5. Il ricevitore
5.1 Il processo di fotorivelazione
La sola possibilità di misurare l’esistenza di un campo elettromagnetico
alle frequenze ottiche è quello di foto-rivelarlo. In generale con
fotorivelazione si intende il processo (o l’insieme di processi) che
converte energia ottica in energia elettrica, ovvero potenza ottica in
potenza elettrica. Sia l’energia ottica che l’energia elettrica sono
“quantizzate”, cioè non vengono rese disponibili con continuità ma con
una funzione semplice, ovvero una funzione che assume un numero
discreto di valori. Nel caso ottico questa energia è data dal numero di
“fotoni” trasportati dal fascio ottico moltiplicato per l’energia del singolo
fotone. Siccome si è in presenza di flussi di energia è più conveniente
parlare di Potenza ottica e quindi
PO = n ( t ) " h#
!
dove n(t) è il numero di fotoni del fascio ottico monocromatico
considerato che fluisce nell’unità di tempo. In presenza di un processo di
fotorivelazione che avviene su di un dispositivo solitamente tutto
illuminato di area A, si preferisce poi spesse volte parlare più in termini
di Intensità che di Potenza, essendo
I=
!
Po
A
Dal lato “elettrico” la potenza si manifesta con la produzione di una
corrente i(t) ad un certo potenziale v. Più frequentemente si tende a
parlare di potenza generata su di una resistenza di carico RL (che agisce
da “resistenza di ingresso” di tutti i circuiti successivi al fotorivelatore) in
seguito al passaggio della i2(t). In generale sarà
i(t) = n(t) " e
!
dove e è la carica dell’elettrone e n(t) è il numero di fotoelettroni generati
nell’unità di tempo. Quindi
Pe = RL " n 2 (t) " e 2
!
Comunicazioni Ottiche, Capitolo 5, Edizione Ottobre 2007
1
La fotorivelazione è quindi il processo che converte Po in Pe. Come si
osserva siamo in presenza di due processi che fanno riferimento alla
variabile tasso-di-conteggio o count-rate n(t): in un caso di fotoni
nell’altro caso di foto-elettroni. In generale non esiste una corrispondenza
semplice e diretta fra le due “n”. Il passaggio da un n(t) ottico ad un n(t)
elettrico è molto complesso, avviene con efficienza minore di 1 ed
attraverso un meccanismo che in generale può modificarne la statistica
tramite l’introduzione di variabilità in eccesso, dovute al meccanismo di
fotoconversione. Una prima variabilità è dovuta proprio al fatto che non
tutti i fotoni sono convertiti in fotoelettroni, ovvero c’è una efficienza di
conversione del processo elementare η chiamata “quantum efficiency”
minore di 1. Normalmente, si suppone che un dato dispositivo mantenga
inalterato nel tempo di osservazione questa efficienza e quindi questa
variabilità non si considera. In termini di corrente media e di intensità
ottica media si ricava dalle precedenti espressioni che:
i(t) = e "
#
" A " I(t)
h$
E’ anche
!
n elet (t) = " # Pottica (t)
dove si definisce una responsivity r come
!
r=
e"
h#
e
!
"=
!
#
h$
Possiamo definire il fonorivelatore quindi come quel dispositivo
elettronico che converte in un modo efficiente la potenza ottica in
potenza elettrica ovvero la potenza ottica in corrente elettrica. In generale
la trattazione classica del processo di fotorivelazione ipotizza che la
potenza ottica non sia convogliata tramite una variabile semplice ma
tramite una variabile continua, il campo elettromagnetico che rappresenta
l’onda ottica. Vedremo nel prossimo capitolo come questo possa
produrre la foto-corrente en(t). Soffermiamoci in questo capitolo invece
sul funzionamento, rumori e variabilità in eccesso che introduce il
processo di fotorivelazione.
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2
5.2 Il fotorivelatore
Il fotorivelatore comunemente usato in comunicazione ottica è un fotodiodo a giunzione che può essere di tre tipi:
• pn
• pin
• apd (avalanche photo detector).
Quando un fotone entra nella zona di “giunzione”, cioè nella zona
svuotata di cariche del fotodiodo, si forma immediatamente una coppia
elettrone-lacuna che viene trasportata dal potenziale applicato formando
la corrente del circuito esterno. Siamo quindi ancora in presenza di uno
schema a due livelli dove il livello “basso” è rappresentato dalla energia
della banda di “valenza” ed il livello “alto” dalla energia della banda di
“conduzione”.
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3
Diversi materiali semiconduttori sono utilizzati per realizzare
fotorivelatori: in particolare si osserva che il Silicio, il semiconduttore più
utilizzato nella industria elettronica, garantisce una efficiente rivelazione
solo sino a circa 1 micron di lunghezza d’onda. Quindi per le bande
tipiche di comunicazione ottica, si debbono usare altri materiali, il
principale di questi essendo il Germanio, le cui code di assorbimento
arrivano sino alla terza finestra.
Al fine di ottimizzare la fabbricazione dei componenti ed in particolare
aumentare il parametro di efficienza quantica η e la velocità di risposta (
ovvero la banda elettrica di ricezione) vengono oggi sempre più utilizzate
leghe di materiali sia binarie ( in particolare GaAs ed InP) sia ternarie che
quaternarie. Si veda nella figura seguente le principali . I dispositivi sono
cresciuti con tecnica “epitassiale” ( cioè con tecniche che mantengono
l’ordine cristallino) su substrati di GaAs o InP. Con queste tecnologie di
crescita si riescono ad ottenere efficienze quantiche anche dell’ordine
dello 0,9. Difetti nella crescita dei materiali e presenza di impurezze
creano meccanismi competitivi all’assorbimento voluto che diminuiscono
l’effcienza.
Per aumentare la zona di svuotamento e velocizzare la velocità di
asportazione delle cariche (e quindi aumentare la banda del
fotorivelatore), la giunzione viene di solito polarizzata inversamente,
anche se il fotodiodo può funzionare anche in polarizzazione diretta (
modalità “fotovoltaica”) e in modalità fotoconduttiva (in corto circuito).
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4
Comunicazioni Ottiche, Capitolo 5, Edizione Ottobre 2007
5
Comunicazioni Ottiche, Capitolo 5, Edizione Ottobre 2007
6
Un altro modo di aumentare l’efficienza del fotodiodo è quello di
aggiungere fra il materiale “p” ed il materiale “n” uno strato di materiale
cosiddetto “intrinseco” e formare in questo modo il fotodiodo “pin”, uno
dei più utilizzati nelle comunicazioni ottiche il cui funzionamento è
schematizzato nella figura seguente.
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Una volta generata la coppia elettrone-lacuna dentro la zona di
svuotamento della giunzione o, meglio, nella zona di materiale intrinseco
lunga ld, il tempo medio che impiegano le cariche a raggiungere le zone
semiconduttore sarà dell’ordine di:
ld
vs
"t =
!
dove vs rappresenta la velocità media delle cariche (che in generale può
essere diversa per gli elettroni e per le lacune) cui corrisponde una
frequenza di taglio dovuta al tempo di transito ωt dell’ordine di
"t =
!
tipicamente ld è dell’ordine di qualche micron, vs dell’ordine di 105 m/s
per cui ω sarà dell’ordine delle diverse decine di GHz. In effetti,
l’aumento della lunghezza della zona intrinseca causa anche una
diminuzione della banda del fonorivelatore. Il parametro ld condiziona
anche il valore della capacità C equivalente della giunzione che andrà
come
C=
!
2.78
#t
"0"r A
ld
con valori che possono essere dell’ordine di qualche pF. Fortunatamente,
quando il fotodiodo opera in polarizzazione inversa, la resistenza
parallela di questa capacità è molto alta e quindi può essere trascurata
rispetto alla resistenza serie RS che è invece di qualche decina di ohm (e
che si sommerà alla resistenza di carico RL). Questo porta quindi ad una
frequenza di taglio dovuta alla RC
" RC =
!
1
RS C
anch’essa dell’ordine delle centinaia di GHz. Esiste chiaramente un
“trade-off” (cioè una competizione) fra l’aumento dell’area sensibile del
fotodiodo, e quindi l’aumento di ld e l’aumento della efficienza quantica
e la banda B complessiva del dispositivo (in Hz) che va come
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8
B=
!
1
1
1
+ 2
2
f RC f t
più è grande ld più avrò grande η ma più si farà sentire la riduzione di
banda dovuta al tempo di transito, viceversa, più è piccolo ld più avrò alta
capacità e peggiore sarà l’efficienza quantica (vedi figura)
Per ragioni che appariranno chiare più avanti, nelle comunicazioni ottiche
è spesso auspicabile disporre di fotorivelatori capaci di avere
“guadagno”, cioè di moltiplicare la carica elettronica primaria prodotta
(o corrente primaria i primary). A tale scopo trovano sempre più impiego gli
Avalanche Photo-Detector o ADP. La struttura tipica di un ADP è
illustrata nella figura seguente ed è del tipo p+ipn+, dove + indica zone
fortemente drogate e i può rappresentare sia un materiale intrinseco che
un materiale leggermente drogato p. In pratica viene ancora una volta
creata una regione “estesa” di fotorivelazione con il materiale i o p
appena drogato. Al termine di questa zona, le cariche prodotte vengono
bruscamente accelerate da un campo molto intenso che ne aumenta
l’energia sino a portarla a valori superiori al bandgap: a questo punto
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9
altre cariche simili sono “ promosse ” ovvero “ liberate ”. Questo
meccanismo interessa sia gli elettroni che le lacune e porta alla desiderata
produzione di una fotocorrente molto maggiore di quella primaria. In
generale si definisce guadagno g il fattore:
g=
i photodiode
i primary
!
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10
Il valore di g è tipicamente del’ordine di 100-200, ma in alcune
applicazioni g può anche essere maggiore (sacrificando altri parametri del
fotodiodo).
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11
5.2 Il rumore di fotomoltiplicazione
Come spesso succede quando siamo in presenza di fenomeni di
guadagno, più che al valore di g in sè siamo interessati a valutare quanto
è preciso il fattore di moltiplicazione ovvero quanto è la varianza di g.
Infatti mentre il guadagno agisce come fattore moltiplicativo sul segnale
rappresentato da n(t), la varianza di g agirà come varianza additiva al
processo di fotoconversione e quindi introdurrà una “penalità” al rapporto
segnale/rumore. Per comprendere questo bisogna fare riferimento al
dettaglio del meccanismo di “valanga”. In generale vi sono due
coefficienti di ionizzazione diversi per le cariche e per le lacune, αe ed
αh. Si può dimostrare che quando uno solo dei portatori prevale nel
meccaniso di valanga, la moltiplicazione avviene regolarmente e quindi il
guadagno è più regolare. Quando invece entrambi i meccanismi
concorrono al guadagno, ho una produzione più “caotica” della
fotocorrente. In pratica il caso fortunato è quello del Silicio dove,
chiamato k il rapporto
k=
!
"h
"e
si osserva che esso vale circa 0,01 e quindi solo gli elettroni
contribuiscono all’effetto “valanga”. In terza finestra, dove uso leghe di
GaAs o InP, la situazione non è così buona e k può essere anche vicino
al’unità. Se si introduce il fattore di merito F come parametro che misura
la qualità del processo di guadagno, definito come
F=
g 2 g 2 + "g
"g
=
= 1+ 2 # 1
2
2
g
g
g
si ricava una relazione semiempirica che lega F al g ed a k
!
!
2
#
( g "1) &(
F = %1" (1" k )
g 2 ('
%$
rappresentata anche nella figura seguente. Da questa relazione si osserva
che anche per k che tendono a zero, il fattore di merito tende a 2, cioè
quando sono in presenza di una fotomoltiplicazione comunque introduco
un rumore additivo che si manifesta come una ineliminabile varianza
aggiuntiva. Nei normali ADP, F può raggiungere anche valori delle
decine.
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12
Nella figura successiva sono riassunte le principali caratteristiche dei
dispositivi di fotorivelazione e l’andamento di F in funzione di g e di k.
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13
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14
5.3 Dark current
In regime di polarizzazione inversa, il fotodiodo presenta una corrente
intrinseca anche in assenza dello stimolo luminoso: corrente di buio o
dark current. Questa corrente è solitamente molto piccola (qualche
nanoampere o meno) ed è dovuta a fenomeni di “tunneling” del gap o a
ricombinazione/generazione di cariche stimolati da fenomeni termici.
La dark current Idc si presenta come una emissione completamente
casuale e come tale presenterà uno spettro di rumore tipico di un
processo di fotocorrente, ovvero “shot-noise ”, del tipo
%I
(
I2
Sdc (" ) = e 2 ' dc + dc2 2#$ (" )*
& e e
)
= eIdc + Idc2 2#$ (" )
!
con un termine a banda piatta ed un termine in continua. Essa introduce
una corrente casuale additiva nella fotocorrente rilevata e quindi agisce da
“rumore”. Usualmente il termine in continua viene filtrato da un filtro
passa alto e quindi rimane
Sdc (" ) = eIdc
!
[W/Hz][#$1 ]
(infatti la dimensione di (eI) è quella di (Ampere2 sec)).
Al fine del “rumore” la dark current del fotodiodo si comporta quindi
come un “generatore equivalente parallelo di corrente” di valore
quadratico medio
idc2 = eI dc Be
!
(in questa espressione è supposta Be bilatera: in molti testi con Be
monolatera l’espressione presnta un x2) che inietta corrente eIdc Be sulla
resistenza di carico trasferendo ad essa una potenza pari a
Pe = RL eIdc Be
!
!
Comunicazioni Ottiche, Capitolo 5, Edizione Ottobre 2007
15
Per valutare il fotoconteggio equivalente n (count-rate) prodotto dalla
dark current tengo presente che dimensionalmente
eIdc = equivalgono a [ Ampere 2 " sec] !
#e 2 & #e 2 &
= % 2 s( = % (
$s ' $ s '
e quindi il count-rate prodotto dalla dark current vale
Idc
e
!
n dc =
!
Questo numero non è molto grande. Infatti i migliori dispositivi
commerciali garantiscono una corrente di buio dell’ordine di qualche
picoampere (10"12 ) e quindi
10"12
n dc =
= 0.62 10 7
-19
!1.6 10
n dc = 6.2 10 7 conteggi/sec
!
Si può subito osservare che, se le correnti di buio si mantengono molto
basse, questi fotoconteggi sono molto inferiori rispetto a quelli provocati
a temperatura ambiente sulla resistenza di ingresso per effetto Johnson.
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17
5.4 Alcuni parametri pratici dei fotodiodi
Si è già visto la responsivity r di un dispositivo di fotoconversione sia
definita come
r=
!
più praticamente moltiplicando sopra e sotto per il count-rate ottico,
ottengo
r=
!
"e
h#
"e # n(t) ielettrica (t) % Ampere (
=
'& Watt *)
h$ # n(t)
Pottica
Valori tipici di responsivity possono avvicinarsi all’1 ed anche, in terza
finestra, superarlo: infatti all’aumentare della lunghezza d’onda, più
fotoni concorrono a formare la stessa potenza ottica. Un andamento tipico
della responsivity per tre valori di efficienza quantica è rappresentato in
figura.
Un altro parametro spesso usato per riassumere il complessivo rumore
elettrico immesso dal circuito di fotorivelazione è il NEC o Noise
Equivalent Current: esso indica la quantità complessiva di rumore
elettrico immesso nel circuito di fotorivelazione e viene espresso nella
unità di misura
[
NEC = Ampere / Hz
!
]
Il NEC2 rappresenterà quindi una Power Spectral Density e l’equivalente
count-rate prodotto sarà
NEC 2
n(t) =
e2
valori tipici di NEC sono di qualche pAmpere / Hz .
!
!
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18
Comunicazioni Ottiche, Capitolo 5, Edizione Ottobre 2007
19
5.5 Rumore Johnson
Abbiamo visto come il circuito di fotorivelazione sia “immerso” in un
rumore di origine elettromagnetica originato dalla temperatura ambiente
che vale in media kT. Come influenza questa energia il processo di
fotorivelazione? Questa energia influirà sui componenti elettronici
provocando una fluttuazione di corrente (traccia delle fluttuazioni nel
tempo delle cariche elettriche) a media nulla (per motivi di simmetria) ma
con varianza che introdurrà una incertezza additiva alla corrente di
fotorivelazione. In particolare l’energia media kT (o livello spettrale
medio) indurrà sulla resistenza di carico RL una corrente quadratica
media iN2 che, essendo il fenomeno a media nulla, corrisponde alla cercata
varianza. Si tratta quindi di valutare quanto vale questo termine di
corrente.
! Per valutarlo faccio un semplice modello di resistenza in cui N
elettroni/volume siano eccitati alla energia media kT nelle tre dimensioni,
per cui ogni carica libera assume in media una energia di
E =
!
3
kT
2
Le cariche elettriche subiranno “collisioni” con tempo medio " e durante
questo tempo produrranno una corrente elementare ie
ie ( t ) "
e# x
d
!
0<t <$
!
essendo d la distanza percorsa. Ricavo lo spettro di questa corrente
I (", # ,$ x ) eseguendo la trasformata di Fourier ed ottengo
!
"{ie ( t )} = I (#, $ ,% x )
!
$
I (#, $ ,% x ) =
& i (t)e
e
0
da cui ricavo I
'i#t
=
1
ie (e'i#t '1)
i#
2
!
2
I (", #!
,$x ) =
!
e2$ 2x
[2 % e%2i"t ]
" 2d 2
Eseguo adesso una media rispetto alle variabili " e # x . Siccome sono in
presenza di un processo d’urto la distribuzione di probabilità di " sarà
!
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!
20
p(" ) =
1 #" / " 0
e
e quindi
"0
2
!
% p($ ) I
I (",# x ) =
2
d$ =
2e 2# x2$ 02
d 2 (1+ " 2$ 02 )
Sapendo poi che
!
3
1
kT = m " x 2 + " y 2 + "t 2
2
2
(
)
sostituisco a " x2 , kT /m ed ottengo
!
!
2
2e 2# 02 kT
I (" ) =
2
2 2
! (1+ " # 0 )
! md
Introduco a questo punto una espressione di RL in funzione dei parametri
del materiale. In particolare so che
R=
d
"A
dove A è la sezione della resistenza e σ la conducibilità
!
" =N
e2 # 0
m
dove m è la massa dell’elettrone. Per cui
!
R=
!
d
dm
=
"A N# 0e 2 A
e sostituendo questo valore di R nella espressione precedente del valore
quadratico medio della corrente ottengo
2
I (" ) =
2 # 0 kT
1 1
2 2
d (1+ " # 0 ) NA RL
!
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21
dove V = dA. Per frequenze elettriche (" 0# ) << 1 e quindi la parentesi al
denominatore tende a 1.
2
Per come è stato ricavato, I (" ) rappresenta lo spettro di potenza
!
elementare della corrente ed il complessivo
spettro di potenza sarà
S (" ) = 2 #
numero di eventi
! di scattering # I (" ) 2
secondo
2
NV
# I (" )
$0
= 2#
da cui
S (" ) =
4kT
RL
[W/Hz] [%&1]
(in alcune trattazioni si omette il 2).
!
Al fine del “rumore” la resistenza di carico RL del nostro sistema di
fotorivelazione si comporta quindi come un “generatore equivalente
parallelo di corrente” di valore quadratico medio
iN2 =
!
4kT
Be
RL
e con resistenza equivalente parallelo RL che trasferisce la potenza su un
resistore uguale R’L (in modo da garantire l’adattamento perfetto di
impedenza). Su questo resistore verrà quindi mandata una potenza pari a
Pe =
!
1 4kTBe RL
= kTBe
2 RL 2
Alternativamente si può immaginare come un “ “generatore equivalente
serie di tensione” di valore quadratico medio
v 2N = 4kTBe RL
!
con resistenza serie RL che trasferisce una potenza su un resistore uguale
R’L pari a
Pe =
!
1 2 1 1 4kTBeRL
v
=
= kTBe
4 RL 4
RL
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Questo rumore che entra tramite i componenti resistivi è conosciuto
anche come Johnson Noise. Esso causa una fluttuazione indesiderata
della corrente di fotorivelazione ovvero al fotoconteggio n(t) dovuto al
segnale.
Per valutare il fotoconteggio equivalente n ( count-rate) prodotto da
questi generatori tengo presente che dimensionalmente
# Joule & # Joule !
&
4kT
= equivalgono a %
=%
Ampere 2 (
(
$ " ' $ w
'
RL
# Joule sec e 2 & # e 2 &
=%
=
(
2 ( %
$ Joule sec ' $ sec '
!
e quindi il count-rate n prodotto dalla resistenza di carico RL per unità di
banda alla temperatura T sarà pari a
!
4kT
n= 2
e RL
!
!
(nelle notazioni successive 4 diventa un 2 perchè considero una banda
elettrica bilatera - Notazione del testo Gagliardi-Karp). Valutiamo quando
vale questo count-rate in condizioni standard di funzionamento, quando la
resistenza di ingresso è 50 " .
!
Comunicazioni Ottiche, Capitolo 5, Edizione Ottobre 2007
23
Avremo:
2kT 2 " 25 "10#3 "1,6 "10#19
n= 2 =
=
2
e RL
(1,6 "10#19 ) " 50
!
0,63"1016 conteggi /s
Questi “conteggi” sono immersi nel circuito esattamente come quelli
prodotti dal processo di fotoemissione e quindi si “mescolano” a quelli
causando un noise additivo di tipo termico indesiderato che costituisce la
principale fonte di rumore che degrada le prestazioni del sistema di
comunicazione ottica. Dal punto si vista spettrale, questo noise si
comporta come uno shot-noise e quindi ha uno spettro piatto nella banda
elettronica di interesse.
Comunicazioni Ottiche, Capitolo 5, Edizione Ottobre 2007
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