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cultura
L
e migliaia di persone che hanno
affollato le piazze, i musei e le
chiese di Modena, Carpi e Sassuolo
per l’edizione 2011 del Festival Filosofia dedicato alla Natura non hanno certamente avuto la sensazione di
assistere ad una fotocopia delle altre
manifestazioni culturali che caratterizzano l’estate italiana. Infatti se i
nomi di alcuni relatori (Augé, Bauman, Bianchi, Bodei, Bonomi, Cacciari, De Monticelli, Nancy, Natoli,
Severino) si possono trovare in altre
occasioni, la loro riflessione è sempre in divenire, si aggiorna con l’evolvere della società con la quale si
confrontano (pensiamo soltanto a come viene considerato il corpo, al rifiuto del suo deperimento “naturale”, alla discussione sulla procreazione artificiale) e non mancano di sollevare quegli interrogativi che desiderano sentirsi porre le folle di giovani e adulti che li ascoltano.
Insieme a questi nomi nei tre giorni del Festival si sono potute ascoltare anche le lezioni del vescovo di
Terni, Vincenzo Paglia, Gernot Bohme, Salvatore Settis, Vandana Shiva,
Felix Duque, Pierre Donadieu, Tom
Regan, Giovanni Reale, che difficilmente possono essere accostati da un
pubblico tanto vasto e posti a confronto con il pensiero di altri relatori nella stessa occasione (come è avvenuto nel confronto a distanza sul
“biodiritto” tra Francesco D’Agostino e Stefano Rodotà).
Credo sia questo uno degli ingredienti dello straordinario successo
(che non conosce declino) della formula di questo Festival che porta nei
luoghi simbolici della discussione
pubblica (le piazze) temi sui quali si
confronta il presente ed il futuro dell’umanità e li declina in tutte le
espressioni dell’intelligenza umana.
La salvaguardia
del creato
E che cosa più della natura coinvolge e preoccupa tutti gli esseri viventi? La modernità, il livello di sviluppo al quale il mondo occidentale
è giunto, ma anche i problemi drammatici che stiamo cercando di risolvere, hanno origine nel momento in
cui l’uomo ha preso in mano la gestione della natura.
Il tema della natura, dell’atteggiamento dell’essere umano nei suoi
confronti è quanto mai urgente e,
purtroppo, lo è da tanti anni. Come
dimenticare infatti il grande impegno
con cui le Chiese, a partire dal 1986,
affrontarono una discussione comunitaria sul tema della “salvaguardia
del creato” – a Modena ne ha parlato mons. Paglia – che coinvolge l’ecologia, l’uso delle fonti energetiche
e la loro sostenibilità ambientale, la
distribuzione delle risorse e dei beni
comuni, la scienza e i suoi confini, l’alimentazione?
Le 50 lezioni magistrali, i laboratori didattici, le mostre, gli spettacoli organizzati per il Festival Filosofia
hanno contribuito, in modo originale, a sviluppare una riflessione su un
tema che è presente nelle nostre
preoccupazioni quotidiane. La natura, ha affermato Michelina Borsari –
alla guida della Direzione scientifica del Festival fin dalla prima edizione – è da sempre al centro del
pensiero umano e ancora oggi è cosettimana /25 settembre 2011/n. 34
IL TRADIZIONALE FESTIVAL FILOSOFIA DI MODENA CARPI SASSUOLO
UN FESTIVAL
PER PARLARE DI NATURA
Un’occasione per parlare di responsabilità individuali e collettive
nella difesa delle risorse e dei beni comuni. I valori a cui attingere
perché venga salvaguardato il nostro ambito vitale.
me un grande cantiere in cui si stanno costruendo nuovi atteggiamenti
nei suoi confronti. In passato, infatti, mai si sarebbe potuto pensare che
avremmo potuto intervenire sul momento della nascita o della morte o
che atleti possano correre alle Olimpiadi con protesi alle gambe; mai si
sarebbe potuto immaginare di condizionare la regolarità delle stagioni
e degli eventi atmosferici con l’intervento e i comportamenti degli esseri umani. Tutto questo ha modificato radicalmente la nostra immagine della natura, che è a nostra responsabilità. Questa epoca ci presenta problemi etici e giuridici che
non sono mai stati affrontati prima
e che si riflettono in controversie
molto accese, come possiamo osservare anche nel dibattito politico e sociale nel nostro paese.
Di questo si è parlato nel corso
del Festival non tanto ripercorrendo le conoscenze ideologiche dell’universo o dell’evoluzionismo,
quanto mettendo a fuoco cosa comporti tutto ciò nella vita sociale e individuale. Ed è per questo che molti relatori hanno sottolineato la responsabilità che ognuno di noi deve
avere nei confronti della natura: la
natura per molto tempo era intesa
come indipendente, mentre oggi è
segnata dalla volontà umana. Dobbiamo sapere bene – continua la
Borsari – come articolare questa volontà, quali decisioni prendere, quali rinunce compiere.
Tra le decisioni da prendere vi è
quella ineludibile e sempre rinviata
relativa ad evitare la distruzione del
pianeta. Su questo argomento si è
concentrata la lectio di mons. Paglia,
che ha ammonito sul sonno della ragione che sembra impedire di capire l’urgenza con la quale bisogna agire per invertire la rotta. I problemi
contro cui si deve combattere sono
soprattutto legati allo sviluppo senza freno e senza regole e la crescente distanza che si è creata tra paesi
ricchi e paesi poveri. Nascono da qui
i conflitti armati e le sommosse che
scuotono tante nazioni e che non trovano adeguate risposte da parte dei
governi coinvolti. Non ci si può limitare a fare un appello ad un ritorno al passato, perché è impossibile pensare a bloccare la scienza e
le sue applicazioni. Se, però, lo sviluppo continuerà ad essere come
quello attuale (con lo sperpero dell’acqua, la cementificazione delle
aree e la deforestazione selvaggia),
il pianeta si troverà in una condizio-
ne senza ritorno, che porterà sulle
spalle delle nuove generazioni un
fardello insostenibile.
È quindi necessario – ha proseguito mons. Paglia – che i singoli si
trasformino in collettività e trovino
un terreno di dialogo tra le fedi che
hanno al loro centro la narrazione
del creato. Quando nasciamo, il mondo ci viene dato in dono e ne dobbiamo usare come fossimo amministratori di un bene che appartiene a
tutti. La tecnica, la filosofia, la morale dovranno quindi trovare uno
spazio comune per riflettere su come
migliorare questo mondo. La tentazione di piegare la natura ai propri
interessi, che è la stessa tentazione
del potere dispotico, è alla radice del
disastro ambientale: la creazione ha
invece bisogno di uomini che sappiano amarla e non deturparla.
La crisi ambientale ha una radice
comune con quella morale, che eleva barriere tra i popoli e non riesce
ad immaginare un progetto in cui
vengano garantite uguale cittadinanza e uguali opportunità per tutti. Il
sogno di mons. Paglia è quello di un
mondo e di città che non abbiano
frontiere, in cui possa avvenire una
trasfigurazione che non distrugga le
persone ma soltanto i conflitti che le
opprimono e in cui l’amore trionfi
definitivamente.
Ritornare
alla natura
La privatizzazione della natura e
il tentativo di “controllarla” per sfruttarne indiscriminatamente ogni risorsa, non curandosi delle conseguenze sulla vita delle persone e degli animali sono stati al centro della
lezione di Vandana Shiva, che ha paragonato la pratica dei brevetti, con
cui le multinazionali del settore
agroalimentare controllano le sementi nei paesi in via di sviluppo, alla tratta degli schiavi: la vita non è
un’invenzione degli scienziati e per
questo motivo chi si arroga il diritto
esclusivo, appunto con i brevetti, di
utilizzare o di vendere un frutto della terra commette un furto.
Oggi milioni di contadini sono costretti a comprare da queste multinazionali le sementi necessarie a rinnovare quei raccolti che da millenni
erano possibili senza dover sottostare a ricatti. La pratica della modificazione genetica delle piante ha contribuito in modo drammatico all’inquinamento (per l’utilizzo di tossine
che dovrebbero eliminare i parassiti)
e alla distruzione della biodiversità,
con la conseguenza della creazione
di nuovi insetti patogeni e di un circolo vizioso che aggrava la situazione dell’ambiente e dell’economia dei
paesi già poveri.
Occorre ritornare alla natura, ricordandosi che contaminare la terra
significa far ammalare anche i nostri
corpi. Significa rendersi conto che brevettare la vita non vuol dire crearla,
bensì distruggerla. Ritornare alla natura – per Shiva – deve coniugarsi con
l’impegno di “lavorare per”: dedicare
la propria vita per la vita degli altri,
per la difesa della natura, per sensibilizzare tutti ad un uso responsabile
delle risorse e dei beni comuni.
La natura
come compito
L’insistenza sul tema della natura
non è un lavoro di nostalgici dei tempi andati, ma è qualcosa di nuovo,
perché è nuovo il modo con cui la
natura si presenta oggi: la natura come un compito che dobbiamo svolgere (ne hanno parlato Bodei, Bohme, Natoli, Givone, W. Schluchter, F.
Duque, J. Gil). Non si tratta tanto di
difendere la natura che ci è data, ma
di “produrre” una condizione della
natura che si possa considerare umana, che renda possibile in futuro
un’esistenza umanamente degna.
Lo sviluppo biotecnologico consente oggi per la prima volta di prendere sul serio la domanda sulla natura dell’uomo.
Quando si tratta di questioni morali che riguardano la natura, non è
possibile arrivare ad una decisione
solo con il calcolo dei pro e dei contro, dei rischi e dei vantaggi, se non
si è prima di tutto compreso che è
di se stessi che si discute. Anche la
natura fuori di noi dev’essere intesa
come compito, perché l’uomo ha la
responsabilità di come si trova la natura in questo momento e il termine “responsabilità” indica che l’umanità organizzata in società deve
ascrivere a sé questo stato. Bisognerebbe perciò riconoscere come nostro grande compito collettivo la costruzione di una natura come fondamento per la vita degli uomini e
porvi mano seriamente.
L’espressione “cultura” tornerebbe così al suo significato originario,
nel senso della produzione di una natura umana, di una natura come fondamento per la vita degli uomini, che
può trovare risorse sufficienti da un
uso corretto della natura e che non
può più basarsi soltanto sulla crescita del prodotto interno lordo.
Un pensiero conclusivo riguarda
la straordinaria mostra dedicata al
fotografo Ansel Adams,¹ l’artista
americano che ha contribuito con i
suoi scatti a celebrare e a fissare l’età
eroica del paesaggio americano, così familiare anche a noi e che oggi
rischia di essere confinato ed assediato nei grandi parchi nazionali: monumenti naturali che devono continuare ad essere patrimonio di tutti
e monito per la difesa del creato.
Luciano Grandi
¹ La mostra è aperta fino al 29 gennaio
2012 presso i locali dell’ex Ospedale S.
Agostino di Modena.
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