SINESTETICA e SINESTESIA
GRUPPO SINESTETICO
SINESTETICA e SINESTESIA
GRUPPO SINESTETICO
a Nicola
SINESTETICA e SINESTESIA
GRUPPO SINESTETICO
2
Gruppo SINESTETICO
www.grupposinestetico.it
Torreglia (PD) - ITALIA
Europa
Editor: Gruppo Sinestetico
The Author: Gruppo Sinestetico
Graphic design: Matteo Albertin
Cover Art by: Giancarlo Pavanello
Scritti: Raffaelle Bottin, Maria Luisa Trevisan, Cecilia Vasoin, Alessandra Pucci,
Marco Mancassola, Anna Boschi, Filly Cusenza, G. Ruggerini e G. Toni, Gruppo
Sinestetico, Matteo Albertin, Lamberto Pignotti, Marco Noaro e Barbara Lorenzetti,
Simon Longo, Michela Gamba, Nicola Frangione, Claudio Barzaghi, Monica Michelotti,
Flavia Fernandes, Valeria Bertin, Claudia Militina e Nelson Maravalhas Junior, Catia,
Silvia Tolin, Guglielmo Di Mauro, Alberto Vecchiato, Mauro Carrera, autori vari.
Photographer:
Andreas Ender, Rafael Roa, Alessandro Dussin, Matteo Albertin, Gianluca Scordo,
Silvia Tolin, Valeria Bertin, Claudia Militina, Antonio Sassu,
INDICE
pag. 9
introduzione
pag. 10 Organi di senso - di Raffaelle Bottin
pag. 30 Epoca ipervisiva - di Maria Luisa Trevisan
pag. 32 Il profumo - di Cecilia Vasoin
pag. 34 Io venni in loco d’ogni luce muto - di Alessandra Pucci
pag. 36 Dei sensi - di Marco Mancassola
pag. 38 Vedere un’emozione - di Anna Boschi
pag. 40 Una nuova disciplina sinonimo di piacere
ed esibizione gioiosa del linguaggio - di Filly Cusenza
pag. 42 Circolazione a più sensi. Quando l’arte vive la dimensione
pluri-percettiva e pluri-esperenziale - di G. Ruggerini e G. Toni
pag. 48 Conversazione tra ag52 ed il Gruppo Sinestetico
pag. 52 Alla ricerca della sinestesia - di Gruppo Sinestetico
pag. 56 Nella misteriosa cucina di un alchimista - di Matteo Albertin
Printed by: Blurb.com
Number printed: 50 copies - Special Edition
pag. 58 Scrittura verbo-visiva e sinestetica - di Lamberto Pignotti
All copyright to concept and pictures Gruppo Sinestetico
Gruppo Sinestetico, and the authors 2011
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pag. 60 Ai crocevia dei sensi: dall’estetica alla sinestetica - di Lamberto Pignotti
pag. 168 Intervista a Catia - di Gruppo Sinestetico
pag. 70 Negozi multisensoriali: come aspetti legati alla percezione
influenzano il comportamento umano di Marco Noaro e Barbara Lorenzetti
pag. 172 Il tuo corpo cambia colore - di Silvia Tolin
pag. 76 Me art and media pt 2003-2005 - di Simon Longo
pag. 98 Onde - di Michela Gamba
pag. 118 Performing art e utopia concreta, oltre la multimedialità - di Nicola Frangione
pag. 122 Non ci sono più le mezze stagioni - di Claudio Barzaghi
pag. 128 La sinestesia - di Monica Michelotti
pag. 130 Sensazioni - di Flavia Fernandes
pag. 174 Sinestesia come trasferimento di materia - di Guglielmo Di Mauro
pag. 176 La scienza è sinestetica? - di Gabriella Bernardi
pag. 182 La sinestesia è la mia morfina - di Mauro Carrera
pag. 186 Tractatus logicus-sinaestheticus - Mauro Carrera
pag. 190 Zig Zag Sinestetico - autori vari
pag. 196 Visioni profumate di gustosi suoni levigati - Gruppo Sinestetico
pag. 132 La lingua degli angeli - di Valeria Bertin
pag. 142 Sin=com +aesthesis=sensaҫão - di Claudia Militina e Nelson Maravalhas Junior
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introduzione
Questo lavoro è stato pensato per dare lo
spunto ad una ricerca più approfondita sulla sinestesia e sulla percezione sensoriale.
Sono stati raccolti scritti e immagini donati
gentilmente da amici pittori, scrittori, musicisti, fotografi, artisti, astronomi, medici, ecc...
Il libro vuole essere uno stimolo
alle vostre personali ricerche.
il Gruppo Sinestetico
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9
ORGANI DI SENSO
Raffaele Bottin Medico Chirurgo
Università degli Studi di Padova
COMUNICAZIONE
I recettori sensoriali ci permettono di
interagire con l’ambiente esterno e anche
con quello interno. Questa comunicazione in
senso biologico inizia con la vita stessa, cioè
circa 4 miliardi di anni fa; con essa iniziano
a funzionare gli strumenti che regolano gli
ingressi dall’ambiente all’individuo, le uscite
dall’individuo all’ambiente e l’elaborazione ed
il processamento interni all’individuo.
Con il termine comunicazione intendiamo:
- uno scambio di messaggi od informazioni
tra due o più persone;
- di norma multimediale e multicanale e che
impiega, qualsiasi collegamento fra qualsiasi
uscita espressiva e qualsiasi ingresso sensopercettivo;
- di vario grado di sofisticazione;
- realizzata mediante una serie di segni
arbitrari, raggruppabili in codici, liberamente
scelti in modo diretto o indiretto dai partner
comunicativi secondo parametri storici,
geografici, culturali, educativi economici etc;
- dettata da necessità o per desiderio.
La componente sensoriale costituisce
pertanto
una
componente
essenziale
dell’anello comunicativo.
Attraverso gli organi di senso i segnali
chimico-fisici provenienti dall’ambiente si
traducono in segnali neuro-biologicisi che si
proiettano attraverso le vie sensoriali centrali
all’area corticale, si sviluppano le capacità
gnosico-percettive.
10
E’ da ricordare che mentre le capacità
sensoriali sono congenite cioè presenti alla
nascita, quelle percettive sono acquisite e
pertanto si perfezionano con l’età e sono
diverse da individuo ad individuo in rapporto
all’educazione e alle esperienze personali.
E’ da ricordare, inoltre, che lo sviluppo delle
capacità gnosico-percettive sono preliminari
perché si sviluppino le capacità espressive.
I SENSI
Le informazioni sull’ambiente interno
ed esterno pervengono al sistema nervoso
centrale (SNC) tramite svariati recettori
sensoriali che permettono di convertire
le varie forme di energia dell’ambiente in
potenziali d’azione nei neuroni.
I recettori sensoriali possono essere parte
di un neurone o cellule specializzate che
generano dei potenziali d’azione nei neuroni;
spesso il recettore è associato con cellule
non nervose che lo circondano, formando un
organo di senso.
Poiché le forme di energia che pervengono
dall’ambiente sono di varia natura (meccanica,
termica, chimica), ne consegue che vi è
necessità di recettori sensoriali specifici. In
ciascun organo di senso, infatti, i recettori si
sono adattati a rispondere ad una particolare
forma di energia con una soglia molto più
bassa di quella presentata da altri recettori.
La forma di energia alla quale un dato
recettore è particolarmente sensibile si
chiama stimolo adeguato. Tuttavia bisogna
ricordare che i recettori possono rispondere
11
anche a forme di energia diverse dallo stimolo
adeguato, ma la loro soglia per questi stimoli
non specifici è molto più alta (ad esempio
la pressione esercitata sul globo oculare
può stimolare i coni ed bastoncelli sensibili
alla luce, ma la soglia di questi di fronte alla
pressione è molto più elevata di quella dei
recettori cutanei del tatto).
CLASSIFICAZIONE DEGLI ORGANI DI
SENSO
Sono stati fatti numerosi tentativi di
classificazione degli organi di senso,tuttavia
ogni classificazione può considerarsi arbitraria
ed incompleta
Alle scuole elementare si insegna che vi
sono “5 sensi” (olfatto, vista, udito, gusto e
tatto), in realtà sono certamente più numerosi
gli organi si senso il cui stimolo arriva a livello
di percezione ed ancora più numerosi quelli
che rimangono a livello di sensazione
Sensazione: è l’attività degli organi di
senso, attività che ci mette in contatto con la
realtà esterna, con gli stimoli ambientali, ma
che non giungono al livello di coscienza.
Percezione è un gradino più elevato della
sensazione perché inizia un meccanismo di
coscienza.
Tradizionalmente si classificano i sensi in:
- speciali: olfatto, vista, udito, accelerazione
lineare ed angolare ed gusto;
- cutanei: tatto-pressione, freddo, caldo,
dolore cutaneo
- viscerali: devoluti alla percezione
dell’ambiente interno, compreso il dolore
12
viscerale
Un’altra classificazione distingue i recettori
in
- telerecettori: che sentono l’ambiente
estero lontano (olfatto, vista, udito)
- esterocettori: che sentono ‘ambiente
esterno per contatto (tatto-pressione, freddo,
caldo e dolore cutaneo)
- interocettori: che sentono l’ambiente
interno;
- propriocettori: che informano in ogni
istante sulla posizione del corpo nello spazio
(tuttavia l’immagine cosciente del proprio
corpo è in realtà la sintesi della stimolazione
non solo dei propriocettori, ma anche degli
esterocettori)
Ancora altre sono le proposte di classificare
in gruppi i sensi, , ma senza pieno successo.
Si ritiene inoltre che la lista dei “sensi inconsci”
debba con le ricerche future allungarsi .
I recettori sensoriali non solo sono specifici
per lo stimolo chimico-fisico che deve essere
rilevata ma hanno anche un comportamento
d’azione diverso.
Se ad un recettore viene applicato uno
stimolo prolungato di intensità costante, la
frequenza degli impulsi nella fibra nervosa
afferente
diminuisce
progressivamente.
Questo fenomeno si chiama adattamento o
desensiblizzazione.
I recettori per il tatto si adattano
rapidamente e sono pertanto chiamati
fasici, mentre altri quali quelli del dolore, del
freddo, della distensione polmonare ed altri si
13
adattano lentamente e in modo non completo
e per questo sono chiamati tonici.
Questi
diversi
comportamenti
alla
stimolazione prolungata hanno certamente
spiegazione su base anatomo-fisiologica, ma
non vi è dubbio che ad esempio sensazioni
dolorose perderebbero parte del loro valore di
segnali di allarme se i recettori mostrassero
un rapido adattamento.
Un’altra caratteristica che accomuna gli
organi di senso è la legge della proiezione:
qualunque sia il punto che viene stimolato
lungo una via sensitiva nel suo percorso verso
la corteccia cerebrale, a sensazione cosciente
prodotta viene sempre riferita alla sede del
recettore. E’ cosa nota che gli amputati
ad un arto sentano spesso dolori intensi o
sensazioni propriocettive nell’arto mancante
(“arto fantasma”).
Analizzando
rapidamente
alcune
caratteristiche degli organi di senso.
TATTO
La distribuzione dei recettori del tatto non
sono distribuiti in modo uniforme nelle cute.
Sono molto numerosi nella cute delle dita e
delle labbra e relativamente rari in quella del
tronco. Ciò comporterà una diversa capacità
di discriminazione a seconda della sede
interessata.
Pertanto la rappresentazione a livello
della corteccia cerebrale sarà in relazione
alla diversa concentrazione di fibre afferenti
dalle varie parti del corpo determinando il
cosiddetto”homunculus” sensoriale (v. Fig)
14
PROPRIOCEZIONE
Gli impulsi propriocettivi provenienti da
recettori situati nelle articolazioni o vicino
ad esse vengono condotte in gran parte al
cervelletto ed in parte alla corteccia cerebrale
dando coscienza della posizione delle varie
parti del corpo nello spazio. Altri recettori simili,
che inviano stimoli a livello corticale dove si
integrano con quelli di altra provenienza, sono
ubicati nei legamenti, nei fusi neuromuscolari,
nella cute.
TEMPERATURA
Vi sono due organi di senso per
la temperatura: quelli che rispondono
massivamente a temperature poco superiori
a quella corporea (caldo) e quelli che
rispondono massivamente a temperature
poco inferiori (freddo). I recettori sensibili al
freddo sono 4-10 volte più numerosi rispetto
a quelli sensibili al caldo.
I recettori per il freddo rispondono da 10 a
38 °C, quelli per il caldo da 30 a 45°C.
Il fenomeno dell’adattamento si manifesta
tra 20 e 40°C.
Al di sopra di 45°C comincia il danno
tessutale la sensazione diventa dolorosa.
DOLORE
I recettori del dolore sono terminazioni
nervose nude presenti in quasi tutti i tessuti
corporei. Gli impulsi sono condotti al SNC
da due sistemi di fibre: tipo A∂ composta da
fibre mielinche e tipo C composta da fibre
15
amielinche.
L’esistenza di 2 vie per il dolore, una
lenta e l’altra a conduzione rapida, spiega
l’osservazione fisiologica che vi sono due tipi
di dolore. Uno stimolo dolorifico provoca una
sensazione “acuta” netta e ben localizzata,
seguita da una sensazione “sorda” intensa più
diffusa e spiacevole. Queste due sensazioni
dolorose sono chiamate in modo vario: dolore
rapido e dolore tardivo.
Vi sono molte prove che la percezione
di stimoli sensoriali può verificarsi anche
in assenza di corteccia cerebrale, e ciò è
particolarmente vero per il dolore.
Il dolore è unico fra le sensazioni, in quanto
possiede una intrinseca componente emotiva
sgradevole.
Contrariamente al dolore superficiale il
dolore profondo è poco localizzato, provoca
nausea, ed è spesso associato a sudorazione
e variazioni della pressione arteriosa.
PRURITO E SOLLETICO
Una stimolazione molto lieve, specialmente
se prodotta da qualcosa che si muova sulla
pelle, produce prurito e solletico.
E’ interessante notare come la sensazione
si solletico sia piacevole, mentre il prurito è
per lo più sgradevole.
Il grattamento allevia il prurito perché attiva
le grosse fibre afferenti a conduzione rapida
che controllano la trasmissione nelle corna
posteriore del midollo spinale..
Il prurito si manifesta soltanto sulla cute,
negli occhi ed il alcune mucose; mai nei
16
tessuti profondi o nei visceri.
VISTA
L’occhio è un complesso organo di
senso costituito da uno strato di recettori ed
u sistema di lenti che mette a fuoco la luce
sui recettori, ed un sistema di neuroni che
conduce gli impulsi dai recettori al cervello.
Gli
occhi
convertono
l’energia
elettromagnetica dello spettro del visibile
in potenziali d’azione nel nervo ottico. La
parte visibile dello spettro è compresa fra le
lunghezze d’onda (_) di 397 e 723 nm. Le
immagini degli oggetti del mondo esterno
vengono messe a fuoco sulla retina
La retina è organizzata dai recettori visivi,
coni e bastoncelli, e da quattro tipi di neuroni.
I raggi luminosi colpendo la retina, generano
potenziali d’azione nei coni e bastoncelli. Gli
impulsi prodotti sulla retina sono trasmessi
alla corteccia cerebrale dove producono la
sensazione della visione
In ciascun occhio umano vi sono circa 6
milioni di con e 120 milioni di bastoncelli,
mentre le fibre del nervo ottico che conducono
gli impulsi visivi alla corteccia cerebrale sono
circa 1,2 milioni. Ne risulta la convergenza
dei recettori visivi sulle cellule gangliari e di
circa 100:1. Tuttavia è da notare che a livello
corticale il numero di neuroni interessati alla
visione e 1000 volte quello delle fibre che
compongono i nervi ottici.
Le variazioni di potenziale d’azione nella
retina sono generate dall’azione della luce su
composti fotosensibili presenti nei coni e nei
17
bastoncelli.
Questi composti fotosensibili presenti
nell’occhio umano e della maggior parte dei
mammiferi, sono formati da una proteina,
detta opsina, e da l’aldeide della vitamina a,
detta retinene 1
Il pigmento fotosensibile presente nei
bastoncelli presenta una sensibilità massima
alla luce di λ 505 nm. I bastoncelli grazie
alla reazione dei composti fotosensibili
in essi contenuti determinano una rapida
amplificazione del segnale luminoso tanto
da produrre una risposta percettibile ad una
quantità di luce stimolante bassa quanto
quella di un fotone.
Nei primati esistono 3 differenti tipi di coni.
Questi recettori permettono la visione dei
colori e rispondono massivamente a luce di λ
di 440, 535 e 565 nm corrispondente alla λ dei
3 colori primari
Acuità visiva: è il grado fino al quale i
dettagli possono essere percepiti, cioè la
minima distanza da cui 2 linee possono
essere separate ed essere percepite come
tali. L’acuità visiva è un fenomeno complesso,
al quale concorrono diversi fattori, fra i
quali lo stato dei meccanismi di formazione
dell’immagine, lo stato funzionale della retina
e in modo particolare dei coni, il grado di
illuminazione e di luminosità, il contrasto tra
stimolo e sfondo e la durata di esposizione
dello stimolo.
Frequenza critica di fusione: è la capacità
di risoluzione temporale dell’occhio, cioè
la frequenza alla quale gli stimoli possono
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essere presentati ed essere percepiti come
stimoli distinti. Gli stimoli presentati ad una
frequenza più alta di quella critica vengono
percepiti come stimolo continuo. Le immagini
video appaiono come movimento perché
i fotogrammi vengono presentati con una
frequenza superiore a quella critica.
Visione binoculare: il campo visivo di ogni
singolo occhio è la porzione di mondo esterno
visibile: teoricamente esso dovrebbe essere
circolare, ma in realtà è limitato medialmente
dal naso e superiormente dal tetto dell’orbita
oculare.
Le parti centrali dei campi visivi dei due
occhi coincidono; pertanto tutto ciò che si
trova in questa parte del campo visivo viene
visto con visione binoculare. Gli impulsi
generati dalle due retine dai raggi luminosi
provenienti dall’oggetto vengono fusi a livello
corticale in una immagine singola.
Alla visione binoculare viene spesso
assegnato un importante ruolo nella
percezione della profondità. In realtà tale
percezione è per gran parte monoculare,
dipendendo dalle dimensioni relative degli
oggetti, dalle loro ombre e, nel caso di
oggetti in movimento, dai loro movimenti
relativi gli uni rispetto gli altri (parallasse di
movimento). Tuttavia, la visione binoculare
esalta l’apprezzamento della profondità e
delle proporzioni.
UDITO
Organo
di
senso
deputato
comunicazione verbo-acustica.
alla
19
La condizione per la quale possiamo
acquisire il linguaggio è l’integrità del sistema
acustico.
L’organo di senso dell’udito è contenuto
nell’orecchio interno all’interno di una struttura
ossea a forma di chiocciola di 2 giri e ¾ della
lunghezza di circa 35mm. All’interno di questa
struttura, avvolto da un liquido chiamato
perilinfa, si trova il labirinto membranoso
ripieno al suo interno di un liquido chiamato
endolinfa. Non vi è alcuna comunicazione tra
peri- ed endolinfa.
Le cellule sensoriali uditive sono cellule
ciliate contenute nella parte di labirinto
membranoso della chiocciola chiamato
organo del Corti. All’interno di questore cellule
ciliate neurosensoriali sono disposte in 3 file
di cellule ciliate esterne e 1 fila di cellule ciliate
interne. Le prime sono circa 20 mila, mentre le
seconde circa 3500.
Le cellule ciliate interne sono in
collegamento col 90-95 % dei neuroni afferenti
al SNC mentre le cellule ciliege esterne sono
collegate con la maggio parte dei neuroni
efferenti dal SN.
Il movimento delle cilia delle cellule uditive
determina il generasi del potenziale d’azione
che conduce lo stimolo alle vie uditive centrali
fino alla corteccia uditiva.
Il suono è la sensazione prodotta
dall’azione, sulla membrana timpanica, delle
vibrazioni delle molecole del mezzo che
costituisce l’ambiente esterno, cioè delle fasi
alterne di condensazione e rarefazione delle
molecole. Queste onde viaggiano nell’aria
20
alla temperatura di 20°C e al livello del mare
alla velocità di circa 344m/s; la loro velocità
aumenta con la temperatura e l’altitudine.
L’intensità di un suono è correlata
all’ampiezza dell’onda sonora, mentre
l’altezza o tono (tonalità) con la loro frequenza.
Maggiore è l’ampiezza dell’onda sonora tanto
più intenso è il suono; tanto maggiore e la
frequenza tanto più alto è il suono.
Onde sonore , anche se di forma
complessa, che si ripetono regolarmente
sono percepite come suoni, mentre vibrazioni
aperiodiche non ripetitive sono percepite
come rumori.
La maggior parte dei suoni musicali
sono costituiti da onde con una frequenza
primaria che determina l’altezza del suono
(fondamentale) e da un certo numero
di vibrazioni armoniche (sovratoni) che
conferiscono al suon il suo caratteristico
timbro.
Per essere uditi, i segnali acustici devono
giungere all’orecchio con un intensità
sufficiente.
Il livello di intensità minima al quale è
possibile percepire il suono, o soglia uditiva
assoluta, è stato stabilito su base statistica
su indagini effettuate su gruppi di individui
giovani senza precedenti patologici a carico
dell’orecchio. Con tali criteri si è stabilito
di adottare come zero di riferimento i livelli
di pressione sonora di 0,0002 dine/cm²
corrispondente ad una potenza di 10ˉ¹² Watt.
L’orecchio umano è in grado di udire
suoni compresi in una grande estensione di
21
intensità. Fra l’intensità minima alla quale
è possibile percepire un suono (soglia di
udibilità) e l’intensità massima alla quale è
possibile percepire lo stesso suono (soglia
del dolore), c’è un rapporto di /10¹². Volendo
fare una rappresentazione grafica di questa
differenza avremmo da un lato un tratto di
1mm e dall’altro uno di 1.000.000 di Km.
Se l’intensità sonora venisse indicata
direttamente espressa con la sua intensità
fisica dovremmo usare quindi numeri con
molte cifre e questo sarebbe poco pratico:
si è proposto allora di indicare l’intensità con
un’espressione esponenziale di base 10 ed
adottare l’esponente come unità di misura.
Questa unità è indicata come BEL. Essendo
poi questa unità troppo grande per gli usi
pratici, per misurare l’intensità sonora, si è
deciso di adottare la decima parte del Bel che
è stata chiamata decibel indicata col simbolo
dB.
Le frequenze udibile dall’orecchio umano
normale si estendono da un minimo di 20 ad
un massimo di 20.000 cicli/secondo o Hertz
(Hz). Al di sotto di tale soglia si passa nel
campo degli infrasuoni sensibili al tatto ed al
di sopra negli ultrasuoni.
La soglia dell’orecchio umano varia a
seconda della tonalità del suono: la massima
sensibilità si trova tra i 500 e i 4000 Kz.
L’orecchio umano ha un ottimo potere
discriminativo per la differenza di frequenza,
potere che è dell’ordine del 3‰ per le
frequenze intorno a 1000Hz ad un livello di 40
22
dB sopra la soglia: è possibile cioè distinguere
un tono di 1000 Hz da uno di 1003 o da uno di
997 Hz. Questo potere discriminativi è meno
buono per i toni acuti e ancor meno per quelli
gravi.
Un orecchio normale, a livelli di intensità
superiori ai 20 dB sopra soglia, il potere
discriminativi per differenze di intensità è di
circa 0,5 dB.
La sensazione soggettiva di frequenza
subisce una distorsione in rapporto con
l’intensità: questa distorsione fa sì che i toni
acuti sembrino più acuti e quelli gravi più gravi
se l’intensità è elevata: la distorsione è minima
per frequenze situate intorno ai 1000 Hz.
L’adattamento , tipico per tutti i sistemi
sensoriali, non fa eccezione per l’udito. Questo
fenomeno interessa solo l’orecchio stimolato e
deve essere considerato quindi un fenomeno
periferico che interessa il recettore sensoriale.
L’adattamento si osserva dopo esposizione
per stimoli sonori di bassa intensità e breve
durata ed il ritorno ai valori normali di soglia e
quasi immediato (entro 0,4sec).
La fatica uditiva si osserva invece dopo
esposizione a suoni di elevata intensità e
lunga durata e persiste dopo la cessazione
dello stimolo. Tale innalzamento transitorio
della soglia vale per entrambi gli orecchi e
pertanto deve considerarsi un fenomeno
centrale.
Localizzazione della sorgente sonora:
anche con un solo orecchio è possibile
individuare in modo approssimativo la
direzione da cui proviene un suono. La
23
localizzazione della sorgente sonora è però
principalmente legata all’ascolto binaurale
e si basa sulla differenza tra i segnali che
giungono ai due orecchi.
Se la sorgente sonora è situata esattamente
di fronte a chi ascolta i segnali giungono
contemporaneamente ai due orecchi, alla
stessa intensità e nella stessa fase. Se
la sorgente sonora invece è localizzata
lateralmente, tra i due segnali che giungono ai
due orecchi esisterà una differenza di tempo,
di intensità e di fase.
L’orecchio umano è sensibile alla fase
solo per i suoni gravi inferiori ai 1000 Hz,
mentre i suoni acuti sono localizzati in base
alla differenza di tempo e di intensità, perché
è proprio per i suoni acuti che è più evidente
‘effetto schermo della testa, effetto questo
trascurabile per i suoni gravi.
OLFATTO
L’olfatto e’ l’organo di senso che assieme
all’udito ha consentito lo sviluppo dei
mammiferi.
I recettori olfattivi sono localizzati in una
zona specializzata della mucosa nasale, detta
membrana olfattoria, posta sul tetto delle
fosse nasali. L’area olfattoria, che nell’uomo
occupa appena circa 5 cm², contiene cellule
di sostegno e cellule progenitrici dei recettori
olfattivi e frammiste a queste 10-20 milioni di
cellule recettrici.
E cellule recettrici in realtà sono dei neuroni
per cui si può dire che la membrana olfattoria
costituisce il luogo dove il sistema nervoso è
più vicino al mondo esterno.
I neuroni olfattivi hanno un emivita di
poche settimane e sono pertanto sostituiti
continuamente dalle cellule progenitrici.
La membrana olfattoria è costantemente
ricoperta da muco prodotto da ghiandole dette
di Bowman localizzate nella sottomucosa.
I recettori olfattivi rispondono solo a
sostanze che giungono a contatto e che sono
disciolte nel sottile strato di muco che ricopre
la membrana olfattoria.
La discriminazione olfattiva qualitativa è
notevole: l’uomo può distinguere più di 10.000
odori differenti. La sua capacità di discriminare
differenti intensità di odore è invece scarsa:
per poter cogliere una diversa intensità dello
stesso odore la concentrazione con cui ‘area
olfattoria deve venire a contatto deve essere
variata di circa un 30%.
La soglia olfattiva è invece estremamente
bassa: pochi picogrammi di sostanza odorosa
per litro d’aria sono sufficienti alla stimolazione
dei recettori. Questa soglia varia a seconda
delle sostanze odorose inalate.
Alla formazione dei recettori olfattori
contribuiscono circa l’1% del menoma umano.
Ciò spiega l’ampia capacità di riconoscere
odori diversi (più di 10.000). Si può affermare
che i recettori olfattori costituiscono la più
grande famiglia dei recettori sensoriali,
nonostante la semplicità di struttura e
funzionamento dell’olfatto.
Le sostanze odorose veicolate dall’aria
inspirata attraverso il naso devono essere
idrosolubili per attraversare lo strato di muco
idrofilo e arrivare a contatto con i recettori
AMARO
ACIDO
ACIDO
SALATO
SALATO
DOLCE
24
25
olfattivi. Le sostanze odorose lipofile possono
tuttavia superare la barriera del muco perché
il muco olfattivo contiene proteine leganti tali
sostanze odorose (“odorant-binding protein”)
che concentrerebbero le sostanze odorose e
le veicolerebbero ai recettori.
In molti mammiferi è presente una seconda
area olfattoria lungo il setto nasale: l’organo
olfattorio vomeronasale. Questa struttura è
implicata nella percezione degli odori che
funzionano come ferormoni e le cui afferenze
hanno effetti importanti sul comportamento
sessuale e riproduttivo.
Nell’uomo questo organo è poco
rappresentato.
Si ritiene che l’olfatto sia più acuto
nelle donne che nell’uomo e, nelle donne,
soprattutto al momento dell’ovulazione.
L’adattamento ad una sostanza odorosa
è piuttosto rapido. E’ nozione comune
che se si resta esposti in continuazione
ad un determinato odore, anche se molto
sgradevole, la sua percezione diminuisce
e alla fine cessa.. Questo adattamento è
specifici per quel determinato odore; infatti la
soglia per gli altri odori rimane invariata.
GUSTO
L’uomo distingue 4 sapori fondamentali:
dolce, acido, amaro e salato. Il gusto amaro
è sentito sulla parte posteriore della lingua,
quello acido lungo i bordi, quello dolce sulla
punta e il salato sul dorso della parte anteriore.
L’acido e l’amaro sono sentiti anche sul
palato, mentre molto meno il dolce e l’acido.
26
Tutti 4 i gusti in misura minore sono sentiti nel
faringe e nell’epiglottide.
I recettori gustativi sono contenuti nelle
gemme gustative. Queste ultime costituiscono
gli organi sensoriali del gusto. Sono corpi o
ovoidali di circa 50-70μm. Ciascuna gemma
è costituita da 4 tipi di cellule: cellule basali,
cellule di sostegno tipo 1 e tipo 2 e i recettori
gustativi, che fanno sinapsi con le fibre
nervose sensoriali.
Le cellule recettoriali hanno un’emivita
di circa 10 giorni e vengono continuamente
sostituite dal proliferare e differenziarsi delle
cellule basali.
Nell’uomo le gemme gustative sono
localizzate sulla mucosa della lingua,palato,
faringe ed epiglottide. Quelle della lingua
si trovano più numerose sulle pareti delle
papille fungiformi e vallate. Le fungiformi sono
presenti sulla punta della lingua, le vallate sul
limite tra corpo linguale e base lingua.
Le gemme gustative sono circa 10.000.
La capacità di discriminare differenze di
intensità del gusto è relativamente grossolana.
La differenza di concentrazione della sostanza
stimolante deve essere si almeno il 30% per
cogliere la variazione nell’intensità del gusto.
Le cellule recettoriali per il gusto sono
chemorecettori che rispondono alle sostanze
disciolte nei liquidi orali che li bagnano.
La infinità varietà di aromi che possiamo
apprezzare negli alimenti e data dalla
combinazione dei quattro gusti fondamentali
con gli odori che il cibo emana. Alla
piacevolezza del cibo concorrono inoltre la
27
consistenza, la temperatura e l’aspetto dello
stesso.
CONCLUSIONI
In tutte le percezioni esistono tre
parametri (detti anche parametri universali
percettivi) che sono:
• la coordinazione senso-motoria: è una
abilità a precoce maturazione dello sviluppo
cognitivo per la quale ad ogni stimoloinformazione segue un movimento;
• la separazione figura-sfondo: si tratta
probabilmente della vera base di ogni
percezione e cioè la facoltà di astrarre
da una miscela di informazioni la più utile
momento per momento;
• la costanza della forma: è la capacità
di riconoscere per le sue caratteristiche una
unità.
Gli organi di senso ci mettono in relazione
con il mondo che ci circonda. Attraverso di
essi prendiamo coscienza di noi stessi e
dell’altro da noi.
Gli organi di senso costituiscono il sistema
di input del ciclo comunicativo. L’analisi e
l’elaborazione di questi input da parte del
sistema nervoso centrale consente poi di
attivare e completare il ciclo comunicativo
attraverso meccanismi di output che rinviano
il messaggio all’interlocutore.
Nella fase di maturazione delle capacità
gnosico-percettice non vi è dubbio che
relazioni mnemoniche possono svilupparsi.
Un evento angosciante o felice possono
essere associati ad un rumore o suono
28
particolare così come ad una immagine o ad
un profumo etc.
E’ ipotizzabile che quando siamo stimolati
da una immagine, o suono o profumo esso
possa evocare quanto mnemonizzato come
associato.
29
Epoca ipervisiva
Maria Luisa Trevisan
Poco oltre, lungo il vialetto alberato vi
sono ancora stese le magliette nere con
la scritta CAOS-SINESTETICO, lasciate
dal Gruppo Sinestetico all’inizio della
performance effettuata da Matteo Albertin,
Massimo Perseghin, Antonio Sassu, con
la partecipazione di Thakeshi Shimizu, il
giorno dell’inaugurazione. L’azione che
ha avuto inizio con l’allestimento di uno
stendibiancheria, su cui i sinesteti hanno steso
le magliette che indossavano, ha portato ogni
sinesteta a sdraiarsi a terra affinché a turno
gli altri potessero tracciare il contorno della
sua silhouette, che è stata poi riempita di cibo
in modo che gli stessi sinesteti ed i presenti
potessero simbolicamente nutrirsi della loro
arte, attraverso quel cibo.
Con i loro interventi l’informale collettivo
sinestetico si propone di promuovere un’arte
viva, una anti-arte in modo che tutti possano
farla propria.
Incrociando i linguaggi appartenenti al
cinema, alla fotografia, al teatro e alla musica,
i sinesteti operano con il fine di sincronizzare,
mediante l’opera d’arte totale, tra loro i cinque
sensi.
La performance realizzata al Lazzaretto
metteva in luce gli istinti “più bassi”, primordiali
dell’essere umano, nel tentativo di mostrare
quanto l’uomo contemporaneo, civilizzato,
tecnologico, digitale, si senta estraneo e
lontano da ciò, in quanto più abituato a vedere
che a toccare ed annusare, a indicare che ad
usare il corpo.
30
L’epoca in cui viviamo è un’opera
ipervisiva, digitale, che ci ha amputato le
gambe, i piedi, le mani, ci ha tolto l’olfatto, il
gusto, tanto che questi nostri sensi, un tempo
fondamentali per la sopravvivenza, si sono
ora indeboliti, si sono quasi atrofizzati e noi ci
siamo impoveriti.
31
il Profumo
di Cecilia Vasoin
“Il Profumo” Autore Patrick Sùskind
Questo libro tratta una fabbrica di profumi,
un mondo al quale siamo tutti legati chi più
chi meno. Il profumo “Amore e Psiche”,
risulta essere l’ultimo lanciato sul mercato.
Gli odori pacati accarezzano il naso.
Non sempre la violetta profuma a causa
del marcire della sua radice, ma subito è
sostituita da una viola nuova e profumata.
Il profumo più buono è quello dei fiori. ed
eccoci giunti al punto fatal: meglio gli odori
genuini delle cose, o i profumi spesso
usati per togliere all’aria l’odore di chiuso ?
Allora è meglio “cambiare aria” liberamente.
talvolta si usano i deodoranti anti odori ma è
un bene oppure una cosa in più?
Non è che con l’aria tutto se ne và?
Meglio è dosare il profumo leggermente e
farsi la doccia più spesso!
Prendiamo in esame i cosidetti maleodori che
tanti non riescono a sopportare... L’odore di
vino addosso, non è nè meglio nè peggio
di quello delle sigarette e allora che fare?
In Aprile macerano le ginestre e i fiori
d’arancio.
In maggio un mare di rose profumano i
dintorni. Scoppia un’orgia infernale tra colori
vivaci e molteplici profumi.
32
33
Io venni in loco
d’ogni luce muto
Alessandra Pucci
Nello zanichelli, alla voce sinestesia, si cita
Dante: “io venni in loco d’ogni luce muto”.
C’è quanto basta per aprire la porta
segreta dell’immaginazione su spazi mentali
sconfinati.
Azzurro del mare, odore di salsedine,
battito di remi, del cuore di orologi che
scandiscono le ore dai campanili delle città
turrite.
Ma ancora voli che rimandano a partiture
musicali, a odori di muffa negli androni di
palazzi antichi, di gatti innamorati, o fughe di
scolari per stradine bianche.
E ancora, parole disegnate, assemblaggi
profumati, oggetti d’affezione, strumenti
abbandonati, tutto un misterioso coacervo di
forme, suoni e corpi che hanno costituito la
Manifestazione in nuce di quel fare arte che è
diventato il Gruppo Sinestetico.
Ora, guardando le foto, i video delle
vostre perfomance, si è partecipi della
rappresentazione sintetica e simultanea di
stati d’animo complessi, contraddittori che
s’incontrano in memorabile sinestesia.
Sinestesia è un rafforzare il ricordo
“Amarcord”, l’immagine, la sensazione che
non appaiono più staccati dagli eventi, ma si
moltiplicano in un rutilante specchiarsi della
memoria in stupita appropriazione dei cinque
sensi.
Odore e colore dell’Antro misterioso,
ovvero il tuo vecchio laboratorio, che è stato
il luogo ideale per accedere alla sinestesia
come esperienza collettiva.
“Dormirci su”, titolava un manifesto appeso
alla parete, segnale ironico di una delle
tue performance con Albertin e Perseghin,
compagni inseparabili di questa eccitante
avventura.
34
35
Ogni cosa restava impigliata
nella rete del suo sguardo, dei sensi
Marco Mancassola
“...Le strade. La gente sui marciapiedi.
I flussi di luce e caldo dalle porte dei locali.
La consistenza quasi sgranata dell’aria, le
sue striature notturne: bluastre, giallastre,
rossastre. Dave notava tutto. Ogni cosa
restava impigliata nella rete del suo sguardo,
dei sensi, sebbene quella rete fosse tesa
per un solo oggetto. Per una sola, precisa
persona: la ragazza che gli camminava
accanto. Dave non smetteva di lanciarle
occhiate. Quel viso che prima era sembrato
imprendibile, ora acquisiva una forma (zigomi,
piccolo naso, capelli tirati dietro le orecchie,
sopracciglia così chiare da confondersi con
la pelle). La fissò e fissò (se avesse smesso,
chissà, avrebbe rischiato di perdere la mappa
di quei tratti, la loro composizione), e quando
lei rallentò, Dave sperò che si stesse fermando
per questo: per permettergli di guardarla con
calma, di fermare quella faccia per sempre.
Camminarono ancora. Mentre le mani
si sfioravano. Tra i vicoli, le strade, i
marciapiedi umidi, il viavai della folla (ora
oziosa, ora frenetica), e quella tensione che
si accumulava nelle gambe, come seguendo
un binario elettrico. Adesso Dave sentiva che
non andavano a caso. Non esistono cammini
casuali. Solo tragitti più o meno sprecati,
l’urgenza delle ricerche, giri concentrici come
in una roulette, il corpo dell’uno che cade
nel mondo dell’altro. Avevano già fatto tante
deviazioni. Anna si fermò sotto una pensilina.
Di qui, disse, passa l’autobus per casa mia...”
Dove andiamo?, chiese Anna, accennando
alla strada un po’ smorta che stavano
attraversando. Dave non sapeva. In fondo
era una passeggiata, esplorazione senza
meta, movimento fine a se stesso. Anna
sembrò attendere, seria, come chi conosce la
risposta di un quiz, ma vuole dare una chance
all’avversario. Infine si mosse, prendendo una
via verso una zona più interessante. Viveva a
Londra da pochi anni, ma sembrava orientarsi
meglio di lui, che ci era nato. Sei una che sa
sempre dove andare, scherzò Dave, e lei fece
un sorriso vago, le fossette ai lati della bocca,
di colpo, simili a rughe di stanchezza.
36
37
Vedere un’emozione
Anna Boschi
Vedere un’emozione
Sentire un gesto
Gustare un cuore
Tastare l’aria
Annusare il silenzio
Questa è la poetica a cui si ispira il Gruppo
Sinestetico nelle proprie performances.
Appunto da SINESTESIA, che è fondere
le percezioni in un unico corpo, è associare
differenti sfere sensoriali per dare vita ad una
comunicazione artistica che si avvale di un
dialogo espresso attraverso gesti e significati
comprendenti tutti i nostri cinque sensi.
che non è un’altra, ma sè stessa...”Ecco
allora che ad una immagine visiva si unisce
una straordinaria visione sensoriale intima e
profonda che penetra nella sfera dei sentimenti
e delle emozioni, Le azioni proposte dal
Gruppo Sinestetico sono “scritture dell’anima”
impresse sul “foglio” della Terra, sono “gesti
Sinestetici” che “parlano” di turbamenti del
quotidiano vivere e di impegno sociale. A
tutto questo si aggiunge l’atmosfera di un
particolare intuito, la magia del ”sesto senso”
e l’Arte si rivela come segno di vita e di
coscienza di sé.
Arte - messaggio.
Arte - poesia.
Arte - ricerca.
Arte - coscienza.
Arte - vita.
Vi è in questo un chiaro riferimento alla
metafora utilizzata dai poeti Simbolisti. Dice
Montale nella bellissima poesia dedicata
alla propria madre :“... La strada sgombra
non è una via, ma solo due mani, un volto,
quelle mani, quel volto, il gesto di una vita
38
39
UNA NUOVA DISCIPLINA SINONIMO DI PIACERE
ED ESIBIZIONE GIOIOSA DEL LINGUAGGIO
Filly Cusenza
La storia dell’arte ci insegna che in ogni
epoca si è andato gradualmente sviluppando
una elaborazione dei dati precedenti già ben
codificati. Si è infatti dimostrato che tanto
più incisiva è la coscienza storica di una
determinata società, e tanto più il rapporto
con l’arte si è dimostrato flessibile e disinibito.
Premesso ciò l’artista contemporaneo è
autorizzato a fare largo uso della ricchezza
universalmente riconosciuta di tutto ciò che
viene a costituire il cosiddetto patrimonio
formale appartenuto a tutte le epoche.
Una volta abbandonata totalmente la
concezione tradizionale, che in passato era
sostenuta dalle classi dirigenti, essendo
portatrice intrinseca di valore rappresentativo,
raggiunge oggi livelli di qualità espressiva
scevra da ogni cognizione puramente formale
e visiva canonica. In questa “Nuova Arte” è
il piacere, l’esibizione giocosa del linguaggio,
che codifica la pregnanza di una forma o di
un fatto che accade, infrangendo del tutto un
sistema di regole ormai obsoleto, attendendo
con forza una soluzione carica di senso e
di eventi. La fase progettuale dell’evento
SINESTETA, si pone come una esplorazione
infinita, che solo casualmente precipita e
si ancora con il rapporto di una occasione,
trascendendo per ricostruire la propria sfera
di elaborazione, così come i gesti e il suono si
moltiplicano estendendosi oltre il mondo delle
cose tacite e pronunciate.
Il “gruppo SINESTETICO”, costituitosi a
Padova il 18 febbraio 1999 è composto da
Matteo Albertin, Antonio Sassu e Massimo
40
Perseghin, nasce sulla base di un evoluzione di
Pensiero Sinestetico sviluppatosi nella storia;
cioè dalla ricerca Utopica di un unico lavoro
d’Arte Totale, creata da un interscambio di
linguaggi espressivi… “propone di continuare
la demolizione del muro che divide la vita con
l’arte, proponendo azioni artistiche che sono
comuni al vivere quotidiano, d’ispirazione
Fluxus e ponendo particolare attenzione
alla stimolazione sensoriale”. “Riteniamo il
Pensiero dell’Arte più durevole dell’oggetto
artistico appeso alla parete o conservato nel
nome del mercato.
È per questo dunque che l’azione artistica
(performance), proprio perché effimera,
rappresenta il punto più vicino al nostro
pensiero e sintetizza la nostra poetica nel
nostro vivere quotidiano” come commentano
Gianluca Ruggerini e Gioacchino Toni.
41
Circolazione a più sensi
Quando l’arte vive la dimesione pluri-percettiva e pluri-esperienziale
Gianluca Ruggerini e Gioacchino Toni
La performance del “Gruppo Sinestetico”
ci porta, in questa sede, a sviluppare alcune
riflessioni sul manifesto programmatico ad
essa sotteso. Come spesso capita muovendosi
nell’ambito di una contemporaneità che almeno artisticamente parlando - non rinnega
il proprio debito con la storia, anche nel
caso del particolare rapporto tra ideazione,
esecuzione e ricezione dell’opera (artista
/ corpo dell’opera / pubblico) suggerito
dall’interpretazione “sinestetica” dell’Arte, è
compito del critico individuare ricorsi sincronici
(intra-culturali ed intra-epocali) e diacronici
(trans-culturali e trans-epocali) che aiutino
ad inquadrare e metabolizzare l’evento al di
là della sua immediatezza. E’ lecito chiedersi,
in sostanza, come nascano storicamente
tanto l’idea di “estetica sin-estetica” quanto il
concetto di “arte totale” a cui essa, oggi come
ieri, consequenzialmente rimanda. Occorrerà
quindi rapportare la riflessione al panorama
delle poetiche contemporanee.
L’Estetica barocca tra tensioni sinestetiche e aneliti di totalità
Per inquadrare il discorso bisogna anzitutto
risalire a quell’elaborazione ontologicoculturale che ha visto nell’Estetica barocca
(e in particolare nell’interazione tra scultura,
pittura, architettura, teatro e letteratura)
l’espressione più compiuta dell’idea moderna
di totalità dell’arte. Se il Classicismo - nelle
sue varie ricorrenze storiche - pone a
fondamento della teoria architettonica la
concezione matematica dell’infinito quale
42
spazio
razionalizzabile,
rappresentabile
realisticamente tramite l’uso referenziale
della prospettiva e l’antropocentrica fede
nella corrispondenza di micro e macro
cosmo, il Barocco apre ad un infinito
immaginativo, irrazionalizzabile ed ancorato
nella sua percezione ad una dimensione
emozionale, ad una sensazione indotta (di
qui l’uso illusionistico della prospettiva).  Si
instaura così un interessante parallelo fra il
virtuosismo della letteratura concettista ed il
nuovo linguaggio dell’architettura: mentre il
linguaggio scientifico rivendica la chiarezza del
rapporto denotativo nome-cosa, la specificità
del linguaggio artistico viene identificata
dai concettisti e dagli architetti barocchi nel
suo carattere connotativo. Siamo di fronte
ad un nuovo fondamentale assunto della
comunicazione artistica, in grado di ripensare
culturalmente l’applicazione dello schema
“codificazione/codice/decodificazione”.  
E’ questo il punto di partenza per
un’indagine estetica pronta a sovvertire
anche il tradizionale gioco di ruoli tra artista,
opera e spettatore. Non si tratta più - infatti
- di un percorso lineare, univoco o biunivoco
che definirlo si voglia. Lo spazio dell’opera
diventa luogo di una circolarità che fissa
nel “processo”, (piuttosto che nel singolo
elemento che vi entra in gioco, per quanto
finito e completo questo possa essere)  la
comprensione del “senso” ultimo: l’opera apre
ad una lettura pluri-sensoriale (sinestesia),
para-sensoriale (metafora) e ultra-sensoriale
(simbolo). Il gioco architettonico della diastole
43
e della sistole (dilatazione e contrazione)
rimanda ad una concezione tattile, visiva e
cinestesica dello spazio, ora  amplificata dalla
compartecipazione plastica della scultura
(determinante nella definizione della scena),
ora eccitata dallo sconfinamento pittorico
del dipinto e dell’affresco (che dilatano
illusoriamente i limiti della scena stessa).
Il riguardante è chiamato a partecipare in
prima persona alla “rappresentazione”, come
attore prima ancora che come spettatore: la
dimensione teatrale dell’opera si anima, sin
dall’ideazione, degli stati d’animo (stupore,
meraviglia) del pubblico, già pensati (previsti!)
quale imprescindibile cassa di risonanza per
una tensione collettiva volta ad maiorem Dei
gloria.
L’esemplificazione più significativa di
questo anelito di totalità ci viene fornita dall’
“Estasi di Santa Teresa” del Bernini (non a
caso architetto e scultore!): i committenti/
spettatori scolpiti nella loggia della Cappella
Cornaro entrano fisicamente (e non solo
idealmente) nella definizione dello spazio
scenico,  contribuendo a strutturarne la
dimensione emotiva ed evocativa, al di qua
di qualsiasi, superflua sottolineatura tematica.
L’Arte diventa totale e il linguaggio della totalità
vive di empatia, sospeso com’è nell’empireo
di una comunicazione pre (o post)-linguistica.
Dall’arte totale alla totalità dell’arte
Movimenti d’avanguardia di inizio ‘900
hanno, in diversi modi, contribuito non poco
alla diffusione di un’arte plurisensoriale
44
coinvolgente sempre più pubblico ed artista;
da allora numerosi sono stati i tentativi in
questa direzione fin quasi a rendere obsoleta
la distinzione tra artista e pubblico in favore di
un evento processuale che assegna all’artista
un “ruolo detonante”. Gli stessi studiosi d’arte
hanno modificato – od avrebbero dovuto farlo
– l’approccio all’evento artistico di tale tipo;
non più un testo (l’Opera) con un emittente
(l’Artista) ed un referente (il pubblico), ma un
atto comunicativo sempre più bidirezionale,
processuale,
coinvolgente.
Il
termine
sinestesia significa proprio “percezione
simultanea” (dal greco syn, “insieme” ed
aisthánesthai, “percepire”), e sembrerebbe
oggi non limitarsi al solo coinvolgimento
plurisensoriale, alla comunicazione ed
al rimando tra i vari sensi dell’individuo,
ma anche ad una tipologia di “percezione
comunitaria”, includente artista e pubblico
trasformandoli entrambi in attori protagonisti,
in opera. 
D’altra parte, già nel Rinascimento, nel
momento in cui l’artista si emancipa dal ruolo
di mero artigiano-esecutore, troviamo tracce
di questo coinvolgimento dello spettatore
all’interno dell’opera d’arte. Si pensi ai primi
timidi tentativi dipinti di coinvolgimento attuati
attraverso lo sguardo diretto di qualche
personaggio verso il pubblico, quasi a
segnalare una continuità tra mondo interno
all’opera e mondo esterno ad essa, oppure allo
spazio simbolicamente lasciato in primo piano
allo spettatore al fine di “partecipare”, prenderparte alla vicenda messa in scena, per non
45
parlare poi di altri stratagemmi per inglobare il
pubblico all’interno dell’opera. Questo “aprirsi”
dell’opera, però, si è dato anche in direzione
opposta col “debordare” dell’opera che ha
finito, tra l’altro, col liberare materialmente il
mondo dipinto dalla gabbia bidimensionale,
per estenderlo, appunto, al mondo del fruitore
dell’opera. Insomma, le linee di confine tra
opera e fruitore si sono fatte sempre più labili,
fino al punto in cui l’happening, la performace
o la stessa installazione artistica ha finito col
con-fondere i due mondi. La stessa distanza
fra artista ed opera si è consumata fino alla
coincidenza, si pensi a tanta body art, ma
anche allo spostamento dell’aura dall’opera
all’autore attuata da artisti come Manzoni... 
Da questo punto di vista, la storia dell’arte
moderna sembrerebbe aver attraversato due
momenti di cambiamento ben precisi. Un
primo momento può essere individuato nella
progressiva perdita di senso circa il chiedersi “Il
significato” di un’opera; il significato non risulta
più rintracciabile “nell’opera“. Quest’ultima
diviene una struttura che sollecita, una sorta
di  detonatore di significazione; a costruire
un significato è chi accetta di dialogare con
l’opera a partire dalla cultura dell’epoca ed
individuale. Il significato sarebbe allora da
ricercarsi in un processo di interazione tra
l’opera e il “lettore/fruitore”. Dicevamo, però,
di un secondo mutamento proprio della
modernità; se nel primo caso potevamo
parlare dell’aprirsi in ambito polisemico
dell’opera d’arte, qui evidenziamo piuttosto un
aprirsi del concetto stesso di opera. L’opera
46
non è più facilmente delimitabile. Il confine
tra pubblico, artista, opera... appare sempre
più labile... ecco allora che vacillano davvero
le barriere che avevano “formato” il mondo
dell’arte per tanti secoli...
E’ all’interno di questa contemporanea
fusione tra opera, artista e pubblico che si
sono raggiunti forse i segni della totalità
dell’arte; “dall’arte totale alla totalità dell’arte”,
dicevamo nel titolo, non a caso. Ed è qui
che la sinestesia, la “percezione simultanea”
sembrerebbe
diventare
coinvolgimento
plurisensoriale, comunità sinestetica.
47
Conversazione tra ag52 e Gruppo Sinestetico
(ag52) Esiste una tradizione artistica che,
nei secoli, ha consapevolmente tentato il
raggiungimento di un’arte totale, implicante un
coinvolgimento plurisensoriale. Già l’estetica
barocca, per fare un esempio, ha tentato,
a suo modo, di raggiungere questa totalità
spingendosi verso una marcata “teatralità”,
con il passare del tempo, poi, tale ricerca
ha finito per spostare il proprio intervento
sull’artista stesso e sul suo rapporto diretto
col pubblico che diviene sempre più parte
integrante dell’opera... Ci sembra che i
vostri lavori debbano essere letti proprio
valorizzando questa ricerca di interattività
plurisensoriale nei confronti del pubblico.
Risulterebbe riduttivo leggere le vostre opere
come mera “offerta plurisensoriale”; sarebbe,
a nostro avviso, più giusto parlare di una
tendenza al “coinvolgimento plurisensoriale”;
non più “artista” e “pubblico” come due
sfere separate, ma una totalità appunto, una
“comunità sinestetica”. Dall’idea di “offerta
sinestetica” ad una di “comunità sinestetica”.
Cosa ne dite?
(Gruppo Sinestetico) Il Gruppo Sinestetico
si propone di continuare la “demolizione” del
muro che divide la vita con l’arte proponendo
azioni “artistiche” che sono comuni al vivere
quotidiano, d’ispirazione Fluxus e ponendo
particolare attenzione alla stimolazione
sensoriale
(ag52) Ci sembra che il vostro manifesto
si ponga in un ottica de-strutturante non solo
48
nei confronti dell’Arte tradizionalmente intesa
(e praticata) dal punto di vista dell’autore,
ma tanto più nei confronti di una percezione
“esterna” della stessa, che - nell’osservatore,
nel riguardante, o che dir si voglia - tende a
sedimentare congeniti portati d’artisticità (o
presunti tali) su materiali e tecniche “nobili”,
per così dire. Parliamo ad esempio del marmo
e del bronzo in scultura, o dell’olio su tela
in pittura, ma potremmo allargare queste
considerazioni anche a gestualità “estreme”
culturalmente riassorbite e ri-accreditate tra i
“cult” epocali (ad esempio i “tagli” di Fontana
o il “dripping” di Pollock). Per questa strada, il
rischio è quello di un’incongruente processo
di “oggettivazione” dell’Arte, tale da fissare
nell’immaginario
dello
spettatore/fruitore
l’illusione che la stessa possa ancora vivere
(come è successo in passato) di riferimenti e
modelli obiettivi. Come vi ponete – una volta
evidenziata la scelta di campo “sinestetica”
e quindi la necessità programmatica di
un’interazione tra i livelli percettivi – nella
scelta dei singoli “materiali” per la costituzione
del “corpo” (fisico o concettuale) dell’opera?
(Gruppo Sinestetico) Riteniamo il Pensiero
dell’Arte più durevole dell’oggetto artistico
appeso alla parete o conservato nel nome del
mercato. E’ per questo dunque che l’azione
artistica (performance), proprio perché
effimera, rappresenta il punto più vicino al
nostro pensiero e sintetizza la nostra poetica
nel nostro vivere quotidiano; mantenendo
inalterato il concetto di Arte di tutti e per tutti (il
49
gruppo comunica da anni nella rete della MailArt o scambio postale).
(ag52) Per quanto “sin-estetico” (e quindi
legato ad una matrice pluri-sensoriale) ci
sembra di poter dire che il vostro gesto rimandi
implicitamente anche ad una dimensione
“noetica” (quello che si sa, quello che si
conosce anche se non si vede, sente, ecc…)
dell’opera, non arrestandosi all’evidenza
dei sensi. In quest’ottica il “dietro le quinte”
diventa parte integrante e inscindibile della
rappresentazione, affrancando – in una logica
di processo, di strutturazione in progress –
la fase preparatoria dalla subordinazione
logico-cronologica all’evidenza finale. Già in
passato Cézanne (termine “a quo” dell’arte
contemporanea) era arrivato a concretizzare
nel “dietro le quinte” della propria
rappresentazione un percorso di lettura che
ponesse in evidenza – nel caso – le dinamiche
percettive (anche se limitatamente alla vista)
dello spettatore. Esiste - consustanziale al
vostro fare artistico – una riflessione cosciente
circa le modalità dell’interazione sensoriale
a cui vi riferite? E nel caso, quale rapporto
sviluppa tra percezione e conoscenza
concettuale?
(Gruppo Sinestetico) Il pensiero utopico
proposto è quello di avvicinamento, nella
stimolazione sensoriale /energetica collettiva,
tra artista e “spettatore”, cioè allo sviluppo
sensoriale potenziato o meglio restaurato da
ambo le parti, in un unico atto artistico. E’
proprio per questo che operiamo con mezzi
50
espressivi diversificati e multidisciplinari
che tendono ad una unificazione sensoriale
nell’Opera d’Arte Totale, concettualizzata
e sentita da molti artisti come un bisogno
vitale nella fusione delle “Arti”; come ad es.
il temerario “Prometeo” di Sckrjabin, per
quando riguarda l’arte visiva e musicale.
(ag52) Nella creazione di situazioni
sinestetiche, svolge un ruolo importante
il luogo, lo spazio in cui si organizza la
performance. Le avanguardie storiche hanno
contribuito notevolmente all’estensione dei
luoghi di intervento artistico. Da questo punto
di vista, quali sono le scelte che operate
relativamente allo spazio di intervento?
(Gruppo Sinestetico) Pensare di continuare
a seguire soltanto i percorsi “museali” per
vivere e capire il fare artistico, ci angoscia e ci
reprime; pensiamo sia importante spostare il
punto di “vista” verticale dello spettatore, tipico
nella tradizione pittorica e di “conservazione”,
in un punto di osservazione sensoriale
sinestetico. Crediamo sia necessario porsi in
maniera diversa e mai comoda nei confronti
delle “convenzioni” artistiche proprio perché
il pensiero come tale non è mai un fatto di
comodità.
51
Alla ricerca della sinestesia
Gruppo Sinestetico
l of
T
R
A
smel
52
mese il feto può percepire una vasta gamma
di suoni, in special modo quelli provenienti
dall’organismo della madre.
Il tatto: l’esperienza tattile si manifesta
intorno alla 7°-8° settimana dal concepimento,
a partire dal viso, in particolare dalle labbra.
Poi si diffonde al resto dell’epidermide nel
giro di altre 10 settimane.
La prima esperienza tattile che abbiamo è
quindi l’esplorazione, con mani e piedi, della
parete uterina.
Il gusto: già dalla 12° settimana sono
presenti sulla lingua del feto le papille
gustative che permettono di distinguere
l’amaro dal dolce, il salato dall’acido.
Lo sviluppo sensoriale umano è
fondamentale per un preciso riconoscimento
ambientale e affettivo.
Crescendo l’uomo tende a perdere queste
capacità sensoriali, soprattutto nella più
comoda società contemporanea.
Organi di senso non più fondamentali per
la sopravvivenza e quindi indeboliti perché
poco sfruttati.
L’artista Klein affermava: “…Quando ero
bambino… Le mie mani e i miei piedi erano
inzuppati di colore, poi li applicavo al supporto
ed ecco io ero li davanti a tutto ciò che avevo
di psicologico in me, avevo la prova di avere
cinque sensi, di sapere come fare a farmi
funzionare ! (…) Poi ho perduto l’infanzia…
come tutti d’altronde (non bisogna
th e
La sinestesia è anche un ritorno alle
potenzialità sensoriali che avevamo alla
nascita.
La parola presa dal vocabolario ha questo
significato: “Sincronismo funzionale di due
organi di senso, in rapporto alla stimolazione
di uno solo di questi. Si tratta più che altro
di un fenomeno patologico osservabile, per
esempio, nell’avvelenamento da mescalina:
un soggetto mentre percepisce un suono
vede contemporaneamente un determinato
colore.”
Come si formano i 5 sensi e che importanza
hanno nella sua crescita?
Lo sviluppo sensoriale nel feto avviene
molto rapidamente.
La vista: il nervo ottico si forma intorno
alla 7° settimana e in seguito si sviluppano
le cellule della retina. Le palpebre rimangono
chiuse fino alla 26° settimana, ma il feto
possiede già la vista; se viene puntata una
luce intensa e improvvisa sul ventre della
mamma, infatti, reagisce girando la testa nella
direzione opposta.
L’olfatto entra in funzione verso la 9°
settimana e si perfeziona alla 15°.
All’interno dell’utero il feto comincia
a sviluppare una “memoria olfattiva”
catalogando gli stimoli che provengono dal
cibo e dall’ambiente.
L’olfatto
è
strettamente
collegato
all’intuizione, all’orientamento nello spazio e
al riconoscimento.
L’udito: nonostante l’isolamento acustico
dovuto al liquido amniotico, già verso il quarto
53
farsi illusioni) e, adolescente, per ripetere
quel piccolo gioco, ho in poco tempo
incontrato il nulla.”
Il Gruppo Sinestetico, nato nell’ambito
delle arti visive promuove nel proprio operare
una ricerca sensoriale che possa far non
solo riscoprire quelle sensazioni perse,
ma superare quei limiti che la natura ci ha
imposto, nascondendoci possibilità sensoriali
non visibili e scientificamente non provate,
cioè quelle mistiche legate al 6° senso.
L’obiettivo principale del Gruppo Sinestetico
è quello di sincronizzare e di stimolare, in
maniera particolare, mediante l’opera d’arte,
tra loro i 5 sensi e di conseguenza attivare
il 6° senso. La nostra contemporaneità ha
sfalsato la nostra sensorialità. Siamo in un
epoca di ipervisibilità che ci ha reso “ciechi”
di fronte alle cose. Ed è proprio da questa
disomogeneità che il gruppo trova motivo per
una ricerca cosidetta “sinestetica”.
Per opera d’arte il Gruppo Sinestetico
non identifica più la singola opera come può
essere un quadro, un oggetto, ma l’ambiente
che si viene a creare nello spazio espositivo,
l’atmosfera; completato con l’attento e attivo
coinvolgimento del fruitore. Solo con un
coinvolgimento passionale verso ciò che
si vede, si tocca, si ascolta, si annusa e si
gusta, i 5 sensi si sincronizzeranno tra loro
permettendo talvolta di percepire situazioni
particolari chiamate sinestesie.
La vista con la sua percezione immediata,
permette una prima selezione. L’olfatto tanto
sensibile ai feromoni della pelle, capterà i
54
profumi e gli odori dell’ambiente permettendo
un secondo livello di percezione.
Il tatto attraverso la pelle, la più grande
centralina sensoriale del nostro corpo,
stimolerà ulteriormente il nostro cervello visto
che in quest’ultimo c’è una parte molto estesa
dove confluiscono tutte le informazioni che
arrivano alla cute, in particolare quelle delle
mani e della bocca (il gusto).
Il suono dovrà stimolare l’udito in ugual
misura degli altri sensi, quindi dovrà rispettare
le regole della non melodia per evitare il facile
soccombere degli altri sensi ad esso, visto la
forte potenzialità fisico/emotiva della musica.
In casi particolari vi potranno essere diffusi
suoni melodici per permettere allo spettatore
di avere un riposo sensoriale e quindi per
ricominciare la fruizione dell’opera. In questo
modo è come se tutti i sensi si mettessero a
funzionare nello stesso momento innescando
quei
sincronismi
sensoriali
chiamati
sinestesie: per esempio, si ha la capacità
di vedere un suono e di assaporare il gusto
di una parola. Quale è il motivo di queste
particolari sensazioni? La passione verso
qualcuno o qualcosa disinibisce quella parte
del cervello che controlla gli istinti.
Il Gruppo Sinestetico usa una nuova
parola che ne rende eplicita questa ricerca:
“Sinestetica” e cioè la ricerca estetica in
situzione di sinestesi.
55
Nella misteriosa cucina
di un alchimista
Albertin Matteo
Il sogno-programma di Wassily Kandinsky
era la sintesi delle arti, ossia quell’opera
d’arte totale di cui Wagner nel secolo
precedente aveva ipotizzato e realizzato le
linee guida nei suoi Melodrammi.
Dopo aver assistito al “Lohengrin” disse
che l’opera “aveva impresso un sigillo alla mia
intera esistenza, scuotendomi allora nel più
profondo”.
La concezione wagneriana portava a
considerare le varie arti (poesia, pittura,
musica) come componenti di un unico mondo
espressivo, che nella sinergia delle sue
componenti trovava l’efficacia comunicativa.
Tutte le correnti di avanguardia del
1900 avevano percorso questa strada, ma
Kandinsky andò oltre, vedendo nella musica
l’arte-guida con una convinzione in più, cioè
che essa è “l’arte che comporta il massimo
dell’astrazione”.
La reale possibilità di interazione delle
arti è oggi dato assodato, grazie anche alla
tecnologia che permette ambienti di sintesi,
come il cinema e la multimedialità, dove la
percezione avviene a livello multisensoriale,
ribaltando la normale prassi dei sensi: si
ascolta con gli occhi, si guarda con le orecchie.
“...Sentivo a volte il chiacchiericcio
sommesso dei colori che si mescolavano:
era un’esperienza misteriosa; sorpresa nella
misteriosa cucina di un alchimista”, Wassily
Kandinsky.
56
57
Scrittura Verbo-Visiva e Sinestetica
Lamberto Pignotti
Da diversi anni mi sto occupando e sto
scrivendo in varie sedi di “arte sinestetica”,
di “arte plurisensoriale”, di arte insomma
che coinvolge, sia nella elaborazione di
un messaggio, sia nel momento della
ricezione, più organi sensoriali e più strumenti
comunicativi. Ciò può avvenire concretamente
ed esplicitamente come ad esempio nelle
rappresentazioni teatrali, nelle performances
o nell’arte multi-mediale in genere, e può
avvenire in modo più implicito e simbolico in
certe poesie di Baudelaire, in “A rebours” di
Huysmans, nei quadri di Arcimboldi…
Da più anni ancora sto portando avanti,
artisticamente e teoricamente, anche il
discorso di una “scrittura-verbo-visiva”, di un
genere di arte insomma, che si avvale di due
codici simultaneamente: quello della parola e
quello dell’immagine.
Una delle tecniche predilette della
scrittura verbo-visiva e della poesia visiva è
per esempio il collage. ebbene il collage ha
indubbiamente delle caratteristiche tattili:
immagini e parole ritagliate passano per la
mano, vengono incollate, e per fissarle al
supporto vengono premute con i polpastrelli…
Negli anni sessanta ho sperimentato
delle poesie visive fatte con i calendarietti
profumati che allora regalavano a fine anno
i parrucchieri; più tardi ho scritto parole sulle
ostie da deglutire, e fatto “chewing poems”,
“poesie da masticare”.
Nel corso delle mie ricerche artistiche
e teoriche mi si è andato accentuando un
atteggiamento fortemente critico nei confronti
58
di una estetica che ha come eminente e
determinante base il modello linguistico.
Infatti la parola è drasticamente riduttiva e
delimitativa nei confronti di una lettura delle
opere d’arte, lettura che dovrebbe essere
fatta con l’aiuto di tutti gli organi sensoriali.
Se prendiamo in considerazione la pittura, o
la scultura, bisogna riconoscere che non la
sentiamo unicamente con gli occhi: la scultura
in particolare andrebbe, per esempio, sempre
toccata (a prescindere dal “vietato toccare” dei
musei). Anche la diversità di un materiale con
cui è fatta l’opera (marmo, bronzo, cartapesta,
terracotta, legno, gesso, merda…) entra nella
considerazione e valutazione di una statua.
Certa musica è stata composta per parlare
anche agli occhi; non solo “i quadri di una
esposizione” di Musorsgkij. La musica “fa
vedere” sonate al chiaro di luna, fontane di
Roma, temporali, cavalcate, e così via.
Certamente poi la poesia, e la letteratura
in genere, anche quella più tradizionale, non
si rivolge solo all’orecchio. Per di più la poesia
è un luogo privilegiato dalla “sinestesia”, che
si ignifica appunto “percezione simultanea”,
“associazione di sensazioni diverse”. Il
“silenzio verde” di Carducci accomuna
percezioni sonore e visive. “L’odore della
musica” si Shakespeare unisce sensazioni
olfattive e sonore. “Il rossonero salmi di cielo
e terra” di Montale, fonde percezioni visive
gustative…
Insomma sarebbe l’ora di finirla con il
leggere le opere in modo riduttivamente
linguistico. Dovrebbe essere chiaro che la
pittura di un Boucher, di un Nattier o di un
Fragonard non si rivolge solo all’occhio…
E, tanto per rimanere sull’apparentemente
ed esclusivamente visivo, è certo che una foto
porno non ha il suo terminale nella vista. Tutta
quanta la letteratura erotica non è certo stata
concepita per carezzare solo l’udito.
Vorrei concludere dicendo che un’arte
sinestetica, almeno come impostazione, non
significa un’altra etichetta di moda, destinata
magari a durare una sola stagione. Prendere
coscienza che fino ad oggi sia l’arte che
l’estetica, hanno quasi totalmente dimenticato
organi sensoriali come il tatto, il gusto e
l’odorato. Significa aver individuato una sorta
di “terra di nessuno”, un “hic sunt leones”, che
sarà opportuno e proficuo “in tutti i sensi”,
darsi a esplorare.
59
Ai crocevia dei sensi:
dall’estetica alla sinestetica.
Lamberto Pignotti
La ricerca culturale e artistica degli anni
novanta sta in vario modo avviandosi verso
quei crocevia la cui segnaletica sfugge da
indicazioni a senso unico. L’egemonia della
programmazione pragmatica ed estetica,
attualmente dominata dagli organi sensoriali
della vista e dell’udito, è destinata ad essere
gradualmente ridimensionata a vantaggio di
una maggiore presenza di messaggi riferibili,
totalmente o parzialmente, anche ai sensi del
tatto, del gusto dell’olfatto.
Le comunicazioni verbo-visive e audiovisive già ampiamente operanti ad esempio
nell’ambito delle sperimentazioni artistiche e
in quello dei mass media, che hanno già reso
più dubbia tra l’altro l’identità e la purezza di
aree come la “pittura” o la “poesia”, verranno
infoltite da altre contaminazioni di tipo intersensoriale. Diventerà abituale ricorrere anche
a traduzioni molto speciali da sfere visive e
auditive a sfere sensoriali ritenute meno nobili.
Non è agevole spiegarsi perché oggi ci si
trovi sostanzialmente di fronte a una rilevante
sotto-utilizzazione dei sensi del tatto, del gusto
e dell’odorato. Di fatto però essi risultano come
i meno utilizzabili ai fini della comunicazione,
di quella almeno che fa usualmente riferimento
a schemi razionali. Su tali schemi sono invece
impostati prevalentemente i messaggi verbali
generati ed evoluti sulla base di modelli
suggeriti dall’orecchio, e in minor grado anche
i messaggi visivi autorizzati da modelli riferibili
all’occhio. Simili messaggi non si limitano
a svolgere solo funzioni di comunicazione,
ma sono utilizzati anche per organizzare
60
la coscienza che viene gradualmente
costruita del mondo, la cui complessità è
scomposta, classificata, ripartita, in base
ad esigenze imprescindibili, ma in modi
spesso arbitrari, per ottenere dei modelli di
realtà approssimativamente attendibili, ma
certamente riduttivi.
“L’uomo con la sua capacità razionale è in
grado unicamente di paragonare e giudicare
ciò che ha già percepito”, ha osservato
William Blake. Ma sono l’orecchio e l’occhio
che paiono ormai prendersi la briga di rilevare
quasi ogni sorta di percezione. I modelli riduttivi
della realtà contrassegnati dalla supremazia
verbale e dall’onnipresenza visiva presentano
sempre più il rischio di rendere pressochè
superflue e inutilizzabili intere sfere sensoriali.
La ripresa in esame, la riconsiderazione più
equilibrata e globale della sensorialità è
tutt’altro che agevole, dal momento che non
esiste un filo conduttore, una continuità di
dati e riferimenti che possano conferire alla
questione una garantita concretezza.
Bisognerà
assai
avventurosamente
attingere a fonti sparse, frammentarie e con
scarsa affinità apparente; sarà necessario
ricorrere ad accostamenti e confronti fra realtà
sociali, culturali, comunicative, estetiche,
artistiche, ecc., separate nel tempo e nello
spazio; si dovrà procedere a tratteggiare
documentazioni di vario tipo e di natura
spesso eterogenea.
Un’indagine del genere va avviata nei
punti in cui si intrecciano discipline, esigenze
e competenze diverse: la riflessione filosofica,
61
la ricerca estetica, la produzione artistica,
l’analisi dei comportamenti, l’osservazione
psico-sociologica, la nozione fisiologica,
l’atteggiamento semiotico.
Avendo principalmente come scopo
quello di precisare e mettere in risalto i sensi
effettivamente utilizzati e stimolati da varie
arti – da alcuni loro aspetti e momenti presi
a campione – questa indagine dovrebbe far
riferimento a una conoscenza estetica. Una
concezione “estetica” tuttavia inclina per
natura e vocazione a considerare le arti e le
espressioni che vi fanno capo come identità
tendenzialmente assolute, impermeabili,
divise fra loro, e le considerazioni che da essa
possono prendere avvio sono usualmente
orientate – per le più svariate ragioni:
sistematiche, di origine pratico, di competenza
disciplinare, o semplicemente per pigrizia… ad esaminare i problemi “a senso unico”.
Pare al riguardo più opportuno allora far
riferimento a una concezione maggiormente
disponibile ad affrontare i problemi,
concretamente ed emblematicamente, “in tutti
i sensi”, privilegiando così una concezione
“sinestetica” portata per natura e vocazione
a comparare fra loro le singole arti, a riferire
le loro espressioni alla totalità dell’esperienza,
a fare con ciò particolare attenzione ai
comportamenti, ai congegni, ai rituali, ai
segni di una società. Ciò che può essere
additato come concezione “sinestetica”,
la spinta cioè a ricercare comparazioni,
corrispondenze, sovrapposizioni e interazioni
fra le diverse percezioni sensoriali e fra
62
le multiformi espressioni artistiche, affiora
e ricorre variamente, sia nella riflessione
teorica che nella pratica artistica, almeno
quanto la determinazione, o solo la cautela,
nello stabilire in proposito incompatibilità,
distinzioni e limiti.
Anche senza andare molto indietro nel
tempo, l’inclinazione sinestetica, individuabile
a partire magari dalle “corrispondenze”
baudelairiane, e senza tralasciare l’idea
wagneriana dell’opera totale, può essere
rintracciata lungo una linea di ricerca di sintesi
perseguita nei più svariati modi, nell’alveo
delle avanguardie novecentesche.
Che l’esperienza estetica non sia sempre
e agevolmente confinabile nell’ambito di una
determinata arte lo testimoniano le ricerche,
quasi sempre contrassegnate dall’interazione
fra teoria e pratica artistica, fra idee e
realizzazione di un genere di opere, di singoli
autori e di interi movimenti, scuole e tendenze.
Fra i molti artisti annoverabili in tale
prospettiva vengono in mente subito Skrjabin,
Appia, Craig, Marinetti, Balla, Bragaglia,
Mejercho’d, Kandinski, Klee, Gropius,
Piscator, Depero, Schlemmer, Prampolini,
Munari, Cage, Manzoni, Beuys…
Nella stessa ottica vanno indicati,
fra i movimenti e le linee di tendenza,
almeno Mir Iskutsvo, il Futurismo, Dada, il
Bauhaus, Fluxus, la scrittura verbo-visiva, il
comportamentismo e le performances degli
ultimi decenni, il versante multimediale che
usa con intenti estetici interattivi i nuovi media
elettronici.
63
È congenialmente in un processo
sinestetico che questa mostra, fin dal titolo,
intende inserirsi, almeno emblematicamente,
nella consapevolezza che tale processo ha
davanti a sé una immensa ma quasi del tutto
inesplorata “terra di nessuno” in quella parte
del mondo denominata “Arte”.
Sinestesia e messaggi artistici
Appare evidente che in alcune forme
espressive i linguaggi coesistono e
interagiscono per natura. Negli spettacoli
teatrali la parola non è separabile dagli
svariati elementi visivi; l’opera musicale
risulta da un’interazione di strumenti, voci,
scene, luci; nel balletto si aggiungono a simili
coefficienti anche la gestualità e il movimento
dei ballerini.
Strumenti come il cinema, la radio e la
televisione hanno determinato nel corso del
nostro secolo prodotti estetici in cui diversi tipi
di comunicazione vengono accostati e fusi per
costituzione.
Siffatto processo di integrazione linguistica
si è manifestato anche più recentemente a
vari livelli in differenti forme estetiche, come
gli happening, le performances, la video-arte,
la computer-arte, gli spettacoli multimediali, e
così via.
L’uso congiunto di più linguaggi e di
tipi di comunicazione nella sfera artistica,
è in qualche modo da mettere almeno
potenzialmente in relazione alla possibilità di
trasmettere simultaneamente un messaggio
estetico a più di un organo sensoriale.
64
Nei casi precedentemente accennati, in cui
si fa prevalentemente uso di parole, immagini
e musiche, vengono infatti coinvolti almeno
l’occhio e l’orecchio.
A questo punto si potrebbe essere indotti
a supporre che esistano da una parte,
forme espressive naturalmente destinate a
impiegare in varia misura simultaneamente i
linguaggi più disparati e pertanto finalizzate
a un certo coinvolgimento intersensoriale,
e dall’altra, forme espressive del linguaggio
costituzionalmente e preventivamente dirette
a senso unico.
In queste ultime dovrebbero per esempio
rientrare certamente le espressioni letterarie e
quelle pittoriche; vi dovrebbero, in virtù proprio
del loro linguaggio meno composito, meno
contaminato, meno spurio, e avvalendosi
quasi di un privilegio riferibile, a una implicita e
mai smentita appartenenza alle “arti maggiori”.
Un’analisi meno superficiale dei fatti ci
mette però su un’altra strada. Per semplicità
limitiamoci a riflettere proprio sui casi della
letteratura e della pittura, arti che forse più
di altre sono considerate, per una serie
di abitudini e per un complesso di ragioni
istituzionali, quali arti “a senso unico”.
Cominciamo allora a tratteggiare, nel
loro contesto, delle tipologie impostate sulla
gradualità.
1)Ciascuna di queste due arti
può tendere a suggerire un messaggio
attraverso espedienti linguistici che non le
sono propri. Una poesia, per esempio, può
cercare di trasmettere sensazioni
65
analogicamente tattili o puramente
sonore, come nel caso dell’onomatopea.
Un quadro, in alcune circostanze, può
perseguire lo scopo prioritario ed evidente,
di comunicare allo spettatore, un sapore,
un grido, un abbraccio, un profumo, e così
via.
2)
Queste due forme d’arte presentano
o ostentano talora veri e propri “corpi estranei”
al loro specifico universo. È il caso di quelle
opere pittoriche che, attraverso varie tecniche
di intarsio, incastro, giustapposizione, impasto,
combinazione, collage, assemblaggio e
simili, associano elementi tattili, acustici,
commestibili, ecc. Anche nella sfera letteraria
si può ricorrere, per conseguire speciali
finalità ed effetti, all’uso di elementi di varia
natura: basti pensare a qualche poème-objet
o a qualche poesia visiva, che nel contesto
verbale fa apparire cose reali.
3) Un genere artistico può tendere
a comunicare proprio attraverso alcune
specificità tecniche riprese da un altro genere
artistico. Casi simili si verificano allorché
la letteratura ingloba nel proprio universo
modalità e procedure tipiche della pittura,
dai “technopaegnia” alle “parole in libertà”,
dai “carmina figurata” alla “scrittura verbovisiva”, o quando simmetricamente la pittura
assimila certe tecniche verbali per i suoi
particolari fini, dalle miniature di capilettera
nelle bibbie del medioevo, ai quadri in cui
variamente compaiono – dal rinascimento alle
avanguardie – la “parola dipinta” e le “parole
nella pittura”
66
4) Un genere artistico può tendere
a suggerire al destinatario addirittura una
sensazione, o una serie di sensazioni,
trasponendola da un altro genere artistico. Si
determina allora quasi un caso di “traduzione”:
una poesia mira nel suo complesso ad essere
l’equivalente di un dipinto; un quadro vuole
globalmente dare l’idea di un racconto. Si può
parlare allora di “poesia pittorica” e di “pittura
narrativa”. Rifacendosi a una tematica del
genere Susan Langer, in Feeling and form, ha
tratteggiato un “principio di assimilazione” fra i
vari generi espressivi, per cui “un’arte inghiotte
il prodotto di un’altra”, mentre Gombrich in Arte
e Illusione, ha parlato si simili “corrispondenze”
artistiche riferendole più direttamente al
meccanismo della sinestesia. Acutamente
Gombrich mette in relazione la sinestesia con
il principio dell’onomatopea, ricordando che
già Socrate nel Cratilio scherzava sull’idea
che l’onomatopea, l’espediente linguistico per
cui si imitano dei suoni, potesse sconfinare
dal campo che per convenzione le era stato
assegnato. In altre parole l’imitazione vocale
non si arresterebbe a quello della vista e del
movimento. “È un terreno pericoloso”, avverte
Gombrich, “luogo di convegno favorito di
tipi eccentrici o addirittura di pazzi. Eppure
credo che sia un terreno che debba essere
attraversato”. Dall’onomatopea alla sinestesia,
alle corrispondenze artistiche: l’intrecciarsi di
siili relazioni è tratteggiato da Gombrich con
una emblematica serie di esempi che paiono
avere l’efficacia di una tavola sinottica.
“In ogni epoca gli artisti si sono interessati
a queste corrispondenze, che si trovano
invocate in una famosa poesia di Baudelaire;
ma sono stati i romantici e i simbolisti ad avere
una particolare passione per l’esplorazione
delle leggi della sinestesia. Rimbaud assegnò
dei colori alle cinque vocali, traducendo così
espressioni auditive in impressioni visive. I
musicisti a loro volta amarono rappresentare
il mondo visibile in toni; basta scorrere i titoli
dati da Debussy a certe sue composizioni
per vedere la sua fede nell’efficacia di
tale evocazione: Bruvères, Clair de lune.
Feux d’atifice rappresentano, o dipingono,
esperienze visive sui tasti del pianoforte.
Certi artisti si sono abbandonati al sogno di
combinare il mondo del suono e quello della
visione in ordini più alti. Il fantastico pittore
Arcimboldo, apre la via nel cinquecento, nel
settecento Castel realizza un clavicembalo
munito di tastiere per i colori e i suoni. L’idea
poi continua in Wagner, Skrjabin e in Fantasia
di Disney. Alla fine la pittura, abbandonando
l’esplorazione della pura visibilità, accettò
la sfida e si diede ad esplorare il mondo del
suono. I tentativi di Whistler sono ancora vaghi
e alquanto indefiniti, ma Kandinsky va oltre
e nel quadro di Mondrian intitolato BoogieWoogie a Broadway abbiamo un esempio
di trasposizione di questo tipo che sembra
generalmente accettata e accettabile. Non so
esattamente che cosa sia il boogie-woogie,
ma il quadro di Mondrian me lo spiega”.
67
68
69
Negozi multisensoriali:
come aspetti legati alla percezione
influenzano il comportamento umano
Barbara Lorenzetto e Marco Noaro
L’obiettivo che si pone questo lavoro è
quello di studiare come aspetti che fanno
capo alla percezione possono influenzare
il comportamento umano per poi applicare
quanto emerso da questa fase di analisi ad
un ambiente architettonico preciso: lo spazio
adibito alla vendita1.
Ma perché proprio i negozi? La scelta di
concentrare l’attenzione del lavoro a questo
ambito definito è dovuta al fatto che volevamo
indagare un contesto architettonico in cui
fossero particolarmente evidenti alcune delle
“tracce” lasciate dai grandi mutamenti che
riguardano la società in cui viviamo.
Miuccia Prada e l’architetto Rem Koolhas
hanno recentemente dichiarato che “il mondo
è sempre più invaso dai negozi. Il panorama
della città è ormai fatto da esposizioni
ininterrotte di merce…
Per questo abbiamo deciso di studiare
nuovi luoghi in cui si possano intrecciare
consumo e cultura.”
Il negozio sembrava offrire spunti
particolarmente stimolante ed interessante di
analisi, offrendo tra l’altro punti di contatto con
alcuni degli aspetti emersi dal dibattito che ha
coinvolto un altro manufatto architettonico che
recentemente ha suscitato molto interesse: lo
spazio museale.
Il lavoro ha avuto inizio con una riflessione
sul ruolo della merce ed il punto vendita nella
società attuale.
Pensiamo infatti che i cambiamenti che
riguardano la realtà inevitabilmente si riflettano
sui bisogni e le esigenze delle persone: per
70
progettare un punto vendita diventa quindi
fondamentale andare ad analizzare questi
aspetti e cercare di capire le tendenze in atto
con un atteggiamento critico, capire perché
scelgo un prodotto, cosa mi colpisce e mi
attira…
Una prima considerazione emersa
riguarda la merce.
In particolare questa sembra essere
contraddistinta da due valori: il primo legato
alla fisicità, cioè al bene stesso e alla sua
capacità tecnico-funzionale di risolvere un
determinato bisogno per cui è stato creato, il
secondo all’immagine di quel bene, una sorta
di valore “aggiunto” che fa in modo che il
possesso dell’oggetto si riconduca a qualche
mitologia dell’immaginario collettivo2.
Nella società in cui viviamo, in cui un aspetto
caratteristico sembra essere l’eccesso, la
scelta di un bene non sembra più ricondursi
al soddisfacimento di bisogni primari, ma
piuttosto all’appagamento di aspetti che
fanno capo alla sfera principalmente emotiva
dell’individuo, ad un plusvalore emozionale
che possiede il bene.
Focalizzando poi l’attenzione al punto
vendita sono emersi interessanti punti di
contatto con le pecularietà che sembrano
caratterizzare la recente creazione di spazi
museali.
Come il fattore di successo di un museo
sembra dipendere dalla capacità con cui
una serie di attori con competenze diverse
interagiscono tra loro e riescono a mettere in
scena un copione originale dello “spettacolo
71
cultura” in grado di suscitare un forte
impatto a livello emotivo sul grande pubblico
(si pensi al Guggenhaim di Bilbao), allo
stesso modo anche la progettazione del punto
vendita sembra rivestire un ruolo decisivo3.
Questo sembra ricondurci all’intuizione
di Andy Warhol, che negli anni ’60 aveva
trasformato il barattolo di zuppa Campbell in
opera d’arte4.
Inoltre era stato lo stesso Warhol, gli
stessi anni, ad affermare che “tutti i musei
diventeranno grandi magazzini e tutti i grandi
magazzini diventeranno musei”…
Il punto vendita sembra quindi ricoprire
un’importanza sempre maggiore, ma sembra
sussistere anche una stretta relazione tra il
contenitore e ciò che è contenuto: è come
se entrambi cedessero vicendevolmente
l’uno all’altro una parte di quel “plusvalore
emozionale” determinante nella scelta di un
bene.
Questo aspetto sembra essere confermato
dalla tendenza delle grandi aziende cui fanno
capo marchi che occupano larghe fette di
mercato come Benetton, Diesel, Gas, Replay
ecc. di affiancare alla produzione interna
del prodotto strutture aziendali preposte alla
progettazione del punto vendita, in modo tale
che questo risulti in stretta relazione con la
merce che viene venduta e che l’immagine
finale risulti chiara e coerente con le strategie
ed il target.
Considerando nuovamente il barattolo di
zuppa Campbell di Warhol si può osservare
che allo stesso modo in cui questo è dotato di
72
un’etichetta che lo contraddistingue da tutti gli
altri prodotti, anche il punto vendita è dotato di
un marchio: la sua insegna.
Alla luce di quanto affermato diventa
significativa l’operazione legata allo store
Benetton di Venezia, in cui lo spazio interno
è stato riorganizzato per essere riadattato
alla nuova destinazione d’uso, mentre i muri
esterni del palazzo veneziano sono stati
mantenuti intatti, trasformando la facciata in
un’immensa insegna in cui ad ogni finestra è
associato un colore.
Riguardo la progettazione dello spazio
interno al punto vendita gli obiettivi da
perseguire sembrano essersi modificati.
Nasson e Welhoff descrivono così il punto
vendita: “Un punto di vendita ben curato in
termini di visual merchandising è un punto
di vendita vivace, colorato e allegro. Fare
acquisti deve essere una festa, un godimento
per gli occhi, un momento di gioia per tutta la
famiglia […].
Senza arrivare all’eccesso di far somigliare
il punto di vendita a un suk arabo, bisogna che
vi regni una certa fantasia, che il consumatore
si diverta.
E’ in questi punti vendita che il consumatore
tornerà, per ritrovare quest’atmosfera festosa.
Qui, non dal concorrente ancora
infagottato nei suoi vecchi principi e dove
si fanno acquisti solo perché non se ne può
proprio fare a meno”.5
L’obiettivo del negozio sembra essere
diventato quello di sollecitare la curiosità del
cliente, “intrattenerla” in uno spazio in cui
deve “stare bene”: tutto questo comporta uno
studio approfondito di tutti gli aspetti che si
riconducono all’uomo e alle sue percezioni,
estendendo la fase di analisi ad ambiti e
conoscenze che vanno oltre quello puramente
architettonico (psicologia, visual, marketing,
all’arte…) che dovranno interagire tra di
loro per creare un negozio che sia anche in
grado di comunicare un messaggio chiaro e
coerente al tipo di target cui intende rivolgersi.
In particolare ci interessa sottolineare
come l’aspetto che emerge sia quello di
collocare l’uomo al centro della progettazione,
lo studio del modo in cui percepisce la realtà
filtrata dai sensi: in una società come quella
attuale in cui le tecnologie permettono alle
persone di entrare in relazione con contesti
che si estendono oltre ai limiti fisici imposti dal
corpo fisico questo aspetto sembra assumere
un valore particolare.
L’obiettivo è quindi quello di creare uno
spazio architettonico, a misura d’uomo, in cui
l’individuo stia bene!
Gli aspetti che fanno riferimento alla
sfera delle percezioni umane, considerati
come elementi che comunicano ed entrano
in relazione con l’uomo, sono stati studiati
con la convinzione che applicandoli ad uno
spazio architettonico sia possibile creare un
ambiente confortevole e in grado di soddisfare
le esigenze dei suoi fruitori, in modo tale che
questo diventi l’obiettivo primario del negozio
e la vendita del capo di abbigliamento sia la
logica conseguenza.
Questo tipo di analisi si è rivolta a diversi
campi: psicologia, architettura, cinema, arte…
In particolare ai fini della nostra ricerca
è risultata molto interessante la Biennale di
Venezia del 2003, che sembrava andare nella
stessa direzione del nostro lavoro, ponendo
l’attenzione sull’uomo, come si poteva intuire
dal titolo dell’esposizione “La dittatura dello
spettatore”.
Per esempio pensiamo alla luce e alle
diverse possibilità che abbiamo di illuminare
uno spazio: considerando che siamo abituati
ad una luce che nella maggior parte dei casi
proviene dall’alto, quante altre possibilità ho di
illuminare un ambiente?
Per rispondere a questa domanda
abbiamo rivolto l’attenzione oltre ad opere
architettoniche anche al mondo della pittura,
del cinema…
E poi i colori, in grado di creare un ambiente
rilassante che influenzi la circolazione
sanguigna o che alteri la reale percezione
di uno spazio architettonico (si pensi a
Rietveld) o termica di un ambiente, sfruttando
caratteristiche note ai pittori impressionisti.
E la musica? Anche la musica, che sta
occupando sempre più gli spazi della nostra
vita, anche se non ce ne rendiamo conto ci
manda dei messaggi, comunicando delle
sensazioni che operando nella stessa
direzione dello spazio architettonico possono
essere in grado di favorire un particolare
stato d’animo. Al pari della musica inoltre
anche il silenzio ha una straordinaria capacità
comunicativa.
Allo stesso modo anche gli odori,
73
nonostante un fenomeno di adattamento
successivo, comunicano e possono favorire
determinati stati d’animo.
Si pensi poi al tipo di materiali che posso
impiegare in fase di progettazione ed alle
sensazioni tattili connesse.
Fondamentale diventa pensare come
viene percepito uno spazio, in che modo viene
percorso, che sensazioni provoca: in poche
parole immedesimarsi nella persona che
percorre questo spazio, cercando di “sentire”
quello che prova.
Successivamente alla fase di analisi
abbiamo iniziato a visitare negozi, attuando
però delle scelte per stabilire i limiti entro i
quali concentrare l’attenzione, essendo il
campo piuttosto vasto.
Abbiamo così deciso di prendere in
considerazione negozi di abbigliamento situati
in centro storico dei capoluoghi di provincia e
dalle dimensioni ridotte (inferiori ai 200 mq.).
Il raggio d’azione è stato poi ulteriormente
ristretto alle città del Veneto, portando infine
alla scelta di una realtà campione che ci
sembrava rappresentativa della regione, la
città di Padova, che abbiamo avuto modo
di analizzare in maniera approfondita e
successivamente confrontato con Bolzano,
una realtà in cui interagiscono e convivono
differenti culture che inevitabilmente si
riflettono nella progettazione.
I negozi sono stati analizzati cambiando
continuamente l’approccio al problema, come
se vi fosse un continuo cambiamento di
prospettiva, considerando l’ambiente sia dal
74
punto di vista architettonico in funzione della
distribuzione ed organizzazione degli spazi,
sia con un approccio legato alle modalità con
cui questo viene percepito da un individuo,
verificando quanto emerso nella precedente
fase di analisi.
Il bilancio finale conseguente allo studio del
punto vendita è stato integrato dalle preziose
osservazioni delle persone che lavorano
all’interno di questi spazi che in virtù della loro
esperienza quotidiana a contatto con il cliente
ci hanno permesso di individuare in maniera
più dettagliata e completa le esigenze e le
funzioni da soddisfare.
In seguito a questa fase di analisi si
è arrivati in maniera graduale alla fase
conclusiva del lavoro: l’individuazione degli
aspetti che secondo noi vanno considerati in
fase di progettazione e successivamente la
loro gerarchizzazione.
Ci sembra significativo sottolineare come
alla base di questo studio vi siano conoscenze
che sono legate ad ambiti diversi, in quanto
vi è il contributo di architetti, psicologi, esperti
visual, vetrinisti, commessi, addetti ai lavori…
La riuscita del lavoro è dovuta all’apporto
di ognuna delle persona che abbiamo avuto
modo di conoscere che come in una partita
scacchi, in cui nulla è lasciato al caso, ha
messo a disposizione le sue conoscenze
specifiche che integrate alle altre hanno
portato al raggiungimento dell’obiettivo finale.
Questo risulta particolarmente significativo
se rapportato ad una società in cui una delle
tendenze sembra quella di accentuare le
individualità.
“Quando arriva l’onda tutte le barche si
alzano” scrive Goleman6.
1 Come verrà specificato in seguito la
tesi si occupa di negozi di dimensioni ridotte
(superficie inferiore ai 200 mq.) situati nel
centro storico di capoluoghi di provincia in cui
si vendono capi di abbigliamento.Quando si
parlerà di negozi si farà riferimento quindi a
quelli con le caratteristiche indicate.
2 “Un sogno nel pacchetto”, Fernando
Dogana, Psicologia contemporanea, n° 119,
settembre/ottobre, 1993.
3 “Il museo visibile”, Giovanna Vitale,
Modo, 224, 2003, pag. 54-56.
4 “Nuovi musei”, Stefania Suma, Modo,
224, pag. 49-51.
5 Visual merchandising, Cristina Ravazzi,
editore Franco Angeli, Milano, 2000.
6 L’intelligenza emotiva, Daniel Goleman,
Biblioteca Universale Rizzoli, Mlano, 1999.
“Il colore mi possiede.
Non ho bisogno di tentare di afferrarlo.
Mi possiede per sempre, lo so.
Ecco il senso di questo momento felice: io
e il colore siamo una cosa sola.
Sono pittore.”
[Paul Klee, diario 9260, viaggio a Tunisi
del 1914].
75
ME ART and Media PT 2003 – 2005 Biological and
physical frequency’s cycles at the basic of sounds
and musical forms structure.
Simon Longo
Introduction
In this essay my intention is to investigate
and expose some of the relationship between
different physical and biological phenomena
and form of energy and the effect they my have
on our body psyche and mental perception in
relation to the sound art.
Since long I had the idea that we live in
a universe were all is connected, related and
we are all part of one and one is part of all.
My perspective will be an attempt to point out
relationship and parallelism related to sound
frequency, motion and vibration of the body,
electromagnetic waves and the construction
of a sound piece which is supposed to affect
our perception at rational and irrational level,
and eventually become part and contribute to
our culture, influence contemporary ideas and
itself resonate within the cultural domain of
our society.
I want to examine some of the possibilities
available to me at this moment and relate my
findings to the sound production and music
composition field in which I aim to become
specialized.
The knowledge and understanding of
natural principles I believe should allow
me to work closer to a more pure and
abstract source, in synchrony with the
universe, understanding the way to affect
consciousness and unconsciousness and to
work with more freedom by crossing cultural
boundary of genre/prejudice and what is
commonly assumed as “how it must be”, will
give me a wider canvas on which to draw new
ideas.
Of course all of this is not intended as
science, but pure abstract information for the
purpose to make think, meditate, and open an
ear on certain invisible phenomena in relation
to the artistic practice of sound making.
Affecting
consciousness
and
unconsciousness does not mean mind control,
who will choose to be carried by the music
into the soundscape of sensations probably
will find himself carried away by the flown of
music, and who choose to ignore it he will just
be indifferent.
In my writing I will try to face up and tackle
the following arguments,
- Why? (do I need to answer these
questions and explore this field)
- The freedom and the need for control.
(the need of a directional arrow when
everything looks the same in every direction)
- An overall idea of the fields and range
of frequencies I am going to take into
consideration and some technical data.
(Here is my intention to set the ground for the
discourse and the boundaries of the space)
- The acoustic paradox
Alessandro Dussin “Silenzio” 2004
76
77
(the way we experience the world of sound
frequency from a scientific point of view)
- Entrainment, The beat frequency, brain
waves and altered states of consciousness
(The proportionality between different
cycles of frequency and their effects on
psychology and perceptions suggest to
me the possibility of their utilisations in the
productions of entertainment and artistic time
based contents)
- Synaesthetic effects, sound, colours,
frequency and phonons.
(Here I attempt to draw hypothesis on the
origin of synaestetics in relation to soundcolours in the domain of pure abstract art)
- The Morphing resonance. (The one that
will bring all of this together, piercing and the
urban tribe)
(by the way bodies resonate to a specific
frequency, this theory explain how ancient
rituals, belief and ideas may still resonate in
our contemporary society. Then if ancient
rituals resonate to “natural frequencies”
natural frequencies must also resonate in
contemporary culture)
- Just an incomplete list of tribal rituals,
semi religious belief and scientific findings that
maybe can contribute into the cultural domain
by the theory of morphing resonance.
(here some examples that may relate by in
the morphing field)
78
- Conclusion
Bibliography
Why?
As electronic musician I have to deal with
an entity which have no relation to the material
world. Sound and frequency in my view are
part of a pure abstract field in art, yet music
can convey sensations and ideas.
The meaning that appear in the sound
object is projected into it by the listener
imagination, fantasy, culture and his own
experience.
Once separated from their source,
(the visual feedback or the causal of the
audio event) sounds will assume a purely
abstract value and it will be available for any
interpretation (unless the sound in question
is deeply eradicated into the day to day
living experience. In this case the sound will
be recognised and automatically linked to
the object that produced it even if has been
visually separate from it).
In theory the same sound, instrument
or melody should assume totally different
significance when listened by peoples from
different cultures or even the same culture
at different point in time in the history. That
is why different cultures produce different
sounds and music.
My question is, There is something that
remain common for everybody? There is
anything to which everybody will agree
despite their culture and their age? And why?
It is not at the moment my concern
discussing aspects of sound interpretation
based on convention, ethnic background etc.,
this would require a whole new lot of research.
I have developed as musician by empirical
experimentation, mainly with electronic
equipment and electronically generated
sounds frequencies, and I reject the attempt
to state what a sound should represent or to
what sensation should it recall in the listener,
unless the answer takes into account every
single possible culture and single personal
experience.
But yet in my music, I claim to research
expressive forms, and an expressive
language, experimenting, and I claim to
express things however abstract they may be.
Maybe the answer to this reside more
in the sequence in which sounds, timbre
and frequency are proposed, so the effect
impression on the listener created by the new
sound is influenced by the preceding one in a
continuum flowing of sounds.
By this assumption, the communicative
structure can only emerge backward by
the product of the changes, and variation
introduced over time since the onset of the
sound.
This is proved by the study of
psychoacoustics, which experimental work
demonstrated that we listen in chunk, not in a
continuum, we first listen to a short section of
sound , then analyse it and then make sense
of it.
The theory of “prosody” is another to attempt
explaining why we perceive different melodies
in different ways, but the strict relation with
“prosody” suggested by David Sonnenschein
(1) to explain that, interpretation of sound
emerge mainly from the similitude with human
or animal expressions, is to me limited and
only related to those type of sounds of human
or animal origin, and to electronic sounds that
embed similar phrases, timbre envelopes and
convolutions.
In practice, the idea of prosody explain
that sound and sound phrases should have
a meaning in relation to their resemblance
to natural verse of human or animals, for
instance the ≠≠melody phrase in the call of a
mother “the dinner is ready..” towards her son,
which generally has a typical melodic tune, or
the verse of a dog that bare its teeth which is
also a particular recognisable sound, should
dictate our interpretation of similar sounds
noises or phrases.
A simple example would be a guitar that
79
play “the dinner is ready…” melodic phrase
should sound friendly and familiar.
In my opinion this idea can explain some
circumstances, but is limitative as there are
many other possibilities, and depending on
the context, the timbre/phrase combination
is determinant in the psychological effect of a
sound phrase, plus all the abstract possibilities
allowed by the digital manipulation are
not accounted. Of course if the sound is
completely abstract we will not have any
connection to it, in theory…, so in theory
we should be open to any connection when
exposed to these sounds, but in practice in
my opinion is not like that, I think something is
happening any way.
My interest now is focused in seeing if there
is a universal structure beyond the cultural
domain and at the same time embedded in it,
and my theory it that there must be.
The Freedom and the need for control.
I have the freedom to produce and reproduce any thinkable sound and any
audible and inaudible frequency, make the
music to play at any imaginable tempo and
with the easy of entering a numeric value in
a value field and hit “return”, all of this with
no effort. Therefore, I looking to define a
natural-biological grid for this values to use
purposefully in the construction of a sound or
80
a composition.
Why a song beats per minute should be
between 60 to 140? And not 350 just for
instance. Or simply why a song is perceived
as been slow when its speed is around 60 to
80 beats per minutes and become “allegretto,
andante, fast” etc as it approaches 120 - 130
beats per minute?
“HOW CAN YOU IDENTIFY A ‘NATURAL’
GRID – IS IT NOT ALWAYS STRUCTURED
BY CULTURAL IDEAS?”
Yes it does, but then cultural Ideas I think
are structured and based around a natural
grid in the first place which is invisible to us
because we are inscribed in it.
First it must be said what is intended as
a cultural idea in the sound domain, is it a
particular arrangement of sounds and rhythms
typical of a determinate culture?
A determinate timbre characteristic of an
instrument and its repertoire of chords and
melodies ?
Like a particular guitar sound, rhythmic
and melodic patterns can be associated with
“blues” or another with “new metal” and then
the origin of “blues” can be culturally traced
back to the black slaves in america in the 19
century, and the new metal represent and is
linked to the American teenagers “skaters” or
81
particular drum pattern can be traced to be
part of the cultural baggage of a determinate
African tribe were ancestral knowledge is
transmitted thru the drumming ?
If this is true then, all these sounds are
inscribed simultaneously in a time-line and a
frequency domain, so my question is, does
these frequency have an effect on its own?
Beyond the cultural signification?
Can these elements be recombined,
transposed, interlinked and re-arranged with
other elements once the purpose of this grid
is understood?
82
music, which belong to another culture, so the
product of the two have a new signification
and interpretation, and the frequency grid in
which these new music fall is also influential
in the result.
In a way… can I hypnotize a musical
product which is equal to the cultural value
times the grid value?
As experimental musician I am curios in
investigate this biological structure, in order
to use it as a skeleton on which cultural
elements can be affixed and/or transmuted to
create new forms, meaningful or meaningless
abstract or representative musical works, and
sounds, not only music, and determine the
structure for time based media such video,
film interactive multimedia etc.
I am attracted to this idea as a reference
point to orientate, make decisions and
evaluate results. Or simply just to fill the gaps.
“CAN YOU GIVE AN EXAMPLE OF THIS,
OR REPRESENT IT SCHEMATICALLY?”
An overall idea of the fields and range
of frequencies I am going to take into
consideration and some technical data.
Yes, practically, for example one can take
a dance music sample, a techno uplifting four
bar measure which normally is of 130 / 140
BPM, and it can then be transpose down to
play at 80 BPM, much slower! So now it has
a different meaning, but also it operate on a
different frequency grid, assuming the beat as
the frequency, 80 BPM equal to a frequency
of 1.33 Hz (80 divided by 60 seconds) here
the meaning is influenced by the frequency
grid as the sound has not changed, and
then assume to mix it with some Indian sitar
The possibility to relate sound design and
music composition to natural cycles, frequency
and patterns present in our organism,
functions of our brain and in the surrounding
physical world are fantastic, and this link is
probably at the root of the primitive form of
music, involuntarily evolved from natural and
physiological rhythms. When musical forms
developed from the basic tam tams into the
more complex structure of contemporary
music the origin have been forgotten and
submerged by rhetoric, education and
presupposition.
“INTERESTING . . .”
Well, what I mean is that education in some
cases tend to be short-sighted, “if you want to
obtain this, you do that” this is presupposition
and I think in most of the case it just does
not happen, (but I do not mean is always like
that) and as music evolved from a very simple
and basic structure into a more complex multi
layered system, the complexity of the outer
layer have covered and made inaccessible
the inner one.
Sound is a tangible entity in our physical
environment, but not everyone understand
how wide is the range it spans.
“Here I intend to clarify that I will talk about
astronomic and infinitesimal quantities, not
necessarily and obviously related to the sound
as we normally intend it, the relationship I will
attempt to uncover are rather possibilities
that in theory it could happen rather than it is
indubitably happening.”
Before starting to draw relationships
between
astrophysics,
brain
waves,
frequency-induced-altered-states and sounds,
I think is necessary to recognise that, sound is
not merely only what we hear.
There is an enormous range of frequency
and cycles beyond and above our hearing
sensibility, which are indeed sound frequency
and can affect us in a direct or indirect way,
the heart has its own magnetic resonance
and light colours also manifest at determinate
frequency.
Sound is a mechanical vibration in an
elastic medium. Frequency-Sounds can travel
along any elastic medium at different speed
and at different distance, which depends on
the nature and specific characteristics of the
medium.
The same consideration concern the
Amplitude (loudness) of the sound. Taking this
on another dimension, atomic particles that
constitute matter can present themselves in
different states of excitation, atomic particles
may oscillate between quiet state and excited
state. Giving the example of heat, a heated
piece of matter at atomic level has its atoms
excited (oscillating), the excitation consist
in a mechanical vibration of an infinitesimal
amplitude. As the vibration is mechanic, it
can also be described as a sound vibration,
and precisely a subsonic sound vibration
(2). “Mechanical vibration even take place
on the atomic level, resulting in quantum
units of sound energy called phonons”, and
“Properties of long-wavelength phonons
gives rise to sound in solids (hence the name
phonon)” (3).
Normally for us the elastic medium is air,
which transmit the vibration from the source to
our eardrum, the vibration is then transmitted to
83
the internal organs and ultimately transformed
into electrical impulses and transmitted by
the nerves into our brain to be interpreted (1).
Ultimately the brain receives these impulses
as rhythmic patterns (or impulse frequencies)
and recognises the sound object.
At the other end of the scale for amplitude,
we my consider the displacement of particles
caused by the blast of an explosion, which will
tear apart the hearing organs of any creature
too close to its source. We may not normally
consider such an explosion a sound, (unless
heard from a distance) but the wave generated
has all the characteristics of a loud sound. We
may define this as an acoustic shock wave of
perisonic intensity, (well above the threshold
of pain).
Now,
One my ask: how sound that can not be
heard can become a structural part of a song
or a cultural sound artefact?
Well,
Some sound can also heard as a
consequence of
other sounds, because
sound is a physical entity it has to conform
to certain rules, we can use these rules to
create sound paradoxes, prospective effects,
and influence the message perceived in the
cultural domain. A little bit like we can draw
lines in prospective on a flat surface and give
the impression of depth.
How this is done ? A brief explanation will
follow
84
The acoustic paradox
I will now try to describe how and why
is possible to make the brain believe he is
hearing something which is not there. I think
this is relevant because demonstrate how
sounds which are outside our hearing range
can still influence our perception. This is
relative to the binaural beating, the concept
of perceiving the rhythm as a low frequency
fundamental, and also the effect of ultrasonic
sounds which are not heard directly but cause
some effect in the lower octaves.
If the frequency grid I am looking for do
exist, it will appear in a range of frequency
which is not audible, therefore I need to
demonstrate how these frequency can affect
our state.
Helmoltz, proved that, when two pure sine
tones are diffused in air, two other new tones
appear, one lower and one higher in frequency
of the original tones. These are called the sum
and the difference tones.
This phenomenon has been observed and
become apparent especially with pure sine
tone experiments but it is triggered by any
type of sound. Pure sine tones in nature do not
exist, and have to be created electronically.
Sound in nature can not be heard as
85
pure fundamental frequency, there must be
always a number of harmonics above and
below the fundamental frequency which are
an inseparable part of the physical sound
morphology. This is because the medium,
behave like a mass of springs, and moving
particles drag also surroundings particles
along the motion.
What I describe here can be compared to
the illusion of prospective, and the impossible
cube and impossible triangle which are
paradoxes in graphic design.
Using
electronic
controlled
sound
frequency, the difference tone paradox can
be used to make the brain hear frequency
in consequence of the frequency in air, but
which are not there.
Frequency below the hearing range for
example, or beating frequency.
Beating frequency can entrain our brain
and modify our brain waves which in turn alter
ours state of consciousness and the way we
perceive things.
Entrainment, The beat frequency, brain
waves and altered states of consciousness
Modern neurologist have located the mind
in the brain, and have said that consciousness
is the result of the brain’s electrochemical
neurological activity, however there is no
conclusive research demonstrating the
86
location of the Mind-body and the brain
tissue as location for higher level of mind
activity like creativity intuition imagination,
understanding, reasoning, intention, knowing,
will, spirit, soul etc. (2) (Hunt, 1995). However
we can not measure the mind-consciousness
of an individual using EEG brainwave
measurements, (as have been observed
that, the main consciousness may be awaken
and the reason alert despite the absence of
significant EEG readings like for example
during anaesthesia), brain waves intensity and
frequency seems to be related to mind activity
and consciousness states such alertness,
awareness, concentration, relaxation, trance,
sleep and coma.
Some studies have confirmed the existence
of neural network extending into the abdomen
and stomach. This will serve to unload the
brain from some less important function
which can be carried out independently by the
brain-stomach extension, but for my purpose
this also means that the mind perception for
rhythmic phenomenology my extend in other
part of the body other than the brain.
The entrainment, is a well understood
phenomenon, which permits to validate the
idea of using particular rhythms and frequency
according to the mood of the sound piece to
influence the audience in various ways. If a
tuning fork is struck to vibrate and to produce
a oscillating frequency, another tuning fork
in the proximity will begin to oscillate in
resonance, the first tuning fork is said to
have entrained the second one. Entrainment
function on biological systems as well. The
first and simpler form of entrainment trough
music is the simple tapping the beat and
tempo of a music tune. Dancing is another
form of entrainment, which can involve a
large amount of people at the same time and
is behind the massive rave experience. In
these situation people entrain each other and
to the music with screams, and movements
on the beat, to produce a collective trance
or excitement experience. In these situation
their biological rhythm synchronise to the beat
of the music, the same can be said for other
cultures were the practice of entrainment is
used to more deeply reach altered states of
consciousness, trance and deep meditation
like for example in the Tibetan chants, or
Gamelan music or the shamantic drumming.
The binaural beat which is a phenomenon
related to the psychoacoustics of listening is
heard in the mind of the listener rather than
through the ears, and seems to be associated
with the frequency following response EEG
measurement, demonstrating the capacity of
the brain to synchronise (entrain) in resonance
with the beating frequency.
As
described
increased
alertness,
creativity, or deeper relaxation and trance,
in relation to the frequency to which the
individual is begin entrained can be helped
by using a binaural beat to entrain to. I myself
have experienced a deep sense of relaxation
by entrain at a frequency of 1.5 cycle/second
and higher state of alertness by entrain with
frequency of 15 cycle/sec.
On the biological level, human brain has
developed over millions of years while been
subjected to the constant electromagnetic
fields generated by the earth. One hypothesis
is that, these forces have proportionally
influenced
our
development.
“Some
experiments show connections between the
brain states and the resonant electromagnetic
waves of the Earth, raising the possibility that
the human brain has evolved to be “in tune”
with Planet Earth. “(3)
The Shumman Resonance is described
as the magnetic resonance frequency of
the earth, “The fundamental frequency of
the Schumann resonance is roughly the
fundamental frequency of a spherical shell
whose inside boundary is the surface of the
Earth and whose outside boundary is the
ionosphere”(3) the Shumann resonance
fundamental frequency is given as 7.5 Cycle/
second, following by harmonics at 14, 20, 26,
33, 39, and 45 Hz. Interesting enough, these
frequency appear to be related to the natural
frequency of the human brain which are:
Beta waves (14 to 30 Hz) Alpha waves (8
to 13 Hz), Theta waves (4 to 7 Hz) and Delta
waves (1 to 3Hz).
Each brain frequency is related to a
particular mental state, brain waves are
plotted by specialised equipment (EEG), which
measure and record changes in the electrical
activity of the brain. “Many studies have
87
demonstrated the presence of a frequencyfollowing response to auditory stimuli. This
EEG activity was termed frequency-following
response because its period corresponds to
the fundamental frequency of the stimulus.”
(4) (Smith, Marsh, & Brown, 1975).
Brain wave periods can be used to
elaborate some rhythmical pattern in the
music, if the intention is to describe a fast
action in a movie scene or if the aim is
to create a particular sound drone for an
audiovisuals work in a chill out room or for
meditative purpose, it will be useful to look at
the appropriate frequency to obtain the right
response to the work from the audience.
Shamantic drumming is reported to act on
these frequency-pattern to act on the state of
mind of the audience.
It is interesting to see that this phenomenon
is exploited in ancient traditional music like the
Gamelan music, Indian Ragas and Tibetan
Chant. Is probably for an evolutive process that
these form of traditional music have developed
in this way, probably because the research in
the depth of the human mind and spirit over
thousands of years that these cultures have
pursued. Assuming more the form of religious
rituals rather than entertainment, this music it
seems to be in tune with the harmonics of the
universe.
At cultural level for example in the
“Gamelan” music, different instruments are
88
used to play determinate score in a song,
the instruments are tuned on different scales,
and during the execution of the music each
of these instrument follow its own particular
score, which has a determinate meaning
signified and purpose in the Gamelan music
philosophy.
The concept of melody lagu is fascinating
and elusive. “The Javanese master,
Sumarsan argue the existence of what he
calls the inner melody which is not played by
any single instrument, but is a kind of intuitive
melodic core which influence the movement
and direction of the whole ensemble more
than any single instrument” (5) and; Question:
“ If the balunganin gendhing is not played as
is conceived, were is it? The answer is in the
mind of the musician” (5).
An accurate listening of the “Bali Musique
pour le gong” reveal a dissonance between
the notes played by the Gamelan instruments
which produce beating frequencies along
the development of the music. As the music
proceed rhythmically and unfold, various and
diverse dissonance initially apparently chaotic
become more ordinate and slower, inducing
the listener in a state of relaxation and trance.
In the “Tibet, The Heart of Dharma” monks
chants pure harmonics, in the attempt to find
the fundamental frequency of the body and the
spirit, to meditate passion and transform the
energy in enlightenment of the spirit, in tune
with nature and the universe. They profess
89
the philosophy of emptiness, but emptiness
that contain everything, and the communion
with the universe and all the creatures in it.
They chant a single fundamental harmonic
which can be considered like a harmonic of
the Shumann resonance frequency.
Synaesthetic effects,
frequency and phonons.
sound,
colours,
Are these totally arbitrary and abstract
ideas or there is a physical link between
colours and sound?
Analysing the sound phenomena on
the level of atomic particles may uncover
possibilities and links between sounds and
colours.
My deduction is that, if sound frequency
are all interdependent, maybe there is
some interdependency also between sound
frequency and light frequency as well.
For long time musicians artist and
mathematicians have suspected a link
between colours and music. In most of the
cases this relationship have been investigated
at synaesthetic and psychological level by
many artists like Wagner, Berioz, Debussy,
Alexander Skrjabin (6) and more recently
Kandinsky, Claudio Abbado, Dennis Miller,
Glenn McRray (7) just to cite a few, but I want
here to analyse more this idea from the point
90
of view of frequency interactions.
Starting from the Greek philosopher and
mathematician Pitagoras, who first devised
the harmonic relationship of sound frequency
based on the octaves proportion of doubling
and halving of harmonic’s frequency and
drawn hypothesis on atomistic theories
involving elementary particles of sounds and
lights. Only recently scientific measurement
proved fundament for these theories, allowing
accurate measurements on infinitesimal timescale.
Has been now accepted that light travel in
cyclic waves, and determinate frequency are
relative to specific light colour. Light ranging
between invisible infrared to the invisible
ultraviolet fall in the visible range of light
frequency and each frequency or wavelength
has correspondence to a colour.
As documented by Charles Lucy, (6)
light wavelength can be related to sound
frequency if the concept of doubling and
halving harmonics and octaves relationship
is applied to the light frequencies as abstract
mathematical function to transpose the light
frequency into the audible sound frequency
range.
Photons are the smallest units of light
energy, and on the infinitesimal level,
“phonons” are considered the smallest unit
of sound energy, and are referred as Einstein
Phonons. The main difference between
Phonons and Photons is that, Photons are
considered units of electromagnetic energy
and light particles, while Phonons are units of
mechanical energy or oscillation quanta and
are related to heat and sub atomic sound. “On
a microscopic scale optical, mechanical and
electromagnetic are inter-linked as elementary
excitation.” (8) “Complex sound phenomena
occurs when phonon energy collide with other
phonons or other atomic particles”. (8) To
highlight the interactivity between Photons
and Phonons, “Optical energy can induce
or interfere with mechanical vibration, thus
optical Photons can scatter acoustic phonons”
(8). Electrons can exchange energy with
Photons (quanta of light) and with Phonons
(Quanta of vibration energy).
Furthermore “Laser-induced phonic sound
focuses the beams from two lasers with
a small wavelength difference” (8) here is
obvious the relationship with the difference
tone phenomena observed at the macro
level of sounds frequency discussed above.
I find this information extremely important as
a link between the sound world of mechanic
vibration and the electromagnetic field of
photons and light is demonstrated.
I think this evidence a link between colours
(frequency of light waves) and mechanical
vibration in solids (sound) which is not a pure
psychological impression, but it may confirm
that something is interacting between these
two separate form of energy, and in theory it
could influence sensations and perceptions of
sound and images.
These
electromagnetic
frequencies
enveloped us constantly since and before
the first germ of life appeared on earth and
the human mind undoubtedly developed
under these influences and adapted to them.
These frequency can not be heard directly,
but maybe can influence us in a indirect
way, like the difference tone of binaural
beating. The concept that there may be
some connection between harmony and
colours may be originally related to particles
interactions but now considered linked
mainly to aesthetic and cultural conventions.
Along the experimentation with light related
to colour, others also linked elements and
metals to colour and sound, this when
considered in connection to the fact that each
atomic element has its own natural oscillating
frequency, it make sense in the context of a
inter-linked universe were all is in a continuous
oscillating mode.
For the point of view of purely abstract art
with sound and visuals
hypothetically there can be a link to
follow, from the law of the octaves to sound
to visual and colours. Maybe some colours
are naturally mapped to certain sound’s
frequency, and in the event of using abstract
sounds and colours for the production of an
audiovisual work it may be worth to propose
them according to a frequency scale.
91
The Morphing resonance theory
(The one that will bring all of this together,
piercing and the urban tribe)
The Morphing resonance is a theory
applied more to philosophical and ideological
concepts rather than physics, Rupert
Sheldrake hypnotise that, biological system
in nature have a sort of morph magnetic
fields, were a sort of memory is resident. This
memory is independent from space and time,
and it could be accounted to explain why
ideas and concept often appear in different
part of the world, from different people who
apparently have no connection. Especially
concerning the art world, philosophy, but also
inventions, this theory describe how thought
and ideas can resonate within the minds of
people proportionally to the intensity and
repetition in which this ideas are expressed,
like a resonant body resonate proportionally
to the intensity of the resonant frequency
applied. Of particular relevance are the
rituals, in this case tribal or religious, as they
are perpetuated over long periods of time,
and by many people, they are part of the
consciousness and cosmic evolution of the
humanity, and is interesting to see connection
between newly appearing experimental
religions rituals, and the echoes of ancient
one. Is supposedly true by the assumption of
this theory that new rituals based on ancient
practice, will gain more momentum due to
the residual potential resonance carried over
92
for that particular idea, and the same should
apply to arts and cultural production, were a
new ritual is likely of not having this residual
energy because is not connected to this
morphic fields of resonance.
Related to the sound practice and based
on the concept of morphic resonance it would
be extremely interesting to conduct a survey
within culturally different population and
folkloristic tradition to see how musical forms
have developed in different part of the world
and from them draw some conclusion on
if there is any form of universal language in
music and music expression that can be used
and not contradict its meaning. Seamlessly
this induce me to the hypothesis that the
typical frequencies timbre and pattern used in
the Tibetan and Gregorian chants, Gamelan
and Indian Raga music ancients tribal ritual
dances, colours frequency etc. must have
some sort of significance and relevance on
a universal level for the Morphic resonance
theory, therefore should work as corner
stone for further cultural re-embodiment,
construction and experimentation.
Just an incomplete list of tribal rituals, semi
religious belief and scientific findings that
maybe contribute into the cultural domain by
the theory of morphing resonance
Music and Vibrations Healing biologist
Rupert Sheldrake (9) describe our body as
nested hierarchies of vibration frequencies,
which appear as discreet systems functioning
93
within larger and more complex systems.
This vision is in accordance with ancient’s
Taoist philosophies and shamantic teaching,
but also with recent scientific discovery in
physic atomic. The human body is described
as an ensemble of vibrational pattern, all
contributing in a over all “Chord” were every
organ emit its own frequency. The harmonicity
of the frequency of each organ is the sign of
the harmony and health of that body-system.
It is believed by the adept of Indu
and Indian raga music that the particular
frequency, sounds and rhythm have healing
property, stimulating particular glands to
secrete determinate hormones.
One Characteristics of the Indian Raga is
that there are particular times in the day to
perform a particular melody, there are a vast
variety of ragas, for any time of the day and
night.
Some of them are seasonal and are
performed only in a particular time of the year.
Gregorian Chants contains high harmonics,
and a particular powerful sound energy at a
frequency resonant to the human bones and
skull, and are believed to help strengthening
the bones because the resonant vibration will
help calcium fixation in the bone tissue.
Organs in the human body have their own
resonant frequency based on their size and
density, it is believed as principle in alternative
medicine with sounds colours, and elements
94
(stones and metals) that each organ should
be in harmony within the body and form an
harmonious chord (a musical chord). When an
organ is in dissonance is sign that a disease
is developing. Using colours, elements, or
sounds frequency (chanting) a therapist in
this discipline can attempt to heal an organ
by entrain its resonance and realign its
frequency.
The brain of dolphins shows the most
similitude whit the human brain, Dolphins are
well known to use a system of echolocation to
orientated them in the ocean and are capable
to produce ultrasonic frequency. Swimming
with dolphins is documented as a relaxing and
healing experience. “David Cole of the Aqua
Thought Foundation has been studying the
role of sound in human-dolphin interaction
since 1989. As a result of his studies he report
that EEG readings in patient after encounter
with dolphins are normalised and frequency
from the two hemisphere of the brain are more
in phase.
The induced alpha brain wave state he
suggests has the effect of reinforcing the
human immune system, and the sound wave
pressure created by the dolphin is capable to
produce sonophoresis (enhanced transport
of permeants, such hormones, through
cell membranes) resulting from ultrasound
induced cavitation. This may explain chemical
and electrical changes observed in the brain
resulting from human-dolphin interactions”.
(10)
Conclusion.
I think the areas I have tried to explore was
a bit neglected by both the sound engineering
practice and the cultural theory information
that I had the chance to be exposed to up to
now.
For me personally the essay function as
a connection ring between different areas of
interests music theory and sound engineering,
and this writing allowed me to explore and find
answer to questions I felt I needed to clarify.
However I found impossible not to relate
my writing to my artistic practice, and at
the end this essay is ended up to be simply
another piece of research for it.
The answers that I have found have a very
practical and straight forward meaning, that is,
a simple calculations can derive a frequency
for a particular sound event, which is both
believable, psychologically correct and that
also sound good in its context/purpose.
Curiously enough for what it regards sound
frequency, the data I have found does not
demolish any of the current format, but rather
confirm them and in addition explain a little
why something must be in a way rather than
another.
Actually what really emerge as over all is
that the current musical forms especially the
commercial one are a bit standardised and
confined into genre which do not allow to take
advantage of all the possibility available of
tempo timbre and sounds frequency.
For the synesthesia I think there is much
more to investigate, and at the moment I am
quite happy to have found finally a possible
link between abstract imagery and sounds
which it can be a departure point for further
experimentation and research.
In the over all it seems to me I have found
what I was looking for, closing the gap between
the technical skill of sound engineering and
abstract artistic production.
Finally the morphing resonance explain
how frequency already existing in the world
surrounding us can become parts of a common
and “universal knowledge“, therefore become
accepted or rejected, perceived as beneficial
or destructive by the way experiences of
many individuals have projected them in the
hypothetical morphing field.
Again all this should constitute data for
further reflection and considerations.
Bibliography
(1) Sound Design - David Sonnenschein
(2) (Hunt, 1995). After Brain Wave and
Consciousness From
(3) http://www.innerx.net/personal/tsmith/
Schumann.html (Tony Smith after J. C. Paul,
Michael Gibbs) (W. O. Schumann between
1952 and 1957)
(research originated by Dave Sentman
and Matt Heavner Alaska)
http://webus.com/thescience.htm
(The
95
Science Of Binaural Beat Brainwave
Entrainment Technology≠)
(4) (Smith, Marsh, & Brown, 1975) After
Brain Wave and Consciousness
(5) A guide to the Gamelan, Rudiments of
Karawitan
(6) Charles Lucy (www.harmonics.com/
lucy/tuning.html)
(7) Sonic Graphics, Seeing Sound Matt
Woolman
(8) “Microsound” - Zone of intensity and
frequency Curtis Roads
(9) Rupert Sheldrake, Ph.D Director of
Studies in Biochemistry and Cell Biology at
(10) David M. Cole, AquaThought
Foundation http://www.aquathought.com
Cambridge University - A New Science of
Life, 1981
96
97
Onde
Michela Gamba
(preludio ostinato)
ONDE#02
…perché per scrivere, per narrare le immagini
dovrei saper dipingere questi suoni…..non
ho nemmeno le mani adatte. È freddo ed un
solo bagliore mi appoggia, spiana la strada
agli occhi, appena entrati nel tunnel. Un
vento che accelera è il primo accesso. Qui
sulla soglia appena varcata ci accolgono voci
paranormali, che però non si attenuano. Sono
cerchi aspirati verso il fondo che si allargano
più cresce d’intensità il suono, giusto quando
sembra stia scomparendo.
PAUSA.
ONDE#03
… nel cosmo. (Dopo il decollo) …astri fermi
ed io.. fluttuante. Non so ancora cos’essa
sia. Rassicurante ed ignota, determinata
e roboante. Cresce ed io immobile giro su
me stessa Roboante guizza e sconquassa
l’immaginazione i parametri fisici del
razionalizzare in cui mi ostino Qui non ci sono
dimensioni
ONDA 1
…dovrei iniziare dall’angolo in basso della
stanza, in basso a destra da questa parete.
Con le mani cariche d’Ocra traccio il primo
passaggio.
Non pensavo di accorrere ma l’allarme è
stato irresistibile. Sono accorso al richiamo.
Qui fuori una chitarra annuncia l’inevitabile...
l’atteso epilogo. In questa polvere che si
solleva al tuonare sommesso e lontano
98
presto perderò di vista il sentiero sterrato per
l’orizzonte.
Vedi … tutta la vita ho sognato di raggiungere
la vetta di quel colle che sembrava solo
uno scenario di cartapesta. Ora arpeggia
l’imminenza. Ho deciso di avvicinarmi, per
vederne gli ultimi bagliori. Prima che scompaia.
Il suo momento più vivo di rinnovamento.
Le mie mani sporcano di terra rosso mattone
questo muro che ancora non parla. Il tempo
di salire lì su.
…torniamo ad un attimo fa… nel sonno questi
suoni sono più che imput improvvisi… mi ci
concentro per trovarne il profilo migliore,
mi frugo in tasca per cercare i pastelli più
espressivi di questo color Marte che più
rappresenta il paesaggio. La prima cosa
da fare è grattar via l’intonaco di superficie.
Fragile, verrà via facilmente. Scavo con forza
perché queste sono le rughe- le schegge di
questa sensazione di scuotimento.
Forse si riempiranno d’acqua. Già l’argilla
rossa contrasta accentuandone le sponde.
E queste schegge-vere e proprie- sonore le
incido in bianco, che siano ben evidenti.
Il tempo scorre più lento nell’ultima sequenza,
per caricarsi i polmoni per l’innondazione del
giudizio.
Il vento caldo è preannuncio di distruzione e
nuovo inizio. Ma io che sono qui, vecchio, in
questa storia non lo so ancora.
“…immerso nel buio com’ero al solo
immaginare, gli occhi chiusi leggevano le
immagini al dispiegarsi di questo racconto
99
codificato… Aspetto indizi nuovi per
completarlo, che succede adesso?chi è
questo dolce cherubino?… un primo sibilo
fece tremare i vetri dell’unica finestrella. Da
quando è atterrata l’astronave so che qualcosa
presto muterà. Lì fuori la terra si prepara per
un drastico cambiamento. Torno ad indossare
vecchie vesti strappate di un tempo che è
passato solo per gli oggetti. Come avessi
sempre vissuto in questo letto di fango a velo.
I tendaggi si agitano con impeto… è ciò che
accade lì fuori…”
Aride dita senza forza creativa! Passerò la
notte a terra senza aver reso l’idea…
…non posso più aspettare. Stupore, arrivato lì
su. Sono gli ultimi passi, a fatica completati- li
senti?- ad aprirmi la vista per lo spettacolo più
bello mai visto. Ma alle mie spalle si prepara.
Io paziente. Un messaggero svolge la trama
fino alla fine, senza nascondermi niente. Sono
corde soffiate- questo è un medium a fiato o
una chitarra fatta d’aria, e spiega l’esclusività
del momento di cui sono protagonista.
Ed è ancora una volta quella forza misteriosa
che mi ha trascinato fin qui. Fino alla sommità
della conoscenza. O della censura.
Ho raschiato persino quei ritagli di carta da
pacchi che tappezzano questo mio confinemuro, muro cioè - espressivo. Non c’è sintesi!
Dovrei lasciarmi guidare dal suono così
come nasce, e nel momento stesso in cui è
già altro… e son qui a frugarmi in tasca per
cercare pastelli ed oli e gli odori?!?! Come
100
posso… semplice mano senza estensione!
ora che tutto sembra essersi dissolto…
zampilla una fonte sotto il canto di corde
elettriche rallegranti.
Forse sono aerei o sirene militari da un’altra
galassia… Perché in questo spazio c’è
posto solo per l’invisibile ambasciatore che
permane da un punto incrollabile di rocce non
più imponenti e maestose. Lieto principio.
Sembra d’essere in una nuova sfera. Basterà
abituarsi ai nuovi costumi locali. Al nostro
nuovo aspetto. Cerchi come aghi aspiranti
si fanno vicini, posso afferrarli che già sono
svaniti, dissolti prima che le mie mani… E a
destra l’effetto di scariche artificiali è onirico…
Riprendo da qui la nuova ricerca verso
l’ascesi, ora che non ci sono punti più alti.
Ho piantato la mano per terra e ne ho strappato
fuori il cuore… odora del mio passaggio e della
mia storia. Basterà incollarlo a questo insieme
di intrecci di cerchi concentrici che diventano
lampi in dissolvenza e pensare che un quadro
lo si può comporre anche solo annusando o
lasciando scorrere le dita sull’idea di esso se
i soggetti sono troppo ermetici o sublimi per
uscire allo scoperto. E se ciò che vivo passa
attraverso i miei sensi, ho riprodotto me
stessa in una nuova chiave di lettura.
Ora io di vestistrappate ed io vecchio collimano.
Unicità nell’essenza di una metafora senza
materia, né confronto. L’assoluto di questa
sfinge annientata è la continuità.
Sospensione.
“PRELUDIO
OSTINATO”Dentro
l’immagine
(SUONOIMMAGINE)à
PERSONIFICAZIONE O “IDENTIFICAZIONE”
IN CORSO DI ASCOLTO (= Sinestesia di
primo grado?)
ELENCO DEI SUONI:
TUNNEL (vista + tatto)
VENTO CHE ACCELLERA (tatto)
CERCHI ASPIRATI (tatto + vista)
POLVERE (è immagine ma anche suono)
[tatto; vista; “gusto + olfatto”]
BAGLIORI (come sopra)
SALIRE LI’ SU (è una sensazione di trasporto,
non una scena. E’ nel suono)
SCHEGGE
VENTO CALDO (tatto)
DOLCE CHERUBINO (è il suono della
chitarra: non lo identifico in un vero e proprio
<<messo>>; questa è l’immagine che si forma
in seguito).
TENDAGGI
PASSI
MESSAGGERO
(vedi
“CHITARRA”CHERUBINO, anche se è quella dal suono
più “grave”)
CONFINE- MURO (la materializzazione di una
sensazione/ il limite espressivo in un lapsus<<CONFINE>>- che occulta la valenza più
ottimista della stessa immagine <<MURO>>
che è sinonimo di possibilità rappresentativa)
DISSOLTO, ovvero DISSOLVENZA…
ZAMPILLA UNA FONTE (non è reale! E’ vista
e udito- ovvio)
AMBASCIATORE (come CHERUBINO e
MESSAGGERO)
ROCCE (si fonde con l’immagine però)
CERCHI COME AGHI ASPIRANTI (vista)
SCARICHE ARTIFICIALI (forse è la vera
sinestesia di 1^ grado perché la vedevo come
un fuoco d’artificio à contiene del colore!)
LAMPI IN DISSOLVENZA
Questi erano i suoni, catturati a ritmo di
tastiera, considerati gli ostacoli esterni, la
necessità di strizzare gli occhi e spostare il
lucernario; considerato che non scrivo sempre
molto veloce e che ho dovuto riprendere più
volte da un punto in cui mi ero incantata,
ripercorrendo a quel punto le immagini.
Dunque, molti altri SUONI- IDENTITA’
saranno andati “perduti” in questo primo
esperimento.
Ciò che però più ha condizionato le prove
successive sono state le IMMAGINI a quanto
pare.
Se lo scheletro di questa allucinazione (o
esperienza di traslazione che sia) sono
appunto i SUONI- IDENTITA’ così scritturati,
mi è sembrato interessante confrontare le
immagini istintive del qui ed ora con quelle del
primo ascolto, effettuato dal letto e senza che
avessi la possibilità di scrivere.
Ci sono IMMAGINI ben precise in questa
prima fase, che sono riconfermate durante
l’esperimento (come in seguito l’ho chiamato):
COLLE
SCENARIO DI POLVERE
SENTIERO STERRATO (adesso l’avrei
chiamato “SNODATURA STERRATA”)
BAGLIORI- e precisamente
101
ULTIMI (ULTIMI per chi e che cosa? Lo
stesso per
“DISTRUZIONE”: cosa deve distruggersi?)….
Con l’espressione “non lo so ancora”
sono già alla notte di prima esperienza (il
“concepimento” in cui il
VECCHIO esiste, stordito da
BOATI LONTANI, scariche che sono spacchi
di bianco elettrico su uno sfondo nero, si
stagliano con precisione, immediatezza e
determinazione e si allungano (questa è la
SINESTESIA DI PRIMO GRADO?dunque
è successo anche a me?!à SUONO ≈
COLORE).
Il colle, inoltre, nella prima fase è una
sagomatura della superficie, una specie di
onda (… guarda caso) monocroma che la
rigonfia e l’abbassa.
L’associazione di idee ha dato luogo
probabilmente a tale identificazione.
L’omino rimbalza da una parte all’altra di
questo “schermo” che in realtà non ha aperture
[vedi (“preludio ostinato)-ONDE#03… “qui
non ci sono dimensioni”] che quasi viene da
suggerirgli di andar via! Lui scappa, si sposta,
ma non sa dove nascondersi! Poi c’è già
questa chitarra che ha un potere d’attrazione
particolare… RASSICURANTE, ma c’è anche
qualcosa di meno incoraggiante nel suo
intervento.
Torniamo alle IMMAGINI dell’”esperimento”
(=ONDA 1), o alle scene. Nella prova di
identificazione delle immagini qualcosa si è
modificato.
102
Prima di tutto, ho ripensato alle condizioni del
primo ascolto, ostacolato da una circostanza
curiosa, perché il lettore cd saltava la
prima traccia e passava alle successive
impedendomi
di
focalizzare.
Questa
coincidenza ha creato un intro suggestivo,
permettendomi di prestare attenzione alle
sub-sequenze del lavoro, che altro non sono
che scomposizioni con approfondimenti,
sottolineature e divagazioni sul tema del
primo esperimento sonoro, ONDE#01.
Così è nato “PRELUDIO OSTINATO”,
ovvero la ripresa del “viaggio” di traslazione
da quell’intro suggestivo. Ostinato perché le
condizioni esterne (quelle del riascolto) erano
stavolta ben diverse, meno private, ostacolate,
trovandomi io in una stanza opportuna ma nel
momento meno adatto (esempi pratici: luce
accesa nella fase di ricerca di concentrazione,
“estraneo” all’ascolto di un programma in tv…;
e successivamente buio in eccesso, candela
che scivola o non è troppo schiarente;
inquisizioni da parte dell’”estraneo”…).
Quello però doveva essere il posto ed il
momento. Così avevo deciso. Tensione in
crescere per la difficoltà della prova.
Questa fase contiene però un vizio di forma
perché nel temporeggiare mentre aspetti di
riprendere concentrazione piena sovvengono
espedienti narrativi che storpiano il flusso
di coscienza: ad esempio, il pensiero di
come rappresentare tutto questo, che mi ha
ricondotto ad un dubbio di sempre su come
rendere le immagini oniriche in un qualcosa di
più esplicito e subitaneo della scrittura. L’idea
del dipingere su un ampio spazio mi è tornata
in mente altre volte.
Questo
spiega
l’intervento
di
un
<<protagonista>>
esterno
(vedi
*
PROTAGONISTI)… del quale parlerò in
seguito.
Il “preludio ostinato”- per concludere- si ferma
al riascolto di ONDE#02- ONDE#03, perché
l’ostinazione fortunatamente ha avuto la
meglio sugli elementi di disturbo.
Pensandoci, in seguito, per quanto li
ritenga comunque incompleti e neanche
esattamente azzeccati, questi miei due
preview corrispondenti a tracce posposte nel
cd sono di fatto la continuazione, l’esito, per
ciò che succede in “ONDA1”. Mi riconferma
l’immagine ciclica di un qualcosa che più
che ricominciare si riprende, si ristravolge. In
realtà non c’è partenza definita e non c’è un
arrivo definitivo… ma un continuo procedere.
“Qui non ci sono dimensioni” è un po’ il nuovo
scenario per il VECCHIO della “storia”, realtà
sottolineata dall’improvvisa scomparsa della
punteggiatura che fa perdere i parametri fisici
del razionalizzare… (forse una mia inconsciao non- volontà).
Come già rilevato, le prime righe di
ONDA 1 sono il derivato di una prova
interpretativa. Quello che però succede a
livello di “reportage” è come l’intermittenza
di un’immedesimazione reciproca tra due
coscienze che in qualche modo fruiscono della
stessa esperienza di dramma introspettivo,
anche se non sono a contatto e se soltanto
uno dei due è consapevole (come traspare dal
suo pensiero).
Questo <<strano caso>> mi ha indotto
a soffermarmi sulla ricerca dei (*)
PROTAGONISTI di questa che ho ribattezzato
come “trasposizione cognitiva”.
Principalmente i soggetti/ volti della
“storia” sono due: FRUITORE DIRETTO
(il “VECCHIO”) ed INTERPRETE (quello
che cerca di raccontare quello che ha vistoesperito attraverso i suoni).
Durante il flusso cognitivo che mi ha portato
a stendere il plot sono emerse le analogie
somatiche tra questo interprete esterno e me
stessa, tanto è che al momento in cui egli
prende coscienza di ciò che ha realizzato,
non precisamente convinto, è il mio intervento
interpretativo a prendere la parola ed egli
diventa un portavoce, per quanto continui a
volerne sottolineare il ruolo di protagonista
non cosciente, che forse per coincidenza o
trasposizione vive il mio stesso cruccio circa
la possibilità e l’inadeguatezza del linguaggio
espressivo.
Quest’Io quiescente emerge in ultima istanza
ma non è di rilievo e non contamina il fluire
delle immagini che piano piano danno luogo
ad una specie di storia trasognata.
Cruciale è il momento di excursus, che ho
voluto evidenziare, per renderlo più facilmente
individuabile, con le virgolette.
Questo è infatti il punto più onirico della
traslazione. Con mia stessa sorpresa il
PROTAGONISTA- FRUITORE, cioè il
VECCHIO, che d’impulso è accorso ad
una sorta di richiamo (preannunciato), si
103
rimaterializza nelle vesti dell’IO- GIOVANE
che è il 3^ PROTAGONISTA- o meglio il 3^
OCCHIO-, il più introspettivo. Egli è in qualche
modo il conduttore dello svolgimento del
<<drama>>, il mediatore delle 3 COSCIENZE
in causa (FRUITORE, INTERPRETE, IO
QUIESCENTE).
D’altra parte seguo a scrivere così come la
musica mi detta, non senza un grande sforzo
mentale, per non disperdere e per indirizzare
la concentrazione, per l’energia che questo
richiede più passano le ore.
“… immerso nel buio al solo immaginare, gli
occhi chiusi, ecc.” è proprio ciò che avveniva
la notte del primo ascolto di ONDE- infatti
compare per intrusione un commento esterno,
il mio (“aspetto nuovi indizi per completarlo”),
che rischia di risultare persino fuorviante e
tale da rendere poco convincente la scena.
Durante il primo ascolto non apparivano
affatto finestre od oggetti materialmente
identificabili. In questo momento in effetti
l’IO QUIESCENTE è risvegliato proprio
dall’analogia tra il vissuto personale e quello
del protagonista obsoleto… in quanto vecchio
che riscopre sotto la polvere sedimentata di
aver conservato sembianze di un giovane,
giovani aspettative e giovani omissioni.
Il tempo perduto lo si legge solo nei
depositi di questo “fango a velo” che ha
svolto la funzione di ibernazione per uno
spirito evidentemente pre- condannato
all’immobilismo; un immobilismo che sapeva
sarebbe stato drasticamente spezzato il
giorno dell’atterraggio… (Quando ho scritto
104
ASTRONAVE sinceramente l’identificazione
non mi piaceva. Tuttora non mi sembra che
questa IMMAGINE risponda pienamente
al requisito di precisione che ho cercato di
adottare. Faccio fatica ad inquadrare, tuttavia,
in un oggetto definito quella che di fatto è una
sensazione emotivamente forte ed ambigua,
senza che questo strida appunto con essa,
più che concorrere a personificarla.)
Questo passaggio mi piace perché racchiude
il punto focale di questa esperienza
(sinestetica?). Eppure questo è anche il
momento più critico e meno subitaneo.
Necessito di mandare indietro più volte la
traccia per riafferrare appieno gli spunti, per
riprenderli lì dal suono preciso da cui sono
originati.
Tale pignoleria non è priva di conseguenze!
Ripercorrendo la traccia è inevitabile si
aprano strade secondarie più o meno
contemporaneamente. Questo comporta
che io debba sezionare la mente in scribaniinterpreti più o meno capaci e veloci, ma
anche la rinuncia per limiti pratici (es. il fatto
di avere soltanto due mani) a qualche input.
Questa fase è il vero fulcro delle intermittenze
che vanno a completare lo scheletro,
aggiungendo tasselli agli sprazzi abbozzati
più in basso o più in alto.
Si rende necessario fornire materiale tattile
all’INTERPRETE che si sarebbe già perso
d’animo perché “aride dita senza forza
creativa” è già stato composto- deposizione
rassegnata di chi realizza di non essere
abbastanza <<immateriale>> per poter
105
oltrepassare i confini (lapsus per MURO) della
comunicabilità. E’ evidente che egli possieda
un’eletta virtù perché dice “il tempo di salire lì
su”, tanto è chiara l’immedesimazione con il
PROTAGONISTA FRUITORE.
E tanto è che nella svista è quasi imbarazzato
e si appresta a dichiarare che si tratta di un
MURO, non di un CONFINE. Forse, penso
io, il muro lo si può abbattere ed è pur
sempre una superficie che potrebbe essere
riempita di scritte- figure, ecc.-à quindi un
MEDIUM; <<CONFINE>> suona come
una limitazione più invalicabile, forse anche
tridimensionale, con profondità ed ampiezza
ignote, non sempre proporzionali alla forza di
oltrepassarle.
Questo è il successivo dramma, forse più grave
di quello del suo co- protagonista, in qualche
modo preparato- non rassegnato- per l’esito di
cui è fiero testimonial. Il dramma dell’interprete
è maggiore perché vi è consapevolezza
riconfermata dell’impotenza espressiva, che,
laddove si superi con accorgimenti ingegnosi,
ritorna trionfante quando si considera che la
fruizione del messaggio sarà incompleta (“e
gli odori?!?! Come posso…”), quindi non del
tutto realistica.
Il “VECCHIO” entra in un nuovo universo
adimensionale (tornando ai due “preview” di
“Preludio…”) e non ne è spaventato (“basterà
abituarsi ai nuovi costumi locali”).
Ultima (?) voce di campo per l’INTERPRETE
che si rifà ad una mia esperienza reale- la
fruizione dell’arte attraverso l’olfatto. Forse
ha trovato una soluzione…o una nuova
106
interpretazione. Non è detto che ne sia
soddisfatto (SECONDO ME NON LO E’, ma
lo capirò nella seconda parte dell’esperienza
sensoriale “ONDE”).
E, in fondo, la conclusione è di quell’IO
QUIESCENTE attraverso il quale mi sono
intrufolata in queste righe. (Soddisfatta?) Di
certo l’ho tolto dal disagio del momento.
Non è esatto che i 2 + 1 PROTAGONISTI
si siano riallacciati. Non è avvenuto questo
concretamente e in una scena da lieto fine. E’
solo che mi è sembrato di leggere in tutto questo
la perfetta sintesi di svariate elucubrazioni
sull’essenza e la sua definizione. L’UNICITA’
di un’essenza che è CONTINUITA’ tra
essenze mi sembra finalmente, e tuttora, una
corretta e consolante risposta.
FINE PRIMA PARTE
(II PARTE)
… LEGGEVA NELLO STEREO CHE
ANDAVA IL SOTTOFONDO PIU’ ESATTO
PER QUELLE PAROLE STATICHE E CALDE
CHE LE SI POSAVANO SUI VESTITI,
DANDOLE ASPETTO RICONOSCIBILE. E
IL SUONO ENTRAVA DA SOTTO IL LETTO
COME UNA NUBE TOSSICA INVISIBILE A
SCUOTERLA, SOFFUSA NELLA LUCE UNA
COSCIENZA RESPINTA…
<<FUI COSTRETTA A PRENDERNE LE
DISTANZE DAPPRIMA POI ALZAI IL
VOLUME E TORNAI AL MIO ROMANZO.
MI PIACEVA “PINOCCHIO” CHE USCIVA
MORBIDO DALLE CASSE; CONCENTRAVA
LA MIA LETTURA>>
E COSI’, ATTENTA A NON DISTRARSI
SI SOTTRASSE ALL’AUTOCONTROLLO
GIA’
STORDITO
ANCH’ESSO
DAL
CAMBIO D’ODE. LA NOSTRA STELLA DEL
CINEMA, COME LA CHIAMAVANO SULLA
PASSERELLA, FU PRESA DAL Morbo
Del Nervo Rapsodico E IN UN CRAMPO
VIOLENTO SI TROVAVA GIA’ A TERRA
IN UNA POZZA DI SUONI A COLORI. DI
LEI VEDEVO LE LUNGHE MANI BIANCHE
IMMOBILI COME RAGGI IN ESTENSIONE…
<<… LA PANCIA A TERRA. E MI SVEGLIAI.
GIACEVO SU UN TAPPETO DI FOGLI IN
DISORDINE. CARTA DA SCRIVERE E
BRUTTE COPIE GIALLO AZZURRE COLLA
PENNARELLI VERDI E ROSSO E 1 MATITA
E DUE PIUME D’OCA E CLIPS GESSO
GESSO STUCCO SABBIA MATTONI A
PEZZI CHE SUCCEDE? E’ TUTTO CIO’ CHE
AVEVO RACCOLTO DENTRO LA GABBIA
PRIMA DI SCHIZZARE DI QUA…
… E INFATTI INDOSSO ANCORA LE
CUFFIE…>>
LA PANCIA A TERRA. E SI RIALZO’.
LO SGUARDO STORDITO, NUOVO,
SOLITARIO DI CHI SI RISVEGLIA SENZA
RICORDI O NON RIESCE A RICOSTRUIRVI
CRONICITA’ CON CIO’ CHE LO CIRCONDA.
ORA INDOSSAVA CUFFIE DI FORMA
INSOLITA E CI PASSO’ SU LE MANI QUASI
PER ACCERTARSENE.
CAOS ONIRICO PRENDE IL SOPRAVVENTO
UNO SCONOSCIUTO ENTE ESTRANEO.
NON PERCHE’ INTERNO SI ESATTO
QUESTO E’ IL VERSO DEL SUO ARRIVO
O IL SUO RESPIRO L’ENTE ONIRICO HA
DUE FACCE E 1 FORMA IN QUESTO CASO
ED ESPLODE ALL’IMPROVVISO CON
FOLLI PREAMBOLI COME QUESTI. NON
CHIEDETEMI COME SCOPPI E CHI NE SIA
PREDA. PERCHE’ OGNI ATTIMO “CHE SI
RISPETTI” E’ QUELLO DELL’IMMINENZA.
COME ESANIME MA VIGILE RIPRENDO A
PARLARE. NON NEGO DI NON SAPERE
CHE FARE E CHE QUESTO MI INCUTA
TIMORE. CERCO DI RITROVARE INDIRIZZI
ALZANDO IL VOLUME
L’ENTE ONIRICO SA DI SANGUE BIANCO
E PER QUESTO LE TREMANO LE MANI
DI OPACITA’ ORA BIZZARRO SI DIVERTE
A CONFONDERNE LE MEMORIE E NEL
PASSAGGIO ANNEGO ANNEGO IO TRA
QUESTE BOLLE IN REALTA’ GALLEGGIO
LE SCARICHE LE HANNO TRAFITTO LA
NUCA, TANTO CHE LE HO VISTO FARE
107
108
109
110
111
PIU’ DI UN SOBBALZO DAL PAVIMENTO
MENTRE SUL SUO NASO IL SAPORE
DELL’ACQUA SALATA. MI DISORIENTA
TANT’E’ VIOLENTO QUESTO SCAMBIO
DI IDENTITA’ CHE MI AFFRETTO A
RIPORTARE SUBITANEI PASSAGGI DI
SENSAZIONI DA FAR VENIRE IL SANGUE
DA NASO. MI TREMA PERFINO LA TESTA
“DECISI
DI
SEGUIRE
L
AGUIDA
INCALZANTE
MENTRE
GLI
ARTI
ENTRAVANO IN TENSIONE POSSEDUTI
DALL’INCALZANTE ECCEDERE DI NOTE
DANNATE. TENDAGGI IL SUONO CUPO
DI UN QUALCOSA DI ASTRATTO CHE SI
AVVICINA SENZA MINACCIA. CERCHI
ASPIRANTI CHE SI SPENGONO” LE
RICONOSCO LE SAGOME A SFERA
DI QUESTO SCHERMO PIATTO CHE
RICONOSCO NEL MIO PAVIMENTO.
MI
RICONOSCO
ICONA
DI
ME
CEREBRALMENTE TRAPIANTATO VIA
CAVO DA UN VIAGGIO COLLATERALE
IN ATMOSFERE IGNOTE IN CARNI
FRESCHE E SCHIVE DEL DISAGIO DELLA
COSCIENZA RIFLESSA.
PAUSA
(*segue “quadro”)
ESPERIENZA “SINESTETICA”_ II PARTE
(A). NUOVA TRASPOSIZIONE.
La scelta della libera scrittura è arbitraria e
casuale allo stesso tempo. Prima che abbia
avuto coscienza della necessità di analizzare
quel risultato che per praticità ormai chiamo
“Preludio Ostinato” (comprensivo di “Onda
112
1”), mi sono trovata a dover dar sfogo ad una
tensione prigioniera- legata alla sospensione e
all’incompletezza, o all’inefficacia, espressiva
dell’esperimento.
Era chiaro che avrei dovuto evitare ogni forma di
disturbo dall’esterno e che l’immedesimazione
sarebbe riuscita maggiormente creando una
struttura convincente, direi scenografica, dalla
quale trarre pretesto e continuità.
Evidentemente insoddisfatta della riletturache come spiego nelle pagine di analisi
postuma, mi sembra incompleta e non
precisamente estrinsecata- mi sento quasi in
dovere di liberare la voce del protagonista“INTERPRETE”, quello che maggiormente
risulta – a mio avviso- penalizzato dal mio
intervento e dalla conseguente viziosità dei
contenuti che lo riguardano.
Non sono nemmeno soddisfatta- per
rispondere, a posteriori, all’interrogativo
che conclude la mia analisi- delle numerosi
omissioni che annebbiano i passaggi
descrittivi facendo precipitare la narrazione
frettolosamente in un “finale” surrealistico e
quasi fantascientifico (mi chiedo se questo
non ottenebri il vero contenuto, se di questo
si può parlare).
Quest’ultima osservazione vale in special
modo per “Preludio Ostinato”- Onde#02;
Onde#03”, che mi riservo di riesplorare
cercando di dare anche alle successive il
giusto spazio.
Per chiarire il concetto di <<arbitrarietà>> e
<<casualità>> congiunte, l’allestimento dello
spazio di concentrazione mi sembra indicativo.
Si tratta di collocare a terra materiali fruibili e
“d’ispirazione” (ora direi anche sinestetici):
cartoncini azzurro, giallo, grigio; fogli bianchi
A3 e fogli d’appunti (come quelli che utilizzo
per questa analisi), disposti a mosaico davanti
alle mie ginocchia. Il materiale sarà così a
portata di mano e la musica mi guiderà nella
scelta di quello più consono- evidentemente
più espressivo.
Recupero, dunque, tutto ciò che può essere
utilizzato per rendere l’immagine del MURO
della storia: SABBIA, SACCHI DI NYLON,
PAGLIA, BASTONCINI DI LEGNO, COLORE
A TEMPERA, COLLA, CERA, FOGLIE,
PASTELLI, FILO… Due piume d’oca si
depositano casualmente sulla scena.
Interviene in questa fase non poco smaniosa
un elemento imprevisto: si tratta di una melodia
(Pinocchio di F.Carpi) e non ha niente a che
fare con Onde, ma che è collegata in modo
esoterico al suo autore evidentemente, ad una
precedente esperienza legata ad un simile
richiamo e in un analogo contesto. Ecco che
questa melodia, apparentemente estranea, si
infila nella voce diretta e diventa essa stessa
contesto fondamentale- provabilmente- della
protagonista della “storia”, che presto si
rivelerà essere una nuova trasposizione.
ONDE#02, ONDE#03. La scelta dei fogli
d’appunti e la penna con cui ora scrivo è
istintuale ed immediata. Non credo di aver
avuto coscienza della necessità (* necessità,
perché nel testo originale il pronome “LE”
della seconda riga è scritto per precisazione in
alto tra le due parole “che” e “si”). In sostanza,
non sono io la persona della quale si parla, né
io a raccontare, nonostante l’analogia tra gli
elementi chiamati in causa e quelli realmente
identificabili nella mia stanza, così come la
mia stessa posizione.
Una nota qui riguardo la mia indagine sulla
SINESTESIA: NUBE TOSSICA e VESTITI
sono <<SUONI>> (=SUONI- IDENTITA’)
a pieno titolo, gli unici assieme a LUCE e
successivamente a POZZA DI SUONI A
COLORI e RAGGI IN ESTENSIONE che già
si fondono con le <<IMMAGINI>>.
Dal secondo intervento in discorso diretto è
chiaro il passaggio, o meglio, l’innesco della
trasposizione che, diversamente da quanto
accade nel primo esperimento, dove sono
coinvolta nell’esperienza percettiva a due
piani, riguarda un livello per così dire interno:
tra due coscienze che non si conoscono,
hanno vita disgiunta e con probabilità
dimensionalmente dissociata, per le quali
fungo forse da tramite.
Ne ho coscienza quando scrivo “prima di
schizzare di qua” e, in effetti, rileggendo il
paragrafo mi accorgo della “coincidenza”
dell’elencazione di materiali da me stessa
preallestiti, ai quali però si aggiungono
GESSO, STUCCO e MATTONI A PEZZI…
Mi è chiaro che la voce narrante ha
registrato un cambiamento nel protagonista
del discorso diretto. La casualità arbitraria
nella scelta degli oggetti a disposizione
come elementi “d’ispirazione” hanno fornito
la porta per l’interferenza e la successiva
immedesimazione, che sfocia con violenza
nella trasposizione tra l’INTERPRETE di
113
“Onda 1” e la modella estranea (… alla
volontà?… “fui costretta a prenderne le
distanze…; poi alzai il volume”).
ONDE#04; ONDE#05. E’ il momento del
CAOS ONIRICO che induce il narratore
interno- rimasto intaccato finora dall’accadutoa cambiare penna e prima che ne sia padrone è
il flusso di coscienza a dirigere l’altalenarsi tra
voce narrante e l’Ente, cosiddetto “Onirico”, in
qualche modo la forza del trasporto emotivo,
irrazionale e carico di verosimiglianza che è
dato dalla musica.
Ora succede qualcosa di ancor più strano.
Le virgolette del discorso diretto scompaiono
fino all’ultimo paragrafo, tant’è che mi è
difficile capire chi stia parlando… Forse
l’Interprete che deve tentare di ricordare,
forse il Narratore Interno che è stato investito
dalla stessa forza misteriosa ed ora vive
egli stesso l’esperienza della trasposizione
nelle vesti della protagonista- espediente
e dell’interprete. Non a caso è in penna
nera, come per distacco narrativo (ipotizzo),
l’estratto che parla di lei, come se la voce
narrante apparisse confusa, schizofrenica
a cercare equilibrio tra l’immedesimazione
ed un oggettivo reportage (v. alternarsi tra
inchiostro nero e blu). E lì dove prende
la parola appare evidente il difficile stato
d’animo, lo sforzo mentale che si manifesta in
stadi psicosomatici fisicamente inquadrabili,
come la sensazione di annegare.
“Mi disorienta tant’è violento questo scambio
di identità che mi affretto a riportare”… Ora
114
la trasposizione ha investito anche me, checome dicevo- sono il tramite attraverso cui
passano queste coscienze.
La prova non può non avere effetti collaterali
a quanto pare. Tant’è che se prendo la penna
della voce narrante per risolvere la trama che
riguarda la “LEI” che si è trovata ingenuamente
coinvolta, ricordo perfettamente e non senza
un po’ di preoccupazione, di essere io stessa
investita da scariche. Non si tratta più di
immagini o sensazioni psicologiche, bensì
di veri e propri spasmi fisici che mi fanno
sobbalzare da terra, distesa prona come sono
sul pavimento, le braccia dritte e rigide ad
estendere la scossa che mi oltrepassa, fino a
lasciarmi inerme con l’eccitazione di scoprire
cos’altro accadrà e la paura che il gioco sia
diventato fin troppo pericoloso ed ingestibile.
La voce tra le virgolette del discorso
diretto è ancora la mia, quasi a spiegare
l’accaduto, e si chiude con l’immagine topica
dei CERCHI ASPIRANTI, che ora vanno
affievolendosi. Infine l’identificazione nel
riconoscere (scandito da tre ripetizioni) oggetti
ed esperienza. Ora però è nuovamente
l’INTERPRETE a riportare soltanto quello che
è mia deduzione.
II PARTE (B) (riguardo il “quadro”)
La pausa è breve,ma questo non conta.
Adesso mi trovo ad analizzare il risultato
figurativo che ha dato pace all’INTERPRETE,
restituendogli un po’ di sollievo.
Ora è lui, durante il riascolto continuativo
dell’intero CD, sulla scena, ad imbrattarmi il
pavimento di colla e tempere secche. Quando
sarà soddisfatto, il lettore avrà registrato forse
più di 20 riascolti dell’album di A.G.
Le mani imbrattate di un entropico impasto
marrone- giallastro, occhiaie scavate: mi
sento finalmente sollevata dall’incarico e
credo di aver fatto del mio meglio.
Esteticamente, anche all’indomani, il risultato
del “quadro” non mi piace. Adesso che rileggo
quanto contiene credo rappresenti piuttosto
bene il contenuto complicato dell’esperienza
drammatica dell’intero esperimento.
Se avessi avuto a disposizione qualche
materiale in più sarebbe stato più speculareanche se preciso che non è certo questa
(parte destra del quadro) l’immagine del
<<muro>> che ho avuto durante l’esperienza
onirica e tutto il resto.
Forse questa raffigurazione (parte sinistra)
rispecchia più lo scenario surrealistico di
ONDA1 e per questo è così ostinata la stesura
del colore, ripassato più volte con le ditaacceso verso l’esterno e verso l’alto a cercare
l’estensione.
Non vorrei spiegare oltre.
Anch’esso è in fondo l’esito di una
commistione di ingredienti: il CASO e
l’IDEA; la SPONTANEITA’ e l’IMPREVISTO;
CONCENTRAZIONE
e
DISTURBO;
PRESA DI COSCIENZA e ABBANDONO;
RAZIONALITA’ e SOGNO; PUNTI DI
VISTA
CONVERGENTI
e
IDENTITA’
DISSOCIATE; ANSIA e DECISIONE; FORMA
e ADIMENSIONALITA’; ESPERIENZA e
RAPPRESENTAZIONE; ERRORE e LAPSUS;
INCOMUNICABILITA’ e DETERMINAZIONE
OSTINATA;
IMMEDESIMAZIONE
e
DISTACCO; FRAPPOSIZIONE D’ “IO” ed
ALIENAZIONE; MATERIALI DI RECUPERO
e SUGGESTIONE; TATTO ed IMMATERIA;
DIMENSIONE ed ASTRAZIONE; SUONIIDENTITA’ ed IMMAGINI; PERCEZIONI
ed INTERPRETAZIONI; EXCURSUS ed
IMMINENZA; SFUMATURE e DEFINIZIONI…
Posso dire che, se avessi interrotto il lavoro
prima, il risultato non sarebbe completo,
perché il riascolto delle tracce, così incalzante
- forse talvolta ossessivo- ha comportato dei
ritocchi,via via necessari (che portavano alla
sopraffazione ad esempio, di un colore più
pesante cui stavo dando troppa voce), e dei
ribaltamenti di conseguenza. E credo del resto
che la calcificazione del colore, le macchie e
le graffiature disordinate, racchiudano con
sufficiente eloquenza contrasti e linearità
dell’intera esperienza e della complessa
volontà descrittiva che pone fine alla ricerca
fin qui protratta.
E da tramite dell’intera esperienza sinestetica
(?)- traspositiva, guardando adesso il risultato,
non posso che notare che elemento conduttore
dei diversi ingredienti o contenuti di questo
“testo figurativo” (sempre il <<quadro>>)
sono proprio le ONDE che si insinuano tra i
colori scindendoli ed amalgamandoli in decise
armonie sensoriali.
115
PRECISAZIONI CIRCA L’INTERO LAVORO.
Quello che attualmente chiamo “Preludio
Ostinato” è in realtà il risultato di tre esperienze
sensoriali (quelle che riporto in grassetto qui
sotto) e le rispettive analisi dei contenuti :
-
-
-
-
-
-
(preludio ostinato)- Onde#02/ Onde°03
+ Onda 1;
Seconda
parte
dell’esperimento
(senza titolo) scritta in penna ed in
stampatello;
il <<quadro>>;
“Dentro l’immagine” (analisi postuma *)
II PARTE A “…Nuova trasposizione”
(analisi postuma *)
II PARTE B (analisi postuma *)
(*) la necessità di spiegare, in primo luogo
a me stessa ed eventualmente all’autore
delle sonorizzazioni, quanto accaduto, mi ha
spinto a conclusione della terza esperienza
a riprendere criticamente in mano la lettura
delle “suggestioni”.
Volendo essere precisi, dovrei aggiungere
un quarto momento (il primo anzi!), ovvero
quello legato alla prima occasione d’ascolto
del cd, durante la quale ha realmente inizio
l’esperienza che andrò ad approfondire
nell’esperimento Onda 1.
ascolto di Onde, direttamente su un foglio
Word. Il secondo esperimento invece viene
realizzato a penna, e così le successive
stesure analitiche.
Per fedeltà all’originale ho riportato la seconda
scrittura in carattere stampatello blu, in modo
tale da far rispecchiare l’utilizzo alternato degli
inchiostri durante il vissuto.
Allo stesso modo, ho riportato il carattere
schematico dell’analisi relativa alla prima
parte dell’esperimento, nata sulle prime bozze
d’appunto che avevo cominciato a raccogliere
per individuare le tracce di sinestesia nelle
espressioni riscoperte nel mio testo (quelle
che poi ho chiamato “suoni- identità”).
Il Senso che compare tra parentesi accanto
ad alcuni di questi Suoni- Identità serviva
a me più che altro per aver memoria della
percezione sensoriale predominante al
momento del vissuto e della sua registrazione;
è chiaro che non si riduce (o limita) ad esso.
Per quanto riguarda la denominazione delle
parti di scrittura nelle griglie d’analisi, Preview
sta ad indicare il vero preludio…, in altre
parole onde#02-#03 che precedono ONDA1.
L’esperimento è ONDA1. Il concepimento
fa riferimento all’”allucinazione” del primo
ascolto.
Note:
(preludio ostinato)- Onde#02- Onde°03 +
Onda 1 viene realizzato durante il primo ri-
116
117
Performing Art e Utopia Concreta
oltre la multimedialità
Nicola Frangione
Ancora oggi notiamo come sia difficile per
l’operatore “artistico”, anche il più volenteroso,
prescindere dai modelli e dai materiali che
costituiscono il suo specifico operare, le
caratteristiche e le discipline delle diverse
forme di espressione sono spesso vincolate
per l’evolversi del progetto nell’oggetto
artistico.
Sia nella musica come nelle arti visive,
sia nel teatro come nella poesia, la specificità
del mezzo hanno indotto l’autore verso
un’autodifesa corporativa nella convinzione
manieristica di un’identificazione drammatica.
Il mezzo, la disciplina, la tecnica, diventano per
eccesso “verità filosofiche” di identificazione
esistenziale, come una mamma eterna ed
immutabile pronta ai nostri vizi di umano
cambiamento.
Nella Performance si tratta semplicemente
di attribuire al mezzo espressivo la
conoscenza della propria sperimentazione,
una trasferibilità celibe e performativa, dove
l’autore traccia insieme al proprio lavoro una
azione totale, una coesistenza dialettica e
critica, in sostanza un distacco poetico che
tiene conto della forma senza esaltarla.
Nell’articolazione del processo progettuale
la multimedialità ha caratterizzato in questi
ultimi trent’anni un terreno di ricerca criticooperativa, ha maturato la possibilità di nuove
tecnologie e quindi di nuovi mezzi, ma non ha
superato quegli sperimentalismi chiusi negli
ambiti dello “stupefacente apparire”, anzi, in
molti casi ha determinato una omologazione
118
tecnica tra varie forme artistiche. Una
omologazione che configura la possibilità di
collegare conoscenza tecnico-realizzativa
e conoscenza artistico-ideativa sullo stesso
piano estetico.
Con la tecnologia aumentano le possibilità
decisionali che l’artista ha a disposizione, ma
il nuovo “stupafacente apparire” riemerge;
svincolato dal rapporto critico, offre una
differente morbosità del mezzo, come se
fosse una nuova ideologia pur conoscendone
i limiti programmatici nello spazio-tempo.
Ciò che appare è sempre l’eterna “messa
a morte”, un tentativo di vestire il mondo
artistico di precise certezze staccate dalla
memoria, una imprevedibilità mancante di
un’etica del rischio, una modernità dove
nessuno cade, nessuno si fa male, ma tutti
possono connettersi in breve tempo con un
mondo acerbo che si autospiazza già domani,
per le più aggiornate e nuove tecnologie di
opportunità, eventualità, interattività, virtualità,
plurisensorialità.
Oggi credo si possa affermare che non
esiste più differenza fra mezzo espressivo e
aspetto tecnologico. Se osserviamo gli stessi
media, ci rendiamo conto che essi sono già
una somma di funzionalità estremamente
utili per comodità e spettacolarizzazione,
ma notiamo una polarizzazione percettiva
dell’autore (senza odori) come se fosse una
personalizzazione astratta, un autore che
attende con ansia il nuovo aggiornamento
tecnologico,
dimenticandosi
tutte
le
circostanze dell’antico godimento in cui
119
il tempo di vita si imponeva sul tempo di
produzione.
Nel senso drammaturgico delle arti e nel
fare “performing art” si va oltre la multimedialità,
con distacco; l’opera è l’autore come sinergia
interdisciplinare, l‘autore è l’elemento della
memoria collettiva come unico artefice del
suo processo artistico, la performance è un
percorso parallelo tra linguaggio-concettuale
ed emotività-pulsionale, come pensieroazione.
Al contrario la tecnologia nei suoi aspetti più
generali tende allo stupire, sia i consumatori
che spesso ignorano i meccanismi tecnici,
sia i creativi che coscienti del mezzo, restano
legati alla crescita e alla causalità dei ritrovati
ultimi. La capacità delle nuove tecnologie di
ingannare il sistema nervoso centrale lascia
due venditori che non si conoscono, due
compratori che cominciano a conoscersi
come consumatori che interagiscono in un
gioco esclusivo, nuovo e spiazzante. Se lo
spazio sintetico è anche spazio reale, resterà
l’uomo artefice responsabile del suo controllo
e autore. L’agire artistico come “drammaturgia
totale” è il modo in cui si esprime la virtuosa
caratteristica esistenziale dell’individuo e la
performance potrà contenere il sé e il fuori del
sé.
La “performing art” può svilupparsi con la
conoscenza tecnica e la sperimentazione dei
linguaggi, ma sempre prevale anche quando
il corpo è presente un segno che è straniero,
una energia estroversa di stupefacente
apparire.
Il performer può inseguire sempre
esperienze e linguaggi nuovi nel progetto, ma
a lui resta l’azione ribelle e psicologica della
reazione come arte della vita.
“L’origine è la meta perché io ti guardo
quando tu ne accorgi”.
Su questa breve frase l’utopia non è cosa
astratta ma concreta; di più l’utopia concreta
è l’asse portante su cui avviene la “extraazione” del Performer come viaggiatore di un
mondo prima interiore e dopo esteriore, ed è
indipendente dalle discipline, dalle tecniche e
dalle definizioni.
La Performance esprime sempre un
carattere originario che è riconducibile al
dramma ma senza essere teatro, avviene
prima nella consapevole coscienza di esistere
e dopo, come sintesi, viene “messa in
campo”. Lo spazio d’azione viene modificato
da una originalità interiore e la performance
diventa un parto, una nascita, un avvenimento
esistenziale di “messa al mondo”, perché su
tutto ciò che è avvenuto nella performance
ci riconosciamo antropologicamente vivi nel
senso.
Nicola Frangione “Immagine 006.jpg spedita Ottobre2004”
(realizzazione materica-1988- cm.50x70)
120
121
Non ci sono più le mezze stagioni
Claudio Barzaghi
Già, sono scomparse anche le “mezze
maniche”, i calzini corti (ma non quelli
cortissimi) e, nella poco rispettosa pratica
automobilistica, è scomparso pure l’arancione
del semaforo. Ma cosa c’entra questo con la
sinestesia e con particolari esiti artistici? Non
lo so, però conto di arrivarci.
Alcune questioni relative alla sinestesia
sono ormai note, e così riassumibili: «la
sinestesia è il fenomeno per il quale
la percezione di determinati stimoli è
accompagnata da immagini proprie di un’altra
modalità sensoriale, ovvero un’associazione
invincibile e costante di sensazioni diverse
che si presentano simultaneamente, come
un’”audizione colorata” o una “visione uditiva”.
Benché quasi tutti gli individui possano creare
metafore sinestetiche pochi sarebbero, a detta
di alcuni ricercatori dediti allo studio di questo
fenomeno, i sinesteti»1. Ma, nonostante gli
sforzi e le ricerche, manca allo stato attuale
una spiegazione unica del suo funzionamento
e del perché si verifichi. E quindi la nostra
“amica” resta, per molti versi, un rompicapo.
Manfredo Massironi, in uno di quei rari libri
che risultano coinvolgenti fin dall’azzeccato
titolo (L’Osteria dei Dadi Truccati), pur non
occupandosi espressamente di sinestesia,
affronta vari argomenti di pertinenza artistica
e, in particolare, ci conduce alla scoperta
di un territorio psicolinguistico dato - dagli
orecchianti come il sottoscritto - un po’ per
scontato: Takete e Maluma. Si tratta di due
isole immaginarie, o meglio, di un test molto
noto quanto convincente, perché tutti quelli
122
che vi si sottopongono rispondono nello
stesso modo, e cioè associando alla parola
“takete” una forma costituita da segmenti
rettilinei e angoli acuti, e alla parola “maluma”
una forma rotondeggiante. Raramente si
ottiene un risultato più “pulito” e plebiscitario.
Le cose, però, cambiano quando si passa
alla verifica di possibilità intermedie come, ad
esempio, l’associazione delle parole Malute e
Takema a configurazioni grafiche costituite
da tratti rettilinei e curvilinei insieme. In questo
caso il miracolo non si compie; in pratica
siamo in presenza di un caso «unico ed
estremo. Siamo di fronte ad una condizione
del tipo tutto/niente»2.
Insomma, alcune parole e alcune figure,
grazie all’associabilità di suono e immagine,
più di altre risvegliano e soddisfano l’estremista
che è in noi. Sul fronte del processo niente
di nuovo, soprattutto se si pensa alle
considerazioni semiotiche del sinestetizzante
(ma quanto consapevole?) Ferdinand de
Saussure il quale, all’inizio del secolo scorso,
inaugurava una nuova stagione definendo il
“segno” come la combinazione del concetto e
dell’immagine acustica 3.
Alla fine, gira e rigira, tutto ruota ancora
e sempre intorno ai cinque sensi che,
può essere utile ricordarlo, la concezione
religiosa medievale considerava pericolose
vie di accesso al peccato. E a ragione, infatti,
cos’altro potrebbe essere lo “sregolamento”
dei sensi messo in scena dalla sinestesia se
non un peccato perpetrato ai danni del mondo
regolato?
123
Troppo spesso soffocati dalle mezzemisure e dalle mezze-porzioni gli umani
cercano vie di fuga (spesso nella banalissima
violazione della legge), e assai raramente
le trovano. Ma tra gli umani certuni risultano
più fortunati, quasi privilegiati, e sono gli
artisti. Epperò mica tutti, solo quelli capaci,
per intenderci, di rispondere alle domande
del Tribunale dell’Inquisizione come Paolo
Veronese: «Nui pittori si pigliamo la licentia
che si pigliano i poeti e i matti».
In definitiva quegli artisti che soffrono i
limiti del troppo finito, del già dato una volta
per tutte; quelli baciati dall’idea sublime
del “mondo esiste ancora” perché lo faccio
di nuovo. E così agendo e pensando
violano le ferree leggi imposte dai sensi
codificati, aggirano le trappole dell’anestesia
(all’opposto della sinestesia), e corteggiano
la Babele fisiologica alimentando perniciose
quanto bizzarre idee di libertà. Per giunta
senza essere nati sinesteti
Pericolosi sovvertitori dell’ordine costituito
state attenti! la nostra pazienza ha un limite.
La vostra ricerca dell’opera totale potrebbe
renderci vendicativi. Non costringeteci a
invadere la vostra isola, o a confinarvi lì
soli soletti. Si può sapere perché non vi
accontentate di passare con l’arancione?
Uomo avvisato, mezzo salvato.
124
1 F. Rampichini, Acusmetria. Il suono
visibile, Franco Angeli, 2004, pp. 19-20.
2 M. Massironi, L’Osteria dei Dadi
Truccati, il Mulino, 2000, p. 126.
3 F. de Saussure, Corso di linguistica
generale, Laterza, 1978, p. 85.
125
126
126
127
La Sinestesia
Monica Michelotti
La Sinestesia quando la conosci ne rimani
abbagliata, ti attira, ti innamora; ti permette
di sviluppare tutti i sensi anche il sesto
quello dell’artista, del creativo in genere.
Quando la conosci non ne puoi fare più a
meno, diventi un corpo solo e un anima sola
assieme agli altri componenti del gruppo:
Sassu, Albertin, Perseghin, i loro fondatori.
Quando li ho conosciuti mi sono entrati nel
cuore. Perché chi ama l’arte non ha bisogno
di molte parole per entrare in sintonia, basta
uno sguardo, un principio comune, un comun
denominatore. È bello perché con la Sinestesia
si sviluppa la sensorialità, sembra quasi
una malattia incurabile e si sviluppa tramite
il contagio, come un virus, ed ancor oggi
stiamo cercando l’antidoto per la cura. Con
la Sinestesia possiamo essere influenzati dai
nostri sensi, oppure essi esplodono per poter
esprimersi con fluidità nel mondo e nella storia.
Allora il nostro corpo si trasforma per l’arte.
128
129
Sensazioni
Flavia Fernandes
Ho ricevuto una cartolina con la figura di
Antonio Sassu a testa in giù, con la testa in
un catino (forse con acqua), in una strada di
Venezia e con persone intorno che guardano.
Osservando questa immagine ho pensato: è
incredibile! Lui inverte lo sguardo di tutti. Ci
porta davvero un nuovo modo di guardare e
una nuova relazione, non solo visiva ma di tutti
i sensi. Come sarà rapportarsi con il mondo a
testa in giù? Non è possibile la relazione del
solo sguardo, ma tutto il corpo sta lavorando.
Il sangue sta schizzando verso il cervello,
c’è la questione dell’equilibrio, peso, sforzo,
ci vorrebbero anni di addestramento perché
vivessimo il mondo così a testa in giù,
così come ci sono voluti anni perché l’arte
arrivasse a questo punto. E lui era così nel bel
mezzo di una Biennale dell’Arte.
La relazione è molto diretta, va al tuo
sentire come un tutto, lo fa affiorare. Situazioni
e sensazioni umane basiche sono ampliate,
sensazioni che tutti abbiamo, come per
esempio guardare il mondo a testa in giù e così
invertirlo. In altri lavori il gruppo Sinestetico del
quale Antonio fa parte, dorme in mezzo alla
strada su cuscini molto carini, con qualcosa
scritto che ci riporta alla sensazione del tatto.
Lo spostamento di situazioni intime quotidiane
verso luoghi pubblici crea una stranezza e
una discontinuità del quotidiano.
La conoscenza umana avviene mediante
il sentire che è la forma più universale di
conoscenza. L’informazione è sentita e così
avviene l’apprendimento. C’è un contagio,
passa da uno all’altro immediatamente,
130
perché tutti sentiamo, e ciò rende possibile
una maggiore universalità. La sinestesia
riporta l’idea dell’amplificazione di questo
sentire. Nella sfera dell’arte sentire come un
tutto, stare nel tutto, essere nel tutto. Penso
che il gruppo Sinestetico è sinceramente
coinvolto nell’idea di un’arte che coinvolge
tutti i sensi e che si amplia da uno all’altro nei
modi di sentire. Non più l’Occhio dell’artista, o
il suo orecchio, ma l’artista intero. Le situazioni
più comuni come mangiare, odorare, toccare,
guardare, assumono un nuovo significato
e ci fanno riflettere sulla condizione umana,
l’essere nel mondo, l’anima, l’essere qui, o
l’andare oltre l’azione/arte e la pace.
131
La lingua degli angeli
Valeria Bertin
La musica è una manifestazione dell’
arte che ci coinvolge profondamente a
livello psicosomatico. Chi più chi meno tutti
assumiamo degli atteggiamenti di un certo
tipo nell’ascolto:
siamo portati a battere il tempo, a muovere
la testa o a battere le mani e ballare o a
seguire la melodia interiormente, oppure ci
facciamo coinvolgere dall’armonia. Ma non ci
chiediamo perché la nostra mente, il nostro
corpo seguono armonie e ritmi.
Per capire quanto la musica faccia parte
della nostra esperienza è opportuno conoscere
anatomicamente l’organo dell’udito: l’orecchio.
Esso è fondamentalmente costituito di tre
parti:
a) L’orecchio esterno, formato dal
padiglione auricolare e dal condotto uditivo:
la sua funzione è quella di percepire e
trasmettere i suoni all’orecchio medio e
interno;
b) L’orecchio medio è formato dal timpano
e dalla catena degli ossicini (martello,
incudine e staffa): la sua funzione, oltre alla
trasmissione, è protettiva;
c) L’orecchio interno ha la funzione di
trasformare le vibrazioni in segnali nervosi
attraverso la funzione svolta dalla coclea.
Qui localizzato è un secondo organo, volto
comunque alla percezione del mondo
esterno: il vestibolo. Attraverso di esso
concepiamo e controlliamo la nostra posizione
ed è fondamentale per il mantenimento
dell’equilibrio.
La sensibilità di questi organi, cioè della
132
coclea per le onde sonore e del vestibolo
per i movimenti e l’equilibrio, è estrema: non
possiamo perciò pensare che le vibrazioni che
arrivano dall’orecchio esterno coinvolgano
l’uno lasciando indifferente l’altro. Ci
viene anzi da pensare che gli stessi suoni
provochino nella coclea la produzione dello
stimolo neurale e nel vestibolo un riflesso cui
si associano dei movimenti del corpo.
Effettivamente la funzione più importante
del vestibolo dal punto di vista acustico è
data dalla percezione del ritmo, le onde cioè
energeticamente più forti.
Il ritmo evidenzia l’aspetto somatico della
musica: esso è infatti legato alla sensibilità
vestibolare che non è un fenomeno cosciente.
Solo in seguito esso viene colto nel suo valore
estetico a livello corticale.
Si può dire che l’orecchio contiene al
suo interno strutture che recepiscono in
toto la musica essendo la coclea collegata
alla corteccia (psiche) e il vestibolo invece
correlato al corpo (soma).
Per quanto riguarda gli aspetti legati alla
psiche si è dimostrato che l’ attività del sistema
nervoso centrale è tanto più elevata quanto più
sono gli stimoli ricevuti. Una fonte molto ricca
di stimoli è proprio l’ apparato uditivo. Quando
ascoltiamo musica portiamo alla corteccia una
quantità di segnali che mantiene alta questa
attività: in questo senso ascoltando musica
ricarichiamo il cervello. TOMATIS sostiene
che i suoni che più di tutti hanno questa carica
sono le armoniche elevate, suoni acuti, cioè
quelli a cui nella coclea è riservato più spazio.
133
I suoni gravi sono invece percepiti a livello
somatico come scarica e rilassamento.
L’ uomo non ascolta solo con l’ orecchio
(antenna propria) ma attraverso tutto il suo
corpo. Percepisce i suoni in particolare nelle
cavità addominale e toracica che per la loro
struttura risuonano ai suoni più gravi e potenti.
Come ogni corpo solido anche il nostro corpo
risuona se colpito da onde sonore ed il senso
di calore e rilassatezza nell’ascoltare una
musica viene anche dalla sensibilità propria
di ogni organo: in particolare il battere dei
timpani ad un battere simile a quello del
cuore lo viviamo simbolicamente come battito
cardiaco tanto ci coinvolge.
Nell’ ascolto della musica ci sono
atteggiamenti psicosomatici privilegiati:
- L’ ascolto dei suoni acuti porta ad una
maggiore comprensione della musica.
Necessitano
in
una
maggiore
concentrazione nell’’ ascolto, perché sono
più deboli e durano meno di quelli gravi:
riusciamo a sentirli solo se li cerchiamo,
se prestiamo attenzione al suono. E’ cosa
migliore ascoltare la musica dal vivo, infatti si
ha la sensazione d’ avere tutto il corpo avvolto
nella perfezione dei suoni. Il vedere poi gli
artisti che eseguono e il direttore ci aiuta nella
concentrazione, nella ricerca dei timbri degli
strumenti e dei suoni acuti.
- Con l’ orecchio destro riusciamo a
capire e a suonare meglio la musica. Prove
sperimentali hanno dimostrato che la grande
maggioranza dei cantanti tende a stonare se
togliamo loro la percezione della musica dall’
134
orecchio destro mentre mantengono inalterata
l’ intonazione se facciamo lo stesso con il
sinistro: questo è dovuto essenzialmente ad
una funzione di lateralità. Quando ascoltiamo
musica dobbiamo fare in modo di essere
quanto più possibile rivolti con l’orecchio
destro alla fonte del suono.
- Assumere una posizione che ci permette
di ascoltare meglio la musica. Potremmo
ascoltare la musica in qualsiasi modo
vogliamo (stesi sul letto o sdraiati sul divano)
ma adottare la postura d’ ascolto, e cioè la
verticalità della colonna vertebrale e una
certa posizione della testa coinvolge non solo
l’orecchio ma l’intero psicosoma.
Una corretta posizione non è fondamentale
solo per chi ascolta ma anche di più per chi
pratica la musica. Quanto migliore è questa
posizione tanto più il dispendio di energia
che si ha sarà ricompensato da una bella
esecuzione e quindi anche da una notevole
soddisfazione personale.
Al di là di tutto questo qual’è il valore
estetico della musica? Ad ogni sequenza
di suoni o anche solo a semplici suoni, noi
associamo delle sensazioni: un accordo
minore - triste, uno maggiore -allegro, uno
di quarta ci lascia in sospeso, e via dicendo.
La bellezza di un’opera è legata a quanto
l’autore riesce a non essere prevedibile; chi
ascolta ha dei ritmi, sente un tema musicale
e interiormente se lo porta avanti, come la
propria musicalità gli chiede, ma l’autore è
tanto più abile quanto più varia questo tema, o
lo interrompe o lo rende sincopato o alterato.
Il canto psicosomatico per eccellenza
è quello Gregoriano: musica senza
accompagnamento, canto a una sola voce
in perfetto unisono slegato dal rispetto di
rigorosi schemi temporali e per questo più
simile al ritmo naturale, al battito cardiaco e
al ritmo della respirazione. Il canto abbassa la
tensione fisica col suo ritmo naturale essendo
libero dalla competitività delle voci e avendo
naturalmente un risparmio energetico.
Come si comporta il nostro cervello nei
confronti della musica? Questo secolo ci ha
dato molte conoscenze riguardo l’anatomia
umana: una di queste riguarda la spartizione
dei compiti degli emisferi destro e sinistro.
Le ricerche sulla psiche hanno dato una
netta spartizione dei compiti degli emisferi:
all’emisfero sinistro competono le funzioni
della ragione, della parola e dell’analisi,
mentre a quello destro le funzioni non
razionali, sentimentali, non verbali, sintetiche,
concrete, spaziali e globali. Ma le due metà
sono assolutamente paritarie nella loro
importanza: differiscono nel loro modo di
“sentire” il mondo. La dominanza di una
metà o dell’altra è piuttosto dinamica. Anche
per la musica valgono le stesse regole di
percezione.
1) La melodia viene recepita dall’emisfero
destro (essa è infatti legata all’emozione) che
la coglie nella sua globalità.
2) l’analisi in qualsiasi modo proceda,
ascoltando, suonando o leggendo partiture è
competenza dell’emisfero sinistro;
3) Il ritmo invece viene sentito a livello
somatico quindi non coscientemente; solo
dopo una prima analisi il cervello sinistro gli
dà il suo ruolo strutturante e ordinante.
La musica può essere definita come
fenomeno complesso nel senso che non è
possibile darne una definizione univoca, né
ascoltare univocamente un brano musicale.
Le reazioni alla musica possono variare
notevolmente da persona a persona: ognuno
di noi, all’ascolto è influenzato principalmente
da una parte di un brano piuttosto che un’altra:
le melodie, le dissonanze, il ritmo, etc.. Alla
fine di una esecuzione ogni persona potrebbe
aver avuto dall’ascolto una sensazione
diversa: chi avrà manifestato atteggiamenti
corporei, chi invece ne avrà avuto un
godimento interiore, chi ancora una sequenza
di immagini e ricordi.
Che cos’è la musica? In questo secolo
alcuni musicisti l’hanno definita come forma
pura, altri invece come pura emozione, ma
di fatto la musica provoca emozioni pur
avendo essa stessa una struttura formale. La
musica è di più del coinvolgimento emotivo
e della semplice analisi strutturale: essa è la
sintesi di contenuto e forma (e più ancora).
L’esperienza estetica dunque non è riferibile
né al cervello destro né a quello sinistro ma
nasce dalla integrazione delle due parti,
razionale ed emotiva. Questa esperienza
riesce a farci conoscere aspetti di una
musica che al primo ascolto ci erano sfuggiti:
l’armonia che normalmente è completamente
diversa dalla melodia, gli scambi di parti fra gli
strumenti dell’orchestra e i timbri degli stessi
135
strumenti. Non esiste una persona che colga
contemporaneamente struttura musicale,
melodia ,armonia e valore emotivo di esse; l’
ascoltatore normale comprende per prima la
linea melodica ed in seguito esegue l’analisi
dell’armonia. Per questo un brano musicale
bisogna ascoltarlo più volte, perché un solo
ascolto ci lascia solo tracce emozionali. In
questa fase gioca un ruolo fondamentale
la memoria cioè la capacità di percepire lo
svolgimento di una azione e di conservare nel
tempo le informazioni. In musica una parte di
ciò che viene ascoltato viene conservato e, ad
un secondo ascolto riusciamo a riconoscere
le caratteristiche fondamentali come il ritmo,
il tema o ricordiamo le emozioni che ci ha
dato. Per questo più ascolti sono necessari:
ogni volta la stessa musica ci da qualcosa
di diverso che prima avevamo sentito ma
non interiorizzato. Ogni aspetto sconosciuto
finisce nella memoria e ci da un messaggio
ulteriore che perfezionerà l’ascolto e la nostra
soddisfazione di esso. Questa capacità di
integrare la cultura soggettiva e la struttura
oggettiva comporta una crescita psicologica
della persona.
Una persona che ascolti un’esecuzione
può rimanere indifferente, può ricavarne una
sensazione piacevole e rilassante, oppure
può rimanere talmente coinvolta da poter dire
che ha raggiunto l’estasi estetica.
Esistono persone diverse e anche la
sensibilità musicale non è di tutti, né è uguale
per tutti.
Ci sono persone che con la musica non
136
hanno nessun rapporto e non ne sentono
bisogno: sono amusicali e ad essi non si
può dare questa sensibilità perché ne sono
geneticamente sprovvisti.
La gran parte degli uomini tuttavia prova
qualcosa nell’ascolto; emozioni legate a fattori
personali, culturali e ambientali.
La musica è un fattore aggregante:
in una cerimonia religiosa, in una parata
militare, nelle manifestazioni di piazza essa
non manca mai. Le stesse discoteche sono
elemento di aggregazione per le capacità
liberatorie e disinibenti del sound caratteristico
legato al ritmo e alle facili melodie. Questi
“consumatori” di musica sono detti individui
pre-musicali mentre quelli musicali sono tutti
coloro che nell’ascolto hanno un ruolo attivo,
somatico-vestibolare, corticale e sintetico, e
godono di tutto quello che può loro dare la
musica: comprenderla cioè come sintesi di
contenuto e forma e andando oltre le emozioni
immediate e oltre l’analisi formale arrivano
all’”emozione estetica”. Chi ascolta musica
per puro piacere personale non ne fa un uso
sbagliato, casomai incompleto, e se per lui
questo è sufficiente non ha nessun bisogno di
ricercare il “di più”.
Ne ha bisogno chi ama la musica, chi la
vive, colui che, abituato al buon ascolto, vuole
di più del piacere emotivo e del compiacimento
conoscitivo.
Neanche l’uso che si fa del potere
aggregante della musica è sbagliato: è di
notevole soddisfazione trovarsi fra persone
che apprezzano un’esecuzione e che si
137
trovano nello stesso posto per ascoltarla.
Questo stesso amore però, che porta le
persone ad aprirsi agli altri, se diventa
esclusivo è pericoloso: chi ama solo la musica
e vive solo per essa invece di aprirsi si chiude
in sè stesso.
Un buon ascolto a livello psichico integra
le emozioni con la conoscenza della musica,
e la stessa riascoltata più volte ci dà sempre
nuove emozioni e nuove spunti di analisi.
L’amore per la musica cresce pari passo con
la sua conoscenza anzi si può dire che “amore
dà conoscenza e questa dà amore”.
L’approfondimento del linguaggio musicale
potrebbe portare a cercare di conoscere
la teoria musicale. Persone che ascoltano
musica possono provare a fare musica: il canto
per esempio è uno dei modi più accessibile
per imparare un facile strumento. Anche a
livello amatoriale la musica eseguita o cantata
può dare gioia e gratificazione. Vivere la
musica porta a comprendere gli aspetti tecnici
di una esecuzione , le sue difficoltà, e migliora
l’ascolto portando alla conoscenza non solo
della melodia ma anche delle voci singole
secondarie a volte parimenti belle.
Non è detto che l’approccio di una
persona alla musica deve essere facile;
l’ascoltatore deve essere piuttosto disponibile
ed interessato a conoscere la musica in tutto
il suo insieme di ritmi, forme, autori e generi
(dalla musica gregoriana, alla polifonica, al
jazz e al rithm and blues).
Inoltre pure lo stato fisico può indurre alla
mal disposizione dell’ascolto; oppure si può
138
essere attratti da un brano invece che da un
altro.
Non tutte le musiche sono a portata di tutti:
forse una delle più lontane dalla sensibilità
musicale comune è quella dodecafonica nata
e cresciuta nel nostro secolo, che non è legata
ai ritmi naturali del nostro organismo (come la
musica tonale) ma finalizzata a trasmettere
umori e sensazioni o brusche alterazione di
esse. Una persona con l’orecchio allenato
riesce a trovare nuove valenze emotive
in essa nonostante l’uso continuo delle
dissonanze. La capacità di ascolto delle
musiche moderne è quindi una questione di
familiarità; in passato venivano considerate
dissonanze accordi che ora ci sono gradevoli
e familiari. Esistono però dei limiti a questa
carica di novità. All’interno di una musica
tonale riusciamo a dare una interpretazione
ai vari passaggi: ad ogni accordo associamo
delle sensazioni e ogni sequenza musicale
porta ad una conclusione distensiva. Nella
musica dodecafonica la funzione distensiva è
sostituita da altre di più difficile interpretazione:
gli autori hanno fatto in modo che nelle loro
opere l’ascoltatore riesca a trovare il metro
d’ascolto, una certa sequenza di informazioni
gli permetta di decodificare ed interpretare la
musica. In queste opere ricche di dissonanze,
timpani e percussioni troviamo passaggi
melodici o sequenze di accordi naturali
armonici e distensivi. L’inaspettato è quindi
ricchezza musicale, ma il suo uso esagerato
lo rende assolutamente inutile e noioso se ne
manca la chiave interpretativa, l’informazione
familiare all’ascoltatore.
Per comprendere la musica è necessario
conoscere la sua evoluzione, la quale non si
è mai fermata da quando l’uomo esiste: sia
dal punto di vista tecnico (per l’invenzione
degli strumenti), sia dal punto di vista intuitivo
(per la continua crescita delle forme musicali).
Periodo storico, vita e personalità degli
autori sono importanti per la comprensione
delle loro opere: il “Nabucco” di Verdi non è
solo un’opera che racconta dei fatti, essa è
permeata di ideali di libertà dall’oppressore
e dall’ideale della “Patria perduta” (Eta
Risorgimentale); Mozart scrisse il “Requiem”
sul letto di morte e nessuno più di lui ne
poteva sapere; la “Quinta” di Beethoven è un
tutt’uno col dramma interiore dell’autore.
Capolavori della musica mondiale sono
venuti da autori che apparentemente non
ne sembravano capaci. Per esempio Anton
Bruckner, organista di un monastero, era
persona sottomessa e umile ma capace di
composizioni spericolate ed estremamente
innovative. Tutte le grandi composizioni sono
frutto della storia, della vita e del mondo
interiore dei loro autori.
Un processo inverso avviene invece
nell’ascoltatore che riceve questa musica
e la interiorizza ricavandone sentimenti
“consonanti” o “disonanti” col suo stato
d’animo. Per questo la scoperta di un autore
particolarmente affine a noi è qualcosa che ci
entusiasma, perché le sue note risuonano con
la nostra vita.
Anche per un periodo storico, un’epoca, si
può rilevare un parallelismo con gli autori e le
loro opere. Una cultura piena di positivismo
e nazionalismo si rispecchia in Beethoven
e Wagner, autori di musiche aggressive ed
esaltanti. Per questo sono autori affini alla
prima metà di questo secolo, segnato dai
grandi imperi, dal mito della razza e dalle
scoperte scientifiche. Ma questi imperi sono
crollati (il Reich di Hitler), dalle scoperte
scientifiche sono uscite anche delle enormi
disgrazie (come le bombe atomiche lanciate
sul Giappone) e la seconda guerra mondiale
nata dal mito della razza.
Quel che è rimasto è stato un desiderio
di rinascita, lenta, non aggressiva, pacifica,
e una presa di coscienza dei ritmi naturali i
quali devono essere rispettati. Le musiche
di Mozart e di Mahler sono espressione di
bellezza e armonia.
L’ascolto interpretativo rende viva la
musica: il fatto stesso che una persona
preferisca l’esecuzione di un musicista
piuttosto che di un altro è segno che anche
chi esegue una musica è parte di essa.
In fondo i grandi autori del passato ci
hanno lasciato bellissime partiture, ma non la
loro anima per interpretarle.
Ascoltate e riascoltate queste musiche
sono passate nell’inconscio collettivo,
patrimonio comune dell’umanita, e poi
nell’inconscio personale dove “sedimentano”,
si elaborano e danno nuovi spunti per il loro
riascolto.
E’ l’integrazione fra conscio e inconscio
che porta al momento di sintesi detto
139
“ispirazione” e questo non riguarda solo
l’artista mentre crea la musica, ma anche al
fruitore del messaggio.
L’ascoltatore (ma questo vale anche per chi
osserva un quadro) ripercorre parzialmente,
al contrario, la strada che ha portato alla
composizione
dell’opera.
L’inconscio
dell’artista prende forma conscia nell’opera, la
quale mette in risonanza il nostro inconscio.
In questo senso la musica parla direttamente
alla nostra anima, ci prende nella maniera più
diretta e coinvolgente.
L’ascolto di una musica ha su di noi
un forte potere evocativo: riporta alla luce
sensazioni remote del nostro passato, ricordi
di fatti e persone, vecchie emozioni e ne crea
di nuove poiché ciò che la musica ci riporta
del nostro inconscio è emozione riferita a
qualcosa che non siamo più. Nella musica
noi ricerchiamo questo ritorno dell’inconscio,
ritorno che spesso ci viene dato in immagini
da sogno. L’associazione che la nostra psiche
fa di una musica ad immagini naturali sono
espressioni iconografiche di sentimenti che il
nostro inconscio è in grado di suscitare.
Questa capacità evocativa è normalmente
slegata dalla qualità della musica che si
ascolta ed è associabile principalmente al
vissuto personale. Poiché ogni tipo di musica
può agire direttamente sull’inconscio ci
spieghiamo perché l’ascolto musicale è così
diffuso.
Con questa sua capacità la musica fa
emergere dal nostro inconscio sensazioni
del nostro vissuto uterino (dandoci un senso
140
di protezione materna che si contrappone
al vivere quotidiano frenetico e stressante)
oppure stralci dell’inconscio collettivo, unica
lingua comune degli uomini che si manifesta
per esempio con la danza (rapporto simbolico
fra corpo e suono che ha le sue radici nella
realtà psicosomatica dell’uomo).
141
Sin =com + aesthesis =sensação
Claudia Militina e Nelson Maravalhas Junior
1 - Introdução
A Diplomação do Curso de Artes
Plásticas, habilitação em Bacharelado é a
obra intitulada Sinestética e apresenta-se
como uma instalação composta de cento
e vinte garrafas de vidro, transparentes,
descartáveis, suspensas por fios de nylon
presos em suporte aramado, colocado abaixo
dos degraus da escada em espiral da sala
de exposições do Departamento de Artes
Visuais. O termo Sinestética é o neologismo
proposto em substituição ao termo usual
sinestesia (do grego : Sin =com + aesthesis
=sensação)
que
significa
literalmente
perceber com, ao mesmo tempo. Sinestesia é
a capacidade que algumas pessoas possuem
de ouvir cores, visualizar sons, experimentar
a sabor das formas ou enxergar imagens ao
ingerir alimentos. Tal fenômeno poder ser
de origem fisiológica, induzida, aprendida ou
experimentada sem consciência. Ambas,
sinestesia e Sinestética, comungam a raiz
de origem grega aesthesis, que se traduz
por sensação e que entre os neurocientistas
tornou-se sinestesia, oposta a anestesia que
significa ‘sem sensação’. Enquanto proposta
plástica e poética, meio onde aesthesis
se traduz por estética, pareceu-me mais
adequado, enquanto linguagem peculiar,
traduzi-la por sin+ estética = Sinestética =
reunir sensações a partir de cores, sons
imagens , perfumes, atuação, participação.
É
142
neste
momento
de
sintetizar
o
conhecimento construído ao longo do curso
num recorte e realizá-lo enquanto obra
plástica, devidamente acompanhado de
suas justificativas e referenciais teóricos, que
sinestética passa a existir, principiando por
criar um neologismo para sua própria definição
poética que, ao misturar as dimensões da
visualidade, da sonoridade e de síntese pela
participação, deseja ao invés de estabelecer
pontes de relações entre cores, formas e sons,
reuni-los, confundindo-os numa percepção
pluralizada e potencializada e assim propõe
destruir também as possíveis fronteiras que
estabelecem categorias distinguindo as artes
em Música, Literatura, Pintura....
A pesquisa que embasou sua elaboração,
visitou as experiências desde os filósofos
da antigüidade, passando pelos cientistas,
músicos, religiosos, artistas plásticos,
pintores, escultores poetas e atores, desde o
renascimento até a contemporaneidade. Se
de um lado foram feitas, pela parte dos artistas,
exaustivas investigações que resultaram na
criação de órgãos coloridos, espetáculos de
luz , pinturas rítmicas, poemas simbolistas e
teatro sinestésico, por outro neurocientistas
passaram a admitir e investigar a existência
da sinestesia.
Em
sua
manifestação
concreta,
Sinestética deseja ser brinquedo que solicita
participação ativa a atrair o fruidor para
intervir realizando um percurso desconhecido
rumo a novas potencialidades sensoriais e
associativas das esferas física e intelectual
143
(psicofísica), passeando pelo festival de
sensações corpóreas possíveis através da
visão e da audição, e as associações destas
com entidades poéticas como a pintura e a
arte. Sinestética pretende propiciar um deleite
participativo que, funcionando como um
detonador, acione experiências de caráter
sinestésico, do tipo que o cientista Maureer
propõe: um resgate de sensações vividas
nos nossos primeiros meses de vida, quando
os sentidos se fundiam e se confundiam,
capacidade que poucos de nós mantém após
a especialização dos sentidos que ocorre
com a idade adulta.
É também propósito de Sinestética retirar
o observador de sua atitude passiva e colocálo no centro da experiência, a definir os
percursos, assumindo a responsabilidade
pelo resultado, e assim também contrapor
o efeito da contemplação passiva versus
participação ativa. Certamente daí resultarão
variados percursos, com resultados íntimos
e subjetivos onde a obra verdadeiramente se
realizará: na subjetividade silenciosa de cada
indivíduo que a experimentar.
2 - O conceito de sinestesia na
neurociência
“Ora (direis) ouvir estrelas”
Olavo Bilac
Ainda não se sabe exatamente por
144
que a sinestesia ocorre e são muitas suas
modalidades, da ordem de vinte pares. As
mais comuns manifestações de sinestesia
são a audição-colorida ou visão-colorida
de sons, letras e números, sendo que
os valores cromáticos, visuais e sonoros
associados diferem de pessoa para pessoa.
Outras características desta percepção
são que ela é vívida, próxima, automática,
durável, genérica, e manifesta-se mais
na infância e em mulheres. A sinestesia
é constante e duradoura, e para saber se
alguém é sinestésico realizam-se testes de
constância, pois os valores que surgem para
letras e números é sempre o mesmo até o
fim da vida. Assim, aquele que é capaz de
ver amarelo para a letra A, ou ouvir a nota
Dó ao visualizarem a cor vermelha, o verão
assim sempre. Os verdadeiros sinestésicos
acertam 99% das respostas enquanto os não
sinestésicos ficam em 50%.
O primeiro registro de um caso médico
sinestésico foi no séc XVIII e feito por um
oftalmologista em 1710. O Dr Woodhouse
disse tratar-se de uma experiência pessoal
e subjetiva de sensações vinculadas dos
sentidos. Ainda neste século outros autores
escreveram sobre o tema, especialmente
sobre a audição colorida. Herder em 1772,
L. Hoffman em 1786 e Erasmus Darwin em
1790, ainda Antony Cooper, Henry Fielding e
Adam Smith. Durante o séc XIX foi no campo
da arte e da ciência que a idéia de sinestesia
foi experimentada. Sachs, 1812, propôs uma
correspondência entre cores e vogais, Tiek
em 1828 propôs música colorida. Scriften
– um enfoque estético artístico e Theodore
Gautier relata experiências de audição
colorida conjugada ao uso de haxixe. Por fim
ao início do séc XX o conceito de sinestesia
atraía atenção de artistas plásticos, músicos,
literatas e filósofos, foi um boom sinestésico.
Sob uma ótica neurofisiológica podemos
distinguir duas modalidades de sinestesia:
constitutiva e pseudo-sinestesia. Como
exemplo de sinestesia constitutiva estão
inseridos os indivíduos que realmente ouvem
cores ou vêem sons, tendo nascido assim,
sendo este considerado um fenômeno
raríssimo, da ordem de um a cada vinte e cinco
mil indivíduos, sendo definida como “o que
ocorre quando o estímulo de uma modalidade
sensorial
dispara
automaticamente
a
percepção em uma segunda modalidade
perceptiva não estimulada”1. A sinestesia
adquirida por uma disfunção neurológica
de caráter patológico difere da sinestesia
natural, por estar associada a lesões ou
outras patologias, e ainda como sinestesia
constitutiva à sinestesia que é experimentada
quando sob efeito de drogas psicoativas.
No caso da pseudo-sinestesia, temos como
exemplo a metáfora sinestésica e a sinestesia
aprendida pelo treinamento da memória ou
pelo hábito cultural.
O grupo do doutor Simon Baron-Cohen,
do Instituto de Psiquiatria de Londres defende
a idéia de que os portadores de um cérebro
sinestésico são biologicamente distintos
dos demais. Já o neurologista americano
Richard Cytowic defende a teoria de que
estes cérebros não se diferenciam em sua
estrutura, apenas possuem um problema
na hierarquização dos dados. Defende
também, em conjunto com Maurer a teoria da
sinestesia genética, citando como exemplo o
escritor Vladimir Nabokov, cuja mãe e filho
são sinestésicos.
As possíveis justificativas neurológicas
para o fenômeno sinestésico são:
3.1 Teoria da Conectividade Neural
Preservada: Para Maureer, 1997, a sinestesia
ocorre pela permanência das conexões
neurais presentes nos bebês de 0 a 3 meses,
e que mantêm-se primitivamente unidas ao
invés de se desfazer com a especialização
dos sentidos. Assim todos nós nascemos
sinestésicos e em nossos primeiros meses de
vida possuímos uma percepção sem distinção
de modalidade.
3.2 Teoria da Modularidade das Funções
Perceptivas do Córtex baseia-se no modelo
fodoriano (Fodor, 1983) no qual as diferentes
funções da mente são desempenhadas
em módulos corticais hierarquizados, cada
qual especializado em um tipo específico
de informação, nos sinestésicos ocorre um
rompimento desta modularidade e assim
podem experimentar atributos visuais dos
sons, por exemplo, na audição-colorida.
145
Ainda seria possível ocorrer que mais de um
módulo estivesse encarregado de processar
a mesma informação.
3.3 Teoria de Cytowic, em oposição à Teoria
da Modularidade, é baseada em modelos
mais atuais de organização cerebral, onde
a emoção desempenha um papel decisivo
nos pensamento e atitudes, sendo a própria
consciência um tipo de emoção. Substitui a
hierarquia sugerida pela teoria da modalidade
por uma organização cerebral denominada
“multiplex” que considera a relação entre o
neocórtex2 que é associado à análise da
informação , e o sistema límbico associado
às emoções e à memória – como uma relação
de reciprocidade e interdependência, onde a
emoção é responsável pelo equilíbrio das
funções cognitivas. Neste modelo o cérebro
não é considerado como um mecanismo
passivo de análise de informações, mas antes
como um explorador dinâmico, procurando
ativamente estímulos que lhe interessem na
construção de seus contextos de percepção.
Considerando assim um modelo holístico
onde a análise das percepções trazidas pelos
sentidos é administrada pela sensação geral.
Neste caso todos nós seríamos sinestetas
ainda que apenas alguns de nós fossemos
capazes de experimentar a sinestesia de uma
forma consciente.
3.4 Teoria do cruzamento das modalidades
perceptivas cross-modal : Proposta por Marks
(1994) após analisar os dados levantados
por mais de 30 pesquisadores da audição-
146
colorida desde o séc XIX, este modelo
caracteriza-se por admitir dimensões comuns
entre a audição e a visão e exemplifica
primeiramente utilizando a relação direta
(para sinestetas e não sinestetas) entre
a freqüência (dos sons) e a dimensão
visual “brilho”, onde os sons graves são
considerados mais escuros e os agudos
mais claros. Em seguida analisa o volume,
no sentido do tamanho, sendo percebido
como “maior” tanto maior a intensidade e
ou menor freqüência, ou seja, o som grave
de um contrabaixo parece maior que o som
agudo de um violino (não seriam compostos
por ondas mais largas?) correlacionando
diretamente as duas dimensões do som: altura
e intensidade às dimensões da visualidade:
brilho e volume. Em suas conclusões Marks
aponta para dimensões comuns a todas
modalidades perceptivas que embora se
reflitam na audição colorida são propriedades
de todos os sentidos, admitindo cada sentido
como multisensorial, sendo fundamentais e
universais os aspectos da percepção.
3.5 Teoria da percepção moldada pelo meio
ambiente: Sabemos que o desenvolvimento
do córtex está associado aos estímulos
recebidos do meio ambiente enquanto
desenvolvem-se as estruturas cerebrais.
Sem apontar mecanismos que estimulariam a
manutenção dos cross-modais presentes nos
bebês ainda sinestetas, conforme apontado
pela teoria de Maureer, aponta que com os
devidos estímulos a sinestesia poderia ser
mantida por todos.
147
3.6 Teoria das associações aprendidas:
Apontando para o território da cultura
onde a sinestesia ocorreria em função das
associações aprendidas durante a educação,
admite que os hábitos perceptivos de uma
sociedade, tais como bom gosto, prazer
estético, o olhar particularizado seriam fatores
de uma educação sinestésica.
3.7 Teoria Genética da Sinestesia admite
que os indivíduos assim classificados
recebem esta disposição por determinação
genética .
Para o artista plástico Sérgio Basbaum
(1999) a mais instigante teoria sinestésica
é a de Cytowic pois este admite o caráter
subjetivo da sinestesia, o fato cada sinesteta
perceber as correspondências de sensação
de forma única, particular e faz uma relação
com as experiências mística a-racional
supostamente universais. Para ele a razão é
apenas a camada superficial da mente, sob
a qual ocorrem os processos de emoção
e “conhecimento não racional, irracional,
a-racional e não verbal” que nos comanda.
Aponta semelhanças3 entre experiências
sinestésicas e experiências de êxtase
definindo-o como “ qualquer paixão pela
qual as idéias sejam absorvidas e a mente se
abandone por algum tempo”.
Marks aponta o conceito de dimensões
absolutas de percepção destacando que
estas percepções aparecem regularmente em
diferentes culturas sugerindo a possibilidade
148
de que estas pertençam a uma dimensão
universal da experiência e não ao aparelho
perceptivo. Os estudos de constantes de
forma. Esta é a idéia que está presente na
Harmonia das Esferas de Pitágoras, nos
arquétipos Yunguianos, na razão áurea,
nas categorias peirceanas de primeiridade,
segundidade, terceiridade como “classes
que permeiam toda experiência comum”,
nas constantes de formas descobertas
por Klüver em seus pacientes em estados
alucinógenos: teias de aranha, grades, favos
de mel (hexágonos), túneis, cones, espirais.
Concordando com Klüver, Cytowic observa
que o frisson que causam os espetáculos de
fogos de artifício e o deleite com o movimento
e as formas não intelectuais naturais seriam
“um catálogo externalizado de constantes de
forma ou – formas arquetípicas”.
3 – A relação entre Física,
Música e Cor
“A cor é a música dos olhos”.
(Goethe)
A relação entre cores e sons é tão íntima
que chegam a pertencer ao vocabulário
próprio de ambas, Música e Artes Plásticas,
termos em comum. Timbre é Klangfarben
em alemão, em inglês – tonecolour, em
português a cor do som. Tom, Tonalidades,
Cromatismo, Coloratura, Brilhante, Escuro,
Harmonia. Pensar relação entre música e cor
ou entre som e visualidade é tarefa humana
há tempos.
Vou iniciar dando fundamentos sobre a
relação entre sons e cores, extraídos das
pesquisas de filósofos e cientistas, nas quais
os músicos se basearam para estabelecer
uma correspondência entre sons e cores. Foi
Pitágoras, no século VI a.C. com sua teoria
de “música das esferas” definindo-a como a
fusão cósmica que seria gerada a partir de
uma harmonia geométrica divina se manifesta
ao refletir-se sobre todos os fenômenos, num
nível macro e microcósmico: A Harmonia das
órbitas celestes - um paralelo perfeito entre
todas as formas de vida na Terra. Usou como
base para estas correspondências vibrações
matematicamente
precisas
que,
ora
manifestam-se como luz, ora como sons, ora
como perfumes e outros estímulos sensoriais.
Para Pitágoras a percepção conjunta dos
sentidos, a sinestesia, seria o maior de todos
os dons filosóficos, pois permitiria conciliar o
mundo ilusório visual ao mundo dos conceitos
“abstratos, duradouros e universais” Morritz,
(1986: 297).
Aristóteles estabeleceu relações entre
notas musicais, cores e suas escalas.
Ptolomeu no século II, admitiu a possibilidade
correspondência matemática entre o fenômeno
da cor e o fenômeno da luz, entre tons puros e
cores do espectro visível. Leonardo da Vinci,
no Renascimento, apresentou junto ao pintor
Giuseppe Arcimboldo espetáculos de luz, cor
e som. Leibniz, músico e compositor alemão
utilizou-se do mesmo exemplo em 1704.
Isaac Newton descobriu a composição da luz
solar branca através de suas experiências
com o prisma, imaginou luz constituída por
torrentes de partículas transmitidas em ondas,
sujeitas ä mesma periodicidade em qualquer
movimento vibratório, tendo freqüência e
comprimento de onda. A semelhança com
as ondas mecânicas do som neste aspecto
é imediata, e Newton, tendo observado
sete cores na decomposição da luz numa
referência direta com as sete notas da escala
diatônica colocou e o som e a cor lado a lado,
admitindo que cada cor corresponderia a uma
nota. Desta maneira, produziu dois discos:
um que contém as sete cores do espectro
visível, que, ao ser girado, resulta no branco,
e outro, em que as cores são associadas às
notas, conforme a figura 10.
Este disco coloca a mais baixa freqüência
cromática, o vermelho, em Ré, e na freqüência
mais alta visível, o violeta. Característica de
uma escala no modo Dórico renascentista.
Outros autores, como os jesuítas Kircher
(1602-1680) e Mersenne (1588-1648),
também estabeleceram uma lista comparativa.
Mas foi Louis-Bertrand Castel (1688-1757),
que baseando-se nas premissas de Newton,
criou um instrumento próprio, conhecido como
cravo ou harpiscórdio ocular, em 1743. em
seu instrumento incluiu cores intermediárias
correspondentes aos acidentes cromáticos da
música. Este tipo de instrumento foi produzido
também em 1844 por D.D. Jameson,
149
utilizando luz filtrada através de líquidos
coloridos refletidos em placas de metal, e
em 1893 por Alexander Wallace Rimington,
que patenteou seu próprio órgão de cores,
descrevendo-o no livro Color Music: The Art
of Mobile Colour (1911). Correspondência de
sons e cores segundo Helmholtz
Em 1911 Alexander Scriabin escreveu seu
Prometeu - Poema do fogo, para orquestra
e órgão de luzes, utilizando-se para compor
sua escala de cores dos textos místicos de
Helena Blavatski . na obra Prometeu de
Alexander Scriabin, para piano, orquestra e
órgão de luzes, onde os acordes musicais são
acompanhados por acordes correspondentes
a freqüências do espectro, sendo as menores
de tonalidade vermelha, alaranjada e
amarela, passando pelo verde (intermediário)
e chegando aos tons de azul, de freqüência
maior e mais sutil, até chegar ao violeta.
Analogamente, o dó maior, enquanto base
harmônica, que no sistema tonal é a mais
simples das tonalidades, é associado ao
vermelho intenso, e o si maior, mais distante,
é associado ao azul, fechando um ciclo
cromático nos sons e nas cores.
Houve ainda uma série de outros autores
que valeram-se de argumentos puramente
poéticos para comparar harmonias musicais
e cromáticas, ao invés de utilizar uma
relação de freqüência, seja numérica ou
mística .A discordância que havia entre
as escalas musicais, com todas as suas
150
oitavas, e a suposição de que na escala
cromática havia apenas uma oitava, foi
por muito tempo um grande obstáculo à
realização da correspondência tota?????/l.
E entao em 1905 o pintor e pedagogo
norte americano Albert Munsel demonstrou
que para um mesmo matiz o olho humano
discrimina 10 valores de saturação e dez
valores de brilho e propôs o Sistema HSV
– Hight Saturation Value foi então que a
idéia de correspondência pôde completar-se
admitindo correspondência direta entre todas
as oitavas sonoras e musicais.
4 - SINESTESIA NAS
ARTES PLÁSTICAS
“descobri que ‘o q faço é Música’ e que
Música não é ‘uma das artes’ mas a síntese
da conseqüência da descoberta do corpo”.
Hélio Oiticica
O percurso do conceito de sinestesia
pelas artes plásticas iniciou-se com o pioneiro
Giuseppe Arcimboldo (1527/1593) que
propôs em parceria com Leonardo uma idéia
de música de cores e apresentou espetáculos
deste tipo para a corte italiana. Também
concebeu um rosto composto por frutas e
legumes, possivelmente sugerindo aromas e
despertando desejo de provar o quadro.
A experiência após isso foi através das
poéticas desenvolvidas por pintores orfistas,
futuristas e sincromistas. No início do século
151
XX, entre os artistas plásticos, surgiram
correntes de pensamento que pretenderam
derrubar as limitações que detiam o avanço
do conceito de arte. Queriam dar realmente
um novo sentido às poéticas que ainda
reproduziam uma arte figurativa, estática,
contemplativa e objetual. Estas poéticas
intencionaram expandir suas linguagens para
além destes limites ao buscar o despertar
de várias emoções, na forma de sensações
físicas ou conceituais. Expressionistas,
abstracionistas,
futuristas
e
orfistas
trabalharam uma pluralidade de sentidos e
conceitos, e assumiram uma atitude de não
mais representar a manifestação do real,
antes a sua essência: de movimento para
os futuristas, musical e rítmica para os orfistas
e sincromistas e essencialmente musical para
a abstração de Kandinsky e Klee.
Na Itália os futuristas agitavam suas
bandeiras que propunham a ruptura com uma
idéia de arte que não estivesse comprometida
com o futuro, as máquinas, o movimento e
o som do rugir dos motores. Giácomo
Balla, Gino Severini, Carlo Carrá, estavam
comprometidos com novas dimensões da
arte, sensoriais, políticas e sociais. Buscaram
representar movimento, ritmo, alternância de
planos, superposição de imagens fundidas
ou encadeadas. O contorno das coisas
modifica-se, aparece e desaparece, pois o
que importa, como diz Marinetti, é “descobrir
a sensação dinâmica e eternizá-la como tal”.
Na sua concepção do dinamismo universal
e no desejo de expressar a velocidade
152
e uma experiência cinética , o Futurismo
representou uma reação à estática do
Cubismo. Negaram o plano do realismo
visual na ânsia de expressar o dinamismo do
universo e a vertiginosidade da vida moderna.
Pretenderam comunicar o sentimento de
velocidade imanente ao mundo material e
espiritual, sob constantes transformações,
abandonaram as preocupações em sugerir
sensações de volume, peso, densidade,
estrutura dos objetos e seres, qualidades
de um mundo estático, inexistente nas suas
concepções e próprios da pintura figurativa
realista. Os pintores futuristas desejam refletir
a vida moderna que os cerca e demonstrar
seu amor por ela. O tumulto é considerado
fator indispensável para a criação do clima do
novo mundo em que vivem, e com o qual, eles
estão de acordo.
e dotados por ele de uma potente realidade.
As obras de artistas órficos devem propiciar
simultaneamente um puro prazer estético,
uma estrutura que é evidente em si mesma e
um significado sublime, ou seja, o tema. Isso
é: a arte pura”. Aponta como pintores órficos
Robert Delaunay (1885-1941), Fernand Léger
(1881-1955), Marcel Duchamp (1887-1968)
e Francis Picabia (1879-1953). O pintor e
artista gráfico tcheco Frank Kupka (18711957), apesar de não ter sido mencionado
pelo poeta, é considerado um dos primeiros
a trabalhar a abstração no sentido do orfismo.
O casal Sonia-Robert-Delaunay pintavam
seqüências e ritmos cromáticos, freqüências
de uma essência criativa que para eles
baseava-se no som. Em carta a Kandinsky,
Robert afirma que “a luz cria a cor que cria
o ritmo” .
Na França o Orfismo, movimento que
retirou seu nome do mito de Orfeu, músico
que tocava tão excepcionalmente sua lira
mágica, que sua música encantava todos
os seres, animados e inanimados, as feras
se acalmavam e até as pedras o seguiam
para ouvi-lo. Ele é o artista arquetípico,
representante do poder irracional da arte.
O Orfismo simbolizou a fusão da música
com a pintura buscando
formas puras,
numa arte essencial, sublime. O poeta
francês Appolinaire declara sobre o orfismo
que “A arte de pintar estruturas novas com
elementos emprestados não da realidade
visual, mas inteiramente criados pelo artista
Robert Delaunay “Relief; Rhythms,” Sonia
Delaunay, Composition aux Disques
Kandinsky, Delaunay e Paul Klee
estiveram em contato, compartilhando suas
experiências rumo à abstração e ao sublime.
Ritmos, seqüências, vibrações, velocidade e
abstração foram seus motivos, concebiam a
cor como estrutura primordial, suas pinturas
eram parecidas seções cromáticas, este
movimento também foi chamado de cubismo
órfico .
Paul Klee, Polyphony, 1932
Kandinsky foi quem mais assumiu
a inspiração
musical do seu trabalho,
intitulando de “Composições” uma série de
quadros, escreveu artigos e defendeu a idéia
a sonoridade amarela, artigo que publicou em
Der Blau Rieter afirmou “A cor é a tecla. O
olho é o martelo. A alma o piano de inúmeras
cordas.”
De fato, Delaunay e Frank Kupka, outro
importante membro do movimento, estiveram
entre os primeiros artistas desse século a
utilizarem de formas não representativas,
buscando pontos de contato entre a música e
a abstração pura.
Desde cedo, o artista havia adotado a
doutrina sobre o simbolismo espiritual da
arte, bem como a crença em seus poderes
“musicais”, capazes de criar verdadeiras
“sinfonias de cor”. Ao longo de toda sua
carreira, Kupka empenha-se em transmitir o
significado espiritual por meio da cor e de
“FUGUE
FOR
TWO
COLOURS.”
Frantisek Kupka, 1912.
Duchamp pesquisa cor, movimento e
interação em disques uma série de discos que,
ao serem movimentados, criam uma dança
de formas curvas, como num caleidoscópio
de movimentos harmônicos
Marcel Duchamp Disques
O Sincromismo foi um movimento fundado
entre 1912 e 1913 por dois americanos em
153
154
155
Paris: Staton Macdonald- Wright e Morgan
Russel., que possuía uma poética muito
semelhante à dos orfistas, inaugura o
sincromismo, donde sin = com + cromismo=
cor, significando “cores juntas” e requisita
para si a autoria do movimento orfista. Possui
muitos pontos em comuns com o Orfismo,
sendo bastante ligado a ele. A partir daí pode
se ter uma idéia do que os artistas pretendiam
com o movimento. De acordo com Russel,
uma expressão baseada estritamente nos
meios cromáticos e na maneira como se
realiza, com força, clareza, traços grandes
e geométricos (tal como o Orfismo, o
Sincronismo tem suas origens no Cubismo).
Baseado no desenvolvimento cromático
científico, o movimento visava o uso das
cores de maneira pura e abstrata. Seus
dois fundadores realizaram exposições em
Munique (a segunda cidade mais importante
das vanguardas européias, depois de Paris),
no Neue Kunstsalon e na Galeria BernheimJeune de Paris (em 1913).
Macdonald-Wright e Russel, inclusive,
reclamavam para si o reconhecimento da
criação de um novo estilo de pintura cromática
abstrata (creditado normalmente a Delaunay).
Terminado enquanto movimento, após a
Primeira Grande Guerra Mundial, exerceu
enorme influência sobre artistas americanos
das gerações posteriores.
Stanton Macdonald-Wright, “Shiki (No. 17, Haiku
Series)”, color woodcut, 16 1/8 x 20”, 1966-67.
156
Após uma lacuna de tempo onde a
associação entre a Música e Artes Plásticas
foi deixada de lado surge em 1965, no Brasil,
Hélio Oiticica com sua proposta de antiarte,
apresenta suas principais propostas de
subjetividade e imersão. Nas séries dos
Bólides, Penetráveis e Parangolés, Oiticica
opera uma ruptura que o situa num cenário
de questões mais contemporâneas. A
cor passa a relacionar-se com sensações
corporais e emoções que supõem muitas
vezes uma vivência desestabilizadora, pois
questiona certezas e posturas racionais. A
esfera estética tradicional é aqui claramente
esgarçada, é um espaço descontínuo e
heterogêneo, fruto de experiências nem
sempre previsíveis, uma vez que os trabalhos
são ‘receptáculos abertos às significações’.
Estetizar o espaço e a experiência cotidiana
implica desmistificar o domínio artístico, é por
meio dessa busca experimental que Oiticica
afirma sua opção incondicional pela liberdade.
Enquanto no Rio de Janeiro, Hélio
Oiticica nos oferece este ingresso para a
experimentação e participação, o maestro
Jorge Antunes está em Brasília formulando
sua correspondência som/cor, baseado
em suas pesquisas pessoais e nos textos
místicos escritos por Helena Blavastky e
Annie Besant ,como ele próprio Parangolés,
Oiticica declarou.
Ao final de minha pesquisa, descobri
o grupposinestetica. São artistas italianos
157
em busca de uma obra de arte total.
Publicaram em 1999 o Manifesto da
arte Sinestética que declarou o fim das
sensações racionalizadas e específicas,
e das percepções simples, propondo
como essencial a experiência de um sexto
sentido, o sentido sinestésico, e apresentam
performances que chamam de atitudes
artísticas , musical-pictóricas entre outras .
5 - SINESTESIA NA LITERATURA E NA
POESIA
“Direi algum dia vossos nascimentos ocultos:
A, negro espartilho peludo das moscas tumultos
Rondando fedores cruéis demais,
Golfos de sombra; E, candura de vapor e de tenda,
Lanças de geleiras altivas, reis brancos, tremor de
umbelas;
I, púrpuras, sangue cuspido, riso dos lábios belos
Na cólera ou na embriaguez oferenda;
U, ciclos, vibrações divinas do verde mar,
Paz dos pastos semeados de animais, paz das
rugas
Que a alquimia imprime na fronte a estudar;
O supremo clarim pleno de estranhos agudos,
Silêncios cruzados por anjos e mundos:
— Ô, o ômega, raio violeta de Seus Olhos!”
Vogais Rimbaud
Marca dos poetas simbolistas a fusão dos
sentidos está presente na obra de Rimbaud
quando em 1837 escreveu o Le sonet des
158
Voyeles, onde estabelece correspondências
para vogais e cores:
Como registro de sinestesia poética há o
exemplo de Baudelaire e suas experiências
com Haxixe. Seu poema do Haxixe nos relata
suas impressões: “o olfato, a visão, o ouvido,
o tato cooperam igualmente” e “ os sons
se vestem de cores, as cores contém uma
música”.
Rossigneux formulou também uma
associação própria, admitindo outros valores
cromáticos para as vogais e os destinou
especificamente à poesia. A branco, E verde,
I verde e azul, O vermelho, U preto.
“Uma linguagem ornada, colorida, em que
as palavras são escolhidas pela sonoridade,
ritmo, colorido, fazendo-se arranjos artificiais
de parte ou detalhes para criar impressões
sensíveis, sugerindo antes que descrevendo e
explicando”, de acordo com Afrânio Coutinho.
Características marcantes Simbolismo
são a musicalidade, a sensorialidade, a
sinestesia, sugestões de perfumes, cores,
e sonoridades constroem os poemas numa
linguagem fluida . Há também referências a
elementos místicos, ao sonho, a mistérios, ao
amor erótico, à morte.
6 - SINESTÉTICA
Algumas garrafas estão vazias, outras
contém pincéis usados, a maior parte contém
líquidos: água, óleo de linhaça, terebintina,
que estão coloridos por anilina ou pigmentos
óleo-solúveis. As quantidades variam, as
viscosidades também, desempenham a
função de controlar a vibração sonora que
a garrafa emite ao ser tocada pelos objetos/
pincéis. Acompanhando a espiral da escada,
Sinestética assume forma de onda, oferecese à contemplação, à experimentação e à
participação de uma experiência sinestésica
através do deleite visual da cores associadas
aos sons, ao cheiro de pintura e à sensação
de fazer música com pincéis.
6.1 Histórico da construção da obra
A idéia surgiu do desejo de dar plasticidade
às músicas do performático grupo brasiliense
surgido nos anos 80, Liga Tripa e após pintar
uma série de aquarelas. Inicialmente era
chamada Música Visual ou Aquarela Sonora e
pretendia ser o registro linear de uma música
específica escolhida dentre o repertório deles,
o objetivo era de registrar visualmente dando
cor e volume paras as notas musicais, que
seriam obtidas pela afinação das garrafas de
vidro, estabelecendo uma correspondência
clássica,
pitagórica4, entre cor e som,
dispondo as notas lado a lado e registrando
a música inteira, que se completaria ao ser
tocada pelo fruidor.
Essa proposta foi questionada pelo
professor orientador que considerou-a muito
linear (algo que concordei imediatamente)
pois eu estava prevendo apenas um percurso
amarrado nessa linearidade de representar
uma música pronta e determinada, e então
Sinestética assumiu uma outra configuração,
tanto em sua forma plástica quanto na
sonora. A disposição das garrafas, a afinação
e a correlação cromática tornaram-se mais
poéticas que científicas, mais experimentais
que definitivas. Pincéis e óleos foram
incluídos agora Sinestética faz também uma
referência à História da Arte vivida e contada
pela Pintura. Instalada experimentalmente
em um ambiente semi externo, uma varanda
doméstica, a obra ocupou os espaços
adquirindo uma configuração dispersa, as
garrafas estavam afastadas umas das
outras, com um bom espaço de respiração
para os objetos, permitindo circularmos
entre elas, movê-las, tocá-las ou não com
os objetos pendurados. O resultado após a
participação é que o toda a instalação, parece
dançar um movimento gracioso que balança
harmoniosamente e vai perdendo velocidade
até parar completamente. O balanço das
garrafas movimenta os fios que as sustentam
e esse movimento produz um som curioso
mesmo sem ser uma nota da escala musical.
Esse desejo de romper com os limites que
dividem as artes em categorias, e que excluem
suas potencialidades para se definirem, foi
o objetivo perseguido durante o trabalho.
159
Assim como os futuristas intencionaram
romper com ditames acadêmicos, Sinestética
deseja romper limite artista/público, através
da experiência ativada, fruída, participada,
tornando livre a experimentação rumo a
direções desconhecidas dentre as sensações.
Transpor a obra para a galeria demandou
repensá-la em sua configuração admitindo
que agora deveria estar em baixo da escada
que tem um laranja horrível que interferiria
de forma indesejada com as cores usadas.
Dentre todos os ambientes possíveis na
galeria, poucos apresentaram uma estrutura
que possibilitasse sustentar a instalação,
próximo ao vidro da frente da galeria havia
uma estrutura que permitira facilmente a
instalação de Sinestética, porém apresentava
uma proximidade do vidro perigosa, que
além de esmagar a instalação, limitava a
possibilidade de atuação dos fruidores a
uma interação mais cuidadosa, que não
apresentasse perigo de quebrar o vidro da
galeria .
No âmbito da sonoridade as experiências
que tornaram possível a concretização do
projeto iniciaram com o auxílio de um afinador
eletrônico que acionado detectava a nota
musical conforme a quantidade e qualidade do
líquido variava. A afinação precisa mostrouse ser quase impossível diante da variedade
de sons que uma mesma garrafa reproduzia,
dependendo do lugar onde fosse tocada.
Então optei criar uma escala musical ao invés
de buscar obter uma afinação precisa.
160
Os materiais são escolhidos do cotidiano,
descartáveis, efêmeros, sem valor, obtidos
junto ao lixo que se desprende do consumo, e
que se descarta, num desejo de atrair o olhar
para uma re-invenção de reutilização de um
objeto banal transformado em um poderoso
agente estético/poético. É nesta vasta lixeira
do consumo que Sinestética foi beber seu
material. Não desejando criar mais matéria
num mundo em que abundam o desperdício
e o descarte, Sinestética percorre o caminho
da apropriação aberto pelos Modernistas
como Marcel Duchamp, K. Shwiters , porém
não evoca apenas a descontextualização
do objeto pela sua transposição espacial,
Sinestética engole e digere esse objeto, e
extrai dele uma qualidade plástica e sonora.
Mas a afinação proposta não é apenas
visual ou sonora, há também o desejo de
contrapor extremos clássicos de poéticas
que divergem completamente por proposta
e por contexto temporal, como por exemplo
a pintura, a apropriação e a instalação.
Pretende, enquanto instrumento musical
criado a partir de pesquisa e materiais
enjeitados, simples, plásticos, fazer percorrer
num caminho de volta o perceber do fruidor
que, ao participar intervindo e completando
uma obra, possa perceber-se em uma pintura.
7 - Depoimentos de três pessoas
sinestésicas
Apesar de ser considerado um fenômeno
raríssimo da ordem de um a cada quinze a vinte
cinco mil indivíduos, surpreendentemente
encontrei dentro do departamento de artes
visuais três pessoas sinestésicas: Tayira,
Ana Lúcia e Renata. Após recolher os seus
depoimentos pude perceber que cada uma
definia de maneira diferente suas sensações e
duas delas relacionadas com a memorização.
Para Tayira tudo tem uma cor, tudo tem
um som, tudo tem um sabor: -“Segundas
feiras são lilases, mas uma segunda especial,
aquela em que almoçamos juntas, aquela foi
uma segunda feira azul”, “Quando eu ouvia
as músicas ouvia fitas amarelas, pontinhos
vermelhos, linhas azuis. Às vezes eu queria
ouvir aquela música vermelha de novo.” “o
Lá é azulzinho e o Dó é bem vermelhinho...”
“Aquela palavra azul, aquela que grande
e gorda, lembra que a gente estava
conversando aquele assunto vermelho? Até
os doze anos foi tudo bem e de repente o
meu irmão começou a apresentar-me como
uma doida e chamava todos para ouvirem
minhas descrições, foi então que eu percebi
que havia algo de diferente comigo e não falei
mais disso com ninguém, até há pouco tempo
quando uma amiga que tinha as mesmas
sensações que eu, mostrou-me uma matéria
de jornal que falava de sinestesia e explicava
o fenômeno. Daí de repente estava todo
mundo falando sobre isso.
Para Ana Lúcia a cor também é elementar
enquanto sensação: “ O movimento das
pessoas tem uma cor, quando elas passam
deixam um rastro colorido “ a música também
tem forma e cor para Ana : “vejo círculos
coloridos, mas nunca parei prá pensar
nisso, nem sabia que era estranho, não é
todo mundo assim não?”,
“Eu conto cor,
uso cor prá memorizar, enquanto conto cor,
penso : verde, verde claro, verde limão, verde
azulado, aí consigo me concentrar no que
ouço; se eu não fico contando cor, divago.
Uso a cor para memorizar, a cor me fixa” .
Para Renata a sensação sinestésica, ou
a mistura de sentidos gera um outro sentido
não catalogado. “- como eu vou te dizer?
é uma coisa que sinto aqui” – e coloca sua
mão na barriga, sobre o umbigo – “sinto os
ambientes, sinto que devo ficar, ou ir embora”
e de repente todo meu corpo obedece a esta
informação, e torna-se impossível para mim
desobedecê-lo”.
Durante a montagem de Sinestética
encontrei com Tayíra e pedi a ela que
“afinasse” a cor de algumas garrafinhas que
já continham líquidos. Tal fato despertou a
curiosidade de outros alunos que ali estavam,
e rodearam-na para assistí-la. Tayíra começou
a partilhar suas sensações e surgiu Paulo
querendo experimentar também . Ao soar das
notas ela ia dizendo: -Vermelho, Marrom. Num
dado momento ela ficou pensativa, aí Paulo
disse: - Azul amarelado; Tayíra sorriu e disse:
-Você viu? Ele respondeu: - Não, eu senti !
161
162
163
8 – CONCLUSÃO
Transposta e instalada na galeria,
concretizada a montagem de Sinestética,
restou observar seu efeito sobre o público e
sentir a eficácia de seu objetivo de provocar
interação e revogar a recomendação que
recebemos na infância: “Veja com os
olhos!” ; ou como se de repente houvesse
sido possível retornar a um tempo anterior
a esta recomendação, num resgate desta
primordialidade em nossas vidas, uma
primordialidade de percepção de formas, de
sons, de aromas e de cores, reunidas numa
única sensação, um deleite participativo.
Os espectadores, em sua grande maioria,
sentiram-se atraídos e experimentaram
Sinestética, brincaram, sorriram, soltaramse e teceram vários comentários. “’é para
tocar?”, “pode mexer?”, “parece uma
Aquarela Musical”. Especularam a respeito
de outras possibilidades de títulos, formas,
cores, enfim também sentiram estimulados
em sua criatividade.
As crianças exploraram livremente e deram
o tom, não tiveram receio de testar os limites
sonoros, de movimento e de resistência dos
materiais. Misturaram os líqüidos compondo
novas cores e novos sons. Aproximaram-se
totalmente da proposta de autor/ator,.
Diferentemente da proposta de Basbaum
que utiliza das novas tecnologias e Sinestética
164
apresentou-se mais como experiência
imediata que mediada por um sistema digital,
ou simplesmente assistida numa performance
como por exemplo do grupposinestético
que opta pelo que eles chamam de atitude
artística ou performances
A pergunta que Sinestética constrói e
dispara no ar é a de que: seria possível
despertar a sinestesia a partir da
experimentação de estímulos estéticos,
plásticos, sonoros? Percebo que o conceito
comum a todas as poéticas pesquisadas
para a construção deste trabalho, desde os
Orfistas que abandonaram a representação
de formas naturais até o Grupposinestético, é
o de que a experiência pluralidade de sentidos
é da ordem do indizível, não compartilhável, e
fugaz como a experiência do êxtase.
9 - BIBLIOGRAFIA
ANTUNES, Jorge
A correspondência ente os sons e as
cores – Bases teóricas para uma “música
cromofônica”
Brasília – Thesaurus, 1982
MATESCO, Viviane. Corpo-cor em Hélio
Oiticica. In: BIENAL INTERNACIONAL
DE SÃO PAULO, 24. Núcleo histórico:
antropofagia e histórias de canibalismos.
Curadoria
Paulo
Herkenhoff,
Adriano
Pedrosa. São Paulo: Fundação Bienal de São
Paulo. 1998. p. 386-391
(Footnotes)
1
2 neocórtx é a região do cérebro
desenvolvida mais recentemente e apenas
em humanos.
3 as qualidades inerentes tanto à
sinestesia quanto experiências místicas, de
criação artística ou descoberta científica são,
segundo james Willians, 1902, referindose às experiências místicas : indizíveis,
involuntárias, diretamente experimentadas e
passageiras.
4 As correspondências entre som e cor
estão descritas mais especificamente no
capítulo 4.
BASBAUM, Sergio Roclaw
Sinestesia, arte e tecnologia: fundamentos
da cromossonia –
São Paulo: Annablume / Fapesp, 2002
CAZNOV, Yara
Entre o audível e o visível -
165
166
167
Intervista a Catia
Gruppo Sinestetico
1) Da quanto tempo avvengono queste
sinestesie?
Ho scoperto di essere affetta da sinestesia
circa 10 anni fa; le visioni sono comparse
circa 3 anni fa.
2) Che tipo di sinestesie sono? O meglio quali
sono le interferenze o scambi sensoriali?
Sono sinestesie: suono/colore; gli scambi
sensoriali sono tra vista e udito.
168
6) Ha subito traumi durante la nascita o nel
periodo dell’infanzia?
Il periodo che va dalla fine dell’infanzia
all’adolescenza, quindi verso i 12 anni, per
me fu molto traumatico perche’ segno’ la
fine di un sogno meraviglioso, continuo
all’ottava domanda.
3) Quali sensi vengono stimolati in maniera
anomala?
I sensi che vengono stimolati in maniera
anomala sono vista e udito.
7) Se è da un periodo particolare da dopo la
sua nascita, può determinare se può essere
stato un trauma emotivo a scatenare la
sinestesia?
Non saprei dire con certezza se puo’ essere
stato un trauma emotivo a scatenare la
sinestesia.
4) Può farci un’esempio?
Quando sento il nome di una persona lo
associo ad un colore, figure di vari tipi mi
appaiono davanti, del colore che io associo
al nome; vedo figure rosse con nomi come
Matteo o Marco, sono gialle con nomi come
Sara o Simona; le allucinazioni spontanee o
visioni, fanno si che io veda cose o persone
che io quel momento io so non essere li
davanti a me, qualche mese fa credevo che
mia madre fosse stesa sul letto, poi mi sono
subito resa conto che non c’era.
8) Ha vissuto un particolare momento della
sua vita particolarmente traumatizzante che
l’ha “toccata” in senso positivo o negativo?
Continuo con la settima domanda: dopo che
ci stabilimmo per sempre in Italia (fino ad
allora eravamo sempre per il mondo, per il
lavoro che svolgeva mio padre), per me fu
un grande trauma; fu dura ambientarsi qui,
a scuola andavo male, non avevo amici,
piangevo sempre, quel triste periodo mi ha
“toccata” in senso negativo, col tempo mi
sono rassegnata.
5) Ci può raccontare altre anomalie che lei
ritiene poco influenti per noi ma che possono
rivelarsi interessanti?
Altra interessante anomalia potrebbe essere
“l’odore dei ricordi”.
9) Le interessano le opere d’arte intese
nell’ambito visivo o è più coinvolta dalle
musica?
Le opere d’arte in senso visivo mi
interessano, adoro gli impressionisti, mi
piace disegnare, mi piace la musica, ma la
169
mia grande passione sono i libri: letteratura,
poesie, libri e riviste che parlano di paesi del
Centro America.
10) Qual è il senso che ritiene sia stimolato
in maniera anomala rispetto alla “normalità”?
Il senso che ritengo piu’ stimolato in maniera
anomala, rispetto alla normalità, e’ la vista.
16) Si ritiene una vera SINESTETA?
Si mi ritengo una vera SINESTETA,
soprattutto da quando ho saputo dai medici
di non essere ”pazza”.
11) Queste interferenze sensoriali le creano
disturbi sociali o paure?
Queste interferenze non mi creano disturbi
sociali, ne paure.
12) Al contrario, lei convive con queste
anomali sensoriali in maniera piacevole?
Sto piacevolmente imparando a convivere
con quello che io considero un bel regalo che
madre natura mi ha fatto.
13) Ci può raccontare che frequenza hanno
queste visioni e se sono dettate solo dalla
stimolazione esterna.
Le visioni mi accompagnano per quasi tutta
la giornata.
14) Cosa si aspetta dal suo raccontarsi?
Non so cosa mi aspetto nel raccontare tutto
cio’, ma è bello poter parlare con qualcuno
delle mie esperienze sinestetiche.
15) Ci sono altre cose che vorrebbe
raccontarci e che non le abbiamo chiesto?
Ho altro da raccontarvi.
170
171
Il tuo corpo cambia colore
Silvia Tolin
Puff, un tonfo di una mano spiaccicata
nella farina che alza una nuvola, bianca,
come quelle che abitano il cielo in una chiara
e densa giornata d’inizio estate, che ti fa
vedere i contorni nitidi, senza foschie e i colori
brillanti,accesi, reali, vivi. E i mille frammenti
di veline colorate, che si trasformano in tante
lingue come quelle che si vedono sull’acqua
quando in vaporetto te ne vai verso il Lido,
al tramonto, dopo un’intensa giornata in
Accademia a pensare, produrre, percepire,
a cercare di inoltrarti in una dimensione che
parla d’arte. Amalgami frasi, consigli quando
ti accorgi, come una folgorazione, che fai
parte anche tu di questo tramonto, ci sei
dentro e il tuo corpo cambia colore, si plasma
e si fonde con la luce che c’è attorno e tutto
viene filtrato attraverso di te perchè è la tua
esistenza che rimanda colore e collabora al
riflesso. Allora hai la sensazione di percepire,
di sentire dentro questa energia che permette
ai tuoi occhi interiori di vedere le cose da tutti
i suoi punti vista perché è questa la difficoltà,
abbandonare gli stereotipi e le canalizzazioni
che ti rendono apparentemente sicuro per
lasciarsi andare, fluttuare, cercando di
cogliere quel filo logico che accomuna tutto
e tutti, che comunica incessantemente senza
dissonanze. E nello stesso modo in cui io
sono la spugna che rilascia l’arcobaleno, lo
è pure la persona intenta a scrivere un sms
vicino a me e anche quella che, per sue
caratteristiche fisiologiche, un cellulare non
riesce né a tenerlo in mano né a concepirlo
come parte integrante della sua quotidianità.
172
Il suono di questa armonia, il fluire di
questa energia rimanda ad archetipi insiti in
noi ma che si fanno fatica ad ascoltare, o non
si ha il tempo di rievocare perché pressati in
una quotidianità prevalentemente visiva.
Eppure sono suoni, gesti che ci
appartengono, sono movimenti che ci
riportano a quando eri bambino e non
t’interessava sporcare la maglia o i
pantaloncini, ma godere delle sensazioni
mentre giocavi con una pozzanghera intento
a modellare con le mani o con un bastoncino
il fango, dentro quel brodo primordiale teatro
delle più entusiasmanti vicende.
173
Sinestesia come trasferimento di materia
Guglielmo Di Mauro
174
Nel complesso e articolatissimo sistema
cerebrale, convogliano milioni di dati e
messaggi.
Se ci fermiamo alcuni istanti ad
osservare anche una piccola superficie,
riceviamo innumerevoli informazioni su
come sono colori, texture,sensazioni di
materia fredda o calda, di trasparenza ecc.
I nostri centri nervosi incasellano nella  mente
con un certo ordine l’esperienza reale.
A questo si unisce un bagaglio di
esperienze sensoriali già immagazzinate
al momento della primissima esistenza.
Ogni visione omogenea, anche di un semplice
granello di sabbia acquista una valenza
sinestetica. Spesso associamo forme,
colori e significati simbolici a volte latenti.
Nel senso che l’esperienza personale trasla e
convoglia sull’oggetto ultimo varie espressioni
e percezioni mentali percepite come reali,
ma acquisite per induzione 
sinestetica.
Tenendo conto che il nostro apparato
percettivo può essere ostacolato da
barriere o dai filtri di vario tipo come
fumo, nebbia, calore, rumori di fondo ecc.
Sono tutti elementi che hanno il loro peso nel
significato finale di quanto abbiamo percepito
La percezione umana è fallibile, e questo
è positivo poiché non saremmo esseri creativi
se non avessimo l’interpretazione delle cose
percepite. E’ evidente che essendo dotati di
senso critico la compensazione mentale nella
direzione dell’ acuità sensoriale  interviene
ad associare ulteriori elementi all’oggetto
percepito, la sinestesia  é prettamente
effimera per le modalita’ di correlare,
arricchire di ulteriori significati un certo
dato reale, che  resta contaminato  nei suoi
percorsi sensoriali. La realtà dell’oggetto
fagocitato è molto più carica di significati.
Ogni nostra percezione e’ sormontata
da un’altra energia di compensazione
su
ogni
evento
decontestualizzato.
Il potere evocativo della mente serve anche
da difesa. Non a caso l’intuizione il sesto
senso, spesso ci avvisano di un’imminente
pericolo. Siamo strutturati in modo più
o meno sensibile ai cambiamenti dove
però l’incognito il mistero può spaventare,
perché significa cambiare la nostra
condizione per un’altra meno gradevole.
Pensando ad una maglia associo la sensazione
di calore anche se non l’ho ancora provata.
Se per esempio aziono un ventilatore sotto
una seta rossa e  illumino con una luce la sua cima,
 in lontananza e di sera può essere scambiata
per un fuoco. In questo caso la materia e la
leggerezza della stoffa, mossa abilmente, fa
andare in corto circuito la nostra percezione .
Spesso le parole si associano ad un
colore, o ad una forma ad un suono ecc.
A volte questa personalizzazione puo’
essere
considerata
una
visione
di
tipo semantico; cioe’ parole o forme
e colori che richiamano altre figure.
Tutto è in relazione alla nostro grado di
sensibilità sensoriale.
Il 
referente
“maglia”
ci
fa
pensare
che
l’indumento
tenga
caldo.
Sinestesia è comunque un trasferimento
ed arricchimento di materia, un passaggio
da uno stato ad un altro. In alcuni miei
lavori degli anni 75/80 ho creato effetti
percettivi
di
questo
tipo
utilizzando
il disegno e la fotografia, tra finzione e realta’
esistono affinita’ con il lavoro del Gruppo
sinestetico. Nel 2003 ho fondato il” Gruppo
Proxima”. E’ un’espressione orientata alla
mediazione e alla collaborazione dello
spettatore, in contesti culturali differenti:
Sinestesia
è
anche
contaminazione
impollinazione, come affermano giustamente
i sinesteti.
E’ risaputo che non si può vedere una tinta
se non mettendola in relazione ad un’altra.
C’è un’interazione cromatica anche se il
secondo colore non c’è, è sostituito da una
tinta acromatica.
Esiste poi la percezione gestaltica del
colore o dello spazio o quant’altro, che a
seconda del nostro stato d’animo può attrarci
o farci star peggio.
175
La scienza è sinestetica?
Gabriella Bernardi
“Sinestesia, cos’era costei?” Questa,
parafrasando malamente Manzoni, è stata più
o meno la mia reazione quando, al telefono,
un mio amico mi ha proposto di scrivere un
breve pezzo che illustrasse la presenza della
sinestesia nella Scienza.
Il poveretto probabilmente non si rendeva
conto dei guai ai quali poteva andare incontro
affidandomi un compito così particolare e
proponendosi come interfaccia tra me ed i
suoi colleghi artisti, e se ci avesse pensato
meglio si sarebbe rivolto a qualcun altro;
tuttavia, purtroppo per lui, è altrettanto certo
che non avesse altra scelta, essendo quasi
sicuramente l’unica persona a lui familiare che
si occupi professionalmente di scienza.
Dopo questa mia reazione poco elegante,
però, mi è stato spiegato che la sinestesia è
“una figura retorica consistente nell’associare
due termini che si riferiscono a sfere sensoriali
diverse” e le cose hanno cominciato a
chiarirsi. Da un certo punto di vista. D’altro
canto non capivo bene quali connessioni
potessero sussistere con la scienza. Tutto
sommato è difficile concepire, per come
siamo abituati a considerarle, qualcosa più
agli antipodi della retorica e della scienza: una
disciplina che sfrutta il linguaggio umano per
comunicare ed enfatizzare idee, sentimenti ed
emozioni da una parte, e dall’altra qualcosa
che immaginiamo come pratico, oggettivo,
magari per alcuni arido e privo di emozioni.
Entrambi quindi eravamo vagamente
perplessi e incerti di fronte ad una richiesta
che, per stessa ammissione del mio amico,
176
appariva un po’ strana, ma dopo alcuni minuti
di chiacchierata a ruota libera una luce ha
cominciato, prima lentamente, poi con sempre
più forza, a farsi strada attraverso il muro di
grigio silenzio che annebbiava la mia mente.
Prima di tutto, infatti, esistono almeno due
espressioni che in Fisica e in Astronomia
(i campi nei quali sono specializzato) si
possono considerare degli esempi concreti
di sinestesia intesa in senso letterale: l’anno
luce e la temperatura di colore.
Probabilmente il primo, che è la
distanza percorsa dalla luce in un anno, è
universalmente noto ai lettori, ma forse è
meno nota la ragione per cui si usa questa
particolare unità di misura. Il fatto è che in
Astronomia le distanze sono così grandi che
i normali chilometri sono assolutamente poco
pratici. Plutone dista da noi circa 6 miliardi
di chilometri (0,6 millesimi di anno luce), il
nostro dirimpettaio (cioè la stella più vicina) è
approssimativamente a quarantamila miliardi
di chilometri, cioè a 4,3 anni luce, mentre il
condominio dove abitiamo (la Galassia) è un
disco più o meno del diametro di centomila
anni luce, pari a circa un miliardo di miliardi
di chilometri, e non dimentichiamoci che oltre
c’è un’intera città!
Tornando però al nostro argomento
principale, l’anno luce è un’espressione che
coniuga un vocabolo legato alla percezione
del tempo con un altro legato al senso della
vista per esprimere un’unità di misura di
lunghezza. In un certo senso, un curioso
esempio di “sinestesia multipla”.
177
Bisogna ammettere che la temperatura
di colore non è un esempio altrettanto noto,
anche se si tratta indubbiamente di una
sinestesia, ma il suo significato non è così
arcano come potrebbe sembrare a prima
vista. Se si osserva una pietra mentre la si
scalda, per esempio, si potrà notare che il
suo colore cambia con la temperatura per cui
quando è rossa significa che è incandescente,
mentre mano a mano che la temperatura
crescerà il colore della luce emessa si porterà
gradualmente verso il blu, o l’azzurro sempre
più chiaro, e difatti anche quando, usando
un’altra sinestesia, nel linguaggio comune
si dice che qualcosa ha raggiunto il calor
bianco si vuole esprimere il fatto che la sua
temperatura è altissima. Questa relazione
tra la temperatura di un oggetto e il colore
della luce che emette viene perciò usata in
Astrofisica per determinare la temperatura
delle stelle osservate, un parametro
necessario per esempio quando si vuole
cercare di determinare come questa si sta
evolvendo, ma anche in altre branche della
scienza quando non si può semplicemente
mettere un termometro vicino all’oggetto
di cui si vuole misurare la temperatura. Le
stelle che appaiono azzurre possono dunque
raggiungere temperature superficiali anche di
60.000 gradi, mentre il Sole, che si presenta
di un bel colore giallo-rossastro, si mantiene
a circa 5500 gradi centigradi. Quando poi la
superficie di una stella è più fredda di alcune
migliaia di gradi, inizia a diventare poco
visibile perché la luce emessa si sposta nella
178
banda dell’infrarosso, che non possiamo
percepire ad occhio nudo ma solo grazie ad
apparecchiature particolari.
Se però non ci limitiamo a considerare la
sinestesia nel suo puro significato letterale, ma
accettiamo di vederla nel suo senso più ampio
di una sorta di “trasferimento dell’informazione”
da un ambito sensoriale ad un altro, allora ci si
può rendere conto che gli esempi portati finora
in realtà svelano una connessione ancora più
profonda. L’esperimento stesso infatti, uno
degli elementi fondanti della scienza come
la intendiamo oggi, e l’atto della misura,
spesso sono una specie di esercizio pratico
di sinestesia.
In
una
rassegna
assolutamente
casuale, incompleta e senza alcun ordine
logico, possiamo per esempio pensare
ad apparecchiature che determinano la
composizione chimica delle sostanze più
diverse (olfatto, gusto) e la riportano su
tabelle scritte o su immagini colorate, come
in spettroscopia (anche questa, per inciso,
ampiamente usata in Astronomia). Oppure ad
altri esperimenti del passato nei quali veniva
determinata la carica elettrica di alcune
particelle elementari in apparati denominati
“camere a bolle”. La carica elettrica, in effetti,
non è qualcosa che possiamo facilmente
immaginarci come associata ad un senso
in particolare, ma tutto sommato, pensando
alle scariche di elettricità statica che a volte
subiamo in particolari condizioni, o con
un po’ di sadismo immaginando qualcuno
con due dita in una presa di corrente, la si
179
potrebbe collegare al senso del tatto. In questi
esperimenti, invece, si sottoponeva queste
cariche all’azione di un campo magnetico
di valore noto facendole attraversare un
apparato riempito di un liquido. Durante il suo
passaggio la carica lasciava una traccia di
bollicine che rendeva visibile il suo percorso
curvo, e l’ampiezza di questa traiettoria curva
era direttamente collegata al valore della
carica della particella.
Senza poi andare così nel sofisticato, basta
anche ricordarsi che un semplice termometro
non fa altro che tradurre in impressione visiva
il fenomeno del calore dei corpi, associato
al movimento microscopico delle particelle
che li compongono e da noi generalmente
percepito, ancora una volta, col senso del
tatto. Oppure si può pensare al sonar, che
è in grado di trasformare delle variazioni di
pressione in un fluido, cioè dei suoni, anche
se non udibili dall’orecchio umano, in un
paesaggio visibile quale per esempio il profilo
di profondità del fondo del mare.
Per inciso, è anche interessante notare
come tutti questi esempi mostrino un flusso
di informazioni piuttosto asimmetrico da altri
sensi verso la vista, quello di gran lunga più
potente nella nostra specie.
Personalmente non so se questo esercizio
sia risultato particolarmente convincente
riguardo al collegamento tra sinestesia e
scienza o se piuttosto non abbia fatto pensare
a qualcuno che, con un po’ di fantasia, si può
dire e immaginare tutto quello che si vuole,
però devo ammettere che mi sono divertito e
180
che è stato anche bello pensare a queste cose
in maniera completamente diversa da come
sono abituato a fare, e di questo ringrazio di
cuore il mio amico.
181
La sinestesia è la mia morfina
Mauro Carrera
Devo a una raffinata professoressa di
lettere il mio primo approccio con la sinestesia.
Per via della mia slabbrata memoria, sono
un po’ in dubbio tra una sfiziosa brunetta
del biennio dai capelli alla maschietta e la
camicia provvidenzialmente aperta su un
seno acerbo (ascoltava Suzanne Vega) e una
bionda spigolosa dagli intensi occhi azzurri
in attesa di inaugurare le gioie del talamo
matrimoniale, quand’ero all’ultimo anno del
liceo. Propendo per la brunetta del biennio
che sbirciavo inutilmente. La sinestesia fu
chiaramente spiegata ai miei compagni e
a me, ma la interiorizzai ancor meglio nella
confusa eccitazione adolescenziale disciolta
nei versi dei poetes maudits.
Negli anni dell’università la sinestesia è
stata la mia collezione di farfalle e di stampe
cinesi. Ha rappresentato nella mia esistenza
la segreta corrispondenza tra sensualità e
vertigine intellettuale, la sinapsi involontaria
ed esaltante tra percezioni e meditazioni.
Anni prima dicevo ad un velleitario erastes
che non distinguevo chiaramente la mia
sensualità rigogliosa dalla mia platonica
spiritualità. Di una cosa ero certo però: della
mia eterosessualità irrinunciabile. Faticai un
po’ a farglielo capire, ma imparai a far vibrare le
numerose corde della comunicazione. Erano
anni che mi ripromettevo di ripescare nel mito
dell’adolescenza in cerca dell’ispirazione, che
in quegli anni non aspettavo fremente: mi
assaliva alle spalle.
Sono
lieto
della
sollecitazione
rappresentata dal decennale del geniale
182
Gruppo Sinestetico. Caspita se si danno da
fare questi qui! Forse non era questo che si
aspettava da me Antonio Sassu invitandomi,
ma magari riesco a trasmettere la centralità
della sinestesia in una esistenza trascurabile
e antiretorica.
Da ragazzo l’abuso di sinestesia o di una
qualunque forma di enallage era la norma. A
chi mi offriva stupefacenti sintetici rispondevo
con una mia, presunta, autosufficienza
allucinatoria. Ed ho così reso avvezzo
l’intelletto alla creatività immaginifica. Alle
donne piaceva tanto (D’Annunzio docet), mi
pareva, finché un’amica matura mi ha detto
che dei funamboli di metafore non ci si può
fidare, che sono buoni per “una botta e via”.
Che altro chiedere di meglio.
Passeggiando per strada mi suole capitare
di sentire un “profumo di Messico”, e con
il chiamarlo così un turbine voluttuoso mi
trasporta nella terra azzurra. Lì ritrovo i miei
fantasmi e mi perdo con loro, fino a che una
mano nella mia mi strappa al ricordo.
Leggendo Rimbaud ho compreso lo
scintillante arbitrio della poesia e ho snobbato
il suo genio precoce.
La sinestesia è diventata la mia morfina.
Essa mi consola di un angusto vivere, sbreccia
i muri dell’orto, permette all’aria luminosa
di filtrare. Colleziono bulimico dall’infanzia
nuances, fragranze, frequenze, sapidità e
turgori che la vita mi offre, lieto di giocarci
come con indiani e pupazzi del presepe.
Ne ho letteralmente le tasche piene (e non
piene le tasche) di appunti e frammenti che
183
tiro fuori davanti al mio computer, mi risolvono
piccoli problemi e mi soccorrono nei momenti
di difficoltà.
La sinestesia nasce come figura retorica,
ma è piuttosto un modo si sentire, un momento
in cui la percezione non è più precisa e
frammentaria ma totalizzante, diviene
comprensione. Non è più opportuno parlare di
realtà percepita giacché confondendo i piani
percettivi l’uomo smarrisce la sua soggettività
e si confonde, sì, si confonde entra in
comunione, comunica con l’altro da sé senza
frapposizioni organolettiche.
La sinestesia è una preghiera: è un
tentativo di comunione tra immanenza e
trascendenza. O forse, più semplicemente, un
modo per far cedere donne romantiche alla
ricerca disperata di una, sia pur labile, scusa
per farlo.
184
185
Tractatus logicus-sinaestheticus
Mauro Carrera
La sinestesia è una situazione psicologica
ed estetica.
*
Dapprincipio l’uomo è un’entità
appartenente, quindi indistinta da essa,
alla natura ed è con essa in una relazione
profonda e mutua.
*
Iniziando a percepire, l’uomo matura una
certa quale coscienza della natura
*
Dalla coscienza della natura,
all’autocoscienza di sé come essere
percipiente e cosciente il passo è breve.
*
L’uomo (per la donna vale forse tutto un
altro discorso, che non oso affrontare per
timore dell’ignoto) per gradi si determina, si
definisce, di distingue, traccia i suoi confini
dalla natura diventando soggetto (percettivo
cosciente/autocosciente) e percependola
come un oggetto (altro da sé).
*
L’uomo percepisce la natura attraverso i
suoi 5/6 sensi.
186
*
L’uomo rappresenta la natura con i
differenti linguaggi (lingua, arte, matematica),
ricalcati sulla coscienza percettiva.
*
Il linguaggio più efficace per la descrizione
è quello verbale: l’uomo descrive la natura
con un determinato lessico specifico (quindi
finito) individuato per ciascun senso.
*
Quanto più il soggetto si de-termina
rispetto alla natura, tanto più la sua
percezione sensoriale di essa diviene
più complessa e raffinata; allontanandosi
dall’indeterminatezza iniziale, l’uomo si
allontana dalla comunione/confusione
iniziale.
*
Quando la terminologia specifica di
ciascuna percezione si rivela limitata e
insufficiente alla funzione descrittiva, l’uomo
ricorre intellettualmente a strumenti più
raffinati ed efficaci: le figure retoriche.
spingendosi più e più oltre rispetto a questo
cammino di allontanamento progressivo
dalla comunione uomo-natura, finisce per
compiere un giro completo, ritornando
all’origine; come nell’Uroburo gli estremi
finiscono per toccarsi e coincidere.
*
Quando le singole percezioni divengono
così raffinate dal confondere i piani
percettivi, si fanno indistinte e totalizzanti,
quasi come erano prima della distinzione
uomo/natura=soggetto/oggetto, restituendo
all’uomo il suo stato di grazia, la sua
comunione con la natura, la sua intuizione
di essa attraversando con il logos i vari
gradi dell’autocoscienza, fino ad una totale
rinuncia.
*
Sono ambidestro, un po’ disgrafico,
disorientato, deconcentrato e
soprappensiero. E un po’ felice.
*
La sinestesia, la più dandistica e
intellettualistica delle figure retoriche,
187
188
189
Zig Zag Sinestetico
autori vari
“certe volte riesco a percepire il sapore dei
suoni. c’è molto più gusto che mettersi lì e
provarci con le orecchie. l’intero corpo può
sentire i suoni.”
 florian schneider dei kraftwerk
•••
“So che è il due perché è bianco” (Cytowic,
1995). In pratica è come se la loro mente
fosse uno schedario ordinato sulla base dei
cinque diversi sensi, quindi, per arrivare ad
una determinata informazione, vi sono cinque
strade differenti anziché una sola.
•••
In tutte le persone è comunque più o meno
sviluppata una capacità sinestesica di tipo
cognitivo. Ad esempio, se anche non si
percepisce fisicamente un “giglio bianco”
come “nota di violino”, è più frequente che,
se viene richiesto, anche i non sinesteti
eseguano una associazione del tipo “gigliobianco-nota-di-violino”, piuttosto che   “gigliobianco-nota-di-contrabbasso”.
mente. Quindi il sinesteta puro “vede” i suoni,
“sente” i colori...
Esperienze di tipo sinestesico possono essere
determinate da deprivazione sensoriale, da
meditazione trascendentale e misticismo,
ma possono anche essere causate
dall’assunzione di sostanze stupefacenti,
come testimoniano i casi di Rimbaud e
Baudelarie.Gli studi condotti da Cytowic
(1989) rivelano che una stimolazione elettrica
nella corteccia temporale sia a volte associata
a fenomeni sinestesici e, inoltre, che essa
è sperimentata nel 4% dei Colpi apoplettici
limbici.
•••
“Davanti a me c’è un cardo. I miei nervi motori
avvertono un movimento straziato e slegato. I
miei sensi del tatto e della vista percepiscono
l’affilata spinosità del suo movimento formale,
ed il mio spirito penetra la sua essenza. Io
sento profondamente il cardo.” Itten 1921 Bauhaus 1919-1933
•••
•••
... per sinestesia allo stato puro, si intende il
suo manifestarsi automatico come fenomeno
percettivo e non cognitivo. Il fenomeno è
involontario, è elicitato dallo stimolo come
una sorta di riflesso ed è percepito, nello
spazio peri-personale, come reale, effettiva
caratteristica dello stimolo e non frutto della
190
Caratteristica fondamentale e distintiva della
sinestesia è il fatto che uno stimolo (per
esempio un suono), provochi delle percezioni
non solo nello specifico sistema sensoriale (in
questo caso il sistema uditivo), ma eliciti una
risposta congruente anche in altri canali (per
esempio la vista).
“Se tu senti profondamente l’opera d’arte,
allora essa è destinata a rinascere dentro di
te”. Itten , Bauhaus 1919-1933
•••
“Veniva insegnata una teoria pratica della
armonizzazione basata sulla fondamentale
unità di suono, colore e forma allo scopo di
comporre in un tutto armonico i caratteri fisici
e psichici di ogni singolo allievo”. Gertrud
Grunow (insegnante di musica alla Bauhaus)
- Creatività dopo una armonia interiore.
“Mosca si fonde in questo sole in una macchia
che mette in vibrazione il nostro intimo,
l’anima intera come una tuba impazzita. No,
non è questa uniformità in rosso l’ora più
bella! Essa è soltanto l’accordo finale della
sinfonia che ravviva intensamente ogni colore,
che fa suonare Mosca come il fortissimo
di un’orchestra gigantesca” da “Sguardo al
passato” di V. Kandinskij.
•••
•••
“... Itten insegnava anche la teoria dei
contrasti, teoria della forma e teoria del colore.
Lo studio dei contrasti (tra cui si possono
ricordare i seguenti: RUVIDO-LISCIO;
APPUNTITO/OTTUSO; DURO/MORBIDO;
CHIARO-SCURO;
GRANDE-PICCOLO;
ALTO-BASSO;
PESANTE-LEGGERO;
ROTONDO-ANGOLOSO.
colore caldo (l’impressione visiva è unita a
quella tattile);
voce chiara (l’impressione acustica è unita a
quella visiva);
musica dolce (l’impressione acustica è
accostata a quella gustativa).
•••
La Sinestesia: “Diversi sistemi sensoriali che,
in particolare stato mentale, entrano in attività
simultaneamente.”
•••
“Splendono i colori che sanno di seta,
profumati di geranio: questi sono i suoni
chiari...” scrisse nella Recherche Marcel
Proust
•••
Sinestesia (dal greco syn, “insieme” e
aisthànestai,
“percepire”):
procedimento
retorico che consiste nell’associare, all’interno
di un’unica immagine, sostantivi e aggettivi
appartenenti a sfere sensoriali diverse, che in
un rapporto di reciproche interferenze danno
origine a un’immagine vividamente inedita.
“Il colore è il tasto, l’occhio è il martelletto,
l’anima è il pianoforte dalle molte corde.
191
L’artista è la mano che, toccando questo o quel
tasto, mette opportunamente in vibrazione
l’anima umana” scrive V. Kandinskij nello
“Spirituale dell’arte”.
trovano già nei lavori di D. Lock, autore del
XVII sec., che riporta una dichiarazione di
un non-vedente, per il quale il suono di una
tromba gli appariva di colore scarlatto.”
•••
“Io assisto allo schiudersi del mio pensiero: io
guardo, lo ascolto: lancio un colpo d’archetto:
la sinfonia si muove nel profondo, oppure
arriva d’un balzo sulla scena” A. Rimbaud
“Se durante un concerto avessimo la
possibilità di osservare l’aria, mentre vibra
simultaneamente influenzata dalle voci e dagli
strumenti, con grande stupore vedremmo
colori organizzarsi e muoversi in essa” A.
Kircher.
•••
La sinestesia, o sensazione secondaria, è
l’eccitazione contemporanea involontaria di
due o più sensi, oltre a quello specifico. Si
tratta di un fenomeno abbastanza frequente
tra i bambini.
•••
“Le sinestesie non derivano da attività della
corteccia ma da attività limbica, più primitiva.”
•••
“Lo scrittore Vladimir Nabokov ricorda come
nell’infanzia associasse un colore ad ogni
suono dell’alfabeto: da notare che anche sua
madre aveva la stessa possibilità, e così pure
suo figlio, quindi tre generazioni.”
“Testimonianze di fenomeni sinestestici si
192
•••
“I nostri sensi, pur essendo relativamente
autonomi, non operano in modo del tutto
isolato fra loro: vi sono multicollegamenti
e, talvolta, delle vere e proprie interferenze.
Ad esempio, è sufficiente pensare a come
si influenzano vicendevolmente il gusto e
l’olfatto: quando si è raffreddati non solo non
si sente l’odore del cibo ma anche il suo gusto
risulta alterato, attutito”
“Nella sua forma più pura, la sinestesia è rara”
“Nell’800, i fisiologi consideravano la
sinestesia come una sorta di patologia nella
quale, a causa di una specie di cortocircuito,
i sistemi sensoriali, solitamente separati,
interferivano l’un con l’altro.”
“La scrittura è un’originaria e potentissima
sinestesia. L’esperienza simultanea del
vedere e del toccare”
•••
•••
“Per quasi trent’anni il neuropsicologo russo
Aleksandr Romanovic Lurija, analizzò il
caso di un uomo di nome Sarasevskij, dalla
memoria sensorio-visiva eccezionale, e scoprì
che le sue grandi capacità mnemoniche
erano basate sulla “sinestesia”, ovvero
sulla trasformazione dei suoni in vivissime
immagini”
“La musica silenziosa dei colori” fu realizzata
in America all’inizio degli anni Venti da T.
Wilfred.
•••
“I profumi, i colori e i suoni si rispondono come
echi” Charles Baudelaire da “I fiori del male”.
•••
•••
G. W. Leibniz (1712) riguardo alla musica
dice: “La musica è un esercizio nascosto
d’aritmetica dell’anima: di un’anima che non
sa di contare”
•••
“Con poche eccezioni e deviazioni la
musica già da alcuni secoli è l’arte che
non ha adoperato i suoi mezzi per ritrarre
le manifestazioni della natura, bensì per
esprimere la vita psichica dell’artista e per
creare una vita peculiare dei suoni musicali
(...) V. Kandinskij “Dello spirituale dell’arte”.
•••
“...urlo nero della madre...” S. Quasimodo,
poesia italiana del Novecento
•••
Il musicista russo Skrjabin ispirato dal verbo
teosofico, ricostruirà una corrispondenza tra
note e colori, ideando una tastiera per luce,
che suonerà i colori nel suo “Prometeo”.
•••
“Esperienze di tipo sinestesico possono
essere
determinate
da
deprivazione
sensoriale, da meditazione trascendentale
e misticismo, ma possono anche essere
causate
dall’assunzione
di
sostanze
stupefacenti, come testimoniano i casi di
Rimbaud e Baudelarie.”
•••
“Il termine sinestesia deriva dal greco: syn =
attraverso + aisthesis =percezione e designa
un fenomeno affascinante, che ha luogo
ogni qualvolta una singola stimolazione
visiva, uditiva, tattile o olfaffiva dà origine alla
percezione di due eventi sensoriali distinti.”
193
194
195
Visioni profumate
di gustosi suoni levigati
Gruppo Sinestetico
Quando si parla di sinestesie inevitabilmente
ci addentriamo in un mondo molto complesso
fatto di mille intendimenti legato essenzialmente
alla sfera sensoriale dell’essere umano.
In letteratura l’uso della sinestesia, che
associava due parole appartenenti a due campi
sensoriali diversi, riusciva a far cogliere la realtà
non più attraverso i canali percettivi classici,
cioè vista e udito, ma anche attraverso quelli
più primitivi come l’olfatto, il tatto, il gusto, in un
reciproco gioco di corrispondenze.
Baudelaire scriveva di “…profumi verdi
come praterie e freschi come carne di bimbo”.
L’uso quindi della sinestesia da parte di
scrittori e poeti, amplificò una comunicazione
visiva scritta che poteva dare sensazioni più
intime legate a stimolazioni percettive private.
Questo bisogno comunicativo amplificato
però, prima ancora dei poeti decadenti fu
di musicisti, pittori, artisti e filosofi, i quali
anticiparono di molti anni ricercatori e scienziati
tuttora interessati a ricerche di carattere
sinestetico.
Il bisogno della fusioni e con-fusione di sfere
sensoriali diverse fu agli inizi una questione di
carattere religioso, nei riti pagani degli antichi
popoli sudamericani. Ricordiamo di riti religiosi
collettivi dove la massima partecipazione
all’evento era legata all’uso di droghe estratte
dalla natura che riuscivano a coinvolgere il
singolo in un’estasi sensoriale collettiva.
Tuttavia ancora oggi, anche se in maniera
diversa, tutti i riti religiosi hanno caratteristiche
comuni in una stimolazione sensoriale
diversificata dall’esclusiva comunicazione della
parola scritta (visiva) o parlata (uditiva).
Nelle due principali comunicazioni artistiche,
quelle dell’arte visiva e musicale, vi sono sempre
stati artisti interessati all’idea della stimolazione
196
sensoriale dettata da un’idea quasi mistica di
lavoro d’arte totale; l’estasi sensoriale come
obiettivo unico.
Il sentirsi opera d’arte ed il “sentire” opera
d’arte fu per molti l’obiettivo.
Non si può non citare l’operato del musicista
Scrjabin che sulle influenze wagneriane dedicò
la sua vita alla ricerca di un’unica comunicazione
d’arte totale in un pluricoinvolgimento
sensoriale.
Tentativi particolarmente interessanti furono
fatti già nel ‘500 con Arcilboldi e G.P. Lomazzi
nel suo “Trattato del’arte della pittura, scultura
et architettura” si interessa dell’argomento;
L.B. Castel nel 1720 costruisce il suo “clavincin
oculaire” un interessante e simpatico tentativo
di coinvolgere più sensi nella composizione
dell’opera d’arte; i tasti del clavincembalo infatti
corrispondevano a dei colori precedendemente
posizionati e preparati per una corrispettiva
diffusione colorata e sonora.
Agli inizi del xx secolo A.V. Regminton
affronta lo stesso problema in “Color Music”;
gli americani Greenwalt, Halle e Wilfred
nel 1920/30 costruiscono il “Color Organ”,
“Musichrome” e il “Clavilux”, mentre Carol
Bernard affronta lo stesso problema con la
“Cromofonia”.
Il russo Ivan Wyschnegradskij porterà avante
le ricerche sinestetiche di Scrjabin e il dualismo
colore/suono sarà uno dei motivi di indagine
percettiva per il compositore contemporaneo
Pierre Boulez , per citarne alcuni.
Tutto questo fino ad arrivare ai giorni nostri con
possibilità tecnologiche avanzate e interessanti
a stimolare in maniera sempre più coinvolgente
più sensi. La cosidetta multimedialità che
ormai è presente nel nostro quotidiano che a
poco a che fare con una più stimolante ricerca
sensoriale, ma che comunque riflette l’esigenza
contemporanea di un pluricoinvolgimento
sensoriale.
La parola sinestesia viene associata spesso
ad un progetto più complesso di “Opera d’Arte
197
Totale”.
Questo
non
avviene
impropriamente
perché anche se per sinestesia si indica
un’associazione invincibile di due o più sensi che
si sostituiscono fra loro, la parola “Arte Totale”
riprende lo stesso concetto identificandosi come
la ricerca di un’unica stimolazione sensoriale
utilizzando però tutti i sensi del nostro corpo fino
ad una completa saturazione sensoriale.
Il Gruppo Sinestetico presa coscienza delle
ricerche fatte, opera con azioni performative che
hanno come obiettivo una ricerca sensoriale.
Riteniamo, una stimolazione sensoriale
che mira ad avere proprietà SINESTETICHE,
la premessa per una ricerca diretta del nuovo
comunicare nell’ambito delle cosidette arti visive;
in un certo senso il recupero delle SENSAZIONE
primitive insite nel nostro essere.
La
performance
crediamo
sia
il
comportamento artistico più interessante
per un’indagine contemporanea in situazioni
sensoriali sinestetiche.
Vi invitiamo quindi a “percepire” le nostre
performance, che generalmente si basano su
azioni molto semplici ma dettate da una forte
stimolazione sensoriale.
Cercate di percepire, anche tramite le
foto e il materiale visivo come il video che ne
documentano l’azione, il nostro lavoro artistico.
Eliminate mentalmente per pochi secondi
quel concetto di spazio e di tempo che ci
allontana dalle terre in cui viviamo.
Concentratevi nelle vostre più intime
percezioni con l’augurio che vi possano
stimolare oltre alla vista, contemporaneamente
o in sostituzione anche: l’udito, l’olfatto, il gusto,
il tatto magari in... visioni profumate di gustosi
suoni levigati.
Visioni PROFUMATE
di GUSTOSI suoni
LEVIGATI
Tatto Contatto ROSSO Grosso.
ASCOLTO verde allungato.
ASSAPORARE un suono
frizzante.
VEDERE gustosi sapori.
UDIRE la parola colorata di
Giallo!
Camminare a piedi scalzi
nella percezione di un SUONO
morbido.
Una doccia del GUSTO musica
l’armonia del palato.
Toccare il BLU per raffreddare
la vista.
I colori primari ci purificano
l’ASCOLTO.
L’armonia delle NOTE ci
riscalda la vista.
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