12 mm PANTONE PROCESS BLU CV ISLE Rassegna Parlamentare 4 2014 Ottobre/Dicembre ISSN 0486-0373 Rivista trimestrale Rassegna Parlamentare 3 1 2 4 2014 Ottobre/Dicembre Anno LVI Jovene editore 2ª COPERTINA 12 mm 3ª COPERTINA La Direzione e la Redazione della rivista sono presso l’ISLE - via del Corso, 267 00186 Roma - tel. 06/6795142 - fax 06/6793449. E-mail: [email protected] Sito web: www.isle.it. A questo indirizzo devono essere inviati i manoscritti, le bozze corrette, i cambi, i libri per recensione, ecc. La responsabilità delle opinioni espresse negli articoli firmati è assunta esclusivamente dagli Autori. La Rivista pubblica solo su invito. I manoscritti, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. La Direzione, se richiesta, potrà autorizzare la riproduzione di alcuni scritti pubblicati nella Rassegna Parlamentare. La Direzione si riserva di pubblicare, nel corso dell’anno, un numero doppio, qualora ciò sia necessario per esigenze redazionali o tipografiche. L’Amministrazione è presso la Casa Editrice Dott. Eugenio Jovene s.r.l., via Mezzocannone, 109 - 80134 Napoli - tel. 081/5521019-5521274-5523471 - fax 081/5520687. E-mail: [email protected] - www.jovene.it. Pubblicità: Casa Editrice Dott. Eugenio Jovene s.r.l., via Mezzocannone, 109 - 80134 Napoli - tel. 081/5521019-5521274-5523471 - fax 081/5520687 - [email protected] www.jovene.it. CONDIZIONI DI ABBONAMENTO PER IL 2013: • Unione europea: € 80,00 - Paesi extra Unione europea: € 120,00; • prezzo di un singolo numero: € 25,00 (Extra U.E.: € 35,00). Le annate arretrate sono disponibili al prezzo di € 120,00. L’abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri relativi all’annata, compresi quelli già pubblicati. IL PAGAMENTO PUÒ EFFETTUARSI DIRETTAMENTE ALL’EDITORE: • con versamento sull’IBAN: IT62G0307502200CC8500241520, indicando chiaramente gli estremi dell’abbonamento; • a ricezione fattura; • on line collegandosi al sito dell’Editore: www.jovene.it. Al fine di assicurare la continuità dell’invio dei fascicoli gli abbonamenti si intendono rinnovati per l’anno successivo se non disdettati con – apposita segnalazione – entro la scadenza. Il rinnovo dell’abbonamento deve essere effettuato entro il 31 marzo di ciascun anno. I fascicoli non pervenuti all’abbonato devono essere reclamati al ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine si spediscono, se disponibili, contro rimessa dell’importo. Le comunicazioni in merito a mutamenti di indirizzo vanno indirizzate all’Editore. Per ogni effetto l’abbonato elegge domicilio presso la Casa Editrice Dott. Eugenio Jovene s.r.l., via Mezzocannone, 109 - 80134 Napoli. I contributi pubblicati in questa rivista potranno essere riprodotti dall’Editore su altre proprie pubblicazioni, in qualunque forma. Registrazione presso il Tribunale di Roma al n. 6607 del 5 dicembre 1958. R.O.C. n. 6569 (già RNS n. 23 vol. 1 foglio 177 del 2/7/1982). Direttore responsabile: GIOVANNI PIERACCINI. Pubblicità inferiore al 45%. Finito di stampare nel gennaio 2015 da Ink Print Service - Napoli. Direttore Silvio Traversa Direttore Responsabile Giovanni Pieraccini Comitato di Direzione Michele Ainis (Condirettore) - Tommaso Edoardo Frosini Vincenzo Lippolis Comitato Scientifico Giuliano Amato - Paolo Armaroli - Antonio Baldassarre Augusto Barbera - Sabino Cassese - Enzo Cheli - Stefano Maria Cicconetti - Benedetto Conforti - Antonio D’Atena Giuseppe De Vergottini - Gianni Ferrara - Domenico Fisichella - Giovanni Grottanelli De’ Santi - Giuseppe Guarino - Fulco Lanchester - Anne-Marie Le Pourhiet - Peter Leyland - Franco Modugno - Nicola Occhiocupo - Valerio Onida - Mario Patrono - Otto Pfersmann - Gaetano Silvestri Ignacio Torres Muro - Giuliano Urbani Comitato di Redazione Luigi Ciaurro - Mario Fiorillo - Nicola Lupo - Giovanni Orsini Lucia Pagano - Guglielmo Romano - Maria Spinelli Federico Silvio Toniato Segretaria di Redazione Maribella Fauzzi ISTITUTO PER LA DOCUMENTAZIONE E GLI STUDI LEGISLATIVI Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica UFFICIO DI PRESIDENZA Presidente Onorario Giovanni Pieraccini Presidente Augusto Barbera Vicepresidenti In rappresentanza dei Soci ordinari: In rappresentanza dei Soci collettivi: Donato Bruno Francesco D’Onofrio Giuseppe Mazzei Segretario Generale Silvio Traversa Consiglio Direttivo Augusto Barbera A.B.I. Antonio Patuelli Donato Bruno ASSOGESTIONI Giordano Lombardo Francesco D’Onofrio CASA EDITRICE DOTT. EUGENIO JOVENE S.R.L. Alessandro Rossi Gaetano Gifuni ENEL Giuseppe Guarino FONDAZIONE VIGAMUS Raoul Carbone Oliviero Bianchi Vincenzo Lippolis Donato Marra GRUPPO FERROVIE DELLO STATO IL CHIOSTRO Giovanni Pieraccini Giuseppe Mazzei Massimo Scioscioli POSTE ITALIANE S.P.A. Elisabetta Serafin Gaetano Blandini Paolo Agoglia SIAE Silvio Traversa TELECOM ITALIA Ugo Zampetti UNICREDIT Tesoriere Massimo Scioscioli Revisori dei Conti Gaetano De Vito - Sebastiano Piana - Gianluca Sposato INDICE ottobre-dicembre 2014 SAGGI TOMMASO EDOARDO FROSINI - EDOARDO C. RAFFIOTTA, Stato costituzionale e governo dell’economia ........................... ANTONIO D’ALOIA, Dai voti ai seggi. Limiti costituzionali alla distorsione della rappresentanza elettorale .............. GINEVRA CERRINA FERONI, La selezione dei candidati alle elezioni: il “giardino (sempre meno) segreto della politica” SILVIA SILVERIO, La consuetudine nella giurisprudenza costituzionale .......................................................................... p. 779 » 813 » 843 » 863 OSSERVATORIO PARLAMENTARE a cura di VINCENZO LIPPOLIS e MICHELA MANETTI LUIGI CIAURRO, L’ordine del giorno preliminare in sede referente ................................................................................. » 895 OSSERVATORIO PARLAMENTARE COMPARATO a cura di TOMMASO EDOARDO FROSINI GIAMMARIA MILANI - TANIA ABBIATE, Giurisprudenze costituzionali e sistemi elettorali: la sentenza n. 1/2014 della Corte costituzionale italiana in prospettiva comparata ... » 913 TEORIA E TECNICA DELLA LEGISLAZIONE a cura di MICHELE AINIS ISLE - SCUOLA DI SCIENZA E TECNICA DELLA LEGISLAZIONE «MARIO D’ANTONIO», Esercitazione degli allievi del XXVI Corso della Scuola di scienza e tecnica della legislazione .......................................................................... » 937 776 INDICE GIUSEPPE UGO RESCIGNO, Sulla diagrammazione a blocchi di un progetto di legge ......................................................... p. 939 RECENSIONI GIOVANNI SAVINI, L’attività legislativa tra parlamento e governo: continuità e innovazioni nell’esperienza del governo Monti (G.M. SALERNO) ......................................... » 967 Elenco collaboratori ................................................................ » 971 Indice generale 2014 .............................................................. » 973 I contributi proposti per la pubblicazione su questa Rivista sono esaminati in via preliminare dalla Direzione anche per stabilirne la congruità tematica. I Saggi sono poi sottoposti a valutazione da parte di un Comitato di revisori esterno. Le note destinate alle varie rubriche sono soggette a valutazione da parte di revisori interni, oltre che dei responsabili delle rubriche. STATO COSTITUZIONALE E GOVERNO DELL’ECONOMIA di TOMMASO EDOARDO FROSINI - EDOARDO C. RAFFIOTTA* SOMMARIO: 1. L’economia e il suo impatto sulla forma di Stato. – 2. Gli effetti economici della UE sulle carte costituzionali. – 3. «Costituzione economica» e governo dell’economia in Italia. – 3.1. Il «modello conteso»: l’economia nei lavori della Costituente. – 3.2. L’avvento dell’Unione europea e la «nuova costituzione economica». – 3.3. Le riforme mancate e quelle «imposte», tra crisi economica e globalizzazione. – 4. Da Weimar al Grundgesetz, disciplina e governo dell’economia nel Diritto costituzionale tedesco. – 4.1. Weimar e il problema della «costituzione economica». – 4.2. Il Grundgesetz e l’assenza di modello economico. – 4.3. Il processo di unificazione e la prima convergenza con la «costituzione economica» europea. – 4.4. Le Föderalismusreformen e le nuove regole di governo dell’economia tra continuità e processo di integrazione europea. 1. L’economia e il suo impatto sulla forma di Stato Mutuando un famoso brocardo – ubi societas ibi ius – si può dire, oggi più di ieri, che “dove c’è economia c’è diritto e dove c’è diritto c’è economia”. I due settori portanti dell’organizzazione di una società si sono venuti sempre più a intrecciare l’uno nell’altro (anche negli studi: Law and Economics1). Salvo che, a seconda dei periodi storici, può essere il diritto a regolare l’economia ovvero l’economia a imporre le scelte giuridiche. È questo * Il lavoro è frutto della collaborazione fra i due autori, tuttavia si devono a Tommaso Edoardo Frosini la redazione dei paragrafi 1 e 2 e a Edoardo C. Raffiotta i paragrafi 3 e 4. Verrà pubblicato nel volume Diritto ed economia dei mercati, a cura di G. Lemme. 1 A partire dai pionieristici lavori di R.A. POSNER, Economic Analysis of Law, 3ª ed., Little, Brown, Boston, 1986. 780 TOMMASO EDOARDO FROSINI - EDOARDO C. RAFFIOTTA il tema dell’ordine giuridico del mercato2, che dovrebbe corrispondere all’ordine economico: pertanto il mercato, come incontro di scelte, non dovrebbe essere concepibile senza il diritto, come incontro di pretese. Sullo sfondo vi è il non risolto interrogativo: il mercato, ovvero l’economia “materiale”, è governata da principi discrezionalmente imposti dal legislatore, oppure è quest’ultimo che deve finire con l’agire entro limiti derivanti dai principi posti dall’economia? Intorno a questa domanda si possono però sviluppare ragionamenti diversificati a seconda delle fonti. E quindi, la possibile tensione fra economia e diritto si può venire a manifestare attraverso i provvedimenti di natura legislativa che Parlamento e Governo pongono in essere. Attraverso i quali il legislatore anticipa scelte di indirizzo economico, ovvero si limita a recepire e normare quanto già prodotto dal mercato economico. Si pensi poi, in particolare, a periodi caratterizzati dalla c.d. crisi economica, che impongono misure d’urgenza, adottabili con provvedimenti legislativi, con lo scopo di arginare gli effetti negativi della crisi. E quindi, una produzione legislativa tutta protesa a normare azioni e strategie per fronteggiare l’emergenza economica (e finanziaria)3. Anche se proprio le (recenti) crisi economico-finanziarie fanno emergere la consapevolezza che la globalizzazione dell’economia richiede una disciplina giuridica pubblica anch’essa globale, e quindi regole di diritto certe e controlli severi sul loro rispetto4. Le crisi, al di là delle problematiche da cui scatenano, non si possono più affrontare solo con misure di carattere meramente economico e nemmeno con misure solo interne ai singoli Stati per il tramite di provvedimenti legislativi. La na2 Come titola un suo libretto Natalino Irti (ed. Laterza, Roma-Bari 1998), che ha suscitato un interessante dibattito, pubblicato nel volumetto: AA.VV., Il dibattito sull’ordine giuridico del mercato, ed. Laterza, Roma-Bari 1999. 3 Sulla questione della crisi economica e le risposte giuridiche, v. ora il vol. Crisi economico-finanziaria e intervento dello Stato. Modelli comparati e prospettive, a cura di G. Cerrina Feroni e G.F. Ferrari, Giappichelli, Torino 2012. 4 In chiave globale e sulle ricadute in punto di assetto costituzionale, v. il vol. Constitutions in the Global Financial Crisis. A Comparative Analysis, a cura di X. Contiades, Ashgate, Surrey 2013. LA SELEZIONE DEI CANDIDATI ALLE ELEZIONI: IL «GIARDINO (SEMPRE MENO) SEGRETO DELLA POLITICA» di GINEVRA CERRINA FERONI SOMMARIO: 1. La selezione dei candidati alle elezioni ha natura anche pubblicistica. – 2. L’incandidabilità introdotta per legge, ovvero il fallimento della autoregolazione della politica. – 3. Strumenti per selezionare i candidati: la diffusione delle elezioni primarie. – 3.1. (Segue) Il dibattito italiano sulle elezioni primarie. – 4. Sistema elettorale con liste bloccate o sistema elettorale con voto di preferenza? – 5. Il ruolo del web nella selezione delle candidature. Verso una democrazia della sorveglianza? 1. La selezione dei candidati alle elezioni ha natura anche pubblicistica Il tema oggetto di questo scritto riguarda la selezione dei candidati alle elezioni, da intendersi come il procedimento mediante il quale un partito politico decide quali, tra le persone che possiedono i requisiti per ricoprire una carica elettiva, saranno designate per le elezioni. Il tema non è nuovo1. Eppure la selezione delle candidature alle elezioni ha avuto finora scarso approfondimento negli studi comparatistici, non solo in quelli giuridico-costituzionali ma anche – e la cosa stupi1 Si consideri che nella Firenze del Rinascimento la storica famiglia di politicibanchieri Medici poté realizzare, per diversi decenni, una sorta di “signoria occulta” mantenendo sul proprio libro-paga i cosiddetti “accoppiatori”, cui competeva istituzionalmente la redazione delle liste (dette “borse”) ove erano inseriti i nomi dei legittimati al sorteggio alle candidature alle varie cariche pubbliche della città e dello Stato. Sulla carta tutti i cittadini in possesso di determinati requisiti obiettivi avrebbero potuto accedere alle varie cariche, ma i Medici, attraverso gli “accoppiatori”, individuavano i cittadini da inserire nella “borsa” tra le persone gradite alla “famiglia” ed al suo partito. 844 GINEVRA CERRINA FERONI sce – in quelli politologici. Non esiste infatti una letteratura organica in materia. Come se della selezione dei candidati – una delle più oscure funzioni svolte dai partiti politici nelle cosiddette “stanze dei bottoni” – non se ne dovesse parlare. Suggestiva, al riguardo, l’immagine utilizzata da due Autori, Gallagher e Marsh, in un volume del 1988, Candidate Selection in Comparative Perspective: The Secret Garden of politics, che parlano – come espressamente recita il titolo – di “giardino segreto della politica”2. A sottolineare la fonte del potere interno – il giardino – e la distanza e la segretezza delle sue procedure rispetto al pubblico. In effetti è difficile «affrontare un tema sul quale pesa in modo particolare il paradosso che Duverger riteneva caratteristico dello studio dei partiti: chi è a conoscenza di quello che realmente avviene non ha interesse a parlarne e chi, mosso da interessi conoscitivi, vorrebbe approfondire l’argomento, non vi ha accesso, se non parzialmente»3. Il tema della selezione delle candidature è infatti da sempre considerata tradizionale ed esclusiva prerogativa dei partiti politici e fa parte della organizzazione della loro vita interna: «a vital activity in the life of any political party»4. Si tratta di una attività che rende distinguibili i partiti da altre forme associative e con la quale i partiti esercitano una funzione di intermediazione (cioè offrire all’elettore la possibilità di scegliere un rappresentante) e realizzano il loro programma5. Non solo. La selezione dei candidati rappresenta una fase cruciale del processo politico sia in termini di reclutamento del personale, sia in termini di rafforzamento della coesione o, al 2 M. GALLAGHER, M. MARSH (a cura di), Candidate Selection in Comparative Perspective: The Secret Garden of Politics, Londra, Sage, 1988. 3 R. VIGNATI, Trasformazioni dei partiti politici, democrazia interna e selezione dei candidati, in F. Raniolo (a cura di), Le trasformazioni dei partiti politici, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, 121. Si rimanda poi a M. DUVERGER, I partiti politici, Milano, Comunità, 1961. 4 R.S. KATZ, The problem of candidate selection and models of party democracy, in Party Politics, 2001, vol. 7, n. 3, 277. 5 R. HAZAN, Metodi di selezione dei candidati: le conseguenze delle elezioni interne ai partiti, in Partiti e sistemi di partito (a cura di L. Bardi), Bologna, Il Mulino, 2006, 171-196. LA CONSUETUDINE NELLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE di SILVIA SILVERIO SOMMARIO: 1. Interrogativi di fondo. – 2. Il quadro “dipinto” dalla Corte costituzionale. A) Il dato quantitativo: una curva convessa. – 3. B) Il dato qualitativo: le “categorie” utilizzate dal Giudice delle leggi. a) La consuetudine ordinaria o legislativa. – 4. b) (Segue) Le “consuetudini locali”. – 5. c) (Segue) Le “consuetudini di vita”. – 6. La consuetudine costituzionale. – 7. (Segue) La consuetudine parlamentare. – 8 Un doppio binario. 1. Interrogativi di fondo Nel linguaggio codicistico (artt. 1 e 8 delle Disposizioni sulla legge in generale) gli usi – fonte non scritta di terzo grado – hanno efficacia nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti solo in quanto da essi richiamati. Disposizione, questa, che, letteralmente interpretata, sembrerebbe ammettere la sola consuetudine secundum legem1. Eppure le analisi dottrinali e, entro certi limiti, la giurisprudenza costituzionale, hanno ampiamente documentato come, in molti settori del diritto, regole di origine consuetudinaria siano pacificamente applicate, a prescin1 In argomento, G. ZAGREBELSKY, Il sistema costituzionale delle fonti del diritto, Torino 1984, 281, secondo il quale gli usi, di cui agli artt. 8 e 9 delle Preleggi, non si riferiscono alla fonte consuetudinaria propriamente intesa, in quanto «la necessità di un rinvio specifico, affinché l’uso assuma efficacia normativa, rende superfluo il requisito dell’opinio iuris: l’uso è la consuetudine nel suo aspetto materiale ovvero fonte in senso derivato, cioè non è vera fonte, ma elemento cui la legge rinvia per completare la regola che essa pone». Sull’efficacia delle consuetudini secundum legem, cfr. A. PIZZORUSSO, Fonti del diritto, Bologna-Roma 1977, spec. 369 ss. (e in senso conforme L. PALADIN, Le fonti del diritto italiano, Bologna 1996, spec. 393 ss.), secondo il quale esse assumono di regola la stessa efficacia della norma rinviante, legislativa o regolamentare, salvo che la disposizione di richiamo non le sottoponga a limiti ulteriori. 864 SILVIA SILVERIO dere da qualsiasi richiamo legislativo (cd. consuetudine praeter legem)2, e talvolta nonostante la loro dubbia compatibilità con espresse previsioni di legge (cd. consuetudine contra legem)3. Volendo rimanere, per il momento, a considerazioni di carattere generale, affinché si formi una consuetudine, sempre stando all’insegnamento tradizionale, è necessaria la compresenza di un elemento materiale (diuturnitas) ed uno psicologico (opinio iuris ac necessitatis): deve verificarsi, cioé, una ripetizione più o meno diffusa e prolungata nel tempo di un comporta2 In argomento, F. SORRENTINO, Le fonti del diritto, Genova 1984, spec. 127 ss., il quale distingue, all’interno della categoria della consuetudine praeter legem, tra consuetudini operanti in quei limitati settori in cui, pur non vigendo alcuna fonte scritta, vi sia la convinzione che i relativi rapporti siano giuridicamente rilevanti; e consuetudini operanti in settori provvisti di una disciplina scritta, ma lacunosa. 3 Sugli artt. 1 e 8 Preleggi, cfr., tra gli altri, R. GUASTINI, Produzione e applicazione del diritto. Lezioni sulle Preleggi, Torino 1989, spec. 55 ss.; G. ALPA e V. MARICONDA (a cura di), Sub artt. 1 e 8, Disposizioni sulla legge in generale, in Codice civile commentato, Milano 2005, 35-47 e 89-92; R. SACCO, Il diritto non scritto, in AA.VV., Le fonti del diritto italiano: le fonti non scritte e l’interpretazione, in Trattato di Diritto Civile, diretto da R. Sacco, Torino 2009, spec. 17 ss. Sulle diverse categorie di consuetudini, gli studiosi che identificano il diritto con le norme poste dallo Stato sono portati ad attribuire valore alla consuetudine solo se vi sia una norma statuale che la riconosca, onde il fondamento della sua efficacia viene ricondotto in questo modo sempre alla volontà dello Stato. Invece gli studiosi che ammettono la possibilità di una formazione spontanea del diritto, non solo attribuiscono alla consuetudine il valore di “fonte” primaria e autonoma, ma pure, in talune correnti, subordinano ad essa il diritto statuale, assegnando a questo la funzione di esprimere e rivestire di autorità il diritto “popolare”. In argomento, R. ORESTANO, Dietro la consuetudine, in Riv. trim. dir. pubbl., Milano 1963, 522-523. Per i riflessi che le varie teorie intorno alla nozione di diritto hanno nel modo di considerare la consuetudine, cfr. N. BOBBIO, Consuetudine (teoria gen.), in Enc. dir., IX, Milano 1961, 429 ss., nonché, più ampiamente, ID., La consuetudine come fatto normativo, Padova 1942, spec. 111 e 91-100, il quale considera la consuetudine come, appunto, un «fatto» che trae da sé medesimo la propria efficacia. Contra, si v., tra gli altri, M.S. GIANNINI, Sulla consuetudine, in Riv. int. fil. dir., 1947, 89 ss. Per un quadro sul sistema delle fonti, data l’incompletezza dell’elencazione delle fonti di produzione contenuta nell’art. 1 delle Preleggi, si rinvia, tra gli altri, a V. CRISAFULLI, Fonti del diritto (dir. cost.), in Enc. dir., XVII, Milano 1968, 1 ss.; A. PIZZORUSSO, Fonti del diritto, in Commentario Scialoja Branca, Bologna-Roma 1977, spec. 165 ss.; ID., Fonti (sistema costituzionale delle), in Dig. it., IV, Torino 1991, spec. 174 ss.; G. ZAGREBELSKY, Il sistema costituzionale delle fonti del diritto, cit., spec. 100 ss.; F. SORRENTINO, Le fonti del diritto, op. cit., spec. 42 ss.; P. BARILE, Istituzioni di diritto pubblico, Padova 1987, spec. 19 ss.; L. PALADIN, Le fonti del diritto italiano, op. cit., spec. 30 ss. L’ORDINE DEL GIORNO PRELIMINARE IN SEDE REFERENTE di LUIGI CIAURRO SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La vicenda. – 3. Presupposti ed effetti dell’ordine del giorno preliminare. – 4. Rassegnate conclusioni di diritto parlamentare (e non). 1. Premessa Spesso, troppo spesso, le più recenti applicazioni del diritto parlamentare si sono caratterizzate per un «situazionismo normativo» a tutto campo, che nella sostanza sta comportando il rischio di doppiare quella sorta di Capo Horn1 che divideva pur sempre giuridicità e politicità nel diritto parlamentare, seppure nella confluenza delle acque2. Desta una qualche preoccupazione – ad esempio – il fatto che di recente un innovativo, forse contraddittorio e sicuramente contestato, istituto (vale a dire l’ordine del giorno preliminare in sede referente) sia sorto in Senato proprio in occasione dell’esame di due fondamentali progetti di legge: la riforma elettorale e la modifica costituzionale. A quest’ultimo proposito, come noto, ben altre sono state le contestazioni circa la legittimità stessa della procedura di revisione costituzionale. 1 Volutamente – a proposito della dialettica diritto-politica nell’ordinamento parlamentare – si è voluto echeggiare il recente saggio di E. Gianfrancesco, «Doppiare Capo Horn». I Gruppi consiliari (e parlamentari) tra diritto e politica, su questa Rivista, 2014, n. 3, 597-630. 2 Già il «fondatore» del diritto parlamentare italiano aveva infatti significativamente sottolineato l’incidenza particolare che assume nel diritto parlamentare l’elemento politico, che «penetra in quasi tutti i rapporti giuridici di questa categoria e li vivifica, li governa, li trasforma in vario senso, rende possibile o impossibile l’applicazione delle norme, che devono regolarli; e in certi casi riesce talmente a fondersi con l’elemento giuridico, da rendere impossibile una recisa separazione dei due elementi» (V. MICELI, Per una cattedra di diritto parlamentare, su Roma. Rivista di politica parlamentare, 1898, 748). 896 LUIGI CIAURRO In primo luogo, il giurista deve chiedersi se un Parlamento formato pressoché integralmente (salvo gli eletti in Valle d’Aosta e nella Circoscrizione estero, nonché in Trentino-Alto Adige presso il solo Senato) con una legge elettorale dichiarata incostituzionale possa procedere all’approvazione di leggi di revisione costituzionale3, che tra l’altro incidendo sul funzionamento di un organo costituzionale rappresentano l’esercizio di un potere costituente vero e proprio. Se è vero che la stessa Corte costituzionale ha fatto riferimento al principio della continuità dello Stato per ammettere la validità degli atti che le Camere adotteranno prima del loro rinnovo, tuttavia ha richiamato altresì espressamente il concetto di prorogatio di cui all’art. 61 Cost.4, che come noto comporta per prassi una diminuzione delle funzioni che possono essere svolte normalmente dalle Camere, a partire proprio dal potere di revisione costituzionale. Ma non basta. Sotto il profilo sostanziale sono a tutti noti i contenuti delle sentenze della Corte costituzionale 29 dicembre 1988, n. 1146 e 23 luglio 1993, n. 366, che hanno posto precisi limiti concernenti i «principi supremi dell’ordinamento costituzionale» anche all’attività di revisione costituzionale. Viene da chiedersi se la trasformazione di una delle due Assemblee rappresentative in un organo non elettivo sia compatibile con i principi fondamentali della forma di governo repubblicana, in quanto evidentemente un organo non elettivo rappresenta di per sé un arretramento democratico rispetto ad un’assemblea in precedenza eletta direttamente. Si potrebbe anche conclu3 Cfr. in particolare A. PACE, I limiti di un Parlamento delegittimato, in Osservatorio costituzionale, marzo 2014, sul sito www.associazionedeicostituzionalisti.it, che sinteticamente afferma: «Se infatti è discutibile – lo ammetto – che un Parlamento delegittimato possa approvare talune leggi di revisione costituzionale, come io stesso ho scritto (e me ne pento), è però assolutamente inconcepibile che un Parlamento delegittimato possa incidere sulle strutture portanti della nostra democrazia parlamentare». 4 Cfr. la parte finale del punto 6 del considerato in diritto della sentenza della Corte costituzionale 13 gennaio 2014, n. 1, sul quale v. i rilevi critici di G. GUZZETTA, La sentenza n. 1 del 2014 sulla legge elettorale ad una prima lettura, su forumcostituzionale.it, 14 gennaio 2014, che in particolare afferma: «Né vale invocare – per sostenere la piena legittimità giuridica e politica del Parlamento – l’argomento della continuità dello Stato, citando le norme in materia di prorogatio delle Camere. Queste ultime, infatti, sono semmai prova della conclusione opposta, che, cioè, in quanto ormai sciolte o cessate le Camere vedono i propri margini di operatività depotenziati e limitati alla ordinaria amministrazione e a situazioni di emergenza non rinviabili al successivo Parlamento.». GIURISPRUDENZE COSTITUZIONALI E SISTEMI ELETTORALI: LA SENTENZA N. 1/2014 DELLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA IN PROSPETTIVA COMPARATA* di GIAMMARIA MILANI - TANIA ABBIATE SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La Corte costituzionale e il diritto comparato: influenze esplicite e implicite. – 3. La sentenza n. 1/2014 alla luce della giurisprudenza tedesca … – 4. … e di altre Corti costituzionali. – 5. Conclusioni. 1. Introduzione La sentenza n. 1/2014, con la quale sono state dichiarate incostituzionali alcune disposizioni della legge n. 270/2005 (“Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”), presenta diversi profili di interesse che la rendono senz’altro una della decisioni più importanti della Corte costituzionale. La pronuncia costituisce l’epilogo di una vicenda che ha coinvolto a più riprese il giudice costituzionale, il quale già in passato – in diverse sedi – aveva segnalato alcuni aspetti problematici della legge elettorale1. * Pur essendo il frutto di un lavoro e di una ricerca condivisi, il contributo è da attribuire a Giammaria Milani per i paragrafi 1, 4 e 5 e a Tania Abbiate per i paragrafi 2 e 3. 1 In occasione di due decisioni sull’ammissibilità di referendum abrogativi della legge elettorale (che non hanno poi avuto esito, in un caso perché non è stato soddisfatto il quorum di partecipazione, nell’altro perché i quesiti sono stati dichiarati inammissibili), il giudice delle leggi aveva infatti affermato che «l’impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal dovere di segnalare al Parlamento l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi». Corte costituzionale, sent. n. 15/2008, 6.1 considerato in diritto; sent. n. 16/2008, 6.1 considerato in diritto; n. 13/2012, 5.3 considerato in diritto. Nella relazione annuale sulla giurisprudenza costituzionale del 2012, il presidente Gallo aveva esplicitamente 914 GIAMMARIA MILANI - TANIA ABBIATE Non era peraltro scontato che si giungesse, una volta adita la Corte, ad una pronuncia di incostituzionalità: come ravvisato da gran parte della dottrina, infatti, rimanevano dubbi relativi sia all’ammissibilità2 che al merito3 della questione. Per quanto riguarda, in particolare, i profili di ammissibilità, era stato rilevato come la materia costituisse una “zona d’ombra”4 del sidenunciato la difficoltà di dialogo con il legislatore proprio sul tema della legge elettorale, ribadendo i dubbi sulla normativa in vigore. Corte costituzionale, Relazione annuale sulla giurisprudenza costituzionale dell’anno 2012, Roma, 12-4-2013, disponibile su www.cortecostituzionale.it, 6-8: «Il dialogo … si presenta a volte più difficile proprio con il soggetto che della Corte dovrebbe essere il naturale interlocutore, e cioè il legislatore. Questa difficoltà emerge, in particolare, nei casi in cui essa solleciti il legislatore a modificare una normativa che ritiene in contrasto con la Costituzione. Tali solleciti non possono essere sottovalutati. Essi costituiscono, infatti, l’unico strumento a disposizione della Corte per indurre gli organi legislativi ad eliminare situazioni di illegittimità costituzionale che, pur da essa riscontrate, non portano ad una formale pronuncia di incostituzionalità … È appena il caso di menzionare, poi, l’altra raccomandazione – tanto spesso richiamata nelle più diverse sedi politiche – a modificare la vigente legge elettorale». 2 Ciò che difettava, secondo la maggioranza dei commentatori, era proprio l’incidentalità della questione (ciò che avrebbe fatto, di essa, una fictio litis), elemento necessario in un giudizio, appunto in via incidentale, come quello che ha portato alla dichiarazione di incostituzionalità del sistema elettorale. Vedi, tra gli altri, E. ROSSI, La Corte costituzionale e la legge elettorale: un quadro in tre atti e dall’epilogo incerto, in Federalismi, 2013, 5; E. GROSSO, Riformare la legge elettorale per via giudiziaria? Un’indebita richiesta di “supplenza” alla Corte costituzionale, di fronte all’ennesima disfatta della politica, in Rivista Aic, 2013, 1; A. ANZON-DEMMING, Un tentativo coraggioso ma improprio per far valere l’incostituzionalità della legge per le elezioni politiche (e per coprire una “zona franca” del giudizio di costituzionalità), in Rivista Aic, 2013, 2-3; P. CARNEVALE, La Cassazione all’attacco della legge elettorale. Riflessioni a prima lettura alla luce di una recente ordinanza di rimessione della Suprema Corte, in Nomos, 2013, 2-3; R. BORRELLO, Due problemi contrapposti: ammissibilità e “zona franca”, in Nomos, 2013, 2-3; A. GIGLIOTTI, Violata la “zona d’ombra”? La quaestio legitimitatis della legge elettorale, in Nomos, 2013, 2-3. 3 Era forte il dubbio che le disposizioni contestate, relative alla disciplina del premio di maggioranza e delle liste bloccate, ancorché politicamente inopportune, fossero costituzionalmente illegittime, per lo meno nei termini secondo i quali la questione era stata sollevata dalla Corte di Cassazione. Cfr. P. CARNEVALE, La Cassazione all’attacco della legge elettorale, cit., 2-3; E. GROSSO, Riformare la legge elettorale per via giudiziaria?, cit., 1; A. MORRONE, La legge elettorale davanti alla Corte costituzionale: une pomme empoisonnée o una “favola” a lieto fine”?, disponibile su www.confronticostituzionali.eu; G. GUZZETTA, È incostituzionale la legge elettorale?, disponibile su www.confronticostituzionali.eu. 4 Sulle zone d’ombra della giustizia costituzionale vedi i diversi saggi contenuti in R. BALDUZZI, P. COSTANZO (a cura di), Le zone d’ombra della giustizia costituzionale. SULLA DIAGRAMMAZIONE A BLOCCHI DI UN PROGETTO DI LEGGE di GIUSEPPE UGO RESCIGNO 1. Tra le esercitazioni organizzate per i partecipanti al XXVI Corso di tecnica legislativa vi è stata anche una esercitazione, da me proposta e accettata dalla direzione del Corso, dedicata alla riscrittura di un testo di legge mediante la c.d. diagrammazione a blocchi o di flusso (dirò dopo perché preferisco la dizione a blocchi), come uno degli strumenti a disposizione del redattori di un testo di legge per verificare per quanto possibile la sua corretta scrittura e la sua operatività. La esercitazione si è svolta in più giorni nei mesi di gennaio-febbraio 2014; quella che qui viene pubblicata è la diagrammazione della procedura mediante la quale viene richiesto da 500.000 elettori e viene svolto un referendum abrogativo secondo la legge n. 352 del 1970. Va avvertito preliminarmente che, trattandosi di una esercitazione, il testo esaminato viene visto come se fosse un progetto di legge ancora da approvare. Il mio intento e la ragione che ha indotto la rivista a pubblicare uno dei risultati della esercitazione è anzitutto quello di ricordare che esistono strumenti più o meno complessi e raffinati per aiutare i redattori dei progetti di legge (ad es., oltre quello qui esaminato, la griglia o lista di controllo, o check list, i diagrammi di Allen, il Pert, ed altri: sul punto vedi bibliografia), in secondo luogo quello di mostrare in modo concreto e praticabile in che cosa consiste quello strumento specifico chiamato diagrammazione a blocchi, infine di invogliare gli interessati a servirsene per la utilità che esso comporta e che verrà analiticamente ricordata alla fine di questo articolo. 2. Il modo migliore per esporre il tutto mi pare quello di offrire immediatamente al lettore il diagramma come si è configurato alla fine della esercitazione, dopo aver brevemente chiarito il significato dei simboli e dei segni usati, e soltanto alla fine esplicitare le premesse, le re- 940 GIUSEPPE UGO RESCIGNO gole, le ragioni e lo scopo di tale tecnica, i risultati che essa permette di raggiungere, i limiti e le condizioni alle quali tale tecnica soggiace, ed altre avvertenze e riflessioni sul tema utili o indispensabili per usarla nel modo migliore. 3. I simboli principali che uso sono il rettangolo e il diamante (o rombo: alcuni autori usano anche altri simboli, altri semplificano il tutto usando soltanto rettangoli): a) il primo indica che qualcosa avviene esattamente come dicono le parole scritte nel rettangolo (si dà cioè per scontato che, se ciò che viene scritto è una regola, è accaduto proprio ciò che la regola prevede: ad es., se la regola dice che un certo documento va pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il rettangolo, o meglio ciò che è scritto nel rettangolo, informa che la pubblicazione è avvenuta); b) il secondo, esattamente al contrario, al suo interno contiene per iscritto una domanda con la quale si chiede all’analista di rispondere se ciò viene richiesto è stato fatto oppure no, è avvenuto oppure no: si usa dunque una logica binaria che ammette solo due risposte, o «sì» oppure «no»; il rombo dunque ha una entrata che introduce la domanda al momento opportuno entro la sequenza diagrammata, e due uscite, una che dice «sì» alla domanda e l’altra che dice «no» alla medesima domanda; è del tutto ovvio che se la risposta è «sì» il diagramma seguirà. in base a quanto viene prescritto nel seguito del progetto di legge diagrammato, una linea di sviluppo del tutto diversa da quella che si avrà invece nel caso in cui la risposta è «no»; il diagramma in altre parole chiede di verificare, in base al progetto di legge in esame ed al sistema giuridico entro cui esso sarà immesso (nota bene), che cosa deve o può accadere successivamente secondo diritto se si è verificato quanto richiesto entro il rombo, e viceversa che cosa può o deve accadere se non si è verificato quanto richiesto. Poiché si tratta di una sequenza che ha un inizio e deve terminare dopo aver percorso varie fasi, vi saranno tante frecce quante sono necessarie per connettere i diversi passaggi. Nel diagramma vi sono altri tre segni che vanno spiegati: a) il primo consiste in un cerchietto nel quale figura un numero; poiché è impossibile, tranne casi elementari o blocchi estremamente compattati, che il diagramma stia tutto in una pagina, diventa necessario scriverlo su più pagine: i cerchietti col numero indicano una prima volta dove termina nella pagina la sequenza (verticale o orizzontale) e la seconda volta, con un cerchietto col medesimo numero, dove la sequenza rico- GIOVANNI SAVINI, L’attività legislativa tra parlamento e governo: continuità e innovazioni nell’esperienza del governo Monti, Cedam, 2014. Il libro di Giovanni Savini sull’attività legislativa tra Parlamento e Governo, con particolare riferimento all’esperienza del Governo Monti, si inserisce in un originale settore della giuspublicistica che ha visto illustri precedenti, come quelli di Carlo Chimenti (con «Il governo dei professori: cronaca di una transizione», del 1994) e di Guglielmo Negri (con «Un anno con Dini: diario di un governo eccezionale», del 1996). Con ciò si intende dire che si tratta di un’opera scritta da chi, in qualità di tecnico, ha visto operare in diretta la nostra forma di governo in alcuni frangenti particolarmente critici della vita politica ed istituzionale, e che, dunque, da tale osservatorio privilegiato può fornire al lettore un quadro ricostruttivo che supera, per così dire, l’apparenza delle norme e degli atti formali che sono stati posti in essere per ragioni spesso collegate a stati di necessità più o meno giustificati. Ciò che caratterizza il contributo di Savini, a nostro avviso, è l’equilibrio della posizione di partenza, e l’assenza di un quel filtro «dottrinale» che talora oscura l’esposizione o che comunque costringe gli autori prettamente accademici a fornire un «taglio» necessariamente parziale e soggettivo alle proprie osservazioni valutative. Al contrario, il testo di Savini si presenta strutturato secondo una logica rigorosamente sistematica e consequenziale, e le osservazioni critiche che lo punteggiano non sono la mera conseguenza di un qualche presupposto ideologicamente condizionato, ma la lineare ricaduta di considerazioni fondate sull’oggettiva ponderazione dei dati di fatto. Certo, anche Savini non rinuncia, seppure talora tra righe e spesso nelle ampie e dettagliate note, a fornire una sua propria chiave di lettura a fenomeni che egli stesso correttamente qualifica come «macroscopiche distorsioni rispetto al modello costituzionale», distorsioni che si possono sintetizzare nell’utilizzo «parossistico» della decretazione d’urgenza, della questione di fiducia e del maxi-emendamento governativo in sede di conversione in legge, spesso tra loro operanti in 968 RECENSIONI combinato disposto. La posizione del Parlamento nella determinazione della legislazione nazionale ne è risultata vieppiù negletta, sino al punto da apparire del tutto incapace di pronunciarsi con una qualche autonomia – e neppure di discutere – sulle numerosissime disposizioni poste dal Governo con la decretazione d’urgenza. E ciò è avvenuto anche su scelte essenziali per la collettività tutta, come, ad esempio, sull’approvazione di importanti trattati internazionali, come il cd. Fiscal Compact, o sull’approvazione della legge costituzionale di introduzione del principio di pareggio di bilancio, riforma rilevantissima che fu oggetto soltanto e complessivamente di un paio di giorni di dibattito parlamentare. Tali aspetti critici della modalità di decisione legislativa sono stati appieno presenti anche e soprattutto nel caso del Governo Monti, la cui attività normativa viene scandagliata nel contributo qui in esame con uno specifico e analitico approfondimento. L’imponente dilatazione dei decreti-legge e il ricorso frequentissimo alla questione di fiducia ha provocato, secondo una bella espressione coniata da Savini, una sorta di «routinizzazione» che ha condotto a gravi conseguenze sia sul piano della legalità costituzionale, che su quello del leale e corretto confronto tra Governo e Parlamento. L’analisi, per alcuni tratti impietosa, tratteggiata da Salvini gli consente di fornire alcune indicazioni propositive sugli strumenti corettivi, in specie sul versante delle norme dei regolamenti parlamentari, ma senza escludere anche opportuni richiami a più incisive riforme costituzionali. Se qualcosa può essere consigliato all’Autore, è allora l’opportunità di proseguire ulteriormente su questo percorso di prospettazione delle ipotesi di riforma, giacché non può non rilevarsi la debolezza di una gran parte delle modifiche sinora proposte e che sono esposte con dovizia di particolari nella fase conclusiva dello scritto di Savini. Certo, è di piena evidenza come l’inquadramento di questioni così delicate per l’equilibrio dei poteri costituzionali possa essere qui condizionato dal riferimento ad una esperienza forse al limite dell’ortodossia costituzionale, quella cioè del Governo Monti. Il carattere «tecnico» di tale esecutivo, come rileva l’Autore, non può essere assimilato in tutto e per tutto ad alcuni precedenti Governi composti da non parlamentari. Anzi, può dirsi che il caso di Monti rappresenti l’avvio di una serie di esecutivi che della distanza e separatezza rispetto al Parlamento hanno fatto la loro cifra distintiva. Governi, cioè, quasi accomunati dalla volontà di distanziarsi nettamente da quella funzione che per lungo tempo