costituzione repubblicana, concordato e divorzio

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Febbraio 1974
Concordato e divorzio
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COSTITUZIONE REPUBBLICANA,
CONCORDATO E DIVORZIO
di LUIGI ROSA
Il 6 dicembre 1973 la Corte costituzionale ha emesso due sentenze
(la n. 175 c la n. 176 - Anno 1973) riguardanti i rapporti tra lo Stato
ilaliano e la Chiesa caltolica in materia di matrimonio.
Su alcuni aspetti del complesso problema giuridico-politico i Giu·
dici della suprema Corle avevano, da ultimo, già avuto occasione di pronunciarsi due volte: il 24 febbraio 1971 con cinque decisioni (le sentenze n. 30, n. 31 e n. 32, e le ordinanze n. 33 e n. 34) e 1'8 luglio del medesimo anno con la sentenza n. 169.
Delle decisioni del 24 febbraio 1971, in questa rivista ci siamo occupati circa tre anni fa (1). Della sentenza n. 169 del 1971 e delle sentenze emesse il 6 dicembre scorso intendiamo trattare ora con alcune brevi annotazioni: riteniamo infatti di dovere ai lettori, insieme, e una obiettiva informazione sul contenuto dei tre documenti, e qualche chiarimento che consenta loro di comprendere con esattezza e di valutare
serenamente le tesi interpretative ufficialmente sostenute, in questi ultimi anni, dai nostri governanti (Parlamento, Governo, Corte costituzionale) a riguardo della disciplina del matrimonio c.d. «concordatario" e della legge 1• dicembre 1970, n. 898, istitutiva del divorzio.
1. Le tre sentenze della Corte costituzionale riguardanti Il matrimonio cc con·
cordatarlo " e Il divorzio.
Va preliminarmente osservato che le decisioni della Corte costituzionale, che vogliamo qui esaminare, fanno, tutte e tre, diretto riferimento, anche se sotto profili diversi, all'art. 34 del Concordato fra la
Santa Sede e l'Italia dell'l! febbraio 1929 (2) e alle norme per la sua
esecuzione nell'ordinamento italiano (art. l della legge 27 maggio 1929,
n. 810, nella parte in cui dà esecuzione all'art. 34 Conc., e legge 27 mag(l) L. RosA, La Corte costituzionale e il Concordato, In Aggiornamenti So·
cialt, (maggio) 1971, pp. 345-360, rubr. 703.
(2) L'art. 34 del Concordato dice:
« Lo Stato italtano, vo lendo ridonare all'istituto del matrimonio, che è base
della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, rico-
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gio 1929, n. 847: « Disposizioni per l'applicazione del Concordato dell'il
febbraio 1929 fra la Santa Sede e l'Italia, nella parte relativa al matrimonio»), e che la sentenza n. 169 del 1971 e la sentenza n. 176 del 1973
trattano in particolare della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge t- dicembre 1970, n. 898 («Nei casi in cui il matrimonio sia stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, il
giudice, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui
al successivo art. 4 [di questa legge], accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita
per l'esistenza di una della cause previste dall'art. 3, pronuncia la cessazione degli effetti civili conseguenti a lla trascrizione del matrimonio»).
A) La sentenza n . 169 del 1971 ha definito la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 delia legge istitutiva del divorzio nel suo
aspetto più sostanziale.
Il giudizio era stato promosso dal Tribunale di Siena con una ordinanza datata 20 aprile 1971.
Detto Tribunale, dopo aver sottolineato (3) che, «giusta l'opinione
della Corte di cassazione a sezioni unite (scnt. 12 marzo 1970, n. 635),
l'art. 34 del Concordato tra l'Italia e la Santa Sede ha inteso riconotLOsce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti
civili.
« Le pubblicazioni del matrimonio come sopra saranno effettuate, oltre che
nella chiesa parrocchiale, anche nella casa comunale.
« Subito dopo la celebrazione il parroco spiegherà ai coniugi gli effetti civili
del matrimonio, dando l ettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti
ed i dove•·i dei coniugi e redigerà L' atto del matrimonio, del quale entro cinque
giorni trasmett erà copia integrale al comune, aflinchè venga trascritto nei registri dello stato civile.
« Le cause concernenti La nullitcì del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato sono riservate alla competenza dei tribunali e dei d icasteri ecclesiastici.
« I provvedimenti e le sentenze relative, quando siano divenute definitive,
saranno portate al Supremo Tribunale deLla Segnatum, tl quale controllerà se
siano state rispettate le norme del diritto canonico relative alla competenza del
giudice, alla citazione e alla legi ttima rappresentanza o contumacia delle parti.
« I detti provvedimenti e sentenze d efinitive coi relativi decreti del Supremo
T ri bunale della Segnatura saranno tmsmessi alla Corte d'appello dello Stato
competente p er territorio, la quale, con ordinanze emesse in camera di consiglio,
li renderà esecutivi agli effetti civiLi ed ordinerà che siano annotati nei registri
dello stato civile a margine dell'atto di matrimonio.
« Quanto alle cause d i separazione personale, la Santa Sede consente che
siano giudicate dall' autorità giudiziaria civile ».
E l 'art. 7 d ella Costituzione itallana:
« Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
« I loro mpporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei
Patti, accettate dalle due part i, non richiedono procedimento di revisione costituzionale ».
(3) Citiamo dalla breve sintesi, che, delle argomentazioni svolte nell'ordinanza In questione, ha !atta la Corte costituzionale nella sua sentenza. Per Il testo
lntegrale dell'ordinanza stessa, v. Giurisprudenza italiana, vol. CXXIII (1971),
p. l, sez. II, colonne 677-690.
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scere all'interno dello Stato il matrimonio celebrato con il rito religioso, quale istituto disciplinato dal diritto canonico, cioè con il suo carat·
tere sacramentale indissolubile», aveva, tra l'altro, fatto osservare che:
a ) «L'art. 2 della legge n. 898 del 1970 è in contrasto con l'art. 7
della Costituzione, in relazione a i commi primo e quarto dell'art. 34
del Concordato anche sotto il p1·ofìlo del la violazione dell'obbligo, da
parte dello Stato italiano, di garantire irrevocabilmente la permanen·
za degli effetti civili del matrimonio celebrato con il rito religioso e
regolarmente trascritto».
b) I <<motivi di sospetta incostituzionalità » del suddetto art. 2
portano a concludere nel senso di «violazione dell'art. 7, comma secondo, e altresì dell'art. 138 della Costituzione, da parte della norma im·
pugnata, in quanto essa, implicando una modificazione dell'art. 34 del
Concorda to, non accettata dalle due parti contraenti, avrebbe richie·
sto l'adozione del procedimento di revisione costituzionale, previsto,
in linea generale, dall'art. 138 per ogni norma della Carta e, in linea
particolare, dall'art. 7, secondo comma, per qualsiasi modificazione dei
Patti Lateranensi [unilateralmente effettuata dallo Stato italiano) ».
c) « Se anche non si volesse considerare l'art 34 del Concordato,
assieme alle altre clausole di questo, come formante il contenuto del·
l'art. 7 [ ... ]. esso resterebbe pur sempre norma internazionale, non
derogabile con legge ordinaria, senza che intervenisse anteriormente
la denuncia del Concordato medesimo»: e ciò, in forza dell'art. IO
Cost. (4).
d) Infine, poichè «con la sentenza n. 30 del 1971 la Corte costi·
tuzionale ha equiparato la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici a
quella della Corte di giustizia della Comunità economica europea, de·
finendola, come aveva fatto per questa nella sentenza n. 98 del 1965,
del tutto estranea all'ordinamento giuridico interno "• essendo <<vero
c he il cittadino italiano, quale soggetto di diritto internaziona le, ha
diritto di adire la Corte di giustizia della Comunità europea e, quindi, sarebbe costituzionalmente illegittima una legge ordinaria che lo
privasse di tale diritto », è da ritenersi « fondato il dubbio di violazio·
ne, da parte della norma impugnata (art. 2 della legge n. 898 del 1970),
di un diritto personale del cittadino alla giurisdizione ecclesiastica, costituzionalmente garantito (art. 34 del Concordato) ».
In sede di discussione della causa, l'Avvocatura generale dello Stato, che agiva in rappresen tanza e difesa del Presidente del Consiglio,
aveva sostenuto (secondo quanto riferisce, nella parte «in fatto», la
sen tenza della Corte):
(4) L'art. lO, primo comma, della Costituzione dice: «L'ordinamento gturtdtco Italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute •.
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" .E' da escludere che con l'articolo 34 del Concordalo, lo Stato italiano abbia inteso recepire nel proprio ordinamento il matrimonio canonico, comprensivo di tutte le s ue componenti essenziali, fra cui l'indissolubilità. Vero è, invece, che lo Stato italiano ha inteso attribuire al
matrimonio canonico, una volta che questo sia stato effettuato con il
rito concordatario e regolarmente trascritto, i medesimi effetti civili
attribuiti dalla legge ai matrimoni civilL
« L'unificazione del rito celebrativo non impedisce che nell'unica
celebrazione si possano distinguere due atti, ognuno dei q uali assume
rilevanza nel rispettivo ordine giuridico ed esclusivamente in esso. Il
matrimonio che così si istituisce nei due ordinamenti, quello canonico
e quello dello Stato, sussiste e vive in ciascuno di essi una propria vita
autonoma cd indipendente di rapporto giuridico. E poichè lo Stato,
nella s ua sovranità ed autonomia - ribadita proprio nel primo comma dell'art. 7 della Cos tituzione - ben può variare, con legge ordinaria, gli effetti del matrimonio civile, fissandone i casi di scioglimento
anche oltre quello previsto dall'art. 149 del codice civile ["la morte
di uno dei coniugi "], gli stessi effetti saranno applicabili anche al matrimonio concordatario, senza che l'art. 34 Conc. ne risulti violato.
"Ciò posto, è estraneo ogni ulteriore riferimento all 'art. 7 della
Costituzione, dato che questo, risolvendosi in una norma di riproduzione, non avrebbe potuto rendere più onerosi gli obblighi pattizi dello Stato verso la Santa Sede rispetto alla loro formulazione testuale
bilaterale.
« Le suesposte argomentazioni valgono anche per l'altro profilo di
illegittimità costituzionale prospettato dall'ordinanza di rimessione: l'aver n egato ai coniugi la garanzia della permanenza degli effetti civili
del matrimonio. Le cause di scioglimento del matrimonio civile - e di
quello concordatario a questo equiparato "quoad effectum " - operano all'interno dell'ordinamento statuale e non all'interno di quello
canonico. Fa eccezione a questa separazione - in quanto previsto dai
Patti - lo scioglimento per la dispensa "pro rato ", la cui pronuncia
viene recepita anche dall'ordinamento interno».
Il giudice costituzionale nella motivazione della sua decisione:
l) ha stabilito innanzi tutto che "con i Patti Lateranensi lo Stato non ha assunto l'obbligo di non introdurre nel suo ordinamento l'i·
stituto del divorzio»; ha ricordato ch e «all'inizio delle trattative tra
la Santa Sede e l'Italia fu proposto di impegnare lo Stato " a mantenere illeso in qualsiasi disposizione concernente il matrimonio il principio della indissolubilità e dell'impedimento dell'ordine sacro"», ed
ha aggiunto che però " nel corso delle ulteriori discussioni non si fece
più alcun cenno di tale principio e si addivenne a ll'accordo, consacrato nel testo dell'art. 34 del Concordato, per cui lo Stato ha riconosciuto al matrimonio concordatario "gli effetti civili"»; ha concluso: «Con
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ciò l'ordinamento ita liano non ha operato una recezione della disciplina canonistica del matrimonio, limitandosi ad assumere il matrimonio, validamente celebrato secondo il r ito cattolico e regolarmente trascritto nei registri dello s tato civile, quale presupposto cui vengono
collegali gl i iden tici effetti del matrimonio celebrato davanti agli ufficiali di s tato civile»;
2) ha precisato la sua t esi nei termini seguenti: «Non può argomentarsi in contrario dal riferimento dell'art. 34 a l "sacramento
del matrimonio", giacchè l'espressione usata ben sl spiega in un atto
bilaterale, alla formazione del quale concorreva la Santa Sede, dal momento che, per la Chiesa, il matrimonio cos tituisce anzitutto ed essenzialme nte un sacramento; ma non implica affatto che, in ,quest a sua
figura e con le connesse caratteristiche di indissolubilità, esso sia stato allresl riconosciuto come produttivo di effetti civili da llo S tato. Ed
infa tti l'es pressione più non ricorre nell'art. 5 dell a legge 27 maggio
1929, n. 847, contenente disposizioni per l'attuazione del Concordato
nella parte relativa al matrimonio, la quale più semplicemente s tabilisce che " il matrimonio celebrato davanti un ministro del culto cattolico, secondo le norme del diritto canonico, produce, dal giorno della celebrazione, gli stessi effetti del matrimonio civile, quando sia trascritto nei registri dello Stato civile secondo le disposizioni degli articoli 9 e seguenti". E' da tener pt·esente a l riguardo che della conformità dell'art. 5 (come del resto anche degli artt. 12 e 16 della citata
legge n. 847 del 1929) con l'art. 34 del Concordato non si può dubitare,
perchè, com'è noto, il testo della legge fu compila to in base ad intese
fra la Santa Sede e lo Stato. E la re lazione alla detta legge spiega l'abbandono della formu la concordataria con la considerazione che l'accenno al caratter e sacramentale del matrimonio cano nico non era conveniente in una norma dell'ordinamento statale e che era necessario
evita re l'introduzione in esso di concetti teologici. Dal che si deduce
ancor più chiaramente l'intendimento dello Stato di non tener conto
nella di sciplina degli effetti civili del matrimonio concordatario di principii propri del matrimonio canonico>>;
3) da quanto sopra esposto ha poi dedotto: «Accerta to che gli
effetti del matrimonio concordatario sono, e devono essere, gli stessi
effetti che la legge attribuisce al m atrimonio civile, dalla separazione
dei due ordinamenti deriva che nell'ordinamento statale il vincolo matrimoniale, con le sue caratteristiche di dissolubilità od indissolubllità, nasce dalla legge civile ed è da questa regolato »; e ha soggiunto:
« Del resto, poichè l'art. 7 della Costituzione afferma tanto per lo Stato quanto per la Chiesa i principii di indipendenza e di sovranità di
ciascuno ne l proprio ordine, una limitazione della competenza statale
su questo punto doveva risultare da no rma espressa, e, in m ancanza
di ques ta, non è desumibile da incerti argomenti interpretativi: tanto
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..... tcrta di accordi internazionali, vale il criterio della interpretazione restrittiva degli impegni che comportino per uno dei contraenti l'accettazione di lim iti alla propria sovranità »;
4) ha affermato finalmente che:
a) trovando il matrimonio concordatario «una garanzia costituzionale nell'arL 7 della Costituzione "• ma trovandola <<nei limiti in cu i
il regime statuito nel Concordato corris ponda alla volontà delle parti
quale si è oggettivata nei testi normativi » , - poichè con l'art. 2 della
legge n . 898 del 1970 non si è «apportata alcuna modificazione ai Patti
Lateranensi neppure nell a parte relativa all'art. 34, quarto comma, [dt>i
Concordato) », in quanto «la legge impugnata non sottrae ai tribunali
ecclesiastici la giurisdizione sulla nullità dell'atto matrimoniale, -, << l'estensione a l matrimonio concordatario del nuovo regime di dissolubilità adottato per quello civile, non richiedeva l'apposita procedura della revisione costituzionale»;
b) <<dimostrato che la legge impugnata non contraddice all'art.
34 del Concordato, nemmeno l'art. 10 della Costituzione risulta violato; e ciò a prescindere dal fatto che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa
cattolica sono specificamente regolati dall'art. 7 de lla Costituzione"·
Ciò posto, il medesimo giudice costituzionale ha dichiarato « non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge
t• dicembre 1970, n. 898, [ ... ) sollevata, dall'ordinanza del Tribunale
di Siena del 20 aprile 1971, in relazione all'art. 34, commi primo e quarto, del Concordato [ ... ) ed in riferimento agli artt. 7, primo e secondo
comma, lO e 138 della Costituzione».
B) La sentenza n. 175, emessa dalla Corte costituzionale il 6 dicembre 1973, ha deciso «nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. l
della legge 27 maggio 1929, n. 810, nella parte in cui dà esecuzione all'art. 34, quarto, quinto e sesto comma, del Concordato tra la Santa
Sede e l'Italia».
Tale giudizio era stato promosso dal Tribunale di Rovigo con ordinanza datata 7 maggio 1971.
Quel Tribunale, essendo stato investito di una controversia « avente ad oggetto la asserita invalidità di un matrimonio concordatario per
preteso vizio di consenso dell'attore», nel corso del procedimento aveva sollevato una questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 34, commi quarto, quinto e sesto, del Concordato (reso esecutivo
dall'art. l della legge 27 maggio 1929, n. 810), il quale esclude •• in siffatta materia la giurisdizione del giudice italiano » ,
L'ordinanza di remissione (5) partiva dal presupposto che «il con(6) Anche In questo caso citiamo Il contenuto dell'ordinanza nel « riassunto » che ne è stato fatto nella sentenza della Corte costituzionale.
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trollo di legittimità delle leggi che hanno dato esecuzione ai Patti Lateranensi non è precluso dall'art. 7 della Costituzione, giusta le sentenze nn. 30 e 31 del 1971 [della Corte Costituzionale], potendosene valutare la conformità , o meno, ai princìpi supremi dell'ordinamento costituzionale italiano» (6).
l tre commi dell'art. 34 venivano impugnati in ri/erimerlto:
a) al combinato disposto degli articoli l , secondo comma («secondo cui
la sovranità [dello Stato] va esercitata nelle forme previste dalla Costituzione»),
101, primo comma, 102, primo e secondo comma (che << attrilmiscono la funzio·
ne giurisdizionale a lla magistratura ordinaria , vietando l'istituzione di giudici
speciali») e 11 della Co stituzione (il quale prevede la limitazione dello sovra·
nità dello Stato <<soltanto al diverso fine di assicurare la pace e la giustizia tra
le nazioni »), in quanto « la riserva nlla giuri sdizione eccles ia ~tico delle cause
concernenti In nullità del matrimonio celebrato religiosame nte e trascritto ne·
gli uffici dello stato civile, costituirebbe una parziale abdicaz ione dello Stato
italiano alla propria sovranità, nel campo della funzione giurisdizionale » , e in
quanto «le norme impugnate [. ..] , demandando in via preventiva alla esclusiva
giurisdizione ecclesiastica un gruppo di controversie e poi rendendo eserutive
nell'ordinamento italiano le decisioni di quegli organi, subordinatamente od un
controllo limitato alla mera regolarità formale della documentazione ricevuta,
apportano una grave limitazione alla sovranità d ello Stato » ;
b) all'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione (che assicura <<a
tutti l'azione giudiziale e la difesa in ogni stato e grado del procedimento »), in
quanto « le norme impu gnate » escludono « di front e al giudice italiano ogni
azione e o gni difesa della parte anche nella fa se concernente la dichiarazione
di esecutorietà della decisione ecclesiastica »;
c) all'art. 25, primo comma, della Costituzione (il quale stabilisce il principio secondo cui << nessuno può essere distolto dal giudi ce naturale precosti·
tuito dalla legge »), in quonto « la riserva di giurisdizione a favore di un giudi·
ce non italiano contrast crebbe con il principio del giudice naturale »;
cl) all'art . .1, primo comma, della Costituzione (il quale stabilisce il prin.
cipio secondo cui << tutti i cittadini », senza distinzione alcuna, << hanno pari di·
gnità sociale e sono eguali da vanti alla legge »), in quanto << il regime del ma.
trimonio ave nte effetti civili, in conseguenza dell'esecutività propria delle sen.
lenze ecclcsiastid1e, fini sce per presentare notevoli differenze in tema di impe·
dimenti, di requisiti di validità, di condizioni preclusive dell'ozione, a seconda
c·he la celebrazione sia avvenuta in forma concordataria o diver sa », c in quanto
« tale differenziazione sare bbe per giunta collegata alla differenza di religione,
non potendo essere la conseguenza di una libera scelta del rito, giacchè questa
compete soltanto ai cattolici, non essendo ammessi al matrimonio cattolico i
soggetti non battezzati ».
Il giudice costituzionale nelle sue « considerazioni in diritto »:
l) ha innanzi tutto precisato: << Questione di fondo, cui le altre
(6) Sull"lnsegnamento della suprema Corte, al quale fa riferimento l'ordinanza dl cui cl stiamo occupando, cfr. L. RosA, La Corte costttuz tonale e H Concordato. cit., pp. 347 e 355- 357.
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appaiono subordinate, è se la giurisdizione dei tribunali ecclesisatlci
in materia matrimoniale (art. l della legge 1929, n . 810, che rende esecutivo l'art. 34, commi quarto, quinto, sesto, del Concordato con la Santa Sede) sia compatibile con la sovranità dello Stato italiano; e se l'art.
7 della Costituzione, dichiarando che i rapporti fra Stato e Chiesa sono
regolati dai Patti Lateranensi, consenta un sindaca to d i legittimità costituziona le s ulle singole norme di esecuzione del Concordato 11 febbraio 1929 »;
Z) per ris pondere a l secondo quesito, ha richiamato la propria
sentenza 24 febbraio 1971, n. 30 (a cui, com e si è visto, aveva fatto riferimento anche l'ordinanza di remissione del Tribunale di Rovigo), e
ha ricordato che essa , "pur a ffermando che l'art. 7 della Costituzione
ha dato rilevanza costit uziona le ai Patti Laterancnsi, ha peraltro soggiunto che l'art. 7 "non può avere forza di negare i princìpi supremi
dell'ordinamento costituzionale dello Stato">>;
3) si è quindi chiesto «se la riserva della giurisdizione costituisca "principio supremo" che nemmeno una legge avente copertura costituzionale potrebbe superare»; e si è dato la seguente puntuale risposta: "Non vi è dubbio che la giurisdizione sia principio caratteris tico
della sovranità e di questa rappresenti un elemento costitutivo. Ma
un'inderogabilità assoluta della giurisdizione statale non risulta da espresse norme della Costituzione, nè è deducibile, con particolare riguardo a lla materia civile, dai principi generali del nostro ordinamento, nel qua le ipotesi di deroga sono stabilite da leggi ordinarie (a rt. 2
cod. proc. civ.). La stessa Costituzione, all'art. 80, prevede che con legge ordinaria sia autorizzata la ratifica di accordi internazionali aventi
per oggetto arbitrati o regolamenti giudiziari »;
4) ha soggiunto che neppure «vale argomentare dall'art. 11 Cost.
per dedurne che ogni limitazione di sovranità possa trovare gius tificazione solo ove ricorrano i presupposti previsti in quella norm a, e ciò
perchè i rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica trovano specifico
riferimento nell'arl. 7 »;
5) ha fa tto un'ulteriore messa a punto: « Riconosciu ta la compatibilità con il nuovo ordinamento costituzionale di una deroga a lla giurisdizione che sia raziona lmente e politicamente giustificabile, tale deroga trova appunto giustificazione nel complesso sistema che, riconoscendo effetti civili al matrimonio così come disciplinato dal diritto
canonico, non irrazionalmente devolve ai tribunali ecclesiastici la cognizione delle cause di nullità del matrimonio. Può aggiungersi che l'intervento del giudice italiano in certa misura si realizza, sia pure con
cognizione limitata, nello speciale provvedimento di delibazione a ffidato a lla Corte d 'appello, con le relative garanzie »;
6) ha a fferma to che " le questioni dedotte dagli artt. 24, ZS e 102,
secondo comma, della Costituzione, si possono considerare assorbite
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[da quanto detto sopra]»; in riferimento all'obiezione derivata dal·
l'art. 25, primo comma, ha sottolineato: «Può sollanto ricordarsi [ ... ]
che giudice naturale è quello "precostituito per legge", e tale espressamente risulta quello designato dalle norme impugnate, come pure
che i tribunali ecclesiastici sono estranei all'ordinamento giuridico interno e non costituiscono giud ici speciali nel senso indicato dalla Costituzione (sentenza n. 30 del 1971) »;
7) circa la presunta «violazione del principio di uguaglianza (art.
3 Cost.) », causata dalla «differenza di trattamento [ ... ] fra cittadini
che vogliano contrarre matrimonio concorda tario e ci ttadini che non
vogliano contrarlo "• ha rilevato « che tutti i cittadini italiani, nelle cond izioni personali volute ind istintamente da lla legge, possono contrarre
matrimonio civile»: « anche i cittadini eli fede ca t tolica, - ha ch iarito
-, se non vogliono rinunciare alla giurisd izione statale in tem a di matrimonio, possono con tra r re prima le nozze civili c poi quell e religiose; u na piena libertà di scelta, con le conseguenze diverse che essa può
eventualmente comportare, non viola il principio di uguaglianza ».
Nel dispositivo della sentenza il giudice costituzionale ha dichiarato « non fondata" la questione di legittimità costituzionale delle norme
impugnate dal Tribunale di Rovigo.
C) La sentenza n. 176 del 6 dicembre 1973 ha affrontato e risolto la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 1• dicembre
1970, n . 898, istilutiva del divorzio, sotto un nuovo profilo: quello, cioè,
particolare dell a riserva di competenza fatta ai tribunali e ai dicasteri
ecclesiastici dall'art. 34 del Concordato per ciò che riguarda « le cause
concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rata e non consumato».
Con sette dive1·se ordinanze emesse t ra il 6 luglio 1972 e il 30 mar·
7.0 1973, rispettivamente, da lle sezioni unite civili della Corte di cassazione, da lla Corte d'appello di Napoli, dalla Corte d'appello di Torino
e dalla Corte d'appello di Tries te, era stato chiesto a lla Corte costituzionale un giudizio definitivo sul punto. Poichè le sette ordinanze avevano come oggetto la medesima questione, il giudice costituzionale ha
provveduto a decidere i relativi giudizi con un'unica sentenza.
Lo stesso giudice nella sentenza ha definito la materia del contendere nei seguenti termini: « La questione si accentra s ull'asserito contrasto dell'art. 2 della legge 1• dicembre 1970, n. 898, che demanda a i
tribunal i statali di giudicare delle cause di cessazione degli effetti civili
dei matrimoni canonici cosiddetti "concordatari ", con l'art. 34 del Concordato tra lo Stato italiano e la Santa Sede, che riserva ai tribunali
e dicasteri ecclesiastici il potere di conoscere delle cause di nu llità del
detto matrimon io, nonchè della dispensa dal matrimon io rata e non
consumato, con indiretta violazione, q uindi, degli artt. 7 e 138 Cost., per
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il combinato disposto dci quali modificazioni alle norme di esecuzione
dei Patti del Laterano non possono validamente essere introdotte con
legge ordinaria senza previa intesa con la Santa Sede, dovendosi, in
mancanza, seguire il procedimento della revisione costituzionale».
In realtà, la Corte di cassazione, nella sua ordinanza di remissione,
aveva, in sostanza, sosten uto la tesi secondo la quale, in una « interpretazione unitaria » del contenuto dell'art. 34 del Concordato, tenendo conto soprattutto del fatto che il comma quarto di detto articolo riserva
a lla giurisdizione ecclesiastica anche la «dispensa dal matrimonio rato
e non consumato», - dispensa che non retroagisce, come invece accade per le sen tenze ecclesiastiche che dichiarano la nullità del matrimonio, al momento in cui il matrimonio fu posto in essere, ma ha effetto
«ex nunc », di modo che anche per il diritto dello Stato il rapporto matrimoniale in tale ipotesi si deve ritenere «pienamente valido fino al
momento del suo scioglimento » -, non si può non concludere che la
riserva riconosciuta dalla norma concordataria all'autorità ecclesiastica
comprende sia la validità dell'atto che ha costituito U matrimonio, sia
lo stesso svolgersi del rapporto matrimoniale.
Sempre secondo la tesi sostenuta dalla Corte di cassazione, una
conferma di tale conclusione « ritrarrebbe particolare consistenza» dall'ullimo comma dello s tesso art. 34 Conc., che dispone: « Quanto alle
cause di separazione personale, la Santa Sede consente che siano giudicate dall'autorità giudiziaria civile»: «da tale disposto [infatti] avevano spiegato nella loro ordinanza le sezio ni unite civili della Corte - può ragionevolmente ricavarsi che si è ritenuto necessario stabilire espressamente, in via di deroga alla riserva della giurisdizione ecclesiastica enunciata nello stesso art. 34 del Concordato per la validità
del matrimonio-atto e per le vicende del rapporto matrimoniale, la devoluzione al giudice civile delle cau se di separazione personale: le uniche 'c he intaccano la funzionalità di un rapporto matrimoniale valido
e tuttora efficace» (7).
Il giudice cos tituzionale, in accordo con il Presidente del Consiglio,
rappresentato e difeso dell'Avvocatura generale dello Stato, nelle sue
«considerazioni in diritto»:
l) ha premesso che, poichè la legge 1• dicembre 1970, n. 898, «non
avrebbe potuto, nè potrebbe, attribuire il diritto di ottenere, ricorrendo le condizioni in essa previste, la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, senza assicurare a l tempo stesso l'azione per
farlo valere, e con essa quella tutela giurisdizionale la cui mancanza
(7) V. la sottile e documentata argomentazione giuridica svolta dalle sezioni
unite civili della Corte di cassazione, nel testo Integrale dell'ordinanza di remissione, pubblicato In Giurisprudenza italiana, vol. CXXIV ( 1972), p . l, sez. l, colonne 1694 e ss. (per le nostre citazioni, cfr. col. 1697).
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priverebbe il diritto medesimo di qualsiasi consistenza "• in una situazione giuridica siffatta «scindere [nell'esame della questione] l'aspetto
o profilo sostanziale dal profilo della giurisdizione [- come si vorrebbe in particolare dall'ordinanza di re missione emessa dalla Corte di
cassazione - ] non è possibile »: « la particolare questione [ ... ] sottoposta all'esame della Corte [costituzionale] era [in realtà] già logicamente ricompresa In quella, più vasta, risolta con la sentenza n. 169 del
1971, che tutte le ordinanze dichiarano di non voler riproporre »;
2) con una dimostrazione « ex absurdo » ha contraddetto la tesi
interpretativa della Corte di cassazione, partendo dalla « premessa»
prima s tabilita: <<Se la riserva di giurisdizione e competenza ai tribunali e dicasteri ecclesiastici, operata dal q uarto comma dell'art. 34 del
Concordato, fosse [ ... ] piena e totale, cioè comprensiva di tutte le cause inerenti sia alla validità sia agli effetti del matrimonio concordatario,
con la sola eccezione delle cause di separazione personale tra i coniugi,
in modo da non lasciare spazio (come si legge nell'ordinanza delle se·
zioni unite) "per u lteriori e diverse competenze giurisdizionali nazionali " , la conseguenza pratica finirebbe per essere la rinuncia dello Stato a disciplinare il rapporto matrimoniale, specie conferendo alle parti
situazioni giuridiche soggettive, le quali, per quanto [ ... ] accennato,
non potrebbero non essere azionabili davanti agli organi giurisdizionali
italiani. Rinuncia che, invece, non sussiste, come ebbe a rite nere questa Corte con la ricordata sen tenza n. 169 del 197 1 (ribadita con l'ordinanza n. 31 del 1972), precisando che, con il Concordato, per la parte
che qui interessa, lo Stato h a assunto unica mente l'impegno di riconoscere a l matrimonio contratto secondo il diritto canonico, e regolarmente trascritto, gli stessi effetti del matrimonio celebrato davanti a ll'ufficiale di stato civile: libero restando, peraltro, di regolare tali effetti,
anche quanto a lla loro permanenza nel tempo ed ai limiti che questa,
secondo il suo proprio diritto, può incontrare nel tempo »;
3) ha confor tato la s ua tesi inter pretativa con la seguenlf' ri flessione : « Soprattutto è decisivo il rilievo che una riserva di giurisdizione e competenza così ampia, ed anzi addirittura illimitata, come quella
che viene ipotizzata dalle ordinanze, seppur fosse ammissibile, non potrebbe di certo presumersi, nè può farsi derivare dalle singole speci·
fiche cause enumerate nel quarto comma dell'art. 34: l'espressa previsione delle quali, fatta per di più in termini rigorosamente puntuali
(nullità del matrimonio, dispensa dal matrimonio rato e non consumato), depone invece univocamente in senso opposto»;
4) a riguardo della suddetta ri{lessione ha fatto presenti « due
considerazioni »:
«La prima è che tali riserve furono pattuite, e risultano disposte,
in vista del riconoscimento di effetti civili alle pronunce adottate in
merito dalle autorità ecclesiastiche: cosi come - reciprocamente, e pur
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non esst:ndone talla menzione nei Patti - le sentenze:: c i pruvvt:dimenti dci giudici ita liani , rel:Hivi alla separazione dei coniugi, " ha nno valore anche nel foro canonico" (art. 53 della Istruzione del 1• luglio
1929 della Sacra Congregazione " de disciplina Sacramentorum" agli
Ordinari ed ai parroci d'Italia). [ ... ].
« La seconda considerazione è che le anzidette riserve, per la loro
stessa natura e funzione, non potevano ovviamente riferirsi se non ad
oggetti s ui quali le autorità ecclesiastiche già avevano, in base al diritto canonico, giurisdizione o competenza. Ta li sono, infatti, le cause
di nullità del matrimonio, in ordine a lle quali la riserva (ed il connesso riconoscimento di effetti civili ) sono coerenti con l'impegno assunto di considerare l'a tto del matrimonio, validamen te sorto nell'ambito
dell 'ordinamento canonico, quale presupposto cui attribuire - dopo la
intervenuta trascrizione - gli effetti civili. Tale è, altresì , la dispensa
dal matrimonio rato e non consumato, isti tuto tipico del diritto canonico: la sola, tra le ipotesi dell'art. 34, assimilabi le, per l'efficacia "ex
nunc" de l re la tivo provvedimento del Sommo Pontefice, ad una causa
di risoluzione del rapporto (non rilevando in questa sede la problematica concernente la più corretta qualificazione che debba darsene dal
punto di vista della dogmatica canonistica) »;
5) q uasi riepilogando, ha infine ribadito che «il quarto comma
dell'art. 34 del Concordato, fru tto di lun ghe, complesse, fat icose trattative, contiene una precisa specificazione, per ipotesi tassative, delle
cause matrimoniali r iservate alla giurisd izione e competenza delle autorità ecclesiastiche, con il connesso o bbligo dello Stato ita liano di r iconoscere piena efficacia, nel proprio ambito, alle pronunce da queste
ultime a do tta te "·
Il giudice costituzionale ha ancora osservato che, « poichè la introduzione, ne lla legge n. 898 del 1970, di una serie di cause di cessazione degli effet ti civili del matrimonio concordatario lascia intatte le
riserve dell'art. 34, risulta ul te riormen te confermata la concl usione, cui
q uesta Corte era giunta n ella sentenza n. 169 del 1971, [ .. .] non essersi
apportata alcuna modificazione ai Patti de l Laterano (e relative norme
interne di esecuzione) , nemmeno per la pa rte relativa a ll'art. 34, quarto comma »; poi nel dispositivo della sentenza, concludendo, ha dichiarato cc non fondata "• neppure sotto il profilo della riserva della giurisdizione, cc la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge
t· dicembre 1970, n. 898, recante "Disciplina dei casi di scioglimento del
matrimonio " "·
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2. L'art. 34 del Concordato nelle Interpretazioni ufficiali dello Stato Italiano
e della Santa Sede.
Il giudice costituzionale, rispondendo, nelle sentenze n. 169 del 1971
e n. 176 del 1973, a lle argomentazioni svolte, rispettivamente, nell'ordinanza emessa dal Tribunale eli Siena e nelle ordinanze emesse dalle
sezioni unite civili della Corte di cassazione c dalle Corti d'appello di
Napoli, di Torino e di Trieste, le GUaii, come abbiamo visto, impugnavano - sotto due profili diversi - la legittimità costituzionale dell'art.
2 della legge n. 898 del 1970, istitutiva del divorzio (articolo che attribuisce agli organi della giurisdizione civile italiani il potere di far cessare gli «effetti civili>> dei matrimoni c.d. «concordatari»), ha inteso
in concreto dare un'interpretazione dell'art. 34 del Concordato fra la
Santa Sede e l'Italia dell'll febbraio 1929.
Il problema della ,, copertura» costituzionale del Concordato attraverso
l'art. 7, comma secondo, della Costituzione, e dei limiti di tale «copertura »
e ra già stuto indirettamente affrontato e risolto dalla suprema Corte, quando,
n elle « consid erazioni in diritto » delle sente nze n. 30 e n. 31 del 1971, la Corte stessa aveva enunziato le seguenti << proposizioni » :
l } il Concordato è « di per sé estraneo all'ordinamento giuridico dello
Stato », essendo un « atto formato da due soggetti di pari situazione sovrana e
indipendente» (sent. n. 30, Cons. in diritto, 2};
2} l'art. 7 Co~ t. u non sancisce solo un generico principio pattizio da vale re nella di sciplina dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica. ma contiene
altresì un preciso riferimento al Concordato in vigore e, in relazione al cont enuto di questo, ha prodotto diritto» (ibid., 3);
3} « giacchè [l'art. 7] riconosce allo Stato e allo Chi esa cattolica una posizione reciproca di indipendenza e di sovranità, non può nvere forza di negare i principi supremi dell'ordinamento costituzionale dello Sturo» (ibid.};
4} l'art. 7, in forza del principio stabilit o n ello proposizion e n. 3, <<non
preclude il contro llo di costituzionalità delle leggi che immi sero nell'ordinamento interno le clausole dei Paui Laterancnsi, potendosene valutare la conformitù o meno ai principi supremi dell'ordinamento costituzionale » (seni. n.
31, Cons. in diritto) (8).
Il giudice co~tituzionale, in piena coerenza con i principii che aveva precedentemente stabiliti, in due delle sentenze di cui ci occupiamo in queste note - quelle riguardanti l'art. 2 della legge sul divorzio - , per giungere a dichiarare « non fondate » le questioni di legittimità costituzionale di tale norma, si è preoccupato di dimostrare come essa non sia per nullo in cont rasto
con il dettato dell'art. 34 del Concordato, e nellu sentenza n. 175 del 1973, riguardante la questione di legittioùtà costituzionale dell'art. l della legge 27
maggio 1929, n. 810, nella parte in cui dà esecuzione all'art. 34, quarto, quinto e sesto comma, ha preliminarmente richiamato, in termini espliciti, la sen(8) Per
un abbozzo dl erltlca. al prlnclpll espressi nelle c proposizioni» nn.
3 e 4, cfr. L . RosA, La Corte costituzionale e iL Concordato, cit., pp. 355-357.
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lenza n. 30 del 1971, lò dove la suprema Corte afferma «che l'art. 7 della Costituzione ha dato rilevanza costituzionale ai Patti Latcranensi ».
Se oggetto della con troversia definita, sotto due profili diversi, dalla Corte costituzionale a ll 'interno dell'ordinamento giuridico italiano
con le sentenze n. 169 del 1971 e n. 176 del 1973, non è stato il fatto
della «copertura » costituzionale , o meno, dell'art. 34 Conc., ma è stata, in sostanza, unicamente l'interpretazione di tale norma, poichè nei
Patti Lateranensi parte contraente con lo Stato italiano fu la Santa
Sede, sembra indispensabile, per comprendere appieno il significato e
per giudicare della validità giuridica dell'interpretazione dello stesso
art. 34 data dal giudice costiluziona.le, raffrontare questa interpretazio·
ne con quella che ne dà appunto la Santa Sede.
A) Il giudice costituzionale, nelle sue sentenze, di fatto ha convalidato le t esi interpretative sostenute dalla maggioranza della Prima
Commissione («Affari costituzionali - Organizzazione dello Stato ecc. ») della Camera dei Deputati, sia nella IV sia nella V Legislatura
(9), dal Governo di coalizione di centro-sinistra, sia prima sia dopo la
approvazione definitiva della legge 1• dicembre 1970, n. 898 (10), e dalla maggioranza dei due rami del Parlamento durante la V Legislatura.
La posizione ufficiale dello Stato italiano, definita in· sede giurisdizionale dalle due sentenze della Corte costituzionale, si può cosl riassumere (11):
l) « Con l'adozione dell'art. 34 del Concordato, lo Stato [italiano]
(9) La Commissione « Affari costituzionali, ecc.» della Camera si espresse,
per la prima volta, a maggioranza in favore della costituzionalità della proposta di legge per l'Istituzione del divorzio, In relazione con l'art. 34 Conc., 11 19
gennaio 1967, con un « parere», nel quale, tra l'altro, si diceva: « La proposta
di legge n. 26SO, presentata dall'on. Fortuna, non è In contrasto con alcuna norma. del nostro ordinamento costituzionale. ( ... ] Non con l'articolo 7 della Costituzione, In quanto non apporta. modifiche all'art. 34 del Concordato, ma si
l!mlta. ad Introdurre una nuova disciplina circa. la durata di talunt effetti clvUl del matrimonio, che, come tali, In virtù appunto del citati articoli 34 del
Concordato e 7 della Costituzione, rientrano nella piena ed esclusiva legislazione e giurisdizione della. Repubblica • · Nella Legislatura. successiva, 11 5 febbraio
1969 la stessa Commissione, sulle proposte di legge Fortuna e Basllni-Bozzl, espresse un « parere :t che « ricalcava» quello formulato nel 1967. Per queste
Informazioni, v. Ricerca sul diritto di famiglia, a cura. del Segretarlato generale
della Camera del Deputati, Roma 1969, Parte prima, pp. 184 e 187.
(lO) Cfr., per Il periodo precedente all'approvazione definitiva. della. legge,
la • Nota italiana» del 30 maggio 1970, In Documenti diplomatici sulla interpretazione dell'art. 34 del Concordato tra l'Italia e la Santa Sede, ed. e. cura del
Ministero degli Affari Esteri (Roma, 16 giugno 1970), pp. 16-23, e, per Il periodo
successivo, gli Interventi di « difesa :o dell'Avvocatura generale dello Stato nel
giudizi di legittimità costituzionale che si sono conclusi con le sentent e n. 169
del 1971 e n. 176 del 1973 della Corte costituzionale, Interventi che sono riferiti
In sunto nella parte c In fatto • di tali due sentenze.
(11) Citiamo dalla. • Nota italiana ,. del 30 maggio 1970 (per le Indie. bibliografiche, v. supra, alla n. 10), In quanto ad essa In particolare, come si vedrà, si è richiamata l'Importante « Nota vaticana » del 13 giugno 1970.
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si è impegnato a disporre nella sua legislazione interna che la celebrazione del matrimonio avvenuta davanti ad un ministro del culto
cattolico valga anche come celebrazione del matrimonio ai fini della
produzione degli effetti civili. In esecuzione di tale previsione il ministro del culto davanti al quale i nubendi celebrano quello che, per la
Chiesa, è il sacramento del matrimonio, adempie in pari tempo ad una
funzione nell'ambito del diritto dello Stato, celebrando il matrimonio
ai fini di tale diritto e redigendo il relativo atto. [ .. .] Appare chiaro,
pertanto, dal testo dei diversi commi dell'art. 34, che le Parti hanno
inteso unificare la celebrazione, il rito del matrimonio in ciò proprio
ispirandosi a quelle ragioni di "dignità conforme a lle tradizioni cattoliche" del popolo italiano che sono invocate nel preambo~o dell'art.
34. L'unificazione del rito celebrativo non impedisce tuttavia che nell'unica celebrazione si possano idealmente distinguere due atti, ognuno dei quali assume rilevanza nel rispettivo ordine giuridico ed esclusivamente in esso» (p. 19).
2) << Il rapporto matrimoniale che così si istituisce nei due ordinamenti, quello canonico e quello dello Stato, sussiste e vive in ciascuno di essi una propria vita autonoma e indipendente di rapporto
giuridico. Posta, infatti, la distinzione fra i due ordinamenti, la corrispettiva dis tinzione dei rapporti giuridici che in essi si stabiliscono,
anche se in virtù di un comune atto creativo, ne appare come una
conseguenza logica necessaria. E come non vi è possibilità di confusione tra tali due rapporti, del pari nulla comporta che vi debba essere tra di essi condizionamento reciproco quanto al loro sussistere»
(pp. 19 s.).
3) «Per quanto concerne [ .. .], non già l'atto di costituzione del
rapporto matrimoniale e i relativi presupposti, ma il regolamento del
rapporto costituito in seguito a tale a tto, l'accordo intervenuto tra
le due Parti e consacrato dall'art. 34 del Concordato, s i è manifestamente preoccupato di assicurare, entro determinati limiti, una certa
misura di coordinamento tra i due sistemi di diritto, ma nulla più. [ ... ]
In nessun modo è dato presumere che il coordinamento, disposto in
condizioni e per materie ben precisamente determinate, vada al di là
dei limiti in cui esso è stato previsto e si estenda fino al punto di impedire allo Stato italiano di introdurre nella sua legislazione forme
finora da esso non accolte di scioglimento del matrimonio. Nulla, nell'art. 34 del Concordato, permette di concludere che lo Stato italiano
abbia perduto la sua libertà a tale riguardo" (pp. 20 s.).
4) Tenuto conto « del fatto che i motivi di nullità o di dispensa di un
matrimonio non sono i medesimi nei due ordinamenti e che tali motivi sono,
in diritto canonico, più numerosi di quelli ammessi dalle corrispondenti norme dell'ordin amento civile italiano », lo Stato italiano, anche « al fine di evitare uno pregiudizievole pluralità di processi », ha accettato che le cause di
nullità « siano riservate ai tribunali ecclesiastici » (pp. 20 s.).
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5) Poichè, in materia di interpretazione degli accordi internazionali, vale il principio della c.d. « interpretazion e rcstritiiun » degli « impegni bilaterali che comportino per uno dei rontraenti l'uccettazione di Limiti alla propria
sovranità n, nel n ostro coso, anche nell'ipotesi che le due contrastanti interpretazioni dell'art. 34 Conc. (quella della Santa Sede e quella dello Stato italiano) sembnssero ugualmente sostenibili, deve prevalere l'interpretazione sostE-nuta da llo Stato italiano (pp. 22 s.).
B) La posizione ufficiale della Santa Sede a riguardo dell'interpretazione dell 'art. 34 del Concordato ven ne ampiamente esposta nella
<<Nota vaticana, del 13 giugno 1970 (12). Questa si articola nelle seguenti en unciazioni:
l) «In base all 'elemento lessicale inequ ivocabi le, desunto dall 'inciso "riconoscere a l sacramento del matrimonio, d isciplinato da l d iritto canonico, gli effetti civil i", dell'art. 34 del Concordato, nessun
du bbio dovrebbe sussistere che il dato fo rmale d i q ua li ficazio ne, accolto da l legisla tore per riconoscere a l matrimonio canonico effetti
civili, è la sua proprietà di sacra mento. In a ltri termini la sacramentalltà non è certo attribuita, bensì riconosciuta al matrimonio dallo Stato italiano, il q uale assume l'is tituto in questione con i s uoi caratteri
originari consegnati nel diritto canonico. Appare conseguenziale la deduzione che lo S tato, avendo conferito nel proprio ordinamento r ilevanza al matrimonio canonico con gli stessi dati di qualificazione dell'ordinamento originario, si impegnò a rispettarne la indissolubilità,
che per la menzionata natura sacramentale ne costituisce proprietà essenziale e indefettibile ,, (p. 27).
2) Dall'art. 34 si deduce che, «a differenza degli effetti, la sussistenza del vincolo è disciplinata in modo unitario per l due ordinamenti dal diritto canonico, al quale l'ordinamento itali ano r invia. Anzitutto è in questo senso la stessa "ratio" dell'articolo nel suo complesso. S i è palesemente voluto che costituisca vincolo m atrimonia le
anche per lo S tato ciò che è vincolo matrimoniale per la Chiesa e che
non suss is ta d iversi tà o con trapposizione a l riguardo: il c ittadino che
sia anche fedele è pur sempre, a parte le due diverse qualifiche, una
mt:dcsima persona, i mpegnata in un'unica c medesima società coniugale. [ ... ) Sarebbe poi assurdo, o almeno contraddittorio che lo Stato avesse r iservato a ll'esclusiva competenza dei tribuna li e dicasteri
ecclesiastici, i quali certamente non giudicano se non secondo il diritto canonico, le cause d i null ità e di scioglimento del matrimon io come ha fatto nel comma quarto dell'art. 34 (la dispensa dal matrimonio rato e non consumato è infatti un caso di scioglimento) -, se
avesse inteso in un qualunq ue ambito riservarsi di regolare la materia con la propria legislazione" (pp. 27 s.).
(12) Trascriviamo dalla • Nota vaticana » del 13 giugno 1970, pubblicata In
Documenti diplomatici ecc., ctt., pp. 24-38.
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3) «Quand'anche [ ... ] si volesse affermare che dall'unico a tto
celebrativo del matrimonio derivino due vincoli, quello canonico e quello civile, non ne discenderebbe di conseguenza [ ... ] che quello civile
sia integralmente sotto la disciplina della sola legge dello Stato. Resterebbe, infatti, sempre l'obbligo, assunto dallo Stato italiano con lo
art. 34 del Concordato, di riconoscere gli effetti civili al vincolo canonico: e, ne ll'ipotesi, tale obbligo non potrebbe essere interpretato se
non come obbligo di riconoscere che dal vincolo canoni co (trascritto)
derivetebbe " il vincolo civile"; di modo che lo Stato dovrebbe pur
sempre considerare quest'ultimo come una conseguenza necessaria ed
insopprimibile del vincolo canonico, ossia esattamente di quello che
il Concordato chiama il " sacramento del matrimonio" disciplinato
dal diritto canonico>> (p. 30).
4) « Per fondare la sua tesi [secondo la quale l'approvazione, da
parte dello S tato italiano, di una legge divorzista che ha intaccato l'indissolubilità del matrimonio concordatario. ha costituito una violazione dell'art. 34 Conc.] la Santa Sede non aveva e non ha bisogno di ricorrere a ll'ipotes i di una più o meno integrale recczione del diritto
matrimoniale canonico ne ll'ordinamento giu ridico italiano. [ ... ] An-.
che a volere seguire una tesi diversa da quella della recezione, non
resterebbe escluso, per tale solo motivo, il postula to che con il Concordato lo Stato ita lia no si impegnò a dconoscere il matrimonio canonico nel proprio ordi namento con le stesse caratteristiche che il medesimo ha in quello originario» (pp. 33 s.).
S) «La Santa Sede non accettò che lo Stato, una volta riconosciuti gli effetti civili a l sacramento del matrimonio, conservasse la
propria competenza a giudicare della nullità del m a trimonio stesso
al solo fine degli effetti civili. Si sarebbe verificato, in tal caso, un sistema in cui un matrimonio tu ttora canonicamente va lido non avrebbe prodotto più i suoi effetti civili, m entre li avrebbe conservati un
matrimonio canonico dichiarato nullo dai tribunali della Chiesa. Di
più: un matrimonio canonico, per cui la Santa Sede avesse concesso
la dispensa "super rato et non consummato ", avre bbe con tinuato a
produrre i suoi effetti civili, tra cui quello d'impedire un nuovo matrimonio concordatario. Ora è proprio questo che, per ottime ed ovvie ragioni, la Santa Sede recisamente non volle. [ . .. ] Il giudizio unico sulla validità dell'atto costitutivo, ossia s ulla sua idoneità a produrre l'effetto tipico dell'atto (vincolo matrimonia le ) e, con esso, an·
che gli effetti civili, non poteva non essere riservato ai tribunali della
Chiesa, dato che il matrimonio concordatario a ltro n on è che il matrimonio canonico, o regolato dal diritto canonico, produttivo, con la
trascrizione, degli effetti civili, e non un m atrimonio civile celebrato
in forma religiosa» (pp. 34 s. ).
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C) E' facile vedere come, sul piano dell'esegesi « giuridlco-lessicale » e « logico-giuridica "• il dissenso tra le due parti riguardi soprattutto il significato da attribuirsi, nell'interpretazione dell'art. 34 Conc.,
al termine "matrimonio "• che ritroviamo sia nel medesimo articolo
34, primo comma, sia nell'art. 5 della legge 27 maggio 1929, n. 847 («Disposizioni per l'applicazione del Concordato ecc. »).
Il termine «matrimonio» può in realtà designare sia l'atto (o negozio o, per i canonisti, «contratto») matrimoniale (il c.d. « matrimonium
in fieri " della tradizione dottrinale canonica) sia l'unione morale e
stabile, o «vincolo "• tra i coniugi che da tale atto deriva la sua esistenza
in un ordinamento (unione o «vincolo " che nell'ordinamento stesso si
concretizza in situazioni e rapporti giuridici particolari: il c.d. « matrimonium in facto esse" della tradizione dottrinale canonica) (13).
Nel dibattito in corso, «per lo Stato, come per gli interpreti di
orientamento laicistico, il matrimonio canonico, a cui, [secondo l'art. 34
Conc. e l'art. 5 della legge n. 847 del 1929], devono riconoscersi effetti
civili, è l'atto o negozio matrimoniale; per la Santa Sede (e per gli
interpreti di orientamento confessionistico all'interno dello Stato) è, non
tanto l'atto o negozio, quanto essenzialmente il vincolo (o insieme di
situazioni e di rapporti) " (14).
Un autorevole studio>o, che ha difeso in dottrina Ja posiZione assunta ufficialmente dallo Stato italiano in questi ultimi anni, ha ulteriormente precisato:
«Lo Stato [. ..l non concepi sce il riconoscimento previsto dall'ari. 34 del Concordato come limitato a lla forma di celebrazione l - come sembrerebbe su ggerire In «Nota vaticano» de l 30 maggio 1970, là dove (p. 26 e passim) « delinea l'antitesi lrn il riconoscimento della "forma religiosa come una delle form e di celebrazione del matrimonio r egolato dalla legge civile " e il ri conoscimento degli "effetti civili al matrimonio rego lato dal diritto canonico ", inteso
quest'ultimo come atto e come vincolo insieme» - l , mn lo vede esteso all'intero atto, e ammette che questo atto, nei suoi presupposti e nei suoi requisiti,
oltre che nella sua forma, sia regolato dal diritto canonico, ma nega che il riconoscimento si estenda al vincol o ( o insieme di situazioni e di rapporti), quale il diritto canonico si configura » (15).
l) Accettato, con una scelta chiaramente politica, il principio, che
come si è visto, è stato ribadito anche nella sentenza della Corte costituzionale n. 169 del1971, secondo il quale« in materia di accordi interna( 13) La nostra opinione sul significati che può assumere Il termine « matrimonio • sia nel linguaggio corrente sia nel linguaggio giuridico. diverge da quella. espressa da S. LENEa, nell'articolo « De protundis » per l'articolo 7?, pubblicato In La CiviLtà Cattolica, 1971, IV. alle pp. 126-140 (cfr. spec. le pp. 113 s.).
Del medesimo stimato A., v. anche Il matrimonio nell'art. 34 del Concordato,
ibid., pp. 334-348.
(14) G. PucLIESE, L 'interpretazione dell'art. 34 del Concordato e la Nota Vaticana del 13 giugno 1970, In Giurisprudenza italiana, vol. CXXII (1970), p . IV,
col. 129.
(15) G. PUGLIESE, O.
e l. ctt.
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zionali, vale il criterio della interpretazione restrittiva degli impegni che
comportino per uno dei contraenti l'accettazione di limiti alla propria
sovranità », è naturale che lo Stato italiano, nei suoi organi, insista uffi.
cialmente nel ritenere che l'art. 34 Conc. non attribuisce all'autorità
ecclesiastica alcuna specie di potere sul vincolo, e quiJ1çli sul rapporto
che, con la trascrizione del matrimonio celebrato con il rito cattolico
nei registri dello stato civile, viene a formarsi tra i due coniugi nell'or·
dinamento statuale.
La « riserva » ai tribunali e dicasteri ecclesiastici « del potere di conoscere delle cause di nullità del matrimonio c.d. concordatario, nonchè
della dispensa del matrimonio rata e non consumato ,, (sent. della C.
cost. n. 176 · 1973, par. 4), stabilita nel comma quarto dell'art. 34 Conc.,
secondo la tesi in terpt·etativa da qualche anno propugnata dallo Stato
italia no, non è in contrasto con tale interpretazione restrittiva del primo
comma del medesimo articolo, in q uanto si spiega con il fatto che,
avendo lo Stato nel matrimonio concordatario assunto, come fonte del
vincolo matrimoniale civile, l'atto matrimoniale canonico (con i suoi
«presupposti» e con i suoi «requisiti»), ad esso è sembrato logico
lasciar giudicare tale atto ai tribunali e dicasteri ecclesiastici sulla base
delle norme canoniche che lo regolano (norme che, tra l'altro, suppongono che la « cons umazione , del matrimonio debba ritenersi « perfezionativa, del contratto matrimoniale) (16).
2)
per altro, sottolineato che anche la tesi interpretativa della
Santa Sede ha una sua logica interna: una logica che è legata, più che
non alla « lettera », allo « spirito , e alla « ratio » degli Accordi che furono stipulati nel 1929 tra la Santa Sede e l'Italia.
Nella « Nota vaticana » del 13 giugno 1970 è stato fatto osservare
che all'origine dci Patti Lateranensi vi fu, senza a lcun dubbio, una
« voluntas paciscendi » sulla materia in questione, e che tale « voluntas ,
formata ed espressa dalla Santa Sede, e mai da essa revocata, era quell a
di escludere la possibilità della revoca, da parte dello Stato, degli «effetti
civili , riconosciuti dallo Stato medesimo ai matrimoni celebrati secondo il rito concordatario: la Santa Sede esigeva, cioè, per tutti e
singoli tali matrimoni, un riconoscimento degli «effetti civili» che durasse finchè i matrimoni stessi rimanessero in vita .nell'ordinamento canonico.
La Santa Sede ha detto di aver «motivo di ritenere che non diversa
da questo suo intendimento fu nella sostanza anche la "voluntas paciscendi" dello Stato italiano »; ha spiegato che, « al termine delle trat-
v;,
(16) Per uno sviluppo abbastanza ampio di queste e di altre considerazioni
e deduzioni, v. O . PuGLIESE, L'interpretazione dell'art. 34 deL Concordato ecc.,
cit., colonne 129-141 ; cfr. Inoltre, del medestmo A., Concordato e divorzio in una
c Lettura • di Salv atore Satta, In Giurisprudenza italiana, vol. CXXlli (1971), p.
IV, colonne 81-86.
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tative, emerse anche su questo punto la piena identità di vedute [tra le
Parti] »; ha aggiun to che lo Stato italiano intendeva « riconoscere ~tli
effetti civili a l matrimonio religioso proprio per. " ridonare a ll'istituto
del ma trimonio [ ... ] dignità conforme a lle tradizioni cattoliche del suo
popolo" (art. 34 Conc., comma 1) », e che «non è neppur pensa bile che
lo S tato abbia inteso ridare al matrimonio questa dignità mediante un
riconoscimento che fosse "revocabile" poi a sua discrezione»; ha concluso che « suffragano questo intendimento dello Stato italiano tutte le
disposizioni normative, emanate a i vari livelli dagli organi statali, per
l'applicazione concreta della norma concordataria» (17).
Abbiamo constatato come a l problema dell'interpretazione dell'articolo 34 Conc., - visto in re lazione con l'altro problema, più concreto,
del con tras to che esisterebbe, o meno, tra ta le norma costituzionalmente «coperta» e l'art. 2 della legge n. 898 del 1970, istitutiva del divorzio -, si possano dare, e di fatto s i diano dalle principali parti in causa,
soluzioni add irittura opposte. Va, in ogni caso, giudicato positivamente che , s u temi così delicati, scottanti e complessi, la discussione, almeno nei documenti ufficiali, si sia svolta, non solta~to In termini di
estrema chiarezza, ma altresì in un'atmosfera di reciproco rispetto (ci
sono sembrate, in tal senso, esemplari, pur con i loro evidenti difetti,
sia formali sia di sos tanza, le sentenze della Corte costituziona le che
abbiamo esaminate).
Nel quadro del con testo storico in cui viviamo, cl lascia però preoccupati un aspetto sconcertante dell'Intera vicenda: ed è il fatto che il
Governo italiano, e prima e dopo l'approvazione dell a legge divorzista,
ha del tutto disa tteso l'inequivoca n orma contenuta nell 'art. 44 Conc.,
la quale sta bilisce: " Se in avvenire sorgesse ,qualche difficoltà s ulla interpre tazione del presente Concorda to, la Santa Sede e l'Ita lia procederanno di comune intelligenza ad una am ichevole soluzione». Riteniamo che un cittadino italiano di sentimenti sinceramente democratici quale che sia la sua opinione politica a riguardo dei Patti del 1929 e,
in particolare, a riguardo del « regime concordatario » voluto dall'art. 7
della Carta costituzion ale per la disciplina dei rapporti tra Stato e
Chiesa ne l nostro Paese - non possa non intuire q uali pericoli per la
democrazia si nascondano in una situazione politica nella q ua le un governo può di fa tto impunemente permettersi di violare il fondamenta le
principio « Pacta sunt servanda ''·
(17) c Nota Vaticana » del 13 giugno 1970, clt ., p. 3 7 .
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