Tesina: L`uomo e il progresso

Tesina: L’uomo e il progresso
La rivoluzione industriale; la Filosofia nel periodo della rivoluzione industriale;
rapporto uomo-progresso in letteratura italiana; Il progresso dell’uomo in
Lucrezio
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1. La rivoluzione industriale
1.1 Una premessa
1.2 La rivoluzione industriale inglese
1.3 L’ espansione dell’industrializzazione
1.4 La I Rivoluzione industriale e l’epoca della supremazia
europea
1.5 La II Rivoluzione industriale e la Belle époque
1.6 Difformità fra schiavismo, feudalesimo e capitalismo
1.7 Funzione del diritto
1.8 Capitalistico e Cristianesimo
1.9 Sul concetto di progresso
1.9.1 Capitalismo e progresso tecnologico
1.9.2 La rivoluzione tecnologica come componente
essenziale del capitalismo
2. La Filosofia nel periodo della rivoluzione industriale
2.1Una breve premessa
2.2Utilitarismo, Positivismo e Materialismo storico.
2.3 L’Utilitarismo inglese. La nascita della scienza
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economica.
2.4 Il Positivismo. Mito dell’ evoluzione e culto della
scienza.
2.5 Il positivismo sociale di Auguste Comte.
2.6 Il Trionfo del meccanicismo e i germi della sua
decadenza
2.7 Teoria ondulatoria e teoria corpuscolare. Modelli a
confronto.
2.7.1 Le due teorie proponevano due concezioni
contrapposte
2.8 Il Positivismo evoluzionistico.
2.8.1 Hebert Spencer
2.9 Positivismo e Illuminismo
2.9.1 Positivismo e Idealismo romantico
3. Rapporto uomo-progresso in letteratura italiana
3.1 Salvatore Quasimodo. Una breve biografia e maggiori
opere
3.2 Il Pensiero e lo svolgimento della sua poesia
3.3 L’uomo del mio tempo
4. Il progresso dell’uomo in Lucrezio
4.1 Biografia dell’autore
4.2 Lucrezio: tra progresso e decadenza morale
4.3 Libro V de rerum natura. Traduzione e spiegazione
del frammento dell’opera dedicato al progresso
4.4 Gli uomini delle caverne
4.5 L’origine della civiltà e del linguaggio
5. Il Futurismo artistico
5.1 Il Futurismo Italiano. e la pittura futurista
5.1.1 Il manifesto del futurismo
5.1.2 I principali caratteri del movimento
1. La rivoluzione industriale
1.1 Una premessa
Il concetto di rivoluzione industriale, creato in ambiente francese negli anni venti dell’Ottocento, ha fatto
molto dibattere gli storici. Mentre alcuni lo considerano non all'altezza per indicare mutamenti di lungo
periodo, improbabilmente delimitabili nel tempo e nello spazio come il termine “rivoluzione” sembrerebbe
ipotizzare, i più lo utilizzano di solito, seppure con qualche cautela, principalmente perché pare il più idoneo
a esprimere la profondità e la radicalità dei cambiamenti verificatisi nelle economie occidentali a prendere il
via dall’Inghilterra del Settecento.
Se pare in verità difficile rinunciare a una definizione a questo punto entrata nel linguaggio comune, si deve
però identificare che le perplessità non sono senza fondamento.
Non è facile, per esempio, accordarsi su quali furono gli elementi determinanti e scatenanti del processo, e di
volta in volta si focalizza l’attenzione sull’ aspetto dell’organizzazione del lavoro o sui rapporti di produzione,
sull’imprenditorialità, sui cambiamenti tecnologici o sulle risorse adoperabili.
Talvolta si assumono complessivamente alcuni
di tali componenti, talaltra ci si riferisce ad essi
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nel loro complesso. Problemi non minori
spuntano se si prendono in considerazione gli
indicatori in base a cui determinare le dimensioni
dello sviluppo, o l’ambito, sovranazionale,
nazionale o regionale a cui rifarsi. Simili
complessità sono solo in parte aggirate da chi
predilige rifarsi a categorie esplicative differenti.
In quest’ambito è degno di essere menzionato il
concetto di sviluppo economico moderno
elaborato dalla storiografia. Esso designa un
ampliamento della quantità pro capite dei beni e
dei servizi a disposizione di una società che, a
differenza di quelli del passato, presenta sul
lungo termine caratteri di irreversibilità, facendo
strada con profonde modifiche produttive,
sociali e demografiche. Perché questo
progresso si verifichi, il tasso di crescita del
reddito per cittadino, variabile a seconda dei
tempi e delle condizioni, dovrebbe ammontare al
15-30% per decade, in un ambito contraddistinto
dall’accrescimento della popolazione, dei
risparmi e degli investimenti, e, principalmente,
della produttività, grazie al cambiamento
tecnologico e a una differente organizzazione del
lavoro. La crescita economica moderna si
accompagna pure a uno straordinario
cambiamento nella composizione del prodotto
nazionale per il quale, mentre migliorano le
quote attinenti al settore industriale e dei servizi,
riduce in proporzione quella tradizionalmente
predominante dell’agricoltura, sebbene gli
innalzati aumenti di produzione e di produttività
che si verificano altresì in tale contesto.
1.2La rivoluzione industriale inglese
Abitualmente quando si parla di rivoluzione industriale, o di avvio della crescita economica moderno, ci si
riferisce al processo avuto luogo in Inghilterra a prendere il via dalla seconda metà del Settecento e che da lì
si diffuse in seguito all’Europa, agli Stati Uniti, a parte del Sudamerica, alle colonie di stanziamento bianco e
al Giappone, per implicare solamente dal secondo periodo postbellico altri paesi dell’Asia e dell’Africa.
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La rivoluzione industriale inglese, arrivata a completamento verso la metà dell’Ottocento, è riconducibile alla
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presenza di elementi di natura differente. Le particolari tradizioni politiche britanniche e la mentalità delle sue
classi dirigenti, inclusa l’aristocrazia, donavano un terreno particolarmente favorevole all’ incremento delle
attività economiche e alla ricerca del guadagno, che potevano svolgersi in un contesto di libertà e di certezza
del diritto estranei nella maggior parte del continente e che erano oggetto di una valutazione sociale più
positiva che in altro luogo.
Per di più, l’Inghilterra aveva già cambiato totalmente la sua agricoltura e la sua popolazione, che era tra le
più floride d’Europa, rappresentava un possibile mercato altresì per consumi non di prima necessità. Proprio
nella rivoluzione agricola, realizzata in Gran Bretagna con qualche anticipazione rispetto
all’industrializzazione e nel corso del suo primo svolgersi, è stata spesso caratterizzata una specie di
precondizione per il verificarsi della rivoluzione industriale.
Il possesso di un ampio impero coloniale e
l’elevata disponibilità di materie prime e di
risorse aumentavano poi le estensioni degli
scambi e le potenzialità produttive. In tale ambito
si colloca l’introduzione di molteplici
cambiamenti tecnologici, che presentandosi con
una non comune concentrazione temporale
permisero aumenti di produttività senza
antecedenti. Il settore industriale che ne fu per
primo protagonista fu quello tessile. L’arrivo
della automazione della filatura e, in un secondo
tempo, della tessitura, prima del cotone e poi
della lana, permisero, con un peculiare
meccanismo di botta e risposta nel campo dei
cambiamenti, sviluppi non comuni: nella filatura
del cotone, per esempio, la produttività del
lavoro crebbe di suppergiù 150 volte entro la fine
del secolo e di trecento entro il 1825. Si trattò
sicuramente, come avrebbe sostenuto
Schumpeter, di “bufere di distruzione creativa”,
poiché ai cambiamenti si accompagnarono
altresì terribili risultati: basti pensare che la
meccanizzazione della tessitura portò con sé la
demolizione della figura professionale centrale
dei tessitori, che dai circa 250.000 che erano
nell’Inghilterra del 1820 si videro diminuiti a 3000
attorno alla metà del secolo.
In seguito all’industrializzazione si sparsero e si esasperarono dunque i conflitti sociali e la lotta di classe,
che diedero luogo al spuntare del movimento operaio. Gli altri grandi primi attori della rivoluzione industriale
furono il carbone e la macchina a vapore. Nel primo periodo la forza motrice adoperata nell’industria tessile
restò ancora quella idraulica. Ma la macchina a vapore, il cui impiego si diffuse principalmente dall’avvio
dell’Ottocento, consentì di tirare fuori il carbone in profondità, aprendo la possibilità di disporre di risorse
energetiche fino a quel momento inconcepibili. Fu questa rivoluzione energetica a imprimere un’autentica
svolta nella storia dell’umanità, giacché grazie ad essa si poté contare per la prima volta su risorse
praticamente illimitate, o in ogni caso disponibili per secoli e non più, come era stato sino ad allora, per
poche generazioni. Anche in tale caso si attivò un felice automatismo di botta e risposta: la macchina a
vapore prese il posto dell’acqua, più incostante e poco affidabile, come forza motrice; consentì l’estrazione di
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una maggior entità di carbone, che a sua volta serviva ad alimentarla; carbone e macchina a vapore diedero
l’impulso ad altre industrie, come quella siderurgica e meccanica, e l’insieme di tali fattori rese possibile, a
partire dagli anni Venti dell’Ottocento, quell’altro avvenimento rivoluzionario che fu la nascita delle ferrovie.
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Sul versante dell’organizzazione del lavoro, il dato importante della rivoluzione industriale risulta
l’introduzione del sistema di fabbrica. A prendere il via dall’industria tessile, il concentramento del lavoro e
delle macchine in un solo edificio, la suddivisione del lavoro e il controllo sui suoi orari e sui suoi tempi da
parte del proprietario capitalista si sostituirono gradualmente ai già esistenti schemi organizzativi
protoindustriali, ampiamente connessi al lavoro a casa e alla compresenza di attività agricole e
industriali.L’arrivo del factory system causò la fine della centralità della famiglia come luogo di disposizione e
di divisione del lavoro e la separazione sempre più nitida del lavoratore, diventato salariato, dal controllo del
processo produttivo e dei prodotti del lavoro; in opposizione ai lavoratori salariati si affermarono in questo
modo la proprietà privata del capitale e dei mezzi di produzione e, all’insegna della logica del profitto
individuale, la configurazione del nuovo capitalista industriale.
1.3 L’ espansione dell’industrializzazione
La propagazione dell’industrializzazione
dall’Inghilterra verso altri paesi si
riscontrò con notevoli interruzioni spaziali
e temporali, tanto che il suo avanzare è
stato equiparato alla conformazione
macchiata della pelle del leopardo. In un
primo tempo, fin dalla prima metà
dell’Ottocento, furono implicate
principalmente le aree dell’Europa nordoccidentale più cospicue di risorse
energetiche e più vicine alla Gran
Bretagna, come il Belgio e alcune aree
della Francia e della Germania, mentre
soltanto in misura più limitata e delimitata
furono interessate zone dell’Europa
centrale e meridionale. Soltanto nella
seconda metà del secolo, e pure allora
con stabili interruzioni e disomogeneità, il
processo si estese al resto dell’Europa e
al Giappone, mentre il progresso
economico statunitense seguì vie
differenti, più sequenziali e più legate ai
caratteri di quel paese, mediante una
particolare e felice imitazione dell’
esempio britannico, fissato sulla centralità
della produzione tessile. Fu
principalmente a partire dal decennio
susseguente che furono intraprese,
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particolarmente a prendere il via dalla
Germania, vie più libere e
originali.
In quella che alcuni hanno definito la “seconda rivoluzione industriale” si possono difatti riscontrare alcuni
tratti che si diversificano considerevolmente dall’esperienza dei decenni antecedenti.
Mentre nel commercio internazionale alla fase liberista ne subentrava un’altra sempre più segnata dal
liberismo e dall’antagonismo tra le nazioni, si dichiaravano come protagoniste industrie nuove, o che in
passato avevano avuto una funzione meno centrale. Assunsero in tale maniera una importanza cruciale la
siderurgia, grazie alle nuove possibilità di generare acciaio a basso costo, l’industria chimica, la meccanica e
l’idroelettrica, mentre gli stabilimenti assumevano spesso, per l’ampliamento degli impianti e per la quantità
della manodopera occupata, le nuove dimensioni della grande industria attuale. Si trattava di settori
produttivi che rispetto a quello tessile richiedevano tecniche nuove, meno artigianali e più sofisticate, e più
importanti investimenti di capitali. Si assistette dunque a uno sviluppo senza antecedenti della ricerca
scientifica finalizzata all’innovazione tecnologica e alla nascita di nuove istituzioni di credito per il
finanziamento industriale, le così chiamate banche composite o di modello tedesco.
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In questo contesto, a differenza di quanto era accaduto nella prima fase della rivoluzione industriale, il
sostegno degli stati e delle politiche economiche ebbe una funzione cruciale nello sviluppo dei paesi giunti in
ritardo al capitalismo. La Germania, che emerse in questa fase come grande potenza industriale, alla fine del
secolo raggiunse il potenziale economico dell’Inghilterra, che veniva così a perdere, anche in concomitanza
con lo straordinario sviluppo degli Stati Uniti, il ruolo egemone che aveva a lungo occupato.
1.4 La I Rivoluzione industriale e l’epoca della supremazia europea
La rivoluzione industriale, che si attua in
Inghilterra, vede una prima fase dal 1750
agli anni ‘80, con il susseguirsi di
invenzioni che incrementano la
produzione tessile e i primi opifici
realizzati con non grossi investimenti,
spesso dai medesimi artigiani-inventori;
mentre la seconda fase si ha con
l’affermazione dell’impiego della
macchina a vapore e una più decisa
modificazione della vita economica e
della società. Essa è parallela a una
«rivoluzione agricola» avviatasi già in età
medievale con cambiamenti tecniche
quali la rotazione triennale e l’aratro
greve e concretizzatasi nell’Inghilterra di
epoca attuale con le recinzioni (atti di
abolizione delle terre comuni dal XV a
metà XIX sec.).Su scala mondiale questo
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è l’ era della supremazia europea che va
dalla fine del XVIII sec. a principio del XX
secolo, contraddistinta dal controllo
coloniale e produttivo inglese e, in misura
molto inferiore, francese (secondo
Braudel Londra è centro dell’economia
mondo dal 1783 a principio del ‘900).
Tale egemonia viene preparata nei secoli
antecedenti ad avviarsi dalle innovazioni
nella tecnologia nautica che consentono
la scoperta dell’America e mediante i
commerci e la Rivoluzione scientifica del
XVII sec.
Tuttavia per lungo tempo la bilancia dei pagamenti europea è stata in deficit rispetto all’oriente, da cui
giungevano seta e spezie (India) o pure manufatti (Cina) e in cui sono presenti efficienti organizzazioni
territoriali, statali o militari.
La supremazia europea è allora giustificata da differenti fattori: 1) una struttura economica e politica che non
ostacola artigiani e commercianti, ma anzi facilita l’esercizio della proprietà privata e la composizione del
capitalismo commerciale; 2) il progresso tecnologico come capacità di costruire macchine, vale a dire di
applicare le conoscenze scientifiche per conseguire risultati pratici (dalla bussola, agli occhiali, agli orologi);
3) la volontà di conquista, che rappresenta un componente culturale.
I cambiamenti tecnologici alla base della I Rivoluzione industriale sono sempre più raffigurate da moderni
brevetti: in Inghilterra dai più o meno 100 all’anno del 1650-1750 si passa agli oltre 450 del 1780.
1689 macchina a vapore di Thomas Savery per prosciugare l’acqua dalle cave.
1705 macchina a vapore di Thomas Newcomen, unita ad una pompa per i giacimenti.
1709 Darby utilizza il carbon coke.
1733 navetta volante di Kay.
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1764 filatoio di più elementi meccanico (jenny) di James Hargreaves
1765 prima macchina a vapore di James Watt: ne risulta il moto circolare di un asse
1769 macchina tessile idraulica di Richard Arkwright
1774 primi utilizzi industriali della macchina a vapore
1779 macchina filatrice (mule) di Crompton
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1784 nuove pratiche di fonderia di Henry Cort
1785 telaio tecnico di Edmund Cartwright che ottiene il massimo rendimento dall’energia motrice del vapore.
1.5 La II Rivoluzione industriale e la Belle époque
La II Rivoluzione industriale, che va dal
1870 al primo periodo ‘900, si
contraddistingue per l’applicazione delle
invenzioni scientifiche ai processi
industriali, in ambiti anche innovativi
come la chimica e la petrolchimica o
l’elettricità. Il settore trascinante è quello
siderurgico: le industrie hanno ormai
estensioni tali da ricercare grossi capitali,
pertanto rispetto alle prime industrie è
altresì differente la struttura finanziaria,
sempre più collegata ai concentramenti
(holding o anche trust che sono, nei fatti,
lontani dal liberismo).
Anche in tale caso la rivoluzione
industriale è anticipata e connessa a
un’altra, quella degli spostamenti: dal
1814 il trasporto ferroviario è sotto
l'aspetto tecnico possibile (locomotiva di
Stephenson) e intorno alla metà ‘800
ferrovie e navigazione a vapore si
espandono su scala mondiale.
Le nuove forme industriali si vedono innanzitutto in Germania (incrocio scienza-industria) e negli USA
(concentrazione e diversificazione della produzione, pure in agricoltura): già nel 1890 la Germania ha la
supremazia mondiale nella produzione chimica e farmaceutica e gli USA in quella siderurgica; mentre la
Gran Bretagna vede man mano diminuirsi il suo vantaggio, tenendolo nei settori tessile, ferroviario e
cantieristico, ma particolarmente a livello coloniale nella ‘nuova forma’ dell’imperialismo (adottata altresì dagli
altri stati, dato che è sempre più indispensabile sia approvvigionarsi di materie prime sia andare alla ricerca
di nuovi mercati).
Tuttavia l’epoca della II Rivoluzione industriale vede eventi discordanti: principalmente l’Europa si trova
dinanzi alla lunga depressione (1873-96) con uno blocco dei mercati mondiali; ma c’è pure un avvenimento
culturale e di costume come la Belle époque. Si può affermare che l’Europa, raggiunto la sua più grande
espansione economica, si avvia al degradamento di fronte a nuove potenze come gli USA, ma anche che
mai prima si era vista tanta ricchezza e tanta fede nelle possibilità dell'essere umano realizzate grazie alla
scienza occidentale (come già aveva affermato ampiamente nella prima metà dell’800 la corrente filosofica
del positivismo).
Col termine "Belle époque" si vuole proprio riferirsi a un’era di pace felice e distesa, tra la guerra francoprussiana (1870-71) e la I guerra mondiale, in cui l’Europa non vuole vedere le cause di opposizione politica
(i nazionalismi) e economico che porteranno alla guerra mondiale come pure al termine della sua
supremazia (per Braudel, New York diverrà il nuovo centro dell’economia mondo dal 1929).
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