2° Anno Paola Meucci Scienze farmacologiche

AZIENDA OSPEDALIERO - UNIVERSITARIA PISANA
A.A. 2012/2013
SCIENZE FARMACOLOGICHE
ASSISTENZA INFERMIERISTICA
2° Anno
Paola Meucci
1
Scienze farmacologiche: assistenza infermieristica











La responsabilita’ dell’infermiere nella gestione della terapia: Gli aspetti deontologici
Il problema degli errori di terapia
La motivazione dell’iniziativa STU
La definizione dei requisiti di contenuto e dei requisiti grafici per la STU
Regola della 6 G
Fasi della responsabilità
Applicazione della farmacologia alla pratica infermieristica
Applicazione della farmacologia nella cura del paziente
Applicazione della farmacologia nella educazione del paziente
Gestione e dispensazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope
Peculiarità dell’uso dei farmaci nel bambino
2
SCIENZE FARMACOLOGICHE
ASSISTENZA INFERMIERISTICA
La responsabilita’ dell’infermiere nella gestione della terapia
La professione infermieristica è in rapida evoluzione e il ruolo dell’infermiere nella
somministrazione dei farmaci è notevolmente cambiato negli ultimi anni.
L’evoluzione della normativa ha portato a raggiungere importanti traguardi: sono infatti
relativamente recenti:
 il decreto del 14 settembre 1994 n° 739 sul profilo professionale dell’infermiere in cui
viene sancito il regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo
professionale dell’infermiere.
Il decreto 739/94 sulla determinazione del profilo professionale dell’infermiere rappresenta
una pietra miliare nel processo di professionalizzazione dell’attività infermieristica. Esso
riconosce l’infermiere responsabile dell’assistenza generale infermieristica, precisa la natura
dei suoi interventi, gli ambiti operativi, la metodologia del lavoro, le interrelazioni con gli
altri operatori, gli ambiti professionali di approfondimento culturale e operativo, le cinque
aree della formazione specialistica (sanità pubblica, area pediatrica, salute
mentale/psichiatria, geriatria, area critica).
Adotta il seguente regolamento:
Articolo 1:
L’infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e
dell’iscrizione all’albo è responsabile dell’assistenza generale infermieristica
Articolo 2:
L’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica,
relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza
dei malati e dei disabile di tutte le età e l’educazione sanitaria.
Articolo 3:
Partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività
Identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività
identificandone gli obiettivi
Pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico
Garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostiche-terapeutiche
Agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali
Si avvale per personale di supporto
Svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private
Articolo 4:
L’infermiere contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente
all’aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca.
Articolo 5:
la formazione infermieristica post-base per la pratica specialistica è intesa a fornire agli
infermieri di assistenza generale delle conoscenze cliniche avanzate e delle capacità che
permettano loro di fornire specifiche prestazioni infermieristiche nelle seguenti aree:
a)
b)
c)
d)
sanità pubblica: infermiere di sanità pubblica
pediatria : infermiere pediatrico
geriatria: infermiere geriatrico
area critica: infermiere di area critica
3
Il profilo disegnato dal decreto è quello di un professionista intellettuale, competente, autonomo
e responsabile.
 la legge 26 febbraio 1999 n°42 che sancisce le “Disposizioni in materia di professioni
sanitarie”:
o la Professione sanitaria
o L’abrogazione del mansionario
o Il campo di attività e responsabilità del professionista - profilo professionaleordinamento didattico - codice deontologico
 Il codice deontologico del 12 maggio 2009 che prevede l’autonomia, la responsabilità e la
competenza del professionista, le conoscenze validate ed aggiornate, la consulenza, la
ricerca, la formazione e l’educazione
A questi cambiamenti legislativi deve necessariamente fare seguito una evoluzione culturale e
professionale degli infermieri, che parte dalla presa di coscienza del proprio ruolo e dei
cambiamenti da attuare nell’ottica della piena autonomia della professione infermieristica.
Piena autonomia non significa conflitto con il mondo medico, ma vuole dire sviluppo di una
coscienza professionale che si prende carico integralmente dei processi di cura, li organizza, li
valuta e si avvale di consulenze quando la sua preparazione non consente l’individuazione della
migliore soluzione.
E’ infatti molto importante che il professionista riesca a percepire il suo ruolo all’interno del
percorso assistenziale del paziente, senza sconfinare in territori che non gli appartengono,
impegnandosi invece a capire fino in fondo l’importanza e l’insostituibilità del suo ruolo.
IL problema degli errori di terapia (regione Toscana - Centro Gestione
Rischio clinico) i quaderni delle campagne per la sicurezza dell’ambiente
Stima ed entità del fenomeno a livello internazionale, nazionale e
regionale
Secondo la definizione del National Coordinating Council for Medication Error Reporting and
Prevention (Nccmerrp), per errore di terapia si intende ogni evento avverso, indesiderabile,
non intenzionale, che può causare o portare ad un uso inappropriato del farmaco o ad un
pericolo del paziente.
La valutazione dell’errore della terapia si basa prevalentemente sulle modalità di impiego del
farmaco e sul rischio clinico che ne può derivare.
Per rischio clinico si intende la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso,
cioè subisca un qualsiasi “danno o disagio imputabile, anche se in modo involontario, alle cure
mediche prestate durante il periodo di degenza, che causa un prolungamento del periodo di
degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte (Kohn et al, 2000; Vincent,
1991).
Gli studi condotti negli USA e in Australia hanno dimostrato che fino al 16,6% dei pazienti
ricoverati in ospedale è colpito da un evento avverso.
In altri paesi quali il Regno Unito e la Nuova Zelanda, la percentuale di eventi avversi è stimato
rispettivamente del 10,8% e del 12%
In Olanda si stima che gli errori di terapia sia compresa tra il 12% e il 20% del totale degli errori.
Da uno studio condotto nel Regno Unito più di metà degli eventi registrati risulta dovuta ad errori
legati all’uso di farmaci.
Non tutti gli errori di terapia determinano un danno, la maggior parte possono essere considerati
near miss (quasi evento)che possono essere definiti potenziale eventi avversi, eventi con un alto
4
potenziale di rischio,ed è ogni accadimento che avrebbe potuto, ma non ha, per fortuna o per abilità
di gestione, originato un evento.
Gli eventi avversi da farmaci (ADE) sono invece gli eventi che determinano un danno per il
paziente e che sono prevenibili/evitabili dovuti ad errori nell’uso dei farmaci e le reazioni avverse
da farmaci (ADR) che sono reazioni non prevenibili/evitabili correlate all’uso dei farmaci. (Cohen,
1998, Kahn et al, 2000).
I darti regionali reperiti in letteratura sono tre studi a livello di azienda sanitaria
 nel 1998 dalla Azienda USL 8 di Arezzo (Severi et al 1998)
 nel 2000 dalla Azienda USL 11 di Empoli (Meini 2000)
 nel 2001 da Azienda USL 9 di Grosseto (Monaci et al 2004)
Il primo studio ha utilizzato come strumento di verifica una scheda, composta da 40 item, per la
valutazione della presenza di rischi connessi alla prescrizione, trascrizione e somministrazione della
terapia in ogni unità operativa ospedaliera. Sono stati rilevati i rischi teorici correlati alle varie fasi
del percorso terapeutico: nel 40% dei reparti chirurgici la prescrizione risulta incompleta, nella
quasi totalità dei casi si sono riscontrati problemi relativi alla scrittura.
In tutti i reparti esiste un prescrittore la cui calligrafia pone problemi di interpretazione. Inoltre è
stato riscontrato che nel 50% dei reparti, con una prevalenza di specialità chirurgica, una
dispersione di dati nonostante che in cartella clinica vi fosse uno spazio apposito per la
prescrizione. Per quanto riguarda la metodica della trascrizione era presente nel 50% dei reparti
chirurgici. Nel 40% dei reparti osservati è emerso il rischio teorico di scambio scheda terapia dei
pazienti per dati identificativi insufficienti.
Il secondo studio ha effettuato un’analisi retrospettiva della documentazione del paziente (cartella
clinica e documentazione infermieristica), metodo consolidato per scoprire gli aventi avversi.
Tenuto conto che la metodologia della doppia review delle cartelle cliniche è stato quello più
utilizzato per valutare l’incidenza e la tipologia di errori dovuti alla trascrizione o alle modalità di
prescrizione in uso nei vari contesti; dall’analisi di 2400 cartelle cliniche e altrettante schede per la
terapia i dati hanno evidenziato che:
 nel 36% vi era una incongruenza tra la prescrizione in cartella clinica e quanto riportato
sulla scheda infermieristica usata per la somministrazione della terapia (nome farmaco,
dosaggio, posologia)
 nel 28% le prescrizioni farmacologiche erano incomplete (dosaggio non specificato)
 nel 17% non era specificato in cartella clinica la data di interruzione della somministrazione
del farmaco.
Le UU.OO. maggiormente interessate al fenomeno sono stati i reparti di degenza chirurgica
(chirurgia generale e ortopedia) mentre il fenomeno è risultato più contenuto nelle terapie intensive.
Il terzo studio ha coinvolto l’Area Funzionale Omogenea di Chirurgia. In quela realtà, il medico,
dopo aver effettuato a diagnosi, prescriveva la terapia medica scrivendo i farmaci (dosaggio, orario,
via di somministrazione etc. . ) a mano nella cartella clinica. L’infermiere leggeva quanto scritto dal
medico e lo trascriveva nel quaderno della terapia ( raccoglitore composto da fogli mobili uno per
paziente), prendeva dalla farmacia del reparto i medicinali prescritti e ad ogni paziente, agi orari
prestabiliti, somministrava i farmaco.
In questo percorso si potevano verificare diversi tipi di errore:
 di prescrizione
 di interpretazione errata dela scrittura del medico
 di trascrizione
5

di somministrazione
Da una raccolta dati fu evidenziato che gli errori più ricorrenti erano:
1. trascrizione dalla cartella clinica al quaderno della terapia
2. difficile interpretazione della scrittura medica
3. mancata visibilità del processo terapeutico
Errore è un’azione od omissione che determina insuccesso nel compimento di un’azione
pianificata.
Quando si parla di Gestione del Rischio nelle strutture sanitarie, si intende il metodo con cui si
affronta in modo sistematico la sicurezza. Ciò richiede la creazione di un ambito di governo dei
rischi costituito da un sistema di valori e di risorse, norme, procedure, comportamenti codificati ed
informazioni volto a eliminare/limitare i percoli comunque presenti, in primis quelli legati
all’erogazione delle cure.
La prevenzione dell’errore eticamente rappresenta uno dei metodi più corretti per il
raggiungimento della qualità in sanità, per questo è stato avviato il progetto per l’introduzione della
scheda di Terapia Unica (STU).
Tutti gli operatori possono incorrere in un errore se le caratteristiche del sistema non pongono i
vincoli ad evitare le azioni sbagliate e se non vengono invitati a seguire i passaggi giusti.
Nel percorso di revisione del processo terapeutico è utile considerare l’attuale contesto sanitario
italiano, relativamente all’argomento degli errori della somministrazione dei farmaci:
 esiste generalmente una scarsa sensibilità da parte degli operatori sanitari coinvolti nel
processo terapeutico relativamente all’argomento. L’operatore sanitario, sia esso medico,
farmacista o infermiere tende a rifiutare la possibilità di commettere degli errori
 all’interno delle realtà ospedaliere le diverse fasi del processo terapeutico sono espletate
attraverso modalità di comportamento ormai abitudinarie sono spesso conservate le
modalità scorrette che possono essere causa di errore
 esiste una difficoltà oggettiva a reperire dati affidabili relativamente agli errori di
terapia poiché la maggior parte dei contesti sanitari non possiede sistemi strutturati di
rilevazione e monitoraggio degli errori
 malgrado quanto evidenziato esiste una recente sensibilizzazione in merito all’argomento
sia da parte dell’opinione pubblica, sia da parte del Ministero della Salute
Per prevenire gli errori è importante comprendere prima di tutto che gli esseri umani possono
sbagliare e che gli errori di terapia non sono compiuti e tanto meno evitati da una persona
sola.
Per questa ragione, operare con sistemi sicuri è fondamentale per la prevenzione.
Gli aspetti deontologici
Per gli operatori sanitari, il rischio clinico, va analizzato in funzione dei rapporti tra le varie figure
professionali e il cittadino-utente.
La sicurezza in sanità non deve essere considerata e riferita al singolo operatore, poiché ogni
individuo agisce al di là della sfera strettamente professionale, secondo la propria realtà e le proprie
motivazioni, ma è necessariamente la risultante di una collaborazione interdisciplinare, costante, tra
le diverse risorse umane e le differenti competenze
Ciò, ovviamente, non significa che ogni singolo professionista non abbia comunque il dovere
morale di essere responsabile delle proprie prestazioni
Quando si parla di responsabilità evidentemente si allude:
6
 sia ad una dimensione giuridico - professionale
 sia ad una dimensione più propriamente etico, deontologico
intendendo in questa seconda accezione, il sentirsi responsabili, in quanto professionisti della sanità,
della salute dei cittadini e del loro benessere fisico e relazionale.
Bisogna rispondere delle conseguenze (prevedibili) delle proprie azioni secondo la massima
dell’etica della responsabilità di Max Weber
Questo in quanto persona umana, per quel sentimento di partecipazione e corresponsabilità verso
ogni evento che capita nella vita e, ancor di più, come professionista a cui sono affidate altre
persone più deboli
Poiché in ambito deontologico il bene è ciò che è giusto, gli operatori sanitari nel loro operato
hanno l’obbligo morale, di agire alla luce dei valori morali espressi nei codici di comportamento
professionale.
Art 3 del CDM
“Dovere del medico è la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo ed il sollievo alla sofferenza,
rispetto della dignità della persona umana”
Art 13 del CD.I.
“La responsabilità dell’infermiere consiste nel curare e prendersi cura della persona nel rispetto
della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo”
Art. 23 del C.D.M.
“La cartella clinica deve essere redatta chiaramente con puntualità e diligenza, nel rispetto delle
buone norme di pratica clinica. . . “
Questo significa che accanto ai valori etici non possono essere tralasciati compiti più formali ma
egualmente importanti al fine della correttezza del lavoro.
Dal punto di vista deontologico l’obbligo di assicurare alla popolazione servizi sanitari adeguati
rappresenta un valore universalmente riconosciuto, dal momento che risponde ai principi morali
“prima facie” di giustizia, beneficienza, autonomia, non - maldicenza.
Coloro che hanno la responsabilità di erogare servizi sanitari hanno, quindi, anche il dovere di
accertarsi che essi siano effettivamente disponibili e di buona qualità.
In ambito sanitario è necessario mettere in atto il miglior sistema possibile che questo possa essere
seguito da tutti i soggetti che collaborano, poiché in questo particolare contesto l’errore è
multifattoriale ed è il sistema a non rispondere più a determinati requisiti.
Nella vita di tutti i giorni così come nella vita professionale, l’agire umano non è scevro da
problemi, imprecisioni ed errori. Ma, se, nella vita normale, l’errore può essere ammesso, tollerato e
scusato, soprattutto quando le conseguenze non coinvolgono altri, nella vita professionale, è sempre
necessario porsi la domanda, che è imperativo morale, “Sto provocando danno? Sto infrangendo la
prima legge fondamentale primum non nocere?”
Se si facesse così molti errori potrebbero essere evitati.
Segnalare gli errori permetterebbe di analizzare le disfunzioni del sistema; dagli errori si può
imparare e ovviare una serie di interventi formativi, motivazionali, procedurali, strutturali, il cui
risultato sarà ridurre gli eventi avversi.
Passare dalla cultura della colpa alla cultura della comunicazione significa dimostrare maturità
intellettuale e morale.
“Siamo tutti fallibili e quindi dovremmo dubitare anche di ciò che ci sembra essere vero . . . Può
essere difficile arrivare alla verità, ma noi dobbiamo riconoscere che la conoscenza dei nostri
errori, può con sforzo, renderci più vicini alla verità, ed inoltre possiamo essere in grado di evitare
gli stessi errori nel futuro” (Mclntyrt and popper, 1993)
7
Passare da un atteggiamento punitivo ad un atteggiamento proattivo, ci permetterebbe di valutare la
qualità del nostro agire, di prestare la nostra opera con diligenza, perizia, e prudenza,
La disfunzione nell’organizzazione comporta il venir meno del beneficio potenziale della
prevenzione dei rischi, è l’integrazione multi professionale cura per il cittadino utente e si traduce
nella definizione allarmante di “malasanità”.
Possiamo quindi dire che: conditio sine qua non, per raggiungere l’obiettivo della prevenzione dei
rischi, è l’integrazione multi professionale e tutti gli attori dell’organizzazione hanno l’obbligo
morale di impegnarsi con consapevolezza e responsabilità.
“La condizione dell’uomo nel mondo non è quella dell’ente innocente, puro, immune da colpe o
responsabilità. In tutte le grandi etiche e le grandi metafisiche, l’educazione dell’uomo, la sua
maturazione morale ed intellettuale, coincide con una volontaria dilatazione del suo senso di
responsabilità di errore e di colpa” (Kierkegaard, 1995).
La motivazione dell’iniziativa STU
Soluzioni La STU
La scheda terapeutica unica è un eccellente strumento di comunicazione interna, che integra in un
unico documento tutte le informazioni sul processo terapeutico dei pazienti ricoverati per questo
consente di far fronte ai problemi di comunicazione, prima causa degli errori di terapia (leape et a,
1998) la STU è parte integrante della cartella clinica e:
1. facilita i medici ad effettuare la prescrizione scritta in modo chiaro ed evitare la
prescrizione a voce
2. consente ai farmacisti di identificare correttamente il prescrivente e le caratteristiche del
paziente, nei processi terapeutici che li coinvolgono nella preparazione del farmaco, in modo
tale da collaborare con il medico per la sicurezza della prescrizione
3. evita passaggi di trascrizione tra la cartella clinica e la documentazione infermieristica
cosicchè gli infermieri impiegano la stessa scheda redatta dal medico per effettuare la
somministrazione, risparmiando tempo ed errori di trascrizione
4. consente di tenere traccia su un unico documento di tutte le operazioni effettuate sul
processo e dell’autore di ogni intervento terapeutico
La definizione dei requisiti di contenuto e dei requisiti grafici per la
STU
Il processo terapeutico
L’errore di terapia è evento derivante da un errore che interviene nelle diverse fasi del processo
intendendo quest’ultimo come un processo multi professionale.
La responsabilità di una terapia appropriata dipende da più individui e da sistemi organizzativi
messi in atto per assicurare una corretta somministrazione.
L’insieme di prestazioni legate alla somministrazione farmacologica, molto spesso l’unica fase ad
essere imputata come erronea, implica un susseguirsi di fasi distinte:
Prescrizione
Approvvigionamento
Conservazione
Preparazione
Somministrazione
Rilevazione di efficacia
Rilevazione di eventi avversi
Altre possono essere cause comune di errori:
8
Problemi di comunicazione
Difficoltà di calcolo nella dose
Mancanza di informazioni al paziente
Focalizzando comunque l’attenzione sulle due fasi del processo terapeutico e cioè prescrizione e
somministrazione, molte sono le riflessioni da fare.
Ogni somministrazione deve essere preceduta da una prescrizione ed è responsabilità di chi
prescrive trasmettere informazioni complete.
Gli elementi costitutivi di una prescrizione farmacologica sono:
Nome della persona destinataria del farmaco
Dosaggio del farmaco espresso in unità metriche di peso
Forma farmaceutica
Via di somministrazione
Tempi di somministrazione
Durata della terapia sottoscrizione del proscrittore consistente nell’apposizione di data e
firma
Da tenere nella giusta considerazione il fatto che alla prescrizione incompleta si equipara una
prescrizione scritta con grafica poco leggibile.
Per quanto riguarda la fase di somministrazione, ormai da anni la letteratura internazionale ha
sintetizzato nella “Regola della 6 G” la corretta procedura per la somministrazione dei farmaci:
1.
2.
Giusta persona
3.
Giusta dose
Giusta via di somministrazione
Giusto tempo
Giusta registrazione
4.
5.
6.
Giusto farmaco
Da questa semplice regola si evince, inoltre che l’atto di somministrazione della terapia è un atto
unitario cioè deve essere compiuto da una sola persona, sequenziale e cronologico in relazione
ovviamente alla conoscenza dei farmaci da somministrare.
Troppo spesso però, nelle varie fasi del processo terapeutico, ad aumentare il rischio di errore si
intercala un’altra fase e cioè la trascrizione, un passaggio ulteriore tra la prescrizione e la
somministrazione.
Per evitare tutto ciò, ad abbattere l’incidenza degli errori nel processo terapeutico, una delle
soluzioni consiste nella messa a punto e nell’adozione della scheda terapeutica unica (STU) per la
prescrizione, preparazione e somministrazione dei farmaci. La scheda terapeutica unica è il
documento impiegato dai medici per effettuare la prescrizione dei farmaci, dai farmacisti per
preparare il farmaco nei processi terapeutici che lo prevedono e dagli infermieri per effettuare la
somministrazione.
9
La messa a punto dei requisiti per la STU
Il sottogruppo di lavoro dedicato ai requisiti della STU ha inizialmente effettuato un’ analisi della
letteratura scientifica e degli strumenti in uso nelle strutture regionali al fine di poter definire quelli
che dovevano essere “requisiti base” della STU affinchè tale strumento garantisse alcune attività
del processo terapeutico quali la prescrizione e la somministrazione.
Al termine di questo riesame sono stati considerati essenziali i seguenti:
1. Per ogni prescrizione deve risultare chiara e comprensibile:
a. Nome generico o nome commerciale del farmaco scritto con grafia leggibile.
Teoricamente dovrebbero essere entrambi. Se ne viene utilizzato uno, è preferibile il
nome generico, il gruppo di lavoro ha deciso di lasciare in questo senso completa
libertà di scelta al medico proscrittore. E’ necessario evitare in ogni caso il nome
chimico del farmaco
b. La forma farmaceutica prescritta (compresse, fiale ecc) per intero senza alcuna
abbreviazione.
c. Il dosaggio che si vuole venga somministrato per singola somministrazione (mg, g,
ecc) deve essere scritto con sistema metrico, fatta eccezione per le terapie che
impiegano le unità standard, se necessario espresso seguendo le corrette
abbreviazioni riportate nel vademecum.
d. Il numero di somministrazioni che si voglia somministrare nell’arco della giornata.
Devono essere evitate prescrizioni ambigue che non specifichino le modalità di
somministrazione o che possono spazio all’incertezza in colui che somministra la
terapia. La prescrizione deve essere effettuata dal medico e non lasciarla
all’infermiere.
e. La via di somministrazione prescelta (il medico proscrittore deve prescrivere il
farmaco nella cella relativa alla tipologia di somministrazione prescelta ).Nella STU
sono elencate le più comuni vie di somministrazione.
f. Il medico che ha prescritto i farmaci in uso, il medico firma la terapia e la terapia e
la sua firma è registrata in un apposito registro delle firme.
2. E’ rilevabile se ogni dose prescritta è stato effettivamente somministrata. L’infermiere
firma l’avvenuta somministrazione per tipologia di terapia effettuata (orale, parenterale, etc ,
) e la sua firma o sigla autorizzata è registrata in un apposito registro delle firme.
3. Nel caso che una dose prescritta non sia stata somministrata è specificato il motivo
della mancata somministrazione. L’infermiere nel caso in cui non somministri la terapia
indica la motivazione seguendo la legenda riportata sulla stessa scheda per permettere un
completo monitoraggio del processo.
4. E’ rilevabile ed identificabile la data delle sospensione delle terapie effettuate durante
il ricovero ed eventualmente sospese. Il medico nel momento in cui decide d’interrompere
la somministrazione di un farmaco precedentemente programmata, impiega un apposito
simbolo per indicare la sospensione e pone la sua firma in corrispondenza della data e
dell’orario dell’ultima somministrazione avvenuta, in maniera che vi sia chiaro che non vi
sono ulteriori prescrizioni per quel tipo di farmaco.
5. E’ identificabile il medico che ha sospeso la terapia. Il medico che interrompe la terapia
firma e la sua firma è registrata in un apposito registro delle firme.
6. Se vengono utilizzate delle abbreviazioni o dei simboli per la prescrizione e/o per la
somministrazione di farmaci deve esistere una legenda dove viene esercitato il
significato dei simboli utilizzati.
7. Esiste completa rintracciabilità ed evidenza delle terapie effettivamente somministrate
durante tutta la durata della degenza poiché tutti gli infermieri siglano l’avvenuta terapia per
tipologia di somministrazione.
10
8. Esiste in reparto un registro in cui sono archiviate le sigle e le firme dei medici ed
infermieri autorizzati a prescrivere e somministrare le terapie per permettere la completa
rintracciabilità degli attori intervenuti nel processo terapeutico.
Sono stati inizialmente prodotti due modelli di STU che contenevano i requisiti minimi di sicurezza
sopra elencati: uno in formato A4 con programmazione giornaliera delle terapie ed uno in formato
A3 con programmazione trigiornaliera, entrambi su due facciate con un massimo di 7 fasce orarie di
somministrazione. Successivamente sono stati effettuati test di usabilità con gli utilizzatori stessi ed
una valutazione ergonomica dei prototipi di STU. Sono stati quindi definiti dei requisiti grafici e dei
modelli per particolari esigenze emerse nel corso della sperimentazione. I formati scelti A4 ed A3
rispondono sia a criteri di riproducibilità che di usabillità, in particolare alle esigenze di
conservazione della STU in cartella clinica.
Le raccomandazioni sul buon uso del linguaggio tecnico
E’ stato rilevato che una delle cause maggiori degli errori in terapia è legata all’interpretazione della
prescrizione, inducendo in errore chi è addetto alla preparazione ed alla somministrazione dei
farmaci. Tra questi potenziali errori emergono come più probabili la somministrazione errata di
farmaco, la dose sbagliata, la via di somministrazione sbagliata (Bates et al, 1995; Cohen, 1999).
Considerato che la comunicazione della volontà terapeutica del medico viene spesso espressa su
supporto cartaceo con calligrafia a volte difficile da comprendere, si è pensato che in questo
contesto una strategia di miglioramento potesse essere il buon uso di un linguaggio tecnico che
segua delle regole univoche e comuni.
Per questo motivo è stata elaborata la “Tabella delle raccomandazioni sul linguaggio tecnico”
includendo quelle regole che, dalla letteratura, si sono dimostrate più efficaci nell’evitare la
maggior parte delle cause di errore correlato alla prescrizione.
Prima di tutto si ritiene fondamentale che la prescrizione del nome del farmaco


avvenga in modo chiaro
possibilmente in carattere stampatello
Una grafia non troppo chiara infatti può rendere difficile la lettura di farmaci con nomi simili,
costringendo ad una interpretazione che da sola ha dato origine al 30% di tutti gli errori di
somministrazione: in letteratura sono infatti riportati esempi di somministrazione di Amiodarone,
antiaritmico, anzichè Amrinone che ha invece un effetto inotropo; inoltre molte volte c’è la
tendenza ad interpretare il farmaco con un nome più conosciuto rispetto ad uno letto meno
frequentemente: ad esempio ricorrono molti casi di somministrazione di Lasix al posto di Losec.
Le abbreviazioni, che spesso possono sembrare utili per risparmiare tempo, sono invece una
frequente fonte di errore: tutte le abbreviazioni sono quindi da evitare come esemplificato nel
vademecum, comprese le sigle in uso per il nome dei farmaci o sostanze terapeutiche; in
prescrizioni oncologiche sono stati riportati casi di somministrazione di Mitoxantrone al posto del
Metotrexate leggendo una prescrizione con la sigla MTX.
Particolare attenzione va dedicata da parte del prescrittore alle dosi: i numeri devono essere chiari
e le unità di misura usate devono essere solo quelle standard del sistema di misura internazionale
(SI), evitando il sistema apotecio. Il SI oltre a definire i simboli del sistema metrico decimale,
codifica le regole di scrittura dei nomi e dei simboli delle grandezze fisiche tra le quali le più
importanti sono le seguenti:
11
I nomi delle unità di misura vanno sempre scritti in carattere minuscolo, privi di accenti o di altri
segni grafici
I nomi delle unità di misura non hanno plurale
I simboli che indicano le unità di misura vanno scritti con l’iniziale minuscola
I simboli non devono essere seguiti dal punto
I simboli devono sempre seguire i valori numerici e non viceversa
Le dosi è preferibile che siano già calcolate e definite dal medico e così riportate nella scheda di
terapia onde evitare successivi errori di calcolo. Oggi non è più accettabile scrivere le dosi in
termini di unità di somministrazione o di confezionamento e là dove è possibile è sempre meglio
specificare la dose in mg piuttosto che in ml: sono stati segnalati errori di dosaggio dove la
prescrizione era 1 ml di soluzione ev quando il farmaco era presente in concentrazioni diverse
determinando conseguenze particolarmente gravi in ambito pediatrico.
Va poi posta molta attenzione allo scrivere i decimali evitando là dove è possibile di usarli es. 0,5 g
può essere scritto come 500 mg; le espressioni decimali inferiori ad uno devono essere sempre
precedute da uno zero per permettere la visibilità del decimale; un numero intero non deve mai
essere seguito da una virgola decimale ed uno zero. Va sempre lasciato un certo spazio tra il nome
del farmaco e la dose e tra la dose e l’unità di misura, ricordando che molto spesso i farmaci a
dosaggi molto bassi sono anche i più efficaci e potenzialmente rischiosi; una prescrizone di
Vincristina 2,0 mg è stata letta come 20 mg e l’errore ha portato al decesso del paziente, mentre
Inderal40 mg scritto in modo così ravvicinato ha condotto in errore portando alla somministrazione
di Inderal 140 mg.
Tutte queste raccomandazioni sono riportate in modo schematico in una tabella allegata a corredo
della Scheda Terapeutica Unica evidenziando in colonne diverse l’esempio SI e l’esempio NO. La
Tabella delle raccomandazioni sul linguaggio tecnico è corredata di un promemoria sul modo
corretto di scrivere le unità di misura e le forme farmaceutiche.
Il problema degli errori di terapia
Gli errori di terapia sono tra le prime cause di eventi avversi all’interno dei servizi sanitari. I più
autorevoli rapporti internazionali sugli errori in sanità riportano dati allarmanti a proposito dei danni
provocati ai pazienti da problemi connessi con il processo terapeutico. In uno degli studi più noti è
stato rilevato che il 6,5% dei pazienti ammessi in ospedale vanno incontro ad eventi avversi dovuti
ad errori di terapia; di questi, l’1% era fatale, il 12% erano rischiosi per la vita e il 30% gravi. La
STU deve essere compilata a carattere stampatello esclusivamente con la penna di colore nero o blu.
La STU è suddivisa in sezioni:
1. Numerazione scheda e lato
2. Azienda ed unità operativa
3. Legenda
4. Informazioni sul paziente
5. Prescrizione terapie
12
6. Programmazione terapie
Di seguito, si illustrano le caratteristiche e le modalità di compilazione di ogni sezione.
1. Numerazione scheda e lato
La STU è composta, sia nella versione giornaliera che in quella plurigiornaliera, da un lato A e un
lato B.
Le schede devono essere numerate progressivamente da 1 a n per tutto il periodo di degenza. Il
numero progressivo va scritto nell’apposito spazio in alto a sinistra su entrambi i lati della scheda.
Ad esempio nel caso di impiego della scheda terapeutica trigiornaliera per un ricovero della durata
di 8 giorni, si dovranno impiegare tre schede: la numero 1 per i primi tre giorni, la numero 2 dal
quarto al sesto giorno, la numero 3 per il settimo e l’ottavo giorno.
2. Azienda ed unità operativa
Nella sezione 2, il logo dell’azienda ed il nome dell’Unità Operativa sono prestampati su entrambi i
lati della scheda, in modo tale da consentire un’immediata identificazione del luogo di degenza
dove il paziente ha ricevuto le terapie indicate.
3. Legenda
Per garantire la sicurezza dei pazienti, si raccomanda l’adozione dei simboli indicati nella legenda a
tutti i medici e a tutti gli infermieri dell’Unità Operativa. E’ assolutamente necessario evitare l’uso
di qualsiasi altro simbolo, che potrebbe indurre in errori di interpretazione nella programmazione
delle terapie.
4. Informazioni sul paziente
Negli spazi relativi all’identificazione del paziente vanno riportati i seguenti dati su entrambi i lati
della STU (quando presente può essere utilizzata l’etichetta autoadesiva prestampata riportante i
dati anagrafici richiesti):
• Cognome nome
• Data di nascita in maniera completa (GG/MM/AAAA)
• Numero di letto (quando questo dato è utile per l’identificazione della
persona assistita a seconda dell’organizzazione della struttura)
13
• Allergie segnalate dalla persona assistita o dai parenti di questa
• Allergie documentate
I dati del paziente scritti per esteso su ambo i lati sono informazioni necessarie per prevenire errori
di identificazione, ad esempio in casi di parziale o totale omonimia.
L’indicazione di allergie segnalate e allergie documentate è utile per un’azione preventiva e di
ulteriore controllo del prescrittore e del somministratore.
5.Prescrizione terapie
Le terapie sono suddivise per via di somministrazione: endovena, intramuscolo, sottocute, orale,
altro/varie, alimentazione.
Endovena: si intendono tutte le terapie da somministrare per via endovenosa, compresa la
nutrizione parenterale.
Intramuscolo: tutti i farmaci da somministrare per queste vie.
Sottocute: tutti i farmaci da somministrare per queste vie.
Orale: tutti i farmaci da somministrare per bocca, comprese le terapie sublinguali.
Alimentazione: si segnalano tutti i tipi di alimentazione, diete o nutrizione enterale.
Altro/varie: tutte le altre vie di somministrazione (rettale, vaginale, oculare, otologica, rinologica,
inalatoria, ecc.)
Tale suddivisione aiuta il medico a procedere in maniera sistematica alla prescrizione e supporta
l’organizzazione dei farmaci da parte del personale infermieristico per la fase di somministrazione.
Il medico che effettua la prescrizione della terapia deve scrivere a carattere stampatello nel riquadro
“Farmaco, dosaggio e forma (singola dose) per somministrazioni die”:
1) Principio attivo o nome commerciale del farmaco prescritto (in base alla metodologia usata
nell’Azienda/Reparto)
2) Dosaggio del farmaco
3) Forma farmaceutica
4) Numero di somministrazioni giornaliere
rispettando l’ordine e le relative raccomandazioni, ad esempio:
TACHIPIRINA 1000 mg COMPRESSE x 3
1) Principio attivo o nome commerciale del farmaco prescritto (in base alla metodologia usata
nell’Azienda/reparto)
2) Dosaggio del farmaco
 Specificare chiaramente la dose totale utilizzando sempre il sistema metrico.
 Scrivere le unità di misura esclusivamente secondo il sistema
 Eliminare dove possibile i decimali
 I decimali minori di 1 devono essere sempre preceduti dallo zero
 Non usare lo zero dopo la virgola
 Spazio tra nome dose e unità di misura
14
3) Forma farmaceutica (vedi indicazioni su “Farmacopea della Repubblica
Italiana, Undicesima Edizione 2002, Pagg.653-698”)
Si ritiene fondamentale che la prescrizione del nome del farmaco avvenga in modo chiaro in
carattere stampatello; una grafia non troppo chiara infatti può rendere difficile la lettura di farmaci
con nomi simili costringendo ad una interpretazione che ha dato origine al 30% degli errori di
somministrazione.
Le abbreviazioni, che spesso possono sembrare utili per risparmiare tempo, sono invece una
frequente fonte di errore: le abbreviazioni sono quindi da evitare come esemplificato nella tabella,
comprese le sigle in uso per il nome dei farmaci o sostanze terapeutiche.
Particolare attenzione va dedicata da parte del prescrittore alle dosi: i numeri devono essere chiari e
le unità di misura usate possono essere solo quelle standard del sistema di misura internazionale
come riportate nella seguente
“Tabella delle unità di misura standard” evitando il sistema apotecario.
UNITA' DI MISURA:
chilogrammo
grammo
litro
microgrammo
milliequivalenti
milligrammo
millilitro
millimoli
ABBREVIAZIONE
kg
g
l
mcg
meq
mg
ml
mmoli
Le dosi è preferibile che siano già calcolate e definite dal medico e così riportate nella scheda di
terapia onde evitare successivi errori di calcolo.
Va poi posta molta attenzione allo scrivere i decimali come dalle indicazioni, ricordando che molto
spesso i farmaci a dosaggi molto bassi sono anche i più efficaci e potenzialmente
rischiosi.
Nelle successive colonne il medico prescrivente indica la data d’inizio della terapia ed appone la
propria la firma per ogni farmaco prescritto.
I campi ben evidenti per la data di inizio terapia e la firma di prescrizione sono necessari per risalire
in ogni momento alla data inizio terapia e a chi a prescritto tale terapia. Per questo è importante che
il medico prescrivente riporti la data d’inizio anche sulle schede successive alla prima.
15
6.Programmazione terapia
Dopo aver effettuato la prescrizione della terapia, il medico prescrittore ha il compito di
programmare le somministrazioni di ogni farmaco. In corrispondenza della data e dell’orario di
somministrazione previsti, il medico appone il simbolo / nella cella d’incrocio tra farmaco (in riga)
ed orario (in colonna) per programmare la terapia. In caso di farmaci ad infusione continua, il
medico appone il simbolo / nelle celle corrispondenti alla data e orario d’inizio e fine infusione e
collega i due simboli con una linea orizzontale.
Le così dette “terapie al bisogno” sono considerate come qualsiasi altra terapia, per cui sono
da prescrivere e programmare secondo le stesse modalità previste per qualsiasi farmaco.
La terapia deve essere convalidata giornalmente mediante apposizione della firma del medico nella
apposita casella. La validazione giornaliera è un ulteriore elemento di sicurezza e di monitoraggio
delle terapie.
Per sospendere una o più terapie prescritte, il medico di turno indica la sospensione apponendo
una seconda barra obliqua parallela alla prima in corrispondenza dell’orario di sospensione, in
modo tale da ottenere il simbolo //, vi accosta una linea orizzontale per annullare le eventuali
ulteriori prescrizioni precedentemente previste ed appone la propria firma.
In corrispondenza degli orari in cui sono prescritte le terapie l’infermiere che somministra il
farmaco deve apporre sullo stesso simbolo effettuato dal medico una barra obliqua nel senso
contrario in modo da creare una ( X ) che significa “avvenuta somministrazione”.
In caso di mancata somministrazione l’infermiere deve cerchiare la barra obliqua (ø) ed
indicare nelle note il motivo della mancata somministrazione mediante il codice numerico
specificato nella legenda.
Sia nel caso di avvenuta che di mancata somministrazione l’infermiere scrive la sua sigla
nell’apposito spazio corrispondente all’orario e alla via di somministrazione.
La firma e la sigla di medici e infermieri deve essere depositata su di un apposito registro presso la
struttura e secondo le modalità indicate dall’Azienda, per garantire la rintracciabilità degli operatori
coinvolti nel processo terapeutico.
Gestione infermieristica e responsabilità
All’infermiere compete la “corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche”, egli
ha quindi un ruolo attivo e deve avere conoscenze, competenze e abilità approfondite e aggiornate.
L’infermiere è responsabile della propria formazione e anche di una autovalutazione che gli
consenta di essere consapevole dei propri limiti per poter ricorrere eventualmente alla consulenza di
colleghi esperti.
E’ compito dell’infermiere, quindi, la somministrazione dei farmaci, ma affinché possa legalmente
compiere questo atto, è necessaria la prescrizione medica.
Quest’ultima deve essere completa, e deve consentire al professionista di avere tutte le informazioni
che gli permettono di mettere in atto correttamente questa fase del processo assistenziale:
• paziente a cui somministrare il farmaco
• tipo di farmaco
• dosaggio
• orario e tempi di somministrazione
16
• via di somministrazione
• forma farmaceutica (fiale, compresse,..)
• data e firma del medico
L’atto della prescrizione è di competenza medica e quello della somministrazione è di competenza
infermieristica: ogni professionista è responsabile degli errori legati al proprio ambito.
Per questo motivo rimuovere le comuni cause di errore è importante per il paziente e per entrambi i
professionisti.
La redazione di un unico foglio terapia scritto dal medico e controfirmato dall’infermiere per la
presa in carico della prescrizione è un buon modo per evitare gli errori di trascrizione.
E’auspicabile la creazione di una cartella integrata medico-infermieristica.
In ogni caso l’infermiere deve controllare eventuali imprecisioni o mancanze e all’atto della presa in
carico della prescrizione, decreta con la sua firma di avere letto e capito ogni indicazione presente
nel foglio di prescrizione e dichiara di farsi carico della sua attuazione.
L’infermiere non si occupa di vagliare l’appropriatezza della scelta terapeutica, ma deve comunque
conoscere le implicazioni che la somministrazione del farmaco ha per il paziente.
In questo modo si possono fornire al medico informazioni importanti inerenti le condizioni cliniche
del paziente, queste infatti possono essersi modificate dal momento in cui la prescrizione è stata
scritta al momento in cui deve essere eseguita dall’operatore.
La somministrazione della terapia deve quindi rappresentare un momento finale dopo che
l’infermiere ha osservato le condizioni de paziente, rilevato i suoi parametri vitali e consultato il
medico se necessario.
Fasi della responsabilità
La responsabilità dell’infermiere si articola all’interno delle fasi della gestione dei farmaci come:
• conoscenza del farmaco
• valutazione del paziente
• preparazione e somministrazione
• valutazione degli effetti
Conoscere il farmaco significa sapere a cosa serve e quali sono i suoi meccanismi d’azione per
rivedere quali possono essere le variazioni dei parametri o delle condizioni del paziente che possono
avvenire. In questo modo si possono valutare con consapevolezza gli effetti attesi e
disattesi, riferendoli al medico se necessario.
La valutazione del paziente implica la rilevazione dei parametri vitali e l’osservazione della
persona
La somministrazione dei farmaci al paziente si scompone in vari momenti: la preparazione, la
somministrazione, la conservazione del farmaco. L’infermiere deve avere le conoscenze necessarie
in ognuno dei momenti sopra descritti.
La valutazione degli effetti che il farmaco può avere sulla persona è fondamentale poichè
l’infermiere è la figura più vicina al paziente ed è il primo a valutare i cambiamenti delle
17
condizioni cliniche. La sua professionalità si esprime nel sapere stabilire in quali casi richiedere
l’intervento medico.
Peculiarita’ dell’uso dei farmaci nel bambino
La terapia farmacologia rappresenta, insieme alle manovre di soccorso avanzato, un
anelloimportante nella gestione delle emergenze cardiovascolari in età pediatrica.
Per rendere l’intervento più sicuro e veloce è importante che gli operatori coinvolti nelle emergenze
pediatriche abbiano dimestichezza nell’uso dei principali farmaci e conoscenze riguardo al
dosaggio, agli effetti, alle indicazioni, alle possibili controindicazioni e agli effetti collaterali.
Adulto e bambino sono diversi per molti aspetti e nella somministrazione dei farmaci vengono
utilizzati dosaggi differenti e, spesso, anche farmaci diversi.
Un’altra particolarità dell’uso dei farmaci nell’ambito pediatrico è rappresentata dalla necessita
costante di calcolare il dosaggio di un farmaco rapportandolo al peso del bambino, proprio perché
all’interno della grande categoria “bambino” esistono età e pesi notevolmente diversi.
Da questa ultima considerazione viene evidenziata una problematica importante: quella della stima
del peso e dell’altezza di un bambino in condizioni critiche.
Un modo per superare l’ostacolo sopra descritto, è la redazione di tabelle che classificano i bambini
mettendo in relazione l’età con il peso e l’altezza, e che indicano le informazioni utili per
l’approccio rianimatorio.
Nella tabella possono essere indicati per esempio: la misura dei tubi endotracheali, il numero della
lama del laringoscopio e il dosaggio dei farmaci d’urgenza.
In questo modo, una volta inserito il piccolo paziente in una categoria, si può procedere
all’assistenza seguendo quelle che sono le indicazioni della tabella.
E’ importante che l’ infermiere che si prende cura di un bambino rilevi il peso e l’altezza, insieme
ai dati anamnestici e ai i parametri vitali basali.
Diluizioni
All’interno della descrizione delle diluizioni va ricordato che i dosaggi pediatrici, poiché rapportati
al peso del bambino, non sono mai standard e vanno calcolati ogni volta . Questa operazione
prevede che l’operatore abbia dimestichezza con le proporzioni, le equivalenze e la matematica in
generale.
Si tratta, infatti, di dosaggi che spaziano dal grammo per i bambini più grandi, al milligrammo e al
gamma per i più piccoli; unità di misura non sempre familiari a tutti.
Spesso inoltre, la quantità di farmaco corrispondente al dosaggio del bambino è così piccola che,
per poterla realizzare e poi somministrare al paziente, l’infermiere deve ricorrere a sovra-diluizioni
che gli consentono di ricavare una quota di farmaco, in soluzione, misurabile con le scale
rappresentate sulle siringhe.
L’infermiere deve conoscere quali sono i solventi che può usare per diluire i farmaci e quali
sostanze possono essere diluite.
Le principali soluzioni che si usano nelle diluizioni sono la soluzione fisiologica 0.9% , la soluzione
glucosata al 5%, il ringer lattato e l’acqua per preparazioni iniettabili.
Alcuni farmaci non possono essere diluiti in quanto la loro formulazione consta di sostanze oleose o
lipidiche che diluite non consentirebbero di distribuire il principio attivo uniformemente nella
soluzione e, quindi, non garantirebbero al paziente di ricevere la quantità corretta di farmaco.
Via di somministrazione
In condizioni di emergenza la presenza o il reperimento di un accesso venoso centrale, (femorale ,
giugulare, succlavia ) o periferico (braccia, mani, gambe, piedi) è di vitale importanza per la
somministrazione di fluidi e farmaci.
Nel bambino, il reperimento di una via venosa di infusione, presenta problematiche legate sia all’età
18
e alla condizione del bambino, sia alla familiarità dell’operatore nel reperire accessi venosi.
L’accesso venoso periferico, se reperito in tempi brevi, rappresenta una soddisfacente via di
somministrazione di farmaci e fluidi.
Ciò in quanto non è possibile temporeggiare troppo con un bambino che è in pericolo di vita, e
perché le condizioni di acidosi, ipossia e scompenso con vasocostrizione periferica possono
determinare una ulteriore difficoltà.
Dopo due o tre tentativi falliti è indispensabile reperire una via centrale.
La via venosa periferica, anche quando di buon calibro, è un’ottima soluzione nell’immediato per
poter somministrare dei farmaci “salvavita”, ma presenta limitazioni nell’utilizzo in infusione
continua e nella somministrazione di grossi volumi di liquidi e di farmaci particolarmente istolesivi.
L’utilizzo di una via venosa periferica per infondere in continuo farmaci e liquidi, deve portare
l’operatore a riflettere sulle sostanze che infonde, in quanto alcune hanno una osmolarità superiore a
800mmol/l (osmolarità massima consentita in via periferica) e possono avere controindicazioni
all’uso nei distretti venosi periferici per il rischio di tromboflebiti o stravasi che possono ledere il
vaso stesso e i tessuti circostanti (vedi kcl infuso in via periferica).
Alla somministrazione del farmaco deve seguire un lavaggio con soluzioni isotoniche di almeno 3o
5 ml per un rapido raggiungimento del circolo centrale.
L’accesso venoso centrale nel bambino presenta vantaggi superiori a quelli di un grosso calibro
periferico, in termini di tempi d’azione e di efficacia dei farmaci somministrati.
La via centrale offre inoltre la possibilità di mantenere in infusione continua più farmaci, di
infondere soluzioni ipertoniche e permette di monitorare la PressioneVenosa Centrale.
Il reperimento dell’accesso centrale è di competenza medica, con le difficoltà prima menzionate per
la via periferica.
Le sedi per reperirlo sono le stesse dell’adulto: via venosa femorale, giugulare, succlavia.
L’infusione di farmaci in bolo dai cateteri centrali permette l’immediato effetto sistemico.
L’accesso intraosseo viene descritto come una valida alternativa per la somministrazione di fluidi e
farmaci in un bambino con shock grave, nell’impossibilità di reperire accessi vascolari.
Esso permette la somministrazione di tutti i farmaci per la rianimazione con efficacia paragonabile
alla somministrazione per via vascolare.
La difficoltà nell’utilizzo di questo accesso è rappresentata dalla manualità dell’operatore.
La zona scelta per la puntura intraossea è la superficie anteromediale della tibia prossimale e si
tende ad utilizzarla soprattutto nei bambini al di sotto dei 6 anni in quanto successivamente la
vascolarizzazione del midollo e la sua capacità di assorbimento si riducono.
L’utilizzo della via endotracheale necessita l’intubazione del paziente e può essere utilizzata come
Applicazione della farmacologia alla pratica infermieristica
Il nostro obiettivo principale è di rispondere alla domanda “perché un infermiere dovrebbe imparare
qualcosa sui farmaci?”.
EVOLUZIONE DELLE RESPONSABILITA’ DELL’INFERMIERE A PROPOSITO DEI
FARMACI
Le responsabilità dell’infermiere riguardo i farmaci sono focalizzate principalmente sulle cinque
leggi della somministrazione dei farmaci, e cioè, dai il farmaco giusto al paziente giusto alla dose
giusta attraverso la giusta via di somministrazione al tempo giusto. Chiaramente, le cinque leggi
sono importanti. Ma è richiesto molto di più per raggiungere l’obiettivo terapeutico. Le cinque
leggi garantiscono soltanto che un farmaco venga somministrato per come è stato prescritto. Una
corretta somministrazione, senza ulteriori interventi, non assicura però che il trattamento dia il
massimo beneficio con il minimo danno.
19
L’infermiere non si deve limitare a conoscere ed applicare le cinque leggi, ma deve essere pronto a
sopperire alle conseguenze che ne conseguono. L’infermiere può rispondere rapidamente ed
efficacemente soltanto conoscendo in anticipo quale sarà la reazione ai farmaci.
L’infermiere deve avere un certo tipo di preparazione: conoscenza del paziente e della malattia per
cui viene trattato. Deve conoscere altresì il tipo di medicazione più appropriata, valutarne
l’andamento e le eventuali controindicazioni allo stesso.
Tutto ciò ci consente di dire che le responsabilità dell’infermiere si estendono oltre le cinque leggi.
Come conseguenza, bisogna che l’infermiere acquisisca una larga base di conoscenze
farmacologiche in modo da poter contribuire pienamente al raggiungimento dell’obiettivo
terapeutico.
Nella moderna terapia farmacologica, l’infermiere, insieme col medico e col farmacista, partecipa
ad un sistema di controllo e di equilibrio disegnato per promuovere effetti positivi e ridurre i danni.
Gli infermieri sono particolarmente importanti all’interno di questo sistema, perché è proprio
l’infermiere e non il medico a seguire il paziente più da vicino, è più probabile che sia l’infermiere
il primo membro del team sanitario ad osservare e valutare la risposta del paziente ai farmaci, ed ad
intervenire qualora fosse richiesto.
APPLICAZIONE DELLA FARMACOLOGIA NELLA CURA DEL PAZIENTE
Le due aree maggiori in cui l’infermiere può applicare le proprie conoscenze di farmacologia sono
la cura del paziente e la sua educazione.
Nella discussione sull’applicazione della farmacologia alla cura del paziente ci soffermeremo su
sette aspetti della terapia farmacologica:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
la valutazione prima della somministrazione
dosaggio e somministrazione
valutazione e promozione degli effetti terapeutici
ridurre gli effetti avversi
ridurre le interazioni avverse
prendere decisioni al bisogno
gestione della tossicità
1) La valutazione prima della somministrazione
Ogni terapia farmacologica inizia con la valutazione del paziente. La valutazione ha tre obiettivi di
base:
1. raccogliere dati che servono per valutare le risposte terapeutiche e le risposte avverse
2. identificare pazienti ad alto rischio
3. valutare la capacità del paziente a curarsi da sé (auto-cura).
I primi due obiettivi sono altamente specifici (per un determinato farmaco) ed irraggiungibili senza
conoscere la farmacologia. Il terzo obiettivo si applica genericamente a tutti i farmaci; cosicchè non
richiede conoscenze specifiche del farmaco che si va a somministrare.
Raccogliere i dati di base. I dati di base servono per valutare sia le risposte terapeutiche che quelle
avverse. Per esempio, se noi vogliamo dare un farmaco per abbassare la pressione sanguigna,
20
dobbiamo conoscere la pressione sanguigna del paziente prima di intervenire. Senza questo dato,
non potremo capire se e quanto il trattamento è stato efficace. Allo stesso modo, se pensiamo di
dare un farmaco che possa danneggiare il fegato, abbiamo bisogno di dati di base sulla funzionalità
epatica per potere valutare una eventuale epatotossicità. ( Ovviamente, per sapere quali dati di base
ci occorrono è necessario conoscere quali effetti esercita il farmaco e, quindi, quali effetti ci
dobbiamo aspettare).
Identificare i pazienti ad alto rischio. Molteplici fattori possono predisporre un individuo a
reazioni avverse a specifici farmaci. Importanti fattori di predisposizione sono quelli fisiopatologici
(soprattutto riguardo la funzionalità di rene e fegato), fattori genetici, allergia a farmaci, gravidanza,
età avanzata ed età molto giovane.
I pazienti con allergia alla penicillina forniscono un esempio drammatico dei possibili rischi: dare la
penicillina a questi soggetti può portarli a morte. Di conseguenza, quando valutiamo un trattamento
con penicilline, dobbiamo indagare se il paziente ha avuto in passato una reazione allergica a questi
farmaci.
Dall’esempio fatto, possiamo vedere che, nel momento in cui pianifichiamo una data terapia,
dobbiamo identificare un paziente ad alto rischio di reazioni avverse. Per fare ciò, abbiamo tre
mezzi fondamentali: la storia del paziente (anamnesi), il suo esame fisico, e i dati di laboratorio.
Certamente, dobbiamo sapere cosa cercare (cioè bisogna conoscere quali sono i fattori che
aumentano il rischio di gravi reazioni per quel determinato farmaco). Una volta che il paziente ad
alto rischio è stato identificato, (possiamo attuare delle misure per ridurre il rischio appunto)
Possiamo scegliere un farmaco piuttosto che un altro così ci possiamo preparare a fronteggiare
eventuali effetti avversi ( conoscere la farmacologia aiuta l’infermiere a ridurre gli errori)
2) Dosaggio e Somministrazione
Alcuni esempi possono bene illustrare questo concetto:



Alcuni farmaci hanno più di una indicazione, ed il dosaggio varia a seconda
dell’indicazione. L’aspirina, per esempio, è data in dosi basse come antidolorifico ed a dosi
alte come antiinfiammatorio (per es. in pazienti con artrite). Se l’infermiere non conosce
queste differenze, può somministrare troppa aspirina al paziente con dolore o troppo poca al
paziente con infiammazione.
Molti farmaci possono essere somministrati per più vie di somministrazione, ed il dosaggio
può variare conseguentemente. La morfina, per esempio, può essere somministrata per
bocca o per via iniettiva (per es. sottocutanea, intramuscolare, endovena). La dose orale è
generalmente molto più elevata della dose iniettiva. Di conseguenza, se una dose elevata
concepita per la via orale viene somministrata per sbaglio attraverso la via iniettiva, il
risultato può essere fatale per il paziente.
Alcuni farmaci endovenosi possono causare danni locali gravi in seguito ad estravasazione
del farmaco. Di conseguenza, quando si utilizzano bisogna porre una attenzione particolare
per prevenire l’extravasazione. L’infusione deve essere monitorata strettamente e, ma se
l’extravasazione avviene comunque, devono essere prese immediatamente delle misure che
minimizzino i danni.
Le seguenti linee guida possono aiutare ad attuare una corretta somministrazione:

Leggi l’ordine di medicazione attentamente. Se la prescrizione non è chiara, verificala con il
medico che l’ha scritta
21





Verifica l’identità del paziente (è quel paziente che deve assumere quel determinato
farmaco?)
Leggi l’etichetta del farmaco attentamente. Verifica l’identità del farmaco, la quantità del
farmaco (per pasticca, volume di liquido, etc.), e l’appropriatezza nella scelta della via di
somministrazione
Verifica il calcolo del dosaggio
Attua tutte le misure che quel farmaco richiede
Non somministrare nessun farmaco se non comprendi la ragione per cui viene
somministrato.
3)Valutazione e Promozione degli Effetti Terapeutici
Valutazione delle risposte terapeutiche. La valutazione è uno degli aspetti più importanti della
terapia farmacologica. Dopotutto, è la valutazione che ci dice se un farmaco è stato utile o no.
Siccome è l’infermiere che segue più da vicino il paziente, egli è nella posizione migliore per
valutare la risposta terapeutica.
Per compiere questa valutazione, l’infermiere deve conoscere il razionale del trattamento e la natura
e i tempi della risposta attesa. In mancanza di tali conoscenze, l’infermiere non può valutare i
progressi del paziente. Quando si sviluppa una risposta positiva, ignorare gli effetti attesi può non
essere così importante. Ma, quando non c’è la risposta desiderata, potrebbe essere essenziale
identificare precocemente la mancata risposta, perché potrebbe esserci bisogno celermente di
attuare un trattamento alternativo.
Promozione della aderenza del paziente alla terapia. L’aderenza – conosciuta anche come
compliance o concordanza – può essere definita come il grado di coincidenza del comportamento
del paziente con i suggerimenti medici. L’aderenza è essenziale per il raggiungimento degli
obiettivi terapeutici. Un farmaco autosomministrato alla dose sbagliata, per la via sbagliata, o al
tempo sbagliato può non produrre il massimo beneficio – e anzi può essere dannoso. Quindi, una
corretta terapia implica la partecipazione attiva e informata del paziente. L’infermiere può
contribuire all’ottenimento della giusta partecipazione, istruendo il paziente sui farmaci che egli
deve assumere.
Attuare misure non farmacologiche. La terapia farmacologica spesso può essere migliorata da
misure non farmacologiche.
Esempi includono:
1) migliorare la terapia farmacologica dell’asma attraverso esercizi di respirazione e supporto
psicologico
2) migliorare la terapia farmacologica dell’artrite con l’esercizio, la fisioterapia ed il riposo
3) migliorare la terapia farmacologica dell’ipertensione con la riduzione del peso, la cessazione del
fumo, e la restrizione del sodio
L’infermiere può direttamente contribuire a queste misure istruendo il paziente o coordinando le
attività di altri professionisti sanitari.
4) Ridurre gli effetti avversi
22
L’aspirina può provocare erosione gastrica, gli antistaminici possono provocare sedazione,
l’insulina l’ipoglicemia e i diuretici l’eccessiva perdita di liquidi
Quando gli effetti non voluti non possono essere evitati, i disagi e i danni possono essere spesso
corretti da interventi appropriati. (Per esempio, la somministrazione tempestiva di glucosio potrà
prevenire il danno cerebrale da ipoglicemia indotta dall’insulina). Per cercare di diminuire gli effetti
avversi, l’infermiere deve conoscere




I principali effetti avversi che il farmaco può dare
La probabilità che queste reazioni avvengano
I segni precoci di sviluppo di effetti avversi
Gli interventi che possono ridurre il disagio o il danno
5) Ridurre le interazioni avverse
Quando un paziente prende due o più farmaci, questi possono interagire per cui possa diminuire gli
effetti terapeutici o intensificare gli effetti avversi. Per esempio, la capacità dei contraccettivi orali
di proteggere dalla gravidanza può essere ridotta dalla contemporanea assunzione di carbamazepina
(un farmaco anti-epilettico), ed il rischio di tromboembolismo da contraccettivi orali può essere
aumentato dal fumo di sigaretta.
6) Prendere decisioni PRN
Un ordine di medicazione PRN è quell’ordine in cui l’infermiere ha una certa discrezionalità su
quanto farmaco somministrare e quando farlo. Per attuare razionalmente un ordine PRN,
l’infermiere deve conoscere il motivo dell’utilizzazione del farmaco ed essere capace di valutare il
bisogno del paziente per quel farmaco. Chiaramente, migliori sono le conoscenze di farmacologia,
maggiore sarà la probabilità di prendere una buona decisione PRN.
7) Gestione della tossicità
Alcune reazioni avverse sono estremamente pericolose; se la tossicità non viene diagnosticata
precocemente e trattata prontamente, ne può derivare un danno irreversibile o la morte. Per
minimizzare i danni, bisogna conoscere i primi segni di tossicità e le procedure per gestirla.
APPLICAZIONE DELLA FARMACOLOGIA NELLA EDUCAZIONE DEL PAZIENTE
Nel ruolo di educatore, l’infermiere deve dare le seguenti informazioni:
1. Il nome del farmaco e la categoria terapeutica (per es. Penicillina:antibiotico) a cui
appartiene
2. Il dosaggio
3. Tempi di somministrazione
4. Tecnica di somministrazione
5. Durata del trattamento
6. Metodo per la conservazione del farmaco
7. I sintomi dei principali effetti avversi e le misure per minimizzare i disagi e i danni
8. Le principali interazioni avverse farmaco-farmaco e farmaco-cibo
1)Nome del farmaco
23
Il paziente dovrebbe conoscere il nome del farmaco che sta prendendo. Se il farmaco è stato
prescritto con il nome commerciale, al paziente dovrebbe essere anche dato il nome generico.
(Questa informazione ridurrà il rischio di overdose che può essere la conseguenza della mancata
comprensione da parte del paziente che due differenti prescrizioni si possono riferire allo stesso
farmaco).
2)Dosaggio
Al paziente deve essere comunicato la quantità di farmaco che deve prendere e quando. Per alcuni
preparati, il dosaggio deve essere aggiustato dal paziente.
3)Tempi di somministrazione
L’insulina è un buon esempio. Perché la terapia insulinica sia efficace, il paziente deve variare la
dose a seconda dell’assunzione di calorie.
Con le medicazioni PRN, i tempi non sono prestabiliti. Piuttosto, questi farmaci sono assunti
quando le condizioni lo richiedono. Per esempio, alcuni soggetti asmatici hanno attacchi di
broncospasmo in conseguenza di esercizio fisico. Per ridurre questi attacchi, possono assumere un
supplemento di farmaci prima dello sforzo fisico. E’ responsabilità dell’infermiere di insegnare al
paziente come usare farmaci in PRN.
Alcuni pazienti hanno difficoltà a ricordarsi se hanno preso le loro medicine oppure soprattutto in
caso di malattie mentali, età avanzata e regimi terapeutici complessi. Per facilitare l’accuratezza
nella somministrazione, l’infermiere può dare al paziente un contenitore per le pillole con
scompartimenti separati uno per ciascun giorno della settimana e insegnargli come riempirlo ogni
settimana. Per sapere se il paziente ha assunto le medicine è sufficiente che l’infermiere esamini il
contenitore.
4)Tecniche di somministrazione
Ai pazienti va insegnato come devono auto-somministrarsi i farmaci soprattutto a chi usa vie di
somministrazione non comuni (per es., la via sublinguale per la nitroglicerina) e per chi deve usare
tecniche difficoltose (per es., la via sottocutanea per l’insulina). Per i pazienti che assumono farmaci
per via orale è opportuno insegnare loro piccoli accorgimenti Per esempio, alcune preparazioni
non devono essere masticate o rotte; alcune devono essere assunte con liquidi; altre devono essere
assunte ai pasti, mentre altre ancora lontano da essi. Una attenzione particolare deve essere dedicata
a quei pazienti, che a causa di disabilità possono avere difficoltà alla auto-somministrazione.
5)Durata nell’uso del farmaco
Così come i pazienti devono sapere quando assumere le terapie, devono anche sapere quando
cessarne l’assunzione. Nel casi del trattamento del dolore acuto, i pazienti devono interrompere la
somministrazione appena scompare il sintomo. Mentre ad esempio negli ipertesi dovrebbero
prendere coscienza che l’assunzione dell’antipertensivo durerà probabilmente per sempre.
6)Conservazione del farmaco
Alcuni farmaci sono chimicamente instabili, e si possono deteriorare rapidamente se non sono
conservati appropriatamente (per es., in frigorifero, in contenitori a prova di luce). Tutti i farmaci
dovrebbero essere comunque conservati al di fuori della portata dei bambini.
24
Per partecipare pienamente al raggiungimento degli obiettivi terapeutici, i pazienti devono quindi
conoscere il tipo e i tempi di comparsa degli effetti benefici così facendo possono contribuire alla
valutare del successo o il fallimento della terapia.
7)Ridurre gli Effetti Avversi
La conoscenza degli effetti avversi dei farmaci aiuta il paziente ad evitarli e a ridurne altri
prevenendoli. I seguenti esempi sottolineano il valore della educazione del paziente sugli effetti
indesiderati dei farmaci:



Una dose eccessiva di insulina può causare una precipitosa diminuzione della glicemia.
Segni precoci di ipoglicemia includono un aumento della sudorazione ed una aumentata
gittata cardiaca. Il paziente a cui è stato insegnato a riconoscere questi segni precoci può
rispondere attraverso l’assunzione di cibo ricco di glucosio. Al contrario, il paziente che non
riconosce questi segni e non ingerisce glucosio può andare incontro ad un coma, e può
perfino morire.
Molti farmaci antitumorali predispongono all’insorgenza di infezioni gravi. Il paziente che
sa di questa eventualità può prendere delle misure per evitare il contagio (per es. evitando il
contatto con persone infette; evitando cibi che possono contenere patogeni). Inoltre, il
paziente informato sarà in grado di avvertire il medico ai primi segni di sviluppo di
un’infezione, consentendo così un trattamento tempestivo. Al contrario, il paziente che non
ha ricevuto una istruzione adeguata presenta un rischio aumentato di malattia o morte per
infezione.
Alcuni effetti collaterali, anche se sono benigni, possono provocare dei fastidi se avvengono
senza un precedente avvertimento. Per esempio, la rifampicina determina una colorazione
rosso-aranciata all’urina, al sudore, saliva e alle lacrime.
8)Ridurre le interazioni avverse
L’istruzione del paziente può aiutare ad evitare pericolose interazioni farmaco-farmaco e farmacocibo. Per esempio, la fenelzina (un antidepressivo) può causare un aumento pericoloso della
pressione arteriosa se assunta in combinazione con le anfetamine o con certi cibi (per es., i fichi,
l’avocado o molti formaggi). Quindi è essenziale che i pazienti che prendono fenelzina siano
esplicitamente ed enfaticamente istruiti a tale proposito
APPLICAZIONE
DEL
FARMACOLOGICA
PROCESSO
INFERMIERISTICO
IN
TERAPIA
Prima di discutere come il processo infermieristico si applica alla terapia farmacologica, occorre
riassumere i punti chiave del processo stesso.
Nella sua forma più semplice, il processo infermieristico può essere visto come una procedura
circolare con cinque momenti fondamentali:
1) valutazione iniziale
2) analisi (che include la diagnosi infermieristica)
3) pianificazione
4) attuazione
25
5) valutazione dei risultati
Valutazione iniziale. La valutazione iniziale consiste nella raccolta dei dati sul paziente. Questi dati
servono per identificare problemi sanitari reali o potenziali. Il database prodotto durante la
valutazione iniziale rappresenta le fondamenta per passare alle fasi successive. Metodologie
importanti per la valutazione iniziale sono le domande al paziente, la storia medica e sull’utilizzo di
farmaci, l’esame fisico, l’osservazione del paziente e gli esami di laboratorio.
Analisi: la diagnosi infermieristica. In questa fase, l’infermiere analizza i dati raccolti per scoprire
problemi medici reali o potenziali. Questi problemi possono essere fisiologici, psicologici, o sociali.
Ciascun problema è categorizzato nella forma di una diagnosi infermieristica, che può essere
definita come un problema medico reale o potenziale verso il quale l’infermiere è qualificato e
autorizzato al trattamento. Una diagnosi infermieristica completa è costituita da due affermazioni:
1) una affermazione sul problema medico reale o potenziale del paziente, seguita da 2) una
affermazione sulla probabile causa o sui fattori di rischio del problema. Tipicamente, le due
affermazioni sono separate dall’allocuzione correlato a , come nel seguente esempio di diagnosi
infermieristica su un farmaco: “mancata aderenza al regime prescritto (problema) correlato a
incapacità alla auto-somministrazione del farmaco (la causa).”
Pianificazione. Nella fase di pianificazione, l’infermiere delinea interventi specifici diretti a
risolvere o a prevenire i problemi identificati nella fase precedente. Il piano deve essere
personalizzato ad hoc per ciascun paziente. Quando si fa un piano di cura, l’infermiere deve definire
gli obiettivi, evidenziare le priorità, identificare gli interventi infermieristici e stabilire i criteri per
valutare il successo finale includendo anche interventi di altri professionisti sanitari. La
pianificazione è un processo in divenire che può essere cambiato con la conoscenza di nuovi dati.
Attuazione (intervento). L’attuazione del piano inizia applicando gli interventi pianificati. Alcuni
interventi si attuano in collaborazione mentre altri sono indipendenti. Gli interventi collaborativi
richiedono un ordine da parte del medico, mentre ciò non è necessario per gli interventi
indipendenti. Oltre ad attuare gli interventi, questa fase coinvolge l’azione coordinata di altri
membri dello staff sanitario. L’attuazione è completa con l’osservazione e la registrazione dei
risultati. La registrazione dovrebbe essere scrupolosa e precisa.
Valutazione dei risultati. Questa fase serve per determinare il grado di successo del trattamento. La
valutazione si fa analizzando i dati raccolti durante l’attuazione. La valutazione dovrebbe
identificare gli interventi che devono continuare, quelli che invece devono cessare e nuovi
potenziali interventi da attuare. La valutazione completa il primo ciclo del processo infermieristico
e pone le basi per l’inizio di un eventuale nuovo ciclo.
Applicazione del processo infermieristico nella terapia farmacologica
Ricordando che lì obiettivo finale in terapia farmacologica è l’ottenimento del massimo beneficio
con il minimo danno, dobbiamo tenere in considerazione le caratteristiche di ciascun paziente per
l’individuazione della terapia
Valutazione pre -somministrazione
La valutazione pre - somministrazione stabilisce i dati di base che occorrono per ritagliare la terapia
farmacologica su misura del singolo paziente. Attraverso l’identificazione delle variabili che
possono influenzare la risposta individuale ai farmaci, possiamo adattare il trattamento per
26
massimizzare i benefici e ridurre i danni. La valutazione pre - somministrazione ha quattro obiettivi
fondamentali:




Raccolta dei dati di base che occorrono per valutare le risposte terapeutiche
Raccolta dei dati di base che occorrono per valutare gli effetti avversi
Identificazione dei pazienti ad alto rischio
Valutazione della capacità del paziente alla auto-cura
I primi tre obiettivi sono specifici del particolare farmaco che deve essere utilizzato. Quindi, per
raggiungere questo obiettivo, l’infermiere deve conoscere la farmacologia. Il quarto obiettivo si
applica più o meno ugualmente a tutti i farmaci – anche se può essere più importante per alcuni
farmaci rispetto ad altri.
Metodologie importanti per la raccolta dati includono l’intervista al paziente e ai suoi familiari,
osservazione del paziente, esame fisico, analisi di laboratorio, l’anamnesi e la storia farmacologica
del paziente. La storia farmacologica dovrebbe includere i farmaci prescritti, i farmaci da banco, le
medicazioni vegetali, e farmaci presi per obiettivi non medici (alcool, nicotina, caffeina, droghe
illegali). Dovrebbero essere annotate anche precedenti reazioni avverse a farmaci, tra cui reazioni
allergiche ed di idiosincrasia.
Dati di base che servono per valutare l’effetto terapeutico. I farmaci vengono somministrati per
ottenere una risposta desiderata. Per sapere se abbiamo ottenuto quella risposta, occorre stabilire
misurazioni di base dei parametri che la terapia vuole cambiare. Per esempio, se stiamo
somministrando un farmaco per abbassare la pressione sanguigna, dobbiamo conoscere la pressione
prima del trattamento. Senza questa informazione, non abbiamo nessun riferimento per sapere se il
farmaco ha fatto effetto oppure no. E se non sappiamo se il farmaco ha agito, non c’è nessuna
giustificazione alla sua utilizzazione. Da questo esempio, dovrebbe essere ovvio che, per sapere
quali misurazioni di base fare, bisogna conoscere il motivo dell’uso del farmaco. Questa
conoscenza deriva dalla farmacologia.
Dati di base che servono per valutare gli effetti avversi. Tutti i farmaci producono effetti avversi.
Nella maggioranza dei casi, gli effetti avversi che un determinato farmaco può produrre sono noti.
In molti casi, lo sviluppo di un effetto avverso sarà totalmente ovvio anche in assenza di dati di
base. Per esempio, non ci serve nessun dato di base speciale per sapere che la perdita di capelli che
segue la chemioterapia (antitumorale) è stata causata dai farmaci. Comunque, in altri casi, i dati di
base servono per capire se un effetto avverso c’è stato oppure no. Per esempio, alcuni farmaci
possono alterare la funzionalità epatica. Per sapere se un farmaco ha compromesso la funzione
epatica, dobbiamo conoscere tale funzione prima dell’utilizzazione del farmaco. Senza questa
informazione, non potremo mai sapere da misurazioni successive se una disfunzione epatica era
preesistente o è stata causata dal farmaco.
Identificazione dei pazienti ad alto rischio. A causa delle sue caratteristiche individuali, un
determinato paziente può essere ad alto rischio di sviluppo di risposte avverse ad un determinato
farmaco. Quali sono le caratteristiche individuali che predispongono un paziente ad una reazione
avversa dipende dal farmaco preso in considerazione. Per esempio, se un farmaco è eliminato per
escrezione renale, un individuo con funzione renale alterata sarà sovradosaggio a livelli tossici. Allo
stesso modo, se un farmaco è eliminato attraverso il fegato, un individuo con alterata funzione
epatica sarà a rischio di epatossicità grave. Molteplici fattori possono aumentare il rischio del
paziente per effetti avversi verso un determinato farmaco. Tra gli altri l’età, la composizione
corporea, la gravidanza, la dieta, l’eredità genetica, l’uso contemporaneo di altri farmaci. Si
27
distinguono i fattori di rischio elevato, moderato e basso e si esprimono tecnicamente in
controindicazioni e precauzione
La controindicazione è definita come una condizione preesistente che preclude l’uso di un
determinato farmaco a meno di circostanze disperate, (per esempio, una grave reazione allergica
alla penicillina avvenuta precedentemente che può mettere in pericolo la vita del paziente
rappresenta una controindicazione all’ulteriore uso della penicillina – a meno che il paziente non
abbia una infezione che può essere fatale e che non possa essere controllata con altro antibiotico).
La precauzione, al contrario, può essere definita come una condizione preesistente che aumenta
significativamente il rischio di una reazione avversa ad un determinato farmaco, ma non da mettere
in pericolo la vita del paziente (per esempio, una precedente reazione allergica blanda alla
penicillina porterà all’uso ulteriore della penicillina con precauzione. Quindi, in un caso come
quello riportato, il farmaco potrà essere usato, ma deve essere esercitata una attenzione maggiore
che in un caso normale. Preferibilmente dovrebbe essere usato qualche altro farmaco).
Valutazione della capacità del paziente alla cura di se stesso. Qualora la terapia abbia successo, il
paziente deve essere capace di autosomministrarsi le medicazioni prescritte a domicilio. Quindi
deve essere valutata la sua capacità per la cura di se stesso. Se il paziente si rivela incapace a fare
ciò, devono essere prese delle misure alternative. Molteplici fattori possono influenzare la capacità
di auto-cura e la probabilità di aderenza al regime prescritto. Pazienti con una diminuzione della
acuità visiva o con una limitata destrezza manuale possono essere incapaci di auto-medicarsi,
soprattutto se la tecnica di somministrazione è complessa per cui si rende necessario provvedere con
misure alternative.
Analisi e diagnosi infermieristica
A proposito della alla terapia farmacologica, la fase di analisi del processo infermieristico si pone
tre obiettivi:



giudicare l’appropriatezza del regime prescritto
identificare i potenziali problemi di salute che il farmaco può causare
capire la capacità del paziente alla propria cura
Pianificazione
La pianificazione consiste nel definire gli obiettivi, stabilire le priorità, identificare gli interventi
specifici e stabilire i criteri per valutare il successo. Una buona pianificazione consentirà di
promuovere effetti farmacologici benefici. Di importanza anche maggiore, una buona pianificazione
consentirà di prevenire gli effetti avversi anziché curarli dopo che si sono sviluppati.
Definire gli obiettivi. In tutti i casi, l’obiettivo della terapia farmacologica è di ottenere il massimo
beneficio con il minimo danno. Cioè si vuole utilizzare i farmaci in modo da massimizzare le
risposte terapeutiche prevenendo o riducendo le reazioni e le interazioni avverse. L’obiettivo della
pianificazione è quello di formulare strategie da seguire per raggiungere questo scopo.
Stabilire le priorità. Benchè molto difficile ciò richiede la conoscenza del farmaco e delle
caratteristiche uniche del paziente. La priorità viene data alle condizioni che mettono in pericolo la
vita (per es., shock anafilattico, fibrillazione ventricolare). Tali condizioni possono essere indotte
dai farmaci oppure possono essere il risultato di una malattia. La priorità è data anche a reazioni che
causano un grave disagio acuto ed a reazioni che provocano danni a lungo termine. Dal momento
28
che non è possibile gestire tutti i problemi contemporaneamente, quelli meno gravi devono aspettare
finchè il paziente e lo staff sanitario non abbiano il tempo e la possibilità di dedicarsi ad essi.
Identificare gli interventi. Il cuore della pianificazione è l’identificazione degli interventi
infermieristici. Questi possono essere divisi in quattro gruppi principali:
1) somministrazione dei farmaci
2) interventi per migliorare gli effetti terapeutici
3) interventi per ridurre gli effetti e le interazioni avverse
4) l’educazione del paziente
Quando si pianifica la somministrazione dei farmaci, l’infermiere deve considerare il dosaggio e la
via di somministrazione ed anche fattori meno ovvi come il tempo di somministrazione in relazione
ai pasti e alla somministrazione di altri farmaci. E’ anche importante il tempo in relazione agli
effetti collaterali. Per esempio, se un farmaco causa sedazione, può essere desiderabile dare il
farmaco la sera prima di andare a dormire, invece che al mattino o durante il giorno.
Una educazione del paziente ben pianificata è fondamentale per il successo. Il piano dovrebbe
considerare la capacità del paziente all’apprendimento, e dovrebbe rispondere a ciò che segue:
tecniche di somministrazione, dosaggio e tempi, durata del trattamento, metodo di conservazione
dei farmaci, misure per promuovere l’effetto terapeutico e misure per minimizzare gli effetti
avversi.
Stabilire i criteri di valutazione. E’ ovvio il bisogno di stabilire i criteri per misurare le risposte
farmacologiche desiderate. Senza questi criteri no si può stabilire se i farmaci sono stati utili. E
quindi, non si hanno basi razionali per cambiare il dosaggio o per decidere quanto tempo deve
durare il trattamento. Se il farmaco deve essere utilizzato a domicilio dal paziente, devono essere
previste delle visite di controllo.
Attuazione
L’attuazione del piano di cura in terapia farmacologica ha quattro componenti principali
1) somministrazione dei farmaci
2) educazione del paziente
3) interventi per promuovere gli effetti terapeutici
4) interventi per ridurre gli effetti avversi.
Valutazione
Lungo il corso della terapia farmacologica, il paziente deve essere valutato per:
1) le risposte terapeutiche
2) le reazioni e le interazioni avverse del farmaco
29
3) l’aderenza al regime prescritto
4) soddisfazione verso il trattamento
La frequenza della valutazione dipende dalla durata della terapia e dagli effetti avversi. Così come
la valutazione iniziale, anche quella finale si basa su esami di laboratorio, osservazione del paziente,
esame fisico e intervista del paziente. Le conclusioni che si traggono dalla valutazione servono per
modificare gli interventi infermieristici ed il regime farmacologico.
Le risposte terapeutiche sono valutate paragonando lo stato attuale del paziente con i dati di
partenza. Per valutare il trattamento, bisogna conoscere il motivo della utilizzazione del farmaco, i
criteri di successo (definiti dalla pianificazione), e i tempi attendibili della risposta (alcuni farmaci
agiscono in minuti, mentre per altri occorrono settimane per vedere effetti positivi).
La necessità di anticipare e valutare gli effetti avversi è evidente. Per fare queste valutazioni,
bisogna conoscere i probabili effetti avversi, come si manifestano, e i tempi probabili. Il metodo di
monitoraggio dipende dall’effetto avverso atteso. Per esempio, se ci si attende l’ipotensione, verrà
monitorata la pressione sanguigna; se ci si attende una costipazione, verrà monitorata la funzione
intestinale; e così via. La valutazione dell’aderenza è desiderabile in tutti i pazienti – ed è di valore
speciale quando la terapia fallisce o quando gli effetti avversi sono inaspettatamente gravi. Tra i
metodi per valutare l’aderenza ci sono la misurazione della concentrazione plasmatica del farmaco,
l’intervista del paziente, ed il conteggio delle pillole. La valutazione dovrebbe consentire di sapere
se il paziente ha compreso quando deve prendere i farmaci, il dosaggio da assumere, e la tecnica di
somministrazione.
La soddisfazione del paziente per la terapia farmacologica migliora la qualità di vita e la
compliance del paziente verso la terapia. Se il paziente non è soddisfatto, una terapia che altrimenti
sarebbe stata efficace non viene assunta come da prescrizione. Tra i fattori di insoddisfazione ci
sono gli effetti collaterali inaccettabili, posologia scomoda, somministrazione difficoltosa e costo
elevato. Quando la valutazione mette in evidenza insoddisfazione, dovrebbe essere attuato un
tentativo di cambiamento del regime per renderlo più accettabile.
RIASSUNTO
La responsabilità dell’infermiere si estende ben oltre le 5 regole della somministrazione dei farmaci
fin ora conosciuta. L’infermiere ultimo baluardo del paziente contro gli errori medici è il punto
chiave per l’applicazione del processo infermieristico in riferimento alla terapia farmacologica.
Più formazione in campo farmacologico oltre alla preparazione di base consentirà all’infermiere di
inserirsi in ambito ospedaliero ed extraospedaliero a pieno titolo con gli altri operatori medici o
quant’altro come professionista e responsabile delle proprie azioni
Punti Chiave


- Le responsabilità dell’infermiere riguardo i farmaci si estendono ben oltre le cinque
regole della somministrazione dei farmaci.
- L’infermiere è l’ultima linea di difesa del paziente contro gli errori medici.
30







- Le conoscenze di farmacologia dell’infermiere hanno una grande varietà di applicazioni
pratiche nella cura e nell’educazione del paziente.
- Attraverso l’applicazione delle conoscenze di farmacologia, l’infermiere può dare un
grande contributo al raggiungimento dell’obiettivo terapeutico del massimo beneficio con
il minimo rischio.
- L’applicazione del processo infermieristico in terapia farmacologica serve per
individualizzare il trattamento, che è un punto critico per il raggiungimento dell’obiettivo
terapeutico.
- L’obiettivo della valutazione fatta prima della somministrazione è di raccogliere dati per
1) valutazione degli effetti terapeutici ed avversi, 2) identificazione dei pazienti ad alto
rischio, e 3) valutazione della capacità del paziente alla auto-cura.
- La fase di analisi e diagnosi del trattamento è diretta a 1) giudicare l’appropriatezza
della terapia prescritta, 2) identificare i possibili problemi di salute che il trattamento può
provocare, e 3) caratterizzare la capacità del paziente alla auto-cura.
- La pianificazione è diretta a 1) definire gli obiettivi, 2) stabilire le priorità, e 3) stabilire i
criteri per valutare il successo.
- Nella fase di valutazione, l’obiettivo è di valutare 1) le risposte terapeutiche, 2) le
reazioni e le interazioni avverse, 3) l’aderenza del paziente, e 4) la soddisfazione del
paziente per il trattamento.
(Tratto da “Pharmacology for nursing care”, Richard A. Lehne, Ed. Sanders Elsevier)
ADVERTISEM ENT
.
BIBLIOGRAFIA
Like this:
Like
Be the first to like this.
This entry was posted on December 23, 2008 at 9:50 am and is filed under Farmaci e infermieri with tags Farmaci,
farmacologia, infermiere. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed You can leave a
response, or trackback from your own site.
2 Responses to “Applicazione della farmacologia alla pratica infermieristica”
1. Databáze firem Says:
October 24, 2011 at 8:45 pm
Databáze firem…
[...]Applicazione della farmacologia alla pratica infermieristica « Domenico Delfino’s
Blog[...]…
Reply
2. tipografie Bucuresti Says:
November 7, 2011 at 10:13 am
tipografie Bucuresti…
31
[...]Applicazione della farmacologia alla pratica infermieristica « Domenico Delfino’s Blog[...]
• IRC SIMEUP, Pediatric Advances Life Support, Masson 2004;
• IRC SIMEUP, Pediatric Basic Life Support, Moderna 2002;
• American Heart Association, Emergenze Cardiovascolari, Centro Scientifico editore 2004;
• Bett L.Gahart, Adrienne R. Nazareno, Intravenous Medications, Mosby 1999;
• Hospital for Sick Children, Drug Handbook and Formulary, Alice Kowalczyk, B.S.Pharm,
Pharm.D.;
• M. Mauri, M.Brustia, Gestione infermieristica dei farmaci cardiovascolari, GITIC 2005
• Ipasvi Emilia Romagna, Autonomia, Competenza, Responsabilità infermieristica, 2003.
Reply
Leave a Reply
guest
Enter your comment here...
SCIENZE FARMACOLOGICHE E ASSISTENZA INFERMIERISTICA
32