IMPAGINATO SORELLA ACQUA ok

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Introduzione
Il Biferno a Colledanchise Parco
L’acqua e la vita. Considerazioni ecologiche
La vastità e la complessità del tema “Acqua” sono tali che se si volessero
descrivere sia pure sommariamente si dovrebbe comporre un’ opera notevole che
esula dalle finalità del libro, nella cui considerazione, di conseguenza, qui ci si
limita solo ad una elementare informazione degli aspetti essenziali di una serie di
argomenti che riguardano l’acqua e i fenomeni connessi, da quelli naturali a quelli determinati dall’uomo.
Composto chimico dalle singolari proprietà, l’acqua è il costituente tra i più tipici e più abbondanti della nostra Terra ed in particolare della biosfera dove dimorano
i viventi.
Se poi volgiamo la nostra attenzione alle conoscenze dell’Astrofisica, apprendiamo
che essa è un composto comune nell’universo.
L’acqua, H20, appartiene agli Idruri metalloidici, composti che l’idrogeno, H, forma con altri elementi
(idracidi alogenici, acqua, ammoniaca, acido solfidrico, ecc.); è un idruro singolare per la sua struttura molecolare poiché
- l’atomo O, ossigeno, è legato a due atomi di H2, idrogeno, con due elettroni spaiati,
- i 2 idrogeno e 1 ossigeno formano un angolo con valore di A 0,96, richiedendo per rompersi 118 Kcal/mole,
- la molecola acqua è un dipolo con la parte positiva a H2, la parte negativa a O,
- il suo composto è neutro mentre dovrebbe essere basico,
- ha punto di congelamento di 0°C e punto di ebollizione di 100°C,
- la sua densità massima è di 4°C.
L’acqua , inoltre, è
- un grande solvente,
- un grande isolante quando è pura,
- abbondantissima in natura nei tre stati di liquido, solido e gassoso.
La biosfera, definita fisicamente dalla parte esterna della litosfera, da tutta l’idrosfera e dalla parte
inferiore dell’atmosfera, è un sottilissimo involucro della Terra, dello spessore di 30-40 km, quasi un
velo se paragonato agli altri involucri che costituiscono il nostro pianeta, dove, da oltre 3,5 miliardi di
anni, si svolge la vita attraverso il grandioso fenomeno dell’evoluzione.
La manifestazione, la diffusione e l’evoluzione della vita nella biosfera non può prescindere, tra l’altro
(materia per la costruzione dei corpi viventi, energia solare), dalla presenza dell’acqua poiché questa
assicura costantemente la composizione di molecole organiche complesse e di sistemi acquosi, ambedue a
base della esistenza e del funzionamento degli essere viventi.
Ciò ci fa comprendere come gli ambienti abitati sono condizionati essenzialmente dall’idrosfera nella
quale sono presenti tutti gli elementi costitutivi necessari ai processi vitali degli organismi.
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limite superiore della biosfera
= 10-15 km di altitudine
atmosfera
idrosfera
BIOSFERA
litosfera
limite inferiore della biosfera
= 10-12 km di profondità
L’acqua nella biosfera. I serbatoi
Oceano: 97%
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Terre emerse: 2,7%
Atmosfera: 0,3%
Le risorse idriche della biosfera, pari a 1,5 miliardi di chilometri cubi circa,
sono distribuite in tre grandi serbatoi.
Il primo, il più grande, è costituito dall’oceano che ne contiene circa il 97%
del globale.
Il secondo è rappresentato dalle acque delle terre emerse con circa il 2,7% del
globale.
Il terzo è nell’atmosfera sotto forma di vapore con la parte rimanente dello
0,3% circa del globale.
Le risorse rinnovabili, costituite da 500.000 chilometri cubi di acqua all’anno,
sono così analizzate da R.P.Ambroggi (1980):
acqua di evaporazione
- dagli oceani................................................................
- dalle terre emerse ......................................................
totale..........................................................................
430.000
70.000
500.000
acqua di precipitazione
- sugli oceani................................................................
- sulle terre emerse ......................................................
totale..........................................................................
390.000
110.000
500.000
“
“
“
“
“
“
430.000
390.000
“
“
“
“
40.000
“
“
le terre emerse
- producono acqua di evaporazione pari a......................
70.000
- ricevono acqua di precipitazione pari a......................
110.000
(70.000 km3 dalle terre emerse + 40.000 km3 dagli oceani)
“
“
“
“
Da quanto sopra si rileva che:
gli oceani
- producono acqua di evaporazione pari a ....................
- ricevono acqua di precipitazione pari a ......................
- perdono acqua di precipitazione (che cade sulle terre
emerse) pari a ............................................................
km3/anno
“
“
“
“
1 km3 = 1.000.000.000 m3
Del movimento annuo di acque rinnovabili che, costituite dalla perdita di precipitazioni sugli oceani, cadono sulle terre emerse, pari ad una eccedenza di 40.000
chilometri cubi, secondo World Resources Institute (J.W.Maurits La Riviere, 1989),
- circa 26.000 miliardi di m3 tornano direttamente al mare senza che siano
trattenuti,
- circa 5.000 miliardi di m3 defluiscono al mare attraversando zone disabitate,
- circa 9.000 miliardi di m3 sono disponibili per i viventi.
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I serbatoi dell’acqua sulla Terra
Mare: 1335 milioni di km3 circa
Ghiacciai: 29 milioni di km3 circa
Acqua sotterranea:
8,4 milioni di km3 circa
Acque superficiali: 200.000 km3 circa
Acqua nell’atmosfera: 13.000 km3 circa
Acqua nei viventi: 400 km3 circa
da J.P. Peixoto e M.A. Kettani, 1973, ridisegnato
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L’acqua delle terre emerse, inoltre, variabile nel tempo, è rappresentata da
- i ghiacciai con 29 milioni di km3 circa,
- le acque sotterranee con 8,4 milioni di km3 circa,
- le acque superficiali con 200 mila km3 circa,
- l’acqua dell’atmosfera con 13 mila km3 circa,
- l’acqua contenuta nei viventi con 400 km3 circa.
I 9000 milioni di metri cubi annui di acqua disponibili per i viventi, se fossero regolarmente distribuiti, tra precipitazioni e utilizzo, sarebbero sufficienti a
soddisfare le esigenze di una popolazione umana di circa 20 miliardi di individui.
Ma accade, ad esempio, che in Islanda vi è un eccesso di precipitazioni, nel
Bahrain non vi sono in pratica precipitazioni e si deve, pertanto, far ricorso alla
dissalazione dell’acqua marina.
Nel Madagascar sud occidentale si sopravvive con circa 2 metri cubi di acqua
all’anno pro capite, mentre nei paesi sviluppati si dispone di circa 180 metri cubi
di acqua all’anno pro capite.
L’utilizzazione dell’acqua in agricoltura non solo varia da paese a paese, ma ne
rappresenta la massima richiesta. Il sistema agricolo più produttivo del mondo si
trova nell’Asia meridionale con le coltivazioni di riso e di grano.
A livello mondiale l’irrigazione assorbe in media circa il 75% dell’acqua disponile.
Nel solo anno del 1995 il consumo di acqua dolce per usi irrigui su il 12%
delle terre coltivate ha sfiorato la cifra di circa 3000 km3 di acqua dolce.
Altre considerazioni (R.P.Ambroggi, 1980) ci dicono che l’acqua dolce annua
esistente sulla Terra ammonta a circa 37.000 milioni di km3, ovvero a più di dieci
volte il volume di acqua del Mare Mediterraneo. Tale quantità risulterebbe sovrabbondante le necessità di tutti i viventi, di cui l’uomo è il maggiore consumatore,
se circa il 75% non fosse contenuta nei ghiacci dei poli e di altre zone della Terra
e poco più del 25% non figurasse nel serbatoio degli acquiferi sotterranei.
La disponibilità effettiva per i viventi, pertanto, è rappresentata da meno
dell’1% dell’acqua dolce della Terra.
E’ da tener presente che la tecnologia attuale non permette di sfruttare l’acqua
dei ghiacciai, mentre si è appena dato mano allo sfruttamento delle acque sotterranee per le notevoli implicazioni, tra l’altro, relative alla conservazione dei serbatoi.
L’utilizzo dell’acqua dolce da parte dell’uomo si riferisce essenzialmente a quella che scorre in superficie, ovvero
- dei fiumi,
- dei laghi,
- delle sorgenti.
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Il fabbisogno dell’acqua è tenuto sotto controllo dall’uomo, per quanto le possibilità della tecnica attuale glielo permettono, attraverso l’esame del bilancio
annuale del ciclo idrologico nei passaggi
- dell’evaporazione,
- della traspirazione,
- delle acque meteoriche e relative precipitazioni,
- della circolazione in superficie,
- della circolazione sotterranea.
Passaggi che impegnano ad uno studio costante ed approfondito dei relativi
elementi che li compongono, variabili nello spazio e nel tempo, e alla soluzione
dei problemi connessi.
Così ad esempio nel passaggio precipitazioni si tenta di controllarne la caduta
spazio-temporale al fine di favorire non solo gli approvvigionamenti idrici ma
anche l’utilizzazione dell’acqua a scopi agricoli.
Sempre a titolo di esempio tra i depositi sotterranei nel Sahara sono stati individuati ben sette grandi bacini sotterranei con un deposito complessivo di circa 15,3
bilioni di metri cubi di acqua (Ambroggi et alii, 1980), la cui utilizzazione è in
via di attuazione progettuale.
Formazione dell’acqua sulla Terra.
La Terra, dopo la sua genesi (circa 4,6 miliardi di anni fa),
- non aveva atmosfera,
- era priva di acqua,
- era interessata da fenomeni magmatici che formavano gas (idrogeno, altro),
vapori di H2O.
In tale stato le molecole di acqua venivano subito fotodissociate.
L’idrogeno sfuggiva alla gravitazione terrestre, l’ossigeno reagiva con l’ammoniaca (NH3) liberando
azoto (N) e col metano (CH4) producendo anidride carbonica (CO2).
La prima atmosfera era quindi costituita da questi due ultimi gas.
Soltanto dopo che l’atmosfera si fu stabilizzata, l’acqua cominciò a depositarsi e a riempire le depressioni (formazione dell’oceano).
Come costituente essenziale e principale degli organismi, l’acqua è il mezzo
insostituibile nella biochimica, anche se il 99% e oltre non viene assimilata chimicamente e viene restituita sia dalle piante sia dagli animali all’ambiente dopo il
processo bioidrochimico.
In ultima analisi l’acqua bevuta o assorbita dagli organismi, dopo aver compiuto il
lavoro di catalizzazione dei processi vitali, viene riammessa quasi completamente
nel ciclo idrologico attraverso la traspirazione e l’emissione.
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L’acqua è vita: adunamento di trote in un corso d’acqua
Esempio di alterazione del suolo e sottosuolo.
Carsismo: l’acqua satura di acido carbonico dissolve il calcare e scava grotte e gallerie nel sottosuolo con formazione di stalattiti, stalagmiti, colonne e corsi d’acqua sotterranei
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Gli esseri viventi sono ricchi di acqua poiché quasi tutte le proteine di cui sono
composti hanno la proprietà di idratarsi, ovvero di imbibirsi e rigonfiarsi.
Gli organismi con metabolismo attivo sono costituiti da sistemi elaborati di macromolecole organiche disperse nel mezzo acquoso pari al 65-95% e anche più del loro peso.
Nei Primati, ad esempio, tale contenuto si aggira intorno al 70% del peso corporeo, di cui il 50% è presente nella cellula, il 15% tra le cellule, il 5% nel plasma.
In un uomo adulto, del peso di 70 kg circa, 48 kg circa sono costituiti da acqua.
L’acqua non solo è indispensabile per la vita degli organismi nel loro sviluppo
e nella loro sopravvivenza, ma ha grandissima rilevanza nel processo di alterazione
ed erosione della crosta terrestre.
Nelle rocce carbonatiche, ad esempio, l’acqua piovana, H2O, filtrante, ricca di
anidride carbonica, CO2, diventa acida per la formazione di acido carbonico, HCO3,
che decompone il carbonato di calcio, CaCO3, insolubile, in bicarbonato di calcio,
Ca (HCO3)2, solubile, il quale nel processo di dissoluzione determina nel suolo la
formazione di doline, inghiottitoi, gravine, ed altro, e nel sottosuolo di gallerie e
grotte (fenomeno carsico). Qualsiasi causa che sottrae l’anidride carbonica al bicarbonato di calcio, come la diminuizione della pressione atmosferica, della pressione
idrostatica, l’agitazione delle acque, favorisce la deposizione del carbonato di calcio
e la formazione di stalattiti e stalagmiti, colonne, croste concrezionali.
Altro esempio di alterazione del suolo è quando l’acqua penetra nelle rocce e in
genere nelle fessure del terreno e poi gela e disgela anche più volte. Il fenomeno ne
produce la frantumazione, la qual cosa facilita il loro smantellamento e il loro trasporto a valle fino al mare.
Inoltre l’acqua, quando raggiunge la superficie terrestre attraverso le precipitazioni, in parte scorre costituendo le acque superficiali, in parte si infiltra nel
suolo formando le acque sotterranee, in parte ritorna nell’atmosfera per mezzo della
evaporazione e della traspirazione.
L’ Idrologia (da idros, acqua, e logos, discorso) studia le acque continentali e si distingue in
- Potamologia (dal greco potamos, fiume, e logos, discorso) che si interessa delle acque
correnti superficiali,
- Limnologia (dal greco limnè, lago, palude,e logos, discorso) che indaga sui laghi e derivati,
- Glaciologia (dal latino glacies, ghiaccio, e dal greco logos, discorso) che studia i
ghiacciai e la loro azione geomorfologica.
L’idrologia studia, inoltre, il ciclo idrologico, ovvero il ciclo terrestre delle acque che comprende i fenomeni
- dell’evaporazione,
- della traspirazione,
- delle precipitazioni,
- dello scorrimento superficiale e sotterraneo.
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Da considerare ancora la morfologia della superficie terrestre la quale influenza notevolmente l’idrodinamismo delle acque freatiche superficiali. La morfologia
del terreno determina l’entità del deflusso di acqua freatica superficiale (da qualche centimetro a qualche metro al giorno). Nelle zone pianeggianti ad esempio il
deflusso delle acque diventa minimo
La composizione mineralogica delle acque naturali si modifica continuamente in rapporto
- agli apporti inquinanti che circolano nella biosfera, prodotti dagli eventi
fisico-chimici e biologici,
- alla natura dei suoli e delle rocce in contatto con le acque.
L’acqua, alla base della vita che si è generata in essa e con essa, essenziale per
tutte le forme dei viventi, è una ricchezza inestimabile per l’uomo.
Per questo l’umanità dovrebbe avere la massima considerazione per le riserve
naturali della straordinaria sostanza.
Al contrario l’uomo, nonostante i ripetuti appelli della scienza, si dimostra
disattento nell’uso e nella conservazione delle risorse idriche della Terra, per cui,
se non se ne attua una migliore gestione, il futuro della natura, compreso l’uomo, verrà seriamente pregiudicato.
L’inquinamento dell’acqua, ed in particolare di quella dolce, equivalente alla
decima parte delle acque della Terra, unica effettiva risorsa di cui possono servirsi
gli organismi che vivono fuori del mare, è un problema di grande portata da affrontare e risolvere al più presto.
E’ vero che essa viene continuamente ricostituita col ciclo idrologico, ma è
altrettanto vero che il ciclo stesso può accusare squilibri tra produzione e consumo.
Inquinare, da latino in e quinare, significa immettere, disturbare, contaminare, alterare l’integrità, rompere un equilibrio naturale con l’immissione di un elemento nuovo che costituisce un altro equilibrio.
L’Idrografia (da idros, acqua, e graphein, descrizione), parte della Geografia, studia le acque scorrenti
- superficiali (rigagnoli, ruscelli, fiumi, torrenti, laghi),
- sotterranee che talvolta tornano in superficie con le sorgenti.
L’Idrogeologia (da idros, acqua, ghe, terra, logos, studio) nelle Scienze della Terra studia
- il comportamento dell’acqua in rapporto alle condizioni geologiche,
- le metodologie di gestione delle risorse idriche continentali, siano esse superficiali o sotterranee,
- i quantitativi delle acque sotterranee ed il loro rapporto con quelle superficiali.
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Inquinamento
Veduta del fiume Il Rio (affluente del Biferno) all’altezza della provinciale Bojano-Monteverde
di Bojano. L’inquinamento delle acque, torbide e maleodoranti, è causato da scarichi fognari e
industriali
L’emissione di gas dalla ciminiera dell’industria, ubicata nella vallata di Bojano,
produce inquinamento atmosferico che è
causa di preoccupanti disagi igienici
umani, di inquinamento di terreni agricoli e di acque superficiali e sotterranee.
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Il ciclo idrologico
L’acqua della biosfera ha un suo ciclo, il ciclo idrologico, che interessa 500.000
milioni di km3 di acqua all’anno e consiste in una successione di passaggi del mezzo
- dal flusso o stadio atmosferico nelle fasi della evaporazione, della traspirazione, delle precipitazioni,
- al deflusso o stadio terrestre nelle fasi dello scorrimento superficiale e
scorrimento sotterraneo, fino al mare.
L’evaporazione, fenomeno che nel caso specifico descrive il passaggio lento dell’acqua dallo stato liquido allo stato di vapore, trasforma le acque continentali e
marine di superficie in acque meteoriche.
L’evaporazione varia, tra l’altro, secondo i luoghi, le stagioni, il clima e le condizioni di pressione atmosferica.
La traspirazione è il processo di emissione di acqua nella biosfera, la più parte
allo stato di vapore, da parte dei viventi.
L’acqua, indispensabile alla vita di cui ne è la sostanza più abbondante, assunta da un vivente, ne attraversa tutto l’organismo, compiendo il lavoro di catalizzazione, e si ricongiunge poi attraverso la traspirazione al ciclo idrologico; varia per
quantità assorbita da specie a specie ognuna delle quali ha un proprio bilancio idrico tra assunzione ed emissione.
Le acque meteoriche rappresentano l’ultimo passaggio della fase di flusso del ciclo
idrologico e sono studiate da un particolare settore della meteorologia.
La Meteorologia (dal greco meteoron, ciò che sta in alto, e logos, discorso, studio) è la scienza che
studia l’atmosfera terrestre nella sua costituzione, struttura e dinamica.
Esse descrivono il processo
- di stazionamento nell’atmosfera di vapore acqueo,
- della formazione di nubi e nebbie,
- delle precipitazioni.
Il vapore acqueo che staziona nell’atmosfera identifica l’umidità atmosferica, la
quale, in dipendenza della sua concentrazione, può produrre nebbie o nubi.
La Nebbia (dal latino nebula, vapore, fumo) si forma per un addensamento esteso di goccioline micrometriche di acqua sospese negli strati bassi dell’atmosfera.
Le Nubi ( dal latino nubes, coperto) si forma per addensamento più o meno esteso di goccioline d’acqua
o di ghiaccioli sospese nell’atmosfera.
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Ciclo idrologico
flusso
precipitazione evaporazione traspirazione
precipitazione
evaporazione
precipitazione
lago
suolo
mare
sottosuolo
deflusso
di superficie
di percolazione
sotterraneo
Il ciclo, caratterrizzato da uno scambio di milioni di chilometri cubi di acqua all’anno, è distinto in:
- flusso (evaporazione, traspirazione, precipitazione),
- deflusso (di superficie, di percolazione, sotterraneo)
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Ciclo idrologico
Esempio di flusso
Evaporazione da un fiume
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Ciclo idrologico
Esempio di flusso: la traspirazione
Nel caso specifico gli equini
perdono acqua attraverso
- i tegumenti
- gli organi respiratori
- gli organi escretori
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Ciclo idrologico
Esempio di flusso: formazione di nebbia
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Ciclo idrologico
Esempio di flusso: formazione di nubi
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Le precipitazioni, rugiada, brina, pioggia, grandine o neve, si producono quando l’aria si satura di vapore acqueo che, per effetto di correnti fredde o di abbassamento della temperatura, si condensa in gocce le quali, superando un certo peso,
cadono a terra.
Le precipitazioni si misurano nella loro
- quantità (1 mm. di pioggia = 1 l., altezza di acqua distribuita in 1 m2 ),
- frequenza (quantità caduta in un’ora, in un giorno, ecc.).
Il deflusso provoca lo scorrimento superficiale e sotterraneo delle acque (circa
40.000 km3/anno) prodotte dalle precipitazioni (circa 110.000 km3/anno), di cui
- parte scorre in superficie attraverso corsi d’acqua vari e laghi,
- parte si infiltra nel sottosuolo formando i serbatoi sotterranei,
- parte è restituita all’atmosfera con l’evapotraspirazione (circa 70.000
km3/anno).
Tutte le fasi suaccennate sono momenti di una serie di passaggi continui, effetto del movimento dell’acqua, in una loro valenza di vari sistemi metodologici di
interpretazione (E.Tabacco, 1983).
Il ciclo idrologico può essere considerato, quindi, secondo il metodo quantitativo, come un sistema chiuso
- entro cui l’acqua tra flusso e deflusso non cambia, più o meno, come quantità complessiva,
- di fenomeni naturali nei quali l’acqua, nello stato di vapore acqueo, passa
dalla superficie terrestre all’atmosfera per rientrarvi più o meno con le
medesime quantità, in fase liquida o solida.
Il motore principale del ciclo è l’irraggiamento solare che provoca l’evaporazione dell’acqua ed i fenomeni connessi al flusso e deflusso, conservando
l’acqua in circolazione; poi la gravità che fa scorrere l’acqua verso il basso; infine i viventi che condizionano variamente il ciclo con la loro azione di opportunismo.
Il ciclo chiuso ha una sua durata stagionale, o annuale se riferito a variazioni
più lunghe, o all’estremo può avere una durata di centinaia di anni o di millenni
se riferito al processo di glaciazione e interglaciazione.
Altro criterio per descrivere il ciclo è quello qualitativo che considera essenzialmente l’acqua sotto l’aspetto chimico, fisico e batteriologico quali elementi
definiti da numerose valutazioni, innanzitutto se riferite a zone ad alto insediamento umano.
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Ciclo idrologico
Esempio di flusso: la pioggia
Zona pedemontana del Matese
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Ciclo idrologico
Esempio di flusso: nevicata su una faggeta del Matese
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Ciclo idrologico - Esempi di flusso
La rugiada
(Zona pedemontana del
Matese orientale: rugiada
su prato di trifoglio in una
mattina autunnale)
La brina
(Zona pedemontana
del Matese orientale:
brinata su una colonizzazione a Heracleum sp.
in una mattinata
invernale)
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Un criterio infine di valutazione molto reale è quello che considera il sistema
Ciclo delle acque come un processo naturale della biosfera dove l’acqua è l’elemento
principale di modificazione e di definizione ambientale.
Ad esempio il processo di alterazione e di erosione di una valle ad opera dell’azione dell’acqua determina l’evoluzione di ambienti di vita in questo o in
quell’altro senso.
Altro aspetto significativo è la verifica d’insieme delle variazioni delle quantità e delle qualità dell’acqua in analisi relative ad un ambiente. Dette variazioni forniscono le informazioni che permettono la comprensione generale di ogni processo del ciclo in atto.
Le acque scorrenti superficiali terrestri
Le acque meteoriche cadono per la maggior parte sui mari (circa il 65% del
globale, pari a circa 390.000 km3/anno), in minima parte sulle terre emerse (circa
il 35% del globale, pari a circa 110.000 km3/anno).
Queste ultime sono le acque superficiali terrestri o continentali o dolci le quali
comprendono le
- acque scorrenti superficiali nelle quali possono confluire le acque sotterranee
di superficie se riguardano i fiumi,
- acque lacustri, palustri.
Le acque scorrenti superficiali, che hanno un grande interesse sul piano ecologico
ed evolutivo, studiate dalla potamologia, sono quelle che formano i corsi d’acqua
ovvero i fiumi, rii, ruscelli, rivoli e torrenti.
Un corso d’acqua è soggetto a modificazioni morfologiche (L.Trevisan, 1968)
generate dai processi di erosione, trasporto e sedimentazione, causati questi dall’azione dell’energia potenziale dell’acqua nei vari momenti di portata, dai periodi
di magra fino agli eventi di piena catastrofica.
Le modificazioni, oltre a dipendere dall’energia dell’acqua, sono causate dalle
caratteristiche del substrato dell’alveo. Così ad esempio un alveo costituito da terreno incoerente assume una forma regolare che riflette la dinamica propria delle
acque, mentre se costituito da roccia coerente risulta irregolare.
Un corso d’acqua nella fase di piogge torrenziali (a più riprese anche in tempi
lunghi) diventa fortemente erosivo di materiali che trasportati a valle possono
accumularsi e formare conoidi di deiezione; mentre nella fase alluvionale costituisce
depositi alluvionali con formazione di conoidi alluvionali.
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Alcuni tipi di alveo
Alveo in roccia
di valle montana
Alveo in roccia, coperto da ghiaie
Alveo di ghiaie alluvionali con rete di canali
Alveo di ghiaie alluvionali con isole definite
Alveo a meandri
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Conoidi
rilievo
piana alluvionale
conoidi di deiezione
Conoidi di deiezione
zona apicale
canali
zona mediana
sviluppo
zona basale
sezione trasversale
Conoide alluvionale: pianta e profilo
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A
B
C
Formazione di un pediment
A,B = Profili di spianamento
Erosione del rilievo con assenza di accumulo di sedimento sulla superficie pedemontana
C=
Profilo del pediment, debolmente inclinato con assenza di accumulo di sedimenti
sulla superficie di erosione
rilievo
pediment
basamento
Elementi morfologici relativi ad una formazione di pediment
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depositi alluvionali
Il Conoide di deiezione è costituito da colate in massa di ghiaie, sabbie e fango (lave torrentizie) allo
sbocco del corso d’acqua montano e che si depositano più o meno a ventaglio nella piana per esondazione dello stesso corso d’acqua.
La deposizione delle colate nella valle o nel piano si ha per effetto del mutamento della pendenza e quindi della energia del deflusso.
I torrenti perenni generano conoidi con inclinazione verso il piano o la valle non superiore al 10%.
La disposizione a ventaglio è determinata dalla improvvisa riduzione della capacità di trasporto della
corrente, la qual cosa genera ostacoli al deflusso della colata e la relativa deposizione con cambiamento
continuo di canali di scolo.
Il profilo convesso è dato dalla forte permeabilità dei sedimenti, come nel caso dei carbonati, che determina l’infiltrazione repentina delle acque con la costituzione di un acquifero sotterraneo che riemerge ai piedi
del conoide mediante sorgive e formazione di laghetti, stagni e paludi.
Il Conoide alluvionale è costituito invece da ghiaie, sabbie e argille distribuite a ventaglio, accumulate a formare un cono schiacciato dall’attività alluvionale allo sbocco del corso d’acqua montano nella
piana pedemontana con il continuo spostamento dell’alveo.
La Piana sovralluvionata è costituita dall’accumulo di sedimenti (ghiaie grossolane, sabbie e argille)
di notevole spessore e genera il seppellimento di versanti di bassa quota, colline e valli.
Nei tre casi elencati gli elementi grossolani della fluitazione si depositano allo sbocco pedemontano, quelli sempre più piccoli si depositano man mano che ci si allontana dallo sbocco. Spesso i sedimenti sono permeabili.
L’alluvium (dal latino alluvies, allagamento) è l’insieme dei materiali erosi, fluitati da un corso
d’acqua e depositati per esondazione in una vallata o in una piana.
Il fiume
Il fiume (dal latino fluire, scorrere) è un corso d’acqua superficiale a deflusso continuo, la cui alimentazione, nell’ambito del bacino idrografico, è determinata da
acque di precipitazioni, di scioglimento di nevi e ghiacci, di sorgenti; scorre sul
suolo e sbocca in mare o in bacino chiuso superficiale o sotterraneo.
I fiumi di media e piccola portata sono il rio, il ruscello, il rivolo.
Il Bacino idrografico, unità morfologica e idrologica naturale, è costituito da un insieme di territori, confinato dallo spartiacque, le cui acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacci, defluendo sul suolo, si convogliano
- in un fiume,
- in un torrente,
- in un lago.
Il Bacino imbrifero si riferisce alle precipitazioni, il Bacino idrografico si riferisce ai corsi d’acqua.
Il Bacino torrentizio riguarda un torrente.
Il Bacino lacustre si riferisce ad un lago.
Inoltre il Bacino glaciale è il territorio dove confluiscono le nevi dei versanti dei monti, il Bacino orografico è la regione pianeggiante tra rilievi.
Lo Spartiacque è la linea di displuvio, ovvero la linea culmine di un rilievo da cui le acque di precipitazione scorrono in direzione dell’uno o dell’altro versante.
Non sempre lo spartiacque superficiale corrisponde allo spartiacque sotterraneo o geologico.
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In regioni con terreni impermeabili il bacino idrografico coincide con quello orografico (displuviale).
Gli elementi di un fiume sono la o le sorgenti, il letto o alveo, le rive o sponde, la foce, la lunghezza, ed
inoltre la velocità, la portata e il regime delle acque.
Il regime idrologico, che indica la distribuzione nel tempo delle portate di un fiume,è determinato
- dal regime delle precipitazioni,
- dal regime delle temperature,
- dall’area,
- dalla configurazione altimetrica,
- dalla pendenza media ed esposizione dei versanti,
- dalla configurazione della rete idrografica,
- dalla costituzione geologica delle rocce,
- dallo stato pedologico del terreno.
I bacini, in riferimento alle condizioni climatiche e fisiche, si distinguono ad alimentazione
- glaciale con deflussi estivi e magra invernale,
- niveo-pluviale con deflussi primaverili e magra estiva,
- pluviale con deflussi autunnali e invernali, magra primaverile ed estiva.
Le regioni areiche sono prive di reti fluviali.
Le aree esoreiche sono con reti fluviali e sbocco nel mare.
Le aree endoreiche sono con fiumi che sboccano in bacini chiusi o si perdono nel sottosuolo.
Il torrente
Il torrente (dal latino torrere, inaridire, seccare) è un corso d’acqua con alimentazione sostenuta da piogge, soggetto a piene e secche.
Il torrente di montagna è rapido, ripido, breve, con alveo roccioso e/o ghiaioso
che al piano è costituito da ghiaie, sabbie e fanghiglie.
Spesso il torrente provoca ai piedi della montagna una forte erosione senza
deposizione di materiali erosi mettendo a nudo la roccia su cui scorre l’acqua, la
qual cosa genera una superficie d’erosione che, inclinata ad di sotto di 7 gradi, viene
indicata col termine inglese pediment (fronte).
Le acque lacustri, palustri
Le acque lacustri e palustri, studiate dalla limnologia, denominate anche acque stagnanti, estremamente varie per la loro genesi, composizione fisico-chimico-biologica
e forma, sono legate a contropendenze morfologiche e rappresentano in una rete idrografica una interruzione del deflusso idrico a mezzo di acque scorrenti superficiali.
La Limnologia (dal greco limne, lago, e logos, discorso) studia le acque stagnanti
Una formazione lacustre o palustre si costituisce quando in una depressione morfologica l’afflusso idrico è superiore o pari al deflusso idrico.
L’afflusso è dovuto alle precipitazioni e a uno o più immissari.
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Il deflusso può avvenire
- per vie sotterranee se il fondo lacustre o palustre è permeabile,
- a mezzo di uno o più emissari,
- per evaporazione.
L’ immissario rappresenta il corso d’acqua che forma una formazione lacustre o palustre.
L’ emissario è, ove esiste, il corso d’acqua che fa defluire l’acqua lacustre o palustre.
Le acque lacustri
Le acque lacustri (dal latino lacus, lago) riguardano i laghi e gli stagni, raccolte di acque all’interno delle terre emerse di cui ne rappresentano l’ 1,8%, non visibilmente fluenti, con grandezze variabili da qualche centinaio a qualche migliaio
di metri quadrati per gli stagni, da un migliaio di metri quadrati fino a centinaia
di migliaia di chilometri quadrati per i laghi.
I laghi sono generati da acque di scorrimento superficiale o da acque sotterranee che si raccolgono estesamente sulla superficie terrestre.
Gli stagni, di dimensioni limitate, hanno acque fotiche, ovvero penetrate dalla
luce (penetrazione della luce, tuttavia, riferita anche alla trasparenza dell’acqua), e,
pertanto, con profondità massima di poche decine di metri.
I laghi e gli stagni possono essere permanenti ed effimeri, di montagna, di vallata, di piano.
Le acque lacustre sono
- di origine tettonica,
- “
“
vulcanica,
- “
“
da frane,
- “
“
glaciale,
- originate da processi carsici,
- “
“
“
fluviali,
- “
“
“
eolici,
- “
“
“
litoranei,
- “
“ fenomeni periglaciali,
- “
“ attività di organismi,
- “
“
“
umana.
Le cause climatiche e di altitudine influenzano notevolmente la costituzione idrobiologia dei laghi e degli stagni.
Inoltre i fattori idrologici e geologici distinguono
- i laghi e gli stagni permanenti di clima umido, la qual cosa non significa
una loro vita lunga dal punto di vista geologico poiché gli invasi si riempiono prima o poi di sedimenti,
- i laghi e gli stagni effimeri di clima secco in zone desertiche .
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Dal punto di vista geologico la loro origine è piuttosto recente, ovvero gli stagni si sono generati da poche centinaia di anni, i laghi sono generalmente di origine postglaciale.
Il lago si estingue col tempo attraverso un progressivo interramento determinato da immissioni nel bacino di materiali erosi a monte, i quali vi sedimentano.
La salinità classifica
- i laghi di acqua dolce con salinità da 0,3 a 1,0 per mille,
- “ “ “ “ salmastra “
“
“ 1 “ 24,7 “ “ ,
-“ “ “ “
salata “
“
“ > di 24,7 “ “ .
Per i laghi il vento, le variazioni di temperatura e di pressione atmosferica
determinano, non solo i moti ondosi e di scorrimento delle acque, ma anche il
fenomeno delle sesse (forse da sessar, rinculare, voce dialettale lombarda) che identificano oscillazioni della massa dell’acqua che rimane statica, tipo basculamento,
per cui questa si alza su una riva e si abbassa su quella opposta.
Le acque palustri
Le paludi (dal latino palus, palude) sono aree depresse, più o meno estese, acquitrinose, ovvero aree dove ristagnano acque poco profonde, non sempre riducenti, con
fondali melmosi contenenti resti di organismi animali o vegetali in decomposizione.
Il flusso idrico deriva in genere dai fiumi, dalle precipitazioni, dal mare per le paludi litoranee.
Il deflusso, quasi inesistente, avviene in genere per evaporazione o per lenta
infiltrazione sotterranea delle acque.
Nelle zone palustri vive una vegetazione tipica, costituita da giuncacee, graminacee, ciparacee, tifacee, le quali emergono dalle acque con i loro fusti e chiome.
Spesso nelle paludi si formano torbiere
Riferimenti bibliografici: R.P.Ambroggi, 1977, 1980; Atti Conv. Bojano, 1991; J.W.Mauritys,
1996; J.P. Peixoto et alii, 1983 ; E.Tabacco,1983a, 1983 b.
Le vedute dell’ecologia
L’Ecologia (dal greco oicos, ambiente, e logos, discorso) studia i rapporti tra viventi e ambienti di vita.
Dal punto di vista ecologico le acque continentali o acque interne formano biotopi isolati in mezzo all’ambiente terrestre da cui, tuttavia, dipendono per qualche
aspetto; possono essere distinte nelle unità naturali
- acque di ecosistemi lotici,
- acque di ecosistemi lentici.
Le colonizzazioni di ambedue gli ecosistemi interessano, tutti o in parte, il benthos, il plancton, il necton e il neuston.
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Il benthos (dal greco benthos, fondale) è la fauna acquatica che vive sul fondo e si distingue in endofauna se vive sotto la superficie del fondale, epifauna se vive sulla superficie del fondale.
L’epifauna a sua volta comprende
- la fauna fissile se vive fissata al fondo,
- la fauna sessile se vive sul fondo con piccoli spostamenti,
- la fauna vagile se cammina sul fondo.
Il plancton (dal greco planctos, errante) è l’insieme di organismi acquatici, zooplanctonici e fitoplanctonici, che non hanno rapporto col fondo.
Il limnoplancton è dei laghi, il potamoplancton è dei fiumi.
Il necton (dal greco nectos, nuotante) è costituito da organismi acquatici dotati di mezzi per muoversi.
Il neuston (dal greco neustos, natante) è il complesso di organismi piccoli o piccolissimi che vivono sulla
superficie dell’acqua o appena sotto o sopra di essa.
Gli ecosistemi lotici, riguardano le acque correnti, ovvero le sorgenti, i fiumi,
i ruscelli, i rigagnoli, i torrenti; gli ecosistemi lentici, si riferiscono alle acque stagnanti, ovvero ai laghi e stagni, alle paludi, alle torbiere, alle raccolte astatiche.
Lotico, dal latino lotus, lavato.
Lentico, dal latino lenis, calmo.
Le Pozze astatiche (dal latino status, che sta, in equilibrio, e a, privativa) sono piccole raccolte di acqua
Nelle acque continentali i sali disciolti variano da 0 a 0,5 g./ litro.
I sali fondamentali sono carbonati, solfati e cloruri, mentre gli ioni positivi più importanti sono
- calcio (Ca), pari al 64%,
- magnesio (Mg), pari al 17%,
- sodio(Na), pari al 16%,
- potassio (K), pari al 3%.
La somma di questi ioni, escluso gli ioni idrogeno +, costituisce la durezza dell’acqua che può essere riferita
- al carbonato di calcio (CaCo3) nel qual caso la durezza è temporanea poichè si elimina
con la bollitura,
- ai solfuri e cloruri nel qual caso la durezza è permanente.
Nelle acque correnti, inoltre, è possibile distinguere
- le acque molli se la concentrazione di carbonato di calcio è meno di 9 g/litro,
- le acque medie se la concentrazione di carbonato di calcio è da 9 a 25 g/litro,
- le acque dure se la concentrazione è superiore a 25 g/litro.
Nelle acque correnti, ancora, si devono considerare la temperatura e l’acidità, le quali cose possono
influenzare la vita e la distribuzione di organismi che ivi vivono
Ecosistemi lotici
I sistemi ecologici lotici riguardano una notevole quantità di unità idrologiche,
dalle scaturigini nei vari tipi di acque fluenti ai deflussi idrici, ambedue sedi di
organismi reofili, ovvero abitatori di detti sistemi.
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Le sorgenti
Le acque della circolazione sotterranea formano le sorgenti quando scaturiscono in superficie in modo naturale.
Le sorgenti, studiate dalla Crenologia (dal greco crene, sorgente, e logos, discorso), si definiscono
- reocrene (dal greco reos, flusso, corrente, e crene, sorgente) se formano subito ruscelli,
- limnocrene (dal greco limne, stagno, lago, e crene, sorgente) se originano bacini da cui escono ruscelli,
- eleocrene (dal greco eleos, palude, e crene, sorgente) se generano il ristagno
dell’acqua, ovvero aree paludose.
Una sorgente può essere perenne, semiperenne, effimera, carsica, sottomarina, subfluviale, termale, termominerale.
Le acque giovanili provengono dall’interno della litosfera e si formano per dissociazione di minerali e
combinazione di Idrogeno e Ossigeno.
Nelle acque di sorgente vivono i Crenobi (dal greco crene, sorgente, e bios, vita),
organismi, in genere, di acqua fredda, quali Planarie, Gasteropodi, Crostacei, Insetti.
Le sorgenti d’acqua termale ospitano organismi termofili, quali batteri, alghe,
protozoi.
Nelle sorgenti minerali ( acide, alcaline, a cloruri, solfidriche, arsenicali, ecc.)
vivono Oligocheti, Crostacei, Ditteri, ecc..
I corsi d’acqua
Negli ecosistemi lotici i corsi d’acqua (fiumi, torrenti) rivestono grande importanza sia per la loro notevole prevalenza tra le acque continentali, sia per la loro
singolare biologia, sia per i rilevanti vantaggi che offrono all’ insediamento umano.
Per una buona comprensione delle caratteristiche dei corsi d’acqua di seguito
se ne descrivono brevemente gli elementi essenziali, facendo presente che una loro
classificazione in gruppi e divisione di ciascuno in settori sono convenzionali poichè le acque correnti iniziano il loro deflusso verso il basso attraverso i rivoli che si
convogliano in ruscelli che formano un fiume di dimensioni sempre crescenti,
distinto in un corso superiore, un corso medio e un corso inferiore, ognuno riconoscibile secondo proprie caratteristiche.
La corrente, che identifica l’energia della massa d’acqua defluente, è il fattore caratterizzante un corso d’acqua. Il gradiente dell’energia del mezzo distingue
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essenzialmente zone di rapida e zone di pozza o di quiete, condizionando la colonizzazione degli organismi potamonici.
In una zona di rapida il corso d’acqua è caratterizzato da
- elevata velocità ,
- basse temperature,
- fondali con ciottoli e ghiaie,
- colonizzazioni Algali Epilitiche che rivestono ciottoli e rocce,
- colonizzazioni faunistiche resistenti alla corrente forte (animali fissati ad
un substrato a mezzo di uncini, chele e ventose, con dimensioni ridotte e
corpi appiattiti, viventi sotto sassi e zone riparate; Salmonidi ed altri pesci
resistenti all’energia del mezzo; larve e ninfe di Efemerotteri, Plecotteri,
Tricotteri, ecc.).
Nella zona di pozza del corso d’acqua
- la profondità è maggiore di quella della zona di rapida,
- l’energia del mezzo è ridotta per cui le acque sono abbastanza calme,
- i sedimenti sono costituiti essenzialmente da sabbie e fanghi,
- la colonizzazione bentonica è distinta da endofauna ed epifauna con la presenza anche di Oligocheti, Crostacei e larve di Chironomidi e Effemeridi,
- il fitobentos è costituito anche da piante con apparato radicale notevole,
- la fauna e la flora sono abbastanza simili a quelle dei laghi,
- il plancton è scarso nei corsi d’acqua piccoli, abbondante in quelli grandi,
- il necton è costituito, tra l’altro, da pesci Catadromi e Salmonidi tra i quali
sono presenti Salmo trutta e le sottospecie
- S. trutta trutta,
- S. trutta lacustris,
- S.trutta fario,
- S.trutta carpia,
- S.trutta gairdnerii,
- S.trutta irideus;
e inoltre
- Salvelinus apin,
- Thymallus thimallus;
dai generi Corex, Esox, Chondrostoma, Gobio, Cyprinus, Carassius, Scardinus,
Leuciscus, Alburnus, Tinca, Barbus, Ictalurus, Gambusia, Gasterosteus, Perca,
Lepomis;
dai generi Petromyzon, Lampreda;
- il neuston è abbastanza simile a quello dei laghi e stagni di cui si parlerà
più avanti.
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Ecosistemi lentici
Le acque dei sistemi ecologici lentici presentano una notevole variabilità nelle
unità e tra le unità, specialmente se riferita alla ossigenazione bassa e non uniforme e alla presenza di stratificazione termica e chimica.
Laghi e stagni, paludi e torbiere, a parte le raccolte astatiche, si formano, come
già precisato, quando vi sono contropendenze morfologiche; derivano da corsi
d’acqua e precipitazioni, dal mare se si tratta di acque stagnanti litoranee.
Come ecosistemi biologici sono studiati dalla limnologia biologica.
I laghi e gli stagni
I laghi, sparsi in tutti i continenti, sono raccolte di acque all’interno delle terre
emerse, con grandezze variabili fino a migliaia di chilometri quadrati.
Gli stagni, di dimensioni limitate, hanno acque fotiche, ovvero penetrate dalla
luce (penetrazione della luce, tuttavia, riferita anche alla trasparenza dell’acqua),
con profondità massima di poche decine di metri.
Tra lago e stagno non vi è una distinzione precisa. Tuttavia un lago mantiene al suo centro una zona libera da vegetazione emergente e una profondità
notevole; uno stagno presenta zone libere e zone coperte da vegetazione che
emerge.
Altra distinzione viene effettuata secondo il regine termico. I laghi hanno stratificazione termica, gli stagni non presentano questo carattere.
Anche per gli stagni valgono le altre medesime valutazioni operate per i laghi.
Le cause climatiche e di altitudine influenzano notevolmente la costituzione
idrobiologica dei laghi e degli stagni.
Gli stati termici relativi alle due entità determinano lo sviluppo degli organismi nelle tre zone
- la superiore più calda, epilimnion, ossigenata e piena di organismi,
- l’intermedia, metalimnion, zona del plancton,
- l’inferiore, ipolimnion, zona delle acque stagnanti.
Dal punto di vista chimico e biologico i laghi possono essere
- oligostrofici se ricchi di ossigeno ma scarsi di sostanze nutritive e di plancton,
- eutrofici se poveri di ossigeno, ma ricche di sostanze nutritive e di plancton,
- distrofici se privi di ossigeno e sostanze nutritive.
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I prefissi epi, meta e ipo, dal greco, significano rispettivamente sopra, medio e sotto; limnion, dal
greco limne, significa lago.
I prefissi oligos, eu e dis, dal greco, significano rispettivamente scarso, bene o buono, privo; trophos, dal greco, significa nutrimento.
I biotopi sono unitari, omogenei e di piccola estensione.
Come per il mare, anche per i laghi si rilevano biozone, ovvero
- organismi della zona litoranea,
- “
“
“ sublitoranea,
- “
“
“ profonda,
- “
“
“ neritica,
- “
“
“ pelagica.
Inoltre il lago presenta un
- benthos di endofauna e di epifauna, con Poriferi, Idrozoi, Platelminti,
Nematodi, Rotiferi, Oligocheti, Irudinei, Tardigradi, Crostacei, Insetti,
Molluschi, Briozoi; pesci Ciprinidi, Lucci e Anguille; Anfibi;
- plankton, ricco di fitoplancton (Diatomee, Alghe azzurre, Alghe verdi), di
zooplancton (Protozoi, Rotiferi, Cladoceri, Copepodi;
- necton che comprende organismi nuot atori e predatori con Salmonidi (coregoni e trote), Clupeidi, Aterinidi;
- neuston costituito da animali che vivono sul pelo dell’acqua sfruttandone
la tensione superficiale (tensioattivi umidi e tensioattivi secchi), quali
Emitteri, Coleotteri, Collemboli e Ragni; da animali che vivono appena sotto
la superficie dell’acqua, quali Protozoi, Idrozoi, Turbellari, Cladoceri,
Ostracodi, larve di Ditteri;
- periphyton costituito da piccoli animali e organismi microscopici che
vivono fissati sulla vegetazione sommersa, rappresentati da Alghe, Protozoi,
Celenterati ;
- psammon o fauna interstiziale, ovvero quella che vive tra sabbia e ciottoli, costituita da Archianellidi, Rotiferi, Sincaridi, Termostenacei, Anfipodi,
Idrocarini;
- seston costituito dal complesso di materiali inorganici come sabbia e argilla colloidale e di organismi, vivi o morti, in sospensione nell’acqua.
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Le paludi
Nel quadro delle acque lentiche le paludi hanno caratteristiche molto singolari:
- le acque ristagnano e sono in genere poco profonde;
- i fondali sono melmosi e contengono notevoli resti organici in decomposizione;
- il bacino è soggetto a notevoli prosciugamenti durante i mesi estivi;
- le variazioni stagionali sono molto evidenti;
- le variazioni spaziali determinano una eterogeneità di biozone sia per la
vegetazione (sommersa ed emersa), sia per la fauna.
Nelle paludi vive una vegetazione tipica, costituita da Giuncacee, Graminacee,
Ciparacee, Tifacee, le quali emergono dalle acque con i loro fusti e chiome.
Tra le biozone a vegetali sono presenti quelle a Carex, a Phragmites, a Scirpus, a
Nuphar, a Potamogeton .
La fauna è in genere associata alla vegetazione sommersa ed emersa.
La fauna sommersa è distinta, tra l’altro, da Odonati, Tricotteri, Coleotteri,
Oligocheti, Molluschi (Planorbis, Linacea).
La fauna emersa comprende Ragni, Insetti e Molluschi terrestri.
Le torbiere
Le torbiere sono estensioni di acqua simili alle paludi, frequenti in regioni fredde, dove si forma la torba; sono distinte da fondali saturi di acqua generalmente
male ossigenata.
Una torbiera è in genere costituita da una depressione con raccolta di acque ed
accumulo con carbonizzazione di resti vegetali in genere, ma si può formare anche
per accumulo in elevazione con relativa carbonizzazione di resti vegetali dove l’acqua è trattenuta per capillarità.
La Torba (forse dal tedesco turba, zolla, gleba fossile) è un carbone fossile di recente formazione dovuta
alla carbonizzazione di resti vegetali quali Briofiti, genere Sphagnum (torbiere di laguna), erbe,
canne e giunchi (torbiere di prateria), rami, rametti e foglie di piante (torbiere di foresta), alghe
(torbiere di marina), eriche (torbiere di brughiera).
I resti di Sfagni, colonizzatori delle paludi, si accumulano in spessori notevoli anche per secoli, con scarsa decomposizione per l’ambiente acido che generano.
Gli sfagneti sono interessanti anche perché conservano, a causa del loro ambiente acido, i granuli di polline portati dal vento.
Oggi, analizzando questi pollini fossili, si ha la possibilità di ricostruire antichi ambienti vegetali.
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Ecosistemi lentici
Esempi di acque da precipitazione meteorica in Raccolte astatiche
Pozza stagionale (tardo autunno, inverno, primavera) con ristagno di acqua
I puntini neri della foto identificano individui di Cladoceri nectonici. (Zona pedemontana del Matese)
Calici di Iris ripieni di acqua meteorica, considerati come piccoli acquari stagionali (autunno, primavera) dove vivono vari microrganismi. (Zona pedemontana del Matese, giardino privato)
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Le torbiere possono essere
- acide (ph= 3,5-4) ricche di materiali organici, costituite da acque pluviali, con presenza di Rotiferi, Cladoceri, Copepodi, Micorrize e Droseracee, che
mancano se vi è un forte accumulo di acidi umici,
- calcaree (ph = 7-7,5 per la presenza di ioni calcio) costituite in depressioni da acque permanenti su substrato calcareo, con organismi di Piperacee,
Graminacee, Artropodi e piccoli Invertebrati.
Le raccolte astatiche
Le astatiche sono raccolte o pozze stagionali, instabili di acqua stagnante, le
quali si disseccano d’estate e durante i tempi asciutti; identificano pozzanghere, cisterne, conche naturali, cavità di talune piante; sono formate da acque
meteoriche.
Nelle pozze si rinvengono Ostracodi, Copepodi, Anostraci, Notostraci, Concostraci,
Cladoceri, larve acquatiche di Insetti.
Le cavità di certe piante, ad esempio le Nepenti e le Bromeliacee, possono essere
considerate come veri e propri acquari.
Riferimenti bibliografici: L. Bullini et alii, 1998; C.Cappelletti, 1975, G.Colosi, 1967;
C.Conci, M.Torchio, 1961; C.Conci e C.Nielsen, 1956; V.D’Ancona, 1965; R.Despax,
1951; E. Dottrens, 1951; M.Grandi, 1960; Illies, 1966; A.Servadei, 1967; E. Tortonese
et alii, 1968.
Le acque sotterranee
Considerazioni
Le acque sotterranee sono costituite
- da un buon terzo delle acque di precipitazione che penetrano nel sottosuolo
attraverso i terreni e le rocce permeabili (circa 8,4 milioni di km3/anno),
- dalla condensazione di vapore acqueo esistente nel sottosuolo,
- dalle acque giovanili che derivano dalla decomposizione chimica di minerali del sottosuolo.
Queste acque formano grandi serbatoi naturali del sottosuolo dove hanno un
deflusso lento.
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La residenza delle risorse idriche nel sottosuolo varia nel tempo:
- da giorni a pochi mesi nei serbatoi calcarei,
- da alcune settimane a qualche mese negli alvei ghiaiosi dei fiumi,
- da qualche mese a qualche anno nei depositi alluvionali,
- da qualche anno a qualche decennio nelle falde acquifere non delimitate,
- da qualche decennio fino a qualche millennio nelle falde acquifere
delimitate.
Secondo una stima di R.P.Ambroggi (1977) la quantità di acqua sotterranea in
ciclo, comprensiva di acque di infiltrazione, di condensazione e giovanili, si aggira sui 11.000 milioni di km3.
Aristotele, grande naturalista greco, diceva che le acque sotterranee erano formate da aria sotterranea
trasformata in acqua. Ipse dixit e tale convinzione durò fino al secolo XVIII, nonostante Pollione
Vitruvio (secolo 1 a.C.) prima, Dante Alighieri (1265-1321) e Leonardo da Vinci (1452-1518)
poi avessero compreso la loro vera natura.
La penetrazione delle acque di precipitazione nel sottosuolo è regolata dal
grado di permeabilità all’acqua dei suoli e delle rocce del sottosuolo.
La permeabilità, proprietà dei suoli e delle rocce di essere attraversate dall’acqua, identifica la porosità di questi.
Suoli e rocce vengono, pertanto, distinti in
- impermeabili se non si lasciano attraversare facilmente dall’acqua, come le argille, le
rocce a matrice argillosa (marne, loess, ecc.), graniti e gneiss,
- permeabili se si lasciano attraversare dall’acqua, come le sabbie e le ghiaie, i calcari, le dolomie, i gessi, il salgemma, ecc.
L’acqua che penetra nel sottosuolo scende sempre più giù per effetto della gravità, attraverso la porosità, le fessurazioni e l’inclinazione degli strati delle rocce,
fino a che non trova uno strato di terreno o roccia impermeabile o poco permeabile su cui ristagna con scorrimento ridotto generando la falda idrica che se affiora da luogo a sorgenti.
Falda, dal gotico falda, significa piega.
La falda idrica identifica l’acqua sotterranea che imbeve gli strati di terreno permeabile sovrapposto a
uno strato impermeabile.
La falda freatica (dal greco freatos, pozzo) è la falda idrica non sottoposta a terreno impermeabile.
La Freatologia ( da freatos, pozzo, e logos, discorso) studia i problemi tecnici e scientifici delle acque
freatiche.
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L’acqua freatica è l’acqua sotterranea che si deposita su uno strato di terreno impermeabile a seguito di
infiltrazione di acqua piovana attraverso il terreno poroso sovrastante.
La falda freatica identifica lo strato acquifero non sottoposto a strato impermeabile.La falda libera è
sinonimo di falda freatica.
La falda captiva è compresa tra strati impermeabili.
La falda artesiana (da Artois, contea francese dove nel secolo XII furono realizzati i primi pozzi) è una
falda captiva che scorre come una condotta forzata.
I pozzi artesiani attingono dalla falda artesiana da cui l’acqua sale naturalmente fino all’altezza
della pressione idrostatica.
Il livello piezometrico è il livello raggiunto dall’acqua di una falda artesiana per la pressione cui è
sottoposta.
Il livello piezometrico è negativo se l’acqua rimane sotto la superficie topografica, è positivo se l’acqua
zampilla sopra la superficie topografica.
Il piezometro (dal greco piezo, pressione, e metros, misura) è un apparecchio che valuta il coefficiente
di compressione di un liquido. Il piezometro dell’acqua misura pressioni inferiori a 0,2-0,3 kg/cm2.
La frangia capillare è l’acqua che riveste, come una pellicola, granuli del terreno permeabile.
La zona di saturazione è sotto la frangia capillare.
La zona di aerazione è sopra la frangia capillare.
La zona di evaporazione è sopra quella di aerazione.
Nelle rocce permeabili la falda freatica raggiunge anche migliaia di metri di spessore.
Il livello freatico è l’altezza raggiunta dalla falda freatica variabile con le stagioni e gli anni ed è
in funzione delle vicende meteorologiche, ovvero
- si alza nei periodi piovosi e/o di fusione delle nevi,
- si abbassa nei periodi di siccità e di freddo.
Tra i due livelli si rileva la zona di oscillazione.
Il ciclo freatico è l’intervallo di tempo tra l’innalzamento e l’abbassamento delle acque.
Tra il ciclo freatico e il regime dei fiumi esiste una relazione:
- se il livello superficiale è inferiore a quello della falda l’alveo fluviale è in drenaggio,
- se i due livelli si equivalgono non si hanno influenze reciproche,
- se la falda è a livello inferiore questa è alimentata da acque esterne.
Nelle pianure alluvionali si alternano strati di sedimenti ghiaiosi a strati di sedimenti sabbiosi e limosi, generando falde sovrapposte delle quali è libera soltanto quella sotto il suolo, le altre sono profonde.
Le acque meteoriche quando si infiltrano nel sottosuolo subiscono delle modificazioni nel loro chimismo.
Nei primi centimetri di suolo, ad esempio, l’acqua si arricchisce di anidride
carbonica CO2 e perde O2 a causa dell’attività batterica che degrada la sostanza
organica presente.
Si ha inoltre la lisciviazione dei carbonati, se presenti, che si trasformano in bicarbonati.
Le acque sotterranee
- quando riemergono attraverso le sorgenti, hanno caratteristiche chimiche
ben diverse da quelle di infiltrazione,
- esercitano azione di erosione del sottosuolo;
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- dissolvono i minerali delle rocce e terreni del sottosuolo dando luogo a sorgenti minerali;
- oppure, attraversando zone profonde, si riscaldano per il calore interno del
sottosuolo profondo, dando luogo a sorgenti termali.
I serbatoi sotterranei naturali hanno la funzione di accumulare ed eventualmente di rifornire acqua.
Il rifornimento considera gli scavi di pozzi per attingere acqua; l’accumulo prevede la necessità di ricaricare i serbatoi con l’immissione artificiale o naturale dal
ciclo idrologico.
Fino a qualche decennio fa solo 1200 km3 di acqua/annui per usi umani provenivano dall’ emungimento di falde freatiche.
Oggi una migliore conoscenza delle risorse idriche sotterranee ha consentito di attingere acqua dai serbatoi sotterranei in modo più abbondante e razionale. L’impoverimento progressivo della falda freatica può essere colmato con
una oculata politica di gestione e considerando che la ricarica naturale, ovvero
quella effettuata a mezzo di infiltrazione di acqua di precipitazione, è un fatto
di attesa.
La statistica prevede che precipitazioni più o meno abbondanti accadono ogni
12-15 anni.
E’ sufficiente una precipitazione abbondante per colmare l’impoverimento
della falda il cui livello sia sceso di 10-20 metri; ed è sufficiente una buona
gestione di “emungimento” per non creare allarmanti diminuizioni del livello
freatico.
(Da R.P.Ambroggi, 1977; 1980).
Le falde artesiane. I fontanili
Una falda idrica, compresa e compressa tra due strati di terreno impermeabile,
scorre come una condotta di acqua forzata denominata falda artesiana, la cui importanza nell’utilizzo delle acque sotterranee è di grande attualità per i noti problemi
di approvvigionamento idrico causati dalla crescita dei consumi.
I pozzi artesiani (da Artois in Francia dove per la prima volta furono adottati),
noti in Italia come pozzi modenesi, poiché molto diffusi nel Modenese, attingono
acqua dalla falda artesiana fino all’altezza della pressione idrostatica.
Più precisamente l’acqua sgorga naturalmente se la pressione idrostatica supera il livello topografico, può essere emunta se la pressione idrostatica è sotto il
livello topografico.
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Conoide di deiezione o conoide alluvionale:
fontanili e pozzo artesiano
ghiaie e sabbie permeabili
falda artesiana
argille impermeabili
fontanili
strati impermeabili
strato permeabili
pozzo artesiano
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falda artesiana
Nelle conoidi di deiezioni ed in quelle alluvionali la falda freatica presenta le
medesime caratteristiche della falda artesiana, ovvero
- verso monte tende a scendere in profondità per il notevole spessore dei
sedimenti grossolani alluvionali permeabili,
- verso la fronte del conoide tende ad emergere perché i sedimenti di letto
diventano sottili e quindi meno permeabili.
Al limite della zona dei sedimenti sottili emergono parte delle acque che si
accumulano come falda artesiana nella zona dei sedimenti grossolani alluvionali
permeabili dell’ alto conoide.
La zona delle emersioni è denominata zone delle sorgive o fascia dei fontanili
dove le acque
- possono sgorgare naturalmente,
- possono sgorgare artificialmente.
In questo secondo caso la superficie topografica è sopra il pelo della falda per
cui è necessario scavare una testa di fontanile da cui poter attingere acqua.
Le acque sotterranee nei massicci carbonatici
Il paesaggio più comune dell’Italia peninsulare è dominato in genere dal carsismo che interessa la maggior parte dei Monti Appenninici, cioè quelli costituiti
essenzialmente da rocce carbonatiche mesozoiche e cenozoiche pro parte.
I componenti principali delle rocce carbonatiche o calcaree sono
- la calcite, Ca CO3,
- la dolomite, CaMg (CO3)2,
ambedue soggette a dissoluzione chimica, sia pure con sequenzialità ed intensità
diverse. Tale dissoluzione causa l’erosione dei calcari con la formazione del paesaggio carsico.
La dissoluzione dei calcari e la conseguente formazione del paesaggio carsico si
verificano a condizione che vi siano abbondanti precipitazioni meteoriche.
Il paesaggio carsico è generato dal Carsismo, da Carso (radice indoeuropea Kar, roccia, pietra)
altopiano tra l’Italia e la Croazia, costituito da rocce calcaree, dove è tipico il fenomeno della dissoluzione chimica del carbonato di calcio
Il calcio, Ca, di cui è composto il calcare, proviene dalla decomposizione dei silicati calcici delle rocce
magmatiche e metamorfiche.
La formazione del carbonato di calcio, CaCO3, può avvenire per via chimica e per via biochimica.
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Per via chimica, ad esempio, il processo di soluzione e di precipitazione del carbonato di calcio, Ca CO3,
può essere schematizzato nella seguente reazione
CO2
+
H2O
+
CaCO3
Ca (HCO3)2
in cui
CO2 = anidride carbonica,
H2O = acqua,
CaCO3 = carbonato di calcio insolubile,
Ca (HCO3)2 = bicarbonato di calcio solubile.
Per via biochimica la sintesi del carbonato di calcio, CaCO3, non perfettamente nota in tutti i suoi passaggi dalla biologia, avviene in parte attraverso la sua sintetizzazione,come nelle Alghe calcaree, nei
Foraminiferi, nei Molluschi tra cui le Rudiste, nei Coralli, Echinodermi, Brachiopodi,
Spongiari, Crostacei, Anellidi, Briozoi.
I calcari di origine biochimica sono denominati anche calcari organogeni.
Il fenomeno della carsificazione interessa la roccia carbonatica sia nella sua tessitura porosa, sia nella sua struttura dei piani di stratificazione e di fatturazione,
attraverso le quali l’acqua penetra generando le varie forme del sistema carsico.
La carsificazione accentuata genera
- assenza di idrografia superficiale, limitata talora a brevi torrenti e fiumi,
- abbondanza di cavità sotterranee, studiate dalla Speleologia.
La Speleologia (dal greco speleion, spelonca, grotta, e logos, discorso) studia le cavità sotterranee
naturali, la loro origine (speleogenesi), i fenomeni fisici e biologici a loro connessi.
La speleogenesi, formazione delle grotte, è causata dall’azione
- della dissoluzione dei calcari effettuata dall’acqua,
- dell’acqua che sui fondali dei corsi d’acqua sotterranei deposita ghiaie, sabbie, argille,
- della gravità che determina il crollo delle pareti e volte delle cavità, formando detriti sul
fondo delle caverne.
Le forme carsiche
Il paesaggio carsico risulta costituito da forme di superficie e forme sotterranee.
Le forme di superficie o epigee sono numerosissime. Tra esse si rilevano:
- i karren liberi, particolari “sculture” su roccia senza copertura di suolo,
generate dall’erosione,
- i karren semiliberi, cavità chiuse subcircolari, generate sotto l’acqua, generalmente stagnante,
- i karren coperti, forme arrotondate varie, generate sottocopertura di suolo.
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Alcuni karren.
Karren liberi: scanalature, impronte, solchi o docce.
Karren semiliberi : vaschette di corrosione.
Karren coperti : vari tipi di scanalature.
Altre forme carsiche di superficie :
- le doline che identificano depressioni rotondeggianti od ovali, con orlo
sinuoso da qualche decametro a qualche ettometro, generate dalla dissoluzione superficiale, o dal cedimento di strati, o dal modellamento delle
acque per inabissamento (inghiottitoio),
- le uvale che sono formazioni dove si fondono più doline in una unica
depressione,
- i polje, depressioni larghe da qualche ettometro a decina di chilometri,
- gli hum, masse rocciose isolate,
- i canyons, o forre, valloni dalle pareti scoscese,
- le valli cieche e le valli morte generate dalla carsificazione di valli fluviali, rispettivamente senza corso d’acqua e con corso d’acqua senza foce superficiale.
Le forme sotterranee
L’acqua di circolazione sotterranea genera nei rilievi calcarei una quantità di cavità sotterranee isolate o comunicanti per mezzo di condotti anche a forma di sifoni.
Le forme di accumulo possono formare stalattiti pendenti dalla volta delle
grotte, stalagmiti ergenti dal suolo delle grotte.
Alcune cavità:
- suborizzontali o gallerie,
- con asse di allungamento inclinato,
- subverticali, quali pozzi o abissi,
- prive di acqua,
- con acqua (le cavità possono diventare temporaneamente asciutte o inondate).
La circolazione idrica del sottosuolo
Tutta la circolazione idrica del sottosuolo viene raffigurata in un reticolo idrografico molto complicato.
Il carsologo J.Cvijic (1960, opera postuma) distingue un sistema idrico carsico
in tre zone principali (vedere figura e spiegazioni nella pagina seguente per maggiori dettagli).
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Sistema carsico in un rilievo carbonatico visto in sezione longitudinale
corrosioni (karren)
zona superficiale di
percolazione
dolina
fessurazioni carsiche
zona di percolazione
cavità, pozzi,
depositi di crollo,
gallerie, cascate
zona di percolazione
e concentrazione
di acqua
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laghetti
zona freatica di
dissoluzione profonda
condotte in pressione
zona di imbibizione
La prima comprende una zona di percolazione superficiale dove l’acqua è presente
solo durante le precipitazioni.
La seconda distingue una zona di percolazione del sottosuolo la quale in periodi secchi somiglia più alla zona di percolazione superficiale, in periodi umidi somiglia a
quella della zona inferiore.
La terza è quella della zona freatica che comprende l’acqua di fondo permanente, la quale, quando risiede in un sistema di condotti in pressione, assume un
livello di pressione idrostatica.
Tali condotti si generano sempre in corrispondenza di piani di stratificazione,
faglie e diaclasi.
I piani di stratificazione sono le giunture naturali in una successione stratigrafica.
Le faglie sono rotture più o meno estese della crosta terrestre.
Le diaclasi sono piccole rotture parallepoidi in una roccia metamorfica.
Le tre zone distinguono, inoltre, una gerarchizzazione del sistema carsico come
già sommariamente descritto, riportato nella figura suindicata.
Le sorgenti sono in genere alimentate dall’acqua di fondo.
In certe particolari condizioni si possono generare anche sorgenti alimentate
dall’acqua di percolazione della seconda zona.
Un corso d’acqua sotterraneo può presentare
- una diffluenza , ovvero una ramificazione del corso che da origine a più sorgenti,
- gli incroci di circolazione se l’acqua defluente è situata a più livelli,
- le controtendenze che comportano la risalita dell’acqua la quale va in pressione.
In un sistema carsico il livello di base carsico è il livello di emergenza dell’acqua,
ovvero il livello più basso che l’acqua può raggiungere nel contesto carsico.
Le correnti idriche hanno una loro velocità di deflusso distinta
- per le condotte da 100 m a 1000 m l’ora,
- per le fessure da 1 m a 10 m l’ora.
Il paesaggio carsico
I massicci calcarei presentano ognuno un proprio sistema carsico che, legato
essenzialmente a fattori geologici, geomorfologici, climatici, biologici, si identifica in singolari strutture e forme superficiali e sotterranee.
Il paesaggio carsico superficiale è modellato dai fattori suaccennati e da un
insieme di forme di tipo tectocarsico (scarpate di faglie, flessure ecc.), fluviocarsico
(forme scavate dal deflusso idrico), glaciocarsico (escavazioni, karren, ecc.).
Il paesaggio carsico sotterraneo identifica pozzi, condotte, gallerie, cascate, ecc.
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Cenni sull’ ecologia dell’ipogeo
Il dominio ipogeo, costituito da organismi adattati a vivere nel sottosuolo, comprende una serie di ambienti ecologici del sistema carsico:
- ambiente cavernicolo,
- ambiente freatico,
- ambiente edafico,
- ambiente delle microcaverne,
- ambiente dei formicai e delle termiti,
- ambiente interstiziale,
- ambiente delle cavità artificiali,
- ambienti delle catacombe, condotte d’acqua, ecc.
In particolare l’ambiente cavernicolo, costituito da cavità naturali, è presente sia
nel suolo, sia nel sottosuolo, ed è abitato da un numero abbastanza considerevole
di organismi con adattamenti vari e complessi.
Tale ambiente è caratterizzato da tanti fattori fisici, quali, ad esempio,
- l’assenza di luce
- l’umidità elevata e abbastanza costante,
- la minima escursione termica.
Per il fattore luce una grotta è distinta in un ingresso comunicante con l’esterno, generalmente ombroso e umido, dove in genere vi cresce l’edera; una zona di
penombra colonizzata da muschi, epatiche e felci rupestri (generi Polypodium,
Asplenium, Adiantum), cianobatteri (generi Scytonema, Gloeocapsa, Phormidium); una
zona buia dove non sono presenti specie fotosintetiche.
Nelle cavità buie sono presenti fenomeni di bioluminescenza generata ad esempio
da centinaia o migliaia di larve di ditteri appese alla volta delle stesse cavità (genere
Arachnocampa), da coleotteri del genere Lychnocrepis, da funghi del genere Polyporus.
Gli organismi dell’ambiente cavernicolo sono carnivori, saprofagi, fungivori.
I Troglobi sono organismi specializzati a vivere nell’ambiente cavernicolo.
I Eutroglofili sono organismi meno specializzati a vivere nell’ambiente cavernicolo.
I Subtroglofili sono organismi che vivono in ambiente cavernicolo solo in certi periodi della loro vita.
I Trogloseni sono organismi che si trovano nell’ambiente cavernicolo solo occasionalmente.
Le specie cavernicole di invertebrati riguardano Protozoi, Poriferi, Celenterati, Turbellari,
Nemertini, Snellidi, Onicofori, Crostacei, Aracnidi, Diplopodi, Collemboli, Insetti, Gasteropodi e Bivalvi.
Le specie cavernicole di vertebrati sono Teleostei, Anfibi.
Tra gli uccelli cavernicoli sono le Salangane, i Guaciari, le rondini delle pietre.
Tra i mammiferi ospiti delle caverne troviamo Roditori, Pipistrelli.
Nel passato alcune caverne furono abitate anche dall’uomo.
Riferimenti bibliografici: G.B. Castiglioni, 1979; C. Cloud, 1983; I Gaus, 1973; F. Ricci
Lucchi, 1980; L. Trevisan, 1968.
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