il secondo principio della dinamica il secondo principio della dinamica

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IL SECONDO PRINCIPIO DELLA DINAMICA
Con il lavoro di Galileo abbiamo compreso l’aspetto qualitativo della dinamica, e cioè che le forze non sono
legate al mantenimento dello stato di moto bensì alla sua variazione . Quando vogliamo mettere in moto un
oggetto, oppure deviare la direzione dello stato di moto in cui esso già si viene a trovare, occorre intervenire
interagendo su di lui e questo tipo di interazione è detta forza. In tutti questi casi l’effetto dell’azione di una
forza è una variazione di velocità, cioè una accelerazione: sia che l’oggetto parta da fermo, quindi con velocità
nulla, per acquisirne una diversa da zero, sia che l’oggetto muti la propria direzione esso sta accelerando . La
relazione di Aristotele va pertanto sostituita da:
accelerazione ∝ Forza
Da un punto di vista quantitativo fu Isaac Newton (1642-1727) a fornirci la corretta legge che regola la
proporzionalità fra accelerazione e forza, nella sua monumentale opera scritta nel 1687: Philosòphiae Naturalis
di
di passi che possono condurci al risultato di Newton
Principia Mathematica. Ve amo ora una sequenza
considerando l’apparato in figura. Su di un piano dove l’attrito è così piccolo da essere trascurabile, abbiamo
un oggetto A, libero di scorrere per effetto
della trazione della corda legata ad un
A
secondo oggetto B. Un dinamometro misura
di
d
c
d
i
t
t
la forza agen e su
A ra u en ola n
allungamenti della molla. Mentre A si
muove ne scattiamo delle fotografie ad
intervalli di tempo costanti, ad esempio una
ogni secondo a partire dall’istante iniziale.
Leggiamo su ciascuna foto le posizioni
B
occupate da A, il tempo trascorso dall’istante
iniziale e l’allungamento corrispondente del
dinamometro. Si fanno le seguenti
osservazioni e misure:
1 . L’allungamento del dinamometro in ogni immagine è sempre lo stesso.
: stiamo applicando una forza d’intensità costante.
h
2 . Deduzione
La lung ezza dello spazio percorso da A aumenta in ogni successiva immagine, in misura
proporzionale al quadrato del tempo trascorso dall’istante iniziale.
l moto di A non è a velocità costante, altrimenti lo spazio percorso sarebbe
Deduzione 1 : I
si tratta invece di un moto accelerato.
propor
ionale
al
tempo, secondo la legge oraria
z
s = v0t :
ll
lt
l t l quadrato ci dice che
2 : La dipendenza de o spazio percorso da A da empo e eva o a
lDeduzione
l
t
t
tt
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2
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M
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Forza
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Accelerazione
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Accelerazione
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)
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Accelerazione
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6 .00
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dinamometro)
2
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Riportando i dati su di un grafico, con le accelerazioni in
asc issa
e
le
forze
in
ordinata,
le
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prese
si
dispongono su di una retta di coeffic iente angolare 4 .0
per C e di coeffic iente angolare 0 .5 per C . Per l’oggetto
“un kilogrammo” A, la retta ha coeffic iente angolare 1 .
ssata una qualunque scala d
orza
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atto sper mentale che quando una success one d orze d
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intrinseca : la sua capac ità di legare insieme forza ed
F
Corpo C
F = 4.00 a
Corpo A
F =a
Conclusione:
la forza e l’accelerazione sono proporzionali
Corpo D
F = 0.50 a
proprietà
accelerazione . Tale
proprietà
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bene
espressa
da
un
numero, c ioè la costante di proporzionalità che si m isura
fra
F
ed
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a , e che nel graf co rappresenta
il coeffic iente
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angolare della retta .
2
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massa inerziale, o pi olloquialmente soltanto
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i
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i
i
tt
massa, si indica con la le era m e la legge che lega l ntens tà dell acceleraz one e l ntens tà della forza s
esprime: F = ma . La massa m si misura in kilogrammi [simbolo Kg] cioè multipli e sottomultipli del valore
1 che essa assume per l’oggetto campione “un kilogrammo”, e, se le accelerazioni sono espresse in m/s2 ,
l’unità di misura della forza prende il nome di Newton [simbolo N].
Per individuare una forza in casi non semplificati come questo dovremo conoscerne, oltre all’intensità, la
retta lungo la quale agisce ed il suo verso di azione. Sperimentalmente si verifica che la forza è una
grandezza vettoriale, possiamo cioè (1) sommare gli effetti di più forze tramite la regola del parallelogramma
e (2) scomporla e constatare l’indipendenza delle azioni delle componenti perpendicolari.
Più in generale si mostra allora sperimentalmente che vale la relazione vettoriale:
Q
uesta costante, caratteristica di c iascun corpo,
detta secondo principio della dinamica.
iene detta
F = ma
3
6. Il principio di relatività
Quando si desidera descrivere in modo quantitativo il moto di un oggetto, abbiamo bisogno di mettere
d’accordo tutti gli sperimentatori interessati su quali siano le caratteristiche –leggi orarie, traiettoria- del
moto stesso.E’ infatti esperienza comune che uno stesso moto si differente se osservato da differenti punti di
vista. Facendo l’esempio di una pallina che cade dentro ad un’automobile in moto, lo sperimentatore
solidale con l’auto la vedrà descrivere un tratto di linea retta verticale, lo sperimentatore solidale con il suolo,
al contrario, osserverà una traiettoria parabolica.Nel momento in cui decidessimo di fissare una terna di assi
cartesiani x, y, z nello spazio per descrivere quantitativamente il moto di un corpo dovremo ancorarla a tutti
quegli oggetti rispetto ai quali il moto avviene con le stesse caratteristiche. Nell’esempio citato porremo la
terna solidale all’auto oppure solidale al terreno e chiameremo la terna scelta il nostro sistema di riferimento.
SI DICE SISTEMA DI RIFERIMENTO PER IL MOTO DI UN PUNTO MATERIAL E L’INSIEM E D EGLI OGGETTI RISPETTO AI
QUALI IL MOTOAVVIENE CONL E STESSE CARATTERISTICHE.
E’ ancora evidenza sperimentale che esistano sistemi di riferimento in cui il principio d’inerzia ha validità
ed altri in cui non vale . In questi ultimi capita di osservare che un punto materiale non sottoposto a forze
modifichi il proprio stato di moto, o ponendosi improvvisamente in movimento, oppure deviando da una
traiettoria rettilinea senza che si sia interagito su di esso. Basta pensare ad un oggetto fermo sul sedile di
un’automobile ed osservarlo mettersi in moto quando questa frena oppure quando curva. E’ facile
convincersi che nessuna forza ha agito su di esso in entrambi i casi se si pensa che non esiste un soggetto a
cui imputare la causa di questa presunta”forza” . Si dà allora la seguente definizione:
: UN RIFERIMENTO DOVE VALGA IL PRINCIPIO D’INERZ IA, OVVERO DOVE UN
PUNTOMATERIALE RIMA NE FERMO SE SU D I ESSO NON AGISCONO FORZE.
Si dirà, di conseguenza, non inerziale, qualunque riferimento ove non valga il principio d’inerzia .E’ proprio
la nostra incapacità a distinguere la quiete dal moto uniforme che porta a caratterizzare i sistemi di
riferimento inerziali . Una particella in moto a velocità costante, apparirebbe ferma in un riferimento che si
muovesse accanto ad essa con pari velocità .
SISTEMA
DI RIFERIMENTO INERZIALE
ha spinto i fisici verso la formulazione di un principio di relatività del moto, prima limitatamente al campo
della meccanica, attraverso le intuizioni di Galileo, e successivamente esteso da Einstein anche ai
fenomeni di natura elettromagnetica .
Rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d'aver
mosche, farfalle e simili animaletti volanti; siavi anco un gran vaso d'acqua, e dentrovi de' pescetti; sospendasi anco in
alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell'acqua in un altro vaso di angusta bocca, che sia posto a
basso: e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso
tutte le parti della stanza; i pesci si vedranno andar notando indifferentemente per tutti i versi; le stille cadenti
entreranno tutte nel vaso sottoposto; e voi, gettando all'amico alcuna cosa, non più gagliardamente la dovrete gettare
verso quella parte che verso questa, quando le lontananze sieno eguali; e saltando voi, come si dice, a piè giunti, eguali
spazii passerete verso tutte le parti. Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia che
mentre il vassello sta fermo non debbano succeder così, fate muover la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur che il
moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati
effetti, né da alcuno di quelli potrete comprender se la nave cammina o pure sta ferma: voi saltando passerete nel
tavolato i medesimi spazii che prima né, perché la nave si muova velocissimamente, farete maggior salti verso la poppa
che verso la prua, benché, nel tempo che voi state in aria, il tavolato sottopostovi scorra verso la parte contraria al vostro
salto; e gettando alcuna cosa al compagno, non con più forza bisognerà tirarla, per arrivarlo, se egli sarà verso la prua e
4
voi verso poppa, che se voi fuste situati per l'opposito; le gocciole cadranno come prima nel vaso inferiore, senza caderne
pur una verso poppa, benché, mentre la gocciola è per aria, la nave scorra molti palmi; i pesci nella lor acqua non con
più fatica noteranno verso la precedente che verso la sussequente parte del vaso, ma con pari agevolezza verranno al cibo
posto su qualsivoglia luogo dell'orlo del vaso; e finalmente le farfalle e le mosche continueranno i lor voli
indifferentemente verso tutte le parti, né mai accaderà che si riduchino verso la parete che riguarda la poppa, quasi che
fussero stracche in tener dietro al veloce corso della nave, dalla quale per lungo tempo, trattenendosi per aria, saranno
state separate; e se abbruciando alcuna lagrima d'incenso si farà un poco di fumo, vedrassi ascender in alto ed a guisa di
nugoletta trattenervisi, e indifferentemente muoversi non più verso questa che quella parte.
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