Sgrammaticando (1992, non pubblicato)

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Cattive parole
Sgrammaticando
Leggendo sul n. 1/92 di I & O le Cattive parole dedicate ai commenti al progetto di legge
per le minoranze linguistiche sotto il titolo “Il mio barbiere & oltre”, ho scoperto di avere
criticato un’affermazione di Gian Enrico Rusconi non solo per ciò che dice, ma per la forma
grammaticale: «“Un dialetto non si può insegnare non avendo regole precise”, incalza
(sgrammaticando) Gian Enrico Rusconi».
È stata per me una sorpresa, in primo luogo perché non ricordavo di avere scritto quello
sgrammaticando, che in effetti non compare nella mia copia dell’articolo e nella memoria del
mio computer; in secondo luogo, perché tuttora non vedevo in che cosa il Rusconi avesse
sgrammaticato. Forse, pensavo, poiché avevo talvolta lamentato qualche piccolo taglio apportato
ai miei testi per ragioni di spazio, ma anche con criteri selettivi, una imperscrutabile Provvidenza
mi aveva voluto risarcire arricchendo questa volta il testo di una frecciata. Alla sorpresa si
univano sottili problemi di identità: da una quinta dimensione un altro Adriano Colombo, ancor
più pignolo di quello che conosciamo, mi ammoniva circa un errore che avrei dovuto cogliere e
mi invitava ad approfondire le mie conoscenze grammaticali.
Messomi umilmente al lavoro, queste sono state le mie riflessioni. «Un dialetto non si
può insegnare non avendo regole precise»: non vedo altro possibile oggetto di censura
grammaticale che il rinvio tra il soggetto del gerundio (sottinteso, come di norma) e il suo
antecedente nella reggente. Dice una regola, soggetta peraltro a molte eccezioni, che il soggetto
sottinteso del gerundio deve coincidere (o meglio, essere coreferente) con quello della reggente.
Nella frase incriminata il soggetto sottinteso di avendo mi pare chiaramente identificabile
in “un dialetto”. Se alla reggente attribuiamo il soggetto impersonale si, allora la regola è violata;
ma mi sembra più ragionevole ritenere che il si sia usato in senso “passivante”, e in questo caso
un dialetto è soggetto del sintagma verbale può insegnare (cioè, “un dialetto non può essere
insegnato”). Infatti, se volgiamo al plurale il nome dobbiamo pluralizzare anche il verbo: “i
dialetti non si possono insegnare”; c’è quel vincolo di concordanza che è costitutivo della
funzione sintattica di soggetto.
A questo punto sorge un dubbio ulteriore: se il verbo reggente è passivo, il soggetto
sottinteso del gerundio deve coincidere col soggetto o con l’agente? Non mancano esempi,
perfettamente grammaticali, della seconda ipotesi, e il database del mio computer mi offre il
seguente, proprio col si passivante: «si sono prodotti testi scritti partendo da testi orali...» (M.P.
Bariggi, in Educazione linguistica, IRRSAE Emilia-Romagna 1989); il soggetto sottinteso di
partendo è l’agente, pure sottinteso, che ha prodotto i testi scritti. Se questo esempio è corretto,
sarebbe scorretta allora la frase di Rusconi?
Qui soccorre la fine analisi di Lidia Lonzi nel capitolo sul gerundio della Grande
grammatica italiana di consultazione, vol. II, Il Mulino 1991. Lonzi distingue tra gerundi “di
predicato” e gerundi “di frase”; i primi (strumentali, di maniera, temporali) si distinguono dai
secondi (causali, concessivi, ipotetici) tra l’altro per due proprietà: sono inclusi nella “portata”
della eventuale negazione del verbo reggente e in posizione normale non sono separati dalla
reggente con una pausa. L’esempio «Non è uscito sbattendo la porta», dove sbattendo è negato
quanto è uscito, e una virgola non sarebbe ammessa, illustra entrambe le caratteristiche. In «Non
è uscito, temendo il solleone» abbiamo invece un gerundio di frase (causale), che non è affetto
dalla negazione della reggente ed esige la virgola.
Pag 1 - Adriano Colombo  http://www.adrianocolombo.it
Una delle differenze sintattiche tra i due tipi riguarda appunto il caso di dipendenza da un
verbo passivo: i gerundi di predicato preferiscono rinviare all’agente, i gerundi di frase devono
rinviare al soggetto passivo, come mostrano gli esempi: «Giovanni è conteso da tutti, essendo un
parlatore straordinario»; ma «*Giovanni è conteso da tutti, apprezzando la sua conversazione».
Tornando alla frase incriminata, non avendo è un gerundio di frase con valore causale, e
correttamente sottintende un soggetto coreferente con quello del verbo passivo reggente. Certo,
in questo tipo è meglio porre una virgola tra frase reggente e subordinata gerundiva, e qui l’errore
c’è (se vogliamo chiamarlo così), ma è di chi ha citato e trascritto, cioè mio: nell’originale la
virgola c’era. Sarà questa svista che ha fatto giudicare la frase sgrammaticata?
Una preghiera, in conclusione, al direttore di questa rivista: se incontra l’altro Adriano
Colombo, gli dica da parte mia che gli sono grato per avermi spinto a una piccola indagine, ma
amerei che fossimo più cauti e più elastici nell’esprimere apprezzamenti grammaticali, specie se
estranei all’oggetto del contendere.
(1992. Rifiutato dal direttore della rivista; la rubrica Cattive parole si interruppe)
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