10 I I SABATO 28 GENNAIO 2017 I IL CITTADINO DI MONZA E BRIANZA VIMERCATE RICONOSCIMENTI Consegnati ieri in prefettura agli eredi di internati civili e militari: tre i vimercatesi Storia e memoria sono alla base dei valori della Repubblica di Monica Bonalumi «Era mio nonno e questa medaglia se la meritava». Elisabetta Giussani ha strappato un commosso applauso ieri, in prefettura a Monza, durante la consegna dei riconoscimenti alla memoria degli ex internati civili e militari nei lager nazisti che da anni accompagna la Giornata dedicata al ricordo della Shoah. Suo nonno era Attilio De Grandi, originario di Asigliano Veneto, catturato in Grecia e deportato in un campo di lavoro in Sassonia. Non ha mai parlato in modo diffuso, ha spiegato la nipote che abita ad Arcore, delle sue sofferenze ma quelle atrocità emergevano di tanto in tanto: in una cartolina inviata alla moglie il 7 gennaio 1944 accennava a un amico di prigionia di Giussano e chiedeva notizie di Luciano, il suo bambino travolto e ucciso qualche tempo prima da un carretto. Raccontava che quando si stava lasciando morire è stato salvato da un compagno che lo imboccava con il cioccolato che la moglie gli inviava. Per la fame patita, ha ricordato la nipote, non ammetteva che si avanzasse il cibo. Il fastidio che ha sempre manifestato verso i tedeschi era la spia dei soprusi subiti. Le stesse sofferenze e lo stesso desiderio di rimuovere le umiliazioni della prigionia hanno accomunato tanti ex internati: Giuseppe Bonandrini aveva 18 anni quando è stato rinchiuso ai lavori forzati nelle vicinanze di Amburgo. Quando è stato liberato pesava solo 30 chili ed è sempre stato convinto di essere sopravvissuto grazie alla Madonna d’Erbia a cui lui, originario di Casnigo, era molto devoto. La medaglia è stata ritirata dalla figlia Maria Grazia, residente a Vimercate. Andrea Ghilardini, come altri suoi commilitoni, è stato deportato in Germania e costretto a lavorare in una fabbrica dove si fondeva l’oro e l’argento che i tedeschi razziavano nei paesi occupati. Ha ritirato il riconoscimento il figlio Franco di Burago Molgora. Ieri tanti studenti delle scuole brianzole hanno raccolto il testimone di chi ha attraversato quegli anni terribili: tra loro ci sono anche gli alunni del comprensivo Montessori di Ronco Briantino e Sulbiate che, coordinati dall’insegnante Patrizia Spada, hanno dimostrato come gli orrori dell’Olocausto vengono rinnovati ogni giorno dalle tante popolazioni costrette a fuggire dalla miseria e dalla guerra. «La storia e la memoria – ha spiegato il prefetto Giovanna Vilasi – si fondono» grazie alle testimonianze dei sopravvissuti e le medaglie consegnate «racchiudono un dolore spesso rimasto inespresso». Il lavoro nelle aule, ha precisato, è uno strumento efficace per contrastare idee e progetti che tuttora evidenziano intolleranza, pregiudizi e volontà di sopraffazione. La Giornata della Memoria, come quella del Ricordo delle foibe, il 25Aprile, la Festa della Repubblica e quella delle Forze armate, ha aggiunto, costituiscono le fondamenta del nostro Paese e «valori da difendere perché ogni conquista non è mai definitiva». Non si può, però, parlare del passato senza riflettere sul presente: per questo ieri, alle celebrazioni organizzate dal Comune di Monza hanno partecipato alcuni Maria Grazia Bonandrini, figlia di Giuseppe (Vimercate) Foto Radaelli Franco Ghilardini, figlio di Andrea (Burago Molgora) Foto Radaelli richiedenti asilo. «Sono orgogliosa – ha commentato la Vilasi – di essere il prefetto di una Provincia che ha saputo promuovere tante esperienze di integrazione». Un richiamo è arrivato anche dal vicepresidente brianzolo Roberto Invernizzi: «La nostra rischia di essere ricordata come la generazione che dimentica. Dobbiamo essere in grado di confermare il senso e il valore della memoria». n Elisabetta Giussani, nipote di Attilio De Grandi (Arcore) Radaelli IMMAGINI Spazio Sorgente: fino al 12 febbraio installazione per la Memoria Inaugurata ieri allo Spazio Sorgente di Oreno, resta visibile fino al 12 febbraio l’installazione di Carlo Maria Corbetta pensata per la “Giornata della memoria” con le fotografie di Marco Passoni. «Ricordiamo le tante vittime senza nome delle stragi del Novecento – spiegano gli organizzatori -. Quest’anno le immagini e la performance proposta vogliono far riflettere sulle morti nei campi di concentramento nazisti. Le foto raffigurano un corpo colpito, svuotato, che sta per essere portato allo stremo; gli scatti dialogano con delle figure in movimento durante la performance». Quest’ultima, realizzata al momento dell’inaugurazione, ha messo un corpo abbandonato e rinchiuso in uno spazio stretto e buio al centro della sala. A farle da letto c’era della cenere. Mentre le altre figure si spostavano come ombre, muovendo la cenere e ricoprendo il corpo, evidente è stato il richiamo ai campi di concentramento e al disprezzo per i morti che lo sterminio ha stigmatizzato. Ma a un certo punto la musica è cambiata, il corpo è stato pulito e ricomposto, la dignità è stata restaurata. «Questo è uno dei significati del Giorno della memoria, ricordare le vittime e dare loro un volto e il riposo che meritano». A collaborare per la buona riuscita dell’evento è stata la professionalità di Passoni (fotografo e grafico per lavoro e passione) e l’esperienza di Corbetta, artista allievo di Nanni Valentini, maestro d’arte e fondatore del gruppo Fenice Blu. L’installazione, promossa da Sorgente e associazione Ueikap, resta visibile questo e i prossimi 2 weekend, in piazza San Michele 5: sabato dalle 16 alle 19, domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19. L’ingresso è libero. Info: [email protected]. n F.Sig.