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STORIA DELLA CHIMICA
L’alchimia
La chimica classica è nata solo alla fine del Settecento: prima, a differenza delle altre discipline scientifiche, la chimica ha faticato a disgiungere tradizioni, superstizioni, magia e rigore. Questa fase è nota come
alchimia.
Sarebbe però sbagliato parlare genericamente di
alchimia senza distinguere tra i vari periodi: alchimia
alessandrina, alchimia araba, alchimia medioevale e
alchimia rinascimentale.
L’alchimia alessandrina nacque in Egitto in età ellenistica, per la contaminazione fra le teorie greche sulla
natura della materia e le capacità pratiche degli
Egiziani. In questo periodo l’alchimia è intrisa anche di
significati religiosi; gli alchimisti si esprimevano con
simboli e linguaggi difficili da decifrare, per un duplice
scopo: da un lato mantenere segrete le conoscenze
acquisite, dall’altro sottolineare che la pratica alchemica aiutava a entrare in contatto con la natura più intima della materia e quindi con la divinità.
Primo obiettivo dell’alchimia era la trasformazione
dei metalli allora noti (oro, argento, rame, ferro, stagno,
piombo e mercurio) in altri metalli più pregiati, in particolare in oro; gli alchimisti alessandrini infatti erano
molto esperti nella lavorazione dei metalli. A ogni
metallo era associato un pianeta: di questa tradizione è
rimasta oggi traccia nel nome del metallo mercurio.
Fu solo a partire dal settimo secolo, quando gli
Arabi giunsero in Egitto, che tra gli interessi degli
alchimisti trovò spazio anche la medicina: si iniziò a
cercare un «portentoso elisir» in grado di guarire tutte
le malattie e donare l’immortalità. In questo periodo si
diffuse inoltre la credenza che i metalli fossero ottenuti dalla mescolanza di mercurio e zolfo, principi a cui
poi si aggiunse anche il sale.
A cavallo dell’anno mille visse e operò il medico
arabo noto come Avicenna, che si dedicò all’applicazione dell’alchimia alla medicina.
Con le Crociate, l’Europa conobbe il mondo arabo
e l’alchimia si trasformò di nuovo: tra i più importanti
cultori dell’alchimia medioevale vi furono Alberto
Magno, San Tommaso d’Aquino e Ruggero Bacone.
All’inizio del Rinascimento acquistarono sempre
maggiore importanza le applicazioni pratiche rese possibili dall’alchimia, nel campo della metallurgia, della
mineralogia e della medicina. L’esponente più importante di quella che presto venne chiamata iatrochimica
fu Paracelso.
Paracelso e la iatrochimica
Durante il Rinascimento, venivano riscoperti gli autori
antichi: in campo medico, i greci Galeno e Ippocrate e
il latino Celso, a cui il medico svizzero fa esplicito riferimento nella scelta del proprio pseudonimo.
Paracelso propose uno scarto rispetto ai suoi predecessori Galeno e Avicenna. Oltre che sull’alchimia, la
sua arte medica doveva fondarsi sulla filosofia, sull’astrologia (perché la salute è influenzata dagli astri) e
sull’etica. Nella filosofia di Paracelso, al centro del
mondo vi era l’uomo; per questo i prodotti della natura dovevano essere trasformati tramite l’alchimia in
prodotti utili per la cura del corpo umano, quindi a servizio della medicina.
A differenza dei suoi predecessori Paracelso, che
combatteva contro la convinzione che le malattie fossero punizioni divine, non cercava un elisir in grado di
guarire tutti i mali: aveva infatti compreso che ogni
malattia aveva una causa diversa e quindi necessitava
di rimedi specifici.
Oltre ai farmaci derivati da piante, Paracelso introdusse nella medicina anche composti di origine inorganica. Per quanto questo nuovo approccio fosse corretto, oggi sappiamo che la maggior parte dei composti
utilizzati tra il Seicento e il Settecento come farmaci –
a base di mercurio, piombo, arsenico e antimonio –
poteva anche causare gravi effetti collaterali.
Paracelso viene anche ricordato come lo scopritore
dello zinco in forma metallica. Dal punto di vista chimico, isolò inoltre l’etere solforico e capì che l’aria non
era un «corpo semplice».
Paracelso non rinnegò completamente le basi dell’alchimia che lo aveva preceduto: continuava infatti a
sostenere la validità dei quattro elementi e dei tre principi costitutivi (mercurio, zolfo e sale) e cercò di unificare le due teorie.
Brady, Senese CHIMICA © Zanichelli 2008
Storia della chimica
Il medico svizzero Theophrastus Bombastus von
Hoheneheim (1493-1541), più noto come Paracelso, è
uno dei più famosi alchimisti dell’epoca rinascimentale; a lui si deve in particolare lo sviluppo della iatrochimica (la chimica al servizio della medicina).
Paracelso studiò in Italia dove visitò numerose città
sedi di famose scuole di medicina, come Padova e Salerno. Insegnò per un periodo medicina all’Università
di Basilea. Morì a Salisburgo, dove era stato ospitato
dall’arcivescovo.
Per l’influenza che il pensiero di Paracelso ebbe sui
suoi contemporanei sono state scritte su di lui numerose
biografie, che mescolano aneddoti, leggende e realtà.
Paracelso scrisse molte opere, tra cui in particolare
Paragranum, sul rapporto tra medicina e alchimia, ma
la maggior parte dei suoi scritti fu pubblicata postuma,
corredata di commenti dei suoi discepoli.
Alcuni dei testi paracelsiani furono scritti in tedesco
(non in latino come avevano fatto i suoi predecessori):
per questo, e perché bruciò pubblicamente le antiche
opere dei medici Galeno e Avicenna, Paracelso è noto
anche come il «Lutero della medicina».
PARACELSO
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