L'UNIVERSO DELLA RADIOASTRONOMIA Tiziana Venturi Istituto di Radioastronomia Esistono fenomeni astrofisici invisibili all'occhio umano e non rivelabili con i telescopi ottici, che si manifestano nella banda di frequenza delle onde radio. La radioastronomia si occupa dello studio di questi fenomeni, che possono verificarsi nelle stelle, in galassie come la nostra e in galassie molto più attive, note come Nuclei Galattici Attivi (AGN). Inoltre fenomeni radio possono interessare regioni molto grandi dello spazio, quali ad esempio gli ammassi di galassie, le cui dimensioni possono essere dell'ordine del milione di anni luce, che con unità di misura più familiari agli astronomi corrisponderebbero a dimensioni lineari dell'ordine del megaparsec. Ciò che causa radioemissione nella banda compresa tra alcune decine di MHz e alcune centinaia di GHz, è un processo non termico chiamato "sincrotrone". Il meccanismo di sincrotrone è possibile grazie alla presenza di elettroni caratterizzati da velocità assai prossime a quelle della luce (si parla di elettroni "relativistici'') in un campo magnetico. Gli elettroni, spiraleggiando attorno alle linee di forza del campo magnetico, perdono pian piano la loro energia per irraggiamento, che nelle condizioni astrofisiche tipiche avviene proprio nella banda radio. Gli ingredienti fondamentali per avere radioemissione da parte di oggetti astronomici sono dunque elettroni relativistici e campo magnetico. La radioastronomia offre vantaggi e svantaggi per l'osservazione. L'atmosfera terrestre è sostanzialmente trasparente nella banda radio, il che significa che le osservazioni radio possono essere effettuate da terra senza che il segnale venga assorbito o degradato nel passaggio attraverso l'atmosfera, e questo è indubbiamente un vantaggio. D'altro canto però, la lunghezza d'onda delle onde radio, che va tipicamente dal centinaio di metri alla frazione del centimetro, è tale da richiedere la costruzione di strumenti di grande diametro per poter avere un potere risolutivo Figuara 1: Sequenza di immagini ottenute con il VLBI, dell'esplosione della supernova 1993J. La supernova 1993J è esplosa nella galassia M31 il 28/3/1993. Non si sa con certezza quale sia stata la stella progenitrice, ma si pensa possa essere stata una stella con massa 15 volte maggiore della massa solare appartenente ad un sistema binario, oppure una stella supergigante con massa di circa 30 volte la massa solare. Subito dopo l'esplosione è iniziata un'intensa campagna osservativa a diverse frequenze ed effettuata con il VLBI, allo scopo di seguire l'evoluzione del materiale espulso durante la violentissima esplosione. Una sorgente di onde piccolissima si è progressivamente espansa, formando una struttura ad anello, che continua nella propria espansione con velocità decelerata. Si pensa che, dopo circa 7 anni dall'esplosione, il resto di supernova abbia completato la prima fase di espansione. L'osservazione e studio di questo oggetto rappresenta una occasione unica per studiare fin dalle origini un resto di supernova, fornendo così supporto sperimentale alle teorie correnti sulla formazione dei resti di supernova. sufficiente da capire da dove viene la radioemissione confrontando le immagini radio con le lastre ottiche. Resoconto, Porte Aperte sulla Ricerca: Universo 2000 (a cura di B. Gualandi e C. Melis) Area della Ricerca del C.N.R., Bologna, Dicembre 2000 34 Il potere risolutivo è infatti proporzionale al rapporto tra la lunghezza d'onda di osservazione e il diametro del telescopio con cui si osserva. Considerando che una tipica lunghezza d'onda radio è di oltre 5 ordini di grandezza maggiore di una tipica ottica, ne consegue che per osservare il cielo radio con un dettaglio confrontabile a quello di una lastra fotografica sarebbero necessari radiotelescopi col diametro di svariate decine di km. Questa penalizzazione ha dato l'impulso a sviluppare un sistema di osservazione basato sul principio dell'interferometria e sulla rotazione terrestre, in modo tale che diversi telescopi che osservano per un certo intervallo di tempo la stessa sorgente sono in grado di simulare un radiotelescopio di diametro equivalente alla separazione tra le singole antenne. Attualmente esistono al mondo alcuni interferometri, i cui elementi connessi possono dare luogo alla combinazione immediata del segnale proveniente dallo spazio. Alcuni tra i più famosi interferometri sono il Very Large Array (New Mexico, USA), costituito da 27 antenne di 25 m. di diametro disposte su tre rotaie a Y; il Westerbork Synthesis Radio Telescope (Westerbork, Olanda), costituito da 14 antenne di 25 m. di diametro allineate in est-ovest; l'Australia Telescope Compact Array (Narrabri, Australia), composto da 6 antenne di 22 m. di diametro anch'esse allineate in est-ovest; e infine sarà di prossimo utilizzo il Giant Meter Radio Telescope (Pune, India), formato da 27 antenne di 45 m. di diametro, che lavorerà a basse lunghezze d'onda. Superando moltissime difficoltà tecnologiche, è poi possibile osservare lo stesso oggetto con antenne non connesse tra loro, registrando il segnale su appositi supporti e combinandolo successivamente. Si parla di Interferometria a Lunghissima Base (VLBI), una tecnica di osservazione che permette di raggiungere risoluzioni angolari (e lineari) talmente elevate da poter andare a studiare in grandissimo dettaglio oggetti vicini e di andare a "spiare" cosa succede nelle regioni più centrali dei nuclei galattici attivi, per capire l'origine dell'enorme quantitativo di energia che viene rilasciato sotto forma di radioemissione. Molte antenne radioastronomiche sono coinvolte in osservazioni VLBI. Una decina si trovano in Europa (due in Italia) e in Cina, e formano l'European VLBI Network (EVN), altre dieci si trovano negli Stati Uniti e formano il Very Long Baseline Array, ed alcune altre sono situate in Russia, Giappone ed Australia. Figura 2: Composizione di immagini della radiogalassia associata ad M87, l'oggetto dominante l'ammasso di galassie della Vergine. Questo oggetto è estremamente peculiare per molti motivi. Innanzi tutto è una delle poche galassie a possedere un getto ottico. A bassa frequenza la sorgente è caratterizzata da un alone di radioemissione molto esteso, la cui origine ancora non è chiara. Aumentando la risoluzione in modo da renderla confrontabile con le immagini ottiche, si osserva un getto radio coincidente anche nei minimi dettagli con il getto ottico; dunque la sorgente è fortemente asimmetrica, e questo fa pensare che effetti di favoritismo relativistico giochino un grosso ruolo su come la sorgente appare all'osservatore. Osservazioni VLBI ad altissima risoluzione lineare mostrano la regione più vicina al nucleo della galassia. Qui si ritiene risieda un buco nero, che sta accrescendo materiale dall'ambiente circostante e che manifesta la propria esistenza riprocessando il materiale accresciuto sotto forma di getto relativistico. Resoconto, Porte Aperte sulla Ricerca: Universo 2000 (a cura di B. Gualandi e C. Melis) Area della Ricerca del C.N.R., Bologna, Dicembre 2000 35