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L'Arena - il giornale di Verona
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Domenica 18 Febbraio 2007
ZEVIO. Gli strani riti scoperti nella golena di Pontoncello non allarmano più di tanto i
sacerdoti della zona: «Non si tratta di giovani del paese o di San Giovanni»
Satanisti in trasferta sull’Adige
Don Contri: «L’occultismo parla agli iniziati, legati da segreto assoluto»
Zevio. Continua a tenere banco la scoperta di strani riti celebrati lungo l’Adige. A
definirli di probabile matrice satanica era stato uno studioso del fenomeno, don
Antonio Contri, presidente nazionale del Gris, il Gruppo di ricerca e informazione
socioreligiosa, direttore dell’omonimo organismo della Curia che si occupa di nuove
forme religiose e di religiosità alternative, oltreché consulente della Digos in materia di
sette.
L’ipotesi più probabile, secondo i commenti in paese, è che a compiere l’inquietante
allestimento rituale possa essere stata una banda di giovani in preda a suggestioni e
fantasie trasgressive, piuttosto che a fans matricolati del demonio. Proprio i giovani,
infatti, sembrano essere i più sensibili al fascino dell’occultismo e della magia. Un
fenomeno complesso e in aumento, avverte don Contri. Fanno da traino siti internet,
film, programmi tv, libri, fumetti, certi tipi di musica. Un fenomeno, nella migliore
delle ipotesi, incentrato sull’idea di contravvenire la morale in nome di un’assoluta
libertà, magari sotto gli effetti di sostanze stupefacenti.
La questione ha suscitato mille interrogativi. In primis, chi e da dove provengono gli
allestitori del rituale. Giovani lupatotini o zeviani? Oppure ancora persone venute da
chissà dove? «Abbiamo interpellato diversi giovani con cui siamo in contatto senza
rilevare alcunché. Ovviamente i frequentatori della parrocchia non rappresentano la
totalità, ma sono inseriti nel mondo della scuola, dello sport e del divertimento, settori
frequentati anche da chi in chiesa non viene», spiega don Lanfranco Magrinelli,
parroco di San Giovanni Lupatoto, la cui parrocchia include lo zeviano Pontoncello. Il
sacerdote è dunque propenso a escludere coinvolgimenti lupatotini. «Anche perché è
difficile immaginare che dei residenti si espongano a due passi da casa, pur essendo
quell’ansa dell’Adige piuttosto appartata».
Anche don Flavio Rolfi, parroco di Santa Maria, frazione zeviana confinante con
Pontoncello, è dell’idea che gli autori siano venuti da fuori. Dice: «Sono sereno: mai
avuto sentore di parrocchiani dediti alla celebrazione di riti strani. Ritengo che
l’allestimento in Adige sia una bravata di giovani senza spessore venuti da fuori, più
che una cosa seria. Niente di cui preoccuparsi. La nostra realtà giovanile e tranquilla»,
assicura.
Don Flavio è anche scettico sull’ipotesi del satanismo: «Non sono un esperto del
settore ma, stante alle foto pubblicate su L’Arena, mi sembra poco probabile che i
cultori del demonio limitino le loro espressioni a un cerchio di sassi e a quattro bastoni
messi in croce. Probabilmente a Pontoncello si è voluto inseguire il fascino del
proibito, la ricerca della trasgressione, ammesso che effettivamente si tratti di riti
satanici. Non vorrei si creasse un caso che magari non c’è».
L’allestimento rituale in golena era composto da un semicerchio in ciottoli con, da una
parte, un quadripiede formato da bastoni di legno conficcati sulla sabbia. Uno dei quali
terminava con una forma che richiamava la testa di un caprone, simbolo mefistofelico
assieme alla stella a cinque punte e al numero 666 tratto dal libro dell’Apocalisse.
All’interno del semicerchio, tra l’altro, una croce tracciata con sassolini.
«L’occultismo non si appalesa chiaramente, parla solo agli iniziati», precisa però don
Contri. Che aggiunge: «L’allestimento potrebbe essere stato teatro di una messa nera,
di solito celebrata tra incappucciati, con un ragazzina nuda che fa da altare con un
teschio sui genitali. Principio della messa nera è sconvolgere diametralmente la liturgia
cattolica: le lodi a Dio diventano lodi a satana, il vangelo è letto a rovescio, il pudore
diventa spudoratezza, il simbolo della croce è capovolto e altro ancora. A volte, in
questi riti, adulti considerati irreprensibili coinvolgono ragazzini. Gli ammessi devono
osservare il segreto assoluto sulla base di pesanti minacce».
Già, quello delle sette è un mondo sommerso, nascosto, vincolato da segretezza e
reciproche responsabilità. Un mondo che anche a Verona suscita l’attenzione di
psicologi, sociologi e forze dell’ordine. Si conterebbero sulle dita di una mano i gruppi
della nostra provincia dediti al satanismo. Come ricorda don Contri, ritrovamenti sulla
loro attività sono stati scoperti in una villa abbandonata di Bovolone, nel cimitero di
http://www.larena.it/ultima/oggi/provincia/Aaa.htm
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Roverchiara, a Fittà di Soave, al forte di Monte di Sant’Ambrogio. Un caso sospetto è
venuto alla luce anche a Montorio.
Piero Taddei
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