Introduzione

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Indice
Introduzione..................................................................
I.
7
La rappresentazione degli scambi
un’economia di baratto .............................
in
11
Reddito, spesa e deficit nazionali ...........
20
La bilancia dei pagamenti ........................
49
Il sistema bancario .....................................
75
La matrice dei flussi di fondi ...................
94
Il tasso di cambio ........................................
111
Le fonti statistiche .....................................
131
1.1 Il vincolo di bilancio, p. 12 − 1.2 Un sistema economico con due agenti, p. 13 − 1.3 Un sistema economico
con tre agenti, p. 16 − 1.4 Uno sguardo ai capitoli successivi, p. 18
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
2.1 Classificazione delle grandezze economiche, p. 20 −
2.2 Formazione e impiego del risparmio nazionale, p. 30
− 2.3 Il settore pubblico, p. 40 − Esercizi, p. 47
3.1 Classificazioni e convenzioni contabili, p. 49 − 3.2
Sezioni e saldi della bilancia dei pagamenti, p. 56 − 3.3
Alcune identità utili, p. 71
4.1 Il bilancio della banca centrale e il mercato della
base monetaria, p. 77 − 4.2 Il moltiplicatore dei depositi
e della moneta, p. 83 − 4.3 Il bilancio delle aziende di
credito e il moltiplicatore del credito, p. 91 − 4.4 Esercizi, p. 92
5.1 Significato e notazione, p. 96 − 5.2 Gli scambi con
l’estero nella matrice dei flussi di fondi, p. 103 − 5.3
L’approccio monetario in una matrice aggregata, p. 108
6.1 Nozioni elementari sul tasso di cambio, p. 111 − 6.2
Tasso di cambio e competitività, p. 117 − 6.3 La parità
dei poteri d’acquisto, p. 124 − 6.4 Esercizi, p. 128
7.1 Le International Financial Statistics, p. 131 − 7.2 I
World Development Indicators, p. 140 − 7.3 Le Penn
World Tables, p. 147 − 7.4 Altre fonti web sullo sviluppo, p. 154
Modelli macroeconomici: cenni introduttivi .................................................................. 156
8.1 Equazioni, variabili e parametri dei modelli macroeconomici, p. 157 − 8.2 L’analisi di statica comparata:
teoria elementare, p. 166
6
IX.
Il modello di programmazione finanziaria
del Fondo Monetario Internazionale..... 177
9.1 Il quadro normativo e teorico, p. 177 − 9.2 Programmazione finanziaria con cambi fissi, p. 179 − 9.3
Programmazione finanziaria e inflazione, p. 194 − 9.4
Programmazione finanziaria con cambi flessibili, p. 201
X.
XI.
I modelli a gap.............................................
209
Bibliografia ..................................................
222
10.1 Programmazione finanziaria e crescita economica,
p. 209 − 10.2 il financing gap, p. 210 − 10.3 Il Revised
Minimum Standard Model, p. 219
Le immagini tratte dall’interfaccia del database International
Financial Statistics riportate nel paragrafo 7.1 sono riprodotte
per gentile concessione del Fondo Monetario Internazionale,
che ringraziamo per l’autorizzazione.
Le immagini tratte dall’interfaccia dei World Development Indicators riportate nel paragrafo 7.2 sono riprodotte per gentile
concessione della Banca Mondiale, che ringraziamo per
l’autorizzazione.
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INTRODUZIONE
Questo testo nasce dalle dispense del corso di Modelli quantitativi di sviluppo che mi è stato affidato negli anni accademici 2003-2004 e 2004-2005 dal corso di laurea in Economia
della Cooperazione Internazionale e dello Sviluppo (ECIS)
dell’Università di Roma “La Sapienza”.
L’obiettivo formativo specifico del corso di Modelli quantitativi è quello di illustrare la struttura dei modelli empirici
concretamente utilizzati da parte delle principali istituzioni
multilaterali quali il Fondo Monetario Internazionale (FMI)
e la Banca Mondiale per la definizione degli interventi di aggiustamento strutturale e di sostegno alla crescita nei paesi
in via di sviluppo (PVS). Questi modelli (ci riferiamo in particolare al modello di programmazione finanziaria del FMI e
al Revised Minimum Standard Model − RMSM − della Banca
Mondiale) fanno parte della “cassetta degli attrezzi” di ogni
economista dello sviluppo e una loro comprensione corretta e
approfondita è parte integrante delle competenze professionali che i corsi di laurea di classe 35 (Scienze sociali per la
cooperazione, lo sviluppo e la pace) intendono fornire. Il taglio del corso è applicativo e gli studenti vengono guidati a
rispondere in termini quantitativi a domande quali: di quanto deve aumentare il tasso di investimento di un determinato
PVS (o quale deve essere il flusso di aiuti internazionali) affinché il paese considerato raggiunga un tasso di crescita
prefissato? Quali sono gli effetti della spesa pubblica sullo
sviluppo? Quale ruolo giocano le politiche valutarie? Questi
problemi vengono formulati nel contesto di versioni stilizzate
dei modelli operativi in uso presso gli organismi multilaterali. Questi ultimi constano in genere di parecchie decine di
equazioni, il che rende difficile a uno sguardo inesperto individuare i meccanismi essenziali alla base del loro funzionamento. Tuttavia anche i modelli più complicati si articolano
in genere attorno a un numero relativamente ridotto di variabili che “guidano” le restanti variabili secondo meccanismi
riconducibili a principi macroeconomici semplici. Questi meccanismi vengono convenientemente descritti dai modelli pre-
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sentati nel testo, i quali, per quanto stilizzati, forniscono una
visione sufficientemente articolata della logica sottostante ai
loro “fratelli maggiori”.
In ambito internazionale non mancano testi di ottimo livello dedicati a questo tema (ad esempio Agénor [2004]), ma
in genere manca la loro traduzione in lingua italiana (il che
per gli studenti di un corso triennale costituisce ahimè spesso un problema). Inoltre, questi testi si rivolgono di norma a
una platea di studenti con una solida preparazione economica, se non addirittura di economisti, e presuppongono quindi
una serie di conoscenze che un corso di classe 35 non è chiamato a dare e che comunque non sono strettamente necessarie per una comprensione della logica e del modus operandi
dei modelli oggetto del corso. È sembrato quindi che mancasse un testo italiano dedicato a questi temi con un taglio adeguato alle nuove classi di corsi di laurea triennale definite
dalla riforma. Questa constatazione, unita alle consuete legittime pressioni da parte degli studenti per avere a disposizione un materiale dotato di un minimo di organicità, mi ha
spinto alla pubblicazione di questo materiale.
Il testo riflette contenuti e impostazione del corso e ne riprende le caratteristiche principali, fra le quali segnaliamo il
fatto di presupporre un insieme veramente minimo (se non
nullo) di conoscenze preliminari, la presenza di numerosi esercizi ed esempi, e l’attenzione dedicata agli aspetti empirici.
Quest’ultima si traduce in primo luogo in una disamina
estremamente accurata della logica e della struttura dei
quadri contabili di riferimento, alla quale sono dedicati i
primi sei capitoli, seguita da una descrizione accurata (un
vero e proprio manuale d’uso) delle principali fonti statistiche disponibili in tema di economia dello sviluppo (fra cui le
International Financial Statistics del FMI e i World Development Indicators della Banca Mondiale), contenuta nel capitolo 7. In particolare, viene dedicato ampio spazio alla lettura della bilancia dei pagamenti (nel capitolo 3) e alla struttura delle statistiche monetarie e creditizie, attraverso
9
un’analisi dei bilanci delle aziende di credito e della banca
centrale (nel capitolo 4).
La presentazione di questi schemi contabili viene effettuata con approccio unitario nel contesto della matrice di flussi
di fondi, vista come strumento che inserisce in un sistema di
“vasi comunicanti” i vincoli di bilancio degli agenti/settori economici, evidenziando il modo in cui essi finanziano il proprio eccesso di spesa, ricorrendo al risparmio degli altri settori, o allocano il proprio risparmio presso questi ultimi.
La matrice viene introdotta in modo intuitivo fin dal primo capitolo, esemplificandone la logica nel caso di
un’economia stilizzata, e viene poi ripresa nel capitolo 5 in
una forma sufficientemente ampia ai fini della presentazione
dei modelli, cui è dedicata la seconda parte del testo.
In particolare, il capitolo 9 espone l’approccio di programmazione finanziaria del FMI, e il 10 i modelli di crescita
alla base degli interventi della Banca Mondiale. L’impiego
dei modelli viene esemplificato con numerose applicazioni
che richiedono solo un minimo di familiarità con l’aritmetica.
Inseriamo anche un breve cenno agli argomenti che si sarebbero voluti trattare, e che costituiscono possibili linee di
sviluppo del corso e del testo.
Intanto, sul piano teorico manca una descrizione dei modelli a due gap e del loro impiego nel contesto del RMSM della Banca Mondiale, manca un’analisi degli sviluppi più recenti, fra i quali i modelli “Banca/Fondo” sviluppati secondo
le linee proposte da Khan et al. [1989, 1990], i modelli a tre
gap (Bacha [1990]) e i modelli di crescita “dal lato della domanda” proposti da Thirlwall e Hussain [1982] sulla base del
contributo iniziale di Thirlwall [1979].
Potrebbe essere utile aggiungere lo studio di qualche caso,
magari riprendendo in forma più organica nel testo (in particolare nei capitoli “modellistici”) la trattazione di alcuni esempi già presenti, come il caso del crack finanziario
dell’Argentina (visto nel capitolo 3 per i suoi riflessi sulla bilancia dei pagamenti), o l’impatto della crisi asiatica
sull’economia della Malesia (al lettore interessato segnalia-
10
mo l’analisi storico−economica dei programmi di stabilizzazione contenuta nel capitolo 10 di Agénor e Montiel [1999]).
Per semplificare i calcoli molti esempi sono costruiti con
dati artificiali, ma si potrebbe pensare di alimentarli con dati
storici, il che permetterebbe anche di esemplificare l’impiego
delle basi dati presentate nel capitolo 7.
Queste estensioni sono “in cantiere” per il prossimo anno
accademico e potranno essere incorporate in una eventuale
riedizione del testo.
Manca poi, in generale, un tentativo sufficientemente organico di valutazione critica dei modelli proposti, l’attenzione
essendo dedicata, anche in riverente omaggio all’imperante
retorica della “professionalizzazione”, più alla descrizione del
meccanismo di funzionamento dei modelli, che alla discussione dei loro fondamenti. Del resto una simile discussione,
se condotta sul piano empirico, presupporrebbe nel lettore
conoscenze di econometria difficilmente compatibili con gli
ordinamenti delle nuove lauree triennali, o, se mantenuta
sul piano teorico, si risolverebbe in una sorta di bibliografia
ragionata, della quale tutto sommato in epoca di Internet c’è
poco bisogno. Una eventuale estensione in tal senso potrebbe
essere condotta quindi avendo in mente le lauree specialistiche, ma questo allargherebbe troppo l’ambito del lavoro.
Roma, 19 maggio 2005.
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