Lettere da Laodicea Dipingi la pace 25 .7. 06 Ti ho trovato… Ho rubato tante volte la tua gloria. Ti sei fatto spogliare della tua dignità per nascere figlio dell’uomo. Povero come noi. Povero di tempo, povero di potenza. Noi poveri di intuizioni, a non capire il tuo amore. Come oserò guardarti io che ti ho vestito con i peccati del mondo? Tu, Signore del creato, spogliato di volgarità. Ti sei preso la mia vergogna e mi hai vestito di santità. Sulla spianata della crocifissione, spogliato della tua tunica, ci hai costituiti vera chiesa indivisibile. Nel tuo respiro ultimo sulla parola della croce, vivo anch’io l’empatia della morte. Il tuo cuore, come anche il mio e il nostro, è un calice traboccante di dolori. Nella tomba non potete seppellire la speranza. Tu, nella tua risurrezione, ci hai fatto discendenza della luce. Nell’eucaristia che celebro vivo l’eredità del risorto. Siamo la chiesa del risorto. Devo sopprimere in me un dio che va d’accordo con il vendicatore su ogni male, con un dio che ha bisogno del sangue dell’innocente per purificare il mondo. Solo il tuo amore ci purifica. Giobbe mi è di aiuto: “ Cingiti i fianchi come un prode”. Lotta. Lotta con me. Non voglio combattere con un uomo finito. Voglio lottare con un valido prode. Voglio discutere alla pari, con un uomo che sa quello che vuole. Il Dio che mi ha fatto risorgere a combattere ancora è il Dio dell’amore. La più ardita battaglia è il perdono d’amore. Sono capace di amarti fino all’estremo, fino al limite delle mie forze (telos). Solo l’amore è capace di donare sacrifici per l’amato. Non è la sofferenza che giustifica. Non è il patire il fondamento della giustizia. Solo l’amore ha le radici della vera giustizia. L’amore è la soluzione. E’ la soluzione di Gesù Cristo, Uomo-Dio. La sofferenza non è nell’ordine della creazione. Non è nell’ordine della verità. E’ solo nell’ordine dell’amore. Il nostro patire non è masochismo. Voglio togliere al mio amore ogni sofferenza. Quale marito desidera che sua moglie soffra? Quale padre vuole che suo figlio patisca? Nel momento in cui sentiamo la commozione di Gesù Cristo per noi, il nostro cuore batte forte e solo allora siamo capaci di accettare e offrire qualsiasi dolore per lui, il vero, unico amore che resta. La sofferenza non ha un dio che la protegge. Non è tatuaggio di protezione o di scongiuro. L’amore è la sola risposta. Non perdere tempo a cercare di raccogliere nella tua vita centesimi di pensieri per giustificare il tuo vivere. Tuffati nel mare misericordioso dell’Amore di Dio. La misericordia non parte dal negativo di noi stessi, ma dall’amore positivo di Dio che si commuove per noi, come un padre per un figlio. La misericordia nasce dall’affetto di Dio per noi. Siamo nelle sue viscere, commosse di una madre che attende un figlio. Oggi posso gridare a Dio: “ Fatti avanti, o Dio che ti nascondi e di cui mi dicono che mi hai dato questa prova. Su, vieni avanti, fatti vedere. Fatti avanti. Non nasconderti nel nulla della mia incomprensione. Non nasconderti nel tirarmi di nascosto le tue frecce di dolori. Fatti avanti. So che non sei tu quello che mi hanno addossato. Tu sei un altro. Fatti avanti, fatti vedere. So che non sei tu. Tu invece ami. So che non sei tu. Tu perdoni e ci fai nuovi. Su, fatti avanti, fatti vedere da quelli che ti presentano diversamente da te stesso. Hai diritto di essere mostrato come tu sei davvero. Si, fatti avanti. Mostrati. Mostra il tuo vero volto e non quello che fin ora ti abbiamo presentato. Su, fatti avanti, Dio dell’amore di Gesù Cristo. Su, fatti avanti. Non temere questa volta! Sigilleremo i tuoi occhi in ogni uomo. Fatti avanti 1 a cancellare il nome che non hai e che non sei. Tu soffri, perché ami. Tu soffri, perché vuoi salvare tutti, tutti. Non godi della sofferenza dell’umanità. Per amare hai rinunciato alla tua onnipotenza. Non sei onnipotente. Fatti avanti. Discutiamo alla pari. Sei il Dio che ti metti alla pari con ogni creatura. Forse tu che ami, puoi punire? Forse tu che ami, vuoi vedermi piangere o disperarmi? Godi nel fallimento di ciascun uomo? Vieni, Santo Spirito, a donarci il tuo discernimento. Senti anch’io non c’ero quando hai creato la tenerezza di una leonessa che nutre i suoi piccoli. Senti anch’io non c’ero, mentre radicavi i fondamenti dell’universo. Senti anch’io non c’ero nella separazione della luce dalla tenebre. Senti anch’io non c’ero nella creazione delle stelle, del cielo e della terra. Non mi lamento più. Non parlo più da stolto. La stoltezza mi ha punito per tanto tempo. Sono rimasto nell’ignoranza del tuo amore. E’ una tremenda punizione. Sono stato uno stolto a non capire che sei il Dio dell’amore. Il Dio che persino per amore dà la sua vita alle sue stesse creature. So che tu mi hai com - patito, cioè hai com-partecipato al mio dolore. Ti ho scoperto mentre mi lamentavo di te. Ti ho scoperto mentre rifiutavo quel dio che non ama e ci allontana da te. Ti ho scoperto dentro la croce di Tuo Figlio. Ci ha scusati nella condanna. La sua soluzione è il perdono d’amore. Mi sono lamentato, senza riflettere. Il tuo amore è la soluzione ad ogni patire umano. Parlo ora e annuncio: “ Non sei un dio vendicatore di divinità e di uomini. Non sei un dio che si compiace di umiliarci per la tua gloria. Non hai bisogno del sangue dell’innocente. Non sei quello. So che non sei quello. Io ora lo so. Io ti ho sentito. Ho sentito i tuoi palpiti di commozione per ciascun di noi, per me. Ho sentito i tuoi battiti di cuore. Ho sperimentato nelle mie lacrime la tua commozione. Noi siamo l’amore che ti fa piangere, l’amore che ti manca e ci manca. Tu sei l’amore che ognuno di noi attende. La soluzione è solo l’amore. Noi non ti offriamo olocausti di lacrime, ma solo l’amore che lacrima, tremante e urlando fino a quando? Siamo certi, nel nostro soffrire ci sei tu. Ci basta. Sei capace nella tua debolezza di manifestare la tua onnipotenza. P. Paolo Turturro La solidarietà è famiglia Bisi Anna di Quistello (MN), Ferrari Renato di castegnato (BS), Elia Zanini Poggio Rusco (MN), Spuria Carmela di Giampilieri (ME), Augello Francesca di Giampilieri (ME), Lisciotto Antonio di Roma, Giovanni Luppi di Roma, Cabibbo Angela di Messina, Tommasa Barraco di Messina, Maria Giuseppina Baroffio di Novara, Magrino Massimo di Giovinazzo (BA), Vaghi Edi di Como, Letizia di Torino del Gruppo Lavoro Anch’io di Enzo Allora di san Mauro Torinese (TO), Coop. Faro ‘85 di Messina, Piero Orteca di Messina, Sofia Francesco di Messina, Rosario e Grazia Alaimo di Giampilieri (ME), 2 Sogno la luce di Rembrandt La luce diventa carne nelle tele di Rembrandt. Nel suo primo autoritratto serpeggiano i capelli in cerca di colori, su parete scrostata d'intonaco antico. Gli occhi scrutano le tenebre. Solo il merletto candido della camicia illumina il viso. La bocca è in ansia di sapere. Non solo la lezione di anatomia del dottor Tulp. Il sapere lo rende sicuro anche sulla morte. Gli altri astanti, presenti all’operazione, illuminati dalla scienza hanno visi, occhi e carnagione uguali. Quasi che la lezione li appiattisce tutti nello stupore. Anche il cadavere contribuisce alla lezione di anatomia. E’ il sicuro libro dove apprendere. Il sapere è datato al 1632. Son passati circa quattro secoli e il corpo umano è tutto da inventare. I colli bianchi degli studiosi sono tutti ricamati, quasi in festa al sapere. Sembra di essere vestiti per una posa di teatro o per una foto ricordo di accademia. La croce di Cristo è un trionfo di luce e la sua deposizione illumina la terra e tutti i discepoli impauriti della morte. Isacco è immerso in un lenzuolo di luce e Abramo è bloccato dall’angelo. In fondo appena un ariete. E’ la luce che blocca il sacrificio. L’ascensione è una pioggia di raggi. Gli angeli festosi aiutano Cristo ad ascendere al cielo. I discepoli spaventati attendono ancora il ritorno. Susanna è senza sorgente d’acqua, seduta su cuscini e rampicanti. La ronda di notte è tagliata per la stupidaggine di collocare la tela tra due porte. C’è sempre qualche saggio architetto dell’opportunità. Una tela pagata dai poveri soldati. Anche l’autore si paga la sua effige tra i poveri, appena gli occhi. Splende al centro la bandiera, ma soprattutto la ragazza con il pollo appeso alla cintura. Che trionfo delle armi! La luce esplode da una povera ragazza imbevuta di luce. Sembra una vera lampada nella notte della ronda. Uno scudo di nome, posteriore, deturpa l’arco originale alle spalle di tutti i soldati, alla gloria delle aste e delle lance. Non è una battaglia, è una ronda di festa della notte e di ricordi. L’adultera trionfa nel perdono e nella luce dell’amore. Solenne è la scena. Alta la lezione di Cristo. Merita tanto l’amore. Sobrio è il Signore nel suo saio quasi francescano. La mano nervosa dell’anziano scriba ci porta non al giudizio, ma alla scala di luce dove l’adultera piange misericordia e amore. Le due colonne centrali, quasi due ceri, preannunciano la gloria del perdono, anche se sul trono è lo scriba a giudicare e a imperare castigo. Ma prima che scenda la punizione, andrà via per primo. Così tutti, uno dopo l’altro. Tutti scompaiono nell’orchestra buia dell’accusa. Danae attende immersa nella luce dell’intimità. Il rosso drappo alla sinistra è consumato di calda attesa. Trionfano i cuscini nello splendore dell’amore. In penombra fuori della tenda l’atteso: sia Sarai che attende Abramo, sia Rachele in attesa di Giacobbe. Le labbra rosse invitano all’amore. E Susanna è alta di luce e di innocenza. Solo gli anziani seduttori macchiano l’aria e la tela di paura e di passione. Susanna è salva nelle acque della fortezza e dell’innocenza. Il suo corpo trionfa nella luce che è impossibile violare. Non squarcerei nessun bue, caro Rembrandt. Non appenderei nessun agnello alle travi dell’ingordigia. Né starei a vedere come scorre il sangue dalle vene. Non basta una lettera di Davide per rendere casto il corpo. In san Paolo si incarna la luce come contemplazione. Un volto mistico, maturo, sofferente, un viso che sprigiona apertura d’animo. La luce scivola dalle mani alla fronte, fino al 3 collo liberante martirio. Riprende sulla mano e sulla penna pronta a scrivere illuminazioni e profezie. Il Figlio Prodigo si getta nel ritorno nelle mani del Padre. Le stesse mani del Padre assicurano le sue spalle. Il perdono aleggia nella luce dell’accoglienza e del rispetto del figlio, erede dell’amore paterno. In Simeone con Gesù Bambino la luce è tenue. Forse non del tutto sua. Luce sospesa per la malattia dell’artista. La bocca sospira l’attesa. E’ una luce incompiuta. La luce muore nell’ultima opera di Rembrandt. P. Paolo Turturro Verso l’incontro con Dio Ho nostalgia della tenerezza di Dio. Dio che nasce nel calore di una stalla. Non fermo il mio cammino. Procedo nella notte con il dolore in mano, che è la mia torce ardente. Non mi sento mai un arrivato. Dove arrivare quaggiù? Eppure in questo viaggio della notte del mondo non sono un esule. Il mio esilio inizierà solo nel momento in cui smetterò di soffrire. Il mio esilio inizierà solo quando non avrò più nostalgia della mia comunità, della mia città. Cerco Dio, il suo Natale. Cerco la stella che mi ha illuminato e preceduto. Vivo la notte del mondo, nell’attesa che s'illumini. Il dramma non è il patire, ma non sentire più la mancanza di un amore, la mancanza della stella di Dio nei nostri occhi. Non mi sento compiuto. Non ho la malattia dell’indifferenza. Brucio di ricerca e di riabbracciare Dio nella mia comunità. Sono morto nel momento in cui non sentirò più un’inquietudine. Sono morto nel momento in cui il cuore non crederà e non cercherà più l’amore. Sono morto non nel momento della mia morte fisica, ma nel momento in cui non spererò più. Sono in esodo continuo. Nel momento in cui non cerco più, sono finito. Dio esiste, perché mi cerca continuamente. Non ha importanza che lo trovi qui, nel tempo, sulle rocce, nelle stelle, nelle aurore, nei prati, nei giorni; è assolutamente vero che Lui mi cerca e non vuole affatto fallire nei miei e nei nostri riguardi. Dio è alla 4 ricerca d'ogni uomo, anche nel deserto del rigetto, nell’abisso della notte della pecora smarrita. Dio ha tempo per l’uomo. Nei palazzi degli uomini non hanno mai tempo per noi. Dio non si nasconde, non ha paura di farsi vedere. L’avvento è sostanzialmente l’apertura di Dio all’uomo. Natale è contemplare ciò che non si vede. L’uomo può entrare nella gioia del suo Signore. Dio è aperto. Non c'invia, per conoscerlo, il suo curriculum vitae Dei. Si fa comprensibile al nostro cervello, caldo alla nostra carne, tuttavia è sempre più altro, è sempre più oltre. Dio si rivela e si vela, nel momento in cui l’uomo lo vuole ridurre alle sue dimensioni, alle sue esigenze. Nella sua venuta ci ha detto tutto e ha taciuto tutto. Si nasconde nella rivelazione e si rivela nel nascondimento. Qui, nella grotta, dinanzi ad un bambino nato, è la rivelazione del Verbo che procede dal Silenzio. La Parola di Dio è Silenzio e solo nel silenzio la si può ascoltare. Dio Padre nel Silenzio genera la Parola, il Figlio. Voglio anch’io tradire la Parola, non fermandomi alla lettera, ma ruminando (ruminatio Dei) la Parola che mi scava e mi sprofonda negli altissima silenzia Dei. Il luogo del Silenzio è la croce che annuncia senza parlare, che salva senza chiasso, che ama senza parole. La capanna di Dio è solo un vagito. Tra due Silenzi, quello del Padre e quello dello Spirito Santo, tra gli altissima silenzia, è la dimora del Verbo, di Gesù Bambino. Nel grembo verginale del Silenzio nasce la Parola, si fa carne, per farci carne divina. Dio sposa la notte del Silenzio e incarna di luce tutto il creato. P. Paolo Turturro Notizie dal Borgo della pace. Un evento eccezionale: il meeting della pace. Proprio in sintonia con il desiderio del papa benedetto XVI, si è svolto il meeting della pace con 56 giovani e ragazze provenienti da diverse nazioni d’Europa. Gli incontri durati più di una settimana sono avvenuti all’insegna del rispetto dei popoli, degli usi , delle tradizioni e al rispetto della propria fede. I giovani hanno animato i nostri ragazzi al gioco, al calcetto e alla piscina, nel pieno rispetto delle regole di vita. Hanno gustato i cibi di ogni nazione e in modo particolare hanno gradito il limoncello siciliano. A presto la cronaca dei fatti e una sintesi dei loro incontri. 5 Domenica 30 luglio sono due mesi che la compianta e carissima Nonna IRENE, è mancata. Noi la vorremmo ricordare così insieme a quanti vorranno partecipare al nostro dolore. " Si passano spesso le notti ad osservare il soffitto, come fosse lo schermo di un cinema che proietta il film che avresti sempre voluto vedere. Guardi scorrere i fotogrammi, sono proprio loro, i tuoi sogni. Sono custoditi nella notte e restano lì mentre li guardi in un silenzio che ti entra dentro, quasi che le parole fossero inutili. Sarebbero soltanto superflue al fluire di emozioni che parlano di se. Continuo a fissare in alto e il soffitto non c'è più, ci sono le stelle che sono lì pronte a donare luce al silenzio, al buio che in quelle notti incantate non lascia spazio al chiarore, ma… loro sono lì, brillano e con esse si riaccendono i ricordi. I ricordi, quelli che fanno volare in alto; i nostri sogni, che li rendono vivi in noi, come se in quel momento tutto tornasse a parlare di passato; e tu sei lì che vorresti stringerli, vorresti coccolarli e ti lasci quasi cullare da quella scia improvvisa di passato che accarezza le tue notti fatte di mille pensieri, dove tutto è possibile e dove tutto per un attimo diventa realtà. E le stelle cosa fanno? Ci stanno a guardare e silenziosamente illuminano quella scia che solca il nostro viso. Una lacrima, quella lacrima che ci accarezza piano e che silenziosamente come la notte domani sparirà, tutto lascerà spazio ad un nuovo giorno e quelle notti fatte di ricordi saranno aggiunte come pagine silenziose al libro della vita che nessuno smetterà mai di leggere… Una stella cadente è un lampo che dura un attimo, come quella lacrima che esprime un desiderio d'amore, ed è proprio tutta l'intensità di questo amore, 6 che le stelle sentono da lassù. Con la mano sfioro il mio viso, ed ecco la mia lacrima, la prendo sul mio dito e la offro a questa notte che mi parla di te. Vorrei che anche questa lacrima brillasse così tanto di luce propria, di luce vera, vorrei che tu potessi vederla brillare come le stelle, vorrei che arrivasse fino al tuo cuore, nonna Irene, grazie per quel tuo ultimo sorriso. Tuo nipote Sergio LA VOCE DEL MARE Disteso sulla battigia come in un letto sento braccia poderose cullarmi come l'onda che 7 bacia, accarezza e sussurra una nenia, una melodia: la tua voce mamma che all'unisono accompagna ogni mio sogno. Antonio. 8