SINESTETICA e SINESTESIA GRUPPO SINESTETICO SINESTETICA e SINESTESIA GRUPPO SINESTETICO a Nicola SINESTETICA e SINESTESIA GRUPPO SINESTETICO 2 Gruppo SINESTETICO www.grupposinestetico.it Torreglia (PD) - ITALIA Europa Editor: Gruppo Sinestetico The Author: Gruppo Sinestetico Graphic design: Matteo Albertin Cover Art by: Giancarlo Pavanello Scritti: Raffaelle Bottin, Maria Luisa Trevisan, Cecilia Vasoin, Alessandra Pucci, Marco Mancassola, Anna Boschi, Filly Cusenza, G. Ruggerini e G. Toni, Gruppo Sinestetico, Matteo Albertin, Lamberto Pignotti, Marco Noaro e Barbara Lorenzetti, Simon Longo, Michela Gamba, Nicola Frangione, Claudio Barzaghi, Monica Michelotti, Flavia Fernandes, Valeria Bertin, Claudia Militina e Nelson Maravalhas Junior, Catia, Silvia Tolin, Guglielmo Di Mauro, Alberto Vecchiato, Mauro Carrera, autori vari. Photographer: Andreas Ender, Rafael Roa, Alessandro Dussin, Matteo Albertin, Gianluca Scordo, Silvia Tolin, Valeria Bertin, Claudia Militina, Antonio Sassu, INDICE pag. 9 introduzione pag. 10 Organi di senso - di Raffaelle Bottin pag. 30 Epoca ipervisiva - di Maria Luisa Trevisan pag. 32 Il profumo - di Cecilia Vasoin pag. 34 Io venni in loco d’ogni luce muto - di Alessandra Pucci pag. 36 Dei sensi - di Marco Mancassola pag. 38 Vedere un’emozione - di Anna Boschi pag. 40 Una nuova disciplina sinonimo di piacere ed esibizione gioiosa del linguaggio - di Filly Cusenza pag. 42 Circolazione a più sensi. Quando l’arte vive la dimensione pluri-percettiva e pluri-esperenziale - di G. Ruggerini e G. Toni pag. 48 Conversazione tra ag52 ed il Gruppo Sinestetico pag. 52 Alla ricerca della sinestesia - di Gruppo Sinestetico pag. 56 Nella misteriosa cucina di un alchimista - di Matteo Albertin Printed by: Blurb.com Number printed: 50 copies - Special Edition pag. 58 Scrittura verbo-visiva e sinestetica - di Lamberto Pignotti All copyright to concept and pictures Gruppo Sinestetico Gruppo Sinestetico, and the authors 2011 4 5 pag. 60 Ai crocevia dei sensi: dall’estetica alla sinestetica - di Lamberto Pignotti pag. 168 Intervista a Catia - di Gruppo Sinestetico pag. 70 Negozi multisensoriali: come aspetti legati alla percezione influenzano il comportamento umano di Marco Noaro e Barbara Lorenzetti pag. 172 Il tuo corpo cambia colore - di Silvia Tolin pag. 76 Me art and media pt 2003-2005 - di Simon Longo pag. 98 Onde - di Michela Gamba pag. 118 Performing art e utopia concreta, oltre la multimedialità - di Nicola Frangione pag. 122 Non ci sono più le mezze stagioni - di Claudio Barzaghi pag. 128 La sinestesia - di Monica Michelotti pag. 130 Sensazioni - di Flavia Fernandes pag. 174 Sinestesia come trasferimento di materia - di Guglielmo Di Mauro pag. 176 La scienza è sinestetica? - di Gabriella Bernardi pag. 182 La sinestesia è la mia morfina - di Mauro Carrera pag. 186 Tractatus logicus-sinaestheticus - Mauro Carrera pag. 190 Zig Zag Sinestetico - autori vari pag. 196 Visioni profumate di gustosi suoni levigati - Gruppo Sinestetico pag. 132 La lingua degli angeli - di Valeria Bertin pag. 142 Sin=com +aesthesis=sensaҫão - di Claudia Militina e Nelson Maravalhas Junior 6 7 introduzione Questo lavoro è stato pensato per dare lo spunto ad una ricerca più approfondita sulla sinestesia e sulla percezione sensoriale. Sono stati raccolti scritti e immagini donati gentilmente da amici pittori, scrittori, musicisti, fotografi, artisti, astronomi, medici, ecc... Il libro vuole essere uno stimolo alle vostre personali ricerche. il Gruppo Sinestetico 8 9 ORGANI DI SENSO Raffaele Bottin Medico Chirurgo Università degli Studi di Padova COMUNICAZIONE I recettori sensoriali ci permettono di interagire con l’ambiente esterno e anche con quello interno. Questa comunicazione in senso biologico inizia con la vita stessa, cioè circa 4 miliardi di anni fa; con essa iniziano a funzionare gli strumenti che regolano gli ingressi dall’ambiente all’individuo, le uscite dall’individuo all’ambiente e l’elaborazione ed il processamento interni all’individuo. Con il termine comunicazione intendiamo: - uno scambio di messaggi od informazioni tra due o più persone; - di norma multimediale e multicanale e che impiega, qualsiasi collegamento fra qualsiasi uscita espressiva e qualsiasi ingresso sensopercettivo; - di vario grado di sofisticazione; - realizzata mediante una serie di segni arbitrari, raggruppabili in codici, liberamente scelti in modo diretto o indiretto dai partner comunicativi secondo parametri storici, geografici, culturali, educativi economici etc; - dettata da necessità o per desiderio. La componente sensoriale costituisce pertanto una componente essenziale dell’anello comunicativo. Attraverso gli organi di senso i segnali chimico-fisici provenienti dall’ambiente si traducono in segnali neuro-biologicisi che si proiettano attraverso le vie sensoriali centrali all’area corticale, si sviluppano le capacità gnosico-percettive. 10 E’ da ricordare che mentre le capacità sensoriali sono congenite cioè presenti alla nascita, quelle percettive sono acquisite e pertanto si perfezionano con l’età e sono diverse da individuo ad individuo in rapporto all’educazione e alle esperienze personali. E’ da ricordare, inoltre, che lo sviluppo delle capacità gnosico-percettive sono preliminari perché si sviluppino le capacità espressive. I SENSI Le informazioni sull’ambiente interno ed esterno pervengono al sistema nervoso centrale (SNC) tramite svariati recettori sensoriali che permettono di convertire le varie forme di energia dell’ambiente in potenziali d’azione nei neuroni. I recettori sensoriali possono essere parte di un neurone o cellule specializzate che generano dei potenziali d’azione nei neuroni; spesso il recettore è associato con cellule non nervose che lo circondano, formando un organo di senso. Poiché le forme di energia che pervengono dall’ambiente sono di varia natura (meccanica, termica, chimica), ne consegue che vi è necessità di recettori sensoriali specifici. In ciascun organo di senso, infatti, i recettori si sono adattati a rispondere ad una particolare forma di energia con una soglia molto più bassa di quella presentata da altri recettori. La forma di energia alla quale un dato recettore è particolarmente sensibile si chiama stimolo adeguato. Tuttavia bisogna ricordare che i recettori possono rispondere 11 anche a forme di energia diverse dallo stimolo adeguato, ma la loro soglia per questi stimoli non specifici è molto più alta (ad esempio la pressione esercitata sul globo oculare può stimolare i coni ed bastoncelli sensibili alla luce, ma la soglia di questi di fronte alla pressione è molto più elevata di quella dei recettori cutanei del tatto). CLASSIFICAZIONE DEGLI ORGANI DI SENSO Sono stati fatti numerosi tentativi di classificazione degli organi di senso,tuttavia ogni classificazione può considerarsi arbitraria ed incompleta Alle scuole elementare si insegna che vi sono “5 sensi” (olfatto, vista, udito, gusto e tatto), in realtà sono certamente più numerosi gli organi si senso il cui stimolo arriva a livello di percezione ed ancora più numerosi quelli che rimangono a livello di sensazione Sensazione: è l’attività degli organi di senso, attività che ci mette in contatto con la realtà esterna, con gli stimoli ambientali, ma che non giungono al livello di coscienza. Percezione è un gradino più elevato della sensazione perché inizia un meccanismo di coscienza. Tradizionalmente si classificano i sensi in: - speciali: olfatto, vista, udito, accelerazione lineare ed angolare ed gusto; - cutanei: tatto-pressione, freddo, caldo, dolore cutaneo - viscerali: devoluti alla percezione dell’ambiente interno, compreso il dolore 12 viscerale Un’altra classificazione distingue i recettori in - telerecettori: che sentono l’ambiente estero lontano (olfatto, vista, udito) - esterocettori: che sentono ‘ambiente esterno per contatto (tatto-pressione, freddo, caldo e dolore cutaneo) - interocettori: che sentono l’ambiente interno; - propriocettori: che informano in ogni istante sulla posizione del corpo nello spazio (tuttavia l’immagine cosciente del proprio corpo è in realtà la sintesi della stimolazione non solo dei propriocettori, ma anche degli esterocettori) Ancora altre sono le proposte di classificare in gruppi i sensi, , ma senza pieno successo. Si ritiene inoltre che la lista dei “sensi inconsci” debba con le ricerche future allungarsi . I recettori sensoriali non solo sono specifici per lo stimolo chimico-fisico che deve essere rilevata ma hanno anche un comportamento d’azione diverso. Se ad un recettore viene applicato uno stimolo prolungato di intensità costante, la frequenza degli impulsi nella fibra nervosa afferente diminuisce progressivamente. Questo fenomeno si chiama adattamento o desensiblizzazione. I recettori per il tatto si adattano rapidamente e sono pertanto chiamati fasici, mentre altri quali quelli del dolore, del freddo, della distensione polmonare ed altri si 13 adattano lentamente e in modo non completo e per questo sono chiamati tonici. Questi diversi comportamenti alla stimolazione prolungata hanno certamente spiegazione su base anatomo-fisiologica, ma non vi è dubbio che ad esempio sensazioni dolorose perderebbero parte del loro valore di segnali di allarme se i recettori mostrassero un rapido adattamento. Un’altra caratteristica che accomuna gli organi di senso è la legge della proiezione: qualunque sia il punto che viene stimolato lungo una via sensitiva nel suo percorso verso la corteccia cerebrale, a sensazione cosciente prodotta viene sempre riferita alla sede del recettore. E’ cosa nota che gli amputati ad un arto sentano spesso dolori intensi o sensazioni propriocettive nell’arto mancante (“arto fantasma”). Analizzando rapidamente alcune caratteristiche degli organi di senso. TATTO La distribuzione dei recettori del tatto non sono distribuiti in modo uniforme nelle cute. Sono molto numerosi nella cute delle dita e delle labbra e relativamente rari in quella del tronco. Ciò comporterà una diversa capacità di discriminazione a seconda della sede interessata. Pertanto la rappresentazione a livello della corteccia cerebrale sarà in relazione alla diversa concentrazione di fibre afferenti dalle varie parti del corpo determinando il cosiddetto”homunculus” sensoriale (v. Fig) 14 PROPRIOCEZIONE Gli impulsi propriocettivi provenienti da recettori situati nelle articolazioni o vicino ad esse vengono condotte in gran parte al cervelletto ed in parte alla corteccia cerebrale dando coscienza della posizione delle varie parti del corpo nello spazio. Altri recettori simili, che inviano stimoli a livello corticale dove si integrano con quelli di altra provenienza, sono ubicati nei legamenti, nei fusi neuromuscolari, nella cute. TEMPERATURA Vi sono due organi di senso per la temperatura: quelli che rispondono massivamente a temperature poco superiori a quella corporea (caldo) e quelli che rispondono massivamente a temperature poco inferiori (freddo). I recettori sensibili al freddo sono 4-10 volte più numerosi rispetto a quelli sensibili al caldo. I recettori per il freddo rispondono da 10 a 38 °C, quelli per il caldo da 30 a 45°C. Il fenomeno dell’adattamento si manifesta tra 20 e 40°C. Al di sopra di 45°C comincia il danno tessutale la sensazione diventa dolorosa. DOLORE I recettori del dolore sono terminazioni nervose nude presenti in quasi tutti i tessuti corporei. Gli impulsi sono condotti al SNC da due sistemi di fibre: tipo A∂ composta da fibre mielinche e tipo C composta da fibre 15 amielinche. L’esistenza di 2 vie per il dolore, una lenta e l’altra a conduzione rapida, spiega l’osservazione fisiologica che vi sono due tipi di dolore. Uno stimolo dolorifico provoca una sensazione “acuta” netta e ben localizzata, seguita da una sensazione “sorda” intensa più diffusa e spiacevole. Queste due sensazioni dolorose sono chiamate in modo vario: dolore rapido e dolore tardivo. Vi sono molte prove che la percezione di stimoli sensoriali può verificarsi anche in assenza di corteccia cerebrale, e ciò è particolarmente vero per il dolore. Il dolore è unico fra le sensazioni, in quanto possiede una intrinseca componente emotiva sgradevole. Contrariamente al dolore superficiale il dolore profondo è poco localizzato, provoca nausea, ed è spesso associato a sudorazione e variazioni della pressione arteriosa. PRURITO E SOLLETICO Una stimolazione molto lieve, specialmente se prodotta da qualcosa che si muova sulla pelle, produce prurito e solletico. E’ interessante notare come la sensazione si solletico sia piacevole, mentre il prurito è per lo più sgradevole. Il grattamento allevia il prurito perché attiva le grosse fibre afferenti a conduzione rapida che controllano la trasmissione nelle corna posteriore del midollo spinale.. Il prurito si manifesta soltanto sulla cute, negli occhi ed il alcune mucose; mai nei 16 tessuti profondi o nei visceri. VISTA L’occhio è un complesso organo di senso costituito da uno strato di recettori ed u sistema di lenti che mette a fuoco la luce sui recettori, ed un sistema di neuroni che conduce gli impulsi dai recettori al cervello. Gli occhi convertono l’energia elettromagnetica dello spettro del visibile in potenziali d’azione nel nervo ottico. La parte visibile dello spettro è compresa fra le lunghezze d’onda (_) di 397 e 723 nm. Le immagini degli oggetti del mondo esterno vengono messe a fuoco sulla retina La retina è organizzata dai recettori visivi, coni e bastoncelli, e da quattro tipi di neuroni. I raggi luminosi colpendo la retina, generano potenziali d’azione nei coni e bastoncelli. Gli impulsi prodotti sulla retina sono trasmessi alla corteccia cerebrale dove producono la sensazione della visione In ciascun occhio umano vi sono circa 6 milioni di con e 120 milioni di bastoncelli, mentre le fibre del nervo ottico che conducono gli impulsi visivi alla corteccia cerebrale sono circa 1,2 milioni. Ne risulta la convergenza dei recettori visivi sulle cellule gangliari e di circa 100:1. Tuttavia è da notare che a livello corticale il numero di neuroni interessati alla visione e 1000 volte quello delle fibre che compongono i nervi ottici. Le variazioni di potenziale d’azione nella retina sono generate dall’azione della luce su composti fotosensibili presenti nei coni e nei 17 bastoncelli. Questi composti fotosensibili presenti nell’occhio umano e della maggior parte dei mammiferi, sono formati da una proteina, detta opsina, e da l’aldeide della vitamina a, detta retinene 1 Il pigmento fotosensibile presente nei bastoncelli presenta una sensibilità massima alla luce di λ 505 nm. I bastoncelli grazie alla reazione dei composti fotosensibili in essi contenuti determinano una rapida amplificazione del segnale luminoso tanto da produrre una risposta percettibile ad una quantità di luce stimolante bassa quanto quella di un fotone. Nei primati esistono 3 differenti tipi di coni. Questi recettori permettono la visione dei colori e rispondono massivamente a luce di λ di 440, 535 e 565 nm corrispondente alla λ dei 3 colori primari Acuità visiva: è il grado fino al quale i dettagli possono essere percepiti, cioè la minima distanza da cui 2 linee possono essere separate ed essere percepite come tali. L’acuità visiva è un fenomeno complesso, al quale concorrono diversi fattori, fra i quali lo stato dei meccanismi di formazione dell’immagine, lo stato funzionale della retina e in modo particolare dei coni, il grado di illuminazione e di luminosità, il contrasto tra stimolo e sfondo e la durata di esposizione dello stimolo. Frequenza critica di fusione: è la capacità di risoluzione temporale dell’occhio, cioè la frequenza alla quale gli stimoli possono 18 essere presentati ed essere percepiti come stimoli distinti. Gli stimoli presentati ad una frequenza più alta di quella critica vengono percepiti come stimolo continuo. Le immagini video appaiono come movimento perché i fotogrammi vengono presentati con una frequenza superiore a quella critica. Visione binoculare: il campo visivo di ogni singolo occhio è la porzione di mondo esterno visibile: teoricamente esso dovrebbe essere circolare, ma in realtà è limitato medialmente dal naso e superiormente dal tetto dell’orbita oculare. Le parti centrali dei campi visivi dei due occhi coincidono; pertanto tutto ciò che si trova in questa parte del campo visivo viene visto con visione binoculare. Gli impulsi generati dalle due retine dai raggi luminosi provenienti dall’oggetto vengono fusi a livello corticale in una immagine singola. Alla visione binoculare viene spesso assegnato un importante ruolo nella percezione della profondità. In realtà tale percezione è per gran parte monoculare, dipendendo dalle dimensioni relative degli oggetti, dalle loro ombre e, nel caso di oggetti in movimento, dai loro movimenti relativi gli uni rispetto gli altri (parallasse di movimento). Tuttavia, la visione binoculare esalta l’apprezzamento della profondità e delle proporzioni. UDITO Organo di senso deputato comunicazione verbo-acustica. alla 19 La condizione per la quale possiamo acquisire il linguaggio è l’integrità del sistema acustico. L’organo di senso dell’udito è contenuto nell’orecchio interno all’interno di una struttura ossea a forma di chiocciola di 2 giri e ¾ della lunghezza di circa 35mm. All’interno di questa struttura, avvolto da un liquido chiamato perilinfa, si trova il labirinto membranoso ripieno al suo interno di un liquido chiamato endolinfa. Non vi è alcuna comunicazione tra peri- ed endolinfa. Le cellule sensoriali uditive sono cellule ciliate contenute nella parte di labirinto membranoso della chiocciola chiamato organo del Corti. All’interno di questore cellule ciliate neurosensoriali sono disposte in 3 file di cellule ciliate esterne e 1 fila di cellule ciliate interne. Le prime sono circa 20 mila, mentre le seconde circa 3500. Le cellule ciliate interne sono in collegamento col 90-95 % dei neuroni afferenti al SNC mentre le cellule ciliege esterne sono collegate con la maggio parte dei neuroni efferenti dal SN. Il movimento delle cilia delle cellule uditive determina il generasi del potenziale d’azione che conduce lo stimolo alle vie uditive centrali fino alla corteccia uditiva. Il suono è la sensazione prodotta dall’azione, sulla membrana timpanica, delle vibrazioni delle molecole del mezzo che costituisce l’ambiente esterno, cioè delle fasi alterne di condensazione e rarefazione delle molecole. Queste onde viaggiano nell’aria 20 alla temperatura di 20°C e al livello del mare alla velocità di circa 344m/s; la loro velocità aumenta con la temperatura e l’altitudine. L’intensità di un suono è correlata all’ampiezza dell’onda sonora, mentre l’altezza o tono (tonalità) con la loro frequenza. Maggiore è l’ampiezza dell’onda sonora tanto più intenso è il suono; tanto maggiore e la frequenza tanto più alto è il suono. Onde sonore , anche se di forma complessa, che si ripetono regolarmente sono percepite come suoni, mentre vibrazioni aperiodiche non ripetitive sono percepite come rumori. La maggior parte dei suoni musicali sono costituiti da onde con una frequenza primaria che determina l’altezza del suono (fondamentale) e da un certo numero di vibrazioni armoniche (sovratoni) che conferiscono al suon il suo caratteristico timbro. Per essere uditi, i segnali acustici devono giungere all’orecchio con un intensità sufficiente. Il livello di intensità minima al quale è possibile percepire il suono, o soglia uditiva assoluta, è stato stabilito su base statistica su indagini effettuate su gruppi di individui giovani senza precedenti patologici a carico dell’orecchio. Con tali criteri si è stabilito di adottare come zero di riferimento i livelli di pressione sonora di 0,0002 dine/cm² corrispondente ad una potenza di 10ˉ¹² Watt. L’orecchio umano è in grado di udire suoni compresi in una grande estensione di 21 intensità. Fra l’intensità minima alla quale è possibile percepire un suono (soglia di udibilità) e l’intensità massima alla quale è possibile percepire lo stesso suono (soglia del dolore), c’è un rapporto di /10¹². Volendo fare una rappresentazione grafica di questa differenza avremmo da un lato un tratto di 1mm e dall’altro uno di 1.000.000 di Km. Se l’intensità sonora venisse indicata direttamente espressa con la sua intensità fisica dovremmo usare quindi numeri con molte cifre e questo sarebbe poco pratico: si è proposto allora di indicare l’intensità con un’espressione esponenziale di base 10 ed adottare l’esponente come unità di misura. Questa unità è indicata come BEL. Essendo poi questa unità troppo grande per gli usi pratici, per misurare l’intensità sonora, si è deciso di adottare la decima parte del Bel che è stata chiamata decibel indicata col simbolo dB. Le frequenze udibile dall’orecchio umano normale si estendono da un minimo di 20 ad un massimo di 20.000 cicli/secondo o Hertz (Hz). Al di sotto di tale soglia si passa nel campo degli infrasuoni sensibili al tatto ed al di sopra negli ultrasuoni. La soglia dell’orecchio umano varia a seconda della tonalità del suono: la massima sensibilità si trova tra i 500 e i 4000 Kz. L’orecchio umano ha un ottimo potere discriminativo per la differenza di frequenza, potere che è dell’ordine del 3‰ per le frequenze intorno a 1000Hz ad un livello di 40 22 dB sopra la soglia: è possibile cioè distinguere un tono di 1000 Hz da uno di 1003 o da uno di 997 Hz. Questo potere discriminativi è meno buono per i toni acuti e ancor meno per quelli gravi. Un orecchio normale, a livelli di intensità superiori ai 20 dB sopra soglia, il potere discriminativi per differenze di intensità è di circa 0,5 dB. La sensazione soggettiva di frequenza subisce una distorsione in rapporto con l’intensità: questa distorsione fa sì che i toni acuti sembrino più acuti e quelli gravi più gravi se l’intensità è elevata: la distorsione è minima per frequenze situate intorno ai 1000 Hz. L’adattamento , tipico per tutti i sistemi sensoriali, non fa eccezione per l’udito. Questo fenomeno interessa solo l’orecchio stimolato e deve essere considerato quindi un fenomeno periferico che interessa il recettore sensoriale. L’adattamento si osserva dopo esposizione per stimoli sonori di bassa intensità e breve durata ed il ritorno ai valori normali di soglia e quasi immediato (entro 0,4sec). La fatica uditiva si osserva invece dopo esposizione a suoni di elevata intensità e lunga durata e persiste dopo la cessazione dello stimolo. Tale innalzamento transitorio della soglia vale per entrambi gli orecchi e pertanto deve considerarsi un fenomeno centrale. Localizzazione della sorgente sonora: anche con un solo orecchio è possibile individuare in modo approssimativo la direzione da cui proviene un suono. La 23 localizzazione della sorgente sonora è però principalmente legata all’ascolto binaurale e si basa sulla differenza tra i segnali che giungono ai due orecchi. Se la sorgente sonora è situata esattamente di fronte a chi ascolta i segnali giungono contemporaneamente ai due orecchi, alla stessa intensità e nella stessa fase. Se la sorgente sonora invece è localizzata lateralmente, tra i due segnali che giungono ai due orecchi esisterà una differenza di tempo, di intensità e di fase. L’orecchio umano è sensibile alla fase solo per i suoni gravi inferiori ai 1000 Hz, mentre i suoni acuti sono localizzati in base alla differenza di tempo e di intensità, perché è proprio per i suoni acuti che è più evidente ‘effetto schermo della testa, effetto questo trascurabile per i suoni gravi. OLFATTO L’olfatto e’ l’organo di senso che assieme all’udito ha consentito lo sviluppo dei mammiferi. I recettori olfattivi sono localizzati in una zona specializzata della mucosa nasale, detta membrana olfattoria, posta sul tetto delle fosse nasali. L’area olfattoria, che nell’uomo occupa appena circa 5 cm², contiene cellule di sostegno e cellule progenitrici dei recettori olfattivi e frammiste a queste 10-20 milioni di cellule recettrici. E cellule recettrici in realtà sono dei neuroni per cui si può dire che la membrana olfattoria costituisce il luogo dove il sistema nervoso è più vicino al mondo esterno. I neuroni olfattivi hanno un emivita di poche settimane e sono pertanto sostituiti continuamente dalle cellule progenitrici. La membrana olfattoria è costantemente ricoperta da muco prodotto da ghiandole dette di Bowman localizzate nella sottomucosa. I recettori olfattivi rispondono solo a sostanze che giungono a contatto e che sono disciolte nel sottile strato di muco che ricopre la membrana olfattoria. La discriminazione olfattiva qualitativa è notevole: l’uomo può distinguere più di 10.000 odori differenti. La sua capacità di discriminare differenti intensità di odore è invece scarsa: per poter cogliere una diversa intensità dello stesso odore la concentrazione con cui ‘area olfattoria deve venire a contatto deve essere variata di circa un 30%. La soglia olfattiva è invece estremamente bassa: pochi picogrammi di sostanza odorosa per litro d’aria sono sufficienti alla stimolazione dei recettori. Questa soglia varia a seconda delle sostanze odorose inalate. Alla formazione dei recettori olfattori contribuiscono circa l’1% del menoma umano. Ciò spiega l’ampia capacità di riconoscere odori diversi (più di 10.000). Si può affermare che i recettori olfattori costituiscono la più grande famiglia dei recettori sensoriali, nonostante la semplicità di struttura e funzionamento dell’olfatto. Le sostanze odorose veicolate dall’aria inspirata attraverso il naso devono essere idrosolubili per attraversare lo strato di muco idrofilo e arrivare a contatto con i recettori AMARO ACIDO ACIDO SALATO SALATO DOLCE 24 25 olfattivi. Le sostanze odorose lipofile possono tuttavia superare la barriera del muco perché il muco olfattivo contiene proteine leganti tali sostanze odorose (“odorant-binding protein”) che concentrerebbero le sostanze odorose e le veicolerebbero ai recettori. In molti mammiferi è presente una seconda area olfattoria lungo il setto nasale: l’organo olfattorio vomeronasale. Questa struttura è implicata nella percezione degli odori che funzionano come ferormoni e le cui afferenze hanno effetti importanti sul comportamento sessuale e riproduttivo. Nell’uomo questo organo è poco rappresentato. Si ritiene che l’olfatto sia più acuto nelle donne che nell’uomo e, nelle donne, soprattutto al momento dell’ovulazione. L’adattamento ad una sostanza odorosa è piuttosto rapido. E’ nozione comune che se si resta esposti in continuazione ad un determinato odore, anche se molto sgradevole, la sua percezione diminuisce e alla fine cessa.. Questo adattamento è specifici per quel determinato odore; infatti la soglia per gli altri odori rimane invariata. GUSTO L’uomo distingue 4 sapori fondamentali: dolce, acido, amaro e salato. Il gusto amaro è sentito sulla parte posteriore della lingua, quello acido lungo i bordi, quello dolce sulla punta e il salato sul dorso della parte anteriore. L’acido e l’amaro sono sentiti anche sul palato, mentre molto meno il dolce e l’acido. 26 Tutti 4 i gusti in misura minore sono sentiti nel faringe e nell’epiglottide. I recettori gustativi sono contenuti nelle gemme gustative. Queste ultime costituiscono gli organi sensoriali del gusto. Sono corpi o ovoidali di circa 50-70μm. Ciascuna gemma è costituita da 4 tipi di cellule: cellule basali, cellule di sostegno tipo 1 e tipo 2 e i recettori gustativi, che fanno sinapsi con le fibre nervose sensoriali. Le cellule recettoriali hanno un’emivita di circa 10 giorni e vengono continuamente sostituite dal proliferare e differenziarsi delle cellule basali. Nell’uomo le gemme gustative sono localizzate sulla mucosa della lingua,palato, faringe ed epiglottide. Quelle della lingua si trovano più numerose sulle pareti delle papille fungiformi e vallate. Le fungiformi sono presenti sulla punta della lingua, le vallate sul limite tra corpo linguale e base lingua. Le gemme gustative sono circa 10.000. La capacità di discriminare differenze di intensità del gusto è relativamente grossolana. La differenza di concentrazione della sostanza stimolante deve essere si almeno il 30% per cogliere la variazione nell’intensità del gusto. Le cellule recettoriali per il gusto sono chemorecettori che rispondono alle sostanze disciolte nei liquidi orali che li bagnano. La infinità varietà di aromi che possiamo apprezzare negli alimenti e data dalla combinazione dei quattro gusti fondamentali con gli odori che il cibo emana. Alla piacevolezza del cibo concorrono inoltre la 27 consistenza, la temperatura e l’aspetto dello stesso. CONCLUSIONI In tutte le percezioni esistono tre parametri (detti anche parametri universali percettivi) che sono: • la coordinazione senso-motoria: è una abilità a precoce maturazione dello sviluppo cognitivo per la quale ad ogni stimoloinformazione segue un movimento; • la separazione figura-sfondo: si tratta probabilmente della vera base di ogni percezione e cioè la facoltà di astrarre da una miscela di informazioni la più utile momento per momento; • la costanza della forma: è la capacità di riconoscere per le sue caratteristiche una unità. Gli organi di senso ci mettono in relazione con il mondo che ci circonda. Attraverso di essi prendiamo coscienza di noi stessi e dell’altro da noi. Gli organi di senso costituiscono il sistema di input del ciclo comunicativo. L’analisi e l’elaborazione di questi input da parte del sistema nervoso centrale consente poi di attivare e completare il ciclo comunicativo attraverso meccanismi di output che rinviano il messaggio all’interlocutore. Nella fase di maturazione delle capacità gnosico-percettice non vi è dubbio che relazioni mnemoniche possono svilupparsi. Un evento angosciante o felice possono essere associati ad un rumore o suono 28 particolare così come ad una immagine o ad un profumo etc. E’ ipotizzabile che quando siamo stimolati da una immagine, o suono o profumo esso possa evocare quanto mnemonizzato come associato. 29 Epoca ipervisiva Maria Luisa Trevisan Poco oltre, lungo il vialetto alberato vi sono ancora stese le magliette nere con la scritta CAOS-SINESTETICO, lasciate dal Gruppo Sinestetico all’inizio della performance effettuata da Matteo Albertin, Massimo Perseghin, Antonio Sassu, con la partecipazione di Thakeshi Shimizu, il giorno dell’inaugurazione. L’azione che ha avuto inizio con l’allestimento di uno stendibiancheria, su cui i sinesteti hanno steso le magliette che indossavano, ha portato ogni sinesteta a sdraiarsi a terra affinché a turno gli altri potessero tracciare il contorno della sua silhouette, che è stata poi riempita di cibo in modo che gli stessi sinesteti ed i presenti potessero simbolicamente nutrirsi della loro arte, attraverso quel cibo. Con i loro interventi l’informale collettivo sinestetico si propone di promuovere un’arte viva, una anti-arte in modo che tutti possano farla propria. Incrociando i linguaggi appartenenti al cinema, alla fotografia, al teatro e alla musica, i sinesteti operano con il fine di sincronizzare, mediante l’opera d’arte totale, tra loro i cinque sensi. La performance realizzata al Lazzaretto metteva in luce gli istinti “più bassi”, primordiali dell’essere umano, nel tentativo di mostrare quanto l’uomo contemporaneo, civilizzato, tecnologico, digitale, si senta estraneo e lontano da ciò, in quanto più abituato a vedere che a toccare ed annusare, a indicare che ad usare il corpo. 30 L’epoca in cui viviamo è un’opera ipervisiva, digitale, che ci ha amputato le gambe, i piedi, le mani, ci ha tolto l’olfatto, il gusto, tanto che questi nostri sensi, un tempo fondamentali per la sopravvivenza, si sono ora indeboliti, si sono quasi atrofizzati e noi ci siamo impoveriti. 31 il Profumo di Cecilia Vasoin “Il Profumo” Autore Patrick Sùskind Questo libro tratta una fabbrica di profumi, un mondo al quale siamo tutti legati chi più chi meno. Il profumo “Amore e Psiche”, risulta essere l’ultimo lanciato sul mercato. Gli odori pacati accarezzano il naso. Non sempre la violetta profuma a causa del marcire della sua radice, ma subito è sostituita da una viola nuova e profumata. Il profumo più buono è quello dei fiori. ed eccoci giunti al punto fatal: meglio gli odori genuini delle cose, o i profumi spesso usati per togliere all’aria l’odore di chiuso ? Allora è meglio “cambiare aria” liberamente. talvolta si usano i deodoranti anti odori ma è un bene oppure una cosa in più? Non è che con l’aria tutto se ne và? Meglio è dosare il profumo leggermente e farsi la doccia più spesso! Prendiamo in esame i cosidetti maleodori che tanti non riescono a sopportare... L’odore di vino addosso, non è nè meglio nè peggio di quello delle sigarette e allora che fare? In Aprile macerano le ginestre e i fiori d’arancio. In maggio un mare di rose profumano i dintorni. Scoppia un’orgia infernale tra colori vivaci e molteplici profumi. 32 33 Io venni in loco d’ogni luce muto Alessandra Pucci Nello zanichelli, alla voce sinestesia, si cita Dante: “io venni in loco d’ogni luce muto”. C’è quanto basta per aprire la porta segreta dell’immaginazione su spazi mentali sconfinati. Azzurro del mare, odore di salsedine, battito di remi, del cuore di orologi che scandiscono le ore dai campanili delle città turrite. Ma ancora voli che rimandano a partiture musicali, a odori di muffa negli androni di palazzi antichi, di gatti innamorati, o fughe di scolari per stradine bianche. E ancora, parole disegnate, assemblaggi profumati, oggetti d’affezione, strumenti abbandonati, tutto un misterioso coacervo di forme, suoni e corpi che hanno costituito la Manifestazione in nuce di quel fare arte che è diventato il Gruppo Sinestetico. Ora, guardando le foto, i video delle vostre perfomance, si è partecipi della rappresentazione sintetica e simultanea di stati d’animo complessi, contraddittori che s’incontrano in memorabile sinestesia. Sinestesia è un rafforzare il ricordo “Amarcord”, l’immagine, la sensazione che non appaiono più staccati dagli eventi, ma si moltiplicano in un rutilante specchiarsi della memoria in stupita appropriazione dei cinque sensi. Odore e colore dell’Antro misterioso, ovvero il tuo vecchio laboratorio, che è stato il luogo ideale per accedere alla sinestesia come esperienza collettiva. “Dormirci su”, titolava un manifesto appeso alla parete, segnale ironico di una delle tue performance con Albertin e Perseghin, compagni inseparabili di questa eccitante avventura. 34 35 Ogni cosa restava impigliata nella rete del suo sguardo, dei sensi Marco Mancassola “...Le strade. La gente sui marciapiedi. I flussi di luce e caldo dalle porte dei locali. La consistenza quasi sgranata dell’aria, le sue striature notturne: bluastre, giallastre, rossastre. Dave notava tutto. Ogni cosa restava impigliata nella rete del suo sguardo, dei sensi, sebbene quella rete fosse tesa per un solo oggetto. Per una sola, precisa persona: la ragazza che gli camminava accanto. Dave non smetteva di lanciarle occhiate. Quel viso che prima era sembrato imprendibile, ora acquisiva una forma (zigomi, piccolo naso, capelli tirati dietro le orecchie, sopracciglia così chiare da confondersi con la pelle). La fissò e fissò (se avesse smesso, chissà, avrebbe rischiato di perdere la mappa di quei tratti, la loro composizione), e quando lei rallentò, Dave sperò che si stesse fermando per questo: per permettergli di guardarla con calma, di fermare quella faccia per sempre. Camminarono ancora. Mentre le mani si sfioravano. Tra i vicoli, le strade, i marciapiedi umidi, il viavai della folla (ora oziosa, ora frenetica), e quella tensione che si accumulava nelle gambe, come seguendo un binario elettrico. Adesso Dave sentiva che non andavano a caso. Non esistono cammini casuali. Solo tragitti più o meno sprecati, l’urgenza delle ricerche, giri concentrici come in una roulette, il corpo dell’uno che cade nel mondo dell’altro. Avevano già fatto tante deviazioni. Anna si fermò sotto una pensilina. Di qui, disse, passa l’autobus per casa mia...” Dove andiamo?, chiese Anna, accennando alla strada un po’ smorta che stavano attraversando. Dave non sapeva. In fondo era una passeggiata, esplorazione senza meta, movimento fine a se stesso. Anna sembrò attendere, seria, come chi conosce la risposta di un quiz, ma vuole dare una chance all’avversario. Infine si mosse, prendendo una via verso una zona più interessante. Viveva a Londra da pochi anni, ma sembrava orientarsi meglio di lui, che ci era nato. Sei una che sa sempre dove andare, scherzò Dave, e lei fece un sorriso vago, le fossette ai lati della bocca, di colpo, simili a rughe di stanchezza. 36 37 Vedere un’emozione Anna Boschi Vedere un’emozione Sentire un gesto Gustare un cuore Tastare l’aria Annusare il silenzio Questa è la poetica a cui si ispira il Gruppo Sinestetico nelle proprie performances. Appunto da SINESTESIA, che è fondere le percezioni in un unico corpo, è associare differenti sfere sensoriali per dare vita ad una comunicazione artistica che si avvale di un dialogo espresso attraverso gesti e significati comprendenti tutti i nostri cinque sensi. che non è un’altra, ma sè stessa...”Ecco allora che ad una immagine visiva si unisce una straordinaria visione sensoriale intima e profonda che penetra nella sfera dei sentimenti e delle emozioni, Le azioni proposte dal Gruppo Sinestetico sono “scritture dell’anima” impresse sul “foglio” della Terra, sono “gesti Sinestetici” che “parlano” di turbamenti del quotidiano vivere e di impegno sociale. A tutto questo si aggiunge l’atmosfera di un particolare intuito, la magia del ”sesto senso” e l’Arte si rivela come segno di vita e di coscienza di sé. Arte - messaggio. Arte - poesia. Arte - ricerca. Arte - coscienza. Arte - vita. Vi è in questo un chiaro riferimento alla metafora utilizzata dai poeti Simbolisti. Dice Montale nella bellissima poesia dedicata alla propria madre :“... La strada sgombra non è una via, ma solo due mani, un volto, quelle mani, quel volto, il gesto di una vita 38 39 UNA NUOVA DISCIPLINA SINONIMO DI PIACERE ED ESIBIZIONE GIOIOSA DEL LINGUAGGIO Filly Cusenza La storia dell’arte ci insegna che in ogni epoca si è andato gradualmente sviluppando una elaborazione dei dati precedenti già ben codificati. Si è infatti dimostrato che tanto più incisiva è la coscienza storica di una determinata società, e tanto più il rapporto con l’arte si è dimostrato flessibile e disinibito. Premesso ciò l’artista contemporaneo è autorizzato a fare largo uso della ricchezza universalmente riconosciuta di tutto ciò che viene a costituire il cosiddetto patrimonio formale appartenuto a tutte le epoche. Una volta abbandonata totalmente la concezione tradizionale, che in passato era sostenuta dalle classi dirigenti, essendo portatrice intrinseca di valore rappresentativo, raggiunge oggi livelli di qualità espressiva scevra da ogni cognizione puramente formale e visiva canonica. In questa “Nuova Arte” è il piacere, l’esibizione giocosa del linguaggio, che codifica la pregnanza di una forma o di un fatto che accade, infrangendo del tutto un sistema di regole ormai obsoleto, attendendo con forza una soluzione carica di senso e di eventi. La fase progettuale dell’evento SINESTETA, si pone come una esplorazione infinita, che solo casualmente precipita e si ancora con il rapporto di una occasione, trascendendo per ricostruire la propria sfera di elaborazione, così come i gesti e il suono si moltiplicano estendendosi oltre il mondo delle cose tacite e pronunciate. Il “gruppo SINESTETICO”, costituitosi a Padova il 18 febbraio 1999 è composto da Matteo Albertin, Antonio Sassu e Massimo 40 Perseghin, nasce sulla base di un evoluzione di Pensiero Sinestetico sviluppatosi nella storia; cioè dalla ricerca Utopica di un unico lavoro d’Arte Totale, creata da un interscambio di linguaggi espressivi… “propone di continuare la demolizione del muro che divide la vita con l’arte, proponendo azioni artistiche che sono comuni al vivere quotidiano, d’ispirazione Fluxus e ponendo particolare attenzione alla stimolazione sensoriale”. “Riteniamo il Pensiero dell’Arte più durevole dell’oggetto artistico appeso alla parete o conservato nel nome del mercato. È per questo dunque che l’azione artistica (performance), proprio perché effimera, rappresenta il punto più vicino al nostro pensiero e sintetizza la nostra poetica nel nostro vivere quotidiano” come commentano Gianluca Ruggerini e Gioacchino Toni. 41 Circolazione a più sensi Quando l’arte vive la dimesione pluri-percettiva e pluri-esperienziale Gianluca Ruggerini e Gioacchino Toni La performance del “Gruppo Sinestetico” ci porta, in questa sede, a sviluppare alcune riflessioni sul manifesto programmatico ad essa sotteso. Come spesso capita muovendosi nell’ambito di una contemporaneità che almeno artisticamente parlando - non rinnega il proprio debito con la storia, anche nel caso del particolare rapporto tra ideazione, esecuzione e ricezione dell’opera (artista / corpo dell’opera / pubblico) suggerito dall’interpretazione “sinestetica” dell’Arte, è compito del critico individuare ricorsi sincronici (intra-culturali ed intra-epocali) e diacronici (trans-culturali e trans-epocali) che aiutino ad inquadrare e metabolizzare l’evento al di là della sua immediatezza. E’ lecito chiedersi, in sostanza, come nascano storicamente tanto l’idea di “estetica sin-estetica” quanto il concetto di “arte totale” a cui essa, oggi come ieri, consequenzialmente rimanda. Occorrerà quindi rapportare la riflessione al panorama delle poetiche contemporanee. L’Estetica barocca tra tensioni sinestetiche e aneliti di totalità Per inquadrare il discorso bisogna anzitutto risalire a quell’elaborazione ontologicoculturale che ha visto nell’Estetica barocca (e in particolare nell’interazione tra scultura, pittura, architettura, teatro e letteratura) l’espressione più compiuta dell’idea moderna di totalità dell’arte. Se il Classicismo - nelle sue varie ricorrenze storiche - pone a fondamento della teoria architettonica la concezione matematica dell’infinito quale 42 spazio razionalizzabile, rappresentabile realisticamente tramite l’uso referenziale della prospettiva e l’antropocentrica fede nella corrispondenza di micro e macro cosmo, il Barocco apre ad un infinito immaginativo, irrazionalizzabile ed ancorato nella sua percezione ad una dimensione emozionale, ad una sensazione indotta (di qui l’uso illusionistico della prospettiva). Si instaura così un interessante parallelo fra il virtuosismo della letteratura concettista ed il nuovo linguaggio dell’architettura: mentre il linguaggio scientifico rivendica la chiarezza del rapporto denotativo nome-cosa, la specificità del linguaggio artistico viene identificata dai concettisti e dagli architetti barocchi nel suo carattere connotativo. Siamo di fronte ad un nuovo fondamentale assunto della comunicazione artistica, in grado di ripensare culturalmente l’applicazione dello schema “codificazione/codice/decodificazione”. E’ questo il punto di partenza per un’indagine estetica pronta a sovvertire anche il tradizionale gioco di ruoli tra artista, opera e spettatore. Non si tratta più - infatti - di un percorso lineare, univoco o biunivoco che definirlo si voglia. Lo spazio dell’opera diventa luogo di una circolarità che fissa nel “processo”, (piuttosto che nel singolo elemento che vi entra in gioco, per quanto finito e completo questo possa essere) la comprensione del “senso” ultimo: l’opera apre ad una lettura pluri-sensoriale (sinestesia), para-sensoriale (metafora) e ultra-sensoriale (simbolo). Il gioco architettonico della diastole 43 e della sistole (dilatazione e contrazione) rimanda ad una concezione tattile, visiva e cinestesica dello spazio, ora amplificata dalla compartecipazione plastica della scultura (determinante nella definizione della scena), ora eccitata dallo sconfinamento pittorico del dipinto e dell’affresco (che dilatano illusoriamente i limiti della scena stessa). Il riguardante è chiamato a partecipare in prima persona alla “rappresentazione”, come attore prima ancora che come spettatore: la dimensione teatrale dell’opera si anima, sin dall’ideazione, degli stati d’animo (stupore, meraviglia) del pubblico, già pensati (previsti!) quale imprescindibile cassa di risonanza per una tensione collettiva volta ad maiorem Dei gloria. L’esemplificazione più significativa di questo anelito di totalità ci viene fornita dall’ “Estasi di Santa Teresa” del Bernini (non a caso architetto e scultore!): i committenti/ spettatori scolpiti nella loggia della Cappella Cornaro entrano fisicamente (e non solo idealmente) nella definizione dello spazio scenico, contribuendo a strutturarne la dimensione emotiva ed evocativa, al di qua di qualsiasi, superflua sottolineatura tematica. L’Arte diventa totale e il linguaggio della totalità vive di empatia, sospeso com’è nell’empireo di una comunicazione pre (o post)-linguistica. Dall’arte totale alla totalità dell’arte Movimenti d’avanguardia di inizio ‘900 hanno, in diversi modi, contribuito non poco alla diffusione di un’arte plurisensoriale 44 coinvolgente sempre più pubblico ed artista; da allora numerosi sono stati i tentativi in questa direzione fin quasi a rendere obsoleta la distinzione tra artista e pubblico in favore di un evento processuale che assegna all’artista un “ruolo detonante”. Gli stessi studiosi d’arte hanno modificato – od avrebbero dovuto farlo – l’approccio all’evento artistico di tale tipo; non più un testo (l’Opera) con un emittente (l’Artista) ed un referente (il pubblico), ma un atto comunicativo sempre più bidirezionale, processuale, coinvolgente. Il termine sinestesia significa proprio “percezione simultanea” (dal greco syn, “insieme” ed aisthánesthai, “percepire”), e sembrerebbe oggi non limitarsi al solo coinvolgimento plurisensoriale, alla comunicazione ed al rimando tra i vari sensi dell’individuo, ma anche ad una tipologia di “percezione comunitaria”, includente artista e pubblico trasformandoli entrambi in attori protagonisti, in opera. D’altra parte, già nel Rinascimento, nel momento in cui l’artista si emancipa dal ruolo di mero artigiano-esecutore, troviamo tracce di questo coinvolgimento dello spettatore all’interno dell’opera d’arte. Si pensi ai primi timidi tentativi dipinti di coinvolgimento attuati attraverso lo sguardo diretto di qualche personaggio verso il pubblico, quasi a segnalare una continuità tra mondo interno all’opera e mondo esterno ad essa, oppure allo spazio simbolicamente lasciato in primo piano allo spettatore al fine di “partecipare”, prenderparte alla vicenda messa in scena, per non 45 parlare poi di altri stratagemmi per inglobare il pubblico all’interno dell’opera. Questo “aprirsi” dell’opera, però, si è dato anche in direzione opposta col “debordare” dell’opera che ha finito, tra l’altro, col liberare materialmente il mondo dipinto dalla gabbia bidimensionale, per estenderlo, appunto, al mondo del fruitore dell’opera. Insomma, le linee di confine tra opera e fruitore si sono fatte sempre più labili, fino al punto in cui l’happening, la performace o la stessa installazione artistica ha finito col con-fondere i due mondi. La stessa distanza fra artista ed opera si è consumata fino alla coincidenza, si pensi a tanta body art, ma anche allo spostamento dell’aura dall’opera all’autore attuata da artisti come Manzoni... Da questo punto di vista, la storia dell’arte moderna sembrerebbe aver attraversato due momenti di cambiamento ben precisi. Un primo momento può essere individuato nella progressiva perdita di senso circa il chiedersi “Il significato” di un’opera; il significato non risulta più rintracciabile “nell’opera“. Quest’ultima diviene una struttura che sollecita, una sorta di detonatore di significazione; a costruire un significato è chi accetta di dialogare con l’opera a partire dalla cultura dell’epoca ed individuale. Il significato sarebbe allora da ricercarsi in un processo di interazione tra l’opera e il “lettore/fruitore”. Dicevamo, però, di un secondo mutamento proprio della modernità; se nel primo caso potevamo parlare dell’aprirsi in ambito polisemico dell’opera d’arte, qui evidenziamo piuttosto un aprirsi del concetto stesso di opera. L’opera 46 non è più facilmente delimitabile. Il confine tra pubblico, artista, opera... appare sempre più labile... ecco allora che vacillano davvero le barriere che avevano “formato” il mondo dell’arte per tanti secoli... E’ all’interno di questa contemporanea fusione tra opera, artista e pubblico che si sono raggiunti forse i segni della totalità dell’arte; “dall’arte totale alla totalità dell’arte”, dicevamo nel titolo, non a caso. Ed è qui che la sinestesia, la “percezione simultanea” sembrerebbe diventare coinvolgimento plurisensoriale, comunità sinestetica. 47 Conversazione tra ag52 e Gruppo Sinestetico (ag52) Esiste una tradizione artistica che, nei secoli, ha consapevolmente tentato il raggiungimento di un’arte totale, implicante un coinvolgimento plurisensoriale. Già l’estetica barocca, per fare un esempio, ha tentato, a suo modo, di raggiungere questa totalità spingendosi verso una marcata “teatralità”, con il passare del tempo, poi, tale ricerca ha finito per spostare il proprio intervento sull’artista stesso e sul suo rapporto diretto col pubblico che diviene sempre più parte integrante dell’opera... Ci sembra che i vostri lavori debbano essere letti proprio valorizzando questa ricerca di interattività plurisensoriale nei confronti del pubblico. Risulterebbe riduttivo leggere le vostre opere come mera “offerta plurisensoriale”; sarebbe, a nostro avviso, più giusto parlare di una tendenza al “coinvolgimento plurisensoriale”; non più “artista” e “pubblico” come due sfere separate, ma una totalità appunto, una “comunità sinestetica”. Dall’idea di “offerta sinestetica” ad una di “comunità sinestetica”. Cosa ne dite? (Gruppo Sinestetico) Il Gruppo Sinestetico si propone di continuare la “demolizione” del muro che divide la vita con l’arte proponendo azioni “artistiche” che sono comuni al vivere quotidiano, d’ispirazione Fluxus e ponendo particolare attenzione alla stimolazione sensoriale (ag52) Ci sembra che il vostro manifesto si ponga in un ottica de-strutturante non solo 48 nei confronti dell’Arte tradizionalmente intesa (e praticata) dal punto di vista dell’autore, ma tanto più nei confronti di una percezione “esterna” della stessa, che - nell’osservatore, nel riguardante, o che dir si voglia - tende a sedimentare congeniti portati d’artisticità (o presunti tali) su materiali e tecniche “nobili”, per così dire. Parliamo ad esempio del marmo e del bronzo in scultura, o dell’olio su tela in pittura, ma potremmo allargare queste considerazioni anche a gestualità “estreme” culturalmente riassorbite e ri-accreditate tra i “cult” epocali (ad esempio i “tagli” di Fontana o il “dripping” di Pollock). Per questa strada, il rischio è quello di un’incongruente processo di “oggettivazione” dell’Arte, tale da fissare nell’immaginario dello spettatore/fruitore l’illusione che la stessa possa ancora vivere (come è successo in passato) di riferimenti e modelli obiettivi. Come vi ponete – una volta evidenziata la scelta di campo “sinestetica” e quindi la necessità programmatica di un’interazione tra i livelli percettivi – nella scelta dei singoli “materiali” per la costituzione del “corpo” (fisico o concettuale) dell’opera? (Gruppo Sinestetico) Riteniamo il Pensiero dell’Arte più durevole dell’oggetto artistico appeso alla parete o conservato nel nome del mercato. E’ per questo dunque che l’azione artistica (performance), proprio perché effimera, rappresenta il punto più vicino al nostro pensiero e sintetizza la nostra poetica nel nostro vivere quotidiano; mantenendo inalterato il concetto di Arte di tutti e per tutti (il 49 gruppo comunica da anni nella rete della MailArt o scambio postale). (ag52) Per quanto “sin-estetico” (e quindi legato ad una matrice pluri-sensoriale) ci sembra di poter dire che il vostro gesto rimandi implicitamente anche ad una dimensione “noetica” (quello che si sa, quello che si conosce anche se non si vede, sente, ecc…) dell’opera, non arrestandosi all’evidenza dei sensi. In quest’ottica il “dietro le quinte” diventa parte integrante e inscindibile della rappresentazione, affrancando – in una logica di processo, di strutturazione in progress – la fase preparatoria dalla subordinazione logico-cronologica all’evidenza finale. Già in passato Cézanne (termine “a quo” dell’arte contemporanea) era arrivato a concretizzare nel “dietro le quinte” della propria rappresentazione un percorso di lettura che ponesse in evidenza – nel caso – le dinamiche percettive (anche se limitatamente alla vista) dello spettatore. Esiste - consustanziale al vostro fare artistico – una riflessione cosciente circa le modalità dell’interazione sensoriale a cui vi riferite? E nel caso, quale rapporto sviluppa tra percezione e conoscenza concettuale? (Gruppo Sinestetico) Il pensiero utopico proposto è quello di avvicinamento, nella stimolazione sensoriale /energetica collettiva, tra artista e “spettatore”, cioè allo sviluppo sensoriale potenziato o meglio restaurato da ambo le parti, in un unico atto artistico. E’ proprio per questo che operiamo con mezzi 50 espressivi diversificati e multidisciplinari che tendono ad una unificazione sensoriale nell’Opera d’Arte Totale, concettualizzata e sentita da molti artisti come un bisogno vitale nella fusione delle “Arti”; come ad es. il temerario “Prometeo” di Sckrjabin, per quando riguarda l’arte visiva e musicale. (ag52) Nella creazione di situazioni sinestetiche, svolge un ruolo importante il luogo, lo spazio in cui si organizza la performance. Le avanguardie storiche hanno contribuito notevolmente all’estensione dei luoghi di intervento artistico. Da questo punto di vista, quali sono le scelte che operate relativamente allo spazio di intervento? (Gruppo Sinestetico) Pensare di continuare a seguire soltanto i percorsi “museali” per vivere e capire il fare artistico, ci angoscia e ci reprime; pensiamo sia importante spostare il punto di “vista” verticale dello spettatore, tipico nella tradizione pittorica e di “conservazione”, in un punto di osservazione sensoriale sinestetico. Crediamo sia necessario porsi in maniera diversa e mai comoda nei confronti delle “convenzioni” artistiche proprio perché il pensiero come tale non è mai un fatto di comodità. 51 Alla ricerca della sinestesia Gruppo Sinestetico l of T R A smel 52 mese il feto può percepire una vasta gamma di suoni, in special modo quelli provenienti dall’organismo della madre. Il tatto: l’esperienza tattile si manifesta intorno alla 7°-8° settimana dal concepimento, a partire dal viso, in particolare dalle labbra. Poi si diffonde al resto dell’epidermide nel giro di altre 10 settimane. La prima esperienza tattile che abbiamo è quindi l’esplorazione, con mani e piedi, della parete uterina. Il gusto: già dalla 12° settimana sono presenti sulla lingua del feto le papille gustative che permettono di distinguere l’amaro dal dolce, il salato dall’acido. Lo sviluppo sensoriale umano è fondamentale per un preciso riconoscimento ambientale e affettivo. Crescendo l’uomo tende a perdere queste capacità sensoriali, soprattutto nella più comoda società contemporanea. Organi di senso non più fondamentali per la sopravvivenza e quindi indeboliti perché poco sfruttati. L’artista Klein affermava: “…Quando ero bambino… Le mie mani e i miei piedi erano inzuppati di colore, poi li applicavo al supporto ed ecco io ero li davanti a tutto ciò che avevo di psicologico in me, avevo la prova di avere cinque sensi, di sapere come fare a farmi funzionare ! (…) Poi ho perduto l’infanzia… come tutti d’altronde (non bisogna th e La sinestesia è anche un ritorno alle potenzialità sensoriali che avevamo alla nascita. La parola presa dal vocabolario ha questo significato: “Sincronismo funzionale di due organi di senso, in rapporto alla stimolazione di uno solo di questi. Si tratta più che altro di un fenomeno patologico osservabile, per esempio, nell’avvelenamento da mescalina: un soggetto mentre percepisce un suono vede contemporaneamente un determinato colore.” Come si formano i 5 sensi e che importanza hanno nella sua crescita? Lo sviluppo sensoriale nel feto avviene molto rapidamente. La vista: il nervo ottico si forma intorno alla 7° settimana e in seguito si sviluppano le cellule della retina. Le palpebre rimangono chiuse fino alla 26° settimana, ma il feto possiede già la vista; se viene puntata una luce intensa e improvvisa sul ventre della mamma, infatti, reagisce girando la testa nella direzione opposta. L’olfatto entra in funzione verso la 9° settimana e si perfeziona alla 15°. All’interno dell’utero il feto comincia a sviluppare una “memoria olfattiva” catalogando gli stimoli che provengono dal cibo e dall’ambiente. L’olfatto è strettamente collegato all’intuizione, all’orientamento nello spazio e al riconoscimento. L’udito: nonostante l’isolamento acustico dovuto al liquido amniotico, già verso il quarto 53 farsi illusioni) e, adolescente, per ripetere quel piccolo gioco, ho in poco tempo incontrato il nulla.” Il Gruppo Sinestetico, nato nell’ambito delle arti visive promuove nel proprio operare una ricerca sensoriale che possa far non solo riscoprire quelle sensazioni perse, ma superare quei limiti che la natura ci ha imposto, nascondendoci possibilità sensoriali non visibili e scientificamente non provate, cioè quelle mistiche legate al 6° senso. L’obiettivo principale del Gruppo Sinestetico è quello di sincronizzare e di stimolare, in maniera particolare, mediante l’opera d’arte, tra loro i 5 sensi e di conseguenza attivare il 6° senso. La nostra contemporaneità ha sfalsato la nostra sensorialità. Siamo in un epoca di ipervisibilità che ci ha reso “ciechi” di fronte alle cose. Ed è proprio da questa disomogeneità che il gruppo trova motivo per una ricerca cosidetta “sinestetica”. Per opera d’arte il Gruppo Sinestetico non identifica più la singola opera come può essere un quadro, un oggetto, ma l’ambiente che si viene a creare nello spazio espositivo, l’atmosfera; completato con l’attento e attivo coinvolgimento del fruitore. Solo con un coinvolgimento passionale verso ciò che si vede, si tocca, si ascolta, si annusa e si gusta, i 5 sensi si sincronizzeranno tra loro permettendo talvolta di percepire situazioni particolari chiamate sinestesie. La vista con la sua percezione immediata, permette una prima selezione. L’olfatto tanto sensibile ai feromoni della pelle, capterà i 54 profumi e gli odori dell’ambiente permettendo un secondo livello di percezione. Il tatto attraverso la pelle, la più grande centralina sensoriale del nostro corpo, stimolerà ulteriormente il nostro cervello visto che in quest’ultimo c’è una parte molto estesa dove confluiscono tutte le informazioni che arrivano alla cute, in particolare quelle delle mani e della bocca (il gusto). Il suono dovrà stimolare l’udito in ugual misura degli altri sensi, quindi dovrà rispettare le regole della non melodia per evitare il facile soccombere degli altri sensi ad esso, visto la forte potenzialità fisico/emotiva della musica. In casi particolari vi potranno essere diffusi suoni melodici per permettere allo spettatore di avere un riposo sensoriale e quindi per ricominciare la fruizione dell’opera. In questo modo è come se tutti i sensi si mettessero a funzionare nello stesso momento innescando quei sincronismi sensoriali chiamati sinestesie: per esempio, si ha la capacità di vedere un suono e di assaporare il gusto di una parola. Quale è il motivo di queste particolari sensazioni? La passione verso qualcuno o qualcosa disinibisce quella parte del cervello che controlla gli istinti. Il Gruppo Sinestetico usa una nuova parola che ne rende eplicita questa ricerca: “Sinestetica” e cioè la ricerca estetica in situzione di sinestesi. 55 Nella misteriosa cucina di un alchimista Albertin Matteo Il sogno-programma di Wassily Kandinsky era la sintesi delle arti, ossia quell’opera d’arte totale di cui Wagner nel secolo precedente aveva ipotizzato e realizzato le linee guida nei suoi Melodrammi. Dopo aver assistito al “Lohengrin” disse che l’opera “aveva impresso un sigillo alla mia intera esistenza, scuotendomi allora nel più profondo”. La concezione wagneriana portava a considerare le varie arti (poesia, pittura, musica) come componenti di un unico mondo espressivo, che nella sinergia delle sue componenti trovava l’efficacia comunicativa. Tutte le correnti di avanguardia del 1900 avevano percorso questa strada, ma Kandinsky andò oltre, vedendo nella musica l’arte-guida con una convinzione in più, cioè che essa è “l’arte che comporta il massimo dell’astrazione”. La reale possibilità di interazione delle arti è oggi dato assodato, grazie anche alla tecnologia che permette ambienti di sintesi, come il cinema e la multimedialità, dove la percezione avviene a livello multisensoriale, ribaltando la normale prassi dei sensi: si ascolta con gli occhi, si guarda con le orecchie. “...Sentivo a volte il chiacchiericcio sommesso dei colori che si mescolavano: era un’esperienza misteriosa; sorpresa nella misteriosa cucina di un alchimista”, Wassily Kandinsky. 56 57 Scrittura Verbo-Visiva e Sinestetica Lamberto Pignotti Da diversi anni mi sto occupando e sto scrivendo in varie sedi di “arte sinestetica”, di “arte plurisensoriale”, di arte insomma che coinvolge, sia nella elaborazione di un messaggio, sia nel momento della ricezione, più organi sensoriali e più strumenti comunicativi. Ciò può avvenire concretamente ed esplicitamente come ad esempio nelle rappresentazioni teatrali, nelle performances o nell’arte multi-mediale in genere, e può avvenire in modo più implicito e simbolico in certe poesie di Baudelaire, in “A rebours” di Huysmans, nei quadri di Arcimboldi… Da più anni ancora sto portando avanti, artisticamente e teoricamente, anche il discorso di una “scrittura-verbo-visiva”, di un genere di arte insomma, che si avvale di due codici simultaneamente: quello della parola e quello dell’immagine. Una delle tecniche predilette della scrittura verbo-visiva e della poesia visiva è per esempio il collage. ebbene il collage ha indubbiamente delle caratteristiche tattili: immagini e parole ritagliate passano per la mano, vengono incollate, e per fissarle al supporto vengono premute con i polpastrelli… Negli anni sessanta ho sperimentato delle poesie visive fatte con i calendarietti profumati che allora regalavano a fine anno i parrucchieri; più tardi ho scritto parole sulle ostie da deglutire, e fatto “chewing poems”, “poesie da masticare”. Nel corso delle mie ricerche artistiche e teoriche mi si è andato accentuando un atteggiamento fortemente critico nei confronti 58 di una estetica che ha come eminente e determinante base il modello linguistico. Infatti la parola è drasticamente riduttiva e delimitativa nei confronti di una lettura delle opere d’arte, lettura che dovrebbe essere fatta con l’aiuto di tutti gli organi sensoriali. Se prendiamo in considerazione la pittura, o la scultura, bisogna riconoscere che non la sentiamo unicamente con gli occhi: la scultura in particolare andrebbe, per esempio, sempre toccata (a prescindere dal “vietato toccare” dei musei). Anche la diversità di un materiale con cui è fatta l’opera (marmo, bronzo, cartapesta, terracotta, legno, gesso, merda…) entra nella considerazione e valutazione di una statua. Certa musica è stata composta per parlare anche agli occhi; non solo “i quadri di una esposizione” di Musorsgkij. La musica “fa vedere” sonate al chiaro di luna, fontane di Roma, temporali, cavalcate, e così via. Certamente poi la poesia, e la letteratura in genere, anche quella più tradizionale, non si rivolge solo all’orecchio. Per di più la poesia è un luogo privilegiato dalla “sinestesia”, che si ignifica appunto “percezione simultanea”, “associazione di sensazioni diverse”. Il “silenzio verde” di Carducci accomuna percezioni sonore e visive. “L’odore della musica” si Shakespeare unisce sensazioni olfattive e sonore. “Il rossonero salmi di cielo e terra” di Montale, fonde percezioni visive gustative… Insomma sarebbe l’ora di finirla con il leggere le opere in modo riduttivamente linguistico. Dovrebbe essere chiaro che la pittura di un Boucher, di un Nattier o di un Fragonard non si rivolge solo all’occhio… E, tanto per rimanere sull’apparentemente ed esclusivamente visivo, è certo che una foto porno non ha il suo terminale nella vista. Tutta quanta la letteratura erotica non è certo stata concepita per carezzare solo l’udito. Vorrei concludere dicendo che un’arte sinestetica, almeno come impostazione, non significa un’altra etichetta di moda, destinata magari a durare una sola stagione. Prendere coscienza che fino ad oggi sia l’arte che l’estetica, hanno quasi totalmente dimenticato organi sensoriali come il tatto, il gusto e l’odorato. Significa aver individuato una sorta di “terra di nessuno”, un “hic sunt leones”, che sarà opportuno e proficuo “in tutti i sensi”, darsi a esplorare. 59 Ai crocevia dei sensi: dall’estetica alla sinestetica. Lamberto Pignotti La ricerca culturale e artistica degli anni novanta sta in vario modo avviandosi verso quei crocevia la cui segnaletica sfugge da indicazioni a senso unico. L’egemonia della programmazione pragmatica ed estetica, attualmente dominata dagli organi sensoriali della vista e dell’udito, è destinata ad essere gradualmente ridimensionata a vantaggio di una maggiore presenza di messaggi riferibili, totalmente o parzialmente, anche ai sensi del tatto, del gusto dell’olfatto. Le comunicazioni verbo-visive e audiovisive già ampiamente operanti ad esempio nell’ambito delle sperimentazioni artistiche e in quello dei mass media, che hanno già reso più dubbia tra l’altro l’identità e la purezza di aree come la “pittura” o la “poesia”, verranno infoltite da altre contaminazioni di tipo intersensoriale. Diventerà abituale ricorrere anche a traduzioni molto speciali da sfere visive e auditive a sfere sensoriali ritenute meno nobili. Non è agevole spiegarsi perché oggi ci si trovi sostanzialmente di fronte a una rilevante sotto-utilizzazione dei sensi del tatto, del gusto e dell’odorato. Di fatto però essi risultano come i meno utilizzabili ai fini della comunicazione, di quella almeno che fa usualmente riferimento a schemi razionali. Su tali schemi sono invece impostati prevalentemente i messaggi verbali generati ed evoluti sulla base di modelli suggeriti dall’orecchio, e in minor grado anche i messaggi visivi autorizzati da modelli riferibili all’occhio. Simili messaggi non si limitano a svolgere solo funzioni di comunicazione, ma sono utilizzati anche per organizzare 60 la coscienza che viene gradualmente costruita del mondo, la cui complessità è scomposta, classificata, ripartita, in base ad esigenze imprescindibili, ma in modi spesso arbitrari, per ottenere dei modelli di realtà approssimativamente attendibili, ma certamente riduttivi. “L’uomo con la sua capacità razionale è in grado unicamente di paragonare e giudicare ciò che ha già percepito”, ha osservato William Blake. Ma sono l’orecchio e l’occhio che paiono ormai prendersi la briga di rilevare quasi ogni sorta di percezione. I modelli riduttivi della realtà contrassegnati dalla supremazia verbale e dall’onnipresenza visiva presentano sempre più il rischio di rendere pressochè superflue e inutilizzabili intere sfere sensoriali. La ripresa in esame, la riconsiderazione più equilibrata e globale della sensorialità è tutt’altro che agevole, dal momento che non esiste un filo conduttore, una continuità di dati e riferimenti che possano conferire alla questione una garantita concretezza. Bisognerà assai avventurosamente attingere a fonti sparse, frammentarie e con scarsa affinità apparente; sarà necessario ricorrere ad accostamenti e confronti fra realtà sociali, culturali, comunicative, estetiche, artistiche, ecc., separate nel tempo e nello spazio; si dovrà procedere a tratteggiare documentazioni di vario tipo e di natura spesso eterogenea. Un’indagine del genere va avviata nei punti in cui si intrecciano discipline, esigenze e competenze diverse: la riflessione filosofica, 61 la ricerca estetica, la produzione artistica, l’analisi dei comportamenti, l’osservazione psico-sociologica, la nozione fisiologica, l’atteggiamento semiotico. Avendo principalmente come scopo quello di precisare e mettere in risalto i sensi effettivamente utilizzati e stimolati da varie arti – da alcuni loro aspetti e momenti presi a campione – questa indagine dovrebbe far riferimento a una conoscenza estetica. Una concezione “estetica” tuttavia inclina per natura e vocazione a considerare le arti e le espressioni che vi fanno capo come identità tendenzialmente assolute, impermeabili, divise fra loro, e le considerazioni che da essa possono prendere avvio sono usualmente orientate – per le più svariate ragioni: sistematiche, di origine pratico, di competenza disciplinare, o semplicemente per pigrizia… ad esaminare i problemi “a senso unico”. Pare al riguardo più opportuno allora far riferimento a una concezione maggiormente disponibile ad affrontare i problemi, concretamente ed emblematicamente, “in tutti i sensi”, privilegiando così una concezione “sinestetica” portata per natura e vocazione a comparare fra loro le singole arti, a riferire le loro espressioni alla totalità dell’esperienza, a fare con ciò particolare attenzione ai comportamenti, ai congegni, ai rituali, ai segni di una società. Ciò che può essere additato come concezione “sinestetica”, la spinta cioè a ricercare comparazioni, corrispondenze, sovrapposizioni e interazioni fra le diverse percezioni sensoriali e fra 62 le multiformi espressioni artistiche, affiora e ricorre variamente, sia nella riflessione teorica che nella pratica artistica, almeno quanto la determinazione, o solo la cautela, nello stabilire in proposito incompatibilità, distinzioni e limiti. Anche senza andare molto indietro nel tempo, l’inclinazione sinestetica, individuabile a partire magari dalle “corrispondenze” baudelairiane, e senza tralasciare l’idea wagneriana dell’opera totale, può essere rintracciata lungo una linea di ricerca di sintesi perseguita nei più svariati modi, nell’alveo delle avanguardie novecentesche. Che l’esperienza estetica non sia sempre e agevolmente confinabile nell’ambito di una determinata arte lo testimoniano le ricerche, quasi sempre contrassegnate dall’interazione fra teoria e pratica artistica, fra idee e realizzazione di un genere di opere, di singoli autori e di interi movimenti, scuole e tendenze. Fra i molti artisti annoverabili in tale prospettiva vengono in mente subito Skrjabin, Appia, Craig, Marinetti, Balla, Bragaglia, Mejercho’d, Kandinski, Klee, Gropius, Piscator, Depero, Schlemmer, Prampolini, Munari, Cage, Manzoni, Beuys… Nella stessa ottica vanno indicati, fra i movimenti e le linee di tendenza, almeno Mir Iskutsvo, il Futurismo, Dada, il Bauhaus, Fluxus, la scrittura verbo-visiva, il comportamentismo e le performances degli ultimi decenni, il versante multimediale che usa con intenti estetici interattivi i nuovi media elettronici. 63 È congenialmente in un processo sinestetico che questa mostra, fin dal titolo, intende inserirsi, almeno emblematicamente, nella consapevolezza che tale processo ha davanti a sé una immensa ma quasi del tutto inesplorata “terra di nessuno” in quella parte del mondo denominata “Arte”. Sinestesia e messaggi artistici Appare evidente che in alcune forme espressive i linguaggi coesistono e interagiscono per natura. Negli spettacoli teatrali la parola non è separabile dagli svariati elementi visivi; l’opera musicale risulta da un’interazione di strumenti, voci, scene, luci; nel balletto si aggiungono a simili coefficienti anche la gestualità e il movimento dei ballerini. Strumenti come il cinema, la radio e la televisione hanno determinato nel corso del nostro secolo prodotti estetici in cui diversi tipi di comunicazione vengono accostati e fusi per costituzione. Siffatto processo di integrazione linguistica si è manifestato anche più recentemente a vari livelli in differenti forme estetiche, come gli happening, le performances, la video-arte, la computer-arte, gli spettacoli multimediali, e così via. L’uso congiunto di più linguaggi e di tipi di comunicazione nella sfera artistica, è in qualche modo da mettere almeno potenzialmente in relazione alla possibilità di trasmettere simultaneamente un messaggio estetico a più di un organo sensoriale. 64 Nei casi precedentemente accennati, in cui si fa prevalentemente uso di parole, immagini e musiche, vengono infatti coinvolti almeno l’occhio e l’orecchio. A questo punto si potrebbe essere indotti a supporre che esistano da una parte, forme espressive naturalmente destinate a impiegare in varia misura simultaneamente i linguaggi più disparati e pertanto finalizzate a un certo coinvolgimento intersensoriale, e dall’altra, forme espressive del linguaggio costituzionalmente e preventivamente dirette a senso unico. In queste ultime dovrebbero per esempio rientrare certamente le espressioni letterarie e quelle pittoriche; vi dovrebbero, in virtù proprio del loro linguaggio meno composito, meno contaminato, meno spurio, e avvalendosi quasi di un privilegio riferibile, a una implicita e mai smentita appartenenza alle “arti maggiori”. Un’analisi meno superficiale dei fatti ci mette però su un’altra strada. Per semplicità limitiamoci a riflettere proprio sui casi della letteratura e della pittura, arti che forse più di altre sono considerate, per una serie di abitudini e per un complesso di ragioni istituzionali, quali arti “a senso unico”. Cominciamo allora a tratteggiare, nel loro contesto, delle tipologie impostate sulla gradualità. 1)Ciascuna di queste due arti può tendere a suggerire un messaggio attraverso espedienti linguistici che non le sono propri. Una poesia, per esempio, può cercare di trasmettere sensazioni 65 analogicamente tattili o puramente sonore, come nel caso dell’onomatopea. Un quadro, in alcune circostanze, può perseguire lo scopo prioritario ed evidente, di comunicare allo spettatore, un sapore, un grido, un abbraccio, un profumo, e così via. 2) Queste due forme d’arte presentano o ostentano talora veri e propri “corpi estranei” al loro specifico universo. È il caso di quelle opere pittoriche che, attraverso varie tecniche di intarsio, incastro, giustapposizione, impasto, combinazione, collage, assemblaggio e simili, associano elementi tattili, acustici, commestibili, ecc. Anche nella sfera letteraria si può ricorrere, per conseguire speciali finalità ed effetti, all’uso di elementi di varia natura: basti pensare a qualche poème-objet o a qualche poesia visiva, che nel contesto verbale fa apparire cose reali. 3) Un genere artistico può tendere a comunicare proprio attraverso alcune specificità tecniche riprese da un altro genere artistico. Casi simili si verificano allorché la letteratura ingloba nel proprio universo modalità e procedure tipiche della pittura, dai “technopaegnia” alle “parole in libertà”, dai “carmina figurata” alla “scrittura verbovisiva”, o quando simmetricamente la pittura assimila certe tecniche verbali per i suoi particolari fini, dalle miniature di capilettera nelle bibbie del medioevo, ai quadri in cui variamente compaiono – dal rinascimento alle avanguardie – la “parola dipinta” e le “parole nella pittura” 66 4) Un genere artistico può tendere a suggerire al destinatario addirittura una sensazione, o una serie di sensazioni, trasponendola da un altro genere artistico. Si determina allora quasi un caso di “traduzione”: una poesia mira nel suo complesso ad essere l’equivalente di un dipinto; un quadro vuole globalmente dare l’idea di un racconto. Si può parlare allora di “poesia pittorica” e di “pittura narrativa”. Rifacendosi a una tematica del genere Susan Langer, in Feeling and form, ha tratteggiato un “principio di assimilazione” fra i vari generi espressivi, per cui “un’arte inghiotte il prodotto di un’altra”, mentre Gombrich in Arte e Illusione, ha parlato si simili “corrispondenze” artistiche riferendole più direttamente al meccanismo della sinestesia. Acutamente Gombrich mette in relazione la sinestesia con il principio dell’onomatopea, ricordando che già Socrate nel Cratilio scherzava sull’idea che l’onomatopea, l’espediente linguistico per cui si imitano dei suoni, potesse sconfinare dal campo che per convenzione le era stato assegnato. In altre parole l’imitazione vocale non si arresterebbe a quello della vista e del movimento. “È un terreno pericoloso”, avverte Gombrich, “luogo di convegno favorito di tipi eccentrici o addirittura di pazzi. Eppure credo che sia un terreno che debba essere attraversato”. Dall’onomatopea alla sinestesia, alle corrispondenze artistiche: l’intrecciarsi di siili relazioni è tratteggiato da Gombrich con una emblematica serie di esempi che paiono avere l’efficacia di una tavola sinottica. “In ogni epoca gli artisti si sono interessati a queste corrispondenze, che si trovano invocate in una famosa poesia di Baudelaire; ma sono stati i romantici e i simbolisti ad avere una particolare passione per l’esplorazione delle leggi della sinestesia. Rimbaud assegnò dei colori alle cinque vocali, traducendo così espressioni auditive in impressioni visive. I musicisti a loro volta amarono rappresentare il mondo visibile in toni; basta scorrere i titoli dati da Debussy a certe sue composizioni per vedere la sua fede nell’efficacia di tale evocazione: Bruvères, Clair de lune. Feux d’atifice rappresentano, o dipingono, esperienze visive sui tasti del pianoforte. Certi artisti si sono abbandonati al sogno di combinare il mondo del suono e quello della visione in ordini più alti. Il fantastico pittore Arcimboldo, apre la via nel cinquecento, nel settecento Castel realizza un clavicembalo munito di tastiere per i colori e i suoni. L’idea poi continua in Wagner, Skrjabin e in Fantasia di Disney. Alla fine la pittura, abbandonando l’esplorazione della pura visibilità, accettò la sfida e si diede ad esplorare il mondo del suono. I tentativi di Whistler sono ancora vaghi e alquanto indefiniti, ma Kandinsky va oltre e nel quadro di Mondrian intitolato BoogieWoogie a Broadway abbiamo un esempio di trasposizione di questo tipo che sembra generalmente accettata e accettabile. Non so esattamente che cosa sia il boogie-woogie, ma il quadro di Mondrian me lo spiega”. 67 68 69 Negozi multisensoriali: come aspetti legati alla percezione influenzano il comportamento umano Barbara Lorenzetto e Marco Noaro L’obiettivo che si pone questo lavoro è quello di studiare come aspetti che fanno capo alla percezione possono influenzare il comportamento umano per poi applicare quanto emerso da questa fase di analisi ad un ambiente architettonico preciso: lo spazio adibito alla vendita1. Ma perché proprio i negozi? La scelta di concentrare l’attenzione del lavoro a questo ambito definito è dovuta al fatto che volevamo indagare un contesto architettonico in cui fossero particolarmente evidenti alcune delle “tracce” lasciate dai grandi mutamenti che riguardano la società in cui viviamo. Miuccia Prada e l’architetto Rem Koolhas hanno recentemente dichiarato che “il mondo è sempre più invaso dai negozi. Il panorama della città è ormai fatto da esposizioni ininterrotte di merce… Per questo abbiamo deciso di studiare nuovi luoghi in cui si possano intrecciare consumo e cultura.” Il negozio sembrava offrire spunti particolarmente stimolante ed interessante di analisi, offrendo tra l’altro punti di contatto con alcuni degli aspetti emersi dal dibattito che ha coinvolto un altro manufatto architettonico che recentemente ha suscitato molto interesse: lo spazio museale. Il lavoro ha avuto inizio con una riflessione sul ruolo della merce ed il punto vendita nella società attuale. Pensiamo infatti che i cambiamenti che riguardano la realtà inevitabilmente si riflettano sui bisogni e le esigenze delle persone: per 70 progettare un punto vendita diventa quindi fondamentale andare ad analizzare questi aspetti e cercare di capire le tendenze in atto con un atteggiamento critico, capire perché scelgo un prodotto, cosa mi colpisce e mi attira… Una prima considerazione emersa riguarda la merce. In particolare questa sembra essere contraddistinta da due valori: il primo legato alla fisicità, cioè al bene stesso e alla sua capacità tecnico-funzionale di risolvere un determinato bisogno per cui è stato creato, il secondo all’immagine di quel bene, una sorta di valore “aggiunto” che fa in modo che il possesso dell’oggetto si riconduca a qualche mitologia dell’immaginario collettivo2. Nella società in cui viviamo, in cui un aspetto caratteristico sembra essere l’eccesso, la scelta di un bene non sembra più ricondursi al soddisfacimento di bisogni primari, ma piuttosto all’appagamento di aspetti che fanno capo alla sfera principalmente emotiva dell’individuo, ad un plusvalore emozionale che possiede il bene. Focalizzando poi l’attenzione al punto vendita sono emersi interessanti punti di contatto con le pecularietà che sembrano caratterizzare la recente creazione di spazi museali. Come il fattore di successo di un museo sembra dipendere dalla capacità con cui una serie di attori con competenze diverse interagiscono tra loro e riescono a mettere in scena un copione originale dello “spettacolo 71 cultura” in grado di suscitare un forte impatto a livello emotivo sul grande pubblico (si pensi al Guggenhaim di Bilbao), allo stesso modo anche la progettazione del punto vendita sembra rivestire un ruolo decisivo3. Questo sembra ricondurci all’intuizione di Andy Warhol, che negli anni ’60 aveva trasformato il barattolo di zuppa Campbell in opera d’arte4. Inoltre era stato lo stesso Warhol, gli stessi anni, ad affermare che “tutti i musei diventeranno grandi magazzini e tutti i grandi magazzini diventeranno musei”… Il punto vendita sembra quindi ricoprire un’importanza sempre maggiore, ma sembra sussistere anche una stretta relazione tra il contenitore e ciò che è contenuto: è come se entrambi cedessero vicendevolmente l’uno all’altro una parte di quel “plusvalore emozionale” determinante nella scelta di un bene. Questo aspetto sembra essere confermato dalla tendenza delle grandi aziende cui fanno capo marchi che occupano larghe fette di mercato come Benetton, Diesel, Gas, Replay ecc. di affiancare alla produzione interna del prodotto strutture aziendali preposte alla progettazione del punto vendita, in modo tale che questo risulti in stretta relazione con la merce che viene venduta e che l’immagine finale risulti chiara e coerente con le strategie ed il target. Considerando nuovamente il barattolo di zuppa Campbell di Warhol si può osservare che allo stesso modo in cui questo è dotato di 72 un’etichetta che lo contraddistingue da tutti gli altri prodotti, anche il punto vendita è dotato di un marchio: la sua insegna. Alla luce di quanto affermato diventa significativa l’operazione legata allo store Benetton di Venezia, in cui lo spazio interno è stato riorganizzato per essere riadattato alla nuova destinazione d’uso, mentre i muri esterni del palazzo veneziano sono stati mantenuti intatti, trasformando la facciata in un’immensa insegna in cui ad ogni finestra è associato un colore. Riguardo la progettazione dello spazio interno al punto vendita gli obiettivi da perseguire sembrano essersi modificati. Nasson e Welhoff descrivono così il punto vendita: “Un punto di vendita ben curato in termini di visual merchandising è un punto di vendita vivace, colorato e allegro. Fare acquisti deve essere una festa, un godimento per gli occhi, un momento di gioia per tutta la famiglia […]. Senza arrivare all’eccesso di far somigliare il punto di vendita a un suk arabo, bisogna che vi regni una certa fantasia, che il consumatore si diverta. E’ in questi punti vendita che il consumatore tornerà, per ritrovare quest’atmosfera festosa. Qui, non dal concorrente ancora infagottato nei suoi vecchi principi e dove si fanno acquisti solo perché non se ne può proprio fare a meno”.5 L’obiettivo del negozio sembra essere diventato quello di sollecitare la curiosità del cliente, “intrattenerla” in uno spazio in cui deve “stare bene”: tutto questo comporta uno studio approfondito di tutti gli aspetti che si riconducono all’uomo e alle sue percezioni, estendendo la fase di analisi ad ambiti e conoscenze che vanno oltre quello puramente architettonico (psicologia, visual, marketing, all’arte…) che dovranno interagire tra di loro per creare un negozio che sia anche in grado di comunicare un messaggio chiaro e coerente al tipo di target cui intende rivolgersi. In particolare ci interessa sottolineare come l’aspetto che emerge sia quello di collocare l’uomo al centro della progettazione, lo studio del modo in cui percepisce la realtà filtrata dai sensi: in una società come quella attuale in cui le tecnologie permettono alle persone di entrare in relazione con contesti che si estendono oltre ai limiti fisici imposti dal corpo fisico questo aspetto sembra assumere un valore particolare. L’obiettivo è quindi quello di creare uno spazio architettonico, a misura d’uomo, in cui l’individuo stia bene! Gli aspetti che fanno riferimento alla sfera delle percezioni umane, considerati come elementi che comunicano ed entrano in relazione con l’uomo, sono stati studiati con la convinzione che applicandoli ad uno spazio architettonico sia possibile creare un ambiente confortevole e in grado di soddisfare le esigenze dei suoi fruitori, in modo tale che questo diventi l’obiettivo primario del negozio e la vendita del capo di abbigliamento sia la logica conseguenza. Questo tipo di analisi si è rivolta a diversi campi: psicologia, architettura, cinema, arte… In particolare ai fini della nostra ricerca è risultata molto interessante la Biennale di Venezia del 2003, che sembrava andare nella stessa direzione del nostro lavoro, ponendo l’attenzione sull’uomo, come si poteva intuire dal titolo dell’esposizione “La dittatura dello spettatore”. Per esempio pensiamo alla luce e alle diverse possibilità che abbiamo di illuminare uno spazio: considerando che siamo abituati ad una luce che nella maggior parte dei casi proviene dall’alto, quante altre possibilità ho di illuminare un ambiente? Per rispondere a questa domanda abbiamo rivolto l’attenzione oltre ad opere architettoniche anche al mondo della pittura, del cinema… E poi i colori, in grado di creare un ambiente rilassante che influenzi la circolazione sanguigna o che alteri la reale percezione di uno spazio architettonico (si pensi a Rietveld) o termica di un ambiente, sfruttando caratteristiche note ai pittori impressionisti. E la musica? Anche la musica, che sta occupando sempre più gli spazi della nostra vita, anche se non ce ne rendiamo conto ci manda dei messaggi, comunicando delle sensazioni che operando nella stessa direzione dello spazio architettonico possono essere in grado di favorire un particolare stato d’animo. Al pari della musica inoltre anche il silenzio ha una straordinaria capacità comunicativa. Allo stesso modo anche gli odori, 73 nonostante un fenomeno di adattamento successivo, comunicano e possono favorire determinati stati d’animo. Si pensi poi al tipo di materiali che posso impiegare in fase di progettazione ed alle sensazioni tattili connesse. Fondamentale diventa pensare come viene percepito uno spazio, in che modo viene percorso, che sensazioni provoca: in poche parole immedesimarsi nella persona che percorre questo spazio, cercando di “sentire” quello che prova. Successivamente alla fase di analisi abbiamo iniziato a visitare negozi, attuando però delle scelte per stabilire i limiti entro i quali concentrare l’attenzione, essendo il campo piuttosto vasto. Abbiamo così deciso di prendere in considerazione negozi di abbigliamento situati in centro storico dei capoluoghi di provincia e dalle dimensioni ridotte (inferiori ai 200 mq.). Il raggio d’azione è stato poi ulteriormente ristretto alle città del Veneto, portando infine alla scelta di una realtà campione che ci sembrava rappresentativa della regione, la città di Padova, che abbiamo avuto modo di analizzare in maniera approfondita e successivamente confrontato con Bolzano, una realtà in cui interagiscono e convivono differenti culture che inevitabilmente si riflettono nella progettazione. I negozi sono stati analizzati cambiando continuamente l’approccio al problema, come se vi fosse un continuo cambiamento di prospettiva, considerando l’ambiente sia dal 74 punto di vista architettonico in funzione della distribuzione ed organizzazione degli spazi, sia con un approccio legato alle modalità con cui questo viene percepito da un individuo, verificando quanto emerso nella precedente fase di analisi. Il bilancio finale conseguente allo studio del punto vendita è stato integrato dalle preziose osservazioni delle persone che lavorano all’interno di questi spazi che in virtù della loro esperienza quotidiana a contatto con il cliente ci hanno permesso di individuare in maniera più dettagliata e completa le esigenze e le funzioni da soddisfare. In seguito a questa fase di analisi si è arrivati in maniera graduale alla fase conclusiva del lavoro: l’individuazione degli aspetti che secondo noi vanno considerati in fase di progettazione e successivamente la loro gerarchizzazione. Ci sembra significativo sottolineare come alla base di questo studio vi siano conoscenze che sono legate ad ambiti diversi, in quanto vi è il contributo di architetti, psicologi, esperti visual, vetrinisti, commessi, addetti ai lavori… La riuscita del lavoro è dovuta all’apporto di ognuna delle persona che abbiamo avuto modo di conoscere che come in una partita scacchi, in cui nulla è lasciato al caso, ha messo a disposizione le sue conoscenze specifiche che integrate alle altre hanno portato al raggiungimento dell’obiettivo finale. Questo risulta particolarmente significativo se rapportato ad una società in cui una delle tendenze sembra quella di accentuare le individualità. “Quando arriva l’onda tutte le barche si alzano” scrive Goleman6. 1 Come verrà specificato in seguito la tesi si occupa di negozi di dimensioni ridotte (superficie inferiore ai 200 mq.) situati nel centro storico di capoluoghi di provincia in cui si vendono capi di abbigliamento.Quando si parlerà di negozi si farà riferimento quindi a quelli con le caratteristiche indicate. 2 “Un sogno nel pacchetto”, Fernando Dogana, Psicologia contemporanea, n° 119, settembre/ottobre, 1993. 3 “Il museo visibile”, Giovanna Vitale, Modo, 224, 2003, pag. 54-56. 4 “Nuovi musei”, Stefania Suma, Modo, 224, pag. 49-51. 5 Visual merchandising, Cristina Ravazzi, editore Franco Angeli, Milano, 2000. 6 L’intelligenza emotiva, Daniel Goleman, Biblioteca Universale Rizzoli, Mlano, 1999. “Il colore mi possiede. Non ho bisogno di tentare di afferrarlo. Mi possiede per sempre, lo so. Ecco il senso di questo momento felice: io e il colore siamo una cosa sola. Sono pittore.” [Paul Klee, diario 9260, viaggio a Tunisi del 1914]. 75 ME ART and Media PT 2003 – 2005 Biological and physical frequency’s cycles at the basic of sounds and musical forms structure. Simon Longo Introduction In this essay my intention is to investigate and expose some of the relationship between different physical and biological phenomena and form of energy and the effect they my have on our body psyche and mental perception in relation to the sound art. Since long I had the idea that we live in a universe were all is connected, related and we are all part of one and one is part of all. My perspective will be an attempt to point out relationship and parallelism related to sound frequency, motion and vibration of the body, electromagnetic waves and the construction of a sound piece which is supposed to affect our perception at rational and irrational level, and eventually become part and contribute to our culture, influence contemporary ideas and itself resonate within the cultural domain of our society. I want to examine some of the possibilities available to me at this moment and relate my findings to the sound production and music composition field in which I aim to become specialized. The knowledge and understanding of natural principles I believe should allow me to work closer to a more pure and abstract source, in synchrony with the universe, understanding the way to affect consciousness and unconsciousness and to work with more freedom by crossing cultural boundary of genre/prejudice and what is commonly assumed as “how it must be”, will give me a wider canvas on which to draw new ideas. Of course all of this is not intended as science, but pure abstract information for the purpose to make think, meditate, and open an ear on certain invisible phenomena in relation to the artistic practice of sound making. Affecting consciousness and unconsciousness does not mean mind control, who will choose to be carried by the music into the soundscape of sensations probably will find himself carried away by the flown of music, and who choose to ignore it he will just be indifferent. In my writing I will try to face up and tackle the following arguments, - Why? (do I need to answer these questions and explore this field) - The freedom and the need for control. (the need of a directional arrow when everything looks the same in every direction) - An overall idea of the fields and range of frequencies I am going to take into consideration and some technical data. (Here is my intention to set the ground for the discourse and the boundaries of the space) - The acoustic paradox Alessandro Dussin “Silenzio” 2004 76 77 (the way we experience the world of sound frequency from a scientific point of view) - Entrainment, The beat frequency, brain waves and altered states of consciousness (The proportionality between different cycles of frequency and their effects on psychology and perceptions suggest to me the possibility of their utilisations in the productions of entertainment and artistic time based contents) - Synaesthetic effects, sound, colours, frequency and phonons. (Here I attempt to draw hypothesis on the origin of synaestetics in relation to soundcolours in the domain of pure abstract art) - The Morphing resonance. (The one that will bring all of this together, piercing and the urban tribe) (by the way bodies resonate to a specific frequency, this theory explain how ancient rituals, belief and ideas may still resonate in our contemporary society. Then if ancient rituals resonate to “natural frequencies” natural frequencies must also resonate in contemporary culture) - Just an incomplete list of tribal rituals, semi religious belief and scientific findings that maybe can contribute into the cultural domain by the theory of morphing resonance. (here some examples that may relate by in the morphing field) 78 - Conclusion Bibliography Why? As electronic musician I have to deal with an entity which have no relation to the material world. Sound and frequency in my view are part of a pure abstract field in art, yet music can convey sensations and ideas. The meaning that appear in the sound object is projected into it by the listener imagination, fantasy, culture and his own experience. Once separated from their source, (the visual feedback or the causal of the audio event) sounds will assume a purely abstract value and it will be available for any interpretation (unless the sound in question is deeply eradicated into the day to day living experience. In this case the sound will be recognised and automatically linked to the object that produced it even if has been visually separate from it). In theory the same sound, instrument or melody should assume totally different significance when listened by peoples from different cultures or even the same culture at different point in time in the history. That is why different cultures produce different sounds and music. My question is, There is something that remain common for everybody? There is anything to which everybody will agree despite their culture and their age? And why? It is not at the moment my concern discussing aspects of sound interpretation based on convention, ethnic background etc., this would require a whole new lot of research. I have developed as musician by empirical experimentation, mainly with electronic equipment and electronically generated sounds frequencies, and I reject the attempt to state what a sound should represent or to what sensation should it recall in the listener, unless the answer takes into account every single possible culture and single personal experience. But yet in my music, I claim to research expressive forms, and an expressive language, experimenting, and I claim to express things however abstract they may be. Maybe the answer to this reside more in the sequence in which sounds, timbre and frequency are proposed, so the effect impression on the listener created by the new sound is influenced by the preceding one in a continuum flowing of sounds. By this assumption, the communicative structure can only emerge backward by the product of the changes, and variation introduced over time since the onset of the sound. This is proved by the study of psychoacoustics, which experimental work demonstrated that we listen in chunk, not in a continuum, we first listen to a short section of sound , then analyse it and then make sense of it. The theory of “prosody” is another to attempt explaining why we perceive different melodies in different ways, but the strict relation with “prosody” suggested by David Sonnenschein (1) to explain that, interpretation of sound emerge mainly from the similitude with human or animal expressions, is to me limited and only related to those type of sounds of human or animal origin, and to electronic sounds that embed similar phrases, timbre envelopes and convolutions. In practice, the idea of prosody explain that sound and sound phrases should have a meaning in relation to their resemblance to natural verse of human or animals, for instance the ≠≠melody phrase in the call of a mother “the dinner is ready..” towards her son, which generally has a typical melodic tune, or the verse of a dog that bare its teeth which is also a particular recognisable sound, should dictate our interpretation of similar sounds noises or phrases. A simple example would be a guitar that 79 play “the dinner is ready…” melodic phrase should sound friendly and familiar. In my opinion this idea can explain some circumstances, but is limitative as there are many other possibilities, and depending on the context, the timbre/phrase combination is determinant in the psychological effect of a sound phrase, plus all the abstract possibilities allowed by the digital manipulation are not accounted. Of course if the sound is completely abstract we will not have any connection to it, in theory…, so in theory we should be open to any connection when exposed to these sounds, but in practice in my opinion is not like that, I think something is happening any way. My interest now is focused in seeing if there is a universal structure beyond the cultural domain and at the same time embedded in it, and my theory it that there must be. The Freedom and the need for control. I have the freedom to produce and reproduce any thinkable sound and any audible and inaudible frequency, make the music to play at any imaginable tempo and with the easy of entering a numeric value in a value field and hit “return”, all of this with no effort. Therefore, I looking to define a natural-biological grid for this values to use purposefully in the construction of a sound or 80 a composition. Why a song beats per minute should be between 60 to 140? And not 350 just for instance. Or simply why a song is perceived as been slow when its speed is around 60 to 80 beats per minutes and become “allegretto, andante, fast” etc as it approaches 120 - 130 beats per minute? “HOW CAN YOU IDENTIFY A ‘NATURAL’ GRID – IS IT NOT ALWAYS STRUCTURED BY CULTURAL IDEAS?” Yes it does, but then cultural Ideas I think are structured and based around a natural grid in the first place which is invisible to us because we are inscribed in it. First it must be said what is intended as a cultural idea in the sound domain, is it a particular arrangement of sounds and rhythms typical of a determinate culture? A determinate timbre characteristic of an instrument and its repertoire of chords and melodies ? Like a particular guitar sound, rhythmic and melodic patterns can be associated with “blues” or another with “new metal” and then the origin of “blues” can be culturally traced back to the black slaves in america in the 19 century, and the new metal represent and is linked to the American teenagers “skaters” or 81 particular drum pattern can be traced to be part of the cultural baggage of a determinate African tribe were ancestral knowledge is transmitted thru the drumming ? If this is true then, all these sounds are inscribed simultaneously in a time-line and a frequency domain, so my question is, does these frequency have an effect on its own? Beyond the cultural signification? Can these elements be recombined, transposed, interlinked and re-arranged with other elements once the purpose of this grid is understood? 82 music, which belong to another culture, so the product of the two have a new signification and interpretation, and the frequency grid in which these new music fall is also influential in the result. In a way… can I hypnotize a musical product which is equal to the cultural value times the grid value? As experimental musician I am curios in investigate this biological structure, in order to use it as a skeleton on which cultural elements can be affixed and/or transmuted to create new forms, meaningful or meaningless abstract or representative musical works, and sounds, not only music, and determine the structure for time based media such video, film interactive multimedia etc. I am attracted to this idea as a reference point to orientate, make decisions and evaluate results. Or simply just to fill the gaps. “CAN YOU GIVE AN EXAMPLE OF THIS, OR REPRESENT IT SCHEMATICALLY?” An overall idea of the fields and range of frequencies I am going to take into consideration and some technical data. Yes, practically, for example one can take a dance music sample, a techno uplifting four bar measure which normally is of 130 / 140 BPM, and it can then be transpose down to play at 80 BPM, much slower! So now it has a different meaning, but also it operate on a different frequency grid, assuming the beat as the frequency, 80 BPM equal to a frequency of 1.33 Hz (80 divided by 60 seconds) here the meaning is influenced by the frequency grid as the sound has not changed, and then assume to mix it with some Indian sitar The possibility to relate sound design and music composition to natural cycles, frequency and patterns present in our organism, functions of our brain and in the surrounding physical world are fantastic, and this link is probably at the root of the primitive form of music, involuntarily evolved from natural and physiological rhythms. When musical forms developed from the basic tam tams into the more complex structure of contemporary music the origin have been forgotten and submerged by rhetoric, education and presupposition. “INTERESTING . . .” Well, what I mean is that education in some cases tend to be short-sighted, “if you want to obtain this, you do that” this is presupposition and I think in most of the case it just does not happen, (but I do not mean is always like that) and as music evolved from a very simple and basic structure into a more complex multi layered system, the complexity of the outer layer have covered and made inaccessible the inner one. Sound is a tangible entity in our physical environment, but not everyone understand how wide is the range it spans. “Here I intend to clarify that I will talk about astronomic and infinitesimal quantities, not necessarily and obviously related to the sound as we normally intend it, the relationship I will attempt to uncover are rather possibilities that in theory it could happen rather than it is indubitably happening.” Before starting to draw relationships between astrophysics, brain waves, frequency-induced-altered-states and sounds, I think is necessary to recognise that, sound is not merely only what we hear. There is an enormous range of frequency and cycles beyond and above our hearing sensibility, which are indeed sound frequency and can affect us in a direct or indirect way, the heart has its own magnetic resonance and light colours also manifest at determinate frequency. Sound is a mechanical vibration in an elastic medium. Frequency-Sounds can travel along any elastic medium at different speed and at different distance, which depends on the nature and specific characteristics of the medium. The same consideration concern the Amplitude (loudness) of the sound. Taking this on another dimension, atomic particles that constitute matter can present themselves in different states of excitation, atomic particles may oscillate between quiet state and excited state. Giving the example of heat, a heated piece of matter at atomic level has its atoms excited (oscillating), the excitation consist in a mechanical vibration of an infinitesimal amplitude. As the vibration is mechanic, it can also be described as a sound vibration, and precisely a subsonic sound vibration (2). “Mechanical vibration even take place on the atomic level, resulting in quantum units of sound energy called phonons”, and “Properties of long-wavelength phonons gives rise to sound in solids (hence the name phonon)” (3). Normally for us the elastic medium is air, which transmit the vibration from the source to our eardrum, the vibration is then transmitted to 83 the internal organs and ultimately transformed into electrical impulses and transmitted by the nerves into our brain to be interpreted (1). Ultimately the brain receives these impulses as rhythmic patterns (or impulse frequencies) and recognises the sound object. At the other end of the scale for amplitude, we my consider the displacement of particles caused by the blast of an explosion, which will tear apart the hearing organs of any creature too close to its source. We may not normally consider such an explosion a sound, (unless heard from a distance) but the wave generated has all the characteristics of a loud sound. We may define this as an acoustic shock wave of perisonic intensity, (well above the threshold of pain). Now, One my ask: how sound that can not be heard can become a structural part of a song or a cultural sound artefact? Well, Some sound can also heard as a consequence of other sounds, because sound is a physical entity it has to conform to certain rules, we can use these rules to create sound paradoxes, prospective effects, and influence the message perceived in the cultural domain. A little bit like we can draw lines in prospective on a flat surface and give the impression of depth. How this is done ? A brief explanation will follow 84 The acoustic paradox I will now try to describe how and why is possible to make the brain believe he is hearing something which is not there. I think this is relevant because demonstrate how sounds which are outside our hearing range can still influence our perception. This is relative to the binaural beating, the concept of perceiving the rhythm as a low frequency fundamental, and also the effect of ultrasonic sounds which are not heard directly but cause some effect in the lower octaves. If the frequency grid I am looking for do exist, it will appear in a range of frequency which is not audible, therefore I need to demonstrate how these frequency can affect our state. Helmoltz, proved that, when two pure sine tones are diffused in air, two other new tones appear, one lower and one higher in frequency of the original tones. These are called the sum and the difference tones. This phenomenon has been observed and become apparent especially with pure sine tone experiments but it is triggered by any type of sound. Pure sine tones in nature do not exist, and have to be created electronically. Sound in nature can not be heard as 85 pure fundamental frequency, there must be always a number of harmonics above and below the fundamental frequency which are an inseparable part of the physical sound morphology. This is because the medium, behave like a mass of springs, and moving particles drag also surroundings particles along the motion. What I describe here can be compared to the illusion of prospective, and the impossible cube and impossible triangle which are paradoxes in graphic design. Using electronic controlled sound frequency, the difference tone paradox can be used to make the brain hear frequency in consequence of the frequency in air, but which are not there. Frequency below the hearing range for example, or beating frequency. Beating frequency can entrain our brain and modify our brain waves which in turn alter ours state of consciousness and the way we perceive things. Entrainment, The beat frequency, brain waves and altered states of consciousness Modern neurologist have located the mind in the brain, and have said that consciousness is the result of the brain’s electrochemical neurological activity, however there is no conclusive research demonstrating the 86 location of the Mind-body and the brain tissue as location for higher level of mind activity like creativity intuition imagination, understanding, reasoning, intention, knowing, will, spirit, soul etc. (2) (Hunt, 1995). However we can not measure the mind-consciousness of an individual using EEG brainwave measurements, (as have been observed that, the main consciousness may be awaken and the reason alert despite the absence of significant EEG readings like for example during anaesthesia), brain waves intensity and frequency seems to be related to mind activity and consciousness states such alertness, awareness, concentration, relaxation, trance, sleep and coma. Some studies have confirmed the existence of neural network extending into the abdomen and stomach. This will serve to unload the brain from some less important function which can be carried out independently by the brain-stomach extension, but for my purpose this also means that the mind perception for rhythmic phenomenology my extend in other part of the body other than the brain. The entrainment, is a well understood phenomenon, which permits to validate the idea of using particular rhythms and frequency according to the mood of the sound piece to influence the audience in various ways. If a tuning fork is struck to vibrate and to produce a oscillating frequency, another tuning fork in the proximity will begin to oscillate in resonance, the first tuning fork is said to have entrained the second one. Entrainment function on biological systems as well. The first and simpler form of entrainment trough music is the simple tapping the beat and tempo of a music tune. Dancing is another form of entrainment, which can involve a large amount of people at the same time and is behind the massive rave experience. In these situation people entrain each other and to the music with screams, and movements on the beat, to produce a collective trance or excitement experience. In these situation their biological rhythm synchronise to the beat of the music, the same can be said for other cultures were the practice of entrainment is used to more deeply reach altered states of consciousness, trance and deep meditation like for example in the Tibetan chants, or Gamelan music or the shamantic drumming. The binaural beat which is a phenomenon related to the psychoacoustics of listening is heard in the mind of the listener rather than through the ears, and seems to be associated with the frequency following response EEG measurement, demonstrating the capacity of the brain to synchronise (entrain) in resonance with the beating frequency. As described increased alertness, creativity, or deeper relaxation and trance, in relation to the frequency to which the individual is begin entrained can be helped by using a binaural beat to entrain to. I myself have experienced a deep sense of relaxation by entrain at a frequency of 1.5 cycle/second and higher state of alertness by entrain with frequency of 15 cycle/sec. On the biological level, human brain has developed over millions of years while been subjected to the constant electromagnetic fields generated by the earth. One hypothesis is that, these forces have proportionally influenced our development. “Some experiments show connections between the brain states and the resonant electromagnetic waves of the Earth, raising the possibility that the human brain has evolved to be “in tune” with Planet Earth. “(3) The Shumman Resonance is described as the magnetic resonance frequency of the earth, “The fundamental frequency of the Schumann resonance is roughly the fundamental frequency of a spherical shell whose inside boundary is the surface of the Earth and whose outside boundary is the ionosphere”(3) the Shumann resonance fundamental frequency is given as 7.5 Cycle/ second, following by harmonics at 14, 20, 26, 33, 39, and 45 Hz. Interesting enough, these frequency appear to be related to the natural frequency of the human brain which are: Beta waves (14 to 30 Hz) Alpha waves (8 to 13 Hz), Theta waves (4 to 7 Hz) and Delta waves (1 to 3Hz). Each brain frequency is related to a particular mental state, brain waves are plotted by specialised equipment (EEG), which measure and record changes in the electrical activity of the brain. “Many studies have 87 demonstrated the presence of a frequencyfollowing response to auditory stimuli. This EEG activity was termed frequency-following response because its period corresponds to the fundamental frequency of the stimulus.” (4) (Smith, Marsh, & Brown, 1975). Brain wave periods can be used to elaborate some rhythmical pattern in the music, if the intention is to describe a fast action in a movie scene or if the aim is to create a particular sound drone for an audiovisuals work in a chill out room or for meditative purpose, it will be useful to look at the appropriate frequency to obtain the right response to the work from the audience. Shamantic drumming is reported to act on these frequency-pattern to act on the state of mind of the audience. It is interesting to see that this phenomenon is exploited in ancient traditional music like the Gamelan music, Indian Ragas and Tibetan Chant. Is probably for an evolutive process that these form of traditional music have developed in this way, probably because the research in the depth of the human mind and spirit over thousands of years that these cultures have pursued. Assuming more the form of religious rituals rather than entertainment, this music it seems to be in tune with the harmonics of the universe. At cultural level for example in the “Gamelan” music, different instruments are 88 used to play determinate score in a song, the instruments are tuned on different scales, and during the execution of the music each of these instrument follow its own particular score, which has a determinate meaning signified and purpose in the Gamelan music philosophy. The concept of melody lagu is fascinating and elusive. “The Javanese master, Sumarsan argue the existence of what he calls the inner melody which is not played by any single instrument, but is a kind of intuitive melodic core which influence the movement and direction of the whole ensemble more than any single instrument” (5) and; Question: “ If the balunganin gendhing is not played as is conceived, were is it? The answer is in the mind of the musician” (5). An accurate listening of the “Bali Musique pour le gong” reveal a dissonance between the notes played by the Gamelan instruments which produce beating frequencies along the development of the music. As the music proceed rhythmically and unfold, various and diverse dissonance initially apparently chaotic become more ordinate and slower, inducing the listener in a state of relaxation and trance. In the “Tibet, The Heart of Dharma” monks chants pure harmonics, in the attempt to find the fundamental frequency of the body and the spirit, to meditate passion and transform the energy in enlightenment of the spirit, in tune with nature and the universe. They profess 89 the philosophy of emptiness, but emptiness that contain everything, and the communion with the universe and all the creatures in it. They chant a single fundamental harmonic which can be considered like a harmonic of the Shumann resonance frequency. Synaesthetic effects, frequency and phonons. sound, colours, Are these totally arbitrary and abstract ideas or there is a physical link between colours and sound? Analysing the sound phenomena on the level of atomic particles may uncover possibilities and links between sounds and colours. My deduction is that, if sound frequency are all interdependent, maybe there is some interdependency also between sound frequency and light frequency as well. For long time musicians artist and mathematicians have suspected a link between colours and music. In most of the cases this relationship have been investigated at synaesthetic and psychological level by many artists like Wagner, Berioz, Debussy, Alexander Skrjabin (6) and more recently Kandinsky, Claudio Abbado, Dennis Miller, Glenn McRray (7) just to cite a few, but I want here to analyse more this idea from the point 90 of view of frequency interactions. Starting from the Greek philosopher and mathematician Pitagoras, who first devised the harmonic relationship of sound frequency based on the octaves proportion of doubling and halving of harmonic’s frequency and drawn hypothesis on atomistic theories involving elementary particles of sounds and lights. Only recently scientific measurement proved fundament for these theories, allowing accurate measurements on infinitesimal timescale. Has been now accepted that light travel in cyclic waves, and determinate frequency are relative to specific light colour. Light ranging between invisible infrared to the invisible ultraviolet fall in the visible range of light frequency and each frequency or wavelength has correspondence to a colour. As documented by Charles Lucy, (6) light wavelength can be related to sound frequency if the concept of doubling and halving harmonics and octaves relationship is applied to the light frequencies as abstract mathematical function to transpose the light frequency into the audible sound frequency range. Photons are the smallest units of light energy, and on the infinitesimal level, “phonons” are considered the smallest unit of sound energy, and are referred as Einstein Phonons. The main difference between Phonons and Photons is that, Photons are considered units of electromagnetic energy and light particles, while Phonons are units of mechanical energy or oscillation quanta and are related to heat and sub atomic sound. “On a microscopic scale optical, mechanical and electromagnetic are inter-linked as elementary excitation.” (8) “Complex sound phenomena occurs when phonon energy collide with other phonons or other atomic particles”. (8) To highlight the interactivity between Photons and Phonons, “Optical energy can induce or interfere with mechanical vibration, thus optical Photons can scatter acoustic phonons” (8). Electrons can exchange energy with Photons (quanta of light) and with Phonons (Quanta of vibration energy). Furthermore “Laser-induced phonic sound focuses the beams from two lasers with a small wavelength difference” (8) here is obvious the relationship with the difference tone phenomena observed at the macro level of sounds frequency discussed above. I find this information extremely important as a link between the sound world of mechanic vibration and the electromagnetic field of photons and light is demonstrated. I think this evidence a link between colours (frequency of light waves) and mechanical vibration in solids (sound) which is not a pure psychological impression, but it may confirm that something is interacting between these two separate form of energy, and in theory it could influence sensations and perceptions of sound and images. These electromagnetic frequencies enveloped us constantly since and before the first germ of life appeared on earth and the human mind undoubtedly developed under these influences and adapted to them. These frequency can not be heard directly, but maybe can influence us in a indirect way, like the difference tone of binaural beating. The concept that there may be some connection between harmony and colours may be originally related to particles interactions but now considered linked mainly to aesthetic and cultural conventions. Along the experimentation with light related to colour, others also linked elements and metals to colour and sound, this when considered in connection to the fact that each atomic element has its own natural oscillating frequency, it make sense in the context of a inter-linked universe were all is in a continuous oscillating mode. For the point of view of purely abstract art with sound and visuals hypothetically there can be a link to follow, from the law of the octaves to sound to visual and colours. Maybe some colours are naturally mapped to certain sound’s frequency, and in the event of using abstract sounds and colours for the production of an audiovisual work it may be worth to propose them according to a frequency scale. 91 The Morphing resonance theory (The one that will bring all of this together, piercing and the urban tribe) The Morphing resonance is a theory applied more to philosophical and ideological concepts rather than physics, Rupert Sheldrake hypnotise that, biological system in nature have a sort of morph magnetic fields, were a sort of memory is resident. This memory is independent from space and time, and it could be accounted to explain why ideas and concept often appear in different part of the world, from different people who apparently have no connection. Especially concerning the art world, philosophy, but also inventions, this theory describe how thought and ideas can resonate within the minds of people proportionally to the intensity and repetition in which this ideas are expressed, like a resonant body resonate proportionally to the intensity of the resonant frequency applied. Of particular relevance are the rituals, in this case tribal or religious, as they are perpetuated over long periods of time, and by many people, they are part of the consciousness and cosmic evolution of the humanity, and is interesting to see connection between newly appearing experimental religions rituals, and the echoes of ancient one. Is supposedly true by the assumption of this theory that new rituals based on ancient practice, will gain more momentum due to the residual potential resonance carried over 92 for that particular idea, and the same should apply to arts and cultural production, were a new ritual is likely of not having this residual energy because is not connected to this morphic fields of resonance. Related to the sound practice and based on the concept of morphic resonance it would be extremely interesting to conduct a survey within culturally different population and folkloristic tradition to see how musical forms have developed in different part of the world and from them draw some conclusion on if there is any form of universal language in music and music expression that can be used and not contradict its meaning. Seamlessly this induce me to the hypothesis that the typical frequencies timbre and pattern used in the Tibetan and Gregorian chants, Gamelan and Indian Raga music ancients tribal ritual dances, colours frequency etc. must have some sort of significance and relevance on a universal level for the Morphic resonance theory, therefore should work as corner stone for further cultural re-embodiment, construction and experimentation. Just an incomplete list of tribal rituals, semi religious belief and scientific findings that maybe contribute into the cultural domain by the theory of morphing resonance Music and Vibrations Healing biologist Rupert Sheldrake (9) describe our body as nested hierarchies of vibration frequencies, which appear as discreet systems functioning 93 within larger and more complex systems. This vision is in accordance with ancient’s Taoist philosophies and shamantic teaching, but also with recent scientific discovery in physic atomic. The human body is described as an ensemble of vibrational pattern, all contributing in a over all “Chord” were every organ emit its own frequency. The harmonicity of the frequency of each organ is the sign of the harmony and health of that body-system. It is believed by the adept of Indu and Indian raga music that the particular frequency, sounds and rhythm have healing property, stimulating particular glands to secrete determinate hormones. One Characteristics of the Indian Raga is that there are particular times in the day to perform a particular melody, there are a vast variety of ragas, for any time of the day and night. Some of them are seasonal and are performed only in a particular time of the year. Gregorian Chants contains high harmonics, and a particular powerful sound energy at a frequency resonant to the human bones and skull, and are believed to help strengthening the bones because the resonant vibration will help calcium fixation in the bone tissue. Organs in the human body have their own resonant frequency based on their size and density, it is believed as principle in alternative medicine with sounds colours, and elements 94 (stones and metals) that each organ should be in harmony within the body and form an harmonious chord (a musical chord). When an organ is in dissonance is sign that a disease is developing. Using colours, elements, or sounds frequency (chanting) a therapist in this discipline can attempt to heal an organ by entrain its resonance and realign its frequency. The brain of dolphins shows the most similitude whit the human brain, Dolphins are well known to use a system of echolocation to orientated them in the ocean and are capable to produce ultrasonic frequency. Swimming with dolphins is documented as a relaxing and healing experience. “David Cole of the Aqua Thought Foundation has been studying the role of sound in human-dolphin interaction since 1989. As a result of his studies he report that EEG readings in patient after encounter with dolphins are normalised and frequency from the two hemisphere of the brain are more in phase. The induced alpha brain wave state he suggests has the effect of reinforcing the human immune system, and the sound wave pressure created by the dolphin is capable to produce sonophoresis (enhanced transport of permeants, such hormones, through cell membranes) resulting from ultrasound induced cavitation. This may explain chemical and electrical changes observed in the brain resulting from human-dolphin interactions”. (10) Conclusion. I think the areas I have tried to explore was a bit neglected by both the sound engineering practice and the cultural theory information that I had the chance to be exposed to up to now. For me personally the essay function as a connection ring between different areas of interests music theory and sound engineering, and this writing allowed me to explore and find answer to questions I felt I needed to clarify. However I found impossible not to relate my writing to my artistic practice, and at the end this essay is ended up to be simply another piece of research for it. The answers that I have found have a very practical and straight forward meaning, that is, a simple calculations can derive a frequency for a particular sound event, which is both believable, psychologically correct and that also sound good in its context/purpose. Curiously enough for what it regards sound frequency, the data I have found does not demolish any of the current format, but rather confirm them and in addition explain a little why something must be in a way rather than another. Actually what really emerge as over all is that the current musical forms especially the commercial one are a bit standardised and confined into genre which do not allow to take advantage of all the possibility available of tempo timbre and sounds frequency. For the synesthesia I think there is much more to investigate, and at the moment I am quite happy to have found finally a possible link between abstract imagery and sounds which it can be a departure point for further experimentation and research. In the over all it seems to me I have found what I was looking for, closing the gap between the technical skill of sound engineering and abstract artistic production. Finally the morphing resonance explain how frequency already existing in the world surrounding us can become parts of a common and “universal knowledge“, therefore become accepted or rejected, perceived as beneficial or destructive by the way experiences of many individuals have projected them in the hypothetical morphing field. Again all this should constitute data for further reflection and considerations. Bibliography (1) Sound Design - David Sonnenschein (2) (Hunt, 1995). After Brain Wave and Consciousness From (3) http://www.innerx.net/personal/tsmith/ Schumann.html (Tony Smith after J. C. Paul, Michael Gibbs) (W. O. Schumann between 1952 and 1957) (research originated by Dave Sentman and Matt Heavner Alaska) http://webus.com/thescience.htm (The 95 Science Of Binaural Beat Brainwave Entrainment Technology≠) (4) (Smith, Marsh, & Brown, 1975) After Brain Wave and Consciousness (5) A guide to the Gamelan, Rudiments of Karawitan (6) Charles Lucy (www.harmonics.com/ lucy/tuning.html) (7) Sonic Graphics, Seeing Sound Matt Woolman (8) “Microsound” - Zone of intensity and frequency Curtis Roads (9) Rupert Sheldrake, Ph.D Director of Studies in Biochemistry and Cell Biology at (10) David M. Cole, AquaThought Foundation http://www.aquathought.com Cambridge University - A New Science of Life, 1981 96 97 Onde Michela Gamba (preludio ostinato) ONDE#02 …perché per scrivere, per narrare le immagini dovrei saper dipingere questi suoni…..non ho nemmeno le mani adatte. È freddo ed un solo bagliore mi appoggia, spiana la strada agli occhi, appena entrati nel tunnel. Un vento che accelera è il primo accesso. Qui sulla soglia appena varcata ci accolgono voci paranormali, che però non si attenuano. Sono cerchi aspirati verso il fondo che si allargano più cresce d’intensità il suono, giusto quando sembra stia scomparendo. PAUSA. ONDE#03 … nel cosmo. (Dopo il decollo) …astri fermi ed io.. fluttuante. Non so ancora cos’essa sia. Rassicurante ed ignota, determinata e roboante. Cresce ed io immobile giro su me stessa Roboante guizza e sconquassa l’immaginazione i parametri fisici del razionalizzare in cui mi ostino Qui non ci sono dimensioni ONDA 1 …dovrei iniziare dall’angolo in basso della stanza, in basso a destra da questa parete. Con le mani cariche d’Ocra traccio il primo passaggio. Non pensavo di accorrere ma l’allarme è stato irresistibile. Sono accorso al richiamo. Qui fuori una chitarra annuncia l’inevitabile... l’atteso epilogo. In questa polvere che si solleva al tuonare sommesso e lontano 98 presto perderò di vista il sentiero sterrato per l’orizzonte. Vedi … tutta la vita ho sognato di raggiungere la vetta di quel colle che sembrava solo uno scenario di cartapesta. Ora arpeggia l’imminenza. Ho deciso di avvicinarmi, per vederne gli ultimi bagliori. Prima che scompaia. Il suo momento più vivo di rinnovamento. Le mie mani sporcano di terra rosso mattone questo muro che ancora non parla. Il tempo di salire lì su. …torniamo ad un attimo fa… nel sonno questi suoni sono più che imput improvvisi… mi ci concentro per trovarne il profilo migliore, mi frugo in tasca per cercare i pastelli più espressivi di questo color Marte che più rappresenta il paesaggio. La prima cosa da fare è grattar via l’intonaco di superficie. Fragile, verrà via facilmente. Scavo con forza perché queste sono le rughe- le schegge di questa sensazione di scuotimento. Forse si riempiranno d’acqua. Già l’argilla rossa contrasta accentuandone le sponde. E queste schegge-vere e proprie- sonore le incido in bianco, che siano ben evidenti. Il tempo scorre più lento nell’ultima sequenza, per caricarsi i polmoni per l’innondazione del giudizio. Il vento caldo è preannuncio di distruzione e nuovo inizio. Ma io che sono qui, vecchio, in questa storia non lo so ancora. “…immerso nel buio com’ero al solo immaginare, gli occhi chiusi leggevano le immagini al dispiegarsi di questo racconto 99 codificato… Aspetto indizi nuovi per completarlo, che succede adesso?chi è questo dolce cherubino?… un primo sibilo fece tremare i vetri dell’unica finestrella. Da quando è atterrata l’astronave so che qualcosa presto muterà. Lì fuori la terra si prepara per un drastico cambiamento. Torno ad indossare vecchie vesti strappate di un tempo che è passato solo per gli oggetti. Come avessi sempre vissuto in questo letto di fango a velo. I tendaggi si agitano con impeto… è ciò che accade lì fuori…” Aride dita senza forza creativa! Passerò la notte a terra senza aver reso l’idea… …non posso più aspettare. Stupore, arrivato lì su. Sono gli ultimi passi, a fatica completati- li senti?- ad aprirmi la vista per lo spettacolo più bello mai visto. Ma alle mie spalle si prepara. Io paziente. Un messaggero svolge la trama fino alla fine, senza nascondermi niente. Sono corde soffiate- questo è un medium a fiato o una chitarra fatta d’aria, e spiega l’esclusività del momento di cui sono protagonista. Ed è ancora una volta quella forza misteriosa che mi ha trascinato fin qui. Fino alla sommità della conoscenza. O della censura. Ho raschiato persino quei ritagli di carta da pacchi che tappezzano questo mio confinemuro, muro cioè - espressivo. Non c’è sintesi! Dovrei lasciarmi guidare dal suono così come nasce, e nel momento stesso in cui è già altro… e son qui a frugarmi in tasca per cercare pastelli ed oli e gli odori?!?! Come 100 posso… semplice mano senza estensione! ora che tutto sembra essersi dissolto… zampilla una fonte sotto il canto di corde elettriche rallegranti. Forse sono aerei o sirene militari da un’altra galassia… Perché in questo spazio c’è posto solo per l’invisibile ambasciatore che permane da un punto incrollabile di rocce non più imponenti e maestose. Lieto principio. Sembra d’essere in una nuova sfera. Basterà abituarsi ai nuovi costumi locali. Al nostro nuovo aspetto. Cerchi come aghi aspiranti si fanno vicini, posso afferrarli che già sono svaniti, dissolti prima che le mie mani… E a destra l’effetto di scariche artificiali è onirico… Riprendo da qui la nuova ricerca verso l’ascesi, ora che non ci sono punti più alti. Ho piantato la mano per terra e ne ho strappato fuori il cuore… odora del mio passaggio e della mia storia. Basterà incollarlo a questo insieme di intrecci di cerchi concentrici che diventano lampi in dissolvenza e pensare che un quadro lo si può comporre anche solo annusando o lasciando scorrere le dita sull’idea di esso se i soggetti sono troppo ermetici o sublimi per uscire allo scoperto. E se ciò che vivo passa attraverso i miei sensi, ho riprodotto me stessa in una nuova chiave di lettura. Ora io di vestistrappate ed io vecchio collimano. Unicità nell’essenza di una metafora senza materia, né confronto. L’assoluto di questa sfinge annientata è la continuità. Sospensione. “PRELUDIO OSTINATO”Dentro l’immagine (SUONOIMMAGINE)à PERSONIFICAZIONE O “IDENTIFICAZIONE” IN CORSO DI ASCOLTO (= Sinestesia di primo grado?) ELENCO DEI SUONI: TUNNEL (vista + tatto) VENTO CHE ACCELLERA (tatto) CERCHI ASPIRATI (tatto + vista) POLVERE (è immagine ma anche suono) [tatto; vista; “gusto + olfatto”] BAGLIORI (come sopra) SALIRE LI’ SU (è una sensazione di trasporto, non una scena. E’ nel suono) SCHEGGE VENTO CALDO (tatto) DOLCE CHERUBINO (è il suono della chitarra: non lo identifico in un vero e proprio <<messo>>; questa è l’immagine che si forma in seguito). TENDAGGI PASSI MESSAGGERO (vedi “CHITARRA”CHERUBINO, anche se è quella dal suono più “grave”) CONFINE- MURO (la materializzazione di una sensazione/ il limite espressivo in un lapsus<<CONFINE>>- che occulta la valenza più ottimista della stessa immagine <<MURO>> che è sinonimo di possibilità rappresentativa) DISSOLTO, ovvero DISSOLVENZA… ZAMPILLA UNA FONTE (non è reale! E’ vista e udito- ovvio) AMBASCIATORE (come CHERUBINO e MESSAGGERO) ROCCE (si fonde con l’immagine però) CERCHI COME AGHI ASPIRANTI (vista) SCARICHE ARTIFICIALI (forse è la vera sinestesia di 1^ grado perché la vedevo come un fuoco d’artificio à contiene del colore!) LAMPI IN DISSOLVENZA Questi erano i suoni, catturati a ritmo di tastiera, considerati gli ostacoli esterni, la necessità di strizzare gli occhi e spostare il lucernario; considerato che non scrivo sempre molto veloce e che ho dovuto riprendere più volte da un punto in cui mi ero incantata, ripercorrendo a quel punto le immagini. Dunque, molti altri SUONI- IDENTITA’ saranno andati “perduti” in questo primo esperimento. Ciò che però più ha condizionato le prove successive sono state le IMMAGINI a quanto pare. Se lo scheletro di questa allucinazione (o esperienza di traslazione che sia) sono appunto i SUONI- IDENTITA’ così scritturati, mi è sembrato interessante confrontare le immagini istintive del qui ed ora con quelle del primo ascolto, effettuato dal letto e senza che avessi la possibilità di scrivere. Ci sono IMMAGINI ben precise in questa prima fase, che sono riconfermate durante l’esperimento (come in seguito l’ho chiamato): COLLE SCENARIO DI POLVERE SENTIERO STERRATO (adesso l’avrei chiamato “SNODATURA STERRATA”) BAGLIORI- e precisamente 101 ULTIMI (ULTIMI per chi e che cosa? Lo stesso per “DISTRUZIONE”: cosa deve distruggersi?)…. Con l’espressione “non lo so ancora” sono già alla notte di prima esperienza (il “concepimento” in cui il VECCHIO esiste, stordito da BOATI LONTANI, scariche che sono spacchi di bianco elettrico su uno sfondo nero, si stagliano con precisione, immediatezza e determinazione e si allungano (questa è la SINESTESIA DI PRIMO GRADO?dunque è successo anche a me?!à SUONO ≈ COLORE). Il colle, inoltre, nella prima fase è una sagomatura della superficie, una specie di onda (… guarda caso) monocroma che la rigonfia e l’abbassa. L’associazione di idee ha dato luogo probabilmente a tale identificazione. L’omino rimbalza da una parte all’altra di questo “schermo” che in realtà non ha aperture [vedi (“preludio ostinato)-ONDE#03… “qui non ci sono dimensioni”] che quasi viene da suggerirgli di andar via! Lui scappa, si sposta, ma non sa dove nascondersi! Poi c’è già questa chitarra che ha un potere d’attrazione particolare… RASSICURANTE, ma c’è anche qualcosa di meno incoraggiante nel suo intervento. Torniamo alle IMMAGINI dell’”esperimento” (=ONDA 1), o alle scene. Nella prova di identificazione delle immagini qualcosa si è modificato. 102 Prima di tutto, ho ripensato alle condizioni del primo ascolto, ostacolato da una circostanza curiosa, perché il lettore cd saltava la prima traccia e passava alle successive impedendomi di focalizzare. Questa coincidenza ha creato un intro suggestivo, permettendomi di prestare attenzione alle sub-sequenze del lavoro, che altro non sono che scomposizioni con approfondimenti, sottolineature e divagazioni sul tema del primo esperimento sonoro, ONDE#01. Così è nato “PRELUDIO OSTINATO”, ovvero la ripresa del “viaggio” di traslazione da quell’intro suggestivo. Ostinato perché le condizioni esterne (quelle del riascolto) erano stavolta ben diverse, meno private, ostacolate, trovandomi io in una stanza opportuna ma nel momento meno adatto (esempi pratici: luce accesa nella fase di ricerca di concentrazione, “estraneo” all’ascolto di un programma in tv…; e successivamente buio in eccesso, candela che scivola o non è troppo schiarente; inquisizioni da parte dell’”estraneo”…). Quello però doveva essere il posto ed il momento. Così avevo deciso. Tensione in crescere per la difficoltà della prova. Questa fase contiene però un vizio di forma perché nel temporeggiare mentre aspetti di riprendere concentrazione piena sovvengono espedienti narrativi che storpiano il flusso di coscienza: ad esempio, il pensiero di come rappresentare tutto questo, che mi ha ricondotto ad un dubbio di sempre su come rendere le immagini oniriche in un qualcosa di più esplicito e subitaneo della scrittura. L’idea del dipingere su un ampio spazio mi è tornata in mente altre volte. Questo spiega l’intervento di un <<protagonista>> esterno (vedi * PROTAGONISTI)… del quale parlerò in seguito. Il “preludio ostinato”- per concludere- si ferma al riascolto di ONDE#02- ONDE#03, perché l’ostinazione fortunatamente ha avuto la meglio sugli elementi di disturbo. Pensandoci, in seguito, per quanto li ritenga comunque incompleti e neanche esattamente azzeccati, questi miei due preview corrispondenti a tracce posposte nel cd sono di fatto la continuazione, l’esito, per ciò che succede in “ONDA1”. Mi riconferma l’immagine ciclica di un qualcosa che più che ricominciare si riprende, si ristravolge. In realtà non c’è partenza definita e non c’è un arrivo definitivo… ma un continuo procedere. “Qui non ci sono dimensioni” è un po’ il nuovo scenario per il VECCHIO della “storia”, realtà sottolineata dall’improvvisa scomparsa della punteggiatura che fa perdere i parametri fisici del razionalizzare… (forse una mia inconsciao non- volontà). Come già rilevato, le prime righe di ONDA 1 sono il derivato di una prova interpretativa. Quello che però succede a livello di “reportage” è come l’intermittenza di un’immedesimazione reciproca tra due coscienze che in qualche modo fruiscono della stessa esperienza di dramma introspettivo, anche se non sono a contatto e se soltanto uno dei due è consapevole (come traspare dal suo pensiero). Questo <<strano caso>> mi ha indotto a soffermarmi sulla ricerca dei (*) PROTAGONISTI di questa che ho ribattezzato come “trasposizione cognitiva”. Principalmente i soggetti/ volti della “storia” sono due: FRUITORE DIRETTO (il “VECCHIO”) ed INTERPRETE (quello che cerca di raccontare quello che ha vistoesperito attraverso i suoni). Durante il flusso cognitivo che mi ha portato a stendere il plot sono emerse le analogie somatiche tra questo interprete esterno e me stessa, tanto è che al momento in cui egli prende coscienza di ciò che ha realizzato, non precisamente convinto, è il mio intervento interpretativo a prendere la parola ed egli diventa un portavoce, per quanto continui a volerne sottolineare il ruolo di protagonista non cosciente, che forse per coincidenza o trasposizione vive il mio stesso cruccio circa la possibilità e l’inadeguatezza del linguaggio espressivo. Quest’Io quiescente emerge in ultima istanza ma non è di rilievo e non contamina il fluire delle immagini che piano piano danno luogo ad una specie di storia trasognata. Cruciale è il momento di excursus, che ho voluto evidenziare, per renderlo più facilmente individuabile, con le virgolette. Questo è infatti il punto più onirico della traslazione. Con mia stessa sorpresa il PROTAGONISTA- FRUITORE, cioè il VECCHIO, che d’impulso è accorso ad una sorta di richiamo (preannunciato), si 103 rimaterializza nelle vesti dell’IO- GIOVANE che è il 3^ PROTAGONISTA- o meglio il 3^ OCCHIO-, il più introspettivo. Egli è in qualche modo il conduttore dello svolgimento del <<drama>>, il mediatore delle 3 COSCIENZE in causa (FRUITORE, INTERPRETE, IO QUIESCENTE). D’altra parte seguo a scrivere così come la musica mi detta, non senza un grande sforzo mentale, per non disperdere e per indirizzare la concentrazione, per l’energia che questo richiede più passano le ore. “… immerso nel buio al solo immaginare, gli occhi chiusi, ecc.” è proprio ciò che avveniva la notte del primo ascolto di ONDE- infatti compare per intrusione un commento esterno, il mio (“aspetto nuovi indizi per completarlo”), che rischia di risultare persino fuorviante e tale da rendere poco convincente la scena. Durante il primo ascolto non apparivano affatto finestre od oggetti materialmente identificabili. In questo momento in effetti l’IO QUIESCENTE è risvegliato proprio dall’analogia tra il vissuto personale e quello del protagonista obsoleto… in quanto vecchio che riscopre sotto la polvere sedimentata di aver conservato sembianze di un giovane, giovani aspettative e giovani omissioni. Il tempo perduto lo si legge solo nei depositi di questo “fango a velo” che ha svolto la funzione di ibernazione per uno spirito evidentemente pre- condannato all’immobilismo; un immobilismo che sapeva sarebbe stato drasticamente spezzato il giorno dell’atterraggio… (Quando ho scritto 104 ASTRONAVE sinceramente l’identificazione non mi piaceva. Tuttora non mi sembra che questa IMMAGINE risponda pienamente al requisito di precisione che ho cercato di adottare. Faccio fatica ad inquadrare, tuttavia, in un oggetto definito quella che di fatto è una sensazione emotivamente forte ed ambigua, senza che questo strida appunto con essa, più che concorrere a personificarla.) Questo passaggio mi piace perché racchiude il punto focale di questa esperienza (sinestetica?). Eppure questo è anche il momento più critico e meno subitaneo. Necessito di mandare indietro più volte la traccia per riafferrare appieno gli spunti, per riprenderli lì dal suono preciso da cui sono originati. Tale pignoleria non è priva di conseguenze! Ripercorrendo la traccia è inevitabile si aprano strade secondarie più o meno contemporaneamente. Questo comporta che io debba sezionare la mente in scribaniinterpreti più o meno capaci e veloci, ma anche la rinuncia per limiti pratici (es. il fatto di avere soltanto due mani) a qualche input. Questa fase è il vero fulcro delle intermittenze che vanno a completare lo scheletro, aggiungendo tasselli agli sprazzi abbozzati più in basso o più in alto. Si rende necessario fornire materiale tattile all’INTERPRETE che si sarebbe già perso d’animo perché “aride dita senza forza creativa” è già stato composto- deposizione rassegnata di chi realizza di non essere abbastanza <<immateriale>> per poter 105 oltrepassare i confini (lapsus per MURO) della comunicabilità. E’ evidente che egli possieda un’eletta virtù perché dice “il tempo di salire lì su”, tanto è chiara l’immedesimazione con il PROTAGONISTA FRUITORE. E tanto è che nella svista è quasi imbarazzato e si appresta a dichiarare che si tratta di un MURO, non di un CONFINE. Forse, penso io, il muro lo si può abbattere ed è pur sempre una superficie che potrebbe essere riempita di scritte- figure, ecc.-à quindi un MEDIUM; <<CONFINE>> suona come una limitazione più invalicabile, forse anche tridimensionale, con profondità ed ampiezza ignote, non sempre proporzionali alla forza di oltrepassarle. Questo è il successivo dramma, forse più grave di quello del suo co- protagonista, in qualche modo preparato- non rassegnato- per l’esito di cui è fiero testimonial. Il dramma dell’interprete è maggiore perché vi è consapevolezza riconfermata dell’impotenza espressiva, che, laddove si superi con accorgimenti ingegnosi, ritorna trionfante quando si considera che la fruizione del messaggio sarà incompleta (“e gli odori?!?! Come posso…”), quindi non del tutto realistica. Il “VECCHIO” entra in un nuovo universo adimensionale (tornando ai due “preview” di “Preludio…”) e non ne è spaventato (“basterà abituarsi ai nuovi costumi locali”). Ultima (?) voce di campo per l’INTERPRETE che si rifà ad una mia esperienza reale- la fruizione dell’arte attraverso l’olfatto. Forse ha trovato una soluzione…o una nuova 106 interpretazione. Non è detto che ne sia soddisfatto (SECONDO ME NON LO E’, ma lo capirò nella seconda parte dell’esperienza sensoriale “ONDE”). E, in fondo, la conclusione è di quell’IO QUIESCENTE attraverso il quale mi sono intrufolata in queste righe. (Soddisfatta?) Di certo l’ho tolto dal disagio del momento. Non è esatto che i 2 + 1 PROTAGONISTI si siano riallacciati. Non è avvenuto questo concretamente e in una scena da lieto fine. E’ solo che mi è sembrato di leggere in tutto questo la perfetta sintesi di svariate elucubrazioni sull’essenza e la sua definizione. L’UNICITA’ di un’essenza che è CONTINUITA’ tra essenze mi sembra finalmente, e tuttora, una corretta e consolante risposta. FINE PRIMA PARTE (II PARTE) … LEGGEVA NELLO STEREO CHE ANDAVA IL SOTTOFONDO PIU’ ESATTO PER QUELLE PAROLE STATICHE E CALDE CHE LE SI POSAVANO SUI VESTITI, DANDOLE ASPETTO RICONOSCIBILE. E IL SUONO ENTRAVA DA SOTTO IL LETTO COME UNA NUBE TOSSICA INVISIBILE A SCUOTERLA, SOFFUSA NELLA LUCE UNA COSCIENZA RESPINTA… <<FUI COSTRETTA A PRENDERNE LE DISTANZE DAPPRIMA POI ALZAI IL VOLUME E TORNAI AL MIO ROMANZO. MI PIACEVA “PINOCCHIO” CHE USCIVA MORBIDO DALLE CASSE; CONCENTRAVA LA MIA LETTURA>> E COSI’, ATTENTA A NON DISTRARSI SI SOTTRASSE ALL’AUTOCONTROLLO GIA’ STORDITO ANCH’ESSO DAL CAMBIO D’ODE. LA NOSTRA STELLA DEL CINEMA, COME LA CHIAMAVANO SULLA PASSERELLA, FU PRESA DAL Morbo Del Nervo Rapsodico E IN UN CRAMPO VIOLENTO SI TROVAVA GIA’ A TERRA IN UNA POZZA DI SUONI A COLORI. DI LEI VEDEVO LE LUNGHE MANI BIANCHE IMMOBILI COME RAGGI IN ESTENSIONE… <<… LA PANCIA A TERRA. E MI SVEGLIAI. GIACEVO SU UN TAPPETO DI FOGLI IN DISORDINE. CARTA DA SCRIVERE E BRUTTE COPIE GIALLO AZZURRE COLLA PENNARELLI VERDI E ROSSO E 1 MATITA E DUE PIUME D’OCA E CLIPS GESSO GESSO STUCCO SABBIA MATTONI A PEZZI CHE SUCCEDE? E’ TUTTO CIO’ CHE AVEVO RACCOLTO DENTRO LA GABBIA PRIMA DI SCHIZZARE DI QUA… … E INFATTI INDOSSO ANCORA LE CUFFIE…>> LA PANCIA A TERRA. E SI RIALZO’. LO SGUARDO STORDITO, NUOVO, SOLITARIO DI CHI SI RISVEGLIA SENZA RICORDI O NON RIESCE A RICOSTRUIRVI CRONICITA’ CON CIO’ CHE LO CIRCONDA. ORA INDOSSAVA CUFFIE DI FORMA INSOLITA E CI PASSO’ SU LE MANI QUASI PER ACCERTARSENE. CAOS ONIRICO PRENDE IL SOPRAVVENTO UNO SCONOSCIUTO ENTE ESTRANEO. NON PERCHE’ INTERNO SI ESATTO QUESTO E’ IL VERSO DEL SUO ARRIVO O IL SUO RESPIRO L’ENTE ONIRICO HA DUE FACCE E 1 FORMA IN QUESTO CASO ED ESPLODE ALL’IMPROVVISO CON FOLLI PREAMBOLI COME QUESTI. NON CHIEDETEMI COME SCOPPI E CHI NE SIA PREDA. PERCHE’ OGNI ATTIMO “CHE SI RISPETTI” E’ QUELLO DELL’IMMINENZA. COME ESANIME MA VIGILE RIPRENDO A PARLARE. NON NEGO DI NON SAPERE CHE FARE E CHE QUESTO MI INCUTA TIMORE. CERCO DI RITROVARE INDIRIZZI ALZANDO IL VOLUME L’ENTE ONIRICO SA DI SANGUE BIANCO E PER QUESTO LE TREMANO LE MANI DI OPACITA’ ORA BIZZARRO SI DIVERTE A CONFONDERNE LE MEMORIE E NEL PASSAGGIO ANNEGO ANNEGO IO TRA QUESTE BOLLE IN REALTA’ GALLEGGIO LE SCARICHE LE HANNO TRAFITTO LA NUCA, TANTO CHE LE HO VISTO FARE 107 108 109 110 111 PIU’ DI UN SOBBALZO DAL PAVIMENTO MENTRE SUL SUO NASO IL SAPORE DELL’ACQUA SALATA. MI DISORIENTA TANT’E’ VIOLENTO QUESTO SCAMBIO DI IDENTITA’ CHE MI AFFRETTO A RIPORTARE SUBITANEI PASSAGGI DI SENSAZIONI DA FAR VENIRE IL SANGUE DA NASO. MI TREMA PERFINO LA TESTA “DECISI DI SEGUIRE L AGUIDA INCALZANTE MENTRE GLI ARTI ENTRAVANO IN TENSIONE POSSEDUTI DALL’INCALZANTE ECCEDERE DI NOTE DANNATE. TENDAGGI IL SUONO CUPO DI UN QUALCOSA DI ASTRATTO CHE SI AVVICINA SENZA MINACCIA. CERCHI ASPIRANTI CHE SI SPENGONO” LE RICONOSCO LE SAGOME A SFERA DI QUESTO SCHERMO PIATTO CHE RICONOSCO NEL MIO PAVIMENTO. MI RICONOSCO ICONA DI ME CEREBRALMENTE TRAPIANTATO VIA CAVO DA UN VIAGGIO COLLATERALE IN ATMOSFERE IGNOTE IN CARNI FRESCHE E SCHIVE DEL DISAGIO DELLA COSCIENZA RIFLESSA. PAUSA (*segue “quadro”) ESPERIENZA “SINESTETICA”_ II PARTE (A). NUOVA TRASPOSIZIONE. La scelta della libera scrittura è arbitraria e casuale allo stesso tempo. Prima che abbia avuto coscienza della necessità di analizzare quel risultato che per praticità ormai chiamo “Preludio Ostinato” (comprensivo di “Onda 112 1”), mi sono trovata a dover dar sfogo ad una tensione prigioniera- legata alla sospensione e all’incompletezza, o all’inefficacia, espressiva dell’esperimento. Era chiaro che avrei dovuto evitare ogni forma di disturbo dall’esterno e che l’immedesimazione sarebbe riuscita maggiormente creando una struttura convincente, direi scenografica, dalla quale trarre pretesto e continuità. Evidentemente insoddisfatta della riletturache come spiego nelle pagine di analisi postuma, mi sembra incompleta e non precisamente estrinsecata- mi sento quasi in dovere di liberare la voce del protagonista“INTERPRETE”, quello che maggiormente risulta – a mio avviso- penalizzato dal mio intervento e dalla conseguente viziosità dei contenuti che lo riguardano. Non sono nemmeno soddisfatta- per rispondere, a posteriori, all’interrogativo che conclude la mia analisi- delle numerosi omissioni che annebbiano i passaggi descrittivi facendo precipitare la narrazione frettolosamente in un “finale” surrealistico e quasi fantascientifico (mi chiedo se questo non ottenebri il vero contenuto, se di questo si può parlare). Quest’ultima osservazione vale in special modo per “Preludio Ostinato”- Onde#02; Onde#03”, che mi riservo di riesplorare cercando di dare anche alle successive il giusto spazio. Per chiarire il concetto di <<arbitrarietà>> e <<casualità>> congiunte, l’allestimento dello spazio di concentrazione mi sembra indicativo. Si tratta di collocare a terra materiali fruibili e “d’ispirazione” (ora direi anche sinestetici): cartoncini azzurro, giallo, grigio; fogli bianchi A3 e fogli d’appunti (come quelli che utilizzo per questa analisi), disposti a mosaico davanti alle mie ginocchia. Il materiale sarà così a portata di mano e la musica mi guiderà nella scelta di quello più consono- evidentemente più espressivo. Recupero, dunque, tutto ciò che può essere utilizzato per rendere l’immagine del MURO della storia: SABBIA, SACCHI DI NYLON, PAGLIA, BASTONCINI DI LEGNO, COLORE A TEMPERA, COLLA, CERA, FOGLIE, PASTELLI, FILO… Due piume d’oca si depositano casualmente sulla scena. Interviene in questa fase non poco smaniosa un elemento imprevisto: si tratta di una melodia (Pinocchio di F.Carpi) e non ha niente a che fare con Onde, ma che è collegata in modo esoterico al suo autore evidentemente, ad una precedente esperienza legata ad un simile richiamo e in un analogo contesto. Ecco che questa melodia, apparentemente estranea, si infila nella voce diretta e diventa essa stessa contesto fondamentale- provabilmente- della protagonista della “storia”, che presto si rivelerà essere una nuova trasposizione. ONDE#02, ONDE#03. La scelta dei fogli d’appunti e la penna con cui ora scrivo è istintuale ed immediata. Non credo di aver avuto coscienza della necessità (* necessità, perché nel testo originale il pronome “LE” della seconda riga è scritto per precisazione in alto tra le due parole “che” e “si”). In sostanza, non sono io la persona della quale si parla, né io a raccontare, nonostante l’analogia tra gli elementi chiamati in causa e quelli realmente identificabili nella mia stanza, così come la mia stessa posizione. Una nota qui riguardo la mia indagine sulla SINESTESIA: NUBE TOSSICA e VESTITI sono <<SUONI>> (=SUONI- IDENTITA’) a pieno titolo, gli unici assieme a LUCE e successivamente a POZZA DI SUONI A COLORI e RAGGI IN ESTENSIONE che già si fondono con le <<IMMAGINI>>. Dal secondo intervento in discorso diretto è chiaro il passaggio, o meglio, l’innesco della trasposizione che, diversamente da quanto accade nel primo esperimento, dove sono coinvolta nell’esperienza percettiva a due piani, riguarda un livello per così dire interno: tra due coscienze che non si conoscono, hanno vita disgiunta e con probabilità dimensionalmente dissociata, per le quali fungo forse da tramite. Ne ho coscienza quando scrivo “prima di schizzare di qua” e, in effetti, rileggendo il paragrafo mi accorgo della “coincidenza” dell’elencazione di materiali da me stessa preallestiti, ai quali però si aggiungono GESSO, STUCCO e MATTONI A PEZZI… Mi è chiaro che la voce narrante ha registrato un cambiamento nel protagonista del discorso diretto. La casualità arbitraria nella scelta degli oggetti a disposizione come elementi “d’ispirazione” hanno fornito la porta per l’interferenza e la successiva immedesimazione, che sfocia con violenza nella trasposizione tra l’INTERPRETE di 113 “Onda 1” e la modella estranea (… alla volontà?… “fui costretta a prenderne le distanze…; poi alzai il volume”). ONDE#04; ONDE#05. E’ il momento del CAOS ONIRICO che induce il narratore interno- rimasto intaccato finora dall’accadutoa cambiare penna e prima che ne sia padrone è il flusso di coscienza a dirigere l’altalenarsi tra voce narrante e l’Ente, cosiddetto “Onirico”, in qualche modo la forza del trasporto emotivo, irrazionale e carico di verosimiglianza che è dato dalla musica. Ora succede qualcosa di ancor più strano. Le virgolette del discorso diretto scompaiono fino all’ultimo paragrafo, tant’è che mi è difficile capire chi stia parlando… Forse l’Interprete che deve tentare di ricordare, forse il Narratore Interno che è stato investito dalla stessa forza misteriosa ed ora vive egli stesso l’esperienza della trasposizione nelle vesti della protagonista- espediente e dell’interprete. Non a caso è in penna nera, come per distacco narrativo (ipotizzo), l’estratto che parla di lei, come se la voce narrante apparisse confusa, schizofrenica a cercare equilibrio tra l’immedesimazione ed un oggettivo reportage (v. alternarsi tra inchiostro nero e blu). E lì dove prende la parola appare evidente il difficile stato d’animo, lo sforzo mentale che si manifesta in stadi psicosomatici fisicamente inquadrabili, come la sensazione di annegare. “Mi disorienta tant’è violento questo scambio di identità che mi affretto a riportare”… Ora 114 la trasposizione ha investito anche me, checome dicevo- sono il tramite attraverso cui passano queste coscienze. La prova non può non avere effetti collaterali a quanto pare. Tant’è che se prendo la penna della voce narrante per risolvere la trama che riguarda la “LEI” che si è trovata ingenuamente coinvolta, ricordo perfettamente e non senza un po’ di preoccupazione, di essere io stessa investita da scariche. Non si tratta più di immagini o sensazioni psicologiche, bensì di veri e propri spasmi fisici che mi fanno sobbalzare da terra, distesa prona come sono sul pavimento, le braccia dritte e rigide ad estendere la scossa che mi oltrepassa, fino a lasciarmi inerme con l’eccitazione di scoprire cos’altro accadrà e la paura che il gioco sia diventato fin troppo pericoloso ed ingestibile. La voce tra le virgolette del discorso diretto è ancora la mia, quasi a spiegare l’accaduto, e si chiude con l’immagine topica dei CERCHI ASPIRANTI, che ora vanno affievolendosi. Infine l’identificazione nel riconoscere (scandito da tre ripetizioni) oggetti ed esperienza. Ora però è nuovamente l’INTERPRETE a riportare soltanto quello che è mia deduzione. II PARTE (B) (riguardo il “quadro”) La pausa è breve,ma questo non conta. Adesso mi trovo ad analizzare il risultato figurativo che ha dato pace all’INTERPRETE, restituendogli un po’ di sollievo. Ora è lui, durante il riascolto continuativo dell’intero CD, sulla scena, ad imbrattarmi il pavimento di colla e tempere secche. Quando sarà soddisfatto, il lettore avrà registrato forse più di 20 riascolti dell’album di A.G. Le mani imbrattate di un entropico impasto marrone- giallastro, occhiaie scavate: mi sento finalmente sollevata dall’incarico e credo di aver fatto del mio meglio. Esteticamente, anche all’indomani, il risultato del “quadro” non mi piace. Adesso che rileggo quanto contiene credo rappresenti piuttosto bene il contenuto complicato dell’esperienza drammatica dell’intero esperimento. Se avessi avuto a disposizione qualche materiale in più sarebbe stato più speculareanche se preciso che non è certo questa (parte destra del quadro) l’immagine del <<muro>> che ho avuto durante l’esperienza onirica e tutto il resto. Forse questa raffigurazione (parte sinistra) rispecchia più lo scenario surrealistico di ONDA1 e per questo è così ostinata la stesura del colore, ripassato più volte con le ditaacceso verso l’esterno e verso l’alto a cercare l’estensione. Non vorrei spiegare oltre. Anch’esso è in fondo l’esito di una commistione di ingredienti: il CASO e l’IDEA; la SPONTANEITA’ e l’IMPREVISTO; CONCENTRAZIONE e DISTURBO; PRESA DI COSCIENZA e ABBANDONO; RAZIONALITA’ e SOGNO; PUNTI DI VISTA CONVERGENTI e IDENTITA’ DISSOCIATE; ANSIA e DECISIONE; FORMA e ADIMENSIONALITA’; ESPERIENZA e RAPPRESENTAZIONE; ERRORE e LAPSUS; INCOMUNICABILITA’ e DETERMINAZIONE OSTINATA; IMMEDESIMAZIONE e DISTACCO; FRAPPOSIZIONE D’ “IO” ed ALIENAZIONE; MATERIALI DI RECUPERO e SUGGESTIONE; TATTO ed IMMATERIA; DIMENSIONE ed ASTRAZIONE; SUONIIDENTITA’ ed IMMAGINI; PERCEZIONI ed INTERPRETAZIONI; EXCURSUS ed IMMINENZA; SFUMATURE e DEFINIZIONI… Posso dire che, se avessi interrotto il lavoro prima, il risultato non sarebbe completo, perché il riascolto delle tracce, così incalzante - forse talvolta ossessivo- ha comportato dei ritocchi,via via necessari (che portavano alla sopraffazione ad esempio, di un colore più pesante cui stavo dando troppa voce), e dei ribaltamenti di conseguenza. E credo del resto che la calcificazione del colore, le macchie e le graffiature disordinate, racchiudano con sufficiente eloquenza contrasti e linearità dell’intera esperienza e della complessa volontà descrittiva che pone fine alla ricerca fin qui protratta. E da tramite dell’intera esperienza sinestetica (?)- traspositiva, guardando adesso il risultato, non posso che notare che elemento conduttore dei diversi ingredienti o contenuti di questo “testo figurativo” (sempre il <<quadro>>) sono proprio le ONDE che si insinuano tra i colori scindendoli ed amalgamandoli in decise armonie sensoriali. 115 PRECISAZIONI CIRCA L’INTERO LAVORO. Quello che attualmente chiamo “Preludio Ostinato” è in realtà il risultato di tre esperienze sensoriali (quelle che riporto in grassetto qui sotto) e le rispettive analisi dei contenuti : - - - - - - (preludio ostinato)- Onde#02/ Onde°03 + Onda 1; Seconda parte dell’esperimento (senza titolo) scritta in penna ed in stampatello; il <<quadro>>; “Dentro l’immagine” (analisi postuma *) II PARTE A “…Nuova trasposizione” (analisi postuma *) II PARTE B (analisi postuma *) (*) la necessità di spiegare, in primo luogo a me stessa ed eventualmente all’autore delle sonorizzazioni, quanto accaduto, mi ha spinto a conclusione della terza esperienza a riprendere criticamente in mano la lettura delle “suggestioni”. Volendo essere precisi, dovrei aggiungere un quarto momento (il primo anzi!), ovvero quello legato alla prima occasione d’ascolto del cd, durante la quale ha realmente inizio l’esperienza che andrò ad approfondire nell’esperimento Onda 1. ascolto di Onde, direttamente su un foglio Word. Il secondo esperimento invece viene realizzato a penna, e così le successive stesure analitiche. Per fedeltà all’originale ho riportato la seconda scrittura in carattere stampatello blu, in modo tale da far rispecchiare l’utilizzo alternato degli inchiostri durante il vissuto. Allo stesso modo, ho riportato il carattere schematico dell’analisi relativa alla prima parte dell’esperimento, nata sulle prime bozze d’appunto che avevo cominciato a raccogliere per individuare le tracce di sinestesia nelle espressioni riscoperte nel mio testo (quelle che poi ho chiamato “suoni- identità”). Il Senso che compare tra parentesi accanto ad alcuni di questi Suoni- Identità serviva a me più che altro per aver memoria della percezione sensoriale predominante al momento del vissuto e della sua registrazione; è chiaro che non si riduce (o limita) ad esso. Per quanto riguarda la denominazione delle parti di scrittura nelle griglie d’analisi, Preview sta ad indicare il vero preludio…, in altre parole onde#02-#03 che precedono ONDA1. L’esperimento è ONDA1. Il concepimento fa riferimento all’”allucinazione” del primo ascolto. Note: (preludio ostinato)- Onde#02- Onde°03 + Onda 1 viene realizzato durante il primo ri- 116 117 Performing Art e Utopia Concreta oltre la multimedialità Nicola Frangione Ancora oggi notiamo come sia difficile per l’operatore “artistico”, anche il più volenteroso, prescindere dai modelli e dai materiali che costituiscono il suo specifico operare, le caratteristiche e le discipline delle diverse forme di espressione sono spesso vincolate per l’evolversi del progetto nell’oggetto artistico. Sia nella musica come nelle arti visive, sia nel teatro come nella poesia, la specificità del mezzo hanno indotto l’autore verso un’autodifesa corporativa nella convinzione manieristica di un’identificazione drammatica. Il mezzo, la disciplina, la tecnica, diventano per eccesso “verità filosofiche” di identificazione esistenziale, come una mamma eterna ed immutabile pronta ai nostri vizi di umano cambiamento. Nella Performance si tratta semplicemente di attribuire al mezzo espressivo la conoscenza della propria sperimentazione, una trasferibilità celibe e performativa, dove l’autore traccia insieme al proprio lavoro una azione totale, una coesistenza dialettica e critica, in sostanza un distacco poetico che tiene conto della forma senza esaltarla. Nell’articolazione del processo progettuale la multimedialità ha caratterizzato in questi ultimi trent’anni un terreno di ricerca criticooperativa, ha maturato la possibilità di nuove tecnologie e quindi di nuovi mezzi, ma non ha superato quegli sperimentalismi chiusi negli ambiti dello “stupefacente apparire”, anzi, in molti casi ha determinato una omologazione 118 tecnica tra varie forme artistiche. Una omologazione che configura la possibilità di collegare conoscenza tecnico-realizzativa e conoscenza artistico-ideativa sullo stesso piano estetico. Con la tecnologia aumentano le possibilità decisionali che l’artista ha a disposizione, ma il nuovo “stupafacente apparire” riemerge; svincolato dal rapporto critico, offre una differente morbosità del mezzo, come se fosse una nuova ideologia pur conoscendone i limiti programmatici nello spazio-tempo. Ciò che appare è sempre l’eterna “messa a morte”, un tentativo di vestire il mondo artistico di precise certezze staccate dalla memoria, una imprevedibilità mancante di un’etica del rischio, una modernità dove nessuno cade, nessuno si fa male, ma tutti possono connettersi in breve tempo con un mondo acerbo che si autospiazza già domani, per le più aggiornate e nuove tecnologie di opportunità, eventualità, interattività, virtualità, plurisensorialità. Oggi credo si possa affermare che non esiste più differenza fra mezzo espressivo e aspetto tecnologico. Se osserviamo gli stessi media, ci rendiamo conto che essi sono già una somma di funzionalità estremamente utili per comodità e spettacolarizzazione, ma notiamo una polarizzazione percettiva dell’autore (senza odori) come se fosse una personalizzazione astratta, un autore che attende con ansia il nuovo aggiornamento tecnologico, dimenticandosi tutte le circostanze dell’antico godimento in cui 119 il tempo di vita si imponeva sul tempo di produzione. Nel senso drammaturgico delle arti e nel fare “performing art” si va oltre la multimedialità, con distacco; l’opera è l’autore come sinergia interdisciplinare, l‘autore è l’elemento della memoria collettiva come unico artefice del suo processo artistico, la performance è un percorso parallelo tra linguaggio-concettuale ed emotività-pulsionale, come pensieroazione. Al contrario la tecnologia nei suoi aspetti più generali tende allo stupire, sia i consumatori che spesso ignorano i meccanismi tecnici, sia i creativi che coscienti del mezzo, restano legati alla crescita e alla causalità dei ritrovati ultimi. La capacità delle nuove tecnologie di ingannare il sistema nervoso centrale lascia due venditori che non si conoscono, due compratori che cominciano a conoscersi come consumatori che interagiscono in un gioco esclusivo, nuovo e spiazzante. Se lo spazio sintetico è anche spazio reale, resterà l’uomo artefice responsabile del suo controllo e autore. L’agire artistico come “drammaturgia totale” è il modo in cui si esprime la virtuosa caratteristica esistenziale dell’individuo e la performance potrà contenere il sé e il fuori del sé. La “performing art” può svilupparsi con la conoscenza tecnica e la sperimentazione dei linguaggi, ma sempre prevale anche quando il corpo è presente un segno che è straniero, una energia estroversa di stupefacente apparire. Il performer può inseguire sempre esperienze e linguaggi nuovi nel progetto, ma a lui resta l’azione ribelle e psicologica della reazione come arte della vita. “L’origine è la meta perché io ti guardo quando tu ne accorgi”. Su questa breve frase l’utopia non è cosa astratta ma concreta; di più l’utopia concreta è l’asse portante su cui avviene la “extraazione” del Performer come viaggiatore di un mondo prima interiore e dopo esteriore, ed è indipendente dalle discipline, dalle tecniche e dalle definizioni. La Performance esprime sempre un carattere originario che è riconducibile al dramma ma senza essere teatro, avviene prima nella consapevole coscienza di esistere e dopo, come sintesi, viene “messa in campo”. Lo spazio d’azione viene modificato da una originalità interiore e la performance diventa un parto, una nascita, un avvenimento esistenziale di “messa al mondo”, perché su tutto ciò che è avvenuto nella performance ci riconosciamo antropologicamente vivi nel senso. Nicola Frangione “Immagine 006.jpg spedita Ottobre2004” (realizzazione materica-1988- cm.50x70) 120 121 Non ci sono più le mezze stagioni Claudio Barzaghi Già, sono scomparse anche le “mezze maniche”, i calzini corti (ma non quelli cortissimi) e, nella poco rispettosa pratica automobilistica, è scomparso pure l’arancione del semaforo. Ma cosa c’entra questo con la sinestesia e con particolari esiti artistici? Non lo so, però conto di arrivarci. Alcune questioni relative alla sinestesia sono ormai note, e così riassumibili: «la sinestesia è il fenomeno per il quale la percezione di determinati stimoli è accompagnata da immagini proprie di un’altra modalità sensoriale, ovvero un’associazione invincibile e costante di sensazioni diverse che si presentano simultaneamente, come un’”audizione colorata” o una “visione uditiva”. Benché quasi tutti gli individui possano creare metafore sinestetiche pochi sarebbero, a detta di alcuni ricercatori dediti allo studio di questo fenomeno, i sinesteti»1. Ma, nonostante gli sforzi e le ricerche, manca allo stato attuale una spiegazione unica del suo funzionamento e del perché si verifichi. E quindi la nostra “amica” resta, per molti versi, un rompicapo. Manfredo Massironi, in uno di quei rari libri che risultano coinvolgenti fin dall’azzeccato titolo (L’Osteria dei Dadi Truccati), pur non occupandosi espressamente di sinestesia, affronta vari argomenti di pertinenza artistica e, in particolare, ci conduce alla scoperta di un territorio psicolinguistico dato - dagli orecchianti come il sottoscritto - un po’ per scontato: Takete e Maluma. Si tratta di due isole immaginarie, o meglio, di un test molto noto quanto convincente, perché tutti quelli 122 che vi si sottopongono rispondono nello stesso modo, e cioè associando alla parola “takete” una forma costituita da segmenti rettilinei e angoli acuti, e alla parola “maluma” una forma rotondeggiante. Raramente si ottiene un risultato più “pulito” e plebiscitario. Le cose, però, cambiano quando si passa alla verifica di possibilità intermedie come, ad esempio, l’associazione delle parole Malute e Takema a configurazioni grafiche costituite da tratti rettilinei e curvilinei insieme. In questo caso il miracolo non si compie; in pratica siamo in presenza di un caso «unico ed estremo. Siamo di fronte ad una condizione del tipo tutto/niente»2. Insomma, alcune parole e alcune figure, grazie all’associabilità di suono e immagine, più di altre risvegliano e soddisfano l’estremista che è in noi. Sul fronte del processo niente di nuovo, soprattutto se si pensa alle considerazioni semiotiche del sinestetizzante (ma quanto consapevole?) Ferdinand de Saussure il quale, all’inizio del secolo scorso, inaugurava una nuova stagione definendo il “segno” come la combinazione del concetto e dell’immagine acustica 3. Alla fine, gira e rigira, tutto ruota ancora e sempre intorno ai cinque sensi che, può essere utile ricordarlo, la concezione religiosa medievale considerava pericolose vie di accesso al peccato. E a ragione, infatti, cos’altro potrebbe essere lo “sregolamento” dei sensi messo in scena dalla sinestesia se non un peccato perpetrato ai danni del mondo regolato? 123 Troppo spesso soffocati dalle mezzemisure e dalle mezze-porzioni gli umani cercano vie di fuga (spesso nella banalissima violazione della legge), e assai raramente le trovano. Ma tra gli umani certuni risultano più fortunati, quasi privilegiati, e sono gli artisti. Epperò mica tutti, solo quelli capaci, per intenderci, di rispondere alle domande del Tribunale dell’Inquisizione come Paolo Veronese: «Nui pittori si pigliamo la licentia che si pigliano i poeti e i matti». In definitiva quegli artisti che soffrono i limiti del troppo finito, del già dato una volta per tutte; quelli baciati dall’idea sublime del “mondo esiste ancora” perché lo faccio di nuovo. E così agendo e pensando violano le ferree leggi imposte dai sensi codificati, aggirano le trappole dell’anestesia (all’opposto della sinestesia), e corteggiano la Babele fisiologica alimentando perniciose quanto bizzarre idee di libertà. Per giunta senza essere nati sinesteti Pericolosi sovvertitori dell’ordine costituito state attenti! la nostra pazienza ha un limite. La vostra ricerca dell’opera totale potrebbe renderci vendicativi. Non costringeteci a invadere la vostra isola, o a confinarvi lì soli soletti. Si può sapere perché non vi accontentate di passare con l’arancione? Uomo avvisato, mezzo salvato. 124 1 F. Rampichini, Acusmetria. Il suono visibile, Franco Angeli, 2004, pp. 19-20. 2 M. Massironi, L’Osteria dei Dadi Truccati, il Mulino, 2000, p. 126. 3 F. de Saussure, Corso di linguistica generale, Laterza, 1978, p. 85. 125 126 126 127 La Sinestesia Monica Michelotti La Sinestesia quando la conosci ne rimani abbagliata, ti attira, ti innamora; ti permette di sviluppare tutti i sensi anche il sesto quello dell’artista, del creativo in genere. Quando la conosci non ne puoi fare più a meno, diventi un corpo solo e un anima sola assieme agli altri componenti del gruppo: Sassu, Albertin, Perseghin, i loro fondatori. Quando li ho conosciuti mi sono entrati nel cuore. Perché chi ama l’arte non ha bisogno di molte parole per entrare in sintonia, basta uno sguardo, un principio comune, un comun denominatore. È bello perché con la Sinestesia si sviluppa la sensorialità, sembra quasi una malattia incurabile e si sviluppa tramite il contagio, come un virus, ed ancor oggi stiamo cercando l’antidoto per la cura. Con la Sinestesia possiamo essere influenzati dai nostri sensi, oppure essi esplodono per poter esprimersi con fluidità nel mondo e nella storia. Allora il nostro corpo si trasforma per l’arte. 128 129 Sensazioni Flavia Fernandes Ho ricevuto una cartolina con la figura di Antonio Sassu a testa in giù, con la testa in un catino (forse con acqua), in una strada di Venezia e con persone intorno che guardano. Osservando questa immagine ho pensato: è incredibile! Lui inverte lo sguardo di tutti. Ci porta davvero un nuovo modo di guardare e una nuova relazione, non solo visiva ma di tutti i sensi. Come sarà rapportarsi con il mondo a testa in giù? Non è possibile la relazione del solo sguardo, ma tutto il corpo sta lavorando. Il sangue sta schizzando verso il cervello, c’è la questione dell’equilibrio, peso, sforzo, ci vorrebbero anni di addestramento perché vivessimo il mondo così a testa in giù, così come ci sono voluti anni perché l’arte arrivasse a questo punto. E lui era così nel bel mezzo di una Biennale dell’Arte. La relazione è molto diretta, va al tuo sentire come un tutto, lo fa affiorare. Situazioni e sensazioni umane basiche sono ampliate, sensazioni che tutti abbiamo, come per esempio guardare il mondo a testa in giù e così invertirlo. In altri lavori il gruppo Sinestetico del quale Antonio fa parte, dorme in mezzo alla strada su cuscini molto carini, con qualcosa scritto che ci riporta alla sensazione del tatto. Lo spostamento di situazioni intime quotidiane verso luoghi pubblici crea una stranezza e una discontinuità del quotidiano. La conoscenza umana avviene mediante il sentire che è la forma più universale di conoscenza. L’informazione è sentita e così avviene l’apprendimento. C’è un contagio, passa da uno all’altro immediatamente, 130 perché tutti sentiamo, e ciò rende possibile una maggiore universalità. La sinestesia riporta l’idea dell’amplificazione di questo sentire. Nella sfera dell’arte sentire come un tutto, stare nel tutto, essere nel tutto. Penso che il gruppo Sinestetico è sinceramente coinvolto nell’idea di un’arte che coinvolge tutti i sensi e che si amplia da uno all’altro nei modi di sentire. Non più l’Occhio dell’artista, o il suo orecchio, ma l’artista intero. Le situazioni più comuni come mangiare, odorare, toccare, guardare, assumono un nuovo significato e ci fanno riflettere sulla condizione umana, l’essere nel mondo, l’anima, l’essere qui, o l’andare oltre l’azione/arte e la pace. 131 La lingua degli angeli Valeria Bertin La musica è una manifestazione dell’ arte che ci coinvolge profondamente a livello psicosomatico. Chi più chi meno tutti assumiamo degli atteggiamenti di un certo tipo nell’ascolto: siamo portati a battere il tempo, a muovere la testa o a battere le mani e ballare o a seguire la melodia interiormente, oppure ci facciamo coinvolgere dall’armonia. Ma non ci chiediamo perché la nostra mente, il nostro corpo seguono armonie e ritmi. Per capire quanto la musica faccia parte della nostra esperienza è opportuno conoscere anatomicamente l’organo dell’udito: l’orecchio. Esso è fondamentalmente costituito di tre parti: a) L’orecchio esterno, formato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo: la sua funzione è quella di percepire e trasmettere i suoni all’orecchio medio e interno; b) L’orecchio medio è formato dal timpano e dalla catena degli ossicini (martello, incudine e staffa): la sua funzione, oltre alla trasmissione, è protettiva; c) L’orecchio interno ha la funzione di trasformare le vibrazioni in segnali nervosi attraverso la funzione svolta dalla coclea. Qui localizzato è un secondo organo, volto comunque alla percezione del mondo esterno: il vestibolo. Attraverso di esso concepiamo e controlliamo la nostra posizione ed è fondamentale per il mantenimento dell’equilibrio. La sensibilità di questi organi, cioè della 132 coclea per le onde sonore e del vestibolo per i movimenti e l’equilibrio, è estrema: non possiamo perciò pensare che le vibrazioni che arrivano dall’orecchio esterno coinvolgano l’uno lasciando indifferente l’altro. Ci viene anzi da pensare che gli stessi suoni provochino nella coclea la produzione dello stimolo neurale e nel vestibolo un riflesso cui si associano dei movimenti del corpo. Effettivamente la funzione più importante del vestibolo dal punto di vista acustico è data dalla percezione del ritmo, le onde cioè energeticamente più forti. Il ritmo evidenzia l’aspetto somatico della musica: esso è infatti legato alla sensibilità vestibolare che non è un fenomeno cosciente. Solo in seguito esso viene colto nel suo valore estetico a livello corticale. Si può dire che l’orecchio contiene al suo interno strutture che recepiscono in toto la musica essendo la coclea collegata alla corteccia (psiche) e il vestibolo invece correlato al corpo (soma). Per quanto riguarda gli aspetti legati alla psiche si è dimostrato che l’ attività del sistema nervoso centrale è tanto più elevata quanto più sono gli stimoli ricevuti. Una fonte molto ricca di stimoli è proprio l’ apparato uditivo. Quando ascoltiamo musica portiamo alla corteccia una quantità di segnali che mantiene alta questa attività: in questo senso ascoltando musica ricarichiamo il cervello. TOMATIS sostiene che i suoni che più di tutti hanno questa carica sono le armoniche elevate, suoni acuti, cioè quelli a cui nella coclea è riservato più spazio. 133 I suoni gravi sono invece percepiti a livello somatico come scarica e rilassamento. L’ uomo non ascolta solo con l’ orecchio (antenna propria) ma attraverso tutto il suo corpo. Percepisce i suoni in particolare nelle cavità addominale e toracica che per la loro struttura risuonano ai suoni più gravi e potenti. Come ogni corpo solido anche il nostro corpo risuona se colpito da onde sonore ed il senso di calore e rilassatezza nell’ascoltare una musica viene anche dalla sensibilità propria di ogni organo: in particolare il battere dei timpani ad un battere simile a quello del cuore lo viviamo simbolicamente come battito cardiaco tanto ci coinvolge. Nell’ ascolto della musica ci sono atteggiamenti psicosomatici privilegiati: - L’ ascolto dei suoni acuti porta ad una maggiore comprensione della musica. Necessitano in una maggiore concentrazione nell’’ ascolto, perché sono più deboli e durano meno di quelli gravi: riusciamo a sentirli solo se li cerchiamo, se prestiamo attenzione al suono. E’ cosa migliore ascoltare la musica dal vivo, infatti si ha la sensazione d’ avere tutto il corpo avvolto nella perfezione dei suoni. Il vedere poi gli artisti che eseguono e il direttore ci aiuta nella concentrazione, nella ricerca dei timbri degli strumenti e dei suoni acuti. - Con l’ orecchio destro riusciamo a capire e a suonare meglio la musica. Prove sperimentali hanno dimostrato che la grande maggioranza dei cantanti tende a stonare se togliamo loro la percezione della musica dall’ 134 orecchio destro mentre mantengono inalterata l’ intonazione se facciamo lo stesso con il sinistro: questo è dovuto essenzialmente ad una funzione di lateralità. Quando ascoltiamo musica dobbiamo fare in modo di essere quanto più possibile rivolti con l’orecchio destro alla fonte del suono. - Assumere una posizione che ci permette di ascoltare meglio la musica. Potremmo ascoltare la musica in qualsiasi modo vogliamo (stesi sul letto o sdraiati sul divano) ma adottare la postura d’ ascolto, e cioè la verticalità della colonna vertebrale e una certa posizione della testa coinvolge non solo l’orecchio ma l’intero psicosoma. Una corretta posizione non è fondamentale solo per chi ascolta ma anche di più per chi pratica la musica. Quanto migliore è questa posizione tanto più il dispendio di energia che si ha sarà ricompensato da una bella esecuzione e quindi anche da una notevole soddisfazione personale. Al di là di tutto questo qual’è il valore estetico della musica? Ad ogni sequenza di suoni o anche solo a semplici suoni, noi associamo delle sensazioni: un accordo minore - triste, uno maggiore -allegro, uno di quarta ci lascia in sospeso, e via dicendo. La bellezza di un’opera è legata a quanto l’autore riesce a non essere prevedibile; chi ascolta ha dei ritmi, sente un tema musicale e interiormente se lo porta avanti, come la propria musicalità gli chiede, ma l’autore è tanto più abile quanto più varia questo tema, o lo interrompe o lo rende sincopato o alterato. Il canto psicosomatico per eccellenza è quello Gregoriano: musica senza accompagnamento, canto a una sola voce in perfetto unisono slegato dal rispetto di rigorosi schemi temporali e per questo più simile al ritmo naturale, al battito cardiaco e al ritmo della respirazione. Il canto abbassa la tensione fisica col suo ritmo naturale essendo libero dalla competitività delle voci e avendo naturalmente un risparmio energetico. Come si comporta il nostro cervello nei confronti della musica? Questo secolo ci ha dato molte conoscenze riguardo l’anatomia umana: una di queste riguarda la spartizione dei compiti degli emisferi destro e sinistro. Le ricerche sulla psiche hanno dato una netta spartizione dei compiti degli emisferi: all’emisfero sinistro competono le funzioni della ragione, della parola e dell’analisi, mentre a quello destro le funzioni non razionali, sentimentali, non verbali, sintetiche, concrete, spaziali e globali. Ma le due metà sono assolutamente paritarie nella loro importanza: differiscono nel loro modo di “sentire” il mondo. La dominanza di una metà o dell’altra è piuttosto dinamica. Anche per la musica valgono le stesse regole di percezione. 1) La melodia viene recepita dall’emisfero destro (essa è infatti legata all’emozione) che la coglie nella sua globalità. 2) l’analisi in qualsiasi modo proceda, ascoltando, suonando o leggendo partiture è competenza dell’emisfero sinistro; 3) Il ritmo invece viene sentito a livello somatico quindi non coscientemente; solo dopo una prima analisi il cervello sinistro gli dà il suo ruolo strutturante e ordinante. La musica può essere definita come fenomeno complesso nel senso che non è possibile darne una definizione univoca, né ascoltare univocamente un brano musicale. Le reazioni alla musica possono variare notevolmente da persona a persona: ognuno di noi, all’ascolto è influenzato principalmente da una parte di un brano piuttosto che un’altra: le melodie, le dissonanze, il ritmo, etc.. Alla fine di una esecuzione ogni persona potrebbe aver avuto dall’ascolto una sensazione diversa: chi avrà manifestato atteggiamenti corporei, chi invece ne avrà avuto un godimento interiore, chi ancora una sequenza di immagini e ricordi. Che cos’è la musica? In questo secolo alcuni musicisti l’hanno definita come forma pura, altri invece come pura emozione, ma di fatto la musica provoca emozioni pur avendo essa stessa una struttura formale. La musica è di più del coinvolgimento emotivo e della semplice analisi strutturale: essa è la sintesi di contenuto e forma (e più ancora). L’esperienza estetica dunque non è riferibile né al cervello destro né a quello sinistro ma nasce dalla integrazione delle due parti, razionale ed emotiva. Questa esperienza riesce a farci conoscere aspetti di una musica che al primo ascolto ci erano sfuggiti: l’armonia che normalmente è completamente diversa dalla melodia, gli scambi di parti fra gli strumenti dell’orchestra e i timbri degli stessi 135 strumenti. Non esiste una persona che colga contemporaneamente struttura musicale, melodia ,armonia e valore emotivo di esse; l’ ascoltatore normale comprende per prima la linea melodica ed in seguito esegue l’analisi dell’armonia. Per questo un brano musicale bisogna ascoltarlo più volte, perché un solo ascolto ci lascia solo tracce emozionali. In questa fase gioca un ruolo fondamentale la memoria cioè la capacità di percepire lo svolgimento di una azione e di conservare nel tempo le informazioni. In musica una parte di ciò che viene ascoltato viene conservato e, ad un secondo ascolto riusciamo a riconoscere le caratteristiche fondamentali come il ritmo, il tema o ricordiamo le emozioni che ci ha dato. Per questo più ascolti sono necessari: ogni volta la stessa musica ci da qualcosa di diverso che prima avevamo sentito ma non interiorizzato. Ogni aspetto sconosciuto finisce nella memoria e ci da un messaggio ulteriore che perfezionerà l’ascolto e la nostra soddisfazione di esso. Questa capacità di integrare la cultura soggettiva e la struttura oggettiva comporta una crescita psicologica della persona. Una persona che ascolti un’esecuzione può rimanere indifferente, può ricavarne una sensazione piacevole e rilassante, oppure può rimanere talmente coinvolta da poter dire che ha raggiunto l’estasi estetica. Esistono persone diverse e anche la sensibilità musicale non è di tutti, né è uguale per tutti. Ci sono persone che con la musica non 136 hanno nessun rapporto e non ne sentono bisogno: sono amusicali e ad essi non si può dare questa sensibilità perché ne sono geneticamente sprovvisti. La gran parte degli uomini tuttavia prova qualcosa nell’ascolto; emozioni legate a fattori personali, culturali e ambientali. La musica è un fattore aggregante: in una cerimonia religiosa, in una parata militare, nelle manifestazioni di piazza essa non manca mai. Le stesse discoteche sono elemento di aggregazione per le capacità liberatorie e disinibenti del sound caratteristico legato al ritmo e alle facili melodie. Questi “consumatori” di musica sono detti individui pre-musicali mentre quelli musicali sono tutti coloro che nell’ascolto hanno un ruolo attivo, somatico-vestibolare, corticale e sintetico, e godono di tutto quello che può loro dare la musica: comprenderla cioè come sintesi di contenuto e forma e andando oltre le emozioni immediate e oltre l’analisi formale arrivano all’”emozione estetica”. Chi ascolta musica per puro piacere personale non ne fa un uso sbagliato, casomai incompleto, e se per lui questo è sufficiente non ha nessun bisogno di ricercare il “di più”. Ne ha bisogno chi ama la musica, chi la vive, colui che, abituato al buon ascolto, vuole di più del piacere emotivo e del compiacimento conoscitivo. Neanche l’uso che si fa del potere aggregante della musica è sbagliato: è di notevole soddisfazione trovarsi fra persone che apprezzano un’esecuzione e che si 137 trovano nello stesso posto per ascoltarla. Questo stesso amore però, che porta le persone ad aprirsi agli altri, se diventa esclusivo è pericoloso: chi ama solo la musica e vive solo per essa invece di aprirsi si chiude in sè stesso. Un buon ascolto a livello psichico integra le emozioni con la conoscenza della musica, e la stessa riascoltata più volte ci dà sempre nuove emozioni e nuove spunti di analisi. L’amore per la musica cresce pari passo con la sua conoscenza anzi si può dire che “amore dà conoscenza e questa dà amore”. L’approfondimento del linguaggio musicale potrebbe portare a cercare di conoscere la teoria musicale. Persone che ascoltano musica possono provare a fare musica: il canto per esempio è uno dei modi più accessibile per imparare un facile strumento. Anche a livello amatoriale la musica eseguita o cantata può dare gioia e gratificazione. Vivere la musica porta a comprendere gli aspetti tecnici di una esecuzione , le sue difficoltà, e migliora l’ascolto portando alla conoscenza non solo della melodia ma anche delle voci singole secondarie a volte parimenti belle. Non è detto che l’approccio di una persona alla musica deve essere facile; l’ascoltatore deve essere piuttosto disponibile ed interessato a conoscere la musica in tutto il suo insieme di ritmi, forme, autori e generi (dalla musica gregoriana, alla polifonica, al jazz e al rithm and blues). Inoltre pure lo stato fisico può indurre alla mal disposizione dell’ascolto; oppure si può 138 essere attratti da un brano invece che da un altro. Non tutte le musiche sono a portata di tutti: forse una delle più lontane dalla sensibilità musicale comune è quella dodecafonica nata e cresciuta nel nostro secolo, che non è legata ai ritmi naturali del nostro organismo (come la musica tonale) ma finalizzata a trasmettere umori e sensazioni o brusche alterazione di esse. Una persona con l’orecchio allenato riesce a trovare nuove valenze emotive in essa nonostante l’uso continuo delle dissonanze. La capacità di ascolto delle musiche moderne è quindi una questione di familiarità; in passato venivano considerate dissonanze accordi che ora ci sono gradevoli e familiari. Esistono però dei limiti a questa carica di novità. All’interno di una musica tonale riusciamo a dare una interpretazione ai vari passaggi: ad ogni accordo associamo delle sensazioni e ogni sequenza musicale porta ad una conclusione distensiva. Nella musica dodecafonica la funzione distensiva è sostituita da altre di più difficile interpretazione: gli autori hanno fatto in modo che nelle loro opere l’ascoltatore riesca a trovare il metro d’ascolto, una certa sequenza di informazioni gli permetta di decodificare ed interpretare la musica. In queste opere ricche di dissonanze, timpani e percussioni troviamo passaggi melodici o sequenze di accordi naturali armonici e distensivi. L’inaspettato è quindi ricchezza musicale, ma il suo uso esagerato lo rende assolutamente inutile e noioso se ne manca la chiave interpretativa, l’informazione familiare all’ascoltatore. Per comprendere la musica è necessario conoscere la sua evoluzione, la quale non si è mai fermata da quando l’uomo esiste: sia dal punto di vista tecnico (per l’invenzione degli strumenti), sia dal punto di vista intuitivo (per la continua crescita delle forme musicali). Periodo storico, vita e personalità degli autori sono importanti per la comprensione delle loro opere: il “Nabucco” di Verdi non è solo un’opera che racconta dei fatti, essa è permeata di ideali di libertà dall’oppressore e dall’ideale della “Patria perduta” (Eta Risorgimentale); Mozart scrisse il “Requiem” sul letto di morte e nessuno più di lui ne poteva sapere; la “Quinta” di Beethoven è un tutt’uno col dramma interiore dell’autore. Capolavori della musica mondiale sono venuti da autori che apparentemente non ne sembravano capaci. Per esempio Anton Bruckner, organista di un monastero, era persona sottomessa e umile ma capace di composizioni spericolate ed estremamente innovative. Tutte le grandi composizioni sono frutto della storia, della vita e del mondo interiore dei loro autori. Un processo inverso avviene invece nell’ascoltatore che riceve questa musica e la interiorizza ricavandone sentimenti “consonanti” o “disonanti” col suo stato d’animo. Per questo la scoperta di un autore particolarmente affine a noi è qualcosa che ci entusiasma, perché le sue note risuonano con la nostra vita. Anche per un periodo storico, un’epoca, si può rilevare un parallelismo con gli autori e le loro opere. Una cultura piena di positivismo e nazionalismo si rispecchia in Beethoven e Wagner, autori di musiche aggressive ed esaltanti. Per questo sono autori affini alla prima metà di questo secolo, segnato dai grandi imperi, dal mito della razza e dalle scoperte scientifiche. Ma questi imperi sono crollati (il Reich di Hitler), dalle scoperte scientifiche sono uscite anche delle enormi disgrazie (come le bombe atomiche lanciate sul Giappone) e la seconda guerra mondiale nata dal mito della razza. Quel che è rimasto è stato un desiderio di rinascita, lenta, non aggressiva, pacifica, e una presa di coscienza dei ritmi naturali i quali devono essere rispettati. Le musiche di Mozart e di Mahler sono espressione di bellezza e armonia. L’ascolto interpretativo rende viva la musica: il fatto stesso che una persona preferisca l’esecuzione di un musicista piuttosto che di un altro è segno che anche chi esegue una musica è parte di essa. In fondo i grandi autori del passato ci hanno lasciato bellissime partiture, ma non la loro anima per interpretarle. Ascoltate e riascoltate queste musiche sono passate nell’inconscio collettivo, patrimonio comune dell’umanita, e poi nell’inconscio personale dove “sedimentano”, si elaborano e danno nuovi spunti per il loro riascolto. E’ l’integrazione fra conscio e inconscio che porta al momento di sintesi detto 139 “ispirazione” e questo non riguarda solo l’artista mentre crea la musica, ma anche al fruitore del messaggio. L’ascoltatore (ma questo vale anche per chi osserva un quadro) ripercorre parzialmente, al contrario, la strada che ha portato alla composizione dell’opera. L’inconscio dell’artista prende forma conscia nell’opera, la quale mette in risonanza il nostro inconscio. In questo senso la musica parla direttamente alla nostra anima, ci prende nella maniera più diretta e coinvolgente. L’ascolto di una musica ha su di noi un forte potere evocativo: riporta alla luce sensazioni remote del nostro passato, ricordi di fatti e persone, vecchie emozioni e ne crea di nuove poiché ciò che la musica ci riporta del nostro inconscio è emozione riferita a qualcosa che non siamo più. Nella musica noi ricerchiamo questo ritorno dell’inconscio, ritorno che spesso ci viene dato in immagini da sogno. L’associazione che la nostra psiche fa di una musica ad immagini naturali sono espressioni iconografiche di sentimenti che il nostro inconscio è in grado di suscitare. Questa capacità evocativa è normalmente slegata dalla qualità della musica che si ascolta ed è associabile principalmente al vissuto personale. Poiché ogni tipo di musica può agire direttamente sull’inconscio ci spieghiamo perché l’ascolto musicale è così diffuso. Con questa sua capacità la musica fa emergere dal nostro inconscio sensazioni del nostro vissuto uterino (dandoci un senso 140 di protezione materna che si contrappone al vivere quotidiano frenetico e stressante) oppure stralci dell’inconscio collettivo, unica lingua comune degli uomini che si manifesta per esempio con la danza (rapporto simbolico fra corpo e suono che ha le sue radici nella realtà psicosomatica dell’uomo). 141 Sin =com + aesthesis =sensação Claudia Militina e Nelson Maravalhas Junior 1 - Introdução A Diplomação do Curso de Artes Plásticas, habilitação em Bacharelado é a obra intitulada Sinestética e apresenta-se como uma instalação composta de cento e vinte garrafas de vidro, transparentes, descartáveis, suspensas por fios de nylon presos em suporte aramado, colocado abaixo dos degraus da escada em espiral da sala de exposições do Departamento de Artes Visuais. O termo Sinestética é o neologismo proposto em substituição ao termo usual sinestesia (do grego : Sin =com + aesthesis =sensação) que significa literalmente perceber com, ao mesmo tempo. Sinestesia é a capacidade que algumas pessoas possuem de ouvir cores, visualizar sons, experimentar a sabor das formas ou enxergar imagens ao ingerir alimentos. Tal fenômeno poder ser de origem fisiológica, induzida, aprendida ou experimentada sem consciência. Ambas, sinestesia e Sinestética, comungam a raiz de origem grega aesthesis, que se traduz por sensação e que entre os neurocientistas tornou-se sinestesia, oposta a anestesia que significa ‘sem sensação’. Enquanto proposta plástica e poética, meio onde aesthesis se traduz por estética, pareceu-me mais adequado, enquanto linguagem peculiar, traduzi-la por sin+ estética = Sinestética = reunir sensações a partir de cores, sons imagens , perfumes, atuação, participação. É 142 neste momento de sintetizar o conhecimento construído ao longo do curso num recorte e realizá-lo enquanto obra plástica, devidamente acompanhado de suas justificativas e referenciais teóricos, que sinestética passa a existir, principiando por criar um neologismo para sua própria definição poética que, ao misturar as dimensões da visualidade, da sonoridade e de síntese pela participação, deseja ao invés de estabelecer pontes de relações entre cores, formas e sons, reuni-los, confundindo-os numa percepção pluralizada e potencializada e assim propõe destruir também as possíveis fronteiras que estabelecem categorias distinguindo as artes em Música, Literatura, Pintura.... A pesquisa que embasou sua elaboração, visitou as experiências desde os filósofos da antigüidade, passando pelos cientistas, músicos, religiosos, artistas plásticos, pintores, escultores poetas e atores, desde o renascimento até a contemporaneidade. Se de um lado foram feitas, pela parte dos artistas, exaustivas investigações que resultaram na criação de órgãos coloridos, espetáculos de luz , pinturas rítmicas, poemas simbolistas e teatro sinestésico, por outro neurocientistas passaram a admitir e investigar a existência da sinestesia. Em sua manifestação concreta, Sinestética deseja ser brinquedo que solicita participação ativa a atrair o fruidor para intervir realizando um percurso desconhecido rumo a novas potencialidades sensoriais e associativas das esferas física e intelectual 143 (psicofísica), passeando pelo festival de sensações corpóreas possíveis através da visão e da audição, e as associações destas com entidades poéticas como a pintura e a arte. Sinestética pretende propiciar um deleite participativo que, funcionando como um detonador, acione experiências de caráter sinestésico, do tipo que o cientista Maureer propõe: um resgate de sensações vividas nos nossos primeiros meses de vida, quando os sentidos se fundiam e se confundiam, capacidade que poucos de nós mantém após a especialização dos sentidos que ocorre com a idade adulta. É também propósito de Sinestética retirar o observador de sua atitude passiva e colocálo no centro da experiência, a definir os percursos, assumindo a responsabilidade pelo resultado, e assim também contrapor o efeito da contemplação passiva versus participação ativa. Certamente daí resultarão variados percursos, com resultados íntimos e subjetivos onde a obra verdadeiramente se realizará: na subjetividade silenciosa de cada indivíduo que a experimentar. 2 - O conceito de sinestesia na neurociência “Ora (direis) ouvir estrelas” Olavo Bilac Ainda não se sabe exatamente por 144 que a sinestesia ocorre e são muitas suas modalidades, da ordem de vinte pares. As mais comuns manifestações de sinestesia são a audição-colorida ou visão-colorida de sons, letras e números, sendo que os valores cromáticos, visuais e sonoros associados diferem de pessoa para pessoa. Outras características desta percepção são que ela é vívida, próxima, automática, durável, genérica, e manifesta-se mais na infância e em mulheres. A sinestesia é constante e duradoura, e para saber se alguém é sinestésico realizam-se testes de constância, pois os valores que surgem para letras e números é sempre o mesmo até o fim da vida. Assim, aquele que é capaz de ver amarelo para a letra A, ou ouvir a nota Dó ao visualizarem a cor vermelha, o verão assim sempre. Os verdadeiros sinestésicos acertam 99% das respostas enquanto os não sinestésicos ficam em 50%. O primeiro registro de um caso médico sinestésico foi no séc XVIII e feito por um oftalmologista em 1710. O Dr Woodhouse disse tratar-se de uma experiência pessoal e subjetiva de sensações vinculadas dos sentidos. Ainda neste século outros autores escreveram sobre o tema, especialmente sobre a audição colorida. Herder em 1772, L. Hoffman em 1786 e Erasmus Darwin em 1790, ainda Antony Cooper, Henry Fielding e Adam Smith. Durante o séc XIX foi no campo da arte e da ciência que a idéia de sinestesia foi experimentada. Sachs, 1812, propôs uma correspondência entre cores e vogais, Tiek em 1828 propôs música colorida. Scriften – um enfoque estético artístico e Theodore Gautier relata experiências de audição colorida conjugada ao uso de haxixe. Por fim ao início do séc XX o conceito de sinestesia atraía atenção de artistas plásticos, músicos, literatas e filósofos, foi um boom sinestésico. Sob uma ótica neurofisiológica podemos distinguir duas modalidades de sinestesia: constitutiva e pseudo-sinestesia. Como exemplo de sinestesia constitutiva estão inseridos os indivíduos que realmente ouvem cores ou vêem sons, tendo nascido assim, sendo este considerado um fenômeno raríssimo, da ordem de um a cada vinte e cinco mil indivíduos, sendo definida como “o que ocorre quando o estímulo de uma modalidade sensorial dispara automaticamente a percepção em uma segunda modalidade perceptiva não estimulada”1. A sinestesia adquirida por uma disfunção neurológica de caráter patológico difere da sinestesia natural, por estar associada a lesões ou outras patologias, e ainda como sinestesia constitutiva à sinestesia que é experimentada quando sob efeito de drogas psicoativas. No caso da pseudo-sinestesia, temos como exemplo a metáfora sinestésica e a sinestesia aprendida pelo treinamento da memória ou pelo hábito cultural. O grupo do doutor Simon Baron-Cohen, do Instituto de Psiquiatria de Londres defende a idéia de que os portadores de um cérebro sinestésico são biologicamente distintos dos demais. Já o neurologista americano Richard Cytowic defende a teoria de que estes cérebros não se diferenciam em sua estrutura, apenas possuem um problema na hierarquização dos dados. Defende também, em conjunto com Maurer a teoria da sinestesia genética, citando como exemplo o escritor Vladimir Nabokov, cuja mãe e filho são sinestésicos. As possíveis justificativas neurológicas para o fenômeno sinestésico são: 3.1 Teoria da Conectividade Neural Preservada: Para Maureer, 1997, a sinestesia ocorre pela permanência das conexões neurais presentes nos bebês de 0 a 3 meses, e que mantêm-se primitivamente unidas ao invés de se desfazer com a especialização dos sentidos. Assim todos nós nascemos sinestésicos e em nossos primeiros meses de vida possuímos uma percepção sem distinção de modalidade. 3.2 Teoria da Modularidade das Funções Perceptivas do Córtex baseia-se no modelo fodoriano (Fodor, 1983) no qual as diferentes funções da mente são desempenhadas em módulos corticais hierarquizados, cada qual especializado em um tipo específico de informação, nos sinestésicos ocorre um rompimento desta modularidade e assim podem experimentar atributos visuais dos sons, por exemplo, na audição-colorida. 145 Ainda seria possível ocorrer que mais de um módulo estivesse encarregado de processar a mesma informação. 3.3 Teoria de Cytowic, em oposição à Teoria da Modularidade, é baseada em modelos mais atuais de organização cerebral, onde a emoção desempenha um papel decisivo nos pensamento e atitudes, sendo a própria consciência um tipo de emoção. Substitui a hierarquia sugerida pela teoria da modalidade por uma organização cerebral denominada “multiplex” que considera a relação entre o neocórtex2 que é associado à análise da informação , e o sistema límbico associado às emoções e à memória – como uma relação de reciprocidade e interdependência, onde a emoção é responsável pelo equilíbrio das funções cognitivas. Neste modelo o cérebro não é considerado como um mecanismo passivo de análise de informações, mas antes como um explorador dinâmico, procurando ativamente estímulos que lhe interessem na construção de seus contextos de percepção. Considerando assim um modelo holístico onde a análise das percepções trazidas pelos sentidos é administrada pela sensação geral. Neste caso todos nós seríamos sinestetas ainda que apenas alguns de nós fossemos capazes de experimentar a sinestesia de uma forma consciente. 3.4 Teoria do cruzamento das modalidades perceptivas cross-modal : Proposta por Marks (1994) após analisar os dados levantados por mais de 30 pesquisadores da audição- 146 colorida desde o séc XIX, este modelo caracteriza-se por admitir dimensões comuns entre a audição e a visão e exemplifica primeiramente utilizando a relação direta (para sinestetas e não sinestetas) entre a freqüência (dos sons) e a dimensão visual “brilho”, onde os sons graves são considerados mais escuros e os agudos mais claros. Em seguida analisa o volume, no sentido do tamanho, sendo percebido como “maior” tanto maior a intensidade e ou menor freqüência, ou seja, o som grave de um contrabaixo parece maior que o som agudo de um violino (não seriam compostos por ondas mais largas?) correlacionando diretamente as duas dimensões do som: altura e intensidade às dimensões da visualidade: brilho e volume. Em suas conclusões Marks aponta para dimensões comuns a todas modalidades perceptivas que embora se reflitam na audição colorida são propriedades de todos os sentidos, admitindo cada sentido como multisensorial, sendo fundamentais e universais os aspectos da percepção. 3.5 Teoria da percepção moldada pelo meio ambiente: Sabemos que o desenvolvimento do córtex está associado aos estímulos recebidos do meio ambiente enquanto desenvolvem-se as estruturas cerebrais. Sem apontar mecanismos que estimulariam a manutenção dos cross-modais presentes nos bebês ainda sinestetas, conforme apontado pela teoria de Maureer, aponta que com os devidos estímulos a sinestesia poderia ser mantida por todos. 147 3.6 Teoria das associações aprendidas: Apontando para o território da cultura onde a sinestesia ocorreria em função das associações aprendidas durante a educação, admite que os hábitos perceptivos de uma sociedade, tais como bom gosto, prazer estético, o olhar particularizado seriam fatores de uma educação sinestésica. 3.7 Teoria Genética da Sinestesia admite que os indivíduos assim classificados recebem esta disposição por determinação genética . Para o artista plástico Sérgio Basbaum (1999) a mais instigante teoria sinestésica é a de Cytowic pois este admite o caráter subjetivo da sinestesia, o fato cada sinesteta perceber as correspondências de sensação de forma única, particular e faz uma relação com as experiências mística a-racional supostamente universais. Para ele a razão é apenas a camada superficial da mente, sob a qual ocorrem os processos de emoção e “conhecimento não racional, irracional, a-racional e não verbal” que nos comanda. Aponta semelhanças3 entre experiências sinestésicas e experiências de êxtase definindo-o como “ qualquer paixão pela qual as idéias sejam absorvidas e a mente se abandone por algum tempo”. Marks aponta o conceito de dimensões absolutas de percepção destacando que estas percepções aparecem regularmente em diferentes culturas sugerindo a possibilidade 148 de que estas pertençam a uma dimensão universal da experiência e não ao aparelho perceptivo. Os estudos de constantes de forma. Esta é a idéia que está presente na Harmonia das Esferas de Pitágoras, nos arquétipos Yunguianos, na razão áurea, nas categorias peirceanas de primeiridade, segundidade, terceiridade como “classes que permeiam toda experiência comum”, nas constantes de formas descobertas por Klüver em seus pacientes em estados alucinógenos: teias de aranha, grades, favos de mel (hexágonos), túneis, cones, espirais. Concordando com Klüver, Cytowic observa que o frisson que causam os espetáculos de fogos de artifício e o deleite com o movimento e as formas não intelectuais naturais seriam “um catálogo externalizado de constantes de forma ou – formas arquetípicas”. 3 – A relação entre Física, Música e Cor “A cor é a música dos olhos”. (Goethe) A relação entre cores e sons é tão íntima que chegam a pertencer ao vocabulário próprio de ambas, Música e Artes Plásticas, termos em comum. Timbre é Klangfarben em alemão, em inglês – tonecolour, em português a cor do som. Tom, Tonalidades, Cromatismo, Coloratura, Brilhante, Escuro, Harmonia. Pensar relação entre música e cor ou entre som e visualidade é tarefa humana há tempos. Vou iniciar dando fundamentos sobre a relação entre sons e cores, extraídos das pesquisas de filósofos e cientistas, nas quais os músicos se basearam para estabelecer uma correspondência entre sons e cores. Foi Pitágoras, no século VI a.C. com sua teoria de “música das esferas” definindo-a como a fusão cósmica que seria gerada a partir de uma harmonia geométrica divina se manifesta ao refletir-se sobre todos os fenômenos, num nível macro e microcósmico: A Harmonia das órbitas celestes - um paralelo perfeito entre todas as formas de vida na Terra. Usou como base para estas correspondências vibrações matematicamente precisas que, ora manifestam-se como luz, ora como sons, ora como perfumes e outros estímulos sensoriais. Para Pitágoras a percepção conjunta dos sentidos, a sinestesia, seria o maior de todos os dons filosóficos, pois permitiria conciliar o mundo ilusório visual ao mundo dos conceitos “abstratos, duradouros e universais” Morritz, (1986: 297). Aristóteles estabeleceu relações entre notas musicais, cores e suas escalas. Ptolomeu no século II, admitiu a possibilidade correspondência matemática entre o fenômeno da cor e o fenômeno da luz, entre tons puros e cores do espectro visível. Leonardo da Vinci, no Renascimento, apresentou junto ao pintor Giuseppe Arcimboldo espetáculos de luz, cor e som. Leibniz, músico e compositor alemão utilizou-se do mesmo exemplo em 1704. Isaac Newton descobriu a composição da luz solar branca através de suas experiências com o prisma, imaginou luz constituída por torrentes de partículas transmitidas em ondas, sujeitas ä mesma periodicidade em qualquer movimento vibratório, tendo freqüência e comprimento de onda. A semelhança com as ondas mecânicas do som neste aspecto é imediata, e Newton, tendo observado sete cores na decomposição da luz numa referência direta com as sete notas da escala diatônica colocou e o som e a cor lado a lado, admitindo que cada cor corresponderia a uma nota. Desta maneira, produziu dois discos: um que contém as sete cores do espectro visível, que, ao ser girado, resulta no branco, e outro, em que as cores são associadas às notas, conforme a figura 10. Este disco coloca a mais baixa freqüência cromática, o vermelho, em Ré, e na freqüência mais alta visível, o violeta. Característica de uma escala no modo Dórico renascentista. Outros autores, como os jesuítas Kircher (1602-1680) e Mersenne (1588-1648), também estabeleceram uma lista comparativa. Mas foi Louis-Bertrand Castel (1688-1757), que baseando-se nas premissas de Newton, criou um instrumento próprio, conhecido como cravo ou harpiscórdio ocular, em 1743. em seu instrumento incluiu cores intermediárias correspondentes aos acidentes cromáticos da música. Este tipo de instrumento foi produzido também em 1844 por D.D. Jameson, 149 utilizando luz filtrada através de líquidos coloridos refletidos em placas de metal, e em 1893 por Alexander Wallace Rimington, que patenteou seu próprio órgão de cores, descrevendo-o no livro Color Music: The Art of Mobile Colour (1911). Correspondência de sons e cores segundo Helmholtz Em 1911 Alexander Scriabin escreveu seu Prometeu - Poema do fogo, para orquestra e órgão de luzes, utilizando-se para compor sua escala de cores dos textos místicos de Helena Blavatski . na obra Prometeu de Alexander Scriabin, para piano, orquestra e órgão de luzes, onde os acordes musicais são acompanhados por acordes correspondentes a freqüências do espectro, sendo as menores de tonalidade vermelha, alaranjada e amarela, passando pelo verde (intermediário) e chegando aos tons de azul, de freqüência maior e mais sutil, até chegar ao violeta. Analogamente, o dó maior, enquanto base harmônica, que no sistema tonal é a mais simples das tonalidades, é associado ao vermelho intenso, e o si maior, mais distante, é associado ao azul, fechando um ciclo cromático nos sons e nas cores. Houve ainda uma série de outros autores que valeram-se de argumentos puramente poéticos para comparar harmonias musicais e cromáticas, ao invés de utilizar uma relação de freqüência, seja numérica ou mística .A discordância que havia entre as escalas musicais, com todas as suas 150 oitavas, e a suposição de que na escala cromática havia apenas uma oitava, foi por muito tempo um grande obstáculo à realização da correspondência tota?????/l. E entao em 1905 o pintor e pedagogo norte americano Albert Munsel demonstrou que para um mesmo matiz o olho humano discrimina 10 valores de saturação e dez valores de brilho e propôs o Sistema HSV – Hight Saturation Value foi então que a idéia de correspondência pôde completar-se admitindo correspondência direta entre todas as oitavas sonoras e musicais. 4 - SINESTESIA NAS ARTES PLÁSTICAS “descobri que ‘o q faço é Música’ e que Música não é ‘uma das artes’ mas a síntese da conseqüência da descoberta do corpo”. Hélio Oiticica O percurso do conceito de sinestesia pelas artes plásticas iniciou-se com o pioneiro Giuseppe Arcimboldo (1527/1593) que propôs em parceria com Leonardo uma idéia de música de cores e apresentou espetáculos deste tipo para a corte italiana. Também concebeu um rosto composto por frutas e legumes, possivelmente sugerindo aromas e despertando desejo de provar o quadro. A experiência após isso foi através das poéticas desenvolvidas por pintores orfistas, futuristas e sincromistas. No início do século 151 XX, entre os artistas plásticos, surgiram correntes de pensamento que pretenderam derrubar as limitações que detiam o avanço do conceito de arte. Queriam dar realmente um novo sentido às poéticas que ainda reproduziam uma arte figurativa, estática, contemplativa e objetual. Estas poéticas intencionaram expandir suas linguagens para além destes limites ao buscar o despertar de várias emoções, na forma de sensações físicas ou conceituais. Expressionistas, abstracionistas, futuristas e orfistas trabalharam uma pluralidade de sentidos e conceitos, e assumiram uma atitude de não mais representar a manifestação do real, antes a sua essência: de movimento para os futuristas, musical e rítmica para os orfistas e sincromistas e essencialmente musical para a abstração de Kandinsky e Klee. Na Itália os futuristas agitavam suas bandeiras que propunham a ruptura com uma idéia de arte que não estivesse comprometida com o futuro, as máquinas, o movimento e o som do rugir dos motores. Giácomo Balla, Gino Severini, Carlo Carrá, estavam comprometidos com novas dimensões da arte, sensoriais, políticas e sociais. Buscaram representar movimento, ritmo, alternância de planos, superposição de imagens fundidas ou encadeadas. O contorno das coisas modifica-se, aparece e desaparece, pois o que importa, como diz Marinetti, é “descobrir a sensação dinâmica e eternizá-la como tal”. Na sua concepção do dinamismo universal e no desejo de expressar a velocidade 152 e uma experiência cinética , o Futurismo representou uma reação à estática do Cubismo. Negaram o plano do realismo visual na ânsia de expressar o dinamismo do universo e a vertiginosidade da vida moderna. Pretenderam comunicar o sentimento de velocidade imanente ao mundo material e espiritual, sob constantes transformações, abandonaram as preocupações em sugerir sensações de volume, peso, densidade, estrutura dos objetos e seres, qualidades de um mundo estático, inexistente nas suas concepções e próprios da pintura figurativa realista. Os pintores futuristas desejam refletir a vida moderna que os cerca e demonstrar seu amor por ela. O tumulto é considerado fator indispensável para a criação do clima do novo mundo em que vivem, e com o qual, eles estão de acordo. e dotados por ele de uma potente realidade. As obras de artistas órficos devem propiciar simultaneamente um puro prazer estético, uma estrutura que é evidente em si mesma e um significado sublime, ou seja, o tema. Isso é: a arte pura”. Aponta como pintores órficos Robert Delaunay (1885-1941), Fernand Léger (1881-1955), Marcel Duchamp (1887-1968) e Francis Picabia (1879-1953). O pintor e artista gráfico tcheco Frank Kupka (18711957), apesar de não ter sido mencionado pelo poeta, é considerado um dos primeiros a trabalhar a abstração no sentido do orfismo. O casal Sonia-Robert-Delaunay pintavam seqüências e ritmos cromáticos, freqüências de uma essência criativa que para eles baseava-se no som. Em carta a Kandinsky, Robert afirma que “a luz cria a cor que cria o ritmo” . Na França o Orfismo, movimento que retirou seu nome do mito de Orfeu, músico que tocava tão excepcionalmente sua lira mágica, que sua música encantava todos os seres, animados e inanimados, as feras se acalmavam e até as pedras o seguiam para ouvi-lo. Ele é o artista arquetípico, representante do poder irracional da arte. O Orfismo simbolizou a fusão da música com a pintura buscando formas puras, numa arte essencial, sublime. O poeta francês Appolinaire declara sobre o orfismo que “A arte de pintar estruturas novas com elementos emprestados não da realidade visual, mas inteiramente criados pelo artista Robert Delaunay “Relief; Rhythms,” Sonia Delaunay, Composition aux Disques Kandinsky, Delaunay e Paul Klee estiveram em contato, compartilhando suas experiências rumo à abstração e ao sublime. Ritmos, seqüências, vibrações, velocidade e abstração foram seus motivos, concebiam a cor como estrutura primordial, suas pinturas eram parecidas seções cromáticas, este movimento também foi chamado de cubismo órfico . Paul Klee, Polyphony, 1932 Kandinsky foi quem mais assumiu a inspiração musical do seu trabalho, intitulando de “Composições” uma série de quadros, escreveu artigos e defendeu a idéia a sonoridade amarela, artigo que publicou em Der Blau Rieter afirmou “A cor é a tecla. O olho é o martelo. A alma o piano de inúmeras cordas.” De fato, Delaunay e Frank Kupka, outro importante membro do movimento, estiveram entre os primeiros artistas desse século a utilizarem de formas não representativas, buscando pontos de contato entre a música e a abstração pura. Desde cedo, o artista havia adotado a doutrina sobre o simbolismo espiritual da arte, bem como a crença em seus poderes “musicais”, capazes de criar verdadeiras “sinfonias de cor”. Ao longo de toda sua carreira, Kupka empenha-se em transmitir o significado espiritual por meio da cor e de “FUGUE FOR TWO COLOURS.” Frantisek Kupka, 1912. Duchamp pesquisa cor, movimento e interação em disques uma série de discos que, ao serem movimentados, criam uma dança de formas curvas, como num caleidoscópio de movimentos harmônicos Marcel Duchamp Disques O Sincromismo foi um movimento fundado entre 1912 e 1913 por dois americanos em 153 154 155 Paris: Staton Macdonald- Wright e Morgan Russel., que possuía uma poética muito semelhante à dos orfistas, inaugura o sincromismo, donde sin = com + cromismo= cor, significando “cores juntas” e requisita para si a autoria do movimento orfista. Possui muitos pontos em comuns com o Orfismo, sendo bastante ligado a ele. A partir daí pode se ter uma idéia do que os artistas pretendiam com o movimento. De acordo com Russel, uma expressão baseada estritamente nos meios cromáticos e na maneira como se realiza, com força, clareza, traços grandes e geométricos (tal como o Orfismo, o Sincronismo tem suas origens no Cubismo). Baseado no desenvolvimento cromático científico, o movimento visava o uso das cores de maneira pura e abstrata. Seus dois fundadores realizaram exposições em Munique (a segunda cidade mais importante das vanguardas européias, depois de Paris), no Neue Kunstsalon e na Galeria BernheimJeune de Paris (em 1913). Macdonald-Wright e Russel, inclusive, reclamavam para si o reconhecimento da criação de um novo estilo de pintura cromática abstrata (creditado normalmente a Delaunay). Terminado enquanto movimento, após a Primeira Grande Guerra Mundial, exerceu enorme influência sobre artistas americanos das gerações posteriores. Stanton Macdonald-Wright, “Shiki (No. 17, Haiku Series)”, color woodcut, 16 1/8 x 20”, 1966-67. 156 Após uma lacuna de tempo onde a associação entre a Música e Artes Plásticas foi deixada de lado surge em 1965, no Brasil, Hélio Oiticica com sua proposta de antiarte, apresenta suas principais propostas de subjetividade e imersão. Nas séries dos Bólides, Penetráveis e Parangolés, Oiticica opera uma ruptura que o situa num cenário de questões mais contemporâneas. A cor passa a relacionar-se com sensações corporais e emoções que supõem muitas vezes uma vivência desestabilizadora, pois questiona certezas e posturas racionais. A esfera estética tradicional é aqui claramente esgarçada, é um espaço descontínuo e heterogêneo, fruto de experiências nem sempre previsíveis, uma vez que os trabalhos são ‘receptáculos abertos às significações’. Estetizar o espaço e a experiência cotidiana implica desmistificar o domínio artístico, é por meio dessa busca experimental que Oiticica afirma sua opção incondicional pela liberdade. Enquanto no Rio de Janeiro, Hélio Oiticica nos oferece este ingresso para a experimentação e participação, o maestro Jorge Antunes está em Brasília formulando sua correspondência som/cor, baseado em suas pesquisas pessoais e nos textos místicos escritos por Helena Blavastky e Annie Besant ,como ele próprio Parangolés, Oiticica declarou. Ao final de minha pesquisa, descobri o grupposinestetica. São artistas italianos 157 em busca de uma obra de arte total. Publicaram em 1999 o Manifesto da arte Sinestética que declarou o fim das sensações racionalizadas e específicas, e das percepções simples, propondo como essencial a experiência de um sexto sentido, o sentido sinestésico, e apresentam performances que chamam de atitudes artísticas , musical-pictóricas entre outras . 5 - SINESTESIA NA LITERATURA E NA POESIA “Direi algum dia vossos nascimentos ocultos: A, negro espartilho peludo das moscas tumultos Rondando fedores cruéis demais, Golfos de sombra; E, candura de vapor e de tenda, Lanças de geleiras altivas, reis brancos, tremor de umbelas; I, púrpuras, sangue cuspido, riso dos lábios belos Na cólera ou na embriaguez oferenda; U, ciclos, vibrações divinas do verde mar, Paz dos pastos semeados de animais, paz das rugas Que a alquimia imprime na fronte a estudar; O supremo clarim pleno de estranhos agudos, Silêncios cruzados por anjos e mundos: — Ô, o ômega, raio violeta de Seus Olhos!” Vogais Rimbaud Marca dos poetas simbolistas a fusão dos sentidos está presente na obra de Rimbaud quando em 1837 escreveu o Le sonet des 158 Voyeles, onde estabelece correspondências para vogais e cores: Como registro de sinestesia poética há o exemplo de Baudelaire e suas experiências com Haxixe. Seu poema do Haxixe nos relata suas impressões: “o olfato, a visão, o ouvido, o tato cooperam igualmente” e “ os sons se vestem de cores, as cores contém uma música”. Rossigneux formulou também uma associação própria, admitindo outros valores cromáticos para as vogais e os destinou especificamente à poesia. A branco, E verde, I verde e azul, O vermelho, U preto. “Uma linguagem ornada, colorida, em que as palavras são escolhidas pela sonoridade, ritmo, colorido, fazendo-se arranjos artificiais de parte ou detalhes para criar impressões sensíveis, sugerindo antes que descrevendo e explicando”, de acordo com Afrânio Coutinho. Características marcantes Simbolismo são a musicalidade, a sensorialidade, a sinestesia, sugestões de perfumes, cores, e sonoridades constroem os poemas numa linguagem fluida . Há também referências a elementos místicos, ao sonho, a mistérios, ao amor erótico, à morte. 6 - SINESTÉTICA Algumas garrafas estão vazias, outras contém pincéis usados, a maior parte contém líquidos: água, óleo de linhaça, terebintina, que estão coloridos por anilina ou pigmentos óleo-solúveis. As quantidades variam, as viscosidades também, desempenham a função de controlar a vibração sonora que a garrafa emite ao ser tocada pelos objetos/ pincéis. Acompanhando a espiral da escada, Sinestética assume forma de onda, oferecese à contemplação, à experimentação e à participação de uma experiência sinestésica através do deleite visual da cores associadas aos sons, ao cheiro de pintura e à sensação de fazer música com pincéis. 6.1 Histórico da construção da obra A idéia surgiu do desejo de dar plasticidade às músicas do performático grupo brasiliense surgido nos anos 80, Liga Tripa e após pintar uma série de aquarelas. Inicialmente era chamada Música Visual ou Aquarela Sonora e pretendia ser o registro linear de uma música específica escolhida dentre o repertório deles, o objetivo era de registrar visualmente dando cor e volume paras as notas musicais, que seriam obtidas pela afinação das garrafas de vidro, estabelecendo uma correspondência clássica, pitagórica4, entre cor e som, dispondo as notas lado a lado e registrando a música inteira, que se completaria ao ser tocada pelo fruidor. Essa proposta foi questionada pelo professor orientador que considerou-a muito linear (algo que concordei imediatamente) pois eu estava prevendo apenas um percurso amarrado nessa linearidade de representar uma música pronta e determinada, e então Sinestética assumiu uma outra configuração, tanto em sua forma plástica quanto na sonora. A disposição das garrafas, a afinação e a correlação cromática tornaram-se mais poéticas que científicas, mais experimentais que definitivas. Pincéis e óleos foram incluídos agora Sinestética faz também uma referência à História da Arte vivida e contada pela Pintura. Instalada experimentalmente em um ambiente semi externo, uma varanda doméstica, a obra ocupou os espaços adquirindo uma configuração dispersa, as garrafas estavam afastadas umas das outras, com um bom espaço de respiração para os objetos, permitindo circularmos entre elas, movê-las, tocá-las ou não com os objetos pendurados. O resultado após a participação é que o toda a instalação, parece dançar um movimento gracioso que balança harmoniosamente e vai perdendo velocidade até parar completamente. O balanço das garrafas movimenta os fios que as sustentam e esse movimento produz um som curioso mesmo sem ser uma nota da escala musical. Esse desejo de romper com os limites que dividem as artes em categorias, e que excluem suas potencialidades para se definirem, foi o objetivo perseguido durante o trabalho. 159 Assim como os futuristas intencionaram romper com ditames acadêmicos, Sinestética deseja romper limite artista/público, através da experiência ativada, fruída, participada, tornando livre a experimentação rumo a direções desconhecidas dentre as sensações. Transpor a obra para a galeria demandou repensá-la em sua configuração admitindo que agora deveria estar em baixo da escada que tem um laranja horrível que interferiria de forma indesejada com as cores usadas. Dentre todos os ambientes possíveis na galeria, poucos apresentaram uma estrutura que possibilitasse sustentar a instalação, próximo ao vidro da frente da galeria havia uma estrutura que permitira facilmente a instalação de Sinestética, porém apresentava uma proximidade do vidro perigosa, que além de esmagar a instalação, limitava a possibilidade de atuação dos fruidores a uma interação mais cuidadosa, que não apresentasse perigo de quebrar o vidro da galeria . No âmbito da sonoridade as experiências que tornaram possível a concretização do projeto iniciaram com o auxílio de um afinador eletrônico que acionado detectava a nota musical conforme a quantidade e qualidade do líquido variava. A afinação precisa mostrouse ser quase impossível diante da variedade de sons que uma mesma garrafa reproduzia, dependendo do lugar onde fosse tocada. Então optei criar uma escala musical ao invés de buscar obter uma afinação precisa. 160 Os materiais são escolhidos do cotidiano, descartáveis, efêmeros, sem valor, obtidos junto ao lixo que se desprende do consumo, e que se descarta, num desejo de atrair o olhar para uma re-invenção de reutilização de um objeto banal transformado em um poderoso agente estético/poético. É nesta vasta lixeira do consumo que Sinestética foi beber seu material. Não desejando criar mais matéria num mundo em que abundam o desperdício e o descarte, Sinestética percorre o caminho da apropriação aberto pelos Modernistas como Marcel Duchamp, K. Shwiters , porém não evoca apenas a descontextualização do objeto pela sua transposição espacial, Sinestética engole e digere esse objeto, e extrai dele uma qualidade plástica e sonora. Mas a afinação proposta não é apenas visual ou sonora, há também o desejo de contrapor extremos clássicos de poéticas que divergem completamente por proposta e por contexto temporal, como por exemplo a pintura, a apropriação e a instalação. Pretende, enquanto instrumento musical criado a partir de pesquisa e materiais enjeitados, simples, plásticos, fazer percorrer num caminho de volta o perceber do fruidor que, ao participar intervindo e completando uma obra, possa perceber-se em uma pintura. 7 - Depoimentos de três pessoas sinestésicas Apesar de ser considerado um fenômeno raríssimo da ordem de um a cada quinze a vinte cinco mil indivíduos, surpreendentemente encontrei dentro do departamento de artes visuais três pessoas sinestésicas: Tayira, Ana Lúcia e Renata. Após recolher os seus depoimentos pude perceber que cada uma definia de maneira diferente suas sensações e duas delas relacionadas com a memorização. Para Tayira tudo tem uma cor, tudo tem um som, tudo tem um sabor: -“Segundas feiras são lilases, mas uma segunda especial, aquela em que almoçamos juntas, aquela foi uma segunda feira azul”, “Quando eu ouvia as músicas ouvia fitas amarelas, pontinhos vermelhos, linhas azuis. Às vezes eu queria ouvir aquela música vermelha de novo.” “o Lá é azulzinho e o Dó é bem vermelhinho...” “Aquela palavra azul, aquela que grande e gorda, lembra que a gente estava conversando aquele assunto vermelho? Até os doze anos foi tudo bem e de repente o meu irmão começou a apresentar-me como uma doida e chamava todos para ouvirem minhas descrições, foi então que eu percebi que havia algo de diferente comigo e não falei mais disso com ninguém, até há pouco tempo quando uma amiga que tinha as mesmas sensações que eu, mostrou-me uma matéria de jornal que falava de sinestesia e explicava o fenômeno. Daí de repente estava todo mundo falando sobre isso. Para Ana Lúcia a cor também é elementar enquanto sensação: “ O movimento das pessoas tem uma cor, quando elas passam deixam um rastro colorido “ a música também tem forma e cor para Ana : “vejo círculos coloridos, mas nunca parei prá pensar nisso, nem sabia que era estranho, não é todo mundo assim não?”, “Eu conto cor, uso cor prá memorizar, enquanto conto cor, penso : verde, verde claro, verde limão, verde azulado, aí consigo me concentrar no que ouço; se eu não fico contando cor, divago. Uso a cor para memorizar, a cor me fixa” . Para Renata a sensação sinestésica, ou a mistura de sentidos gera um outro sentido não catalogado. “- como eu vou te dizer? é uma coisa que sinto aqui” – e coloca sua mão na barriga, sobre o umbigo – “sinto os ambientes, sinto que devo ficar, ou ir embora” e de repente todo meu corpo obedece a esta informação, e torna-se impossível para mim desobedecê-lo”. Durante a montagem de Sinestética encontrei com Tayíra e pedi a ela que “afinasse” a cor de algumas garrafinhas que já continham líquidos. Tal fato despertou a curiosidade de outros alunos que ali estavam, e rodearam-na para assistí-la. Tayíra começou a partilhar suas sensações e surgiu Paulo querendo experimentar também . Ao soar das notas ela ia dizendo: -Vermelho, Marrom. Num dado momento ela ficou pensativa, aí Paulo disse: - Azul amarelado; Tayíra sorriu e disse: -Você viu? Ele respondeu: - Não, eu senti ! 161 162 163 8 – CONCLUSÃO Transposta e instalada na galeria, concretizada a montagem de Sinestética, restou observar seu efeito sobre o público e sentir a eficácia de seu objetivo de provocar interação e revogar a recomendação que recebemos na infância: “Veja com os olhos!” ; ou como se de repente houvesse sido possível retornar a um tempo anterior a esta recomendação, num resgate desta primordialidade em nossas vidas, uma primordialidade de percepção de formas, de sons, de aromas e de cores, reunidas numa única sensação, um deleite participativo. Os espectadores, em sua grande maioria, sentiram-se atraídos e experimentaram Sinestética, brincaram, sorriram, soltaramse e teceram vários comentários. “’é para tocar?”, “pode mexer?”, “parece uma Aquarela Musical”. Especularam a respeito de outras possibilidades de títulos, formas, cores, enfim também sentiram estimulados em sua criatividade. As crianças exploraram livremente e deram o tom, não tiveram receio de testar os limites sonoros, de movimento e de resistência dos materiais. Misturaram os líqüidos compondo novas cores e novos sons. Aproximaram-se totalmente da proposta de autor/ator,. Diferentemente da proposta de Basbaum que utiliza das novas tecnologias e Sinestética 164 apresentou-se mais como experiência imediata que mediada por um sistema digital, ou simplesmente assistida numa performance como por exemplo do grupposinestético que opta pelo que eles chamam de atitude artística ou performances A pergunta que Sinestética constrói e dispara no ar é a de que: seria possível despertar a sinestesia a partir da experimentação de estímulos estéticos, plásticos, sonoros? Percebo que o conceito comum a todas as poéticas pesquisadas para a construção deste trabalho, desde os Orfistas que abandonaram a representação de formas naturais até o Grupposinestético, é o de que a experiência pluralidade de sentidos é da ordem do indizível, não compartilhável, e fugaz como a experiência do êxtase. 9 - BIBLIOGRAFIA ANTUNES, Jorge A correspondência ente os sons e as cores – Bases teóricas para uma “música cromofônica” Brasília – Thesaurus, 1982 MATESCO, Viviane. Corpo-cor em Hélio Oiticica. In: BIENAL INTERNACIONAL DE SÃO PAULO, 24. Núcleo histórico: antropofagia e histórias de canibalismos. Curadoria Paulo Herkenhoff, Adriano Pedrosa. São Paulo: Fundação Bienal de São Paulo. 1998. p. 386-391 (Footnotes) 1 2 neocórtx é a região do cérebro desenvolvida mais recentemente e apenas em humanos. 3 as qualidades inerentes tanto à sinestesia quanto experiências místicas, de criação artística ou descoberta científica são, segundo james Willians, 1902, referindose às experiências místicas : indizíveis, involuntárias, diretamente experimentadas e passageiras. 4 As correspondências entre som e cor estão descritas mais especificamente no capítulo 4. BASBAUM, Sergio Roclaw Sinestesia, arte e tecnologia: fundamentos da cromossonia – São Paulo: Annablume / Fapesp, 2002 CAZNOV, Yara Entre o audível e o visível - 165 166 167 Intervista a Catia Gruppo Sinestetico 1) Da quanto tempo avvengono queste sinestesie? Ho scoperto di essere affetta da sinestesia circa 10 anni fa; le visioni sono comparse circa 3 anni fa. 2) Che tipo di sinestesie sono? O meglio quali sono le interferenze o scambi sensoriali? Sono sinestesie: suono/colore; gli scambi sensoriali sono tra vista e udito. 168 6) Ha subito traumi durante la nascita o nel periodo dell’infanzia? Il periodo che va dalla fine dell’infanzia all’adolescenza, quindi verso i 12 anni, per me fu molto traumatico perche’ segno’ la fine di un sogno meraviglioso, continuo all’ottava domanda. 3) Quali sensi vengono stimolati in maniera anomala? I sensi che vengono stimolati in maniera anomala sono vista e udito. 7) Se è da un periodo particolare da dopo la sua nascita, può determinare se può essere stato un trauma emotivo a scatenare la sinestesia? Non saprei dire con certezza se puo’ essere stato un trauma emotivo a scatenare la sinestesia. 4) Può farci un’esempio? Quando sento il nome di una persona lo associo ad un colore, figure di vari tipi mi appaiono davanti, del colore che io associo al nome; vedo figure rosse con nomi come Matteo o Marco, sono gialle con nomi come Sara o Simona; le allucinazioni spontanee o visioni, fanno si che io veda cose o persone che io quel momento io so non essere li davanti a me, qualche mese fa credevo che mia madre fosse stesa sul letto, poi mi sono subito resa conto che non c’era. 8) Ha vissuto un particolare momento della sua vita particolarmente traumatizzante che l’ha “toccata” in senso positivo o negativo? Continuo con la settima domanda: dopo che ci stabilimmo per sempre in Italia (fino ad allora eravamo sempre per il mondo, per il lavoro che svolgeva mio padre), per me fu un grande trauma; fu dura ambientarsi qui, a scuola andavo male, non avevo amici, piangevo sempre, quel triste periodo mi ha “toccata” in senso negativo, col tempo mi sono rassegnata. 5) Ci può raccontare altre anomalie che lei ritiene poco influenti per noi ma che possono rivelarsi interessanti? Altra interessante anomalia potrebbe essere “l’odore dei ricordi”. 9) Le interessano le opere d’arte intese nell’ambito visivo o è più coinvolta dalle musica? Le opere d’arte in senso visivo mi interessano, adoro gli impressionisti, mi piace disegnare, mi piace la musica, ma la 169 mia grande passione sono i libri: letteratura, poesie, libri e riviste che parlano di paesi del Centro America. 10) Qual è il senso che ritiene sia stimolato in maniera anomala rispetto alla “normalità”? Il senso che ritengo piu’ stimolato in maniera anomala, rispetto alla normalità, e’ la vista. 16) Si ritiene una vera SINESTETA? Si mi ritengo una vera SINESTETA, soprattutto da quando ho saputo dai medici di non essere ”pazza”. 11) Queste interferenze sensoriali le creano disturbi sociali o paure? Queste interferenze non mi creano disturbi sociali, ne paure. 12) Al contrario, lei convive con queste anomali sensoriali in maniera piacevole? Sto piacevolmente imparando a convivere con quello che io considero un bel regalo che madre natura mi ha fatto. 13) Ci può raccontare che frequenza hanno queste visioni e se sono dettate solo dalla stimolazione esterna. Le visioni mi accompagnano per quasi tutta la giornata. 14) Cosa si aspetta dal suo raccontarsi? Non so cosa mi aspetto nel raccontare tutto cio’, ma è bello poter parlare con qualcuno delle mie esperienze sinestetiche. 15) Ci sono altre cose che vorrebbe raccontarci e che non le abbiamo chiesto? Ho altro da raccontarvi. 170 171 Il tuo corpo cambia colore Silvia Tolin Puff, un tonfo di una mano spiaccicata nella farina che alza una nuvola, bianca, come quelle che abitano il cielo in una chiara e densa giornata d’inizio estate, che ti fa vedere i contorni nitidi, senza foschie e i colori brillanti,accesi, reali, vivi. E i mille frammenti di veline colorate, che si trasformano in tante lingue come quelle che si vedono sull’acqua quando in vaporetto te ne vai verso il Lido, al tramonto, dopo un’intensa giornata in Accademia a pensare, produrre, percepire, a cercare di inoltrarti in una dimensione che parla d’arte. Amalgami frasi, consigli quando ti accorgi, come una folgorazione, che fai parte anche tu di questo tramonto, ci sei dentro e il tuo corpo cambia colore, si plasma e si fonde con la luce che c’è attorno e tutto viene filtrato attraverso di te perchè è la tua esistenza che rimanda colore e collabora al riflesso. Allora hai la sensazione di percepire, di sentire dentro questa energia che permette ai tuoi occhi interiori di vedere le cose da tutti i suoi punti vista perché è questa la difficoltà, abbandonare gli stereotipi e le canalizzazioni che ti rendono apparentemente sicuro per lasciarsi andare, fluttuare, cercando di cogliere quel filo logico che accomuna tutto e tutti, che comunica incessantemente senza dissonanze. E nello stesso modo in cui io sono la spugna che rilascia l’arcobaleno, lo è pure la persona intenta a scrivere un sms vicino a me e anche quella che, per sue caratteristiche fisiologiche, un cellulare non riesce né a tenerlo in mano né a concepirlo come parte integrante della sua quotidianità. 172 Il suono di questa armonia, il fluire di questa energia rimanda ad archetipi insiti in noi ma che si fanno fatica ad ascoltare, o non si ha il tempo di rievocare perché pressati in una quotidianità prevalentemente visiva. Eppure sono suoni, gesti che ci appartengono, sono movimenti che ci riportano a quando eri bambino e non t’interessava sporcare la maglia o i pantaloncini, ma godere delle sensazioni mentre giocavi con una pozzanghera intento a modellare con le mani o con un bastoncino il fango, dentro quel brodo primordiale teatro delle più entusiasmanti vicende. 173 Sinestesia come trasferimento di materia Guglielmo Di Mauro 174 Nel complesso e articolatissimo sistema cerebrale, convogliano milioni di dati e messaggi. Se ci fermiamo alcuni istanti ad osservare anche una piccola superficie, riceviamo innumerevoli informazioni su come sono colori, texture,sensazioni di materia fredda o calda, di trasparenza ecc. I nostri centri nervosi incasellano nella mente con un certo ordine l’esperienza reale. A questo si unisce un bagaglio di esperienze sensoriali già immagazzinate al momento della primissima esistenza. Ogni visione omogenea, anche di un semplice granello di sabbia acquista una valenza sinestetica. Spesso associamo forme, colori e significati simbolici a volte latenti. Nel senso che l’esperienza personale trasla e convoglia sull’oggetto ultimo varie espressioni e percezioni mentali percepite come reali, ma acquisite per induzione sinestetica. Tenendo conto che il nostro apparato percettivo può essere ostacolato da barriere o dai filtri di vario tipo come fumo, nebbia, calore, rumori di fondo ecc. Sono tutti elementi che hanno il loro peso nel significato finale di quanto abbiamo percepito La percezione umana è fallibile, e questo è positivo poiché non saremmo esseri creativi se non avessimo l’interpretazione delle cose percepite. E’ evidente che essendo dotati di senso critico la compensazione mentale nella direzione dell’ acuità sensoriale interviene ad associare ulteriori elementi all’oggetto percepito, la sinestesia é prettamente effimera per le modalita’ di correlare, arricchire di ulteriori significati un certo dato reale, che resta contaminato nei suoi percorsi sensoriali. La realtà dell’oggetto fagocitato è molto più carica di significati. Ogni nostra percezione e’ sormontata da un’altra energia di compensazione su ogni evento decontestualizzato. Il potere evocativo della mente serve anche da difesa. Non a caso l’intuizione il sesto senso, spesso ci avvisano di un’imminente pericolo. Siamo strutturati in modo più o meno sensibile ai cambiamenti dove però l’incognito il mistero può spaventare, perché significa cambiare la nostra condizione per un’altra meno gradevole. Pensando ad una maglia associo la sensazione di calore anche se non l’ho ancora provata. Se per esempio aziono un ventilatore sotto una seta rossa e illumino con una luce la sua cima, in lontananza e di sera può essere scambiata per un fuoco. In questo caso la materia e la leggerezza della stoffa, mossa abilmente, fa andare in corto circuito la nostra percezione . Spesso le parole si associano ad un colore, o ad una forma ad un suono ecc. A volte questa personalizzazione puo’ essere considerata una visione di tipo semantico; cioe’ parole o forme e colori che richiamano altre figure. Tutto è in relazione alla nostro grado di sensibilità sensoriale. Il referente “maglia” ci fa pensare che l’indumento tenga caldo. Sinestesia è comunque un trasferimento ed arricchimento di materia, un passaggio da uno stato ad un altro. In alcuni miei lavori degli anni 75/80 ho creato effetti percettivi di questo tipo utilizzando il disegno e la fotografia, tra finzione e realta’ esistono affinita’ con il lavoro del Gruppo sinestetico. Nel 2003 ho fondato il” Gruppo Proxima”. E’ un’espressione orientata alla mediazione e alla collaborazione dello spettatore, in contesti culturali differenti: Sinestesia è anche contaminazione impollinazione, come affermano giustamente i sinesteti. E’ risaputo che non si può vedere una tinta se non mettendola in relazione ad un’altra. C’è un’interazione cromatica anche se il secondo colore non c’è, è sostituito da una tinta acromatica. Esiste poi la percezione gestaltica del colore o dello spazio o quant’altro, che a seconda del nostro stato d’animo può attrarci o farci star peggio. 175 La scienza è sinestetica? Gabriella Bernardi “Sinestesia, cos’era costei?” Questa, parafrasando malamente Manzoni, è stata più o meno la mia reazione quando, al telefono, un mio amico mi ha proposto di scrivere un breve pezzo che illustrasse la presenza della sinestesia nella Scienza. Il poveretto probabilmente non si rendeva conto dei guai ai quali poteva andare incontro affidandomi un compito così particolare e proponendosi come interfaccia tra me ed i suoi colleghi artisti, e se ci avesse pensato meglio si sarebbe rivolto a qualcun altro; tuttavia, purtroppo per lui, è altrettanto certo che non avesse altra scelta, essendo quasi sicuramente l’unica persona a lui familiare che si occupi professionalmente di scienza. Dopo questa mia reazione poco elegante, però, mi è stato spiegato che la sinestesia è “una figura retorica consistente nell’associare due termini che si riferiscono a sfere sensoriali diverse” e le cose hanno cominciato a chiarirsi. Da un certo punto di vista. D’altro canto non capivo bene quali connessioni potessero sussistere con la scienza. Tutto sommato è difficile concepire, per come siamo abituati a considerarle, qualcosa più agli antipodi della retorica e della scienza: una disciplina che sfrutta il linguaggio umano per comunicare ed enfatizzare idee, sentimenti ed emozioni da una parte, e dall’altra qualcosa che immaginiamo come pratico, oggettivo, magari per alcuni arido e privo di emozioni. Entrambi quindi eravamo vagamente perplessi e incerti di fronte ad una richiesta che, per stessa ammissione del mio amico, 176 appariva un po’ strana, ma dopo alcuni minuti di chiacchierata a ruota libera una luce ha cominciato, prima lentamente, poi con sempre più forza, a farsi strada attraverso il muro di grigio silenzio che annebbiava la mia mente. Prima di tutto, infatti, esistono almeno due espressioni che in Fisica e in Astronomia (i campi nei quali sono specializzato) si possono considerare degli esempi concreti di sinestesia intesa in senso letterale: l’anno luce e la temperatura di colore. Probabilmente il primo, che è la distanza percorsa dalla luce in un anno, è universalmente noto ai lettori, ma forse è meno nota la ragione per cui si usa questa particolare unità di misura. Il fatto è che in Astronomia le distanze sono così grandi che i normali chilometri sono assolutamente poco pratici. Plutone dista da noi circa 6 miliardi di chilometri (0,6 millesimi di anno luce), il nostro dirimpettaio (cioè la stella più vicina) è approssimativamente a quarantamila miliardi di chilometri, cioè a 4,3 anni luce, mentre il condominio dove abitiamo (la Galassia) è un disco più o meno del diametro di centomila anni luce, pari a circa un miliardo di miliardi di chilometri, e non dimentichiamoci che oltre c’è un’intera città! Tornando però al nostro argomento principale, l’anno luce è un’espressione che coniuga un vocabolo legato alla percezione del tempo con un altro legato al senso della vista per esprimere un’unità di misura di lunghezza. In un certo senso, un curioso esempio di “sinestesia multipla”. 177 Bisogna ammettere che la temperatura di colore non è un esempio altrettanto noto, anche se si tratta indubbiamente di una sinestesia, ma il suo significato non è così arcano come potrebbe sembrare a prima vista. Se si osserva una pietra mentre la si scalda, per esempio, si potrà notare che il suo colore cambia con la temperatura per cui quando è rossa significa che è incandescente, mentre mano a mano che la temperatura crescerà il colore della luce emessa si porterà gradualmente verso il blu, o l’azzurro sempre più chiaro, e difatti anche quando, usando un’altra sinestesia, nel linguaggio comune si dice che qualcosa ha raggiunto il calor bianco si vuole esprimere il fatto che la sua temperatura è altissima. Questa relazione tra la temperatura di un oggetto e il colore della luce che emette viene perciò usata in Astrofisica per determinare la temperatura delle stelle osservate, un parametro necessario per esempio quando si vuole cercare di determinare come questa si sta evolvendo, ma anche in altre branche della scienza quando non si può semplicemente mettere un termometro vicino all’oggetto di cui si vuole misurare la temperatura. Le stelle che appaiono azzurre possono dunque raggiungere temperature superficiali anche di 60.000 gradi, mentre il Sole, che si presenta di un bel colore giallo-rossastro, si mantiene a circa 5500 gradi centigradi. Quando poi la superficie di una stella è più fredda di alcune migliaia di gradi, inizia a diventare poco visibile perché la luce emessa si sposta nella 178 banda dell’infrarosso, che non possiamo percepire ad occhio nudo ma solo grazie ad apparecchiature particolari. Se però non ci limitiamo a considerare la sinestesia nel suo puro significato letterale, ma accettiamo di vederla nel suo senso più ampio di una sorta di “trasferimento dell’informazione” da un ambito sensoriale ad un altro, allora ci si può rendere conto che gli esempi portati finora in realtà svelano una connessione ancora più profonda. L’esperimento stesso infatti, uno degli elementi fondanti della scienza come la intendiamo oggi, e l’atto della misura, spesso sono una specie di esercizio pratico di sinestesia. In una rassegna assolutamente casuale, incompleta e senza alcun ordine logico, possiamo per esempio pensare ad apparecchiature che determinano la composizione chimica delle sostanze più diverse (olfatto, gusto) e la riportano su tabelle scritte o su immagini colorate, come in spettroscopia (anche questa, per inciso, ampiamente usata in Astronomia). Oppure ad altri esperimenti del passato nei quali veniva determinata la carica elettrica di alcune particelle elementari in apparati denominati “camere a bolle”. La carica elettrica, in effetti, non è qualcosa che possiamo facilmente immaginarci come associata ad un senso in particolare, ma tutto sommato, pensando alle scariche di elettricità statica che a volte subiamo in particolari condizioni, o con un po’ di sadismo immaginando qualcuno con due dita in una presa di corrente, la si 179 potrebbe collegare al senso del tatto. In questi esperimenti, invece, si sottoponeva queste cariche all’azione di un campo magnetico di valore noto facendole attraversare un apparato riempito di un liquido. Durante il suo passaggio la carica lasciava una traccia di bollicine che rendeva visibile il suo percorso curvo, e l’ampiezza di questa traiettoria curva era direttamente collegata al valore della carica della particella. Senza poi andare così nel sofisticato, basta anche ricordarsi che un semplice termometro non fa altro che tradurre in impressione visiva il fenomeno del calore dei corpi, associato al movimento microscopico delle particelle che li compongono e da noi generalmente percepito, ancora una volta, col senso del tatto. Oppure si può pensare al sonar, che è in grado di trasformare delle variazioni di pressione in un fluido, cioè dei suoni, anche se non udibili dall’orecchio umano, in un paesaggio visibile quale per esempio il profilo di profondità del fondo del mare. Per inciso, è anche interessante notare come tutti questi esempi mostrino un flusso di informazioni piuttosto asimmetrico da altri sensi verso la vista, quello di gran lunga più potente nella nostra specie. Personalmente non so se questo esercizio sia risultato particolarmente convincente riguardo al collegamento tra sinestesia e scienza o se piuttosto non abbia fatto pensare a qualcuno che, con un po’ di fantasia, si può dire e immaginare tutto quello che si vuole, però devo ammettere che mi sono divertito e 180 che è stato anche bello pensare a queste cose in maniera completamente diversa da come sono abituato a fare, e di questo ringrazio di cuore il mio amico. 181 La sinestesia è la mia morfina Mauro Carrera Devo a una raffinata professoressa di lettere il mio primo approccio con la sinestesia. Per via della mia slabbrata memoria, sono un po’ in dubbio tra una sfiziosa brunetta del biennio dai capelli alla maschietta e la camicia provvidenzialmente aperta su un seno acerbo (ascoltava Suzanne Vega) e una bionda spigolosa dagli intensi occhi azzurri in attesa di inaugurare le gioie del talamo matrimoniale, quand’ero all’ultimo anno del liceo. Propendo per la brunetta del biennio che sbirciavo inutilmente. La sinestesia fu chiaramente spiegata ai miei compagni e a me, ma la interiorizzai ancor meglio nella confusa eccitazione adolescenziale disciolta nei versi dei poetes maudits. Negli anni dell’università la sinestesia è stata la mia collezione di farfalle e di stampe cinesi. Ha rappresentato nella mia esistenza la segreta corrispondenza tra sensualità e vertigine intellettuale, la sinapsi involontaria ed esaltante tra percezioni e meditazioni. Anni prima dicevo ad un velleitario erastes che non distinguevo chiaramente la mia sensualità rigogliosa dalla mia platonica spiritualità. Di una cosa ero certo però: della mia eterosessualità irrinunciabile. Faticai un po’ a farglielo capire, ma imparai a far vibrare le numerose corde della comunicazione. Erano anni che mi ripromettevo di ripescare nel mito dell’adolescenza in cerca dell’ispirazione, che in quegli anni non aspettavo fremente: mi assaliva alle spalle. Sono lieto della sollecitazione rappresentata dal decennale del geniale 182 Gruppo Sinestetico. Caspita se si danno da fare questi qui! Forse non era questo che si aspettava da me Antonio Sassu invitandomi, ma magari riesco a trasmettere la centralità della sinestesia in una esistenza trascurabile e antiretorica. Da ragazzo l’abuso di sinestesia o di una qualunque forma di enallage era la norma. A chi mi offriva stupefacenti sintetici rispondevo con una mia, presunta, autosufficienza allucinatoria. Ed ho così reso avvezzo l’intelletto alla creatività immaginifica. Alle donne piaceva tanto (D’Annunzio docet), mi pareva, finché un’amica matura mi ha detto che dei funamboli di metafore non ci si può fidare, che sono buoni per “una botta e via”. Che altro chiedere di meglio. Passeggiando per strada mi suole capitare di sentire un “profumo di Messico”, e con il chiamarlo così un turbine voluttuoso mi trasporta nella terra azzurra. Lì ritrovo i miei fantasmi e mi perdo con loro, fino a che una mano nella mia mi strappa al ricordo. Leggendo Rimbaud ho compreso lo scintillante arbitrio della poesia e ho snobbato il suo genio precoce. La sinestesia è diventata la mia morfina. Essa mi consola di un angusto vivere, sbreccia i muri dell’orto, permette all’aria luminosa di filtrare. Colleziono bulimico dall’infanzia nuances, fragranze, frequenze, sapidità e turgori che la vita mi offre, lieto di giocarci come con indiani e pupazzi del presepe. Ne ho letteralmente le tasche piene (e non piene le tasche) di appunti e frammenti che 183 tiro fuori davanti al mio computer, mi risolvono piccoli problemi e mi soccorrono nei momenti di difficoltà. La sinestesia nasce come figura retorica, ma è piuttosto un modo si sentire, un momento in cui la percezione non è più precisa e frammentaria ma totalizzante, diviene comprensione. Non è più opportuno parlare di realtà percepita giacché confondendo i piani percettivi l’uomo smarrisce la sua soggettività e si confonde, sì, si confonde entra in comunione, comunica con l’altro da sé senza frapposizioni organolettiche. La sinestesia è una preghiera: è un tentativo di comunione tra immanenza e trascendenza. O forse, più semplicemente, un modo per far cedere donne romantiche alla ricerca disperata di una, sia pur labile, scusa per farlo. 184 185 Tractatus logicus-sinaestheticus Mauro Carrera La sinestesia è una situazione psicologica ed estetica. * Dapprincipio l’uomo è un’entità appartenente, quindi indistinta da essa, alla natura ed è con essa in una relazione profonda e mutua. * Iniziando a percepire, l’uomo matura una certa quale coscienza della natura * Dalla coscienza della natura, all’autocoscienza di sé come essere percipiente e cosciente il passo è breve. * L’uomo (per la donna vale forse tutto un altro discorso, che non oso affrontare per timore dell’ignoto) per gradi si determina, si definisce, di distingue, traccia i suoi confini dalla natura diventando soggetto (percettivo cosciente/autocosciente) e percependola come un oggetto (altro da sé). * L’uomo percepisce la natura attraverso i suoi 5/6 sensi. 186 * L’uomo rappresenta la natura con i differenti linguaggi (lingua, arte, matematica), ricalcati sulla coscienza percettiva. * Il linguaggio più efficace per la descrizione è quello verbale: l’uomo descrive la natura con un determinato lessico specifico (quindi finito) individuato per ciascun senso. * Quanto più il soggetto si de-termina rispetto alla natura, tanto più la sua percezione sensoriale di essa diviene più complessa e raffinata; allontanandosi dall’indeterminatezza iniziale, l’uomo si allontana dalla comunione/confusione iniziale. * Quando la terminologia specifica di ciascuna percezione si rivela limitata e insufficiente alla funzione descrittiva, l’uomo ricorre intellettualmente a strumenti più raffinati ed efficaci: le figure retoriche. spingendosi più e più oltre rispetto a questo cammino di allontanamento progressivo dalla comunione uomo-natura, finisce per compiere un giro completo, ritornando all’origine; come nell’Uroburo gli estremi finiscono per toccarsi e coincidere. * Quando le singole percezioni divengono così raffinate dal confondere i piani percettivi, si fanno indistinte e totalizzanti, quasi come erano prima della distinzione uomo/natura=soggetto/oggetto, restituendo all’uomo il suo stato di grazia, la sua comunione con la natura, la sua intuizione di essa attraversando con il logos i vari gradi dell’autocoscienza, fino ad una totale rinuncia. * Sono ambidestro, un po’ disgrafico, disorientato, deconcentrato e soprappensiero. E un po’ felice. * La sinestesia, la più dandistica e intellettualistica delle figure retoriche, 187 188 189 Zig Zag Sinestetico autori vari “certe volte riesco a percepire il sapore dei suoni. c’è molto più gusto che mettersi lì e provarci con le orecchie. l’intero corpo può sentire i suoni.” florian schneider dei kraftwerk ••• “So che è il due perché è bianco” (Cytowic, 1995). In pratica è come se la loro mente fosse uno schedario ordinato sulla base dei cinque diversi sensi, quindi, per arrivare ad una determinata informazione, vi sono cinque strade differenti anziché una sola. ••• In tutte le persone è comunque più o meno sviluppata una capacità sinestesica di tipo cognitivo. Ad esempio, se anche non si percepisce fisicamente un “giglio bianco” come “nota di violino”, è più frequente che, se viene richiesto, anche i non sinesteti eseguano una associazione del tipo “gigliobianco-nota-di-violino”, piuttosto che “gigliobianco-nota-di-contrabbasso”. mente. Quindi il sinesteta puro “vede” i suoni, “sente” i colori... Esperienze di tipo sinestesico possono essere determinate da deprivazione sensoriale, da meditazione trascendentale e misticismo, ma possono anche essere causate dall’assunzione di sostanze stupefacenti, come testimoniano i casi di Rimbaud e Baudelarie.Gli studi condotti da Cytowic (1989) rivelano che una stimolazione elettrica nella corteccia temporale sia a volte associata a fenomeni sinestesici e, inoltre, che essa è sperimentata nel 4% dei Colpi apoplettici limbici. ••• “Davanti a me c’è un cardo. I miei nervi motori avvertono un movimento straziato e slegato. I miei sensi del tatto e della vista percepiscono l’affilata spinosità del suo movimento formale, ed il mio spirito penetra la sua essenza. Io sento profondamente il cardo.” Itten 1921 Bauhaus 1919-1933 ••• ••• ... per sinestesia allo stato puro, si intende il suo manifestarsi automatico come fenomeno percettivo e non cognitivo. Il fenomeno è involontario, è elicitato dallo stimolo come una sorta di riflesso ed è percepito, nello spazio peri-personale, come reale, effettiva caratteristica dello stimolo e non frutto della 190 Caratteristica fondamentale e distintiva della sinestesia è il fatto che uno stimolo (per esempio un suono), provochi delle percezioni non solo nello specifico sistema sensoriale (in questo caso il sistema uditivo), ma eliciti una risposta congruente anche in altri canali (per esempio la vista). “Se tu senti profondamente l’opera d’arte, allora essa è destinata a rinascere dentro di te”. Itten , Bauhaus 1919-1933 ••• “Veniva insegnata una teoria pratica della armonizzazione basata sulla fondamentale unità di suono, colore e forma allo scopo di comporre in un tutto armonico i caratteri fisici e psichici di ogni singolo allievo”. Gertrud Grunow (insegnante di musica alla Bauhaus) - Creatività dopo una armonia interiore. “Mosca si fonde in questo sole in una macchia che mette in vibrazione il nostro intimo, l’anima intera come una tuba impazzita. No, non è questa uniformità in rosso l’ora più bella! Essa è soltanto l’accordo finale della sinfonia che ravviva intensamente ogni colore, che fa suonare Mosca come il fortissimo di un’orchestra gigantesca” da “Sguardo al passato” di V. Kandinskij. ••• ••• “... Itten insegnava anche la teoria dei contrasti, teoria della forma e teoria del colore. Lo studio dei contrasti (tra cui si possono ricordare i seguenti: RUVIDO-LISCIO; APPUNTITO/OTTUSO; DURO/MORBIDO; CHIARO-SCURO; GRANDE-PICCOLO; ALTO-BASSO; PESANTE-LEGGERO; ROTONDO-ANGOLOSO. colore caldo (l’impressione visiva è unita a quella tattile); voce chiara (l’impressione acustica è unita a quella visiva); musica dolce (l’impressione acustica è accostata a quella gustativa). ••• La Sinestesia: “Diversi sistemi sensoriali che, in particolare stato mentale, entrano in attività simultaneamente.” ••• “Splendono i colori che sanno di seta, profumati di geranio: questi sono i suoni chiari...” scrisse nella Recherche Marcel Proust ••• Sinestesia (dal greco syn, “insieme” e aisthànestai, “percepire”): procedimento retorico che consiste nell’associare, all’interno di un’unica immagine, sostantivi e aggettivi appartenenti a sfere sensoriali diverse, che in un rapporto di reciproche interferenze danno origine a un’immagine vividamente inedita. “Il colore è il tasto, l’occhio è il martelletto, l’anima è il pianoforte dalle molte corde. 191 L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, mette opportunamente in vibrazione l’anima umana” scrive V. Kandinskij nello “Spirituale dell’arte”. trovano già nei lavori di D. Lock, autore del XVII sec., che riporta una dichiarazione di un non-vedente, per il quale il suono di una tromba gli appariva di colore scarlatto.” ••• “Io assisto allo schiudersi del mio pensiero: io guardo, lo ascolto: lancio un colpo d’archetto: la sinfonia si muove nel profondo, oppure arriva d’un balzo sulla scena” A. Rimbaud “Se durante un concerto avessimo la possibilità di osservare l’aria, mentre vibra simultaneamente influenzata dalle voci e dagli strumenti, con grande stupore vedremmo colori organizzarsi e muoversi in essa” A. Kircher. ••• La sinestesia, o sensazione secondaria, è l’eccitazione contemporanea involontaria di due o più sensi, oltre a quello specifico. Si tratta di un fenomeno abbastanza frequente tra i bambini. ••• “Le sinestesie non derivano da attività della corteccia ma da attività limbica, più primitiva.” ••• “Lo scrittore Vladimir Nabokov ricorda come nell’infanzia associasse un colore ad ogni suono dell’alfabeto: da notare che anche sua madre aveva la stessa possibilità, e così pure suo figlio, quindi tre generazioni.” “Testimonianze di fenomeni sinestestici si 192 ••• “I nostri sensi, pur essendo relativamente autonomi, non operano in modo del tutto isolato fra loro: vi sono multicollegamenti e, talvolta, delle vere e proprie interferenze. Ad esempio, è sufficiente pensare a come si influenzano vicendevolmente il gusto e l’olfatto: quando si è raffreddati non solo non si sente l’odore del cibo ma anche il suo gusto risulta alterato, attutito” “Nella sua forma più pura, la sinestesia è rara” “Nell’800, i fisiologi consideravano la sinestesia come una sorta di patologia nella quale, a causa di una specie di cortocircuito, i sistemi sensoriali, solitamente separati, interferivano l’un con l’altro.” “La scrittura è un’originaria e potentissima sinestesia. L’esperienza simultanea del vedere e del toccare” ••• ••• “Per quasi trent’anni il neuropsicologo russo Aleksandr Romanovic Lurija, analizzò il caso di un uomo di nome Sarasevskij, dalla memoria sensorio-visiva eccezionale, e scoprì che le sue grandi capacità mnemoniche erano basate sulla “sinestesia”, ovvero sulla trasformazione dei suoni in vivissime immagini” “La musica silenziosa dei colori” fu realizzata in America all’inizio degli anni Venti da T. Wilfred. ••• “I profumi, i colori e i suoni si rispondono come echi” Charles Baudelaire da “I fiori del male”. ••• ••• G. W. Leibniz (1712) riguardo alla musica dice: “La musica è un esercizio nascosto d’aritmetica dell’anima: di un’anima che non sa di contare” ••• “Con poche eccezioni e deviazioni la musica già da alcuni secoli è l’arte che non ha adoperato i suoi mezzi per ritrarre le manifestazioni della natura, bensì per esprimere la vita psichica dell’artista e per creare una vita peculiare dei suoni musicali (...) V. Kandinskij “Dello spirituale dell’arte”. ••• “...urlo nero della madre...” S. Quasimodo, poesia italiana del Novecento ••• Il musicista russo Skrjabin ispirato dal verbo teosofico, ricostruirà una corrispondenza tra note e colori, ideando una tastiera per luce, che suonerà i colori nel suo “Prometeo”. ••• “Esperienze di tipo sinestesico possono essere determinate da deprivazione sensoriale, da meditazione trascendentale e misticismo, ma possono anche essere causate dall’assunzione di sostanze stupefacenti, come testimoniano i casi di Rimbaud e Baudelarie.” ••• “Il termine sinestesia deriva dal greco: syn = attraverso + aisthesis =percezione e designa un fenomeno affascinante, che ha luogo ogni qualvolta una singola stimolazione visiva, uditiva, tattile o olfaffiva dà origine alla percezione di due eventi sensoriali distinti.” 193 194 195 Visioni profumate di gustosi suoni levigati Gruppo Sinestetico Quando si parla di sinestesie inevitabilmente ci addentriamo in un mondo molto complesso fatto di mille intendimenti legato essenzialmente alla sfera sensoriale dell’essere umano. In letteratura l’uso della sinestesia, che associava due parole appartenenti a due campi sensoriali diversi, riusciva a far cogliere la realtà non più attraverso i canali percettivi classici, cioè vista e udito, ma anche attraverso quelli più primitivi come l’olfatto, il tatto, il gusto, in un reciproco gioco di corrispondenze. Baudelaire scriveva di “…profumi verdi come praterie e freschi come carne di bimbo”. L’uso quindi della sinestesia da parte di scrittori e poeti, amplificò una comunicazione visiva scritta che poteva dare sensazioni più intime legate a stimolazioni percettive private. Questo bisogno comunicativo amplificato però, prima ancora dei poeti decadenti fu di musicisti, pittori, artisti e filosofi, i quali anticiparono di molti anni ricercatori e scienziati tuttora interessati a ricerche di carattere sinestetico. Il bisogno della fusioni e con-fusione di sfere sensoriali diverse fu agli inizi una questione di carattere religioso, nei riti pagani degli antichi popoli sudamericani. Ricordiamo di riti religiosi collettivi dove la massima partecipazione all’evento era legata all’uso di droghe estratte dalla natura che riuscivano a coinvolgere il singolo in un’estasi sensoriale collettiva. Tuttavia ancora oggi, anche se in maniera diversa, tutti i riti religiosi hanno caratteristiche comuni in una stimolazione sensoriale diversificata dall’esclusiva comunicazione della parola scritta (visiva) o parlata (uditiva). Nelle due principali comunicazioni artistiche, quelle dell’arte visiva e musicale, vi sono sempre stati artisti interessati all’idea della stimolazione 196 sensoriale dettata da un’idea quasi mistica di lavoro d’arte totale; l’estasi sensoriale come obiettivo unico. Il sentirsi opera d’arte ed il “sentire” opera d’arte fu per molti l’obiettivo. Non si può non citare l’operato del musicista Scrjabin che sulle influenze wagneriane dedicò la sua vita alla ricerca di un’unica comunicazione d’arte totale in un pluricoinvolgimento sensoriale. Tentativi particolarmente interessanti furono fatti già nel ‘500 con Arcilboldi e G.P. Lomazzi nel suo “Trattato del’arte della pittura, scultura et architettura” si interessa dell’argomento; L.B. Castel nel 1720 costruisce il suo “clavincin oculaire” un interessante e simpatico tentativo di coinvolgere più sensi nella composizione dell’opera d’arte; i tasti del clavincembalo infatti corrispondevano a dei colori precedendemente posizionati e preparati per una corrispettiva diffusione colorata e sonora. Agli inizi del xx secolo A.V. Regminton affronta lo stesso problema in “Color Music”; gli americani Greenwalt, Halle e Wilfred nel 1920/30 costruiscono il “Color Organ”, “Musichrome” e il “Clavilux”, mentre Carol Bernard affronta lo stesso problema con la “Cromofonia”. Il russo Ivan Wyschnegradskij porterà avante le ricerche sinestetiche di Scrjabin e il dualismo colore/suono sarà uno dei motivi di indagine percettiva per il compositore contemporaneo Pierre Boulez , per citarne alcuni. Tutto questo fino ad arrivare ai giorni nostri con possibilità tecnologiche avanzate e interessanti a stimolare in maniera sempre più coinvolgente più sensi. La cosidetta multimedialità che ormai è presente nel nostro quotidiano che a poco a che fare con una più stimolante ricerca sensoriale, ma che comunque riflette l’esigenza contemporanea di un pluricoinvolgimento sensoriale. La parola sinestesia viene associata spesso ad un progetto più complesso di “Opera d’Arte 197 Totale”. Questo non avviene impropriamente perché anche se per sinestesia si indica un’associazione invincibile di due o più sensi che si sostituiscono fra loro, la parola “Arte Totale” riprende lo stesso concetto identificandosi come la ricerca di un’unica stimolazione sensoriale utilizzando però tutti i sensi del nostro corpo fino ad una completa saturazione sensoriale. Il Gruppo Sinestetico presa coscienza delle ricerche fatte, opera con azioni performative che hanno come obiettivo una ricerca sensoriale. Riteniamo, una stimolazione sensoriale che mira ad avere proprietà SINESTETICHE, la premessa per una ricerca diretta del nuovo comunicare nell’ambito delle cosidette arti visive; in un certo senso il recupero delle SENSAZIONE primitive insite nel nostro essere. La performance crediamo sia il comportamento artistico più interessante per un’indagine contemporanea in situazioni sensoriali sinestetiche. Vi invitiamo quindi a “percepire” le nostre performance, che generalmente si basano su azioni molto semplici ma dettate da una forte stimolazione sensoriale. Cercate di percepire, anche tramite le foto e il materiale visivo come il video che ne documentano l’azione, il nostro lavoro artistico. Eliminate mentalmente per pochi secondi quel concetto di spazio e di tempo che ci allontana dalle terre in cui viviamo. Concentratevi nelle vostre più intime percezioni con l’augurio che vi possano stimolare oltre alla vista, contemporaneamente o in sostituzione anche: l’udito, l’olfatto, il gusto, il tatto magari in... visioni profumate di gustosi suoni levigati. Visioni PROFUMATE di GUSTOSI suoni LEVIGATI Tatto Contatto ROSSO Grosso. ASCOLTO verde allungato. ASSAPORARE un suono frizzante. VEDERE gustosi sapori. UDIRE la parola colorata di Giallo! Camminare a piedi scalzi nella percezione di un SUONO morbido. Una doccia del GUSTO musica l’armonia del palato. Toccare il BLU per raffreddare la vista. I colori primari ci purificano l’ASCOLTO. L’armonia delle NOTE ci riscalda la vista. 198 199 EDIZIONE SPECIALE 50 COPIE Acquistando questa EDIZIONE SPECIALE hai diritto ad un’opera fotografica formato 20x20 cm firmata e numerata dal Gruppo Sinestetico (limitata a 50 copie). Per ricevere GRATUITAMENTE l’opera, contatta il seguente indirizzo email: [email protected] www.grupposinestetico.it 200