Stephen W. Hawking Dal big bang ai buchi neri Breve storia del tempo Introduzione di Carl Sagan Proprietà letteraria riservata © 1988 by Stephen W. Hawking © 1988 by Carl Sagan per l’introduzione © 1988 by Ron Miller per le illustrazioni © 1988 RCS Rizzoli Libri S.p.A., Milano © 1994 R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A., Milano © 1997 RCS Libri S.p.A., Milano First published April 1988 by Bantam Books in the United States and Canada ISBN 978-88-17-07975-4 Titolo originale dell’opera: A Brief History of Time Traduzione di Libero Sosio Illustrazioni di Ron Miller Prima edizione Rizzoli 1988 Prima edizione BUR 1990 Prima edizione BUR scienza gennaio 2015 Seguici su: Twitter: @BUR_Rizzoli www.bur.eu Facebook: BUR Rizzoli Introduzione di Carl Sagan Noi viviamo la nostra vita quotidiana senza comprendere quasi nulla del mondo. Ci diamo poco pensiero del meccanismo che genera la luce del Sole, dalla quale dipende la vita, della gravità che ci lega a una Terra che ci proietterebbe altrimenti nello spazio in conseguenza del suo moto di rotazione, o degli atomi da cui siamo composti e dalla cui stabilità fondamentalmente dipendiamo. Se trascuriamo i bambini (i quali non sanno abbastanza per formulare le domande importanti), ben pochi di noi spendono molto tempo a chiedersi perché la natura sia così com’è; da dove sia venuto il cosmo, o se esista da sempre; se un giorno il tempo comincerà a scorrere all’indietro e gli effetti precederanno le cause; o se ci siano limiti ultimi a ciò che gli esseri umani possono conoscere. Ci sono persino bambini – e io ne ho conosciuto qualcuno – i quali vorrebbero sapere che aspetto hanno i buchi neri; quale sia il pezzo più piccolo di materia; perché ricordiamo il passato e non il futuro; come mai, se in passato ci fu il caos, oggi non ci sia un caos ancora maggiore; e perché esiste un universo. Nella nostra società c’è ancora l’uso, per genitori e insegnanti, di rispondere alla maggior parte di queste domande con una scrollatina di spalle o con un rinvio a nozioni religiose richiamate in modo vago. Qualcuno si trova a disagio dinanzi a problemi come questi, che mettono in luce in modo così evidente i limiti dell’intelletto umano. Gran parte della filosofia e della scienza sono spinte avanti 6 Dal big bang ai buchi neri proprio da tali domande. Sempre più adulti non hanno timore a porsi interrogativi di questo genere, e di tanto in tanto ottengono risposte sorprendenti. Equidistanti dagli atomi e dalle stelle, noi stiamo espandendo gli orizzonti della nostra esplorazione ad abbracciare sia l’estremamente piccolo sia l’estremamente grande. Nella primavera del 1974, un paio di anni prima che il veicolo Viking scendesse su Marte, ero in Inghilterra a un convegno patrocinato dalla Royal Society di Londra per investigare il problema di come si potessero ricercare forme di vita extraterrestri. Durante una pausa per il caffè, avendo notato che una manifestazione molto maggiore si teneva in una sala adiacente, vi entrai spinto dalla curiosità. Mi resi subito conto che stavo assistendo a un antico rito, l’investitura di nuovi membri della Royal Society, una fra le più antiche società culturali di tutto il mondo. In prima fila un giovane seduto su una sedia a rotelle stava scrivendo il suo nome, con grande lentezza, in un libro che recava in una delle primissime pagine la firma di Isaac Newton. Quando infine la cerimonia finì, ci fu un’ovazione commovente. Stephen Hawking era una leggenda già allora. Hawking è professore lucasiano di matematica a Cambridge, posto occupato un tempo da Newton e in seguito da P.A.M. Dirac, due famosi esploratori dell’estremamente grande e dell’estremamente piccolo. Egli è il loro degno successore. Questo libro – il primo libro di Hawking per non specialisti – contiene molti motivi di interesse per il pubblico dei profani. Altrettanto interessante quanto la varietà degli argomenti trattati è la possibilità che esso fornisce di gettare uno sguardo sul modo di operare della mente del suo autore. In questo libro si trovano lucide rivelazioni sulle frontiere della fisica, dell’astronomia, della cosmologia, e del coraggio. Questo è anche un libro su Dio... o forse sull’assenza di Dio. La parola Dio riempie queste pagine. Hawking si avventura in una ricerca per rispondere alla famosa domanda di Einstein se Dio ab- Introduzione 7 bia avuto qualche scelta nella creazione dell’universo. Hawking sta tentando, come afferma esplicitamente, di capire la mente di Dio. E questo fatto rende tanto più inattesa la conclusione del suo sforzo, almeno finora: un universo senza confini nello spazio, senza inizio o fine nel tempo, e con nulla da fare per un creatore. Cornell University, Ithaca, New York Dal big bang ai buchi neri 1 La nostra immagine dell’universo Un famoso scienziato (secondo alcuni fu Bertrand Russell) tenne una volta una conferenza pubblica su un argomento di astronomia. Egli parlò di come la Terra orbiti attorno al Sole e di come il Sole, a sua volta, compia un’ampia rivoluzione attorno al centro di un immenso aggregato di stelle noto come la nostra galassia. Al termine della conferenza, una piccola vecchia signora in fondo alla sala si alzò in piedi e disse: «Quel che lei ci ha raccontato sono tutte frottole. Il mondo, in realtà, è un disco piatto che poggia sul dorso di una gigantesca tartaruga». Lo scienziato si lasciò sfuggire un sorriso di superiorità prima di rispondere: «E su che cosa poggia la tartaruga?». «Lei è molto intelligente, giovanotto, davvero molto» disse la vecchia signora. «Ma ogni tartaruga poggia su un’altra tartaruga!» La maggior parte delle persone troverebbe piuttosto ridicola quest’immagine del nostro universo che poggia su una torre infinita di tartarughe, ma perché mai noi dovremmo pensare di saperne di più? Che cosa sappiamo sull’universo, e come lo sappiamo? Da dove è venuto l’universo, e dove sta andando? L’universo ebbe un inizio e, in tal caso, che cosa c’era prima? Qual è la natura del tempo? Il tempo avrà mai fine? Progressi recenti in fisica, resi possibili in parte da fantastiche nuove tecnologie, suggeriscono risposte ad alcune di queste domande di età venerabile. Un giorno queste risposte potrebbero sembrarci altrettanto ovvie del fatto che la Terra orbita attorno al Sole, o 12 Dal big bang ai buchi neri forse altrettanto ridicole di una torre di tartarughe. Solo il tempo (qualunque cosa esso sia) ce lo dirà. Già nel 340 a.C. il filosofo greco Aristotele, nel De caelo, poté proporre due argomenti a sostegno della tesi che la Terra non è un disco piano, bensì una sfera. Innanzitutto, egli si rese conto che le eclissi di Luna sono causate dall’interposizione della Terra fra la Luna e il Sole. L’ombra della Terra proiettata sulla Luna era sempre rotonda, cosa possibile solo nel caso che la Terra fosse sferica. Se la Terra avesse avuto la forma di un disco, l’ombra sarebbe stata quasi sempre allungata ed ellittica, tranne nei casi in cui il centro del Sole, quello della Terra e quello della Luna fossero stati perfettamente allineati. In secondo luogo, i greci sapevano dai loro viaggi che le stelle circumpolari apparivano tanto più basse in cielo quanto più a sud ci si spingeva, mentre nelle regioni più settentrionali si vedevano più in alto. (La Stella Polare, che si trova sul prolungamento dell’asse terrestre, è allo zenit per un osservatore che si trovi al Polo Nord, mentre chi la osservi dall’equatore la vede esattamente sull’orizzonte.) Dalla differenza nella posizione apparente di varie stelle in cielo (in Egitto e nella regione di Cipro si vedono stelle che non sono visibili nelle regioni settentrionali, e viceversa) si poteva desumere una conferma della sfericità della Terra. Aristotele citò addirittura una stima dei matematici secondo la quale la circonferenza terrestre misurava 400.000 stadi. Ora non sappiamo esattamente quanto fosse lungo uno stadio, ma secondo un’ipotesi esso potrebbe essere stato di circa 183 metri, cosicché la stima equivarrebbe a più di 73.000 km, che è una lunghezza quasi doppia rispetto al valore di 40.000 km oggi accettato. I greci avevano addirittura un terzo argomento a sostegno della sfericità della Terra: se la Terra non fosse stata sferica, com’era possibile che di una nave apparissero al di sopra dell’orizzonte prima le vele e poi lo scafo? Aristotele pensava che la Terra fosse immobile e che il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle si muovessero in orbite circolari attorno La nostra immagine dell’universo 13 ad essa. Egli credeva infatti, per ragioni mistiche, che la Terra fosse il centro dell’universo e che il moto circolare fosse il più perfetto fra tutti. Nel II secolo d.C. Tolomeo sviluppò quest’idea in un modello cosmologico completo. Nel suo sistema la Terra era al centro, circondata da otto sfere che trasportavano la Luna, il Sole, le stelle e i cinque pianeti noti a quel tempo, ossia Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno (fig. 1.1). I pianeti stessi si muovevano su cerchi minori, gli epicicli, in movimento sulle rispettive sfere: quest’ipotesi era necessaria per spiegare le loro traiettorie apparenti piuttosto complicate in cielo. La sfera più esterna trasportava le cosiddette stelle fisse, le quali si trovano sempre nella stessa posizione l’una rispetto all’altra ma compiono assieme in modo solidale una rotazione diurna attraverso il cielo. Che cosa ci fosse al di là della sfera delle stelle fisse non fu mai chiarito, ma certamente era qualcosa che non faceva parte dell’universo osservabile dall’umanità. Fig. 1.1