Andrea Pagani: Qualsiasi successo, grande o piccolo che
sia è sempre una spinta ad andare avanti e credere in sé
stessi. Bisogna sempre continuare a sognare. Philippe
Petit ci insegna che nulla è impossibile e : “I limiti
esistono solo nell’ anima di chi è a corto di sogni”
13/02/2016
UnfoldingRoma incontra Andrea Pagani pianista, tastierista, compositore, arrangiatore. Vanta numerose collaborazioni con artisti
italiani ed internazionali come Roberto Ciotti, Enrico Montesano, Acustimantico, Frank Catalano, Enzo Scoppa, Massimo Moriconi,
Francesca De Fazi, Randy Roberts, Claudia Marss, U.S.Z., Blue Joshua Band, José Martillotta, Joe De Vecchis, con i quali ha
inciso dischi e partecipato ai più importanti Festival italiani ed internazionali.
Come è nato e a che età ha scoperto il suo amore per la musica? Quale è stato il suo primo strumento?
L’amore per la musica è nato a 15 anni, per caso. Ancora non so perché, fino a quel periodo la musica mi era indifferente.Un
organo Bontempi dal suono orrendo, regalo di qualche Natale passato. Poi però mi regalarono una tastiera piùmoderna, con i tasti
piccoli fino a che finalmente scoprii il pianoforte, uno strumento vero, che con un unico suono ti dà la possibilità di creare infiniti
colori e dinamiche e a tutt’oggi, ancora non mi ha stancato.
Qual è stato il primo artista che ha ascoltato? Chi sono stati i suoi maestri e da chi ha più appreso?
Prima di innamorarmi del Jazz ascoltavo i cantautori italiani, il mio preferito era Lucio Dalla, un genio, poi Battisti, altro genio.
Cominciai ad avvicinarmi allo swing ascoltando Sergio Caputo, divertentissimo! In seguito mi si aprì il mondo dei grandi jazzisti
americani, in particolare i pianisti, Bill Evans, Oscar Peterson e Horace Silver.
A cosa ha dovuto rinunciare per avere i riconoscimenti raccolti? Quanto ha dovuto studiare?
C’è stato un periodo, verso i 20 anni, in cui , per recuperare il tempo perduto mi imposi di studiare molte ore al giorno, con una
buona costanza. Ecco, forse quel periodo rinunciai ai divertimenti soliti di un ventenne, anche se quei divertimenti li ho recuperati
più tardi.
Quale è il suo genere preferito?
Ascolto tante cose, ma amo suonare il Jazz. E’ la musica più libera e imprevedibile di tutte, non è mai uguale a sé stessa e risente
sempre delle emozioni del momento. Ovviamente deve essere fatta col cuore, altrimenti rimane un freddo esperimento tecnico.
La musica classica cosa rappresenta per lei? Chi l'ha maggiormente influenzata?
La musica classica è il contrario del Jazz. Viene composta e orchestrata per rimanere tale, al di fuori delle piccole variazioni di chi
la suona ed interpreta, che la rendono grande o banale, a seconda dei casi. Mi piace molto la potenza dell’ orchestra, e adoro
l’800 e il 900, dallo struggimento di Beethoven, alle atmosfere idilliache e impressioniste di Debussy e Ravel. Ultimamente ho
scoperto John Adams, compositore minimalista che mi affascina molto.
La sua formazione è stata arricchita dal jazz? Perché?
Mi colpì il calore e la pulsazione ritmica “dondolante” del Jazz. Non a caso “Swing” significa “Dondolare”, e quando si ascolta o si
suona swing che ha verve ed energia, si è coinvolti in un loop ritmico che ti fa muovere il corpo, ti prende a livello fisico, ti fa
battere il piede. Ci sono due approcci alla musica: quello intellettuale e quello fisico. Il secondo è alla portata di tutti, non c’è filtro. Il
ritmo è il coinvolgimento primordiale, arriva a chiunque, penso alle danze tribali, che sono sinonimo di festa, di gioia, di emozioni
positive.
Ha suonato in tantissimi festival in tutta Europa, sono ancora attuali ed affascinanti come un tempo?
C’è sempre una grossa realtà in Europa e nel mondo di Festival e manifestazioni dedicate al Jazz, per fortuna. Sono stato da poco
in Uganda e in Polonia, e devo dire che all’estero c’è molta più curiosità e rispetto per il Jazz che in Italia. Qui la curiosità verso la
musica e l’arte è morta, la gente percepisce queste cose come dei passatempi occasionali. A New York ho visto che in metro tutti
ascoltavano musica in cuffia, di tutti i tipi. Lì la musica è una cosa vitale, aiuta a vivere meglio e ha la sua importanza. E la figura
del musicista è vista con ammirazione e attenzione.
In cosa differisce il Blues dal Jazz?
Il Jazz è figlio del Blues, come il Rock. Il Blues nasce come espressione degli schiavi afroamericani in America, espressione
semplice, di chi non conosceva la musica, ma tirava comunque fuori la propria anima. Con i decenni il Blues ha contaminato ogni
tipo di musica, anche la classica, come ad esempio la celebre” Rapsodia in Blue” di George Gershwin.
Ha mai composto musica per progetti cinematografici e teatrali?
Si, ho scritto musiche per cortometraggi, come “Una rosa prego” di Vincenzo Marra e “Gix” di Monica Zullo, poi ho arrangiato e
suonato per vari spettacoli teatrali, tra cui “Em” con gli “Acustimantico” all’ ”Auditorium Parco della musica di Roma”.
Ma lo spettacolo teatrale a cui tengo di più è il mio nuovo progetto “Viaggio sul filo”, tratto dal mio ultimo disco di Piano solo
“Petit(e) suite pour Philippe”. E’ una fantastica storia dedicata al noto funambolo francese Philippe Petit, personaggio d’ispirazione
e grande motivatore. Un Emozionante racconto con musica e immagini.
“For the sea”, il suo primo album da solista, con collaborazioni illustri tra cui Roberto Ciotti, Claudia Marss, Massimo
Moriconi e la Blue Joshua Band. Cosa ha rappresentato per lei?
Il primo disco da solista è sempre un’occasione importante. Ho scelto di invitare tanti amici e ospiti perché potessero condividere
con me il mio primo passo discografico. Mi piaceva l’idea di dare un immagine più eclettica della mia musica e del mio modo di
suonare. A me piacciono tante cose, lo swing, il funky, il latin, le big band, gli archi. E così è stato: una festa tra amici che hanno
contribuito a colorare la mia musica. E vi confesso che ad ascoltarlo oggi, dopo più di dieci anni, ancora mi piace!
Con “Le storie d'amore”, nel 2007, ha vinto il “Gold Disc Award”, premio della critica della rivista nipponica “Swing
Journal”. Quanto è importante per un’ artista ricevere un riconoscimento da personalità specializzate nel settore?
E’ stata una bella soddisfazione. Lo “Swing Journal” è la bibbia del Jazz giapponese e aver vinto il premio del disco del mese mi
ha riempito d’orgoglio. “Le storie d’amore” è stata una bella avventura, condivisa in trio con Massimo Moriconi e Alfredo Romeo.
Makoto Kimata, produttore che ha creduto molto in lei, tanto da appoggiarla anche nel progetto “Andrea Pagani Plays
Puccini”, omaggio in Jazz per i 150 dalla nascita dell'artista. Cosa si prova nel raggiungere più di 5000 persone con
un'opera musicale?
Makoto Kimata è un famoso produttore, ha realizzato centinaia di dischi con i migliori jazzisti del mondo, tanto per citarne alcuni,
Mc Coy Tyner, Chet Baker, Art Blakey. Il solo fatto che mi avesse scelto per realizzare un disco per il mercato giapponese fu un
grande onore per me. Dopo “Le storie d’amore” registrammo il disco su Puccini, in quartetto, col bravissimo Marco Pacassoni al
vibrafono. Non fu facile rendere Jazzistico Puccini, ma il risultato degli arrangiamenti e dell’ interpretazione fu buono e molto
apprezzato. In totale i due dischi raggiunsero le 5000 copie di vendita e successivamente uscirono alcune compilations con dei
brani dei dischi.
Lei ha scritto per vari musicisti, Cyrus Chestnut nel disco “ Black Nile” interpreta il suo “A tear on my chest”. Le è
piaciuta la sua interpretazione o l'avrebbe fatta diversamente?
Si, il brano era piaciuto talmente tanto a Kimata che mi chiese lo spartito e successivamente lo fece registrare a Cyrus. Quando mi
arrivò il disco dal Giappone ero molto curioso. Il disco era in trio ma Cyrus lo incise da solo al pianoforte, ne rimasi sorpreso e fui
felice di sentire la sua bellissima interpretazione, mi piacque molto. E’ sempre affascinante sentire una propria composizione
suonata da altri.
Ho letto di un documentario che si intitola “Strike a pose”, diretto da Reijer Zwaan ed Ester Gould, sarà presentato il 15
febbraio al festival di Berlino. Parla di 6 ballerini che lavorando con la cantante Madonna vissero in una bolla, in seguito
però dovettero lottare contro alcolismo, malattie, delusioni professionali. Questo nuovo film mostra come ci si reinventa
dopo che i riflettori si sono spenti, i suoi successi attuali sono anche rivincite per chi ha dovuto ricredersi su di lei?
Qualsiasi successo, grande o piccolo che sia è sempre una spinta ad andare avanti e credere in sé stessi. Bisogna sempre
continuare a sognare. Philippe Petit ci insegna che nulla è impossibile e : “I limiti esistono solo nell’ anima di chi è a corto di sogni”
Chi è stato il primo a credere nelle sue possibilità?
All’inizio è stata dura, non vengo da una famiglia di musicisti e la passione che mi scoppiò d’improvviso per la musica sembrava
un capriccio. Molti mi dicevano : “Ma dai, cercati un lavoro serio!” . Poi con gli anni le stesse persone si sono ricredute e hanno
cominciato anche a sostenermi. Penso che il primo a credere in me veramente sia stato proprio Makoto Kimata, e me lo ha
dimostrato concretamente.
Quale il brano che incarna il successo di questi anni?
Penso sia “La passeggiata”, dal disco “Petit(e) suite pour Philippe”, rappresenta proprio l’essenza di questo mio cammino artistico.
Un cammino sul filo.
Lei è romano, cosa pensa della situazione attuale della nostra città? Cosa cambierebbe?
Roma ha il grande pregio di accogliere tutti, senza pregiudizi. Per questo vengono tutti qui. Ma non sono affatto contento della
piega che sta prendendo, il lassismo, la corruzione dilagano. Per non parlare del settore arte e cultura. Una città-museo a cielo
aperto, un patrimonio artistico invidiato da tutto il mondo potrebbe andare avanti solo investendo su questo. All’estero riescono ad
inventarsi luoghi d’attrazione sul nulla, semplicemente creando interesse. Invece per i romani il Colosseo è diventato uno
spartitraffico. Ci venderemo anche questo.
Rita Dalla Chiesa ''non mi candido più a sindaco di Roma, non ci si butta a casaccio in un impegno più grande di noi'' ennesima pessima figura della Meloni, tra ritiri, veti, marce su Roma e molti passi indietro. Che idea ha della politica di
questa città? Vale ancora quel detto che gli artisti siano di una sola parte politica ?
L’idea che ho della politica romana e italiana è pessima. Se non si ricomincia a pensare all’onestà come il valore base per una
buona società si continuerà ad essere governati da persone avide solo di potere e denaro, che tutto fanno, tranne pensare al bene
comune. Io toglierei tutti i privilegi e fisserei lo stipendio dei politici a 1000 euro. Voglio vedere chi si candida poi... Per quanto
riguarda la parte politica degli artisti, non ho mai creduto all’impegno di tanti artisti, è sempre stata un’ utilità. Anche perché ritengo
che l’arte non debba essere politicizzata, deve essere per tutti, deve aiutare ad unire, non a dividere.
Il governo non sovvenziona le Arti, come si può ovviare a questo problema?
Purtroppo l’arte è considerata una cosa che non fa fare soldi, quindi inutile al mondo consumistico. Finchè le nostre esimie teste
elette la penseranno così, saremo costretti ad investire privatamente.
Consiglierebbe ad un giovane di coltivare la sua vena artistica?
Certo. Bisogna seguire la propria natura, essere sempre sé stessi. Ma per avere la forza di continuare ci vuole una passione vera,
profonda, una ragione di vita.
Creatività, immaginazione e a volte anche solitudine, sono spesso le cause che portano moltissimi bambini a crearsi
degli amici di fantasia ed è con loro che parlano, giocano e condividono emozioni e paure, spiazzando spesso i genitori.
Le piacerebbe creare una composizione dai pensieri dei bambini più piccoli? Crede ancora che esista un'innocenza
nell'infanzia tecnologica in cui stanno crescendo?
Si, spesso sono colpito dalle frasi dei bambini. Sono molto più diretti e sintetici di noi, vanno al dunque, proprio perché non hanno
ancora nella testa tutto quel caos che hanno gli adulti. Un po’ di innocenza si è persa purtroppo, la tecnologia sta togliendo tutta la
fantasia e l’immaginazione. Ma nonostante il progresso penso che l’uomo rimanga sempre l’uomo, nel bene e nel male.
“Tu chiamale, se vuoi, emozioni”, il Presidente della repubblica Mattarella ha nominato Mogol Commendatore. Dal livello
della cultura popolare dipende il livello delle persone e questo non è stato ancora capito, che idea ha dei grandi parolieri
del passato ?
Oggi ci sono sempre meno autori, o forse ci sono, ma nessuno li cerca. Penso che dall’epoca dei cantautori questa figura abbia
cominciato a vacillare e la tendenza qui in Italia è sempre più quella del fare tutto da solo. Oggi si diventa registi, scrittori, cantanti,
basta avere successo e ti si aprono le porte dello spettacolo, non considerando spesso che si fanno prodotti mediocri e anche
inutili. Una volta un regista mi disse :” Cary Grant non si è mai sognato di fare il regista!”. Ecco, questo sintetizzava l’importanza
del professionismo e dei ruoli in America.
San Remo cosa ne pensa? Ha ancora senso un festival della musica italiana in un mondo globalizzato?
Beh, è una tradizione ormai! Un grande business, l’evento mediatico della Rai, un contenitore di sponsor e personaggi dello
spettacolo. In tutto questo le canzoni passano in secondo piano e nessuno si ricorda mai del vincitore. Sono lontani i tempi di
Modugno e delle belle canzoni, oggi non rimane quasi nulla, si brucia subito la mediocrità e la vuotezza dei prodotti che ci
sfornano al Festival dei Fiori.
Prossimi progetti?
Adesso sono molto concentrato sul mio spettacolo teatrale “Viaggio sul filo”, che presenterò in vari teatri e Festival nei prossimi
mesi. La regia è di Andrea Anconetani e con me sul palco c’è l’attore Moreno Strappato, voce narrante. Abbiamo organizzato un’
anteprima privata a Roma per la stampa e ha riscosso grandi consensi. E’ una storia incredibile, che lascia allo spettatore un forte
messaggio ottimistico e positivo.
Partecipazioni:
"Pistoia Blues" (2000), "Jazz & Image" a Villa Celimontana, Roma (4 edizioni, 2000/2003), "Umbria Jazz Winter"(2001/02),
"Philips Dubai Jazz Festival"(Emirati Arabi-2003), "Jazz Tage Lichtensteig" (Svizzera-2003), "Isola Liri Blues"(2004), "Nokia Abu
Dhabi Jazz Festival" (Emirati Arabi-2006), "Roma incontra il mondo-Villa Ada (Roma 2006/2007), "Out of the Blue's Festival"
(Samedan, Svizzera - 2007), "Stadio della Pallacorda" (Roma, 2008) “FestambienteSud” (2008), “Notti d’estate a Castel S.Angelo,
“Auditorium Ara Pacis”( Roma 2012), Kampala (Uganda) “Settimana della lingua e cultura italiana” (2008 e 2015), Cracovia
(Polonia, 2016).
Discografia: Ha al suo attivo cinque dischi da solista, “FOR THE SEA”(2007), “LE STORIE D’AMORE”(Pony Canyon, 2007) con il
quale ha vinto il “Gold Disc Award” della rivista giapponese “Swing Journal”, "ANDREA PAGANI PLAYS PUCCINI" (Mojo Records,
2008), prodotto come il precedente da Makoto Kimata (già produttore di McCoy Tyner, Kenny Drew, Chet Baker e altri musicisti di
fama internazionale),“BRAVI BRAVI, MA CE L’AVETE UNA CANTANTE?”(Zone di Musica,2012) e “PETIT(e) SUITE POUR
PHILIPPE” (Filibusta Records, 2015). E’ presente nel cd “OTOKO NO KAKUREGA JAZZ COMPILATION:LOVE” (2008) accanto a
jazzisti come Pharoah Sanders, Hank Jones, Gary Burton,Lew Soloff, Mal Waldron. Il suo brano “A tear on my chest” è stato
inciso dal pianista americano Cyrus Chestnut, nel cd “BLACK NILE”(M&I, 2008) con Buster Williams al contrabbasso e Al Foster
alla batteria.
info: www.andreapagani.it
www.facebook.com/andreapaganitrio
di Stefano Boccia per UnfoldingRoma