcri. Allora ognuno sarà salvo nella misura in cui avrà o meno vissuto da figlio.
Infatti la luce del Figlio viene al mondo per illuminare ogni uomo (1,9). Nel profondo
del cuore ognuno ne porta il sigillo. Almeno in punto di morte, quando cadrà il velo
dell'inganno, ogni carne la vedrà. Già in questa vita però ognuno è responsabile secondo
la chiarezza che la sua coscienza ha raggiunto. Il «fare» e «giudicare» suppongono una
norma in base a cui si agisce e si valuta. È il problema della «legge», che esprime la
volontà di Dio. Per Gesù la legge è sempre e solo quella dell'amore tra Padre e Figlio.
Questo amore sarà il giudizio di Dio, rivelato definitivamente sulla croce, dove egli
dona la vita a chi gliela vuoi rapire. Si tratta di una «legge di libertà» (Gc 1,25; 2,12),
che scaturisce dall'essenza di Dio, che è amore. L'uomo, come detto nel brano
precedente, è l'interpretazione che dà di Dio e di sé, della legge e dell'altro. Se Dio è
padrone esigente, allora lui è schiavo, obbediente o ribelle, la legge è divieto da
trasgredire e l'altro è il contendente da eliminare. Un figlio, che pensa che il principio
della sua vita gli sia contro, non può che essere contro di lui; di conseguenza sarà contro
di sé e contro tutti. Considerare Dio come antagonista dell'uomo è il male originario, dal
quale devono purificarsi tutte le religioni, per non sacrificare l'uomo a Dio e alla legge,
distruggendo insieme e uomo e legge e Dio. La rivelazione del Figlio ci rende vivi e
liberi. Lui, l'unico interprete visibile del Dio invisibile (1,18), ci manifesta con opere e
parole il giudizio di Dio: egli è Padre amante e noi figli amati. La sua legge è per la vita,
i suoi divieti contro la morte. In Gesù ritroviamo la nostra casa, che è quella del Padre.
Accettare lui è guarire da una esistenza votata alla morte e avere la vita che ci spetta
come figli. Opporsi a lui, è opporsi a sé, perdendo la propria identità. La nostra
esistenza, qui e ora, è il momento della decisione: la vita e la morte sono nelle nostre
mani. Non è Dio a compiere il giudizio: siamo noi a «giudicare» Dio. Il nostro giudizio
negativo su di lui sarà la nostra condanna -che lui stesso porterà sulla croce, dove ci
rivelerà il «suo» giudizio, che sarà la nostra salvezza. Gesù. imputato e condannato a
morte perché si dichiara Figlio di Dio, fa dell'imputazione la sua difesa. Proseguirà con
la citazione dei testimoni (vv. 31-47). Con queste sue parole inizia «il processo», che si
svolgerà nel seguito del Vangelo. Gesù non è un altro Dio o un uomo blasfemo: è il Dio
«altro», il Figlio del Padre, che ci comunica la verità di Dio come Padre e la nostra come
suoi figli.
Attualizzazione con Paolo apostolo
1Cor3,10-16
10 Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto
il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come
costruisce sopra: 11 infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già
vi si trova, che è Gesù Cristo. 12 E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro,
argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, 13 l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la
farà conoscere quel giorno che si manifesterà con il fuoco, e il fuoco proverà la qualità
dell’opera di ciascuno. 14 Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne
riceverà una ricompensa. 15 Ma se l’opera di qualcuno finirà bruciata, sarà punito;
tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco. 16 Non sapete che siete tempio di
Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?
2Cor. 3,1ss
3 È noto, infatti, che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con
inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle
tavole che sono i vostri stessi cuori di carne.
4 Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio. 5 Non che da
noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra
capacità viene da Dio, 6 che ci ha anche resi capaci di essere ministri di una
nuova alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo
Spirito invece dà vita.
PREGHIAMO
All'inizio del tempo,
prima delle ansie e dei sogni,
prima del dolore e della gioia,
c'era la Parola di Dio.
La Parola è il riflesso del Padre,
la comunione d'amore dello Spirito,
la vita misteriosa della Trinità,
il volto di Dio per gli uomini.
La Parola è l'idea della creazione,
l'inizio e la spinta dell' evoluzione,
l'anima profonda dell'universo,
la vita che sboccia nel tempo.
La Parola si è rivestita di fragilità,
delle luci e delle ombre della storia,
delle speranze e delle sconfitte dei poveri,
della carne e del sangue di un uomo.
La Parola di Dio per il credente è
la luce, la sapienza e l'amore;
è la via, la verità e la vita;
è la promessa, il dono e il compimento.
Quanto grande, sublime,
insondabile è il mistero e la vita di Dio;
quanto vicina, semplice, constatabile
la sua azione a favore degli uomini.
Molti imprecano contro Dio e bestemmiano
perché lo ritengono responsabile dei mali
che colpiscono le persone e l'umanità.
In realtà non l'hanno mai conosciuto!
I poveri, gli umili, i semplici,
chi ha sofferto ed è puro di cuore,
chi ama la giustizia e la pace
conosce il vero volto di Dio.
Dio ha fatto ogni cosa per il bene
e l'ha affidata alle cure dell'uomo
perché la migliori e la renda più bella.
Non scarichiamo le nostre colpe su Dio,
non attribuiamogli vendette e castighi
o il gusto di far soffrire le persone.
La sofferenza fa parte della vita.
Sono gli interessi, le ideologie, i fanatismi,
la sete di potere e di piaceri
e lo sfrenato desiderio delle cose
a creare ingiustizie e violenza.
Ritorniamo a servire il Signore
che è pace, perdono, riconciliazione;
collaboriamo con la sua provvidenza
per riportare la fraternità sulla terra.
La salvezza, la giustizia, il bene,
la costanza di lottare contro il male
vengono proprio dallo Spirito di Dio
e dall'ascolto della sua Parola.
Accogliamo Gesù, Parola fatta carme,
è lui l’impronta della sostanza di Dio,
lui è il Figlio amato che ci rende figli,
lui è la roccia su cui possiamo fondare
la nostra vita.