GLI ALBERI MONUMENTALI reworked

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GLI ALBERI MONUMENTALI E L’ABETE BIANCO DI VESENDA
Per molto tempo il termine “monumentale” è stato usato per descrivere sculture, edifici e
opere architettoniche, ma alcuni alberi, particolari perché rari, antichissimi o di imponenti
dimensioni, hanno meritato a pieno titolo di essere ammirati e protetti, tanto quanto i
monumenti del nostro patrimonio artistico: una legge del 2008 infatti ha istituito il Codice dei
beni ambientali e paesaggistici per il quale gli alberi monumentali vengono protetti come
patrimonio straordinario di biodiversità così come accade per beni archeologici. Il censimento
di queste architetture vegetali viene condotto ad opera del Corpo Forestale dello Stato che
permette di segnalarne la presenza mediante un proprio sito internet: è un iniziativa
meritevole, qualsiasi cittadino può dare un contributo avvicinandosi ad un vecchio albero.
Lungo l’itinerario proposto, faremo la “conoscenza” di quello che è forse l’albero più famoso
della Valtellina, l’ Abete bianco di Vesenda (Abies alba, chiamato in dialetto locale Avez de
Uusenda basa), situato nella valle del Bitto di Albaredo
nel magnifico territorio comunale di Bema, in provincia di
Sondrio. Noi lo raggiungeremo agevolmente partendo da
Albaredo (mentre l’escursione da Bema è molto più
impegnativa e per questo consigliata solo ai più esperti).
L'abete bianco è un albero maestoso, slanciato e
longevo, e data anche la sua notevole altezza è
soprannominato "il principe dei boschi". Il “nostro” vanta
dimensioni di tutto rispetto: alto quasi 39 metri, ha una
circonferenza di 5 metri e 60, un diametro a petto
d’uomo di 1 metro e 79 e un’età stimata tra i 300 e i
350 anni. Se a queste misure si aggiunge che il volume del tronco principale è di poco meno
di 30 metri cubi e di 6 metri cubi quello dei tronchi secondari si inizia a capire quali siano le
reali dimensioni di questo gigante della natura, le quali lo fanno rientrare di diritto nella elite
di 18 alberi di particolare pregio tra i 133 monumentali presenti nella provincia di Sondrio.
Caratteristiche generali
Habitat e distribuzione: l’abete bianco, insieme all’abete rosso (Picea abies) è
spontaneo nelle zone del Nord Italia, ma presente in maniera discontinua: è comune nelle
Alpi orientali e nelle Alpi Marittime e Liguri, mentre è poco diffuso lungo le aree interne dei
settori centrale e occidentale della catena alpina, zone nelle quali le condizioni
microclimatiche ed ecologiche favoriscono il larice e (in misura minore) l'abete rosso. Vegeta
tra i 400 e i 2100 m s.l.m., nelle zone a piovosità e umidità atmosferica medio-alte . E’ una
specie sciafila che (che può vivere in zone d'ombra), quando è giovane (può restare sotto
copertura anche per trent'anni, con conseguente malformazione del fusto), mentre allo stato
adulto ha la necessità di vegetare in piena luce Raramente forma boschi puri (abetine), è
invece una componente importante dei boschi misti e può formare estese foreste associandosi
al faggio (Fagus sylvatica), albero con il quale condivide esigenze climatiche e pedologiche, o
a quote subalpine al larice (Larix decidua) e all'abete rosso (Picea abies). Nelle Alpi sudoccidentali forma una caratteristica associazione denominata Rhododendro-Pinetum uncinatae
subas. abietosum) con il rododendro rosso (Rhododendron ferrugineum) e con il pino mugo (
Pinus mugo subsp. uncinata e subsp. mugo).
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In Centro Italia si trova in gruppi isolati sui Monti della Laga. Le abetine appenniniche,
soprattutto quelle toscane, sono, però, da considerare in gran parte non naturali, in quanto
sono il risultato di interventi umani di rimboschimento attuati dai granducati e da alcuni ordini
monastici oppure sono il prodotto di una selezione, operata all'interno di foreste miste (faggio
e abete bianco), che ha favorito la conifera a discapito della latifoglia.
Nel Meridione lo si rinviene sia nell'Appennino lucano e sia nell'Appennino calabro: in
Basilicata, lo si ritrova nella Riserva regionale Abetina di Laurenzana e nel versante
settentrionale Parco nazionale del Pollino, associato al faggio; in Calabria lo si rinviene oltre
che in Aspromonte, anche sulle Serre calabresi. In queste zone è degno di nota il Bosco
Archiforo, nel comune di Serra San Bruno, dove sono impressionanti le dimensioni delle
piante.
Caratteristiche botaniche di fronte all’albero, verificatele!
È una conifera sempreverde e monoica, cioè presenta sulla stessa pianta fiori maschili e
femminili distinti e separati.
Corteccia: negli esemplari giovani, è liscia, ha un colore bianco-grigio argenteo e
presenta delle piccole sacche resinose che, se premute, diffondo odore di trementina; nelle
piante più vecchie (oltre i cinquant'anni d'età) la corteccia si ispessisce tendendo a
desquamarsi in placche sottili e diventa, partendo dalla base, rugosa, screpolata (fessurata) e
di colore tendente al nero.
Foglie: sono persistenti (8-10 anni) e costituite da aghi appiattiti, rigidi e inseriti
singolarmente e separatamente sui rametti, secondo una disposizione a pettine (cioè come i
denti di un doppio pettine). Gli aghi sono lunghi circa 1,5–3 cm e larghi 1,5–2 mm,
leggermente ristretti alla base, con la punta arrotondata non pungente e i margini lisci. La
pagina superiore, di colore verde scuro, è lucida, mentre quella inferiore presenta due
caratteristiche linee parallele biancastre-azzurrognole (ecco perché si chiama abete
bianco!), dette bande stomatifere, che presentano 6-8 file di stomi e canali resiniferi
marginali. Altra caratteristica tipica di questa specie sono i rametti coperti da sottili peli di
colore bruno chiaro.
Fiori: alle nostre latitudini la fioritura dell'abete bianco avviene tra maggio e giugno.
Parlare di fioritura delle conifere è in realtà inesatto, dal momento che queste piante sono
gimnosperme e non producono fiori come siamo abituati ad intenderli né frutti. Gli organi
riproduttivi consistono di sporofilli raggruppati a formare coni o strobili: gli sporofilli maschili
(microsporofilli), cui si deve la formazione del polline, sono riuniti in coni maschili o strobili;
gli sporofilli femminili (macrosporofilli) portano alla formazione degli ovuli e sono riuniti in
coni femminili (le pigne).
•
I macrosporofilli si rinvengono nella parte superiore dei rametti del primo anno e
nella parte alta della chioma. Sono eretti e formano infiorescenze cilindrico-ovali di
colore verde o rosso-violaceo, con squame copritrici più lunghe delle squame ovulifere;
•
I microsporofilli fioriscono nella parte centrale e alta della chioma, sono più piccoli e
numerosi di quelli femminili, raggruppati sul lato inferiore dei rametti. Hanno forma
ovoidale, sono di colore giallastro e presentano due antere che contengono il polline di
colore giallo. Il polline viene facilmente trasportato in alto dall'aria calda.
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Le strutture comunemente chiamate "pigne" derivano dai coni femminili che possono
lignificare e rimanere sui rami.
Sono quasi cilindrici, si trovano soprattutto nella parte superiore della chioma e, a differenza
dell'abete rosso, sono rivolti verso l'alto. Formati da squame fitte con brattee sporgenti
dentate che proteggono i semi all'interno, gli strobili sono lunghi dai 10 ai 18 cm e larghi 3–
5 cm; inizialmente di colore verde, diventano rosso-bruno quando giunti a maturità. A
settembre-ottobre gli strobili si sfaldano, le squame cadono una ad una insieme ai semi,
lasciando l'asse centrale, detto rachide, nudo sul ramo, dove può rimanere anche diversi anni
(tipica caratteristica del genere Abies).
La produzione dei semi è piuttosto tardiva, soprattutto per le piante in bosco in quanto
avviene dopo i cinquant'anni; trent'anni, invece, per le piante isolate. Le squame degli strobili
hanno consistenza legnosa, variano in numero da 150-200 e ogni squama porta due semi. In
totale ogni "pigna" contiene circa una cinquantina di semi fertili. Questi sono di forma
triangolare, lunghi 6–9 mm, di colore giallo-bruno e presentano un'ala 3-4 volte più grande,
saldamente attaccata al seme stesso, che gli permette, una volta liberati, di volteggiare in
aria.
Le gemme, che vengono raccolte in primavera, contengono un olio ed un glucoside,
detto piceina, che le rende balsamiche, con proprietà sfiammanti, antireumatiche e
diuretiche. Il decotto di gemme unito è molto utile per trattare problemi alle vie respiratorie
per l'attività antisettica ed espettorante. Tale olio viene anche usato per aromatizzare prodotti
da bagno e per massaggi tonificanti. Le foglie, ricche di provitamina A, anticamente venivano
utilizzate per curare malattie agli occhi. Dal legno e dalle foglie si ricava l'essenza di
trementina, utilizzata in medicina e in veterinaria per strappi e contusioni grazie alle sue
proprietà antisettiche e antireumatiche.
Radici: l'apparato radicale è inizialmente di tipo fittonante: un'unica grande radice che
penetra nel terreno raggiungendo una profondità di circa 1,60 metri che ancora saldamente la
pianta al suolo; in seguito si formano alcune radici laterali (ramificazione laterale) che
continuano ad accrescersi e ingrossarsi spingendosi, se possibile, in profondità. L'abete bianco
è, per questo, una delle conifere che meglio si ancora al terreno e risulta quindi poco soggetta
a sradicamenti.
Possiamo riscoprire il nostro passato anche in
“architetture” vegetali e vi invitiamo a mettervi alla
alberi incontrati, della loro storia e delle curiosità ad
inno a questi “monumenti” naturali, per apprezzarne
valore naturalistico, culturale, e simbolico.
queste imponenti e tenaci
ricerca della personalità degli
essa collegate e di cantare un
a pieno la poesia, ma anche il
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