Testi: Antonio Cossutta, Elettra Mian, Vladimiro Toniello, Alberto Riva, Bernardino Carpenè, Fabio Stoch, Gianluca Governatori Traduzione: Martina Clerici (terza di copertina) Foto: Archivio Circolo culturale Menocchio (pagg. 41, 44, 45, 46) Archivio Ente Tutela Pesca (pag. 40) Claudio Bearzatto (pagg. 9, 38, 39) Mauro Caldana (pag. 38) Antonio Cossutta (copertina e pagg. 7, 8, 10, 11, 17, 20, 23, 24, 25, 28, 29, 34, 35, 36) Luciano Gaudenzio (pag. 37) Gian Vittorio Martello (pag. 36) Marco Pradella (pagg. 8, 27) Fabio Stoch (pag. 40) Luca Tonegutti (pagg. 5, 26) Disegni, cartografia e illustrazioni: Archivio Cooperativa S.T.A.F. (pagg. 42, 43) Mario Alimede (seconda di copertina) Samantha Boccalon (pagg. 13, 14) Bernardino Carpenè (pagg. 32, 33) Elena De Luca (pagg. 30, 31) Elena Missio (pag. 6) Alberto Riva (pagg. 18, 19) Progetto grafico: Studio A.G. - Pordenone Coordinamento: Cooperativa S.T.A.F. - Barcis (Pn) Supervisione: Graziano Danelin (Ente Parco Naturale Dolomiti Friulane) - Cimolais (Pn) Intervento cofinanziato dall’Unione Europea, Interreg. III A Italia/Slovenia, Progetto Spelaion Logos - Valcellina PRESENTAZIONE La Riserva Naturale Forra del Cellina è gestita dall'Ente Parco Naturale Dolomiti Friulane; questa pubblicazione è stata realizzata nell'ambito del progetto integrato Spelaion logos, finanziato con l'Iniziativa Comunitaria Interreg. IIIA Italia/Slovenia. Illustra le principali realtà naturalistiche, geologiche e storiche dell'area protetta facendo riferimento agli argomenti trattati nel Centro visite di Ponte Antoi e lungo il sentiero didattico del Dint. Il progetto, nel suo complesso, ha permesso di realizzare diverse attività per la valorizzazione di ambienti di origine carsica presenti in aree protette e in zone di elevato valore naturalistico dell'arco prealpino orientale: sentieri tematici, interventi infrastrutturali, allestimenti didattici, seminari, convegni, pubblicazioni, materiale illustrativo e divulgativo. Gli interventi hanno coinvolto tre aree protette (Riserva Naturale Forra del Cellina, Parco Naturale Prealpi Giulie, Parco Nazionale del Triglav) e un Sito di Importanza Comunitaria (Grotte Vigant e Pre Oreak in Comune di Nimis), interessati da territori simili per orografia, geologia e valenze naturalistiche. Nell'ambito della Riserva Naturale Forra del Cellina sono stati realizzati: 1. Un percorso didattico-naturalistico in parte a cielo aperto (Sentiero del Dint - Vecchia strada della Valcellina - Sentiero delle grotte) e in parte sotterraneo (all'interno del complesso carsico denominato “Grotte Vecchia Diga”). 2. L'allestimento del Centro visite in località Ponte Antoi a Barcis. 3. Una serie di studi sui principali aspetti naturalistici della Riserva (geologia, morfologia, idrologia, fauna, vegetazione). 4. Diversi materiali divulgativi, informativi e promozionali: sito web, DVD, CD-Rom interattivo, poster, depliant. Questa pubblicazione vuol essere una guida, semplice ma completa, che illustra e descrive tutte le bellezze naturalistiche che si possono osservare all'interno della Riserva Naturale Forra del Cellina; un aiuto per l'escursionista che vuole approfondire le sue conoscenze visitando questi luoghi. Il Presidente del Parco Naturale Dolomiti Friulane Marino Martini 3 RISERVA NATURALE FORRA DEL CELLINA Forra del Cellina presso località Siviledo per un’estensione complessiva di 304 ettari. Si sviluppa tra i versanti del monte Fara ad Est e del Montelonga ad Ovest. La massima elevazione è rappresentata dal monte I Cameroni (1470 metri s.l.m.), mentre la quota del fondovalle si aggira attorno ai 330 metri s.l.m. La Riserva interessa la parte più significativa della grande incisione valliva scavata dal torrente Cellina nei calcari di età cretacica che costituiscono i rilievi che separano la conca di Barcis dalla pianura. L’aspetto morfologico è quello di un grande canyon, il maggiore della regione e senz’altro uno dei più spettacolari d’Italia, con pareti verticali e imponenti fenomeni di erosione fluviale. Un vero e proprio “sistema” di forre, confluenti l’una nell’altra, relativo ai corsi dei torrenti Alba, Molassa e Cellina. CARTA D'IDENTITÀ Nome: Forra del Cellina Anno di istituzione: 1998 Tipo: Riserva Naturale Regionale Estensione: 304 ettari Comuni interessati: Andreis, Barcis, Montereale Valcellina Ente gestore: Parco Naturale Dolomiti Friulane Strutture: Centro visite di Barcis, località Ponte Antoi Forra del Cellina presso la confluenza del Molassa La Riserva Naturale Forra del Cellina è una delle 12 riserve naturali presenti nella Regione Friuli Venezia Giulia. È stata istituita nel 1998 individuando il suo territorio tra le Aree di Reperimento indicate nella Legge Regionale n. 42/96 (“Norme in materia di parchi e riserve regionali”). La Riserva si trova nelle Prealpi Carniche ed interessa parte dei territori dei comuni di Andreis, Barcis e Montereale Valcellina Sulle pareti verticali di queste profonde incisioni sono ben documentate le morfologie legate all’azione erosiva dell’acqua: marmitte di erosione, sottoescavazioni e rocce levigate. Queste forme caratterizzano la parte bassa e media dei versanti, mentre nelle zone più elevate vengono mascherate, cancellate e sostituite da quelle dovute alla fratturazione della roccia, all’azione del gelo e disgelo e della gravità. La maggior parte del territorio della Riserva è costituito da rocce carbonatiche. Questo ha determinato l’instaurarsi di 6 7 giglio dorato e della rosacea Spiraea decumbens ssp.tormentosa. A testimonianza del rigido microclima locale è facile trovare, anche alla base dei versanti, cespugli di erica e rododendro che normalmente occupano postazioni più elevate. Nella parte alta dei versanti, e nelle situazioni di minor acclività, sono presenti interessanti esempi di faggete su terreni calcarei. Le conoidi detritiche ed i ghiaioni sono colonizzati dalla tipica flora glareicola che comprende il geranio crestato, l’ombrellifera Athamanta cretesi, la sassifraga gialla e la felce del calcare. Le rocce strapiombanti della forra sono ornate dai cespi violacei della campanula carnica e dal particolarissimo raponzolo di roccia. Morfologie carsiche sul monte I Cameroni fenomeni di dissoluzione che hanno dato luogo a morfologie di tipo carsico. Si possono osservare sia forme carsiche di superficie (doline, scannellature, campi solcati e vaschette di corrosione), che forme carsiche ipogee (pozzi, grotte, gallerie). Queste ultime raggiungono la loro massima espressione nel sistema di cavità denominato “Grotte Vecchia Diga”. Nella zona del Dint (ad Est del Centro visite) affiorano formazioni rocciose di tipo diverso (Flysch di Clauzetto e Scaglia Rossa). Si tratta di rocce più tenere dei calcari che danno luogo a morfologie più dolci e che, a causa della diversa composizione chimica, non sono interessate dal fenomeno carsico. La Riserva si caratterizza anche per alcune peculiarità floristiche e vegetazionali legate alle particolari condizioni microclimatiche dell’area, dovute a esposizioni dei versanti variabili, situazioni geo-pedologiche diversificate e quote che vanno dai 315 ai 1470 metri s.l.m. Di particolare interesse sono le boscaglie di forra a carpino nero con presenza di tasso, di La consistenza faunistica della Riserva non è elevata, ma si esplicita con la presenza di numerose specie che non trovano facile riscontro in ambienti similari. L’abbandono delle attività umane e la particolare morfologia del territorio hanno permesso un rapido sviluppo delle popolazioni animali, soprattutto di quelle più diffidenti alla presenza umana. Specie nidificanti nell’area Camoscio sono: il falco pellegrino, l’aquila reale, la poiana, la rondine montana, il gheppio, il gufo reale, la civetta capogrosso ed il merlo acquaiolo. Tra gli ungulati vanno menzionati: il camoscio sulla Croda del Pic, il capriolo e il cervo. Abbastanza diffusi anche altri mammiferi quali: il tasso, la volpe, la faina, lo scoiattolo ed il ghiro, nonché alcune specie di micromammiferi. La trota fario è presente sia nelle acque del Cellina che del Molassa mentre nei luoghi più umidi è facile incontrare il rospo comune, la salamandra pezzata, il tritone alpestre, l’ululone dal ventre giallo e varie specie di rane. Nella forra vivono anche alcuni rettili: la comune biscia d’acqua e la natrice tessellata; nei macereti di frana e sui ghiaioni è possibile osservare: la vipera dal corno, il ramarro, il colubro liscio, l’orbettino e la vipera comune. Orno ostrieto di forra 8 9 EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO Questo ambito naturalistico assume una particolare valenza storica per la presenza di alcune opere per lo sfruttamento a fini idroelettrici delle acque del Cellina e per il passaggio della vecchia strada della Valcellina. Agli inizi del 1900 all’interno della forra venne realizzata una diga di presa (la “vecchia diga”) e un canale adduttore per deviare e portare le acque del Cellina alla Centrale di Malnisio. Questi impianti furono tra i primi di tipo industriale ad essere realizzati in Italia. La costruzione di queste opere risolse anche l’annosa questione della viabilità in Valcellina, che era collegata alla pianura solo attraverso il sentiero di Sant’Antonio lungo la val de Crous tra il monte Fara e il monte Jouf. La realizzazione di una strada carrozzabile lungo la forra fu possibile grazie all’allargamento della strada di servizio per la costruzione della “vecchia diga” e del canale di alimentazione della centrale. Il primo tracciato partiva dal cimitero di Montereale e si collegava alla viabilità esistente (all’interno della valle) in località Molassa. Questo percorso subì alcune varianti negli anni ’20, ’30 e ’50 del 1900 e venne utilizzato fino al 1992. "Vecchia diga" sul Cellina Vecchia strada della Valcellina Forra del Cellina presso la confluenza con il Molassa 10 La “barriera corallina” (1) La maggior parte delle rocce presenti nella Riserva si sono formate in un ambiente marino caratterizzato da acque poco profonde e da un clima tropicale. Morfologicamente e geograficamente questo ambiente faceva parte di una piattaforma carbonatica. Tali condizioni ambientali sono perdurate, con variazioni minime, per un lungo periodo tra 150 e 65 milioni d’anni fa. La piattaforma era suddivisa in zone con profondità diverse che costituivano un “complesso di scogliera” di tipo lineare, simile alle barriere coralline attuali. Si distinguevano lagune di retroscogliera, la scogliera propriamente detta, zone di avanscogliera e zone di raccordo con i bacini profondi circostanti. Come le barriere coralline attuali, la scogliera era un ambiente ricco di vita. Numerosi erano gli organismi marini che la popolavano: alghe calcaree, coralli, gasteropodi, spugne e soprattutto alcune specie di bivalvi, attualmente estinte, chiamate “rudiste”. Molti di questi organismi vivevano fissati al fondo, i loro scheletri e gusci carbonatici permettevano alla barriera di accrescersi, mentre nel contempo il fondo marino si abbassava lentamente. Lungo la forra del Cellina e nella conca di Barcis si possono osservare i resti della scogliera ed i fossili di questi antichi organismi. 1 Il flysch (2) Circa 60 milioni d’anni fa, forse a causa di un abbassamento rapido del fondo marino, vennero a mancare le condizioni per la vita degli organismi “costruttori” della barriera corallina (acque ben ossigenate, limpide, calde...). La scogliera scomparve e venne ricoperta da altri sedimenti che diedero luogo ad una roccia calcareo-marnosa-arenacea di colore grigiastro che ora affiora al centro della conca di Barcis e lungo il corso del torrente Alba. I sedimenti che originarono questa roccia derivano dall’erosione avvenuta a seguito dell’orogenesi alpina. Il sollevamento delle Alpi è iniziato circa 80 milioni di anni fa: non appena si sono formati i primi rilievi, i processi esogeni hanno iniziato a smantellarli e i materiali erosi sono stati trasportati al mare dai fiumi. Durante la prima parte del periodo Terziario, quest'area non era ancora emersa. Successivi abbassamenti del fondo del mare, con relative deposizioni di sedimenti marini dovuti a correnti di torbida (causate da frane sottomarine), hanno dato luogo a questa formazione rocciosa che i geologi chiamano Flysch di Clauzetto (dal nome della Il sollevamento (3) Il sollevamento delle Alpi non fu immediato e solo nella sua fase finale interessò i rilievi più esterni delle Prealpi Carniche che emersero tra 15 e 7 milioni di anni fa. Le catena alpina è il risultato dello scontro tra la placca europea e quella africana. Da un punto di vista tettonico la conseguenza di tale scontro è stato, in quest’area, lo sviluppo di una serie di pieghe e faglie 12 13 2 località dove è stata inizialmente studiata). Si tratta di una roccia formata da alternanze di arenarie (più o meno grossolane), argille calcaree e marne. 3 4 (con sovrascorrimenti) ad andamento Est-Ovest. Sottoposte alle spinte compressive le rocce si sono prima piegate e quindi fratturate secondo piani di faglia lungo i quali porzioni di crosta si sono accavallate ad altre. Il territorio a Nord della Riserva è interessato da un’importante faglia (linea BarcisStarasella) che porta i terreni triassici (210 milioni di anni) a sovrascorrere su quelli terziari del Flysch di Clauzetto (50 milioni di anni). A Nord del sovrascorrimento le rocce sono piegate secondo un’anticlinale (piega con concavità verso il basso), mentre a Sud secondo una sinclinale (piega con concavità verso l’alto) che corrisponde alla conca di BarcisAndreis. Le spinte all’origine di queste deformazioni hanno determinato un reticolo di fratture nelle masse rocciose che ha condizionato i fenomeni erosivi e di conseguenza lo sviluppo del reticolo idrografico. ti dei ghiacciai locali. Nella conca di Andreis si rinvengono ciottoli striati, immersi in un limo biancastro di origine fluvioglaciale; in alcuni casi si tratta di rocce che non affiorano nel bacino del Cellina, a testimonianza di una provenienza legata a questo fenomeno di trasfluenza. È probabile che l’antico corso del Cellina avesse direzione Ovest-Est (da Barcis verso forcella di Pala Barzana e Navarons); in seguito, a causa del perdurare delle spinte orogenetiche ed al relativo innalzamento della zona, si ebbe una prima deviazione verso la pianura attraverso forcella La Croce e la val de Crous, probabilmente già percorsa da un piccolo torrente. Le glaciazioni e gli antichi percorsi del Cellina (4) Nel periodo Quaternario (ultimi 2 milioni di anni) si sono alternati “periodi glaciali”(freddi) a “periodi interglaciali”(più caldi). Durante le “glaciazioni” le Alpi erano coperte da una calotta di ghiaccio e le valli erano percorse da grandi lingue glaciali. Il ghiacciaio del Piave scendeva dalla zona di Sappada lungo la sua valle (e lungo la val Lapisina) per espandersi in pianura formando gli anfiteatri morenici di Quero e Vittorio Veneto. Nei pressi di Longarone, dove il ghiaccio aveva uno spessore di 1300-1400 metri, un piccolo ramo trasfluiva nella valle del Vajont e scendeva lungo la Valcellina dove riceveva i contribu- L’attuale corso del Cellina (5) In seguito ad ulteriori fenomeni di innalzamento (a causa delle spinte orogenetiche), è probabile che, in una seconda fase, il Cellina si sia incanalato verso la pianura lungo le fratture dirette NordOvest-SudEst (percorso attuale). Un’altra ipotesi è che le acque del Cellina siano state catturate per erosione regressiva da un corso d’acqua che scendeva tra il monte Fara e il Montelonga. Questo torrente avrebbe abbassato il fondo della sua valle fino alla conca di Barcis catturando il “paleo Cellina” che scorreva verso Andreis. L’approfondimento del corso attuale del Cellina ha richiamato a sua volta i torrenti Alba e Molassa costringendoli ad incidere profondamente le rocce. Ciò ha dato origine alle forre visibili in corrispondenza dell’Osteria Molassa dove questi corsi d’acqua confluiscono. Tale verosimile ed interessante evoluzione del reticolo idro- 14 15 grafico del Cellina ha lasciato numerose testimonianze: tratti di paleoalvei sospesi lungo i torrenti Alba e Cellina (zona della Medata); depositi fluviali stratificati con ghiaie e sabbie a quote più elevate di quelli attuali (soprattutto lungo il torrente Alba); antiche marmitte ormai parzialmente erose a varie quote, sia nella forra del Cellina che in quelle del Molassa e dell’Alba. ASPETTI GEOLOGICI 5 Calcari del Cellina presso località Siviledo 16 La carta geologica della Riserva raccoglie le principali informazioni relative alla stratigrafia e alla tettonica del territorio dell'area protetta. Ogni colore rappresenta un’unità geologica. All’interno della Riserva, l’unità più antica è costituita dai Calcari del Cellina che affiorano nella parte sud-orientale dell’area. Si tratta di calcari ben stratificati, debolmente inclinati verso Nord, depositatisi circa 130 milioni di anni fa. Su questa unità poggiano i Calcari del Monte Cavallo, che formano le superfici regolari degradanti verso il lago di Barcis. Questi calcari sono ricchi di fossili, in particolar modo “rudiste”. Sopra questa formazione, sulla dorsale del Dint, affiorano i Calcari di Andreis, rappresentati con lo stesso colore dei Calcari del Monte Cavallo. Verso Nord, sopra a pochi strati di Scaglia Rossa, affiora il Flysch di Clauzetto: un’alternanza di argille ed arenarie con una particolare predisposizione al franamento. Nell’angolo in alto a sinistra una linea rossa rappresenta l’elemento tettonico di maggior interesse. Si tratta della “linea Barcis-Starasella (Staro Selo)”: un sovrascorrimento che si estende dalle Prealpi Carniche alla Slovenia. Tale struttura porta all’accavallamento della Dolomia Principale (210 milioni di anni) sul Flysch di Clauzetto (50 milioni di anni). Si tratta del riflesso più evidente (a livello locale) dell’orogenesi alpina, avvenuta in quest’area a partire da 30 milioni di anni fa. Altre piccole faglie attraversano la Riserva, senza avere particolare importanza geologica. I punti di colore arancione indicano la posizione delle cavità carsiche: la più importante, il complesso denominato “Grotte Vecchia Diga”, si trova nella parte centrale della carta. Descrizione delle principali formazioni geologiche Calcari del Cellina Età: Giurassico superiore-Cretacico inferiore Limite inferiore: poggiano sui Calcari di Polcenigo Limite superiore: al tetto seguono i Calcari del Monte Cavallo Spessore: 850 metri nella sezione tipo (bassa Valcellina) Formazione geologica costituita inferiormente da calcari fini di colore grigio o grigio-nocciola in strati da 20 centimetri a 1 metro, a cui si alternano, nella parte superiore, calcari detritici fossiliferi, calcari stromatolitici, e qualche livello di dolomie e calcari oolitici. Nella parte alta della formazione sono presenti intercalazioni argillose in letti irregolari. Questa formazione affiora al nucleo della piega anticlinale “monte Fara - monte Jouf” e quindi nella zona sud-orientale della Riserva. Calcari del Monte Cavallo e Calcari di Andreis Età: Cretacico superiore-Paleocene Limite inferiore: poggiano sui Calcari del Cellina Limite superiore: al tetto è presente una lacuna stratigrafica, segue la Scaglia Rossa Spessore: 500 metri nella sezione della forra del Cellina Formazione geologica costituita da calcari massicci o in grossi strati di colore grigio-nocciola o grigio. La stratificazione, quando presente, è solitamente formata da banchi spessi da 1,5 a 4 metri. È molto ricca di fossili: soprattutto “rudiste”(spesso in posizione di crescita) tra cui è possibile osservare Caprina schiosensis, e Durania blayaci nella parte più bassa e Vaccinites gosaviensis, Vaccinites atheniensise e Rajka spinosa nei livelli più alti. È la roccia che affiora in modo più esteso nella Riserva. Scaglia Rossa Età: Paleocene Limite inferiore: poggia sui Calcari di Andreis Limite superiore: al tetto segue il Flysch di Clauzetto Spessore: pochi metri (affiora in modo discontinuo) Formazione geologica costituita da alternanze di marne (rocce argillose) e calcari marnosi con stratificazione sottile o poco evidente. Queste rocce presentano un color rosso mattone, più raramente grigio o verdastro e sono facilmente alterabili dagli agenti atmosferici. Il contenuto fossilifero a Calcari del Cellina Rudista nei Calcari del Monte Cavallo 20 21 foraminiferi planctonici consente di limitare l’età di questa formazione al Paleocene. Affiora lungo il torrente Alba e vicino alla frazione di Molassa, nonché vicino all’Osteria di Ponte Antoi ed al Centro visite. ASPETTI MORFOLOGICI Flysch di Clauzetto Età: Eocene inferiore Limite inferiore: poggia sulla Scaglia Rossa Limite superiore: al tetto è presente una lacuna stratigrafica, segue la Molassa Spessore: circa 600-800 metri Formazione geologica costituita da alternanze di marne (e marne argillose) con livelli arenacei (frequentemente calcarenitici). Gli strati marnosi hanno spessori compresi tra 5 e 50 centimetri mentre quelli arenacei tra 0,5 e 2 metri. Questi ultimi si presentano più potenti e ricchi di frazione carbonatica nella parte sommitale della formazione. I macrofossili sono assenti, mentre ricche sono le microfaune nei livelli marnosi. Il Flysch di Clauzetto affiora nella parte settentrionale della Riserva, lungo la sinclinale di Barcis-Andreis. Forme di erosione fluviale alla confluenza del torrente Alba nel Molassa 22 Morfologie fluviali Le forme legate all’azione delle acque correnti sono forse le più spettacolari della Riserva. Percorrendo la vecchia strada della Valcellina si possono osservare molteplici morfologie dovute ai processi di erosione, trasporto e sedimentazione dei corsi d’acqua: alcune di grandi dimensioni, altre di dimensioni minori. Aspetti importanti legati all’azione delle acque sono: 1. la notevole profondità delle forre rispetto alla loro larghezza (erosione su rocce compatte); 2. l’andamento delle valli costituito da tratti rettilinei con bruschi cambi di direzione e senza curve ad ampio raggio (erosione influenzata dal reticolo di fratturazione delle rocce); 3. i massi (a volte enormi) e i ciottoli levigati (erosione dei materiali trasportati o presenti sul fondo); 4. le forme che l’acqua ha scavato nella roccia e che si osservano sulle pareti a diverse altezze, ormai in ambiente subaereo: marmitte di erosione e paleoalvei (forme di erosione antiche); 5. le forme subacquee di erosione in via di formazione (forme di erosione in atto); 6. i depositi di ciottoli e ghiaie a quote superiori all’alveo attuale (forme di sedimentazione antiche); 7. i depositi di ciottoli e ghiaie in alveo (forme di sedimentazione attuali, dovute alla diminuzione della velocità della corrente al termine delle piene). Morfologie carsiche Le rocce che affiorano nella Riserva sono costituite in prevalenza da calcari. Queste rocce sono soggette ad un’azione chimica da parte delle acque meteoriche (arricchite di anidride carbonica) che prende il nome di fenomeno carsico. L’azione solvente delle acque di precipitazione si esercita in primo luogo in superficie, dove produce una grande varietà di forme: doline, inghiottitoi, blocchi, solchi, scannellature e vaschette di corrosione. L’insieme di queste morfologie crea un paesaggio assai caratteristico definito “paesaggio carsico”. Forra del Cellina presso località Siviledo Carso a blocchi 24 Marmitte di erosione 25 Grotte vecchia diga Le Crode del Pic: ripido versante con strati a reggipoggio Esempi di carsismo superficiale si trovano lungo il sentiero del Dint, dove è possibile osservare zone con “carso a blocchi a spigoli arrotondati” e doline più o meno grandi (isolate o raggruppate in “campi di doline”). Nella zona del monte I Cameroni, sono presenti altri esempi di “carso a blocchi” che si differenziano da quelli del Dint per le maggiori dimensioni e per il fatto di essere costituiti da blocchi a “spigoli vivi”. Le acque meteoriche si infiltrano anche nel sottosuolo attraverso le fenditure e i pori. Il processo di dissoluzione si propaga quindi in profondità dando luogo a forme carsiche ipogee: grotte, gallerie, pozzi e sale. Tali ambienti possono presentarsi più o meno “concrezionati” con depositi calcitici quali stalattiti, stalagmiti e crostoni. Nella Riserva il più importante complesso di cavità è quello delle “Grotte Vecchia Diga”, esplorato per oltre 1,5 chilometri. queste morfologie derivano dall’eliminazione, per erosione, di rocce più tenere che si trovavano sopra tale superficie (erosione selettiva). Il territorio della Riserva si sviluppa sul fianco settentrionale di una piega anticlinale: la stratificazione delle rocce è quindi ovunque inclinata allo stesso modo. Ci troviamo in presenza di un rilievo monoclinale (strati uniformemente inclinati), in cui l’erosione dei corsi d’acqua ha determinato morfologie di tipo “a cuesta”. In questo tipo di rilievo i versanti opposti sono caratterizzati rispettivamente da giacitura degli strati a reggipoggio e a franapoggio. I versanti a reggipoggio sono generalmente più stabili e presentano pendenze maggiori rispetto a quelli a franappoggio. Le creste principali sono quasi sempre arrotondate e si sviluppano lungo il passaggio dai versanti a reggipoggio a quelli a franappoggio. Nei versanti a reggipoggio i potenti strati massicci possono dare origine a delle cenge. Morfologie di versante La Riserva è caratterizzata dalla totale assenza di superfici orizzontali. Ad Est e ad Ovest rispetto al corso del Cellina si sviluppano i versanti settentrionali del monte Fara e del Montelonga. Queste due superfici, molto ampie e regolari (direzione Est-Ovest ed immersione verso Nord), sono incise profondamente dal torrente che scorre verso SudEst. Si tratta di superfici strutturali coincidenti con il piano di strato superiore di un banco di roccia resistente. Molto spesso Morfologie strutturali Nel territorio della Riserva si possono trovare numerosi esempi dell’influenza delle “strutture” geologiche sulle forme del rilievo. La conca di Barcis e Andreis e la dorsale MontelongaFara-Jouf sono legate ad una serie di pieghe provocate dallo scontro tra la placca africana e quella europea. In particolare la conca coincide con una sinclinale (piega con concavità verso l’alto) mentre la dorsale coincide con un’anticlinale (piega con 26 27 ASPETTI VEGETAZIONALI Superfici strutturali: versanti Nord del monte Fara e del Montelonga concavità verso il basso). I versanti settentrionali del monte Fara e del Montelonga (molto regolari e con la stessa inclinazione) sono “superfici strutturali” in quanto coincidono con i piani di strato. Il corso del Cellina lungo la forra si caratterizza per bruschi cambiamenti di direzione: si alternano tratti ad andamento (circa) Ovest-Est a tratti ad andamento Nord-Sud. Se si osservano le pareti rocciose in corrispondenza di queste variazioni di direzione, sono chiaramente visibili grosse fratture perpendicolari tra loro. Tali fratture, che sono in relazione alle spinte orogenetiche, hanno indebolito gli ammassi rocciosi, determinando delle vie preferenziali per l’erosione delle acque. In alcuni casi le stesse pareti verticali all’interno della forra coincidono con piani di frattura: alcuni esempi si possono osservare tra la confluenza del torrente Molassa e la “vecchia diga” dove le morfologie sono condizionate da una serie di faglie trascorrenti dirette NordOvest-SudEst. Faggeta su calcari 28 Il territorio della Riserva risente di influenze climatiche diverse: quella mediterranea (il mare Adriatico è relativamente vicino) e quella continentale-centroeuropea (determinata da una sommatoria di fattori orografici, altitudinali e di esposizione). Quest’area, inoltre, presenta situazioni geo-pedologiche diversificate e altezze sul livello medio del mare comprese tra i 330 e i 1470 metri. A questi fattori generali, che entrano in gioco nello sviluppo e nella distribuzione delle specie vegetali, si deve aggiungere l’influenza esercitata, nel recente passato, dalle attività dell’uomo. Tutti questi elementi determinano la presenza, nel territorio della Riserva, di diverse associazioni vegetali. Sulle pareti della forra, è presente di un tipo di vegetazione rupicola assai interessante, perché caratteristica delle prealpi nordorientali. Si tratta dello spireo-potentilleto (Spiraeo-Potentilletum caulescentis) che ospita nella sua comunità il raponzolo di roccia (Physoplexis comosa), una delle più belle campanulacee della nostra flora. La copertura forestale dei versanti, dove un minimo d’accumulo di suolo lo consente, è dominata dal carpino nero (Ostrya carpinifolia) che si accompagna spesso all’orniello (Fraxinus ornus). L’orno-ostrieto è l’associazione vegetale di maggior estensione spaziale presente nella Riserva. Più in alto e alle spalle della forra, dove il suolo è più profondo e fresco, domina incontrastata la faggeta. Una delle particolarità della Riserva è la presenza, in alcune zone, di rododendro (Rhododendron hirsutum) a quote eccezionalmente basse. Questo è dovuto ad un microclima decisamente freddo d’inverno e fresco d’estate. Il livello elevato di umidità, in alcune aree, è confermato dalla presenza del tasso (Taxus baccata). 30 TRANSETTO VEGETAZIONALE N. 1 FAGGETA SUBMONTANA CON OSTRYA Profilo (Nord-Sud): Lago di Barcis - Ponte Antoi - Forra del Cellina - Versante Nord Montelonga OSTRIETO TIPICO A: Amelanchier ovalis (Pero corvino) Cb: Carpinus betulus (Carpino bianco) C: Cornus mas (Corniolo) Cm: Crataegus monogyna (Biancospino) F: Fraxinus ornus (Orniello) L: Laburnum anagyroides (Maggiociondolo) O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero) S: Sorbus aria (Sorbo montano) OSTRIETO TIPICO A: Amelanchier ovalis (Pero corvino) Cb: Carpinus betulus (Carpino bianco) C: Cornus mas (Corniolo) Cm: Crataegus monogyna (Biancospino) F: Fraxinus ornus (Orniello) L: Laburnum anagyroides (Maggiociondolo) O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero) S: Sorbus aria (Sorbo montano) Belvedere 1 OSTRIETO DI FORRA Ap: Acer psudoplatanus (Acero di monte) A: Amelanchier ovalis (Pero corvino) Ca: Corylus avellana (Nocciolo) F: Fraxinus ornus (Orniello) O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero) P: Pinus sylvestris (Pino silvestre) Sa: Salix appendiculata (Salice appendicolato) S: Sorbus aria (Sorbo montano) T: Taxus baccata (Tasso) q. 425 FAGGETA SUBMONTANA DEI SUOLI MESICI CARBONATICI Lago di Barcis q. 360 Ac: Acer campestre (Acero campestre) Ap: Acer psudoplatanus (Acero di monte) Cb: Carpinus betulus (Carpino bianco) Fs: Fagus sylvatica (Faggio) Fe: Fraxinus excelsior (Frassino maggiore) F: Fraxinus ornus (Orniello) O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero) Pa: Prunus avium (Ciliegio) S: Sorbus aria (Sorbo montano) Tc: Tilia cordata (Tiglio selvatico) Tp: Tilia platyphyllos (Tiglio nostrano) U: Ulmus glabra (Olmo di montagna) Torrente Cellina Ap: Acer pseudoplatanus (Acero di monte) Ca: Corylus avellana (Nocciolo) FAGGETA SUBMONTANA Fs: Fagus sylvatica (Faggio) O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero) CON OSTRYA S: Sorbus aria (Sorbo montano) TRANSETTO VEGETAZIONALE N. 2 Profilo (Nord-Sud): Dint - Forra del Cellina - Versante Nord Montelonga q. 700 OSTRIETO TIPICO ACERI-FRASSINETO TIPICO Ac: Acer campestre (Acero campestre) Apl: Acer platanoides (Acero riccio) Ap: Acer pseudoplatanus (Acero di monte) Ai: Alnus incana (Ontano bianco) Ag: Alnus glutinosa (Ontano nero) Cb: Carpinus betulus (Carpino bianco) Ca: Corylus avellana (Nocciolo) Fs: Fagus sylvatica (Faggio) Fe: Fraxinus excelsior (Frassino maggiore) O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero) Pt: Populus tremula (Pioppo tremulo) Qr: Quercus robur (Farnia) R: Robinia pseudoacacia (Falsa acacia) Sn: Sambucus nigra (Sambuco) Tp: Tilia platyphyllos (Tiglio nostrano) U: Ulmus glabra (Olmo di montagna) Um: Ulmus minor (Olmo campestre) q. 600 Ap: Acer pseudoplatanus (Acero di monte) Ca: Corylus avellana (Nocciolo) Fs: Fagus sylvatica (Faggio) O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero) S: Sorbus aria (Sorbo montano) A: Amelanchier ovalis (Pero corvino) Cb: Carpinus betulus (Carpino bianco) C: Cornus mas (Corniolo) Cm: Crataegus monogyna (Biancospino) F: Fraxinus ornus (Orniello) L: Laburnum anagyroides (Maggiociondolo) O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero) S: Sorbus aria (Sorbo montano) FAGGETA SUBMONTANA CON OSTRYA Ap: Acer pseudoplatanus (Acero di monte) Ca: Corylus avellana (Nocciolo) Fs: Fagus sylvatica (Faggio) O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero) S: Sorbus aria (Sorbo montano) Belvedere 3 OSTRIETO DI RUPE A: Amelanchier ovalis F: Fraxinus ornus O: Ostrya carpinifolia OSTRIETO DI FORRA q. 425 VEGETAZIONE DELLE RUPI Tornanti della strada asfaltata Ponte Antoi - Borgo Molassa Pco: Physoplexis comosa Pc: Potentilla caulescens Sd: Spiraea decumbens Ap: Acer pseudoplatanus (Acero di monte) A: Amelanchier ovalis (Pero corvino) Ca: Corylus avellana (Nocciolo) S: Fraxinus ornus (Orniello) O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero) P: Pinus sylvestris (Pino silvestre) Sa: Salix appendiculata (Salice appendicolato) S: Sorbus aria (Sorbo montano) T: Taxus baccata (Tasso) Sd Pco Pc Strada q. 345 Torrente Cellina 31 CARTA DELLA VEGETAZIONE DELLA RISERVA Legenda Associazioni vegetali Orno-ostrieto di forra Orno-ostrieto tipico Orno-ostrieto frammentario e roccia nuda Aceri-frassineto Faggeta submontana Spiraeo-potentilleto Popolamento a Genista radiata Confine della Riserva Descrizione di alcune specie di particolare interesse zato per la produzione di legna da ardere e di carbone. Tasso (Taxus baccata) Rara conifera propria della fascia montana temperata a clima umido. Predilige i suoli calcarei e non dà luogo a boschi puri, ma si mescola ad altre specie. Viene chiamato anche “albero della morte” perchè in particolar modo foglie e semi contengono un principio attivo assai tossico che, se ingerito anche in modeste quantità, provoca gravi intossicazioni. Nell’antichità il suo legno era utilizzato per ricavare archi potenti e flessibili, forse per questo in alcune zone del suo areale è ora poco frequente. In Valcellina e nella Riserva il tasso prospera, favorito dai substrati calcarei e dal clima Tasso temperato molto umido. Pianella della Madonna (Cypripedium calceolus) È senza dubbio la più bella e appariscente orchidea della flora italiana. Il labello rigonfio di color giallo lucido e le tre ali marron scuro rendono il suo fiore di un’eleganza ineguagliabile. La particolare biologia riproduttiva delle orchidee e le peculiari esigenze che i piccolissimi semi hanno per germinare rendono queste piante generalmente poco frequenti. Cresce nei boschi, nei cespuglieti e nei prati tra i 500 e i 2000 metri di quota, soprattutto su terreni calcarei. Per la sua rarità e per la sua particolare bellezza, la pianella della Madonna è una delle specie protette ai sensi della Legge Regionale Pianella della Madonna n. 34/81. Carpino nero (Ostrya carpinifolia) Pianta termofila, di elevata adattabilità ecologica, presente nelle zone collinari e montane fino a 1300 metri di quota. Il suo apparato radicale, intricatissimo e profondo, riesce a sfruttare anche la minima quantità d’acqua presente nel sottosuolo. Cresce sui versanti della Riserva che si caratterizzano per l’estrema aridità del substrato, dovuta alla grande permeabilità delle rocce nonostante la notevole piovosità. È l’albero più diffuso di tutta l’area protetta; dà luogo a fitti manti boschivi in cui si accompagna spesso all’orniello (Fraxinus ornus). In epoche passate era utiliz- Giglio dorato (Hemerocallis lilio-asphodelus) Questa rara liliacea ama i luoghi freschi, le forre e i boschi umidi dal livello del mare ai 1000-1300 metri di quota. Presenta un fusto eretto, alto fino a un metro, che porta 3-5 grandi fiori gialli. Predilige i substrati calcareo-dolomitici e fiorisce da maggio a giugno. È una specie euro-siberiana, attualmente limitata al versante meridionale delle Alpi orientali. Ciò fa pensare che la migrazione nel nostro territorio sia verosimilmente avvenuta prima dell’ultima glaciazione. Il giglio dorato cresce lungo i ripidi versanti della forra del Cellina, su rupi verticali o su strette cenge erbose. Carpino nero Giglio dorato 34 35 Raponzolo di roccia (Physoplexis comosa) Specie endemica delle Alpi centro-orientali, cresce nelle fessure di rupi umide e ombrose soprattutto su substrati calcarei e dolomitici tra i 300 e i 2300 metri di quota. Fiorisce da giugno ad agosto dando luogo a un capolino subgloboso che porta da 15 a 30 fiori. Questo appariscente groviglio violetto, con una rosetta di foglie cerulee alla base, appartiene alla famiglia delle campanulacee. Pianta generalmente rara, nella Riserva trova il suo ambiente ideale sulle umide pareti calcaree delle forre dei torrenti Cellina e Molassa. Il raponzolo di roccia è una delle specie protette ai sensi Raponzolo di roccia della Legge Regionale n. 34/81. FAUNA Alga desmidiacea (Cosmarium hornavanense var. mesoleium) Presente nella sola stazione della sorgente di Siviledo. È una desmidiacea trovata, nel territorio austriaco, come specie di accompagnamento in acque fangose o nelle zone di riva di laghi e stagni, in prati umidi, sorgenti e depressioni bagnate, a pH compresi tra 6,8 e 7,1. Rispetto al disegno riportato da LENZENWEGER (1999), gli esemplari rinvenuti nella Riserva non presentano le serie orizzontali di verruche nella parte bassa di ogni semicella. Sulla base delle immagini inviategli, l’autore sopra citato ha confermato la determinazione degli esemplari. È la prima ed unica segnalazione per il territorio nazionale italiano. Alga desmidiacea 36 Merlo acquaiolo Mammiferi Gli ungulati sono rappresentati, nelle aree boscate avvicendate a radure, da capriolo e cervo (più raro) e, nelle zone rocciose in pendio, dal camoscio. Gli ambienti boschivi ospitano predatori quali la martora e la faina. Presenti anche la volpe e il tasso. Numerosi anche i piccoli insettivori, quali il riccio occidentale, la talpa comune europea e alcune specie di toporagno (Sorex alpinus, Capriolo Sorex araneus e Crocidura suaveolens). Ben rappresentati i roditori con lo scoiattolo, il ghiro, il moscardino e varie specie di arvicole (Clethrionomys glareolus, Microtus liechtensteini e Chironomys nivalis). Nelle grotte sono presenti due specie di chirotteri (pipistrelli): il rinolofo maggiore e il miniottero. Rettili Tra i sauri i più diffusi sono il ramarro occidentale e l’orbettino. I serpenti sono presenti con un maggior numero di specie. I più comuni sono il biacco maggiore e la coronella austriaca, entrambi innocui per l’uomo, ma attivi predatori di sauri e rettili. Piuttosto diffuso è il saettone o colubro di Esculapio, agile arrampicatore, arboricolo, predatore di piccoli mammiferi, uccelli e uova. Vipera comune Negli ambienti umidi e in prossimità dei corsi d’acqua, è presente la natrice tessellata, abile nuotatrice ed attivo predatore di pesci. Nel fondovalle coabitano la vipera dal corno e la vipera comune; a quote superiori ai 600 metri è presente anche il marasso palustre. Uccelli Lungo le rive del Cellina, tra i sassi del greto e in immersione alla ricerca di cibo, è frequente il merlo acquaiolo (simbolo della Riserva); gli stessi ambienti sono occupati anche dalla ballerina gialla. Nei boschetti di versante nidificano il pettirosso, lo scricciolo, il ciuffolotto, varie specie di cince, il fringuello e il picchio muratore. Nei boschi sono presenti il picchio rosso maggiore, la ghiandaia, il tordo bottaccio e il francolino di monte. La forra, in estate, ospita anche la rondine e la rondine montana. Numerosi anche i rapaci diurni (astore, sparviere, gheppio, poiana e nibbio bruno) e notturni (allocco, gufo comune, civetta capogrosso e gufo reale). Anfibi Tra le specie più frequenti nella Riserva, soprattutto nel periodo riproduttivo, figura il rospo comune, i cui adulti sono attivi specialmente di notte. Questi possono secernere dalla cute una tossina ad azione neurotossica, innocua per l’uomo, ma efficace deterrente per molti predatori. Per gli ambienti acquatici sono anche segnalate le rane verdi, di difficile collocazione sistematica. La specie più vistosa è la salamandra pezzata che si incontra di frequente nei boschi, mentre nelle pozze d’acqua del Molassa e del monte Fara è presente il tritone alpino. Ben più localizzati negli ambienti di forra sono l’ululone dal ventre giallo e il rospo smeraldino. Picchio rosso maggiore Rospo smeraldino 38 39 Pesci Il tratto del Cellina tra la diga di Barcis e la stretta di Ravedis, con acque non molto veloci, fredde e ben ossigenate, ghiaia grossolana e sabbia, vegetazione acquatica a muschi e patine algali, è classificata “zona a temolo”. In realtà il temolo non è segnalato nella forra dove prevale la trota fario, un tempo localizzata solo in pochi corsi d’acqua, ma ora Scazzone numerosa in tutta la regione a causa delle ripetute immissioni artificiali. All’interno della Riserva il ripopolamento della fario è stato interrotto in modo da favorire l’endemica trota marmorata. Ampiamente diffuso è lo scazzone, un caratteristico pesce di fondo spesso predato delle trote. ASPETTI ANTROPICI Invertebrati Sono molti gli invertebrati che popolano i vari ambienti della Riserva. Le acque, le piante, il suolo e le grotte ospitano infatti vere e proprie comunità, con prede e predatori, detritivori e decompositori, necrofagi e stercorari, commensali ed altri. Tra tutte le specie, si evidenziano le più interessanti quali il gambero d’acqua dolce o di fiume e la chiocciola. Numerosi sono gli invertebrati endemici dell’area; tra questi ricordiamo: Orotrechus venetianus cellinae, Orotrechus schwienbacheri, Orotrechus gigas, e Orostygia tibialis. Notevoli anche alcune specie esclusive del complesso delle “Grotte Vecchia Diga” e di altre cavità vicine. Meta (ragno troglofilo) 40 La “vecchia diga” Gli impianti idroelettrici del Cellina Vennero realizzati in diversi momenti a partire dagli inizi del 1900 con la costruzione della “vecchia diga”, del canale adduttore e della centrale di Malnisio. La “vecchia diga” situata qualche centinaio di metri a valle della confluenza del Molassa, aveva la funzione di deviare una parte delle acque del torrente nel canale adduttore (lungo circa 7 chilometri). Il canale costruito all’interno della forra si sviluppava in sponda destra a valle della diga fino alla località Monciaduda. Da qui le acque, attraverso una galleria di oltre un chilometro ed un altro tratto di canale, giungevano alla centrale di Malnisio dove azionavano i gruppi turbina Francis-alternatore per la produzione dell’energia elettrica. A valle di questa centrale, entrata in esercizio nel 1905, le acque venivano convogliate alla centrale di Giais (1908) e quindi a quella del Partidor (1919) per essere restituite nel greto del torrente Cellina nei pressi di San Leonardo. Per la realizzazione di queste opere lavorarono più di duemila persone tra scalpellini, muratori, carpentieri, scarriolanti e donne portatrici. Questi impianti sono stati tra i primi di tipo “industriale”realizzati in Italia e sono rimasti in esercizio fino al 1988. L’energia idroelettrica prodotta a Malnisio, Giais e Partidor veniva trasferita, mediante linee ad alta tensione, alle città di Venezia, Treviso e Udine. Nel secondo dopoguerra il crescente fabbisogno di energia elettrica indusse la SADE (Società Adriatica di Elettricità) a potenziare gli impianti esistenti con la creazione di un bacino artificiale e di una nuova centrale tutt’ora funzionante. Venne costruita a Barcis una nuova diga con la conseguente realizzazione di un lago della capacità di 22 milioni di m3 di acqua, da questo serbatoio le acque sono addotte, mediante galleria in pressione, ad una centrale in caverna realizzata poco a monte della “vecchia diga” ed entrata in esercizio nel 1954. La galleria, del diametro di 3,9 metri e della lunghezza di circa 2 chilometri, è stata scavata all’interno del rilievo che separa il corso del Cellina dalla sella del Dint; attraversa la forra del Molassa per mezzo di un ponte-tubo e raggiunge il pozzo pie- 42 43 Il canale adduttore della centrale di Malnisio La vecchia strada nei pressi del Rio Stella zometrico alla cui base partono le due condotte forzate che alimentano i gruppi turbina Kaplan-alteratore presenti nella centrale. Fino al 1988 le acque utilizzate venivano scaricate a monte della “vecchia diga” in modo da essere deviate nel canale adduttore per le centrali di Malnisio, Giais, Partidor, San Foca e Villa Rinaldi (le ultime due realizzate nei primi anni ’50). Intorno al 1990, con la dismissione degli impianti storici (quelli di inizio ‘900), è venuta meno la necessità di alimentare il vecchio canale; l’ENEL ha quindi potenziato la centrale di Barcis installando il gruppo 2 che funziona in alternativa al gruppo 1 (installato nel 1954), sfruttando un ulteriore salto utile di 15 metri. La vecchia strada della Valcellina Fino al 1906 l’unico collegamento tra la pianura e la Valcellina era costituito dal sentiero di Sant’Antonio che partiva da Maniagolibero (o dal ponte di Ravedis) e raggiungeva Andreis, attraverso forcella La Croce tra il monte Fara e il monte Jouf. La costruzione dei primi impianti idroelettrici del Cellina (“vecchia diga”, canale adduttore e centrale di Malnisio) permise di realizzare il primo collegamento carrozzabile tra Montereale Valcellina e la località Molassa. Per costruire gli impianti era necessaria una strada di cantiere che permettesse di raggiungere i luoghi interessati dai lavori (lungo la forra del Cellina), fino al sito dove doveva essere costruita la diga di presa (“vecchia diga”). La società che doveva costruire queste opere non era però disponibile a prolungare la strada fino alla Molassa, località in cui già esisteva una strada che attraverso la sella del Dint portava a Barcis, l’ingegner Zenari (progettista degli impianti) si offrì di redigere il progetto e di dirigere i lavori per il completamento della strada al puro costo di manodopera e materiali. Il 27 settembre 1901 i comuni di Barcis, Montereale Valcellina, Pordenone ed Aviano stabilirono la costituzione di un consorzio, con a capo il comune di Montereale, per la costruzione della strada e la sua futura manutenzione. Il progetto redatto nel 1903 dall’ingegner Zenari prevedeva la realizzazione della strada in tre tronchi: 1° tronco - in sede propria, dal cimitero di Montereale alla località Monciaduda: 4.140 metri di sviluppo non particolarmente difficili, con un solo ponte e qualche arcata di sostegno. 2° tronco - con sede stradale da realizzare con volte in calcestruzzo gettate sopra il canale per quasi tutta la sua estensione, dalla Monciaduda alla “vecchia diga”. Solo in qualche breve tratto la strada si discosta dal canale correndogli a fianco: 4.400 metri di sviluppo molto difficili con 3 gallerie, 57 fra ponti-canale e arcate di sostegno. 3° tronco - in sede propria dalla “vecchia diga” alla località Molassa: 1.040 metri di sviluppo di estrema difficoltà con 8 ponti. 44 45 Indice La vecchia strada presso il bivio Molassa La strada venne inaugurata nel novembre del 1906 dallo stesso ingegner Zenari. Negli anni successivi il tracciato fu soggetto ad alcune varianti: tra il 1920 e il 1922 venne realizzato un percorso lungo la forra del Cellina alternativo alla strada del Dint; nel 1921 fu completata una variante che, nei pressi di Montereale, con una galleria consentiva di accorciare il percorso di circa 2 chilometri; nel 1930 fu realizzato un collegamento con il ponte di Ravedis verso Maniago. Una ulteriore modifica si rese necessaria nel 1950 quando, in seguito alla costruzione della diga di Barcis, il percorso realizzato nel 1920-22 fu ricostruito più in alto. La strada è stata dimessa nel 1992. 46 3 Presentazione 5 Riserva Naturale Forra del Cellina 11 Evoluzione del paesaggio 17 Aspetti geologici 23 Aspetti morfologici 29 Aspetti vegetazionali 37 Fauna 41 Aspetti antropici