Lo scavo archeologico di Santa Mustiola Ghizzano - Peccioli (PI) Storia di un sito abitato in età romana, longobarda e medievale. Per tutte le informazioni e le curiosità sulle attività svolte in Valdera dal Gruppo Archeologico Tectiana, visitate il sito www.tectiana.org o chiamate al 347 9924571. Dal 16 al 31 agosto 2013, in occasione della nuova campagna di scavo, è possibile visitare il sito e parlare con gli archeologi impegnati nei lavori. Realizzato da: Gruppo Archeologico Tectiana Palazzo Bientinesi, via Corsica 3 56030 Santo Pietro Belvedere, Capannoli (PI) C.F. 90024640501 - P.IVA 01562420503 Stampato in proprio nel mese di luglio 2013. Distribuzione gratuita. Il Gruppo Archeologico Tectiana, appartenente all’Associazione Nazionale dei Gruppi Archeologici d’Italia, è un’associazione di volontariato che si occupa della tutela, valorizzazione e salvaguardia del patrimonio storico, archeologico e culturale del nostro Paese, collaborando con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e, in generale, con tutte le Istituzioni preposte. Siamo attivi da oltre quindici anni in quasi tutti i comuni della Valdera e, grazie all’impegno dei soci, siamo riusciti ad ottenere importanti risultati dal punto di vista scientifico e culturale. Questo opuscolo che avete tra le mani è nato proprio per divulgare alla cittadinanza i dati raccolti in dieci anni di ricerche sul sito di Colle Mustarola a Ghizzano di Peccioli. Sono stati anni emozionanti, condivisi con tante persone che hanno dedicato il loro tempo e le loro competenze alla ricostruzione della storia di un territorio che ebbe, a partire dall’età romana, un importante ruolo dal punto di vista strategico e commerciale. Dopo dieci anni siamo ancora qui, pronti per un’altra campagna di scavo che si terrà nel prossimo mese di agosto e alla quale parteciperanno archeologi, studenti universitari e volontari. La speranza è quella di incrementare le importanti scoperte finora effettuate e di continuare ancora per molti anni. Non mi rimane che ringraziare di cuore tutte le persone che hanno reso possibile tutto questo, ed in particolare il dott. Giulio Ciampoltrini, Archeologo Responsabile del Territorio presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, il sig. Sandro Cioni, proprietario del terreno in cui è ubicato il sito di Santa Mustiola, l’Amministrazione Comunale di Peccioli per il costante supporto economico e logistico, gli abitanti del paese di Ghizzano, che ci hanno accolti e aiutati in ogni momento, e tutti i soci che hanno collaborato con noi in questi anni. Vi aspettiamo per una visita allo scavo! Elisa Piludu Direttore Gruppo Archeologico Tectiana 3 LA SCOPERTA DEL SITO Lo scavo di Santa Mustiola, in località Colle Mustarola nel territorio del Comune di Peccioli (fig. 1), si colloca in un progetto di ricerca svolto dal Gruppo Archeologico Tectiana lungo le valli dell’Era, con lo scopo di documentare le trasformazioni del tessuto insediativo attraverso le fasi storiche che hanno caratterizzato quest’area. In particolare, nel territorio pecciolese la sezione locale del G.A.T. ha intrapreso una serie di ricerche per incrementare le conoscenze e i dati sul popolamento antico, ben accertato per quanto riguarda l’età etrusca grazie allo scavo di Ortaglia, ma poco delineato per le epoche successive. Pochi sono i dati archeologici disponibili per la Valdera volterrana in età romana, con sporadici rinvenimenti, tra i quali quello nei pressi del Podere Olmo, lungo la Strada Provinciale della Fila, scoperto nel 2003, probabilmente traccia degli interventi di bonifica effettuati a partire dall’età augustea fino a gran parte del II secolo d.C. Il passato medievale di Peccioli è invece l’aspetto più conosciuto, con le sue vicende di castello posto in posizione strategica di confine tra le diocesi di Lucca e di Volterra. Un territorio potenzialmente ricco di documenti storici e archeologici interessanti finora inesplorati e sepolti, se non per scoperte fortuite e casuali. Fig. 1. L’area di Santa Mustiola a Ghizzano di Peccioli (dalla Carta Tecnica Regionale Toscana). Il progetto di ricerca ha preso il via nel 2004, con una serie di ricognizioni nelle campagne pecciolesi, affiancate da un’attenta raccolta di fonti orali provenienti dagli abitanti locali, spesso riguardanti località e edifici oggi non più visibili o rintracciabili. Durante queste fasi, gli abitanti della frazione di Ghizzano indicarono un piccolo colle in località Mustarola, come luogo ricco di materiali da costruzione, e per questo interessato da spoliazioni ripetute nel tempo, e da ritrovamenti ossei anche a poca profondità. 4 Alla base del colle sorgeva una fornace di laterizi, attiva fino alla metà dello scorso secolo, le cui rovine sono tuttora visibili. Con il permesso dell’attuale proprietario del terreno, il signor Sandro Cioni, la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e il supporto dell’Amministrazione Comunale di Peccioli, l’indagine è iniziata sistematicamente nel giugno 2004, con l’intento di scoprire le strutture edificate che avevano lasciato tracce così consistenti nel sito. Il sito di Colle o Podere Mustarola si trova al confine tra le due province di Pisa e Firenze, lungo la direttrice per Castelfalfi, storicamente molto importante perché era l’asse principale che collegava la Valdera volterrana a Siena, Chiusi e Roma. Le fonti storiche, soprattutto lucchesi, riportano il toponimo Mustarola, sebbene alterato in numerose varianti, per la prima volta in un atto dei primi dell'XI secolo, in cui l'abate di Sesto allivella a più riprese una cassina in un luogo detto Santa Mustiola. Successivamente, in un documento del 1127 viene nominata una cappella dedicata a Santa Mustiola. Due documenti lucchesi del 1212 attestano una contesa per la cappella di Santa Mustiola fra il monastero lucchese di Santa Giustina – che dichiara di aver contribuito al suo rifacimento - e il pievano di Castelfalfi; la cappella passò poi nel piviere di Montefoscoli e da lì, nel corso del XV secolo, alla pieve di Ghizzano. Infine venne soppressa nel 1512 da papa Giulio II e passata al Capitolo della Collegiata di San Lorenzo a Firenze, diventando oratorio. Un'ulteriore attestazione si evince anche dalla cartografia allegata alle Rationes Decimarum Italiae (fig. 2), in cui compaiono gli edifici sacri presenti nel territorio nel Duecento compresa la chiesa di Santa Mustiola, ubicata proprio dove sorge il piccolo colle. Mustiola, mai attestata in altre dedicazioni della zona, è una martire del III secolo, santa protettrice della città di Chiusi. Fig. 2. Cartografia dalle Rationes Decimarum Italiae, in cui compare la chiesa di S. Mustiola. 5 LE PRIME FASI INSEDIATIVE: ROMANI E LONGOBARDI Le fonti scritte recuperate indicano con certezza la frequentazione del sito in epoca medievale, quindi le prime indagini si sono rivolte all’individuazione dei resti della piccola chiesa. Dopo una prima ricognizione dell’area le ricerche si sono concentrate su due aree: sul pendio del colle, dal quale emergevano alcuni tratti di una muratura, e sulla sua sommità, luogo evidentemente più adatto per la costruzione dell’edificio sacro. Nell’area situata sul pendio del colle lo scavo ha portato alla luce buona parte del tratto di un muro (fig. 3), che per tecnica muraria sembra riferirsi all’epoca romana, visti i confronti puntuali con strutture murarie rinvenute a Volterra. Fig. 3. Tratto di muro romano sul pendio del colle. Nella parte superiore della muratura si osservano frequenti restauri e tamponamenti recenti, a testimonianza del fatto che almeno una porzione del muro fuoriusciva dalla terra fino a una ventina di anni fa, così come si tramandava dalle fonti orali raccolte. Sempre in quest’area è venuta in luce una lastra pavimentale in cocciopesto, obliterata da strati di colluvio formati da pietre miste a laterizi e tegole rotte, insieme ad una grande quantità di ceramica grezza e depurata, sia acroma che dipinta, vetri e ossa animali. Questo deposito si era formato in breve tempo, per scivolamento verso il basso dall’apice del colle. 6 L’ampliamento dei limiti di scavo ha permesso di individuare l’andamento del muro e portare in luce il pavimento. Il muro termina sul lato ovest, conservando nell’ultima parte solo l’ultimo filare di pietre, sul lato est sembra proseguire al di sotto di alcuni alberi, mentre è stato scavato tutto il pavimento in cocciopesto, del quale sono emersi anche tre muri perimetrali. Questa struttura si è rivelata essere una cisterna di età romana (fig. 4). Fig. 4. La cisterna romana in cocciopesto. Il perimetrale a nord è conservato in tutta la sua lunghezza (m 4,84, corrispondenti a poco più di 16 piedi romani) e per un altezza massima di circa m 1,5; il perimetrale ovest è quasi del tutto sparito, se ne conserva l’angolo e un breve tratto per pochi cm di altezza; il perimetrale est è conservato per un paio di metri in lunghezza e 1,5 m in altezza. Il muro sud invece manca del tutto e non sono emersi resti pavimentali o paramentali consistenti ad esso relativi in fase di scavo, forse a causa di interventi di spoliazione avvenuti dopo l’abbandono della struttura o ad eventuali sfruttamenti dell’area in età successive. Tutti i muri sono costruiti con una tecnica edilizia raffinata, con pietre di piccole e medie dimensioni legate con abbondante e tenace malta, mentre il loro lato interno è rivestito con un paramento di composizione simile al cocciopesto pavimentale, a grana però più fine ed omogenea. 7 Lo stato di conservazione della cisterna non è molto buono, il paramento in cocciopesto risulta in diversi punti fessurato a causa delle radici degli alberi di alto fusto che hanno gravato sulla struttura. Per tale motivo si è reso indispensabile un intervento di consolidamento temporaneo per evitarne il collasso strutturale. La presenza della cisterna ha fatto ipotizzare che il primo muro individuato all’inizio dello scavo (quello di fig. 3), situato al di sotto di essa, potesse essere parte dei resti di una facciata monumentale. Le strutture rinvenute erano quindi parte di una cisterna databile per tipologia al I secolo d.C., un unicum nel territorio rurale della Valdera, e di cui si hanno confronti con una cisterna, molto più grande, rinvenuta a Volterra durante gli scavi dell’ex ospedale di Santa Maria Maddalena nel 2002. La sua costruzione implica necessariamente la presenza di una villa o serie di abitazioni situate ai piedi del colle, che venivano riforniti d’acqua per caduta. I materiali ceramici appartengono quasi esclusivamente al periodo che va dalla fine del VI secolo al VII secolo. Oltre alla ceramica sono stati rinvenuti frammenti di vetro, chiodi e un medaglione in osso con incisione. Numerosi sono poi i resti di ossa animali, da interpretare con tutta probabilità come un immondezzaio scivolato verso valle, formatosi nel VI-VII secolo da un piccolo insediamento posto sull’apice del colle. Di tale nucleo abitativo abbiamo attualmente solo resti indiretti, poiché l'area di sommità su cui presumibilmente si trovava è attualmente occupata da strutture di epoca successiva. Alcuni materiali ceramici rinvenuti all’interno della cisterna romana. 8 L'interpretazione storica dell'abitato tardoantico, alla luce dellla cronologia e della tipologia ceramica, ha attinto alle fonti scritte e archeologiche disponibili suggerendo l'ipotesi di una possibile fortificazione sulla sommità della collina, in posizione strategica dominante. Ci troviamo infatti in una zona che nei secoli VI e VII possiamo definire “di confine” tra il territorio bizantino di Volterra e il ducato longobardo di Lucca. In particolare l'esistenza di questo piccolo avamposto è ricollegabile alla presenza longobarda in Valdera grazie alla toponomastica. Esempio emblematico è il toponimo Castelfalfi, centro a pochi chilometri di distanza da Colle Mustarola, che se da un lato conferma la vocazione di confine dell'area, dall'altro anticipa la situazione che si verificherà dopo il Mille, quando la chiesa di Santa Mustiola entrerà a far parte di questo piviere. Il toponimo Castellum Faolfi, nonostante la diffusione di tale nome, potrebbe sottolineare la relazione tra il Faolfus chiusino, vissuto nei decenni a cavallo tra il VI e VII secolo, e l’omonimo che ha lasciato il proprio nome proprio in questo piccolo insediamento ancora oggi esistente, la cui prima attestazione storica risale all’VIII secolo. Il nome Castellum Faolfi è incluso in una serie tipologica che consiste in un nomen loci – vicus o castellum – ed un antroponimo longobardo. Questa consuetudine toponomastica, in particolar modo per designare dei castella, è totalmente estranea sia alla tradizione romana sia a quella bizantina. Tutto ciò sembra ricondurre quindi ad una sua fondazione longobarda, e seppure questi castella così designati non influiscano nell’ordinamento territoriale (al contrario di quanto succedeva per i castella bizantini), ci troviamo molto vicini al confine tra Volterra e Lucca, per cui con la conquista longobarda della civitas bizantina, avvenuta tra il 594 e il 607, la località da noi indagata potrebbe essere stata teatro degli scontri che ne derivarono. Probabilmente la fondazione di Castelfalfi risale a qualche decennio prima (attorno al 570-580), momento in cui Volterra non è ancora assediata dai longobardi, i quali creano appunto questa struttura di confine per il controllo del territorio e in particolare della direttrice Lucca-Siena-Chiusi, che sarà poi della Via Francigena. L’ipotesi longobarda può trovare ulteriore conferma nel fatto che la santa a cui è dedicata la chiesa, Mustiola, è, come già accennato sopra, venerata a Chiusi (uno dei due ducati longobardi della Tuscia, insieme a Lucca, fondati negli ultimi decenni del VI secolo), forse solo una coincidenza oppure un forte segnale della sicura presenza dei Longobardi nella zona visto che anche Colle Mustarola si trova sulla direttrice che porta a Chiusi. 9 A contributo di questa interpretazione storica occorre menzionare lo studio preliminare della ceramica accumulatasi all'interno della cisterna. Il lotto rinvenuto dà infatti un significativo contributo alla definizione dei tipi ceramici della Toscana centrale tra VI e VII secolo. La presenza di varie forme chiuse decorate con incisioni e colature in rosso, gli orcioli, attestati nei complessi tombali di età longobarda di Fiesole, Chiusi e Lucca, nonché in livelli d'uso del pozzo del palazzo vescovile di Pistoia e Massaciuccoli, mostra come i contatti con queste popolazioni fossero attivi, grazie ad un asse commerciale che permetteva la ridistribuzione dei materiali nell'entroterra. Per portare in luce le strutture pertinenti alla cisterna romana che dovevano servirsi della stessa per il rifornimento di acqua, nel corso della campagna di scavo 2012 è stata allargata l’area di scavo (fig. 5). Le indagini hanno portato alla luce crolli di tegole e mattoni, una superficie pavimentale e varie tracce di focolari. Dal punto di vista materiale sono state rinvenute ceramiche medievali e rinascimentali negli strati più superficiali, misti a ceramiche di età precedente, accomunabili con quelle presenti all’interno della cisterna e che da lì sono scivolate verso il basso. Sono stati rinvenuti anche frammenti di vetro, chiodi e un piccolo dado da gioco in avorio. Fig. 5. Ampliamento dell’area di scavo sul pendio del colle. A destra, il dado da gioco rinvenuto nei pressi del muro. Le indagini in quest’area proseguiranno nel corso della prossima campagna di scavo. 10 I RESTI DELLA CHIESA MEDIEVALE Al fine di rintracciare le strutture superstiti della chiesa di Santa Mustiola, si è deciso di indagare tutta l'area sommitale del colle, provvedendo ad un parziale e contenuto disboscamento (fig. 6). La nuova area di scavo si è subito presentata fortemente compromessa da numerose tracce di scavi, tagli e trincee per l'asportazione del materiale lapideo. Poco al di sotto dello strato di humus superficiale sono emersi materiali da costruzione, chiodi, frammenti di ceramiche tardomedievali, attribuibili a fasi seicentesche, ovvero sia agli ultimi periodi di vita della chiesa, ma stratigraficamente poco attendibili visti i ripetuti interventi di spoliazione. A poche decine di centimetri di profondità sono stati rinvenuti alcuni lacerti strutturali, presumibilmente pertinenti alla chiesa, e numerosi crolli collocati lungo i bordi del colle. Nel settore nord/ovest dell'area sono emerse alcune strutture murarie forse tra loro collegate e relative all'edificio sacro. Si tratta di pietre di medie dimensioni legate da terra e poca malta, appena sbozzate, con l'eccezione di alcuni blocchi finemente squadrati che sembrano essere riutilizzi di età romana, e di una lastra di pietra fessurata. Tali unità stratigrafiche potrebbero definire il perimetro nord/ovest dell'edificio, al di fuori del quale si troverebbe un’area caratterizzata da una forte concentrazione di ossa umane frammentate e senza alcuna connessione anatomica, e piccoli frammenti di ceramica acroma, terra sigillata, una moneta di rame in pessime condizioni di conservazione e una medaglietta devozionale seicentesca in bronzo (fig. 7). Fig. 7. Medaglietta devozionale in bronzo. Fig. 6. Veduta dall’alto dell’area sommitale 11 Nell'altro settore indagato, ubicato a sud/est dell'area di scavo, è emersa una poderosa fossa di spoliazione (fig. 8), ancora in fase di scavo, che presumibilmente aveva interessato il perimetrale sud della chiesa, di cui rimane visibile un crollo lungo il margine della collina, caratterizzato da bozze scanalate e lavorate, tra cui si riconosce una chiave di volta. Dalla fossa si dirama in direzione nord una seconda trincea spoliativa, che prosegue oltre i limiti di scavo. Il riempimento di queste due fosse era caratterizzato da un terreno a matrice sabbiosa molto friabile (a differenza del terreno circostante, compatto e a matrice argillosa), ricco di frammenti lapidei, forse scarti di una lavorazione in situ del materiale spoliato. Fig. 8. La trincea di spoliazione. Fig. 9. Struttura muraria o sepoltura in pietra? Sul limite est dell'area, a contatto con il crollo, è emersa poi una struttura muraria conservatasi per un tratto di circa 1 metro, costituita da pietre sbozzate di medio-grandi dimensioni legate da malta. La struttura è caratterizzata da paramenti esterni su tutti i tre lati conservati, mentre l'interno è vuoto (fig. 9). Potrebbe trattarsi, quindi, di una sepoltura in pietra oppure di una lacerto murario a sacco, svuotato dal suo riempimento. Attorno alla struttura, che al momento dello scavo era ricoperta solo da uno strato di humus superficiale, rimangono alcune lastre di pietra ben lavorate, forse resti di una soglia. Tutte le scoperte effettuate sull’apice del colle hanno confermato l’ubicazione della chiesa di Santa Mustiola, e i lavori sono continuati in 12 maniera sistematica ed uniforme su tutta la superficie scavabile. Un dato che si rileva in maniera omogenea è la presenza massiccia di resti ossei umani, anche a poca profondità, isolati dai loro contesti originari e privi di connessioni, spesso raggruppati in piccoli mucchi. Probabilmente sono un residuo dei lavori di spoglio strutturale dell'edificio e, a loro volta, sembrano segnalare la presenza di una zona adibita a cimitero ubicata attorno alla chiesa. Nel settore nord-nord/est dell'area, lo scavo ha portato in luce un lungo tratto di muro interpretabile come perimetrale nord della chiesa conservatosi per oltre 5 metri di lunghezza e di cui, al momento attuale, non è ancora stata trovata la fossa di fondazione (figg. 10, 11, 12). Il muro è costituito da blocchi di pietra di medio-grandi dimensioni legate da terra e malta disposti in filari regolari, ed in più punti mostra segni di spoglio, soprattutto nella parte terminale occidentale. La muratura potrebbe essere in continuità con le altre strutture trovate nel settore nord/est, definendo tutto il perimetrale nord dell'edificio. Figg. 10, 11, 12. Muro perimetrale della chiesa nelle varie fasi di scavo. A sud della struttura muraria, direttamente a contatto con essa, in quello che doveva essere il lato interno della chiesa, sono emerse varie deposizioni in fossa terragna, con i defunti sistemati in posizione parallela al muro (fig. 13). Le inumazioni appartengono sia ad adulti sia a bambini, talvolta neonati, posizionati in alcuni casi uno sopra all’altro. 13 La disposizione sovrapposta dei morti fa pensare ad un utilizzo ripetuto di questo spazio, con riaperture frequenti delle fosse di inumazione, che molte volte hanno intaccato, se non addirittura asportato, le sepolture precedenti (fig. 14). Fig. 13. Una delle sepolture in fossa terragna parallele al muro della chiesa. Fig. 14. Sepoltura di bambino deposto su un fianco, nel piccolo spazio rimasto tra il muro della chiesa e un’altra sepoltura. 14 Le sepolture posizionate lungo il perimetrale della chiesa si contrappongono per ubicazione e quindi per significato alle altre sepolture rinvenute nel settore est dell'area, adibito a cimitero. Forse si tratta di deposizioni privilegiate, oppure sono da attribuire ad un periodo diverso di inumazione. Le sepolture del cimitero per ora scavate, tutte in terra, risultano più o meno tutte allineate con la testa verso ovest e i piedi verso est (fig. 15). La posizione del defunto varia, a volte è supina mentre in due casi è rannicchiata su un fianco. Dato comune a tutte le deposizioni è la mancanza degli arti inferiori, tranne una dove i femori risultano rotti e ripiegati all'interno della fossa, quasi come a voler far entrare il defunto in uno spazio troppo piccolo per contenerlo. Due di queste sepolture supine, inoltre, presentavano due pietre ai lati della testa per evitare la dislocazione del collo. È probabile che la mancanza degli arti sia da attribuire anche alla posizione scelta per il cimitero: siamo sul margine est del colle, sottoposto a continuo dilavamento per le piogge che può aver trascinato a valle parti degli scheletri. I materiali rinvenuti nel cimitero sono per lo più frammenti di maiolica arcaica e acroma depurata, con l'eccezione di una moneta in rame lucchese interpretabile come denaro enriciano di fine XII – inizi XIII secolo. Fig. 15. L’area del cimitero di Santa Mustiola. 15 Anche nelle sepolture interne alla chiesa non sono emersi corredi funerari, ma solo in pochi casi sono stati rinvenuti tra le ossa oggetti in ferro, rame o bronzo riconducibili a spille. Reperti degni di nota sono invece stati trovati negli strati di tutta l’area di scavo sommitale. Purtroppo, come già accennato, i continui rimaneggiamenti e spoliazioni che si sono susseguiti nell’area fino al secondo dopoguerra hanno fortemente compromesso la stratigrafia archeologica originaria, impedendo la ricostruzione cronologica delle fasi di frequentazione del sito. La maggior parte dei materiali costruttivi della chiesa sono infatti stati asportati, non solo quelli che erano visibili negli alzati dell’edificio, ma anche quelli sepolti. È infatti frequente trovare reperti di età molto diverse a contatto l’uno con l’altro (per esempio frammenti di terra sigillata romana insieme a maioliche e monete medievali). Alcuni reperti rinvenuti durante gli scavi. Dall’alto: quattro monete coniate tra XI e XIII secolo, una chiave in metallo, due fuseruole e sette perline da collana di età longobarda. 16 Per capire meglio la distribuzione e il significato delle scoperte effettutate sull’apice della collina è utile rifarsi alla seguente planimetria: 17 PRIMI DATI E PROSPETTIVE FUTURE Alla luce dei risultati ottenuti e dei dati preliminari provenienti dallo studio della ceramica rinvenuta in fase di scavo, è evidente che in età tardoantica il sito di Colle Mustarola doveva rappresentare un contesto privilegiato, con un’economia equiparabile a contesti di tipo urbano quali Fiesole, Siena, Lucca e Pistoia. L’esame delle evidenze materiali attualmente disponibili apre infatti una nuova problematica nella comprensione di come si sia evoluto l’insediamento sul colle. La presenza di ceramiche che testimoniano attività umane a partire dal I secolo a.C. (rinvenuti come elementi residuali nelle stratificazioni della cisterna romana, che testimoniano come la formazione del riempimento si sia formata per scivolamento verso il basso degli strati accumulatisi sull’apice della collina), proseguono fino alla fine dell’antichità, con un picco nel VI secolo d.C., ma improvvisamente, nel corso del VII secolo la presenza umana, così viva nel secolo precedente, sembra interrompersi. Non ci sono infatti documenti archeologici riconducibili ai secoli centrali del Medioevo, cesura che termina con il XII secolo, quando il colle riprende ad essere frequentato, con la costruzione della chiesa e le conseguenti evidenze archeologiche che tali interventi hanno conservato fino ai nostri giorni. Sarebbe di estremo interesse, quindi, trovare l'anello mancante fra i dati archeologici della frequentazione di VIVII secolo, e i dati documentari dell'XI secolo. Forse il complesso di Santa Mustiola era già in rovina quando una piccola comunità si insediò sulla sommità della collina, generando l'accumulo all'interno della cisterna. Ma i materiali di media e tarda età imperiale rinvenuti lasciano supporre una continuità insediativa, anche se con finalità e ruoli diversi. Le future indagini continueranno nella ricerca sia delle fasi romane del sito, sia di quelle medievali, con la prosecuzione dello scavo delle sepolture rinvenute, la cui scoperta ha dato la certezza di trovare, almeno in quelle zone, una sequenza stratigrafica ancora intatta e quindi più facilmente interpretabile e databile. 18 IL NOSTRO SCAVO! PER LA REALIZZAZIONE DI QUESTO OPUSCOLO SI RINGRAZIA: Via della Bonifica, 69 - 56037 - Peccioli (PI) Tel. 0587 630207 Cell. 335 6478376 - 338 1006059 Via Castello, 5 - 56033 - Santo Pietro Belvedere - Capannoli (PI) Tel. e fax 0587 607537 - www.faserem.com PROFUMERIA - TABACCHERIA Via Matteotti, 5 - Peccioli (PI) Tel. 0587 672022 Via I Maggio, 5 - 56037 - Peccioli (PI) Tel. 0587 670167 - www.carrozzerianannetti.it Via I Maggio, 1 - 56037 - Peccioli (PI) Tel. e fax 0587 636047 Pneumatici Servizio pronto intervento con furgone attrezzato Cell. 340 5508994 Via A. Gramsci, 35 - 56037 - Peccioli (PI) Tel. 0587 635115 Via Mazzini, 29 - 56037 - Peccioli (PI) Tel. e fax 0587 670160 - www.multicolorferramenta.it Via Mercantino, 50 - Tel. 0587 630153