Testi:
Antonio Cossutta, Elettra Mian, Vladimiro Toniello, Alberto Riva,
Bernardino Carpenè, Fabio Stoch, Gianluca Governatori
Traduzione:
Martina Clerici (terza di copertina)
Foto:
Archivio Circolo culturale Menocchio (pagg. 41, 44, 45, 46)
Archivio Ente Tutela Pesca (pag. 40)
Claudio Bearzatto (pagg. 9, 38, 39)
Mauro Caldana (pag. 38)
Antonio Cossutta (copertina e pagg. 7, 8, 10, 11, 17, 20, 23, 24, 25, 28,
29, 34, 35, 36)
Luciano Gaudenzio (pag. 37)
Gian Vittorio Martello (pag. 36)
Marco Pradella (pagg. 8, 27)
Fabio Stoch (pag. 40)
Luca Tonegutti (pagg. 5, 26)
Disegni, cartografia e illustrazioni:
Archivio Cooperativa S.T.A.F. (pagg. 42, 43)
Mario Alimede (seconda di copertina)
Samantha Boccalon (pagg. 13, 14)
Bernardino Carpenè (pagg. 32, 33)
Elena De Luca (pagg. 30, 31)
Elena Missio (pag. 6)
Alberto Riva (pagg. 18, 19)
Progetto grafico:
Studio A.G. - Pordenone
Coordinamento:
Cooperativa S.T.A.F. - Barcis (Pn)
Supervisione:
Graziano Danelin (Ente Parco Naturale Dolomiti Friulane) - Cimolais (Pn)
Intervento cofinanziato dall’Unione Europea, Interreg. III A
Italia/Slovenia, Progetto Spelaion Logos - Valcellina
PRESENTAZIONE
La Riserva Naturale Forra del Cellina è gestita dall'Ente Parco
Naturale Dolomiti Friulane; questa pubblicazione è stata realizzata nell'ambito del progetto integrato Spelaion logos,
finanziato con l'Iniziativa Comunitaria Interreg. IIIA Italia/Slovenia.
Illustra le principali realtà naturalistiche, geologiche e storiche
dell'area protetta facendo riferimento agli argomenti trattati
nel Centro visite di Ponte Antoi e lungo il sentiero didattico
del Dint.
Il progetto, nel suo complesso, ha permesso di realizzare
diverse attività per la valorizzazione di ambienti di origine carsica presenti in aree protette e in zone di elevato valore naturalistico dell'arco prealpino orientale: sentieri tematici, interventi infrastrutturali, allestimenti didattici, seminari, convegni,
pubblicazioni, materiale illustrativo e divulgativo.
Gli interventi hanno coinvolto tre aree protette (Riserva
Naturale Forra del Cellina, Parco Naturale Prealpi Giulie, Parco
Nazionale del Triglav) e un Sito di Importanza Comunitaria
(Grotte Vigant e Pre Oreak in Comune di Nimis), interessati da
territori simili per orografia, geologia e valenze naturalistiche.
Nell'ambito della Riserva Naturale Forra del Cellina sono stati
realizzati:
1. Un percorso didattico-naturalistico in parte a cielo aperto
(Sentiero del Dint - Vecchia strada della Valcellina - Sentiero
delle grotte) e in parte sotterraneo (all'interno del complesso carsico denominato “Grotte Vecchia Diga”).
2. L'allestimento del Centro visite in località Ponte Antoi a
Barcis.
3. Una serie di studi sui principali aspetti naturalistici della
Riserva (geologia, morfologia, idrologia, fauna, vegetazione).
4. Diversi materiali divulgativi, informativi e promozionali: sito
web, DVD, CD-Rom interattivo, poster, depliant.
Questa pubblicazione vuol essere una guida, semplice ma
completa, che illustra e descrive tutte le bellezze naturalistiche che si possono osservare all'interno della Riserva Naturale
Forra del Cellina; un aiuto per l'escursionista che vuole
approfondire le sue conoscenze visitando questi luoghi.
Il Presidente del Parco Naturale Dolomiti Friulane
Marino Martini
3
RISERVA NATURALE FORRA DEL CELLINA
Forra del Cellina presso località Siviledo
per un’estensione complessiva di 304 ettari. Si sviluppa tra i
versanti del monte Fara ad Est e del Montelonga ad Ovest.
La massima elevazione è rappresentata dal monte I Cameroni
(1470 metri s.l.m.), mentre la quota del fondovalle si aggira
attorno ai 330 metri s.l.m.
La Riserva interessa la parte più significativa della grande incisione valliva scavata dal torrente Cellina nei calcari di età cretacica che costituiscono i rilievi che separano la conca di
Barcis dalla pianura.
L’aspetto morfologico è quello di un grande canyon, il maggiore della regione e senz’altro uno dei più spettacolari
d’Italia, con pareti verticali e imponenti fenomeni di erosione
fluviale. Un vero e proprio “sistema” di forre, confluenti l’una
nell’altra, relativo ai corsi dei torrenti Alba, Molassa e Cellina.
CARTA D'IDENTITÀ
Nome: Forra del Cellina
Anno di istituzione: 1998
Tipo: Riserva Naturale Regionale
Estensione: 304 ettari
Comuni interessati: Andreis, Barcis, Montereale Valcellina
Ente gestore: Parco Naturale Dolomiti Friulane
Strutture: Centro visite di Barcis, località Ponte Antoi
Forra del Cellina presso la confluenza del Molassa
La Riserva Naturale Forra del Cellina è una delle 12 riserve
naturali presenti nella Regione Friuli Venezia Giulia.
È stata istituita nel 1998 individuando il suo territorio tra le
Aree di Reperimento indicate nella Legge Regionale n. 42/96
(“Norme in materia di parchi e riserve regionali”).
La Riserva si trova nelle Prealpi Carniche ed interessa parte dei
territori dei comuni di Andreis, Barcis e Montereale Valcellina
Sulle pareti verticali di queste profonde incisioni sono ben
documentate le morfologie legate all’azione erosiva dell’acqua: marmitte di erosione, sottoescavazioni e rocce levigate.
Queste forme caratterizzano la parte bassa e media dei versanti, mentre nelle zone più elevate vengono mascherate, cancellate e sostituite da quelle dovute alla fratturazione della
roccia, all’azione del gelo e disgelo e della gravità.
La maggior parte del territorio della Riserva è costituito da
rocce carbonatiche. Questo ha determinato l’instaurarsi di
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giglio dorato e della rosacea Spiraea decumbens ssp.tormentosa.
A testimonianza del rigido microclima locale è facile trovare,
anche alla base dei versanti, cespugli di erica e rododendro
che normalmente occupano postazioni più elevate.
Nella parte alta dei versanti, e nelle situazioni di minor acclività, sono presenti interessanti esempi di faggete su terreni
calcarei. Le conoidi detritiche ed i ghiaioni sono colonizzati
dalla tipica flora glareicola che comprende il geranio crestato,
l’ombrellifera Athamanta cretesi, la sassifraga gialla e la felce
del calcare. Le rocce strapiombanti della forra sono ornate dai
cespi violacei della campanula carnica e dal particolarissimo
raponzolo di roccia.
Morfologie carsiche sul monte I Cameroni
fenomeni di dissoluzione che hanno dato luogo a morfologie
di tipo carsico. Si possono osservare sia forme carsiche di
superficie (doline, scannellature, campi solcati e vaschette di
corrosione), che forme carsiche ipogee (pozzi, grotte, gallerie).
Queste ultime raggiungono la loro massima espressione nel
sistema di cavità denominato “Grotte Vecchia Diga”.
Nella zona del Dint (ad Est del Centro visite) affiorano formazioni rocciose di tipo diverso (Flysch di Clauzetto e Scaglia
Rossa). Si tratta di rocce più tenere dei calcari che danno luogo
a morfologie più dolci e che, a causa della diversa composizione chimica, non sono interessate dal fenomeno carsico.
La Riserva si caratterizza anche
per alcune peculiarità floristiche e vegetazionali legate alle
particolari condizioni microclimatiche dell’area, dovute a
esposizioni dei versanti variabili, situazioni geo-pedologiche
diversificate e quote che vanno
dai 315 ai 1470 metri s.l.m.
Di particolare interesse sono le
boscaglie di forra a carpino
nero con presenza di tasso, di
La consistenza faunistica della
Riserva non è elevata, ma si
esplicita con la presenza di
numerose specie che non trovano facile riscontro in ambienti similari. L’abbandono delle
attività umane e la particolare
morfologia del territorio
hanno permesso un rapido
sviluppo delle popolazioni animali, soprattutto di quelle più
diffidenti alla presenza umana.
Specie nidificanti nell’area
Camoscio
sono: il falco pellegrino, l’aquila reale, la poiana, la rondine montana, il gheppio, il gufo reale,
la civetta capogrosso ed il merlo acquaiolo. Tra gli ungulati
vanno menzionati: il camoscio sulla Croda del Pic, il capriolo e
il cervo. Abbastanza diffusi anche altri mammiferi quali: il
tasso, la volpe, la faina, lo scoiattolo ed il ghiro, nonché alcune
specie di micromammiferi.
La trota fario è presente sia nelle acque del Cellina che del
Molassa mentre nei luoghi più umidi è facile incontrare il
rospo comune, la salamandra pezzata, il tritone alpestre, l’ululone dal ventre giallo e varie specie di rane. Nella forra vivono
anche alcuni rettili: la comune biscia d’acqua e la natrice tessellata; nei macereti di frana e sui ghiaioni è possibile osservare: la vipera dal corno, il ramarro, il colubro liscio, l’orbettino e
la vipera comune.
Orno ostrieto di forra
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EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO
Questo ambito naturalistico
assume una particolare
valenza storica per la presenza di alcune opere per lo
sfruttamento a fini idroelettrici delle acque del Cellina e
per il passaggio della vecchia strada della Valcellina.
Agli inizi del 1900 all’interno
della forra venne realizzata
una diga di presa (la “vecchia
diga”) e un canale adduttore
per deviare e portare le
acque del Cellina alla
Centrale di Malnisio. Questi
impianti furono tra i primi di
tipo industriale ad essere
realizzati in Italia.
La costruzione di queste
opere risolse anche l’annosa
questione della viabilità in
Valcellina, che era collegata
alla pianura solo attraverso il
sentiero di Sant’Antonio
lungo la val de Crous tra il
monte Fara e il monte Jouf.
La realizzazione di una strada carrozzabile lungo la forra
fu possibile grazie all’allargamento della strada di servizio per la costruzione della
“vecchia diga” e del canale di
alimentazione della centrale.
Il primo tracciato partiva dal
cimitero di Montereale e si
collegava alla viabilità esistente (all’interno della valle)
in località Molassa. Questo
percorso subì alcune varianti
negli anni ’20, ’30 e ’50 del
1900 e venne utilizzato fino
al 1992.
"Vecchia diga" sul Cellina
Vecchia strada della Valcellina
Forra del Cellina presso la confluenza con il Molassa
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La “barriera corallina” (1)
La maggior parte delle rocce presenti nella Riserva si sono formate in un ambiente marino caratterizzato da acque poco
profonde e da un clima tropicale. Morfologicamente e geograficamente questo ambiente faceva parte di una piattaforma carbonatica. Tali condizioni ambientali sono perdurate,
con variazioni minime, per un lungo periodo tra 150 e 65
milioni d’anni fa. La piattaforma era suddivisa in zone con
profondità diverse che costituivano un “complesso di scogliera” di tipo lineare, simile alle barriere coralline attuali. Si distinguevano lagune di retroscogliera, la scogliera propriamente
detta, zone di avanscogliera e zone di raccordo con i bacini
profondi circostanti. Come le barriere coralline attuali, la scogliera era un ambiente ricco di vita. Numerosi erano gli organismi marini che la popolavano: alghe calcaree, coralli, gasteropodi, spugne e soprattutto alcune specie di bivalvi, attualmente estinte, chiamate “rudiste”. Molti di questi organismi
vivevano fissati al fondo, i loro scheletri e gusci carbonatici
permettevano alla barriera di accrescersi, mentre nel contempo il fondo marino si abbassava lentamente. Lungo la forra del
Cellina e nella conca di Barcis si possono osservare i resti della
scogliera ed i fossili di questi antichi organismi.
1
Il flysch (2)
Circa 60 milioni d’anni fa, forse a causa di un abbassamento
rapido del fondo marino, vennero a mancare le condizioni per
la vita degli organismi “costruttori” della barriera corallina
(acque ben ossigenate, limpide, calde...). La scogliera scomparve e venne ricoperta da altri sedimenti che diedero luogo ad
una roccia calcareo-marnosa-arenacea di colore grigiastro
che ora affiora al centro della conca di Barcis e lungo il corso
del torrente Alba. I sedimenti che originarono questa roccia
derivano dall’erosione avvenuta a seguito dell’orogenesi alpina. Il sollevamento delle Alpi è iniziato circa 80 milioni di anni
fa: non appena si sono formati i primi rilievi, i processi esogeni hanno iniziato a smantellarli e i materiali erosi sono stati trasportati al mare dai fiumi. Durante la prima parte del periodo
Terziario, quest'area non era ancora emersa. Successivi abbassamenti del fondo del mare, con relative deposizioni di sedimenti marini dovuti a correnti di torbida (causate da frane sottomarine), hanno dato luogo a questa formazione rocciosa
che i geologi chiamano Flysch di Clauzetto (dal nome della
Il sollevamento (3)
Il sollevamento delle Alpi non fu immediato e solo nella sua
fase finale interessò i rilievi più esterni delle Prealpi Carniche
che emersero tra 15 e 7 milioni di anni fa. Le catena alpina è il
risultato dello scontro tra la placca europea e quella africana.
Da un punto di vista tettonico la conseguenza di tale scontro
è stato, in quest’area, lo sviluppo di una serie di pieghe e faglie
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2
località dove è stata inizialmente studiata). Si tratta di una roccia formata da alternanze di arenarie (più o meno grossolane),
argille calcaree e marne.
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(con sovrascorrimenti) ad andamento Est-Ovest. Sottoposte
alle spinte compressive le rocce si sono prima piegate e quindi fratturate secondo piani di faglia lungo i quali porzioni di
crosta si sono accavallate ad altre. Il territorio a Nord della
Riserva è interessato da un’importante faglia (linea BarcisStarasella) che porta i terreni triassici (210 milioni di anni) a
sovrascorrere su quelli terziari del Flysch di Clauzetto (50
milioni di anni). A Nord del sovrascorrimento le rocce sono
piegate secondo un’anticlinale (piega con concavità verso il
basso), mentre a Sud secondo una sinclinale (piega con concavità verso l’alto) che corrisponde alla conca di BarcisAndreis. Le spinte all’origine di queste deformazioni hanno
determinato un reticolo di fratture nelle masse rocciose che
ha condizionato i fenomeni erosivi e di conseguenza lo sviluppo del reticolo idrografico.
ti dei ghiacciai locali. Nella conca di Andreis si rinvengono
ciottoli striati, immersi in un limo biancastro di origine fluvioglaciale; in alcuni casi si tratta di rocce che non affiorano nel
bacino del Cellina, a testimonianza di una provenienza legata
a questo fenomeno di trasfluenza. È probabile che l’antico
corso del Cellina avesse direzione Ovest-Est (da Barcis verso
forcella di Pala Barzana e Navarons); in seguito, a causa del
perdurare delle spinte orogenetiche ed al relativo innalzamento della zona, si ebbe una prima deviazione verso la pianura attraverso forcella La Croce e la val de Crous, probabilmente già percorsa da un piccolo torrente.
Le glaciazioni e gli antichi percorsi del Cellina (4)
Nel periodo Quaternario (ultimi 2 milioni di anni) si sono alternati “periodi glaciali”(freddi) a “periodi interglaciali”(più caldi).
Durante le “glaciazioni” le Alpi erano coperte da una calotta di
ghiaccio e le valli erano percorse da grandi lingue glaciali.
Il ghiacciaio del Piave scendeva dalla zona di Sappada lungo
la sua valle (e lungo la val Lapisina) per espandersi in pianura
formando gli anfiteatri morenici di Quero e Vittorio Veneto.
Nei pressi di Longarone, dove il ghiaccio aveva uno spessore
di 1300-1400 metri, un piccolo ramo trasfluiva nella valle del
Vajont e scendeva lungo la Valcellina dove riceveva i contribu-
L’attuale corso del Cellina (5)
In seguito ad ulteriori fenomeni di innalzamento (a causa
delle spinte orogenetiche), è probabile che, in una seconda
fase, il Cellina si sia incanalato verso la pianura lungo le fratture dirette NordOvest-SudEst (percorso attuale). Un’altra ipotesi è che le acque del Cellina siano state catturate per erosione
regressiva da un corso d’acqua che scendeva tra il monte Fara
e il Montelonga. Questo torrente avrebbe abbassato il fondo
della sua valle fino alla conca di Barcis catturando il “paleo
Cellina” che scorreva verso Andreis. L’approfondimento del
corso attuale del Cellina ha richiamato a sua volta i torrenti
Alba e Molassa costringendoli ad incidere profondamente le
rocce. Ciò ha dato origine alle forre visibili in corrispondenza
dell’Osteria Molassa dove questi corsi d’acqua confluiscono.
Tale verosimile ed interessante evoluzione del reticolo idro-
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grafico del Cellina ha lasciato numerose testimonianze: tratti
di paleoalvei sospesi lungo i torrenti Alba e Cellina (zona della
Medata); depositi fluviali stratificati con ghiaie e sabbie a
quote più elevate di quelli attuali (soprattutto lungo il torrente Alba); antiche marmitte ormai parzialmente erose a varie
quote, sia nella forra del Cellina che in quelle del Molassa e
dell’Alba.
ASPETTI GEOLOGICI
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Calcari del Cellina presso località Siviledo
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La carta geologica della Riserva raccoglie le principali informazioni relative alla stratigrafia e alla tettonica del territorio
dell'area protetta. Ogni colore rappresenta un’unità geologica. All’interno della Riserva, l’unità più antica è costituita dai
Calcari del Cellina che affiorano nella parte sud-orientale dell’area. Si tratta di calcari ben stratificati, debolmente inclinati
verso Nord, depositatisi circa 130 milioni di anni fa. Su questa
unità poggiano i Calcari del Monte Cavallo, che formano le
superfici regolari degradanti verso il lago di Barcis. Questi calcari sono ricchi di fossili, in particolar modo “rudiste”. Sopra
questa formazione, sulla dorsale del Dint, affiorano i Calcari di
Andreis, rappresentati con lo stesso colore dei Calcari del
Monte Cavallo. Verso Nord, sopra a pochi strati di Scaglia
Rossa, affiora il Flysch di Clauzetto: un’alternanza di argille ed
arenarie con una particolare predisposizione al franamento.
Nell’angolo in alto a sinistra una linea rossa rappresenta l’elemento tettonico di maggior interesse. Si tratta della “linea
Barcis-Starasella (Staro Selo)”: un sovrascorrimento che si
estende dalle Prealpi Carniche alla Slovenia. Tale struttura
porta all’accavallamento della Dolomia Principale (210 milioni
di anni) sul Flysch di Clauzetto (50 milioni di anni). Si tratta del
riflesso più evidente (a livello locale) dell’orogenesi alpina,
avvenuta in quest’area a partire da 30 milioni di anni fa. Altre
piccole faglie attraversano la Riserva, senza avere particolare
importanza geologica.
I punti di colore arancione indicano la posizione delle cavità
carsiche: la più importante, il complesso denominato “Grotte
Vecchia Diga”, si trova nella parte centrale della carta.
Descrizione delle principali formazioni geologiche
Calcari del Cellina
Età: Giurassico superiore-Cretacico inferiore
Limite inferiore: poggiano sui Calcari di Polcenigo
Limite superiore: al tetto seguono i Calcari del Monte Cavallo
Spessore: 850 metri nella sezione tipo (bassa Valcellina)
Formazione geologica costituita inferiormente da calcari fini
di colore grigio o grigio-nocciola in strati da 20 centimetri a 1
metro, a cui si alternano, nella parte superiore, calcari detritici
fossiliferi, calcari stromatolitici, e qualche livello di dolomie e
calcari oolitici. Nella parte alta della formazione sono presenti
intercalazioni argillose in letti irregolari.
Questa formazione affiora al nucleo della piega anticlinale
“monte Fara - monte Jouf” e quindi nella zona sud-orientale
della Riserva.
Calcari del Monte Cavallo e Calcari di Andreis
Età: Cretacico superiore-Paleocene
Limite inferiore: poggiano sui Calcari del Cellina
Limite superiore: al tetto è presente una lacuna stratigrafica,
segue la Scaglia Rossa
Spessore: 500 metri nella sezione della forra del Cellina
Formazione geologica costituita da calcari massicci o in grossi
strati di colore grigio-nocciola o grigio. La stratificazione,
quando presente, è solitamente formata da banchi spessi da
1,5 a 4 metri. È molto ricca di fossili: soprattutto “rudiste”(spesso in posizione di crescita) tra cui è possibile osservare Caprina
schiosensis, e Durania blayaci nella parte più bassa e Vaccinites
gosaviensis, Vaccinites atheniensise e Rajka spinosa nei livelli
più alti. È la roccia che affiora in modo più esteso nella Riserva.
Scaglia Rossa
Età: Paleocene
Limite inferiore: poggia sui Calcari di Andreis
Limite superiore: al tetto segue il Flysch di Clauzetto
Spessore: pochi metri (affiora in modo discontinuo)
Formazione geologica costituita da alternanze di marne
(rocce argillose) e calcari marnosi con stratificazione sottile o
poco evidente. Queste rocce presentano un color rosso mattone, più raramente grigio o verdastro e sono facilmente alterabili dagli agenti atmosferici. Il contenuto fossilifero a
Calcari del Cellina
Rudista nei Calcari del Monte Cavallo
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foraminiferi planctonici consente di limitare l’età di questa
formazione al Paleocene. Affiora lungo il torrente Alba e vicino alla frazione di Molassa, nonché vicino all’Osteria di Ponte
Antoi ed al Centro visite.
ASPETTI MORFOLOGICI
Flysch di Clauzetto
Età: Eocene inferiore
Limite inferiore: poggia sulla Scaglia Rossa
Limite superiore: al tetto è presente una lacuna stratigrafica,
segue la Molassa
Spessore: circa 600-800 metri
Formazione geologica costituita da alternanze di marne (e
marne argillose) con livelli arenacei (frequentemente calcarenitici). Gli strati marnosi hanno spessori compresi tra 5 e
50 centimetri mentre quelli arenacei tra 0,5 e 2 metri. Questi
ultimi si presentano più potenti e ricchi di frazione carbonatica nella parte sommitale della formazione. I macrofossili sono
assenti, mentre ricche sono le microfaune nei livelli marnosi.
Il Flysch di Clauzetto affiora nella parte settentrionale della
Riserva, lungo la sinclinale di Barcis-Andreis.
Forme di erosione fluviale alla confluenza del torrente Alba nel Molassa
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Morfologie fluviali
Le forme legate all’azione delle acque correnti sono forse le
più spettacolari della Riserva. Percorrendo la vecchia strada
della Valcellina si possono osservare molteplici morfologie
dovute ai processi di erosione, trasporto e sedimentazione dei
corsi d’acqua: alcune di grandi dimensioni, altre di dimensioni
minori.
Aspetti importanti legati all’azione delle acque sono:
1. la notevole profondità delle forre rispetto alla loro larghezza (erosione su rocce compatte);
2. l’andamento delle valli costituito da tratti rettilinei con bruschi cambi di direzione e senza curve ad ampio raggio (erosione influenzata dal reticolo di fratturazione delle rocce);
3. i massi (a volte enormi) e i ciottoli levigati (erosione dei
materiali trasportati o presenti sul fondo);
4. le forme che l’acqua ha scavato nella roccia e che si osservano sulle pareti a diverse altezze, ormai in ambiente subaereo: marmitte di erosione e paleoalvei (forme di erosione
antiche);
5. le forme subacquee di erosione in via di formazione (forme
di erosione in atto);
6. i depositi di ciottoli e ghiaie a quote superiori all’alveo
attuale (forme di sedimentazione antiche);
7. i depositi di ciottoli e ghiaie in alveo (forme di sedimentazione attuali, dovute alla diminuzione della velocità della
corrente al termine delle piene).
Morfologie carsiche
Le rocce che affiorano nella Riserva sono costituite in prevalenza da calcari. Queste rocce sono soggette ad un’azione chimica da parte delle acque meteoriche (arricchite di anidride carbonica) che prende il nome di fenomeno carsico.
L’azione solvente delle acque di precipitazione si esercita in
primo luogo in superficie, dove produce una grande varietà di
forme: doline, inghiottitoi, blocchi, solchi, scannellature e
vaschette di corrosione. L’insieme di queste morfologie crea
un paesaggio assai caratteristico definito “paesaggio carsico”.
Forra del Cellina presso località Siviledo
Carso a blocchi
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Marmitte di erosione
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Grotte vecchia diga
Le Crode del Pic: ripido versante con strati a reggipoggio
Esempi di carsismo superficiale si trovano lungo il sentiero del
Dint, dove è possibile osservare zone con “carso a blocchi a
spigoli arrotondati” e doline più o meno grandi (isolate o raggruppate in “campi di doline”). Nella zona del monte I
Cameroni, sono presenti altri esempi di “carso a blocchi” che si
differenziano da quelli del Dint per le maggiori dimensioni e
per il fatto di essere costituiti da blocchi a “spigoli vivi”.
Le acque meteoriche si infiltrano anche nel sottosuolo attraverso le fenditure e i pori. Il processo di dissoluzione si propaga quindi in profondità dando luogo a forme carsiche ipogee:
grotte, gallerie, pozzi e sale.
Tali ambienti possono presentarsi più o meno “concrezionati”
con depositi calcitici quali stalattiti, stalagmiti e crostoni. Nella
Riserva il più importante complesso di cavità è quello delle
“Grotte Vecchia Diga”, esplorato per oltre 1,5 chilometri.
queste morfologie derivano dall’eliminazione, per erosione, di
rocce più tenere che si trovavano sopra tale superficie (erosione selettiva). Il territorio della Riserva si sviluppa sul fianco settentrionale di una piega anticlinale: la stratificazione delle
rocce è quindi ovunque inclinata allo stesso modo. Ci troviamo in presenza di un rilievo monoclinale (strati uniformemente inclinati), in cui l’erosione dei corsi d’acqua ha determinato
morfologie di tipo “a cuesta”. In questo tipo di rilievo i versanti opposti sono caratterizzati rispettivamente da giacitura
degli strati a reggipoggio e a franapoggio. I versanti a reggipoggio sono generalmente più stabili e presentano pendenze maggiori rispetto a quelli a franappoggio. Le creste principali sono quasi sempre arrotondate e si sviluppano lungo il
passaggio dai versanti a reggipoggio a quelli a franappoggio.
Nei versanti a reggipoggio i potenti strati massicci possono
dare origine a delle cenge.
Morfologie di versante
La Riserva è caratterizzata dalla totale assenza di superfici
orizzontali. Ad Est e ad Ovest rispetto al corso del Cellina si sviluppano i versanti settentrionali del monte Fara e del
Montelonga. Queste due superfici, molto ampie e regolari
(direzione Est-Ovest ed immersione verso Nord), sono incise
profondamente dal torrente che scorre verso SudEst.
Si tratta di superfici strutturali coincidenti con il piano di strato superiore di un banco di roccia resistente. Molto spesso
Morfologie strutturali
Nel territorio della Riserva si possono trovare numerosi esempi dell’influenza delle “strutture” geologiche sulle forme del
rilievo. La conca di Barcis e Andreis e la dorsale MontelongaFara-Jouf sono legate ad una serie di pieghe provocate dallo
scontro tra la placca africana e quella europea. In particolare la
conca coincide con una sinclinale (piega con concavità verso
l’alto) mentre la dorsale coincide con un’anticlinale (piega con
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ASPETTI VEGETAZIONALI
Superfici strutturali: versanti Nord del monte Fara e del Montelonga
concavità verso il basso). I versanti settentrionali del monte
Fara e del Montelonga (molto regolari e con la stessa inclinazione) sono “superfici strutturali” in quanto coincidono con i
piani di strato.
Il corso del Cellina lungo la forra si caratterizza per bruschi
cambiamenti di direzione: si alternano tratti ad andamento
(circa) Ovest-Est a tratti ad andamento Nord-Sud. Se si osservano le pareti rocciose in corrispondenza di queste variazioni
di direzione, sono chiaramente visibili grosse fratture perpendicolari tra loro. Tali fratture, che sono in relazione alle spinte
orogenetiche, hanno indebolito gli ammassi rocciosi, determinando delle vie preferenziali per l’erosione delle acque.
In alcuni casi le stesse pareti verticali all’interno della forra
coincidono con piani di frattura: alcuni esempi si possono
osservare tra la confluenza del torrente Molassa e la “vecchia
diga” dove le morfologie sono condizionate da una serie di
faglie trascorrenti dirette NordOvest-SudEst.
Faggeta su calcari
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Il territorio della Riserva risente di influenze
climatiche diverse: quella mediterranea (il
mare Adriatico è relativamente vicino) e
quella continentale-centroeuropea (determinata da una sommatoria di fattori orografici, altitudinali e di esposizione). Quest’area,
inoltre, presenta situazioni geo-pedologiche
diversificate e altezze sul livello medio del
mare comprese tra i 330 e i 1470 metri.
A questi fattori generali, che entrano in
gioco nello sviluppo e nella distribuzione
delle specie vegetali, si deve aggiungere l’influenza esercitata, nel recente passato, dalle
attività dell’uomo. Tutti questi elementi
determinano la presenza, nel territorio della
Riserva, di diverse associazioni vegetali.
Sulle pareti della forra, è presente di un tipo
di vegetazione rupicola assai interessante,
perché caratteristica delle prealpi nordorientali. Si tratta dello spireo-potentilleto
(Spiraeo-Potentilletum caulescentis) che ospita nella sua comunità il raponzolo di roccia
(Physoplexis comosa), una delle più belle
campanulacee della nostra flora. La copertura forestale dei versanti, dove un minimo
d’accumulo di suolo lo consente, è dominata
dal carpino nero (Ostrya carpinifolia) che si
accompagna spesso all’orniello (Fraxinus
ornus).
L’orno-ostrieto è l’associazione vegetale di
maggior estensione spaziale presente nella
Riserva. Più in alto e alle spalle della forra,
dove il suolo è più profondo e fresco, domina incontrastata la faggeta.
Una delle particolarità della Riserva è la presenza, in alcune zone, di rododendro
(Rhododendron hirsutum) a quote eccezionalmente basse. Questo è dovuto ad un
microclima decisamente freddo d’inverno e
fresco d’estate. Il livello elevato di umidità, in
alcune aree, è confermato dalla presenza del
tasso (Taxus baccata).
30
TRANSETTO VEGETAZIONALE N. 1
FAGGETA SUBMONTANA CON OSTRYA
Profilo (Nord-Sud): Lago di Barcis - Ponte Antoi - Forra del Cellina - Versante Nord Montelonga
OSTRIETO TIPICO
A: Amelanchier ovalis (Pero corvino)
Cb: Carpinus betulus (Carpino bianco)
C: Cornus mas (Corniolo)
Cm: Crataegus monogyna (Biancospino)
F: Fraxinus ornus (Orniello)
L: Laburnum anagyroides (Maggiociondolo)
O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero)
S: Sorbus aria (Sorbo montano)
OSTRIETO TIPICO
A: Amelanchier ovalis (Pero corvino)
Cb: Carpinus betulus (Carpino bianco)
C: Cornus mas (Corniolo)
Cm: Crataegus monogyna (Biancospino)
F: Fraxinus ornus (Orniello)
L: Laburnum anagyroides (Maggiociondolo)
O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero)
S: Sorbus aria (Sorbo montano)
Belvedere 1
OSTRIETO DI FORRA
Ap: Acer psudoplatanus (Acero di monte)
A: Amelanchier ovalis (Pero corvino)
Ca: Corylus avellana (Nocciolo)
F: Fraxinus ornus (Orniello)
O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero)
P: Pinus sylvestris (Pino silvestre)
Sa: Salix appendiculata (Salice appendicolato)
S: Sorbus aria (Sorbo montano)
T: Taxus baccata (Tasso)
q. 425
FAGGETA SUBMONTANA DEI
SUOLI MESICI CARBONATICI
Lago di Barcis
q. 360
Ac: Acer campestre (Acero campestre)
Ap: Acer psudoplatanus (Acero di monte)
Cb: Carpinus betulus (Carpino bianco)
Fs: Fagus sylvatica (Faggio)
Fe: Fraxinus excelsior (Frassino maggiore)
F: Fraxinus ornus (Orniello)
O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero)
Pa: Prunus avium (Ciliegio)
S: Sorbus aria (Sorbo montano)
Tc: Tilia cordata (Tiglio selvatico)
Tp: Tilia platyphyllos (Tiglio nostrano)
U: Ulmus glabra (Olmo di montagna)
Torrente Cellina
Ap: Acer pseudoplatanus (Acero di monte)
Ca: Corylus avellana (Nocciolo)
FAGGETA
SUBMONTANA Fs: Fagus sylvatica (Faggio)
O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero)
CON OSTRYA
S: Sorbus aria (Sorbo montano)
TRANSETTO VEGETAZIONALE N. 2
Profilo (Nord-Sud): Dint - Forra del Cellina - Versante Nord Montelonga
q. 700
OSTRIETO TIPICO
ACERI-FRASSINETO TIPICO
Ac: Acer campestre (Acero campestre)
Apl: Acer platanoides (Acero riccio)
Ap: Acer pseudoplatanus (Acero di monte)
Ai: Alnus incana (Ontano bianco)
Ag: Alnus glutinosa (Ontano nero)
Cb: Carpinus betulus (Carpino bianco)
Ca: Corylus avellana (Nocciolo)
Fs: Fagus sylvatica (Faggio)
Fe: Fraxinus excelsior (Frassino maggiore)
O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero)
Pt: Populus tremula (Pioppo tremulo)
Qr: Quercus robur (Farnia)
R: Robinia pseudoacacia (Falsa acacia)
Sn: Sambucus nigra (Sambuco)
Tp: Tilia platyphyllos (Tiglio nostrano)
U: Ulmus glabra (Olmo di montagna)
Um: Ulmus minor (Olmo campestre)
q. 600
Ap: Acer pseudoplatanus (Acero di monte)
Ca: Corylus avellana (Nocciolo)
Fs: Fagus sylvatica (Faggio)
O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero)
S: Sorbus aria (Sorbo montano)
A: Amelanchier ovalis (Pero corvino)
Cb: Carpinus betulus (Carpino bianco)
C: Cornus mas (Corniolo)
Cm: Crataegus monogyna (Biancospino)
F: Fraxinus ornus (Orniello)
L: Laburnum anagyroides (Maggiociondolo)
O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero)
S: Sorbus aria (Sorbo montano)
FAGGETA SUBMONTANA
CON OSTRYA
Ap: Acer pseudoplatanus (Acero di monte)
Ca: Corylus avellana (Nocciolo)
Fs: Fagus sylvatica (Faggio)
O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero)
S: Sorbus aria (Sorbo montano)
Belvedere 3
OSTRIETO DI RUPE
A: Amelanchier ovalis
F: Fraxinus ornus
O: Ostrya carpinifolia
OSTRIETO DI FORRA
q. 425
VEGETAZIONE
DELLE RUPI
Tornanti della strada asfaltata
Ponte Antoi - Borgo Molassa
Pco: Physoplexis comosa
Pc: Potentilla caulescens
Sd: Spiraea decumbens
Ap: Acer pseudoplatanus (Acero di monte)
A: Amelanchier ovalis (Pero corvino)
Ca: Corylus avellana (Nocciolo)
S: Fraxinus ornus (Orniello)
O: Ostrya carpinifolia (Carpino nero)
P: Pinus sylvestris (Pino silvestre)
Sa: Salix appendiculata (Salice appendicolato)
S: Sorbus aria (Sorbo montano)
T: Taxus baccata (Tasso)
Sd
Pco
Pc
Strada
q. 345
Torrente Cellina
31
CARTA DELLA VEGETAZIONE DELLA RISERVA
Legenda
Associazioni vegetali
Orno-ostrieto di forra
Orno-ostrieto tipico
Orno-ostrieto frammentario e roccia nuda
Aceri-frassineto
Faggeta submontana
Spiraeo-potentilleto
Popolamento a Genista radiata
Confine della Riserva
Descrizione di alcune specie di particolare interesse
zato per la produzione di legna da ardere e di carbone.
Tasso (Taxus baccata)
Rara conifera propria della fascia montana temperata a clima
umido. Predilige i suoli calcarei e non dà luogo a boschi puri,
ma si mescola ad altre specie. Viene chiamato anche “albero
della morte” perchè in particolar modo foglie e semi
contengono un principio
attivo assai tossico che, se
ingerito anche in modeste
quantità, provoca gravi
intossicazioni. Nell’antichità
il suo legno era utilizzato per
ricavare archi potenti e flessibili, forse per questo in
alcune zone del suo areale è
ora poco frequente. In
Valcellina e nella Riserva il
tasso prospera, favorito dai
substrati calcarei e dal clima
Tasso
temperato molto umido.
Pianella della Madonna (Cypripedium calceolus)
È senza dubbio la più bella e appariscente orchidea della flora
italiana. Il labello rigonfio di color giallo lucido e le tre ali marron scuro rendono il suo fiore di un’eleganza ineguagliabile.
La particolare biologia riproduttiva delle orchidee e le
peculiari esigenze che i piccolissimi semi hanno per
germinare rendono queste
piante generalmente poco
frequenti. Cresce nei boschi,
nei cespuglieti e nei prati tra
i 500 e i 2000 metri di quota,
soprattutto su terreni calcarei. Per la sua rarità e per la
sua particolare bellezza, la
pianella della Madonna è
una delle specie protette ai
sensi della Legge Regionale
Pianella della Madonna
n. 34/81.
Carpino nero (Ostrya carpinifolia)
Pianta termofila, di elevata adattabilità ecologica, presente
nelle zone collinari e montane fino a 1300 metri di quota.
Il suo apparato radicale, intricatissimo e profondo, riesce a
sfruttare anche la minima
quantità d’acqua presente
nel sottosuolo. Cresce sui
versanti della Riserva che si
caratterizzano per l’estrema
aridità del substrato, dovuta
alla grande permeabilità
delle rocce nonostante la
notevole piovosità.
È l’albero più diffuso di tutta
l’area protetta; dà luogo a
fitti manti boschivi in cui si
accompagna spesso all’orniello (Fraxinus ornus).
In epoche passate era utiliz-
Giglio dorato (Hemerocallis lilio-asphodelus)
Questa rara liliacea ama i luoghi freschi, le forre e i boschi umidi
dal livello del mare ai 1000-1300 metri di quota. Presenta un
fusto eretto, alto fino a un metro, che porta 3-5 grandi fiori gialli. Predilige i substrati calcareo-dolomitici e fiorisce da
maggio a giugno.
È una specie euro-siberiana,
attualmente limitata al versante meridionale delle Alpi
orientali. Ciò fa pensare che
la migrazione nel nostro territorio sia verosimilmente
avvenuta prima dell’ultima
glaciazione.
Il giglio dorato cresce lungo i
ripidi versanti della forra del
Cellina, su rupi verticali o su
strette cenge erbose.
Carpino nero
Giglio dorato
34
35
Raponzolo di roccia (Physoplexis comosa)
Specie endemica delle Alpi centro-orientali, cresce nelle fessure di rupi umide e ombrose soprattutto su substrati calcarei e
dolomitici tra i 300 e i 2300 metri di quota. Fiorisce da giugno
ad agosto dando luogo a un
capolino subgloboso che
porta da 15 a 30 fiori. Questo
appariscente groviglio violetto, con una rosetta di
foglie cerulee alla base,
appartiene alla famiglia delle
campanulacee.
Pianta generalmente rara,
nella Riserva trova il suo
ambiente ideale sulle umide
pareti calcaree delle forre dei
torrenti Cellina e Molassa. Il
raponzolo di roccia è una
delle specie protette ai sensi
Raponzolo di roccia
della Legge Regionale n.
34/81.
FAUNA
Alga desmidiacea (Cosmarium hornavanense var. mesoleium)
Presente nella sola stazione della sorgente di Siviledo.
È una desmidiacea trovata, nel territorio austriaco, come specie di accompagnamento in acque fangose o nelle zone di
riva di laghi e stagni, in prati umidi, sorgenti e depressioni
bagnate, a pH compresi tra
6,8 e 7,1. Rispetto al disegno
riportato da LENZENWEGER
(1999), gli esemplari rinvenuti nella Riserva non presentano le serie orizzontali di verruche nella parte bassa di
ogni semicella. Sulla base
delle immagini inviategli,
l’autore sopra citato ha confermato la determinazione
degli esemplari.
È la prima ed unica segnalazione per il territorio nazionale italiano.
Alga desmidiacea
36
Merlo acquaiolo
Mammiferi
Gli ungulati sono rappresentati, nelle aree boscate avvicendate a radure, da capriolo
e cervo (più raro) e, nelle
zone rocciose in pendio, dal
camoscio. Gli ambienti
boschivi ospitano predatori
quali la martora e la faina.
Presenti anche la volpe e il
tasso. Numerosi anche i piccoli insettivori, quali il riccio
occidentale, la talpa comune
europea e alcune specie di
toporagno (Sorex alpinus,
Capriolo
Sorex araneus e Crocidura
suaveolens). Ben rappresentati i roditori con lo scoiattolo, il
ghiro, il moscardino e varie specie di arvicole (Clethrionomys
glareolus, Microtus liechtensteini e Chironomys nivalis). Nelle
grotte sono presenti due specie di chirotteri (pipistrelli): il
rinolofo maggiore e il miniottero.
Rettili
Tra i sauri i più diffusi sono il
ramarro occidentale e l’orbettino. I serpenti sono presenti con un maggior numero di specie. I più comuni
sono il biacco maggiore e la
coronella austriaca, entrambi innocui per l’uomo, ma
attivi predatori di sauri e rettili. Piuttosto diffuso è il saettone o colubro di Esculapio,
agile arrampicatore, arboricolo, predatore di piccoli
mammiferi, uccelli e uova.
Vipera comune
Negli ambienti umidi e in
prossimità dei corsi d’acqua, è presente la natrice tessellata,
abile nuotatrice ed attivo predatore di pesci.
Nel fondovalle coabitano la vipera dal corno e la vipera comune; a quote superiori ai 600 metri è presente anche il marasso
palustre.
Uccelli
Lungo le rive del Cellina, tra i sassi del greto e in immersione
alla ricerca di cibo, è frequente il merlo acquaiolo (simbolo
della Riserva); gli stessi ambienti sono occupati anche dalla
ballerina gialla. Nei boschetti di versante nidificano il pettirosso, lo scricciolo, il ciuffolotto,
varie specie di cince, il fringuello e il picchio muratore.
Nei boschi sono presenti il
picchio rosso maggiore, la
ghiandaia, il tordo bottaccio
e il francolino di monte.
La forra, in estate, ospita
anche la rondine e la rondine montana. Numerosi
anche i rapaci diurni (astore,
sparviere, gheppio, poiana e
nibbio bruno) e notturni
(allocco, gufo comune, civetta capogrosso e gufo reale).
Anfibi
Tra le specie più frequenti nella Riserva, soprattutto nel periodo riproduttivo, figura il rospo comune, i cui adulti sono attivi
specialmente di notte. Questi possono secernere dalla cute
una tossina ad azione neurotossica, innocua per l’uomo, ma
efficace deterrente per molti
predatori. Per gli ambienti
acquatici sono anche segnalate le rane verdi, di difficile
collocazione sistematica.
La specie più vistosa è la
salamandra pezzata che si
incontra di frequente nei
boschi, mentre nelle pozze
d’acqua del Molassa e del
monte Fara è presente il tritone alpino. Ben più localizzati negli ambienti di forra
sono l’ululone dal ventre
giallo e il rospo smeraldino.
Picchio rosso maggiore
Rospo smeraldino
38
39
Pesci
Il tratto del Cellina tra la diga
di Barcis e la stretta di
Ravedis, con acque non
molto veloci, fredde e ben
ossigenate, ghiaia grossolana e sabbia, vegetazione
acquatica a muschi e patine
algali, è classificata “zona a
temolo”.
In realtà il temolo non è
segnalato nella forra dove
prevale la trota fario, un
tempo localizzata solo in
pochi corsi d’acqua, ma ora
Scazzone
numerosa in tutta la regione
a causa delle ripetute immissioni artificiali. All’interno della
Riserva il ripopolamento della fario è stato interrotto in modo
da favorire l’endemica trota marmorata. Ampiamente diffuso
è lo scazzone, un caratteristico pesce di fondo spesso predato
delle trote.
ASPETTI ANTROPICI
Invertebrati
Sono molti gli invertebrati che popolano i vari ambienti della
Riserva. Le acque, le piante, il suolo e le grotte ospitano infatti
vere e proprie comunità, con prede e predatori, detritivori e
decompositori, necrofagi e stercorari, commensali ed altri. Tra
tutte le specie, si evidenziano le più interessanti quali il
gambero d’acqua dolce o di
fiume e la chiocciola.
Numerosi sono gli invertebrati endemici dell’area; tra
questi ricordiamo:
Orotrechus venetianus cellinae, Orotrechus schwienbacheri, Orotrechus gigas, e
Orostygia tibialis. Notevoli
anche alcune specie esclusive del complesso delle
“Grotte Vecchia Diga” e di
altre cavità vicine.
Meta (ragno troglofilo)
40
La “vecchia diga”
Gli impianti idroelettrici del Cellina
Vennero realizzati in diversi momenti a partire dagli inizi del
1900 con la costruzione della “vecchia diga”, del canale adduttore e della centrale di Malnisio.
La “vecchia diga” situata qualche centinaio di metri a valle
della confluenza del Molassa, aveva la funzione di deviare una
parte delle acque del torrente nel canale adduttore (lungo
circa 7 chilometri).
Il canale costruito all’interno della forra si sviluppava in sponda destra a valle della diga fino alla località Monciaduda.
Da qui le acque, attraverso una galleria di oltre un chilometro
ed un altro tratto di canale, giungevano alla centrale di
Malnisio dove azionavano i gruppi turbina Francis-alternatore
per la produzione dell’energia elettrica.
A valle di questa centrale, entrata in esercizio nel 1905, le
acque venivano convogliate alla centrale di Giais (1908) e
quindi a quella del Partidor (1919) per essere restituite nel
greto del torrente Cellina nei pressi di San Leonardo.
Per la realizzazione di queste opere lavorarono più di duemila
persone tra scalpellini, muratori, carpentieri, scarriolanti e
donne portatrici. Questi impianti sono stati tra i primi di tipo
“industriale”realizzati in Italia e sono rimasti in esercizio fino al
1988. L’energia idroelettrica prodotta a Malnisio, Giais e
Partidor veniva trasferita, mediante linee ad alta tensione, alle
città di Venezia, Treviso e Udine.
Nel secondo dopoguerra il crescente fabbisogno di energia
elettrica indusse la SADE (Società Adriatica di Elettricità) a
potenziare gli impianti esistenti con la creazione di un bacino
artificiale e di una nuova centrale tutt’ora funzionante.
Venne costruita a Barcis una nuova diga con la conseguente
realizzazione di un lago della capacità di 22 milioni di m3 di
acqua, da questo serbatoio le acque sono addotte, mediante
galleria in pressione, ad una centrale in caverna realizzata poco
a monte della “vecchia diga” ed entrata in esercizio nel 1954.
La galleria, del diametro di 3,9 metri e della lunghezza di circa
2 chilometri, è stata scavata all’interno del rilievo che separa il
corso del Cellina dalla sella del Dint; attraversa la forra del
Molassa per mezzo di un ponte-tubo e raggiunge il pozzo pie-
42
43
Il canale adduttore della centrale di Malnisio
La vecchia strada nei pressi del Rio Stella
zometrico alla cui base partono le due condotte forzate che
alimentano i gruppi turbina Kaplan-alteratore presenti nella
centrale.
Fino al 1988 le acque utilizzate venivano scaricate a monte
della “vecchia diga” in modo da essere deviate nel canale
adduttore per le centrali di Malnisio, Giais, Partidor, San Foca e
Villa Rinaldi (le ultime due realizzate nei primi anni ’50).
Intorno al 1990, con la dismissione degli impianti storici (quelli di inizio ‘900), è venuta meno la necessità di alimentare il
vecchio canale; l’ENEL ha quindi potenziato la centrale di
Barcis installando il gruppo 2 che funziona in alternativa al
gruppo 1 (installato nel 1954), sfruttando un ulteriore salto
utile di 15 metri.
La vecchia strada della Valcellina
Fino al 1906 l’unico collegamento tra la pianura e la Valcellina
era costituito dal sentiero di Sant’Antonio che partiva da
Maniagolibero (o dal ponte di Ravedis) e raggiungeva
Andreis, attraverso forcella La Croce tra il monte Fara e il
monte Jouf.
La costruzione dei primi impianti idroelettrici del Cellina (“vecchia diga”, canale adduttore e centrale di Malnisio) permise di
realizzare il primo collegamento carrozzabile tra Montereale
Valcellina e la località Molassa. Per costruire gli impianti era
necessaria una strada di cantiere che permettesse di raggiungere i luoghi interessati dai lavori (lungo la forra del Cellina),
fino al sito dove doveva essere costruita la diga di presa (“vecchia diga”). La società che doveva costruire queste opere non
era però disponibile a prolungare la strada fino alla Molassa,
località in cui già esisteva una strada che attraverso la sella del
Dint portava a Barcis, l’ingegner Zenari (progettista degli
impianti) si offrì di redigere il progetto e di dirigere i lavori per
il completamento della strada al puro costo di manodopera e
materiali.
Il 27 settembre 1901 i comuni di Barcis, Montereale Valcellina,
Pordenone ed Aviano stabilirono la costituzione di un consorzio, con a capo il comune di Montereale, per la costruzione
della strada e la sua futura manutenzione.
Il progetto redatto nel 1903 dall’ingegner Zenari prevedeva la
realizzazione della strada in tre tronchi:
1° tronco - in sede propria, dal cimitero di Montereale alla
località Monciaduda: 4.140 metri di sviluppo non particolarmente difficili, con un solo ponte e qualche arcata di sostegno.
2° tronco - con sede stradale da realizzare con volte in calcestruzzo gettate sopra il canale per quasi tutta la sua estensione, dalla Monciaduda alla “vecchia diga”. Solo in qualche breve
tratto la strada si discosta dal canale correndogli a fianco:
4.400 metri di sviluppo molto difficili con 3 gallerie, 57 fra
ponti-canale e arcate di sostegno.
3° tronco - in sede propria dalla “vecchia diga” alla località
Molassa: 1.040 metri di sviluppo di estrema difficoltà con 8
ponti.
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45
Indice
La vecchia strada presso il bivio Molassa
La strada venne inaugurata nel novembre del 1906 dallo stesso ingegner Zenari.
Negli anni successivi il tracciato fu soggetto ad alcune varianti: tra il 1920 e il 1922 venne realizzato un percorso lungo la
forra del Cellina alternativo alla strada del Dint; nel 1921 fu
completata una variante che, nei pressi di Montereale, con una
galleria consentiva di accorciare il percorso di circa 2 chilometri; nel 1930 fu realizzato un collegamento con il ponte di
Ravedis verso Maniago.
Una ulteriore modifica si rese necessaria nel 1950 quando, in
seguito alla costruzione della diga di Barcis, il percorso realizzato nel 1920-22 fu ricostruito più in alto. La strada è stata
dimessa nel 1992.
46
3
Presentazione
5
Riserva Naturale Forra del Cellina
11
Evoluzione del paesaggio
17
Aspetti geologici
23
Aspetti morfologici
29
Aspetti vegetazionali
37
Fauna
41
Aspetti antropici