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S E Z I O N E
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Regioni e stati
del mondo
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in questa sezione
America del Nord
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L’America anglosassone
L’America centrale
L’area caraibica
America del Sud
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La regione equatoriale amazzonica
La regione andina
Il Cono Sud
Asia
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L’Asia sud-occidentale
L’Asia centrale
La regione indiana
La regione sino-giapponese
L’Asia sud-orientale
Africa
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L’Africa mediterranea
La regione del Sahel
L’area del golfo di Guinea
Il Corno d’Africa
L’Africa equatoriale
L’Africa australe
Oceania
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America del Nord
AMERICA DEL NORD
LO STATO PIÙ POPOLATO
Stati Uniti ❯ 295 135 000 ab.
LO STATO MENO POPOLATO
Superficie (km2)
Popolazione (ab.)
Densità (ab./km2)
24 226 697
507 258 000
21
Saint Kitts e Nevis ❯ 39 000 ab.
LE ISOLE PRINCIPALI
Groenlandia ❯ 2 175 600 km2
Baffin ❯ 476 065 km2
Ellesmere ❯ 212 687 km2
I LAGHI PIÙ ESTESI
Superiore ❯ 84 131 km2
Huron ❯ 61 797 km2
Michigan ❯ 58 016 km2
I MONTI PIÙ ALTI
McKinley ❯ 6194 m
Logan ❯ 6050 m
Orizaba ❯ 5610 m
LO STATO PIÙ ESTESO
Canada ❯ 9 984 670 km2
LO STATO PIÙ PICCOLO
Saint Kitts e Nevis ❯ 269,4 km2
I MAGGIORI BACINI IDROGRAFICI
LE CITTÀ PIÙ POPOLOSE
(aree metropolitane)
I FIUMI PIÙ LUNGHI
Mississippi-Missouri ❯ 3 328 000 km2
Athabasca Mackenzie ❯ 1 760 000 km2
San Lorenzo ❯ 1 550 000 km2
New York ❯ 18 710 000 ab.
Città del Messico ❯ 18 327 000 ab.
Los Angeles ❯ 12 925 000 ab.
Mississippi-Missouri-Red Rock ❯ 5970 km
Athabasca-Mackenzie ❯ 4241 km
San Lorenzo ❯ 3058 km
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1 Prima esplorazione
dell’America del Nord
Dal punto di vista geografico, il continente americano viene tradizionalmente
suddiviso in tre parti: i due grandi blocchi dell’America del Nord (settentrionale) e dell’America del Sud (meridionale; vedi a p. 196), unite dalla stretta
striscia istmica che costituisce l’America centrale. La conformazione delle due
parti e l’apertura del canale di Panamá (1920), che ha artificialmente separato
l’America meridionale dall’America centrale, fanno sì che quest’ultima venga
spesso trattata insieme all’America settentrionale, come faremo noi.
La parte nord del continente americano è delimitata dall’oceano
Atlantico a est, dall’oceano Pacifico a ovest e dal mar Glaciale Artico a nord.
A nord e a sud le coste sono movimentate da ampi golfi: a nord si apre la baia
di Hudson; a sud il golfo del Messico, delimitato dalle penisola della Florida e
dello Yucatán. Tra lo Yucatán e l’America meridionale si estende invece il
mar delle Antille (o mar dei Caraibi).
I confini.
Le coste e le isole. La costa dell’oceano Pacifico è ricca di fiordi nella parte settentrionale, mentre nella parte meridionale è meno movimentata. Nel
mar Glaciale Artico si trovano numerose grandi isole (la Groenlandia, la più
vasta isola del pianeta, dal punto di vista politico appartiene però alla Danimarca), coperte dai ghiacci per gran parte dell’anno. Numerose isole minori
bordano la costa settentrionale del Pacifico e, con l’arcipelago delle Aleutine,
si prolungano in una sorta di arco verso l’Asia; nell’Atlantico le Grandi e le
Piccole Antille, insieme alle isole Bahama, individuano il bacino caraibico.
Il rilievo è caratterizzato dalla
presenza di una vasta area pianeggiante centrale delimitata a est e a ovest da catene montuose. A occidente troviamo alte montagne di origine abbastanza recente (ragionando in termini geologici), suddivise in due grandi catene, una
costiera (Catena Costiera, Sierra Madre Occidentale, Sierra Madre del Sud)
e un’altra più interna (Montagne Rocciose, Sierra Madre Orientale). Dove le
due catene si discostano maggiormente tra loro, si aprono altipiani spesso desertici. Le due catene si restringono sempre più verso sud, per poi proseguire
nell’America meridionale con la catena (cordigliera) delle Ande.
Grandi catene montuose e grandi pianure.
Veduta aerea di Conception,
una delle numerose piccole isole
dell’arcipelago delle Bahama.
I suggestivi colori delle pareti stratificate del Grand Canyon,
nell’altopiano del Colorado (Stati Uniti).
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Regioni e stati del mondo
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America del Nord
Nei territori del celebre West americano predomina un clima continentale arido.
Il corso del Mississippi a New
Orleans, in Louisiana (Stati Uniti).
La parte settentrionale dell’area pianeggiante centrale è
costituita dallo scudo canadese, una delle formazioni geologiche più antiche della Terra, formato da basse colline
quasi completamente spianate, tra le quali si aprono innumerevoli laghi. Più a
sud, invece, si allarga la vasta pianura alluvionale (Grandi Pianure) creata dal
Mississippi-Missouri e dai suoi molti affluenti.
Anche la catena orientale comprende rilievi di antica data, quasi spianati
dall’erosione; tra essi spiccano le alture Laurenziane e i monti Appalachi.
Grandi fiumi e grandi laghi. I principali fiumi nordamericani nascono nelle
Montagne Rocciose e sfociano nell’Atlantico (Mississippi, San Lorenzo, Rio
Grande) o nel mar Glaciale Artico (Mackenzie); i corsi d’acqua che scendono
verso l’oceano Pacifico (Yukon, Columbia, Colorado) sono invece generalmente più brevi e spesso con una portata più irregolare.
Nella parte settentrionale vi sono migliaia di laghi di ogni dimensione; una
particolare importanza riveste il sistema dei Grandi Laghi (Superiore, Michigan, Huron, Erie, Ontario), al confine tra Canada e Stati Uniti.
La notevole estensione dell’America del Nord nel senso della latitudine
fa sì che sul suo territorio si succedano climi molto diversi.
All’estremo nord predomina il clima artico, con il paesaggio della tundra, che
più a sud cede il passo alle foreste di conifere tipiche di un clima continentale
freddo, e poi alle foreste di latifoglie, che indicano condizioni climatiche meno rigide.
Al centro troviamo una vasta area con clima continentale piuttosto arido: è la
zona delle grandi praterie rese famose dall’epopea western.
Sulle coste settentrionali del golfo del Messico ampie zone godono di un clima subtropicale umido, mentre gli Stati Uniti sud-occidentali e il Messico settentrionale sono occupati da vaste aree desertiche.
Le coste del mar dei Caraibi sono occupate da foreste tropicali, mentre quelle sul Pacifico hanno un clima tropicale asciutto con savane aride.
I climi.
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2 Un continente, molte suddivisioni
La suddivisione del continente americano in una parte settentrionale e una
meridionale risponde a criteri fisici. Tuttavia la storia del continente ha determinato un’altra divisione, quella tra America anglosassone e America latina,
oggi identificabile nella frontiera tra Stati Uniti e Messico.
Tra il XVI e il XVIII secolo, infatti, il nord del continente venne colonizzato prevalentemente da genti provenienti dalla Gran Bretagna, mentre i paesi
dell’America centrale e meridionale divenivano colonie spagnole o portoghesi
(e per questo vengono spesso identificati come «America latina»). Le due aree
conobbero modelli di sviluppo economico e sociale diversi:
spagnoli e portoghesi furono più interessati allo sfruttamento delle enormi
ricchezze del continente;
i coloni di origine inglese, molto spesso emigrati alla ricerca di un luogo dove
poter liberamente esprimere il proprio credo politico o religioso, ebbero maggiori attenzioni per lo sviluppo economico della loro nuova patria.
Nell’America settentrionale possiamo distinguere tre principali macroregioni.
L’America anglosassone è formata da Canada e Stati Uniti, nella parte settentrionale del continente; è l’area economicamente più prospera del pianeta.
L’America centrale comprende Messico, Guatemala, Belize, Honduras, Nicaragua, El Salvador, Costa Rica e Panamá; questi stati fanno parte dell’America latina (sono tutti ex colonie spagnole, tranne il Belize, possedimento
britannico fino al 1981). Sono paesi in via di sviluppo, la cui economia è
fortemente influenzata da quella statunitense. In questa regione si svilupparono alcune delle grandi civiltà amerinde (aztechi, maya, olmechi) e ancora
oggi la popolazione è in larga parte composta da indigeni o da meticci.
I Caraibi sono formati dall’arco di isole tra golfo del Messico, mar dei Caraibi (o delle Antille) e oceano Atlantico; rappresentano una realtà composita dal punto di vista politico ed economico, a causa della passata colonizzazione da parte di spagnoli, inglesi, francesi e olandesi. Ancora oggi Francia, Paesi Bassi e Regno Unito vi mantengono dei possedimenti. Il grado
di sviluppo è molto vario: alcune isole hanno sviluppato il settore dei servizi finanziari,
divenendo dei «paradisi fiscali», mentre altri stati versano in gravi condizioni economiche. Un caso a sé stante è rappresentato da Cuba, la maggiore delle isole caraibiche, governata per quasi cinquant’anni dal regime comunista
di Fidel Castro.
L’imponente profilo di un antico
tempio maya nella penisola dello
Yucatán (Messico).
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America del Nord
L’America
anglosassone
Le Montagne Rocciose nel Parco
nazionale di Banff (Canada).
1 Due grandi stati
Le cascate del Niagara, che
segnano il confine tra Stati Uniti
e Canada, formano un salto d’acqua
di quasi 50 m.
L’America anglosassone è la parte di continente americano che ha ricevuto
un’impronta decisiva dalla colonizzazione inglese. Sebbene anche altre nazioni
siano state colonie inglesi (ad esempio il Belize nell’America centrale, la Giamaica nei Caraibi o la Guyana nell’America meridionale), l’America anglosassone si considera formata solamente da Canada e Stati Uniti, il cui sviluppo
storico, politico ed economico ha seguìto un percorso simile che li ha condotti
a costituire una realtà nettamente caratterizzata rispetto al resto del continente.
Il territorio occupato da Canada e Stati Uniti, due tra i più estesi stati del
mondo, corrisponde a circa l’80% dell’America settentrionale e centrale, al
46% dell’intero continente americano e a poco
meno di due volte l’intera Europa; è fisicamente
delimitato dal mar Glaciale Artico a nord, dall’oceano Atlantico a est, dal golfo del Messico a sud
e dall’oceano Pacifico a ovest.
Abitualmente si ripartisce il rilievo in tre zone:
orientale, con bassi rilievi di origine antica;
centrale, pianeggiante e solcata da grandi fiumi;
occidentale, occupata dalle Montagne Rocciose e
dalle catene costiere.
La grande estensione sia in latitudine sia in longitudine determina una grandissima varietà di paesaggi e di climi (dal clima artico del Grande
Nord canadese a quello subtropicale della Florida), alternando vaste zone inospitali, come le gelide terre artiche, a regioni fertili e accoglienti.
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L’ A m e r i c a a n g l o s a s s o n e
2 Un crogiolo di popoli e culture
L’America anglosassone è un’area nel suo insieme poco popolata, con una
densità media di circa 17 ab./km2. In realtà i circa 330 milioni di abitanti si addensano in alcune aree, quali le coste o l’area intorno ai Grandi Laghi, dove il
popolamento è molto più fitto e dove si sono formate alcune vaste megalopoli
(la megalopoli della costa orientale tra Boston e Washington, negli Stati Uniti; la megalopoli transnazionale dei Grandi Laghi; la megalopoli della California meridionale sulle coste del Pacifico). I quattro quinti della popolazione vivono infatti in centri urbani.
La popolazione dell’America anglosassone è formata in gran parte dai discendenti dei coloni provenienti dall’Europa: in primo luogo inglesi, ma anche
scozzesi, irlandesi, italiani, polacchi, russi, tedeschi, scandinavi, portoghesi e
spagnoli. I movimenti migratori più intensi si sono verificati tra la metà del
XIX e la metà del XX secolo; nella seconda metà del Novecento si è esaurita
la spinta migratoria europea e sono aumentati gli arrivi dall’Asia (cinesi, coreani, vietnamiti, indiani; ma le più antiche comunità cinesi risalgono già al
XIX secolo) e dall’America latina, in particolare dal Messico e dagli stati dell’America centrale e dei Caraibi.
Negli Stati Uniti, inoltre, più di un abitante su dieci discende dagli schiavi
africani utilizzati nel XVIII e XIX secolo nelle piantagioni di cotone e di tabacco degli stati meridionali. Questa natura composita della popolazione ha
determinato la nascita di una società fortemente multiculturale, che trova la
sua migliore espressione nelle grandi città cosmopolite (New York, Los Angeles, San Francisco, Toronto, Montréal).
Nella società dell’America anglosassone hanno invece poco peso i nativi americani (gli «indiani»), i discendenti delle tribù un tempo padrone del territorio e
che la conquista europea ha decimato e, generalmente, relegato in riserve.
La popolazione bianca
e quella di colore sono quelle
numericamente più consistenti
negli Stati Uniti.
Il panorama di Chicago, una delle città più popolose degli Stati Uniti.
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America del Nord
3 Un grande sviluppo economico
Bill Gates, fondatore
e proprietario dell’azienda leader
mondiale nella produzione
di software, è diventato uno dei
simboli del progresso tecnologico
e del benessere economico degli
Stati Uniti a livello internazionale.
L’America anglosassone è l’area economicamente più sviluppata del pianeta.
Gli Stati Uniti sono ai vertici mondiali dell’economia, ma anche il Canada è
tra le otto nazioni più industrializzate al mondo.
Caratteri comuni all’economia di Stati Uniti e Canada sono:
un’agricoltura altamente produttiva, basata sulla meccanizzazione, sull’uso
intensivo di fertilizzanti e pesticidi e sull’organizzazione in aziende agricole
di vaste dimensioni;
una grandissima disponibilità di materie prime (petrolio, gas naturale, carbone, minerali metallici), anche se non sempre sufficiente a soddisfare la
richiesta dell’industria locale;
un sistema industriale basato sulle grandi imprese e sulle multinazionali,
con interessi in tutto il mondo;
una grande attenzione alla ricerca scientifica, sviluppata in centri dove operano a stretto contatto centri universitari e imprese;
una grande propensione della manodopera alla mobilità;
una fitta rete di servizi – dai trasporti ai servizi finanziari – che produce la
maggior parte dei PIL nazionali e facilita lo sviluppo delle imprese;
l’esistenza di severe norme che favoriscono la libera concorrenza tra le
imprese.
L’economia canadese, il cui sviluppo è più recente, è fortemente integrata all’economia statunitense. Nel 1992 Stati Uniti, Canada e Messico firmarono un accordo, entrato in vigore nel 1994, che prevede la graduale eliminazione di tutte le barriere doganali fra i tre stati in modo da realizzare un’unica vastissima area di libero commercio: è il cosiddetto NAFTA (North American Free Trade Agreement, ovvero
«Accordo di libero scambio del Nord America»), i cui effetti
positivi sono però controversi. Nonostante ciò, gli Stati Uniti
vorrebbero ampliarlo agli stati dell’America centrale e meridionale e dei Caraibi, ma incontrano molte resistenze dettate dal timore che le fragili economie di questi paesi divengano completamente dipendenti da quella statunitense.
Lavori di agricoltura meccanizzata nelle pianure centrali degli Stati Uniti.
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L’ A m e r i c a a n g l o s a s s o n e
Riportiamo il testo di una lettera scritta da un capo
indiano seathl, della tribù di Duwamish, al presidente degli Stati Uniti F. Pierce nel 1855.
grande capo di Washington ci ha mandato a
dire che desidera comprare la nostra terra: ci
ha assicurato anche la sua amicizia e la sua
benevolenza. Ciò è gentile da parte sua, poiché sappiamo che la nostra amicizia non gli è necessaria.
Tuttavia, se non accetteremo, l’uomo bianco verrà
con le armi e ci strapperà la nostra terra.
Il
Alcuni indiani piegan, una tribù della regione dei Grandi
Laghi, in una foto d’epoca.
Come puoi comprare o vendere il cielo, il calore della terra? Questa possibilità ci è estranea. Noi non siamo i padroni della purezza dell’aria o dello splendore dell’acqua. Noi possiamo decidere solo del nostro
tempo. Tutta questa terra è sacra per la mia gente.
L’uomo bianco non comprende il nostro modo di vivere. Per lui una zolla di terra è uguale all’altra. Lui è
uno straniero che viene di notte e spoglia la terra di
tutte le sue ricchezze. La terra non è sua sorella, bensì sua nemica, e dopo averla svuotata, lui se ne va via.
[…]
Il suo guadagno impoverirà la terra e dietro di sé lascerà il deserto. La vista delle sue città è un tormento
agli occhi dell’uomo rosso. […]
Non si può incontrare pace nelle città dell’uomo
bianco. Il rumore delle città è un affronto alle orecchie. Che specie di vita è quella in cui l’uomo non
può ascoltare la voce del corvo notturno o il chiacchiericcio delle rane nella palude, durante la notte?
L’aria è preziosa per l’uomo rosso. Non sembra che
l’uomo bianco si interessi dell’aria che respira. Come un moribondo, egli è insensibile al cattivo odore.
L’uomo bianco deve trattare gli animali come se fossero suoi fratelli. Ho visto migliaia di bisonti marcire
nelle praterie abbandonate dall’uomo bianco, abbattuti da fucilate sparate dal treno in corsa. I bisonti noi
li uccidiamo solo per sfamarci.
Se tutti gli animali venissero sterminati, gli uomini
morirebbero di solitudine spirituale, perché tutto ciò
che succede agli animali può capitare anche agli uomini. Tutto ciò che offende la terra, offende anche i
figli della terra.
I nostri figli videro i nostri padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri soccombono sotto il peso della
vergogna. E, dopo la sconfitta, passano il tempo
oziando e avvelenando il loro corpo con cibi dolci e
bevande alcoliche.
Il nostro Dio è il medesimo Dio dell’uomo bianco.
Pensi, per caso, che lo puoi possedere come desideri possedere la nostra terra? Egli è il Dio dell’umanità intera. E ama ugualmente l’uomo rosso come
l’uomo bianco. La terra è amata da Lui.
[…]
Se accetteremo la tua offerta, è per garantirci le riserve che ci hai promesso. Là forse potremo vivere
gli ultimi giorni come desideriamo.
Leggiamo insieme
Lettera di un capo indiano
al presidente degli Stati Uniti
Chiave di lettura
1. Spiega brevemente il contenuto della lettera
del capo indiano al presidente degli Stati Uniti.
2. Quali affermazioni del capo indiano ti colpiscono
di più?
3. Che cosa chiede il capo indiano al presidente
degli Stati Uniti?
4. Evidenzia le frasi della lettera che ti colpiscono
maggiormente e parlane con i tuoi compagni
e con il tuo insegnante.
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America del Nord
CANADA
Superficie (km2)
9984 670
Popolazione (ab.)
32 271 000
Densità (ab./km2)
3,2
Popolaz. urbana (%)
81,0
Una veduta aerea
dell’isola di Somerset,
nel territorio di
Nunavut, che nel 1999
il governo canadese
assegnò al popolo
eschimese.
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forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
stato federale
Ottawa (828 000 abitanti)
moneta dollaro canadese (100 centesimi)
CND
Il paesaggio del
Parco nazionale di
Nahanni (nord-ovest
del paese), dichiarato
patrimonio dell’umanità
dall’Unesco nel 1978.
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Canada
1 Un territorio immenso
Il Canada è il secondo stato più vasto del mondo dopo la Russia. A nord è bagnato dal mar Glaciale Artico; a est dall’oceano Atlantico e a ovest dall’oceano
Pacifico. Confina con gli Stati Uniti a sud e a nord-ovest (Alaska).
Moltissime sono le isole: le più vaste sorgono nel mar Glaciale Artico (isole di Baffin, Ellesmere, Vittoria); sul versante atlantico troviamo le isole di Terranova, Principe Edoardo, Anticosti e Capo Bretone; a ovest vi è l’isola di Vancouver, la più estesa tra le migliaia di isole che bordano la costa del Pacifico.
Sei grandi regioni geografiche. Il territorio canadese può essere suddiviso
in sei regioni:
il Grande Nord, compreso tra il bacino del fiume Yukon e le grandi isole nel
mar Glaciale Artico. Qui scorre il più lungo fiume canadese, il MacKenzieAthabasca, e vi sono molti grandi laghi, quali il Gran Lago degli Schiavi e il
Gran Lago degli Orsi;
lo scudo canadese, disposto attorno alla baia di Hudson; è un rilievo di antichissima origine, ormai ridotto dall’erosione a un territorio appena ondulato;
la regione dei monti Appalachi, a sud del fiume San Lorenzo, con la penisola
della Nuova Scozia e le isole di Terranova e Principe Edoardo;
le basse terre del San Lorenzo, comprendenti le sponde dei Grandi Laghi e
l’amplissima vallata del fiume;
le pianure meridionali, ricche di foreste e di laghi, tra i quali il Winnipeg;
le Montagne Rocciose, che occupano una fascia larga 700 km nella parte occidentale del paese comprendente anche la parallela catena delle Montagne
Costiere.
Nel sud il clima è continentale, con inverni lunghi e freddi ed estati
talora molto calde e umide. Verso nord il clima si fa più rigido, fino ad assumere caratteri polari nei territori più settentrionali e sulle Montagne Rocciose.
Il clima canadese risente dei forti venti provenienti dall’Artico, dell’influsso
della vasta e gelida baia di Hudson che si incunea in profondità nel territorio e
dell’azione della fredda corrente del Labrador. La parte meridionale della costa
occidentale beneficia però degli effetti mitiganti della corrente calda del Pacifico.
Le foreste, soprattutto di conifere, coprono poco più di un quarto del territorio; all’estremo nord e sulle isole artiche predomina la tundra.
Le coste della Nuova Scozia,
nel sud-est del paese, dove il clima
è molto rigido a causa dell’influenza
della corrente del Labrador.
Il clima.
Il delta del fiume Mackenzie
(Canada nord-occidentale).
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Regioni e stati del mondo
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America del Nord
2 Un paese ricco e quasi disabitato
Lingua
inglese, francese
Religione
cattolici (43,6%),
protestanti (29,2%),
anglicani (8,1%), atei (16,5%)
Numero di figli per donna
1,5
Popolazione < 15 anni
17,9%
Popolazione > 60 anni
17,5%
Speranza di vita
M 77, F 82
ISU
0,950 (6° posto nel mondo)
Il Canada è uno stato federale formato da dieci province e due territori. Dal
1999 anche il Nunavut, il territorio abitato dagli inuit (eschimesi), ha ottenuto un suo statuto e dal 2019 sarà governato da un parlamento autonomo.
Il capo dello stato è il sovrano inglese, rappresentato da un governatore generale, ma il potere è esercitato dal primo ministro. Il governo federale legifera in materia di difesa, politica estera e politica fiscale.
Il Canada è un paese quasi disabitato: la densità media è di soli 3 ab./km2,
ma i territori del nord hanno densità prossima allo zero. La popolazione si
concentra lungo la valle del San Lorenzo e nelle regioni meridionali, sulle
sponde dei Grandi Laghi, nella regione a ridosso del confine con gli Stati Uniti e nella regione di Vancouver.
La quasi totalità della popolazione discende dagli emigranti europei giunti
nel paese dopo la sua colonizzazione. I due gruppi più numerosi sono inglesi
(34,2%) e francesi (22,7%), seguiti da scozzesi, irlandesi, tedeschi, italiani, cinesi, ucraini; gli indigeni sono il 3,4% della popolazione. La grande maggioranza della popolazione è cristiana (sia cattolici, sia protestanti e anglicani).
Inglese e francese sono le lingue ufficiali. Oltre che nel Québec, il francese è
parlato in alcune zone dell’Ontario, del New Brunswick e del Manitoba. Nel
Nunavut è riconosciuta come ufficiale anche la lingua inuit.
Suddivisioni amministrative e densità di popolazione
Un pescatore inuit al lavoro.
Vastissime aree del territorio canadese appaiono, come in questa fotografia, pressoché disabitate.
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Canada
3 Le maggiori città
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
Quattro canadesi su cinque vivono in un centro urbano e quattro su dieci vivono nell’area metropolitana delle cinque maggiori città.
Sebbene non sia la città canadese più importante, capitale federale è Ottawa, centro amministrativo e importante polo dell’industria ad alta tecnologia.
Le principali metropoli. Toronto, sulla riva occidentale del lago Ontario, è la
città più popolosa e il principale centro economico del Canada. Grazie alla
sua favorevole posizione, la città si sviluppò intorno a un forte costruito dai
francesi nel 1750. Nel XIX secolo fu uno dei primi centri canadesi a conoscere una forte industrializzazione; oggi, oltre che importante polo industriale e commerciale, è una delle maggiori piazze finanziarie mondiali.
Il centro storico di Montréal, fondato dai
francesi nel 1639, si è sviluppato su un’isola alla confluenza dei fiumi Ottawa e San Lorenzo.
La città, la principale del Québec e per decenni
la più importante del paese, è il maggior porto
canadese sull’Atlantico (al quale è collegato dal
fiume San Lorenzo): da qui passa gran parte
del commercio da e verso l’Europa. Negli ultimi decenni è diventata un importante centro
dell’industria ad alta tecnologia (soprattutto nei
settori aeronautico e aerospaziale), grazie anche alla presenza di avanzati centri di ricerca
collegati alle quattro università locali.
Vancouver, sulla costa del Pacifico, non lontana dal
confine statunitense, è il più importante porto canadese, il principale centro
dell’industria del legno e polo della produzione cinematografica e televisiva.
Calgary, sulle pendici delle Montagne Rocciose, famosa stazione sciistica, è
anche centro dell’industria petrolifera, così come Edmonton, poco più a nord.
Québec, «capitale» del Canada francofono, è una delle più antiche città canadesi. Grande centro culturale e tecnologico, è un’affermata meta turistica.
Toronto
Montréal
Vancouver
Ottawa
Calgary
Edmonton
ABITANTI (AREA
METROPOLITANA)
5 304 000
3 636 000
2 208 000
1 149 000
1 060 000
1 002 000
Un’immagine notturna
di Toronto.
Le altre maggiori città.
Il porto vecchio di Montréal,
che prende il nome da uno
dei primi esploratori del Canada,
Jacques Cartier.
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Regioni e stati del mondo
L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
35 064 $
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America del Nord
4 L’economia
Il Canada è oggi uno degli stati più industrializzati e ricchi al mondo. Fino
agli inizi del XX secolo l’economia del paese era basata essenzialmente sull’agricoltura e sullo sfruttamento delle immense ricchezze naturali, ma la seconda
guerra mondiale diede un grande slancio all’industrializzazione: lontano dalle
zone di guerra, al riparo dai bombardamenti nemici, grazie alle ricchezze naturali che lo rendevano quasi del tutto autosufficiente nell’approvvigionamento di materie prime, il Canada sviluppò un grande apparato industriale la cui
produzione era destinata a sostenere non solo il Regno Unito, ma anche la Cina e l’Unione Sovietica nella lotta contro la Germania nazista e il Giappone.
Terminata la guerra, l’industria bellica venne prontamente riconvertita e il Canada è divenuto uno degli otto stati più industrializzati del pianeta.
Le fertili pianure centro-meridionali (il cosiddetto Canada utile) hanno permesso lo sviluppo di un’agricoltura molto produttiva,
grazie anche all’elevata meccanizzazione. Sebbene solo il 5% del territorio sia
coltivabile, il Canada è uno dei principali produttori mondiali di cereali (soprattutto frumento, orzo, mais e avena), patate, soia, semi oleosi e tabacco.
Al contrario di quanto avviene in molti stati economicamente avanzati (nei
quali, generalmente, l’agricoltura è un settore debole), in Canada non sono
previsti sussidi governativi, se non in caso di calamità.
Di massima importanza è anche la silvicoltura. Il Canada è il primo esportatore mondiale di legname da costruzione e tra i primi per carta e pasta di legno.
Molto diffuso è l’allevamento razionale di bovini, suini e volatili da cortile;
quello di animali da pelliccia, molto diffuso nel nord, è in declino anche in
seguito alla maggiore sensibilità ecologista; è invece ripresa, tra le proteste internazionali, la caccia alle foche sulle coste del Labrador, che ogni anno comporta l’uccisione di decine di migliaia di cuccioli.
Sia le acque marine sia quelle dolci sono molto pescose; i principali prodotti della pesca sono merluzzi (ma i banchi che hanno reso celebri le acque di
Terranova sono oggi molto ridotti), aragoste, salmoni, trote, storioni e lucci.
Il settore primario.
Il trasporto del legname
sull’acqua presso il porto di
Victoria, nella Columbia Britannica.
Il settore secondario. La disponibilità di materie prime del Canada è seconda solo a quella della Russia. Il loro sfruttamento ha sorretto il primo sviluppo dell’economia canadese ma ha ormai perso importanza; molte delle cittadine sorte al di fuori della fascia agricola del paese devono la loro esistenza
alla presenza di minerali utili. Particolare rilievo hanno i minerali energetici: il
Campi coltivati nella provincia di Alberta.
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Canada
Un cilindro rotante che separa
l’oro dalle impurità in una miniera
dello Yukon.
Canada è il principale produttore di uranio ed è l’unico tra i paesi più industrializzati a essere anche esportatore di petrolio e gas naturale.
Il Canada è ai primi posti del mondo in tutti i settori industriali. La regione dei Grandi Laghi e il Québec sono le aree più industrializzate, grazie alla
facilità di spostamento delle merci lungo il sistema Grandi Laghi-San Lorenzo e alla vicinanza della megalopoli statunitense dei Grandi Laghi, della quale molti centri canadesi sono ormai parte integrante.
L’industria metallurgica trasforma i minerali estratti nel paese. Il Canada è inoltre il principale produttore di alluminio, estratto però da minerale importato.
Un altro importante comparto legato allo sfruttamento delle risorse naturali è
quello della lavorazione del legno (produzione di carta, pasta di legno, mobili),
sviluppato soprattutto nella Columbia Britannica e, in particolare, a Vancouver.
L’industria automobilistica si concentra nell’Ontario; gli automezzi e i loro
componenti rappresentano la principale voce delle esportazioni canadesi.
L’industria tessile è diffusa nel Québec (seta e cotone) e nell’Ontario (lana e
abbigliamento); la chimica nelle regioni centrali; la petrolchimica nell’Alberta,
dove si trovano i principali giacimenti petroliferi.
Anche le industrie ad alta tecnologia sono molto sviluppate: informatica ed
elettronica, industria delle biotecnologie, aerospaziale, ingegneria dei materiali
avanzati; Vancouver è poi il terzo centro nordamericano (dopo Los Angeles e
New York) per le produzioni cinematografiche e televisive.
Il Canada è tra i protagonisti del commercio mondiale e
ha una bilancia commerciale attiva. Il commercio estero è tuttavia fortemente
condizionato dalla dipendenza dall’economia statunitense: il 57% delle importazioni e l’81% delle esportazioni hanno come origine e destinazione gli
Stati Uniti. Questa dipendenza ha spinto il Canada a creare, con Stati Uniti e
Messico, il NAFTA (Accordo di libero scambio del Nordamerica), entrato in
vigore nel 1994.
Il turismo è in continua crescita, sia come numero di turisti sia come volume
di entrate, grazie all’attività di promozione e all’alto livello delle strutture; la
principale attrazione del paese sono i parchi naturali.
I trasporti via terra si sviluppano soprattutto nella parte meridionale (la più
intensamente abitata) lungo la direttrice est-ovest e sono fortemente integrati alla rete statunitense. Il trasporto aereo è molto sviluppato e si avvale di 900 aeroporti, fondamentali per raggiungere anche il Grande Nord. Di grande rilievo è
poi la via d’acqua rappresentata dal San Lorenzo e dal sistema dei Grandi Laghi,
nonostante le acque del fiume siano ghiacciate per alcuni mesi all’anno.
Il settore terziario.
ENERGIA ELETTRICA
prodotta
importata
esportata
587 007
24 455
31 152
GWh
GWh
GWh
Uno dei fattori che ha favorito
lo sviluppo industriale del Canada
è la grande disponibilità di energia,
grazie all’abbondanza di carbone,
petrolio, gas naturale e uranio
presenti nel sottosuolo e anche
allo sfruttamento dei corsi d’acqua:
il Canada è il principale produttore
di energia idroelettrica.
SOCIETÀ
medici
laureati
computer
2,1
4,9
487
dati sulla base di 1000 abitanti
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Regioni e stati del mondo
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America del Nord
La bandiera
STATI UNITI
La bandiera statunitense, comunemente chiamata Stars and Stripes («stelle e strisce»), è formata
da 13 strisce rosse e bianche (che simboleggiano
le 13 colonie la cui unione diede vita agli Stati
Uniti), ritagliate nell’angolo superiore sinistro da
un rettangolo blu con 50 stelle bianche (i 50 stati che formano oggi gli Stati Uniti). La bandiera ha
conosciuto 26 modifiche, in seguito ai successivi
ingressi di nuovi stati nell’Unione; la versione attuale risale al 1960, dopo l’ingresso delle Hawaii.
170
2
Superficie (km )
Popolazione (ab.)
Densità (ab./km2)
Popolazione urbana (%)
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
STATI UNITI
UE
9 372 614
296 410 000
32
80,0
4 318 487
490 490 000
114
72,9
Repubblica federale
Washington (554 000 abitanti)
dollaro statunitense (100 centesimi)
USA
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Stati Uniti
1 Alte montagne, grandi pianure
Bagnato a est dall’oceano Atlantico e a ovest dall’oceano Pacifico, il territorio
degli Stati Uniti (USA, ovvero United States of America) si affaccia a sud sul
golfo del Messico. Gli unici confini terrestri sono con il Canada a nord (ma l’Alaska, il più settentrionale degli stati della confederazione, delimita il territorio
canadese a ovest) e con il Messico a sud.
Le coste orientali sono movimentate a nord, creando numerose baie
che rappresentano ottimi porti, per poi diventare basse e rettilinee verso sud; simili sono anche le coste del golfo del Messico, al centro delle quali si protende il
vasto delta del Mississippi. Vi sono notevoli porti anche sulle coste pacifiche, caratterizzate dalla prossimità delle catene montuose. All’estremo nord-ovest le
coste occidentali dell’Alaska sono ricche di fiordi e bordate da innumerevoli
isole; le coste sul mar Glaciale Artico sono invece basse e sabbiose.
Le coste.
Il rilievo divide gli Stati Uniti in tre regioni: orientale,
centrale e occidentale.
Nella regione orientale spicca la presenza degli Appalachi, catena montuosa
di antica origine, con cime arrotondate dall’erosione e poco elevate (massima
vetta è il Mitchell, 2037 m). Gli Appalachi sono orientati da nord-est a sudovest, per cui tendono ad allontanarsi progressivamente dalla costa, lasciando
il posto alla pianura costiera atlantica e poi alla penisola della Florida, che separa il golfo del Messico dall’oceano Atlantico.
La regione centrale è il territorio delle Grandi Pianure, sconfinate distese
pianeggianti che dai Grandi Laghi – a nord – si estendono verso sud fino al
golfo del Messico, interrotte qua e là da gruppi di basse colline.
Nella regione occidentale il rilievo si innalza nelle aspre cime delle Montagne
Rocciose, con numerose vette che si spingono oltre i 4000 m (la vetta più alta è il monte McKinley, 6194 m, ma si trova in Alaska). Una seconda bastionata, la Catena Costiera, si allunga parallela alla costa pacifica. Tra le Montagne Rocciose e la Catena Costiera si estende una vasta regione di altipiani
rocciosi semidesertici, solcati da profonde valli (i famosi canyon, tra i quali il
Grand Canyon, formato dal fiume Colorado) intagliate dai fiumi che scendono dalle Montagne Rocciose. Qui si trova anche l’inospitale depressione nota con il sinistro nome di Valle della Morte (86 m sotto il livello del mare), l’area più bassa dell’America del Nord.
Rilievi e pianure.
Il cratere di Ubehebe,
nella Death Valley (la Valle
della Morte) in California.
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Regioni e stati del mondo
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America del Nord
Il corso del fiume Missouri nelle praterie del Montana.
Il sistema idrografico degli Stati Uniti è dominato
dal bacino del Mississippi-Missouri, uno dei maggiori del
mondo, che raccoglie le acque di quasi tutti i fiumi provenienti dal versante occidentale degli Appalachi e dal versante orientale delle Montagne Rocciose e che sfocia con
un vastissimo delta che si allunga nel golfo del Messico.
I fiumi che scendono dagli Appalachi verso l’oceano
Atlantico hanno corsi relativamente brevi; tuttavia hanno
creato profondi estuari che hanno favorito lo sviluppo di
importanti porti.
I corsi d’acqua che sfociano nell’oceano Pacifico (tra i
quali il Columbia, nel nord, e il Colorado, a sud) hanno
generalmente corsi molto tortuosi, essendo costretti ad aprirsi la strada attraverso gli altipiani rocciosi.
I Grandi Laghi, al confine con il Canada, rappresentano il più grande sistema lacustre del pianeta. Dei cinque laghi che lo costituiscono, solo il Michigan è interamente in territorio statunitense; gli altri quattro (Superiore,
Huron, Erie e Ontario) sono condivisi con il Canada. I diversi laghi si trovano a quote diverse: i tratti fluviali che li uniscono formano perciò spettacolari cascate, come le famosissime cascate del Niagara. Emissario dei Grandi Laghi è il San Lorenzo, grazie al quale le navi provenienti dall’oceano Atlantico
possono raggiungere le grandi città industriali sorte sulle rive dei laghi.
Gli altri laghi degli Stati Uniti hanno dimensioni più ridotte; ricordiamo il
Gran Lago Salato, a ovest delle Montagne Rocciose, che occupa un bacino
privo di emissari.
I fiumi.
Il panorama del lago Superiore,
il più esteso dei Grandi Laghi
(84 131 km2).
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Stati Uniti
Gli Stati Uniti sono molto estesi
nel senso della latitudine e della longitudine e perciò
sono caratterizzati da fasce climatiche molto differenziate. Inoltre la disposizione delle catene montuose, mentre ostacola la diffusione dell’umidità proveniente dagli oceani, non costituisce una barriera alla circolazione
dell’aria fredda di origine artica né a quella proveniente dal golfo del Messico, dove in estate si formano devastanti uragani. La maggior parte del paese ha un clima di tipo continentale, con inverni molto rigidi ed
estati calde.
Le precipitazioni sono abbondanti nella parte orientale e nel sud; nelle pianure centrali predomina un clima
più secco. Nella regione occidentale il clima è prevalentemente arido, a causa
dell’effetto-barriera creato dalle Montagne Rocciose e dalla Catena Costiera.
Sulle coste il clima è fortemente influenzato dalle correnti. Il tratto settentrionale della costa orientale risente dell’effetto della fredda corrente del Labrador, che conferisce al clima invernale particolare rigidità: New York, posta
alla stessa latitudine di Napoli, ha una temperatura media nel mese di gennaio
di soli 0,5°C. Nella porzione meridionale, invece, grazie agli effetti della calda
corrente del Golfo, il clima è subtropicale. A occidente la fredda corrente della California rende temperato il clima della regione costiera.
Ai differenti climi corrispondono differenti coperture vegetali. La zona degli Appalachi e della costa orientale era un tempo coperta da foreste di latifoglie, oggi in gran parte sostituite dalle coltivazioni, che hanno anche quasi
completamente eliminato le vaste praterie della regione centrale. Sulle Montagne Rocciose il clima più arido ha consentito lo sviluppo di foreste di conifere; più a ovest, nella regione degli altipiani interni si trovano ampi deserti. In
totale le foreste coprono circa un quarto del territorio, mentre le aree protette ne occupano il 15,8%.
Il clima e la natura.
Le vaste aree desertiche
dell’Arizona, dove il clima è molto
arido.
Durante la stagione autunnale
la vegetazione del Vermont si tinge
di magnifici colori.
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Regioni e stati del mondo
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America del Nord
La lunga storia degli Stati Uniti
1513
Lo spagnolo Ponce de León è il
primo europeo a porre piede sul
suolo dei futuri Stati Uniti
1929
Crollo della Borsa di New York;
inizia la «Grande depressione»
■
■
1941
I giapponesi attaccano la base
statunitense di Pearl Harbour;
gli USA entrano in guerra
■
1607
Gli inglesi fondano Jamestown
(Virginia) e avviano la colonizzazione
■
1945
Bombe atomiche su Hiroshima
(6 agosto) e Nagasaki (9 agosto)
■
1756-1763
Guerra dei Sette anni:
gli inglesi sconfiggono i francesi,
bloccandone l’espansione
nell’America del Nord
■
1774-1778
Rivoluzione americana
■
1776
Dichiarazione di indipendenza
■
1787
Viene promulgata la Costituzione
■
1812-1814
Seconda guerra contro
la Gran Bretagna
■
1846-1848
Guerra contro il Messico; gli Stati
Uniti si affacciano sul Pacifico
■
1860
Abramo Lincoln viene eletto
presidente
■
1861-1865
Guerra civile
■
1865
Abolizione della schiavitù
■
1917-1918
Partecipazione statunitense
alla prima guerra mondiale
■
Il primo popolamento e la colonizzazione. Il popolamento del continente americano è ancora oggetto
di accaniti dibattiti tra gli studiosi. Probabilmente i primi
«americani» giunsero dal Pacifico a partire da circa
40 000 anni fa, seguendo la ghirlanda di isole che congiunge l’Asia nord-orientale con l’Alaska. Le nuove popolazioni si dispersero sul territorio, suddividendosi in molte tribù. Intorno al 2500 a.C. la scoperta dell’agricoltura
spinse la maggior parte delle tribù ad abbandonare la
caccia come principale mezzo di sostentamento.
L’arrivo degli europei segnò una svolta. Il primo europeo a mettere piede sul territorio dei futuri Stati Uniti,
nell’attuale Florida, fu il navigatore spagnolo Juan Ponce
de León (1513).
Durante il XVI secolo gli spagnoli si stabilirono sulla costa
sud-orientale, iniziando la penetrazione verso l’interno,
mentre i francesi dal Canada orientale si spingevano
nelle valli dei fiumi Ohio e Mississippi.
174
1950-1953
Guerra di Corea
■
Abramo Lincoln
in un ritratto
fotografico d’epoca.
1965-1973
Guerra del Vietnam
■
1991
Guerra del Golfo
■
2001 (11 settembre)
Attacchi alle Torri Gemelle
a New York e al Pentagono
a Washington
■
2001
Invasione dell’Afghanistan
■
2003
Invasione dell’Iraq
■
La colonizzazione britannica ebbe inizio nel 1607 con
la fondazione di Jamestown, in Virginia. Nel XVII secolo gli
inglesi crearono 12 colonie sulla costa orientale. Il costante arrivo di nuovi coloni dall’Europa e il disboscamento di sempre più vaste aree rese difficili i rapporti tra
i coloni e le tribù indigene, che dopo una strenua resistenza vennero annientate o costrette a spostarsi verso
ovest.
L’indipendenza delle colonie inglesi. In seguito alla
guerra dei Sette Anni (1756-1763) i francesi dovettero
rinunciare al Canada e a tutti i possedimenti a est del
Mississippi. Ma i costi della guerra spinsero la corona inglese a imporre nuove tasse e limitazioni al commercio
nelle colonie americane; la decisione irritò profondamente i coloni e nel 1774 la rabbia esplose in una guerra aperta. Il 4 luglio 1776 venne proclamata l’indipendenza delle 13 colonie inglesi.
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Stati Uniti
Nel 1778 il generale statunitense George Washington
sconfisse definitivamente gli inglesi. Nel 1787 la Costituzione sanciva la nascita degli Stati Uniti come repubblica federale.
L’espansione sul continente. Intanto era iniziata la
grande espansione territoriale degli Stati Uniti, che nel
1850 si affacciarono sull’oceano Pacifico.
Nel frattempo emerse il contrasto tra stati schiavisti e
stati abolizionisti. La Costituzione stabiliva la fine della
schiavitù, ma negli stati meridionali gli schiavi provenienti
dall’Africa costituivano la manodopera per la coltivazione
delle piantagioni di cotone e di tabacco. L’avvio dell’industrializzazione accentuò le differenze: il Nord si avviava a divenire un paese industriale, mentre il Sud rimaneva legato all’agricoltura di piantagione.
L’elezione alla presidenza (1860) di Abramo Lincoln,
fermo oppositore della schiavitù, fece precipitare la situazione: la Carolina del Sud si proclamò indipendente,
presto seguita da numerosi altri stati, che formarono la
Confederazione degli Stati d’America. Si scatenò una
sanguinosa guerra civile, che si concluse dopo quattro
anni con la resa degli stati confederati. La schiavitù venne abolita e fu riconosciuto il diritto di voto alla popolazione di colore.
Lo sviluppo economico. Gli anni successivi alla guerra civile videro l’impetuoso sviluppo degli Stati Uniti.
Mentre veniva completata la conquista dei territori occi Soldati statunitensi in Vietnam.
dentali, con lo sterminio e la deportazione delle ultime
tribù indiane, centinaia di migliaia di emigranti europei
iniziarono a giungere sulla costa orientale.
Agli inizi del XX secolo gli Stati Uniti erano ormai una
delle principali potenze economiche mondiali. Nel
1917 entrarono in guerra a fianco di Regno Unito, Francia e Italia. Nel 1941 l’attacco giapponese alla base statunitense di Pearl Harbour provocò un nuovo ingresso in
guerra degli Stati Uniti, che stavano riprendendosi da
una gravissima crisi economica sviluppatasi dopo il
crollo della Borsa del 1929.
Il secondo dopoguerra. La vittoria nella seconda
guerra mondiale conferì definitivamente agli Stati Uniti il
ruolo di superpotenza mondiale, contrapposta all’Unione Sovietica. Iniziava il periodo della «guerra fredda», dominato dalla paura dell’atomica.
Tra il 1950 e il 1953 si combatté la guerra di Corea,
che vide contrapporsi la Corea del Nord, guidata da un
governo comunista appoggiato dalla Cina e dall’Unione
Sovietica, e la Corea del Sud, appoggiata da truppe delle Nazioni Unite guidate dagli Stati Uniti.
Nel 1965 le truppe statunitensi giunsero nel Vietnam
del Sud per appoggiare quel governo contro il Vietnam
del Nord e i guerriglieri comunisti sudvietnamiti. Ne derivò una guerra che si protrasse fino al 1973 e che vide
la sconfitta politica e militare degli Stati Uniti.
Gli anni successivi furono contraddistinti dal superamento della guerra fredda, con la firma di trattati contro la
proliferazione delle armi nucleari.
Gli Stati Uniti unica superpotenza. La crisi del blocco comunista e la dissoluzione dell’Unione Sovietica
(1991) hanno lasciato agli Stati Uniti il ruolo di unica
superpotenza. Gli anni Novanta sono stati caratterizzati da una serie di interventi militari sotto le insegne delle
Nazioni Unite o della NATO: la guerra del Golfo (1991),
in difesa del Kuwait invaso dalle truppe irachene di Saddam Hussein; l’intervento in Bosnia-Erzegovina (19941995) e contro la Serbia nella crisi del Kosovo (1999).
L’11 settembre 2001 i tre attentati compiuti da terroristi
islamici contro le Torri gemelle del World Trade Center a
New York e il Pentagono a Washington causarono 3000
vittime e provocarono la dura reazione degli Stati Uniti e
dei loro alleati: alla fine del 2001 l’invasione dell’Afghanistan determinò la caduta del governo fondamentalista dei taleban, accusati di proteggere i terroristi; nel
2003 è stata la volta dell’Iraq, sospettato di preparare attentati con armi di distruzione di massa.
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Regioni e stati del mondo
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America del Nord
2 Una repubblica, cinquanta stati
Gli Stati Uniti sono una repubblica federale composta da 50 stati, ognuno
con un proprio governatore e un’assemblea legislativa, più il distretto federale della capitale Washington e una serie di territori esterni: Puerto Rico (che
è uno stato associato) e le isole Vergini
Americane nei Caraibi, l’isola di Guam,
le Midway, le Marianne Settentrionali e
le Samoa Americane in Oceania.
La popolazione è distribuita irregolarmente sul territorio. La densità di
popolazione è molto bassa, anche perché oltre un terzo degli abitanti si
concentra nell’area delle tre megalopoli (vedi il paragrafo 3).
L’attuale popolazione degli Stati Uniti è il frutto di una lunga serie di ondate migratorie: agli indigeni si sovrapposero i primi coloni provenienti dall’Inghilterra e dalla Francia; poi i neri utilizzati come schiavi nelle
piantagioni; quindi, intorno alla metà del XIX secolo, gli irlandesi, seguiti da
scandinavi, tedeschi e britannici; tra le fine del XX e gli inizi del XX secolo fu
il turno dei mediterranei (soprattutto italiani) e degli europei dell’Est; infine,
nella seconda metà del XX secolo, sono divenuti protagonisti i latinoamericani e gli asiatici. Ne è derivata una società fortemente multietnica (definita
melting pot, «crogiolo di fusione»), all’interno della quale le singole comunità
conservano spesso tratti della cultura originale.
Oggi un gruppo in fortissima crescita è quello dei latino-americani, che costituiscono circa il 14% della popolazione. La lingua ufficiale è l’inglese, ma
molte comunità continuano a usare anche la propria lingua d’origine; particolarmente diffuso è lo spagnolo.
La popolazione gode mediamente di un elevato tenore di vita; tuttavia più di
15 statunitensi su 100 non hanno un reddito sufficiente a soddisfare le esigenze di base.
Il «melting pot».
Lingua
inglese
Religione
protestanti (24,6%), cattolici
(22,1%), altri cristiani (36,8%),
atei (2,2%), ebrei (2,2%)
Numero di figli per donna
2,1
Popolazione < 15 anni
20,7%
Popolazione > 60 anni
16,6%
Speranza di vita
M 74, F 80 (UE: M 74, F 80)
ISU
0,948
(8° posto nel mondo)
Negozi a Little Italy, lo storico
quartiere della comunità italiana
a New York.
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Stati Uniti
3 Le megalopoli e le metropoli
La storia dell’urbanizzazione negli Stati Uniti è legata alla colonizzazione europea; tuttavia nel sud-ovest del paese le popolazioni indigene avevano già dato vita, tra il 1200 a.C. e il XVI secolo d.C., a una civiltà caratterizzata da villaggi permanenti (pueblos), spesso di dimensioni paragonabili a quelle di una
piccola città. I primi insediamenti europei furono spagnoli e si svilupparono
sulle coste della Florida: la prima città statunitense di fondazione europea è
Saint Augustine, fondata nel 1565.
Le città statunitensi, al contrario di quelle europee – la cui struttura è stata
determinata da un lento sviluppo attraverso i secoli – si sono sviluppate senza
vincoli. Hanno spesso una struttura a scacchiera, con strade ampie e diritte che
si incrociano ad angolo retto. Al centro della città vi è di solito il quartiere degli affari (la city), con le strutture amministrative, finanziarie e commerciali.
A partire dagli anni Trenta del XX secolo intorno alle maggiori città sono
sorti ampi sobborghi residenziali per le classi medio-alte, caratterizzati da case
unifamiliari immerse nel verde, dai quali ogni giorno milioni di persone si
muovono per recarsi al lavoro nelle città.
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
New York
Los Angeles
Chicago
Filadelfia
Dallas
Miami
Houston
Atlanta
Detroit
Boston
San Francisco
ABITANTI (AREA
METROPOLITANA)
18 710 000
12 925 000
9 392 000
5 801 000
5 700 000
5 362 000
5 180 000
4 708 000
4 493 000
4 425 000
4 154 000
Washington è la capitale federale degli Stati Uniti.
Per garantire l’indipendenza del governo il suo territorio non fa parte di nessuno stato, ma è al centro di un distretto autonomo, il distretto di Columbia.
Washington è soprattutto un centro amministrativo, dove si trovano le sedi
delle principali istituzioni del paese: la Casa Bianca, residenza del presidente
degli Stati Uniti; il Congresso, sede del Senato e della Camera dei rappresentanti; il Pentagono, sede del Ministero della Difesa.
La capitale federale.
La Casa Bianca a Washington,
residenza ufficiale del presidente
degli Stati Uniti.
Panorama di San Francisco;
in primo piano il Golden Gate,
l’enorme ponte di acciaio simbolo
e punto di riferimento della città.
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Regioni e stati del mondo
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America del Nord
Qui hanno sede anche la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.
L’architettura di Washington si distingue da quella delle altre città americane: non vi sono avveniristici grattacieli, ma edifici in stile neoclassico, con
profusione di marmi bianchi e colonnati.
La megalopoli atlantica. BosWash è l’abbreviazione con la quale negli Stati Uniti è comunemente indicata la megalopoli atlantica, estesa per oltre 600
km lungo la costa orientale, da Boston (a nord) a Washington (a sud). In quest’area vivono circa 45 milioni di persone (più di uno statunitense su sei).
La città principale è New York: i suoi 18 milioni di abitanti nell’area metropolitana la rendono una delle prime metropoli al mondo per numero di abitanti e senza dubbio la città globale più importante (vedi la scheda a p. 180).
Altre notevoli metropoli sono Filadelfia e Baltimora, importanti centri industriali e portuali, e Boston, capitale del Massachusetts, primario centro culturale, sede dell’università di Harvard e del MIT (Massachusetts Institute of
Technology), centro di ricerca scientifica di rilievo mondiale.
Sulle sponde meridionali dei Grandi Laghi
si è sviluppata ChiPitts, estesa da Buffalo, tra i laghi Erie e Ontario, a
Milwaukee, sulla costa occidentale del lago Michigan. È una delle regioni più
dinamiche e produttive degli Stati Uniti.
La megalopoli dei Grandi Laghi.
La lunga fila di grattacieli sul
lungomare di Seattle, una delle
principali città della megalopoli
californiana.
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Una veduta
di Boston.
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Stati Uniti
Carrozzelle per turisti
nel quartiere francese
di New Orleans.
Il principale centro urbano è Chicago, sul lago Michigan: terza città del paese, sorta al centro di un distretto industriale estremamente diversificato, ha
industrie alimentari, elettroniche, meccaniche, chimiche e siderurgiche. Grazie alla sua posizione è inoltre un importantissimo porto e nodo ferroviario;
anche le attività del terziario vi sono molto sviluppate.
Tra le principali città inglobate dalla megalopoli vi è Pittsburgh, un tempo
capitale dell’acciaio e ora sede di numerose compagnie che operano nel settore dell’alta tecnologia, spaziando dalla robotica alla biotecnologia: un’evoluzione simile a quella toccata a Cleveland.
Detroit, invece, è la capitale dell’automobile, sebbene il settore stia vivendo
una forte crisi: il tasso di disoccupazione in città è tra i più alti degli Stati Uniti.
La terza grande megalopoli statunitense si è
sviluppata sulle coste della California, tra San Francisco e San Diego; qui vivono circa 36 milioni di persone. Al suo interno la città più importante è Los
Angeles, la seconda per importanza degli Stati Uniti (vedi la scheda a p. 180).
San Francisco deve il suo sviluppo alla famosa «corsa all’oro» che verso la
metà del XIX secolo attirò in California migliaia di persone da tutto il mondo:
in un solo anno (1848-1849) la sua popolazione balzò da 1000 a 25 000 abitanti. La sua origine multietnica si riflette oggi nella vivacità culturale della
città, sede di importanti università, tra le quali quella di Berkeley. Il Golden
Gate, il famoso ponte sospeso che attraversa la baia di San Francisco, è il simbolo della città.
Nel nord-ovest, presso il confine con il Canada, sorge Seattle, uno dei principali centri mondiali dell’industria aeronautica, informatica e delle biotecnologie.
La megalopoli californiana.
Lussuose ville sul mare a Miami,
uno dei più prestigiosi e frequentati
centri turistici degli Stati Uniti.
Negli stati meridionali sono sorte alcune grandi città, tra le
quali, in Texas, gli importanti poli petroliferi di Dallas e Houston.
In Florida sorge Miami, uno dei maggiori centri turistici balneari degli Stati Uniti e ambita meta del turismo mondiale.
La capitale della Georgia, Atlanta, è sede di compagnie di telecomunicazioni e di multinazionali in vari comparti industriali.
Presso il delta del Mississippi si è sviluppata New Orleans, uno dei più attivi porti statunitensi, che prima di essere devastata dall’uragano Katrina
(2005) era anche una pittoresca e frequentata meta turistica.
Le città del sud.
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Regioni e stati del mondo
15:04
Pagina 180
America del Nord
Un passo in avanti
La Grande Mela
e la Città degli Angeli
La collina su cui
sorge Hollywood,
capitale mondiale
del cinema.
Il quartiere
amministrativo
e finanziario
di Los Angeles.
ew York (nota con il soprannome di Big Apple, «Grande Mela») e Los Angeles (L.A. o anche City of Angels, «Città degli Angeli») sono le
due maggiori città degli Stati Uniti e, probabilmente, le
due città più conosciute nel mondo, grazie agli innumerevoli romanzi e film che vi sono ambientati.
N
LOS ANGELES
Economia. Si basa sul commercio internazionale,
sulle industrie dell’intrattenimento (musica, cinematografia, televisione), aeronautica e aerospaziale, petrolifera, ma anche sull’agricoltura e sul turismo. Con
la vicina Long Beach costituisce il più grande porto
dell’America settentrionale.
Principali attrazioni. Downtown (il centro amministrativo), El Pueblo (il quartiere storico con alcuni
edifici di epoca spagnola), Hollywood (il quartiere dove è nata l’industria cinematografica), Beverly Hills
(residenza di molte stelle dello spettacolo), le spiagge
di Santa Monica e Malibù, frequentate dai surfisti, il
parco dei divertimenti di Disneyland.
Descrizione. La popolazione di Los Angeles conta
un’alta percentuale di abitanti di origine ispanica (il
48,8% del totale). Elevata è anche la quota di asiatici (11,1%), mentre relativamente bassa è quella di
neri (9,9%). Los Angeles è sviluppata per 71 km
lungo la costa e 47 km verso l’interno, inglobando
180
Data di fondazione
Nome originale
Superficie della città
Popolazione (2004)
Densità
Estensione dell’area
metropolitana
Popolazione dell’area
metropolitana
PIL
1786
El Pueblo de Nuestra Señora
la Reina de Los Angeles
del Río de Porciúncola
1214,9 km2
3 846 000 ab.
3041 ab./km2
88 000 km2
12 925 000 ab.
581,3 miliardi di dollari
nel suo processo di espansione molti centri minori.
La città ha quindi un aspetto urbano piuttosto disordinato, molto differente da quello delle città europee. Inoltre questa particolare struttura, unitamente
alla conformazione del territorio, che comprende anche un’ampia porzione di territorio collinoso e montuoso, ha contribuito a privilegiare il trasporto privato (solo il 13% dei nuclei familiari non possiede
un’automobile) e i vari centri sono collegati tra loro
da una fitta rete di freeways, autostrade gratuite a
sei corsie. I trasporti pubblici sono piuttosto lenti e la
metropolitana comprende un’unica linea.
Quasi metà degli edifici della città è costituita da
unità monofamiliari: ciò spiega l’enorme estensione
dell’area urbana. I grattacieli sono poco numerosi, a
causa dell’elevata sismicità della zona.
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Stati Uniti
NEW YORK
Economia. L’economia di New York dipende in larghissima parte dal terziario e, in particolare, dai servizi offerti da banche, compagnie di assicurazione,
società finanziarie, agenzie di pubblicità; rilevante anche l’industria della comunicazione (stazioni televisive, case editrici). L’attività portuale è in declino.
Principali attrazioni. L’isola di Manhattan è il cuore di New York. Vi si trovano le principali istituzioni
culturali (il Metropolitan Museum of Art, il Metropolitan Museum of Modern Art, il museo di Storia naturale, il Solomon R. Guggenheim Museum e decine
di altri); Broadway, con i suoi cinema e teatri; il Central Park, con i suoi 3,4 km2 di prati e boschi; lo storico quartiere di Little Italy, dove si ammassavano gli
emigranti italiani all’inizio del XX secolo; la pittoresca
Chinatown, uno dei quartieri cinesi della città; la Fifth
Avenue, con i suoi negozi di lusso. Altre attrazioni sono Liberty Island, su cui sorge la celebre Statua della Libertà, uno dei simboli della città; Coney Island e
i suoi parchi di divertimenti; Ellis Island, dove sorgeva la dogana e che ha rappresentato la porta di ingresso negli Stati Uniti per milioni di emigranti.
Il panorama di New York visto dall’Empire State Building,
l’edificio più alto della città (443 m) dopo il crollo delle Torri
Gemelle nel 2001.
Data di fondazione
Nome originale
Superficie comunale
Popolazione (2004)
Densità
Estensione dell’area
metropolitana
Popolazione dell’area
metropolitana
PIL
1615
Nieuw Amsterdam (cambiato in
New York nel 1664, dopo il passaggio
sotto il dominio inglese)
786 km2
8 104 000 ab.
10 292 ab./km2
8683 km2
18 710 000 ab.
901,3 miliardi di dollari
Descrizione. La popolazione di New York comprende
il 44% di bianchi, il 25,4% di neri e l’11,6% di asiatici;
gli ispanoamericani sono il 29% del totale. La città si è
sviluppata su tre isole principali (Manhattan, Long
Island e State Island) e solo in minima parte sulla terraferma. Gli alti costi dei terreni edificabili spinsero, a
partire dall’inizio del XX secolo, a privilegiare gli edifici
sviluppati in altezza. Si formò così il caratteristico panorama newyorkese, caratterizzato da una fitta schiera di
grattacieli. Solamente nei sobborghi residenziali si sono
sviluppati quartieri formati da unità monofamiliari.
New York è dotata di un’efficiente rete di trasporti
pubblici, utilizzata dalla maggior parte degli abitanti
per gli spostamenti; la metropolitana, in particolare, si
sviluppa su 1142 km di linee e 469 stazioni.
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Regioni e stati del mondo
L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
42 101 $ (UE a 25: 26 927 $)
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America del Nord
4 L’economia
Dagli inizi del XX secolo gli Stati Uniti sono la principale potenza economica
mondiale, situazione che, unitamente al ruolo militare e politico assunto dopo
la seconda guerra mondiale, giustifica e assicura loro il ruolo di superpotenza
mondiale. Molti sono i fattori che hanno favorito lo sviluppo dell’economia
statunitense:
l’enorme disponibilità di materie prime e risorse naturali;
la disponibilità di vaste estensioni di terreni, grazie alla quale agricoltura e
industria non sono entrate in conflitto;
il massiccio afflusso di immigrati che ha messo a disposizione della nascente
industria statunitense manodopera relativamente a buon mercato e, spesso,
qualificata;
l’alto livello tecnologico e scientifico della produzione;
l’ampiezza dei mercati, sia interno sia internazionali;
il lunghissimo periodo di stabilità politica e l’assenza, sul territorio statunitense, delle distruzioni causate dalle due guerre mondiali.
L’economia statunitense è basata sulla libera concorrenza tra le imprese; tuttavia il governo ha sempre svolto un ruolo attivo nello sviluppo economico sia
con interventi diretti, quali le sovvenzioni all’agricoltura o a sostegno di settori minacciati dalla concorrenza estera, i massicci acquisti di armi e gli investimenti nella ricerca, sia stabilendo norme contro la formazione di monopoli e
controllando lo sviluppo dei mercati finanziari. Inoltre dal 1994 il NAFTA
promuove l’integrazione delle economie di Stati Uniti, Canada e Messico: questi ultimi due stati sono i principali partner commerciali degli Stati Uniti.
■ Il settore primario
L’agricoltura. L’abbondanza di terreno coltivabile e la grande varietà di climi presenti sul territorio statunitense hanno permesso lo sviluppo di un fiorente settore agricolo. L’agricoltura è praticata in aziende dove – grazie alla
meccanizzazione, all’impiego di sistemi di irrigazione più efficienti, all’utilizzo
di tecniche di coltivazione avanzate e all’abbondante uso di fertilizzanti e insetticidi – un numero limitato di addetti riesce a coltivare vaste estensioni di
terreno. Molte aziende appartengono inoltre a grandi compagnie, che si occupano di tutte le fasi, dalla produzione delle sementi alla commercializzazione del prodotto.
La coltivazione dei cereali
nel Montana.
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Stati Uniti
Per ottimizzare le rese, la produzione agricola statunitense si è specializzata secondo le aree climatiche. Si sono così venute a creare
diverse regioni agricole (indicate con il termine inglese belts, «cinture»), ciascuna specializzata in una determinata produzione.
Nella cotton belt (fascia del cotone), nelle regioni sud-orientali, si
coltivano tradizionalmente cotone e tabacco.
La wheat belt (fascia del frumento) si sviluppa nelle pianure centrali.
Nella corn-soy belt (fascia del mais e della soia), a sud dei Grandi Laghi, predominano le coltivazioni di mais e soia, destinati all’utilizzo come mangimi per gli animali.
Nella dairy belt (fascia dei prodotti lattiero-caseari), intorno ai
Grandi Laghi, prevale l’allevamento di vacche da latte.
In California e in Florida il clima mite favorisce la produzione di
agrumi, ortaggi e frutta. In California, inoltre, si è sviluppata la coltivazione della vite, che consente la produzione di vini di alta qualità.
La silvicoltura è diffusa soprattutto nel nord-est e nel nord-ovest
del paese.
aree coltivate
riso
ovini
campagna
urbanizzata
boschi, prati
e pascoli
uva
suini
ortofrutta
pesca
aree incolte
cotone
industria
conserviera
frumento
legname
latte e formaggi
mais
bovini
vino
tabacco
Le attività
economiche
principali
aree industriali
gomma
centrali elettriche
siderurgia
oleodotti
autoveicoli
raffinerie
aeronautica,
aerospaziale
informatica,
elettronica
tessile e
abbigliamento
carta, stampa,
editoria
cantieristica
chimica
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Regioni e stati del mondo
ENERGIA ELETTRICA
prodotta 4 081 468
importata
30 390
esportata
23 972
GWh
GWh
GWh
15:41
Pagina 184
America del Nord
L’allevamento bovino è molto sviluppato; viene praticato in modo intensivo nella dairy belt, per la produzione di latte, e in modo
estensivo nelle regioni a ovest del Mississippi, per la produzione di carne.
Grande importanza hanno anche l’allevamento dei suini e quello dei volatili da
cortile. Lungo le coste si è inoltre diffusa l’acquacoltura di molluschi e crostacei.
La pesca si avvale di una flotta peschereccia tra le prime al mondo.
Allevamento e pesca.
■ Il settore secondario
Il sottosuolo degli Stati Uniti è ricchissimo di materie prime: petrolio, gas naturale, carbone, ferro, uranio, oro, argento, rame, piombo, zinco, sale, fosfati, molti metalli rari.
Questa abbondanza di minerali energetici rende gli Stati Uniti il quarto produttore di energia elettrica al mondo. Tuttavia, la richiesta di energia nel paese
è altissima, tanto che nelle grandi città non sono rare le interruzioni di fornitura (black out). Inoltre, nonostante gli Stati Uniti siano il terzo produttore
mondiale di petrolio, importano i due terzi dell’«oro nero» che consumano.
Risorse energetiche e minerarie.
L’interno dello stabilimento della
Boeing, una delle più note case
produttrici di aerei, a Everett (stato
di Washington).
184
L’industria. Il sistema industriale statunitense ha conosciuto nel recente passato una pesante ristrutturazione dei comparti tradizionali (siderurgia, cantieristica, chimica, petrolchimica, tessile, automobilistica), dovuta alla crisi prodotta dalla concorrenza europea, giapponese e, soprattutto, dei paesi emergenti. La ristrutturazione ha comportato una riduzione della produzione, con
conseguente chiusura di impianti e licenziamento di molti lavoratori.
Diversa la situazione nei settori a tecnologia avanzata (industrie aerospaziale, elettronica, informatica, delle telecomunicazioni, della chimica fine, delle
biotecnologie), nei quali il paese è leader mondiale, grazie anche ai forti investimenti nella ricerca (vedi sotto). I prodotti ad alta tecnologia costituiscono
quasi un terzo dei manufatti esportati dagli Stati Uniti.
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Stati Uniti
Il palazzo dove ha sede una
delle più importanti Borse valori
del mondo, quella di New York
a Wall Street.
■ Il settore terziario
Il terziario assorbe oltre i tre quarti della forza lavoro statunitense. L’elevata
qualità dei servizi offerti fa sì che il settore rappresenti una delle voci più attive della bilancia commerciale statunitense, altrimenti fortemente negativa.
Negli Stati Uniti operano le principali borse valori del mondo (Wall Street, a
New York, per quanto riguarda i titoli e la Borsa di Chicago per le merci) e
hanno sede le principali banche d’affari mondiali.
Una turista fotografa un cervo
nel Parco nazionale di Yellowstone
(Wyoming).
Ricerca scientifica e tecnologica. Un ruolo fondamentale nello sviluppo
economico statunitense è rivestito dagli istituti di ricerca scientifica, che operano in stretto contatto con le industrie e permettono loro di mantenersi all’avanguardia nei settori più avanzati. In più parti del paese (spesso lontano
dai grandi centri industriali tradizionali) sono sorte delle technocities, tra cui la
celebre Silicon Valley, vicino a San Francisco, dove operano 2800 aziende ad
alta tecnologia a stretto contatto con le università di San Francisco e di Palo
Alto. La ricerca è finanziata in parte dallo stato e in parte direttamente dalle
imprese; molte attività di ricerca sono finalizzate allo sviluppo di tecnologie
militari e al miglioramento della sicurezza.
Gli oltre 46 milioni di visitatori all’anno fanno degli Stati Uniti la
terza meta turistica mondiale. Le principali attrazioni sono i grandi parchi
naturali, le metropoli della costa orientale, la California, i centri di vacanza
della Florida, i parchi di divertimenti, le città del gioco d’azzardo (Las Vegas
e Reno nel Nevada, Atlantic City nel New Jersey).
Turismo.
Trasporti e comunicazioni. Il sistema dei trasporti è particolarmente sviluppato ed efficiente. La rete ferroviaria, che nel XIX secolo ebbe un ruolo
determinante nello sviluppo del paese, conta oggi cinque linee coast to coast,
più numerose altre che collegano il paese da nord a sud.
La rete stradale e quella autostradale sono le più sviluppate del mondo e
coprono tutto il paese, in particolare nel centro-est. Sulle distanze medie e
lunghe sono molto utilizzati anche i trasporti aerei. Le vie d’acqua interne sono
molto sviluppate e, grazie al collegamento tra i sistemi del Mississippi e dei
Grandi Laghi, collegano l’Atlantico settentrionale con il golfo del Messico.
SOCIETÀ
medici
laureati
computer
STATI UNITI
UE
5,5
7,6
659
3,2
7,3
318
dati sulla base di 1000 abitanti
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America del Nord
Esercizi
1
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America anglosassone, Canada, Stati Uniti
Evidenzia, nel piccolo planisfero muto, gli stati
appartenenti all’America anglosassone. Scrivi i
loro nomi nella posizione corretta, i nomi dei
mari od oceani che li bagnano, degli stati
confinanti.
e. Il territorio canadese può essere suddiviso
in sei regioni: il ………………………………………,
lo ……………………………………………………,
la regione dei ………………………………………,
le basse terre del ……………………………………,
le pianure meridionali, le …………………………….
f.
La regione centrale degli Stati Uniti è il territorio
delle …………………………………………………,
sconfinate distese pianeggianti che dai ……………
…………………………… – a nord – si estendono
verso sud fino al golfo del …………………………,
interrotte qua e là da gruppi di basse colline.
g. Il sistema idrografico degli Stati Uniti è dominato
dal bacino del ……………………………………….
h. I ……………………………………………, al confine
con il ……………………………, rappresentano il
più grande sistema lacustre del pianeta. Dei cinque
………… che lo costituiscono, solo il ………………
è interamente in territorio statunitense.
2
Completa le seguenti frasi.
a. L’America anglosassone si considera formata da
………………………… e …………………………;
è fisicamente delimitata dal mar ……………………
………………………………… a nord, dall’oceano
Atlantico a …………………………………, dal golfo
del ……………………………… a sud e dall’oceano
Pacifico a ………………………… .
b. L’America anglosassone è un’area nell’insieme
poco …………………………………. I suoi abitanti
si addensano in alcune aree, quali le ………………
………………… o l’area intorno ai ………………
…………………………………………, dove il
popolamento è molto più fitto e dove si sono
formate alcune vaste ………………………… .
c.
L’America anglosassone è l’area economicamente
più ………………………… del pianeta.
Gli …………………………………………… sono ai
vertici mondiali dell’economia, ma anche il Canada è
tra le otto nazioni più ……………………………… al
mondo.
d. Il Canada è il secondo stato più ……………………
del mondo dopo la ……………………… . A nord è
bagnato dal mar ……………………………………;
a ……………………………… dall’oceano Atlantico
e a …………………………… dall’oceano Pacifico.
186
3
Vero o falso?
a. Il golfo del Messico è un bacino interno
dell’oceano Pacifico.
b. Sia sulla costa orientale, sia sulla costa
occidentale dell’America anglosassone
si trovano affollate megalopoli.
c. Gli Stati Uniti non furono interessati dalla
tratta degli schiavi nel XVII e XIX secolo.
d. Gli indiani d’America sono i discendenti di
immigrati dall’Asia meridionale nel XIX secolo.
e. Buona parte del territorio canadese
ha un’origine geologica antichissima.
f. In Canada è molto estesa la tundra.
g. Il Canada è un paese abbastanza
fittamente abitato.
h. La capitale canadese è Toronto.
4
a.
b.
c.
d.
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V
F
■■
V ■
F
■
V
F
■■
Sì o no?
Gli Stati Uniti sono più estesi dell’Europa?
Gli Stati Uniti si trovano nell’emisfero boreale?
I monti Appalachi si trovano negli Stati Uniti?
La California è una penisola interamente
in territorio statunitense?
e. I primi europei che misero piede sul territorio
statunitense furono gli inglesi?
f. La guerra del Vietnam fu vinta dall’esercito
statunitense?
g. Gli stati che formano gli Stati Uniti sono
più di 50?
S ■
N
■
S ■
N
■
S ■
N
■
S ■
N
■
S ■
N
■
S ■
N
■
S ■
N
■
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h. La megalopoli dei Grandi Laghi si chiama
ChiPitts?
8
a.
b.
c.
d.
Quali sono le produzioni più importanti
dell’agricoltura statunitense? E dell’agricoltura
canadese?
10
Osserva la cartina in basso, che mostra la rete
dei principali collegamenti stradali e ferroviari
negli Stati Uniti e rispondi alle seguenti
domande.
a. Osservando i simboli utilizzati, quali altri dati
(oltre alla rete delle maggiori strade e linee
ferroviarie) presenta la carta?
b. Ti pare che la distribuzione delle vie di
comunicazione sia omogenea? Oppure vi sono aree
in cui è più fitta e altre in cui è più rada? Spiega
le ragioni di una tale situazione.
c. Dove si trovano i maggiori porti statunitensi?
d. Secondo te, quella qui riprodotta è una carta fisica,
una carta politica o una carta tematica?
Rispondi brevemente.
a. Il Canada confina con gli Stati Uniti solo verso sud?
b. In quali continenti si trovano gli stati degli Stati Uniti?
c. Quali sono le principali attrazioni turistiche
degli Stati Uniti?
d. Quali caratteristiche peculiari ha la metropoli
dei Grandi Laghi?
autostrade principali
porti
Olympia
Seattle
C
A
N
A
D
A
Spokane
Portland
Grand Forks
Helena
Albany
Mi s
Boise
Minneapolis
s
o
i
Omaha
Madison
Chicago
Des Moines
Salt Lake
City
San Francisco
Indianapolis
Denver
Cleveland
Cincinnati
Topeka
Las Vegas
Wichita
St.Louis
Kansas
City
Phoenix
Albuquerque
Oklahoma City
Tucson
Richmond
Frankfort
Little Rock
Dallas
Raleigh
Columbia
Birmingham
Jackson
Atlanta
Charleston
Montgomery
Mi
El Paso
OCEANO
PA C I F I C O
Filadelfia
Washington
Charleston
Nashville
Rio
San Antonio
Houston
G
ran
M E S S I C O
de
Baton
Rouge
Boston
New York
Harrisburg
Memphis
Los Angeles
San Diego
Buffalo
Detroit
ur
Cheyenne
Sacramento
Augusta
Duluth
Bismarck
aeroporti
NTICO
ferrovie principali
……………………………………………………….
……………………………………………………….
……………………………………………………….
……………………………………………………….
9
Perché...
a. … l’America anglosassone si chiama così?
b. … l’America anglosassone mostra una grande
varietà di climi?
c. … le pianure centro-meridionali del Canada
sono definite il «Canada utile»?
d. … il clima di New York, che si trova alla stessa
latitudine di Napoli, è più freddo di quello
della città italiana?
7
Elenca tre caratteristiche peculiari
del paesaggio canadese.
O AT
LA
6
… il NAFTA
… Boswash
… la Florida
… gli inuit
… il Québec
… il melting pot
… i pueblos
… la Casa Bianca
… le belts statunitensi
EAN
a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.
h.
i.
Spiega che cos’è / che cosa sono…
OC
5
e. Qual è la maggiore metropoli dell’America
anglosassone?
f. In quale modo l’afflusso di immigrati negli Stati Uniti
ha favorito lo sviluppo dell’economia?
g. Quali sono le materie prime presenti in maggiore
quantità nel sottosuolo degli Stati Uniti?
S ■
N
■
s s is s i p p i
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New Orleans
Tampa
Corpus Christi
Miami
BAHAMA
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America del Nord
L’America centrale
La lussureggiante vegetazione
nell’entroterra del Belize.
1 Il Messico e gli altri
Il litorale a nord di San José,
la capitale del Costa Rica.
188
Geograficamente, l’America centrale è la parte del continente americano compresa tra l’istmo di Tehuantépec a nord e l’istmo di Panamá a sud. Essa comprende, dunque, il territorio di Belize, Guatemala, Honduras, El Salvador,
Nicaragua, Costa Rica e Panamá, oltre agli stati meridionali del Messico. Dal
punto di vista fisico, dunque, il Messico è situato in gran parte al di fuori dell’America centrale; ma esso viene spesso studiato insieme con gli altri paesi di
tale area, con i quali condivide molte delle caratteristiche e dei problemi.
Il Messico e l’America centrale costituiscono il ponte naturale che collega
l’America settentrionale con quella meridionale. Si tratta di un’area essenzialmente montuosa, il cui rilievo è formato da una serie di catene che rappresentano il prolungamento delle cordigliere nordamericane; l’ampiezza del rilievo diminuisce nettamente procedendo verso
sud e raggiunge il minimo poco prima del congiungimento con il Sudamerica.
Tutta l’area è fortemente sismica e numerosi
sono i vulcani attivi, soprattutto in Messico.
Lungo tutta la costa atlantica si estende una pianura generalmente piuttosto ristretta, con l’eccezione della penisola dello Yucatán, che individua il golfo del Messico separandolo dal mar
dei Caraibi (o delle Antille).
Il clima è caldo e umido, di tipo tropicale sulle coste – che di solito godono di elevate precipitazioni – ma molto più fresco e arido nelle regioni montuose (soprattutto in Messico, dove si
raggiungono le maggiori altezze). Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno le coste orientali
sono spesso colpite da violentissimi uragani.
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L’ A m e r i c a c e n t r a l e
2 Grandi civiltà nel passato,
gravi conflitti sociali oggi
Il Messico e l’America latina sono stati la culla di alcune delle maggiori civiltà dell’America precolombiana: aztechi, maya, olmechi, toltechi e altri popoli costituirono imperi che governarono su larga parte della regione prima
che l’arrivo dei conquistatori spagnoli ne cancellasse pressoché ogni traccia.
I discendenti di questi antichi popoli ancora vivono nelle terre ancestrali e
costituiscono una parte significativa della popolazione centroamericana, in
particolare in Guatemala – dove gli indigeni sono oltre il 40% della popolazione – e in Messico, dove rappresentano circa un quinto della popolazione.
Gli indigeni occupano in genere i posti inferiori nella scala sociale, sono
sfruttati e talvolta sono oggetto di genocidio da parte dei governi, com’è ad
esempio accaduto negli ultimi decenni in Guatemala. Per reagire alle discriminazioni e alle persecuzioni talvolta sono nati movimenti armati, come nello
stato messicano del Chiapas o nello stesso Guatemala.
Del resto le infinite guerre civili sono una costante della storia recente dell’America centrale: dalla rivoluzione messicana (1910-11) a quella sandinista in Nicaragua (1961-79) e a quella zapatista nello stato messicano del Chiapas (iniziata
nel 1994), i movimenti guerriglieri hanno spesso rappresentato la risposta popolare ai governi autoritari succedutisi alla guida degli stati centroamericani.
I conflitti sociali sono acuiti dalla realtà economica dei vari paesi. Con
l’eccezione del Messico, che grazie alla vicinanza agli Stati Uniti e ai proventi derivanti dal petrolio ha avviato un processo di industrializzazione e
ammodernamento dell’economia, gli stati dell’area centroamericana dipendono in larga parte dall’economia di piantagione, controllata dalle
grandi compagnie statunitensi, così come controllati da compagnie estere sono il settore estrattivo e quello del turismo, altre due voci importanti dell’economia locale. Alle difficili condizioni economiche si accompagnano disoccupazione ed elevati tassi di mortalità e analfabetismo.
Un guerrigliero del Chiapas.
Una piantagione
di noci di cocco
nella Repubblica
Dominicana.
Il Palazzo delle maschere, i cui resti si trovano in un sito archeologico
maya dello Yucatán (Messico).
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Regioni e stati del mondo
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America del Nord
MESSICO
Superficie (km2)
1 958 201
Popolazione (ab.)
103 088 000
Densità (ab./km2)
53
Popolazione urbana (%)
75,5
L’imponente cima del Popocatépetl,
un vulcano alto 5452 m.
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
stato federale
Città del Messico (8 670 000 ab.)
peso messicano (100 centesimi)
MEX
Una spiaggia incontaminata nella zona
di Quintana Roo (Messico meridionale).
Un territorio prevalentemente montuoso. Le due catene della Sierra Madre Occidentale e della Sierra Madre Orientale si allungano parallele alle coste, racchiudendo un altopiano (la Mesa) che raggiunge i 2000 m di altitudine,
e infine si congiungono a formare la Sierra Madre del Sud. Le aree pianeggianti si concentrano lungo la costa atlantica; la pianura più estesa è la penisola dello Yucatán.
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Messico
La natura montuosa del territorio influenza fortemente il clima, tanto che si
distinguono quattro zone climatiche in base all’altitudine:
le tierras calientes (terre calde), dal livello del mare a 800-1000 m, caratterizzate da un clima tropicale umido sul versante orientale (dove si trova la foresta tropicale) e secco su quello occidentale;
le tierras templadas (terre temperate), comprese tra circa 800 e 1800-2000 m,
a clima mite tutto l’anno;
le tierras frias (terre fredde), fino a 4000 m, con pascoli e foreste di conifere
nel sud e steppe nel nord;
le tierras heladas (terre gelate), oltre i 4000 m, spesso coperte da nevi perenni.
Lingua
spagnolo
Una popolazione in forte crescita. La popolazione messicana è sempre stata caratterizzata da alti tassi di accrescimento, tanto che dal 1970 è più che
raddoppiata. Inoltre, la popolazione è molto giovane: quasi un messicano su
tre ha meno di quindici anni. Gran parte degli abitanti è di origine meticcia
(64%) o indigena (18%). Nel 2001 è stata approvata una legge che garantisce
alle comunità indigene una maggiore autonomia e il rispetto dello stile di vita
tradizionale.
La capitale, Città del Messico, si
trova al centro di un’area urbana di
oltre 18 milioni di abitanti, il quarto
agglomerato umano del pianeta. È una
delle città più inquinate e caotiche al
mondo, dove quartieri modernissimi si
alternano a fatiscenti baraccopoli e le
piramidi precolombiane sono circondate dalle costruzioni contemporanee.
Speranza di vita
M 72, F 77
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
Città del Messico
Guadalajara
Monterrey
Puebla
Tijuana
León
Ciudad Juárez
ABITANTI
(AREA METROPOLITANA)
Religione
cattolici (88%),
protestanti (5,2%), atei (3,5%)
Numero di figli per donna
2,2
Popolazione < 15 anni
31,5%
Popolazione > 60 anni
8,3%
ISU
0,821 (53° posto nel mondo)
Una giovane donna del Chiapas
con il suo bambino al mercato.
Veduta aerea di Città
del Messico.
18 327 000
3 678 000
3 243 000
2 220 000
1 274 000
1 235 000
1 187 000
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Regioni e stati del mondo
L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
7298 $
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America del Nord
Emigrazione e immigrazione. Il Messico alimenta una nutrita emigrazione
verso gli Stati Uniti, dove si calcola vivano ormai 10 milioni di messicani, molti dei quali clandestini; nello stesso tempo, le condizioni di vita nettamente
superiori a quelle degli altri paesi centroamericani e le crescenti difficoltà di
ingresso clandestino negli Stati Uniti fanno sì che il Messico sia anche meta di
immigrazione dai paesi confinanti.
Il Messico è uno degli stati emergenti nel panorama economico
americano. Dotato di ingenti risorse naturali, ha saputo sviluppare un sistema
industriale e finanziario moderno. Tuttavia oggi gran parte dell’apparato produttivo (nel passato quasi interamente controllato dallo stato) appartiene a compagnie e multinazionali straniere, soprattutto statunitensi; inoltre la ricchezza è
distribuita in modo molto irregolare ed esclude vasti strati della popolazione.
L’agricoltura riveste ancora una notevole importanza per numero di addetti e si basa sulla coltivazione dei cereali (soprattutto mais) e di prodotti tropicali tipici (banane, canna da zucchero, caffè, cacao, caucciù, agave). Le foreste
tropicali forniscono essenze pregiate (mogano, ebano, cedro, sandalo e altre).
Molto sviluppati sono l’allevamento (bovini, caprini, suini e volatili) e la pesca.
Il sottosuolo del Messico è ricco di risorse minerarie, in particolare petrolio
e gas naturale, ma anche argento (primo produttore mondiale), piombo, zinco,
oro, rame, ferro, grazie ai quali si è sviluppata un’attiva industria metallurgica.
Altri comparti di rilievo sono la chimica e la petrolchimica, il tessile, l’industria automobilistica, l’industria del cemento e quella alimentare.
Presso il confine con gli Stati Uniti sono sorte le maquilladoras, piccole e
medie industrie di assemblaggio, spesso a capitale statunitense, operanti nei
settori elettrico, elettronico, automobilistico e tessile.
Il settore del commercio estero è ben sviluppato, grazie anche agli accordi internazionali (in primo luogo il NAFTA, con Stati Uniti e Canada, verso i quali si
indirizza la maggior parte delle esportazioni messicane). Un’importante voce
nell’economia del Messico è il turismo: principali mete sono le località balneari quali Acapulco e Cancún, i siti archeologici precolombiani e le città storiche.
L’economia.
Lavori su una piattaforma
petrolifera al largo
delle coste messicane.
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Le spiagge di Acapulco, rinomata
località turistica sulla costa messicana
che si affaccia sull’oceano Pacifico.
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Messico
In fuga da povertà, violenza e miseria. Rischiando
furti, stupri, arresti. Ogni anno migliaia di disperati
fuggono dal Guatemala. Per arrivare, via Messico,
negli Stati Uniti.
iamo a Tecún Umán, cittadina al confine tra
Messico e Guatemala. Entro il 2015, il governo guatemalteco dovrebbe debellare la povertà dal suo paese. Per il momento, incontriamo
solo persone in fuga. […]
Quanti immigrati clandestini riescono a varcare questa prima «frontiera» per gli Stati Uniti? […] Circa 500
al giorno, una piccola minoranza dei quali sceglie la
ferrovia per salire al nord.
Il governo centrale del Messico e quello del Guatemala hanno promesso a Washington di occuparsi di
questa frontiera estremamente violabile. Ma i mezzi, e
la volontà, mancano. «I poliziotti si fanno trasferire qui
perché è vantaggioso», confida padre Ademar: «Con
traffico di droga e falsi documenti si arricchiscono. Poi
vengono cacciati, per dare il buon esempio, e tutto ricomincia». […]
Le autorità messicane vorrebbero farla finita con la
cattiva fama dei loro corpi di polizia. «Proteggere gli
emigranti» è il credo proclamato, slogan stampato
sulle T-shirt e i fianchi dei veicoli dei membri del
Grupo Beta Sur, creato negli anni ’90 lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti. I Beta hanno l’aria da
piedipiatti, ma non lo sono. Dipendono dall’Istituto
per l’emigrazione e non dal Ministero degli Interni e
nemmeno dall’Esercito. […]
La loro missione principale è la
prevenzione: incontrare gli emigranti, avvertirli che il «primero
mundo» non è necessariamente il paradiso da essi
sognato. […]
S
Spesso l’artigianato è l’unica fonte di sostentamento
per i poveri del Guatemala; nella fotografia, lavori di tessitura.
La vita degli indigeni guatemaltechi è ancora molto
dura: l’80% della popolazione vive al di sotto della
soglia di povertà. Il presidente Oscar Berger ha fatto
appello a Rigoberta Menchú Tum, l’indiana che ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1992, affinché
lo aiutasse nella sua lotta contro la povertà e in difesa delle culture indigene. […]
Il Guatemala ha avuto la possibilità di affrancarsi dalla
miseria, nel 1951, quando il colonnello Arbenz varò
una grande riforma agraria. Ma questo ledeva troppo
gli interessi delle grandi compagnie americane come
la United Fruit, onnipotente nel paese. Nel 1954 la
CIA organizzò la prima delle sue operazioni paramilitari per la destabilizzazione del Guatemala. Arbenz fu
costretto alla fuga. Ne seguì una violenta rivolta che
diede vita a un movimento di guerriglia nelle foreste
del Petén. Il conflitto è terminato nel 1998, ma, come
nel Nicaragua e nel Salvador, nonostante l’addio alle
armi, i governi che si sono succeduti non hanno mai
rispettato gli accordi di pace. Né, soprattutto, hanno
mai elaborato un piano sociale di grande respiro. La
restituzione delle terre alle comunità che erano state
costrette all’esilio non si è mai conclusa. Centinaia di
indios continuano a cadere ogni anno sotto i colpi di
killer al servizio dei grandi proprietari terrieri.
Leggiamo insieme
Il paradiso
oltre la frontiera
[P. Delannoy, in «L’espresso», 9 marzo 2006]
Chiave di lettura
Un’immagine di
Rigoberta Menchú
Tum, paladina dei
diritti degli indios
del Guatemala
e premio Nobel
per la pace
nel 1992.
1. Che cosa significa che la frontiera tra Guatemala
e Messico è «estremamente violabile»?
2. Che cos’è il «primero mundo» del quale si parla
nell’articolo?
3. In quali condizioni vive gran parte
della popolazione del Guatemala?
4. Perché nel passato sono falliti i tentativi di migliorare
le condizioni economiche della popolazione?
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Regioni e stati del mondo
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America del Nord
L’area caraibica
La baia di Soufrière, nell’isola di Saint Lucia (Piccole Antille).
1 Una costellazione di isole
L’area caraibica è costituita dalla miriade di isole, grandi e piccole, che separano il golfo del Messico dal mar delle Antille (o mar dei Caraibi) e quest’ultimo dall’oceano Atlantico. Le isole sono raggruppate in numerosi arcipelaghi, a loro volta riuniti in gruppi più vasti:
le Grandi Antille (Cuba, Hispaniola, Giamaica e Portorico) formano la metà
occidentale dell’arco insulare e comprendono le isole più estese. La maggiore è l’isola di Cuba: da sola rappresenta metà della superficie totale di tutte le
Antille;
le Piccole Antille formano la metà orientale dell’arco insulare;
le isole Bahama, di natura corallina, a nord delle Grandi Antille.
Il clima è tropicale, piuttosto piovoso e con una temperatura costante su
tutto l’arco dell’anno, mitigata dalla presenza del mare.
Il verdeggiante entroterra
di Portorico.
194
Colonizzate nel XVI secolo
dagli spagnoli, le isole dei Caraibi sono state successivamente contese tra le
principali potenze europee; con l’eccezione di Haiti (indipendente dalla Francia dal 1804) e di Cuba
(indipendente dalla Spagna nel 1898), le altre isole
hanno raggiunto l’indipendenza nella seconda
metà del XX secolo. Alcuni stati europei e gli Stati Uniti hanno tuttavia mantenuto vari possedimenti nell’area:
alla Francia appartengono le isole della Martinica
e di Guadalupa;
al Regno Unito appartengono l’isola di Anguilla,
le isole Cayman, le Vergini Britanniche, Turks e
Caicos e altre minori;
ai Paesi Bassi appartengono Aruba, Curaçao e altre quattro isole minori;
agli Stati Uniti appartengono le isole Vergini
Americane e Puerto Rico.
Molti piccoli stati di recente indipendenza.
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L’ a r e a c a r a i b i c a
2 Una popolazione
che viene da lontano
La popolazione indigena delle isole caraibiche venne quasi totalmente sterminata dagli spagnoli nei primi decenni della colonizzazione; per poter disporre di manodopera vennero quindi importati molti schiavi dall’Africa. In
conseguenza di ciò, la maggior parte della popolazione delle isole è oggi costituita da neri e mulatti.
A seconda delle vicende storiche che le hanno interessate, nelle varie isole si
parla spagnolo, inglese, francese od olandese; molto diffusi sono anche i linguaggi creoli, nati dalla commistione tra le diverse lingue europee e gli idiomi
parlati dagli schiavi africani.
Il livello di sviluppo economico delle varie isole è molto variabile. Quattro stati caraibici (Barbados, Cuba, Saint Kitts e Nevis,
Bahamas) figurano tra quelli ad alto sviluppo umano nella classifica basata
sull’ISU; tutti gli altri stati sono compresi nel gruppo a medio sviluppo e uno
solo, Haiti, uno dei paesi più poveri della Terra, in quello a basso sviluppo.
L’economia dei Caraibi si fonda su tre pilastri: agricoltura, turismo e attività finanziarie. Queste ultime hanno spesso attirato le attenzioni e le sanzioni
delle organizzazioni internazionali: le facilitazioni concesse ai capitali stranieri e la mancanza di
controlli hanno fatto di molti stati dei veri e propri «paradisi fiscali» in cui vengono riciclati i
proventi di attività criminose da tutto il mondo.
Lo sviluppo dell’area.
Un villaggio di Saint Vincent,
microstato dove prosperano le
attività finanziarie, ma dove
la popolazione locale non ha un
alto tenore di vita.
Una piantagione di canna
da zucchero nelle isole Barbados.
Turisti su una spiaggia dell’Avana (Cuba).
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America del Sud
AMERICA DEL SUD
I LAGHI PIÙ ESTESI
Maracaibo ❯ 14 243 km2
Lagoa dos Patos ❯ 10 000 km2
Titicaca ❯ 8300 km2
Equatore
Greenwich
I MAGGIORI BACINI IDROGRAFICI
Rio delle Amazzoni-Ucayali ❯ 7 050 000 km2
Rio de la Plata-Paraná ❯ 3 140 000 km2
Madeira-Mamoré ❯ 1 160 000 km2
LO STATO PIÙ ESTESO
Brasile ❯ 8 514 876 km2
LO STATO PIÙ PICCOLO
Trinidad e Tobago ❯ 5128 km2
LO STATO PIÙ POPOLATO
Brasile ❯ 184 184 000 ab.
LO STATO MENO POPOLATO
Suriname ❯ 489 000 ab.
LE CITTÀ PIÙ POPOLOSE
(aree metropolitane)
San Paolo ❯ 19 037 000 ab.
Rio de Janeiro ❯ 11 571 000 ab.
Buenos Aires ❯ 11 548 000 ab.
I MONTI PIÙ ALTI
Aconcagua ❯ 6959 m
Ojos del Salado ❯ 6863 m
Huascarán ❯ 6768 m
I FIUMI PIÙ LUNGHI
Rio delle Amazzoni-Ucayali ❯ 6280 km
Rio de la Plata-Paraná ❯ 4700 km
Madeira-Mamoré ❯ 3200 km
LE ISOLE PRINCIPALI
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Superficie (km2)
Popolazione (ab.)
Densità (ab./km2)
17 828 230
371 528 000
21
Isla Grande de Tierra del Fuego ❯ 47 000 km2
Chiloé ❯ 8394 km2
East Falkland ❯ 6760 km2
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1 Prima esplorazione
dell’America del Sud
L’America del Sud ha una forma simile a un
triangolo delimitato a nord e a est dall’oceano
Atlantico e a ovest dall’oceano Pacifico. A nordest la regione del Darién, coperta da un’invalicabile foresta tropicale, si salda all’estremità
meridionale dell’America centrale. Le coste sono poco movimentate, con le eccezioni del tratto sul mar delle Antille e dell’estremità meridionale del continente.
La disposizione dei rilievi ricorda
quella dell’America settentrionale, con una divisione in tre aree principali.
1. A ovest la cordigliera delle Ande, con cime oltre i 6000 m, si allunga parallela alla costa dell’oceano Pacifico per tutta la sua estensione. È un estesissimo sistema montuoso che forma un ampio arco dall’isola di Trinidad al Cile settentrionale, per proseguire poi più linearmente verso sud. La parte settentrionale è articolata in numerose catene parallele, separate da profonde
vallate o da altipiani, che si fondono poi in un’unica catena. L’area andina è
altamente sismica e comprende moltissimi vulcani, sia spenti sia attivi.
2. Al centro una vasta area pianeggiante di origine alluvionale si compone di
tre regioni distinte:
a nord la vasta regione dei Llanos, occupata dal bacino del fiume Orinoco,
tra le Ande e il massiccio della Guayana;
al centro l’immensa pianura amazzonica, formata dal Rio delle Amazzoni e
dai suoi affluenti e compresa tra il massiccio della Guyana a nord e gli altipiani del Mato Grosso e del Brasile a sud;
a sud del Mato Grosso la regione occupata dal bacino dei fiumi Paraná e
Paraguay.
3. A est una vasta serie di massicci e altipiani (massiccio della Guayana – o
Guyana –, altopiano del Brasile, Mato Grosso) è formata da rilievi molto antichi suddivisi in gruppi isolati, profondamente incisi dalle vallate dei fiumi
e organizzati in un complesso sistema di altipiani e catene costiere.
Il rilievo.
Le pianure alluvionali nel centro
del Brasile.
I suggestivi colori della
cordigliera delle Ande tra Cuzco
e Arequipa (Perú).
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America del Sud
L’America del Sud è ricchissima di corsi d’acqua. I fiumi che
scorrono verso l’oceano Atlantico hanno percorsi molto lunghi e grande portata d’acqua: il Rio delle Amazzoni è il secondo fiume del pianeta per lunghezza e con i suoi affluenti forma il bacino fluviale più vasto; altri fiumi importanti sono i già citati Orinoco e Paraná, con il Paraguay, suo principale affluente. I fiumi che scendono verso l’oceano Pacifico hanno invece percorsi
brevi e portata estremamente irregolare, a causa della vicinanza delle Ande
alla costa e alle scarse precipitazioni.
I grandi fiumi.
Gran parte dell’America del Sud è compresa tra i tropici
del Cancro e del Capricorno. La posizione geografica garantisce temperature
uniformi e piuttosto elevate, temperate solamente dall’altitudine nella regione
andina.
A sud del tropico del Capricorno (il cosiddetto «Cono Sud») le temperature diminuiscono progressivamente fino a divenire piuttosto rigide nella Patagonia meridionale e ancor più nella Terra del Fuoco.
Le grandi aree pianeggianti, la costa atlantica e il versante orientale delle
Ande settentrionali godono in generale di abbondanti precipitazioni, che favoriscono lo sviluppo della foresta pluviale e di vaste aree paludose. Nelle aree
interne dei massicci orientali le precipitazioni sono invece scarse e la foresta cede il posto alla savana.
Anche sul settore tropicale del versante pacifico le precipitazioni sono molto scarse: qui si trovano alcune delle aree più aride del pianeta, come il deserto di Atacama, al confine tra Bolivia e Cile.
Nella regione del Cono Sud il clima si fa temperato e troviamo un regime
pluviale capovolto: sul versante occidentale aumentano le precipitazioni e si
sviluppa una densa foresta di conifere; sul versante atlantico la pianura argentina è occupata dalla pampa, una vasta distesa stepposa.
I climi e la natura.
Un tratto del Rio delle Amazzoni.
Il deserto di Atacama, nel nord
del Cile; nel riquadro, il desolato
paesaggio del ghiacciaio Jorge
Montt, in Patagonia.
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2 Gli stati e il popolamento
In base alle condizioni fisiche e climatiche, all’interno dell’America del Sud
possiamo distinguere tre grandi macroregioni:
la fascia equatoriale amazzonica, comprendente Venezuela, Trinidad e Tobago, Suriname, Guyana e Brasile, nonché la Guyana Francese (un dipartimento d’Oltremare della Francia);
la fascia andina, con Colombia, Ecuador, Perú e Bolivia;
il Cono Sud, comprendente Paraguay, Uruguay, Argentina e Cile.
L’America del Sud è interamente parte dell’America latina. Essa, infatti, venne colonizzata dagli spagnoli (Venezuela, Colombia, Ecuador, Perú, Bolivia,
Cile, Argentina, Uruguay e Paraguay) e dai portoghesi (Brasile). Fanno eccezione Trinidad e Tobago e la Guyana, colonizzata dagli inglesi, e Suriname, ex
colonia olandese. L’unico residuo coloniale sul continente è rappresentato dalla Guyana Francese; nell’Atlantico meridionale si trovano le isole Falkland e
altri arcipelaghi appartenenti al Regno Unito (ma rivendicati dall’Argentina).
Come si distribuisce la popolazione. L’America del Sud è nell’insieme un
continente poco abitato; la densità media è di 21 ab./km2, ma vaste regioni,
quali la foresta amazzonica, sono pressoché disabitate. La popolazione si concentra prevalentemente sulle coste caraibiche, atlantiche, del
Pacifico meridionale e nella pianura del Paraná;
sulla costa atlantica, a sud del tropico del Capricorno, si sono formate alcune grandi aree
metropolitane (Rio de Janeiro, San Paolo, Porto Alegre, Curitiba, Montevideo, Buenos Aires)
nelle quali vive circa un settimo della popolazione dell’intero Sudamerica.
La popolazione è formata in prevalenza da
bianchi e meticci; tuttavia nella regione andina
gli indigeni rappresentano il gruppo più numeroso e anche negli altri stati sopravvivono minoranze significative. Negli stati caraibici e in Brasile sono inoltre presenti forti minoranze di neri
e mulatti, discendenti dagli schiavi importati per
lavorare nelle piantagioni.
L’America del Sud è un’area
con grandi difficoltà economiche, nonostante una notevole ricchezza di materie prime. L’economia sudamericana è caratterizzata soprattutto da un’alta percentuale di lavoratori nel settore primario, che è però
spesso poco produttivo in quanto basato su un’agricoltura di sussistenza, e dalla debolezza del settore terziario.
Anche negli stati più sviluppati – Argentina,
Brasile e Cile – l’economia è molto fragile e risente negativamente dei condizionamenti esterni; inoltre la ricchezza è irregolarmente distribuita, con larghe fasce della popolazione che ne
beneficiano solo in minima parte e gravi conseguenze su educazione e situazione sanitaria.
Grandi squilibri economici.
Una veduta di San Paolo,
in Brasile, una delle aree
metropolitane più estese
dell’America del Sud.
Il triste fenomeno dei niños
de rua esprime gli squilibri socioeconomici dell’America latina;
sono bambini che
sopravvivono con
l’elemosina,
piccoli furti o
lavori faticosi
e sottopagati.
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America del Sud
La regione
equatoriale
amazzonica
Un tratto del fiume Orinoco
in Venezuela.
1 Il dominio della foresta
e dei grandi fiumi
La regione equatoriale coincide quasi interamente con il bacino amazzonico.
Dal punto di vista politico corrisponde ai territori di Brasile, Guyana, Guyana Francese, Suriname, Trinidad e Tobago e Venezuela: più di metà dell’intera America del Sud.
Il rilievo della regione è caratterizzato dall’estremità settentrionale delle Ande a nord e dalle regioni pianeggianti occupate dal bacino dell’Orinoco e da
quello del Rio delle Amazzoni, delimitati dal massiccio della Guyana e dagli altipiani del Brasile e del Mato Grosso.
Tutta la regione è solcata da numerosissimi fiumi, la maggior parte dei quali è
tributaria dell’Orinoco o del Rio delle Amazzoni. Gli altipiani del Brasile e del
Mato Grosso sono attraversati dal Tocantins e dal Saõ Francisco, che li attraversano da sud verso nord. In quest’area, più arida, sono stati costruiti numerosi
sbarramenti artificiali.
Il clima è di tipo equatoriale, con precipitazioni abbondanti e temperature
costanti, che favoriscono la crescita della rigogliosa foresta pluviale. A nord la
pianura dell’Orinoco è occupata dai Llanos, vaste aree pianeggianti invase
dalle acque per molti mesi all’anno. Sull’altopiano del Brasile, invece, le pre-
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La regione equatoriale amazzonica
cipitazioni sono scarse, soprattutto nella porzione nord-orientale (Sertão), dove la vegetazione consiste in una stentata savana.
La regione amazzonica è ancora in buona parte inesplorata ed è caratterizzata da un altissimo grado di biodiversità. Essa rappresenta oltre metà della
foresta pluviale ancora presente sulla Terra e svolge un ruolo fondamentale
nella regolazione del clima, assorbendo grandi quantità di ossido di carbonio. Tuttavia la deforestazione, soprattutto per creare nuovi pascoli, sta distruggendo la foresta amazzonica a ritmi molto sostenuti, tanto che un quinto
di essa è già andato perduto.
2 Società molto composite
Prima dell’arrivo degli europei, la regione equatoriale dell’America latina
era abitata da numerosi gruppi indigeni dediti alla caccia, alla pesca o a
un’agricoltura primitiva. Gli europei
(portoghesi, spagnoli, francesi e olandesi) si stabilirono inizialmente sulle
coste e la colonizzazione dell’interno
procedette molto lentamente. In queste regioni si sviluppò un’economia
basata sulla coltivazione di prodotti
tropicali (soprattutto canna da zucchero e cacao) e sullo sfruttamento
delle risorse forestali; la scoperta e la
valorizzazione delle risorse minerarie
è relativamente recente.
Per coltivare le vaste piantagioni
vennero importati molti schiavi dall’Africa occidentale, dal momento che le
popolazioni indigene, numericamente poco consistenti, erano state sterminate o si erano ritirate nell’interno. La popolazione di colore divenne così un
elemento caratterizzante della società della regione equatoriale rispetto al resto dell’America meridionale.
Nel corso del tempo, ma soprattutto tra la fine del XIX e la prima metà del
XX secolo, la composizione della popolazione venne rivoluzionata da una forte immigrazione dall’Europa (in Brasile e Venezuela) e dall’Asia (in Guyana,
Suriname e Guyana Francese). Si sono così formate società fortemente multietniche. Culturalmente Trinidad e Tobago, Suriname e Guyana sono molto
vicine al mondo caraibico, tanto che, generalmente, ne sono considerate parte integrante.
L’economia della regione è molto differenziata,
ma è caratterizzata da una diseguale distribuzione della ricchezza. Il Brasile è ormai la decima
potenza industriale del mondo ma quasi un quarto della sua popolazione vive con meno di due
dollari al giorno; i poveri sono circa un terzo della popolazione in Venezuela – nonostante la ricchezza derivante dalle ingenti riserve petrolifere
– e quasi il 40% a Trinidad e Tobago, che pure è
l’unico stato della regione a essere annoverato tra
i paesi ad alto sviluppo umano.
In questa incisione del XIX
secolo Simon Bolívar, considerato il
padre dell’indipendenza dei paesi
dell’America latina, concede
la libertà agli schiavi.
Un indio yanoama nella foresta
pluviale del Venezuela.
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Regioni e stati del mondo
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America del Sud
Superficie (km2)
Popolazione (ab.)
Densità (ab./km2)
Popolazione urbana (%)
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
202
8 514 876
184 184 000
22
84,0
Repubblica federale
Brasilia (2 231 000 abitanti)
real (100 centesimi)
BR
La bandiera
BRASILE
La bandiera brasiliana è un rettangolo verde con al centro
un rombo giallo. Al centro del rombo vi è un cerchio blu con
27 stelle bianche, attraversato da un nastro bianco su cui
spicca il motto Ordem e Progreso («Ordine e progresso»). Il
verde simboleggia le immense foreste del paese e il giallo
l’oro, di cui un tempo il Brasile era il maggior produttore
mondiale. Il cerchio blu rappresenta il cielo di Rio de Janeiro
– ex capitale del Brasile – il 15 novembre 1889, quando
venne proclamata la repubblica. Le stelle rappresentano gli
stati confederati. La bandiera entrò in uso il 19 novembre
1889, con solo 21 stelle, via via aumentate ogni volta che
venivano creati nuovi stati (l’ultima modifica è del 1992).
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Brasile
1 La foresta più estesa
e il fiume più ricco di acque
Il Brasile è il quinto stato al mondo per estensione (circa due volte l’Unione Europea). Bagnato dall’oceano Atlantico a est, confina con quasi tutti gli stati dell’America del Sud: da nord, in senso antiorario, Guyana Francese, Suriname,
Guyana, Venezuela, Colombia, Perú, Bolivia, Paraguay, Argentina e Uruguay.
Circa un terzo del territorio è occupato dall’immensa foresta (o selva) amazzonica, nel
nord del paese. È una pianura alluvionale formata dal Rio delle Amazzoni e dai suoi affluenti. Verso nord la pianura amazzonica è delimitata dal versante meridionale del massiccio della Guayana (o della Guyana).
Più a sud sono invece l’altopiano del Brasile
e il Mato Grosso, solcati da profonde vallate
scavate dai fiumi. Tra le pendici orientali delle
Ande e il Mato Grosso si estende un ampio tratto pianeggiante che collega la pianura amazzonica con la pianura dell’alto Rio Paraguay, nota
come Pantanal, in quanto invasa delle acque
per molti mesi all’anno.
Lo spettacolo delle cascate
dell’Iguaçú, nel parco nazionale
omonimo (stato di Paraná),
dichiarate nel 1986 dall’Unesco
patrimonio dell’umanità.
I fiumi. Il Brasile è molto ricco di fiumi. Il Rio
delle Amazzoni è il secondo fiume della Terra
per lunghezza (6280 km), ma il primo per portata d’acqua e per estensione del bacino fluviale. Nasce sulle Ande peruviane e sfocia nell’oceano Atlantico con un profondo estuario fronteggiato da numerose isole, tra le quali Marajó,
la più estesa isola fluviale del mondo.
Altri fiumi importanti sono il Rio Negro e il
Madeira (affluenti del Rio delle Amazzoni), il Tocantins, il São Francisco, il Rio Paraguay e il Paraná. In pianura lunghi tratti fluviali sono navigabili; quelli della regione degli altipiani sono invece interrotti da rapide e cascate (famose quelle
dell’Iguaçú, al confine con l’Argentina).
L’area amazzonica gode di un clima equatoriale, caldo e
umido tutto l’anno. A sud dell’Amazzonia il clima diventa di tipo tropicale,
con estati piovose, tranne che nella parte nord-orientale (il Sertão), decisamente arida. L’estremità meridionale del paese, infine, ha un clima subtropicale, con estati umide e inverni secchi, mitigato sulle coste dalla presenza dell’oceano.
Le foreste coprono quasi i due terzi del territorio e costituiscono un’immensa ricchezza, non solo per il Brasile ma per l’intero pianeta. La foresta
amazzonica è il «polmone verde» del pianeta e per la difesa della sua integrità si battono personalità e associazioni ambientaliste di tutto il mondo. Nonostante ciò, la superficie forestale è in costante diminuzione. Parte di questo
patrimonio è protetto con parchi e riserve naturali (18% della superficie nazionale).
Il clima e la natura.
La vegetazione tropicale
della foresta amazzonica.
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Regioni e stati del mondo
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America del Sud
La lunga storia del Brasile
1500
ll portoghese Pedro Àlvares Cabral
sbarca sulle coste del Brasile
■
1549
Il Portogallo crea il Governo
Generale del Brasile
■
1807-1821
La corte del Portogallo (invaso
da Napoleone) si trasferisce
in Brasile
■
1964-1984
Dittatura militare
■
1995
Entra in vigore
il Mercosur
■
Pedro
Àlvares Cabral
in un ritratto
del XVI secolo.
ll palazzo del governo dove venne proclamata
l’indipendenza del Brasile nel 1822.
1815
Creazione del regno del Brasile
■
1822
Indipendenza del Brasile
e creazione dell’impero
■
1888
Abolizione della schiavitù
■
1889
Proclamazione della repubblica
■
1930-1954
Presidenza di Getùlio Vargas
■
1960
Brasilia diventa capitale
■
Qualche appunto di storia. La scoperta europea del
Brasile è opera del navigatore portoghese Pedro Àlvares
Cabral. I primi insediamenti stabili risalgono agli anni Trenta del XVI secolo. Vasti tratti di foresta vennero disboscati
per far posto alle piantagioni di canna da zucchero; tuttavia gli indigeni erano poco numerosi e restii a lavorarvi,
perciò a partire dalla metà del secolo iniziò la tratta degli
schiavi dall’Africa (che continuò fino al 1888).
La scoperta di miniere d’oro e di diamanti nella regione
di Rio de Janeiro aprì poi la stagione della colonizzazione dell’interno.
Fino al XIX secolo il Brasile fu la principale colonia portoghese. Nel 1822 Pedro di Braganza, primogenito
del re del Portogallo e reggente del Brasile, dichiarò
l’indipendenza del paese, che divenne un impero retto da un regime costituzionale.
Nella seconda metà del XIX secolo il Brasile conobbe
una rapida crescita economica, grazie allo sviluppo della coltura del caffè e alla produzione di caucciù; nel
204
1889 una rivoluzione incruenta segnò la fine dell’impero e la nascita della Repubblica degli Stati Uniti del
Brasile.
Lo sviluppo economico del Brasile attirò anche numerosi emigranti dall’Europa e proseguì fino al 1929,
quando la grande crisi che travolse gli Stati Uniti e le
principali economie occidentali frenò le importazioni
dei prodotti brasiliani. La difficile situazione economica
portò al governo Getùlio Vargas, che fino al 1954 impose una dittatura personale, equidistante sia dai conservatori reazionari, sia dai tentativi rivoluzionari di stampo comunista o fascista.
Nel 1964 un colpo di stato militare instaurò una feroce
dittatura; negli anni Settanta, tuttavia, la crescente protesta interna e le pressioni internazionali portarono a
un graduale ammorbidimento del regime e, infine, al ritorno alla democrazia, siglato dalle libere elezioni del
1985. Da allora il Brasile è guidato da governi democraticamente eletti.
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Brasile
2 Una popolazione composita
Il Brasile è una repubblica
federale costituita da 26 stati e un distretto federale che
ospita la capitale, Brasilia.
Pur essendo uno degli
stati più popolati della Terra, la densità è molto bassa:
vastissime aree, quali la regione amazzonica e il Mato
Grosso, sono infatti quasi
disabitate e la popolazione
si concentra sulle coste e
nella regione meridionale,
più favorevole per le coltivazioni.
Quello brasiliano è un popolo molto giovane: oltre un quarto dei brasiliani
ha meno di 15 anni e l’età media è di 28 anni.
La popolazione brasiliana è anche estremamente composita: accanto al
53,4% di bianchi (soprattutto di origine portoghese, italiana, spagnola e tedesca) vi è il 39,4% di mulatti e meticci e il 6,1% di neri, numerosi soprattutto nelle regioni costiere settentrionali. Gli amerindi rappresentano ormai solo
lo 0,4% dell’intera popolazione e vivono per lo più nella foresta amazzonica e
nel Mato Grosso. Una legge del 2004 ne tutela la cultura e le tradizioni, cercando di porre fine allo sterminio di cui sono stati fatto oggetto a causa della
loro opposizione alla distruzione della foresta.
Lingua ufficiale del paese è il portoghese; la religione più seguita è quella
cattolica.
Danze folkloristiche nel Brasile
nord-orientale.
Lingua
portoghese
Religione
cattolici (73,6%),
protestanti (15,4%),
atei (7,3%)
Numero di figli per donna
2,3
Popolazione < 15 anni
26,6%
Popolazione > 60 anni
8,8%
Speranza di vita
M 68, F 75
ISU
0,792 (69° posto nel mondo)
Una giovane
donna di Salvador,
città capitale dello
stato di Bahia.
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America del Sud
3 Le città principali
La maggior parte della popolazione del Brasile vive nei centri urbani. Le città
sono generalmente molto popolose e si concentrano soprattutto sulla costa e
sull’altopiano del Brasile, dove più sviluppate sono le attività economiche. In
particolare, sulla costa meridionale si è sviluppata una vasta megalopoli – che
comprende le due maggiori città brasiliane, Rio de Janeiro e San Paolo – nella quale vivono circa 43 milioni di abitanti.
Il panorama notturno di Brasilia.
Le favelas di Rio de Janeiro.
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
ABITANTI
(AREA
METROPOLITANA)
San Paolo
19 037 000
Rio de Janeiro 11 571 000
Belo Horizonte 5 391 000
Porto Alegre
3 978 000
Recife
3 599 000
Brasilia
3 455 000
Salvador
3 351 000
Fortaleza
3 350 000
Curitiba
3 141 000
206
La capitale del Brasile è Brasilia, città sorta dal nulla tra il 1956 e il 1960,
quando divenne ufficialmente la capitale dello stato. È dunque una città modernissima, costruita sull’altopiano del Brasile per attirare parte della popolazione della costa e contribuire al popolamento delle regioni interne.
Fino al 1960 capitale dello stato era Rio de Janeiro, la città simbolo del
Brasile. Fondata dai portoghesi nel XVI secolo, deve il suo sviluppo soprattutto alla scoperta delle miniere d’oro e di diamanti nel suo entroterra nel
XVIII secolo. Oggi la città è un importante centro commerciale (ospita uno
dei più attivi porti del paese) e industriale. È conosciuta in tutto il mondo per
il suo carnevale, la sua musica (la samba), le sue spiagge e lo straordinario
paesaggio che la circonda e per i monumenti e gli edifici in stile coloniale del
suo centro storico. Rio, come molte grandi città sudamericane, mostra grandi
contrasti sociali: quasi un abitante su sei vive in condizione di povertà, stipata nelle favelas, i quartieri di fatiscenti baracche aggrappate ai pendii delle
colline, a breve distanza dai quartieri residenziali dell’alta borghesia.
La principale città del Brasile e dell’intera America del Sud è però San Paolo, principale polo finanziario, industriale e commerciale del paese, al centro
di un’area metropolitana che ospita oltre 18 milioni di persone.
Belo Horizonte è la terza città brasiliana per numero di abitanti. Grazie alle vicine miniere è divenuta un importantissimo centro dell’industria siderurgica e automobilistica.
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Brasile
4 L’economia
Il Brasile è tra le dieci maggiori potenze industriali del mondo. Tuttavia la sua economia stenta a
stabilizzarsi, a causa di profonde contraddizioni irrisolte:
il paese è ricchissimo di materie prime, ma il loro sfruttamento è spesso
poco razionale o difficoltoso a causa della conformazione del territorio;
l’agricoltura si basa sulla coltivazione di sterminate piantagioni, che sottraggono però spazio all’agricoltura di sussistenza (solo il 7% del territorio
è infatti coltivabile): molti contadini sono così costretti ad abbandonare i
campi;
il settore turistico dispone di grandi attrattive, ma le strutture non sono
sufficientemente sviluppate per sopportare un grande aumento dei visitatori;
il settore finanziario è sviluppato, ma mancano i fondi per finanziare le attività pubbliche di assistenza.
Inoltre, lo sviluppo recente dell’industria brasiliana è stato in gran parte determinato dagli investimenti di compagnie straniere, attratte dal basso costo
della manodopera; questi investimenti hanno prodotto molti nuovi posti di
lavoro, ma gran parte dei profitti è finita all’estero. Per finanziare le politiche
di sviluppo il governo brasiliano ha quindi dovuto ricorrere a prestiti internazionali, accumulando così un forte debito verso l’estero.
Infine, lo sviluppo economico non ha interessato in modo uniforme tutti gli
stati e tutti gli strati sociali; l’ineguale distribuzione della ricchezza fa sì che un
terzo della popolazione debba vivere con l’equivalente di meno di 2 dollari al
giorno e che il 14% dei brasiliani sia analfabeta.
Le contraddizioni di una grande potenza economica.
Dal 1995 è in vigore
l’area di libero commercio con Argentina, Paraguay e Uruguay (Mercosur, ovvero Mercado Común del
Sur («Mercato Comune del Sud»).
Il trattato creava un’area di libero
scambio tra i paesi aderenti con l’eliminazione delle barriere doganali
interne. Il beneficio portato alle
economie dei quattro paesi attirò
l’attenzione degli altri paesi dell’area, che via via sono entrati nell’accordo come paesi associati; nel 2006
il Venezuela è divenuto membro effettivo del Mercosur. La creazione
del Mercosur ha rappresentato il
primo passo di un progetto molto
più ambizioso: nel 2004 è stata creata la Comunità delle nazioni dell’America meridionale, con l’obiettivo
di integrare entro il 2019 tutti gli
stati in un organismo politico-economico simile all’Unione Europea.
Il Mercosur.
Una piantagione di agrumi nel cuore
della foresta amazzonica.
L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
4297 $ (UE a 25: 26 927 $)
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Regioni e stati del mondo
ENERGIA ELETTRICA
prodotta
importata
esportata
364 899
37 151
6
GWh
GWh
GWh
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America del Sud
Il settore primario. Il Brasile è uno dei principali esportatori di derrate alimentari: tipici prodotti tropicali (caffè, cacao, canna da zucchero, banane, agrumi) in primo luogo, ma anche mais, soia e riso. Accanto all’agricoltura di piantagione, che fornisce i prodotti destinati all’esportazione, vi è poi una diffusa
agricoltura di sussistenza, praticata con mezzi insufficienti sui terreni più poveri e, quindi, alla continua ricerca di nuove aree da sfruttare (spesso ottenute bruciando vasti tratti di foresta che, dopo pochi anni di coltivazione, divengono totalmente improduttivi). L’allevamento è molto sviluppato.
La foresta tropicale alimenta l’industria del legno, fornendo legni pregiati
da costruzione, legni adatti alla produzione di carta e di pasta di legno, caucciù.
Il settore secondario. L’industria brasiliana è moderna e notevolmente differenziata. La ricchezza di minerali metallici (soprattutto ferro, bauxite e stagno, ma anche oro, zinco, nichel, tungsteno, cromite) ha permesso lo sviluppo
della metallurgia e in particolare della siderurgia. Le discrete riserve petrolifere alimentano il comparto petrolchimico, ma sono insufficienti a soddisfare il
fabbisogno nazionale.
Uno dei settori di punta è quello dell’industria meccanica ad alta tecnologia
(automobilistica e aeronautica); tuttavia l’industria automobilistica è quasi totalmente in mano alle grandi multinazionali del settore. Dagli anni Ottanta il
governo ha dato grande impulso allo sviluppo tecnologico, con la creazione di
alcuni parchi tecnologici. Anche i comparti tessile e agro-alimentare hanno saputo mantenere la tradizionale rilevanza.
SOCIETÀ
medici
laureati
computer
2,1
2,3
75
dati sulla base di 1000 abitanti
Il settore terziario. Le difficoltà nei trasporti sono uno dei fattori che hanno
storicamente limitato lo sviluppo di molte aree del Brasile. La rete stradale è
ben sviluppata lungo la costa e nelle regioni industrializzate del sud-est, ma il
Mato Grosso e la foresta amazzonica sono percorse da strade e piste sterrate.
La Transamazzonica, l’autostrada destinata a collegare la costa atlantica con
quella del Pacifico (in Perú), è ancora in costruzione: nei progetti governativi
dovrà favorire il popolamento e lo sfruttamento economico della foresta
amazzonica e per tale motivo ha suscitato le proteste degli ambientalisti. Anche la rete ferroviaria è insufficiente.
Il turismo stenta a decollare, nonostante la ricchezza dell’offerta, soprattutto paesaggistica. Le strutture ricettive non sono infatti ancora adeguate agli
standard internazionali.
Turisti sulla spiaggia di Copacabana, a Rio de Janeiro, una delle più belle
e celebri della costa brasiliana.
Una miniera di ferro
nello stato di Minas Gerais
(Brasile sud-orientale).
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Brasile
Fino a poco tempo fa c’erano 23 tribù amazzoniche mai entrate in contatto con l’uomo bianco. Ora
sono 22 perché i missionari hanno cercato di far
uscire gli Zoè dalla foresta. Risultato: malattie e crisi di identità. Un processo che qualcuno ha fermato,
grazie anche alla tecnologia.
antarém (Brasile). «Auahanne?» Ovvero: come
ti chiami? La domanda è accompagnata da un
sorriso, l’unico vestito indossato dagli Zoè, uno
degli ultimi popoli dell’Amazzonia ancora isolati. […]
«Ci sono ancora 22 popolazioni che vivono in Amazzonia senza essere mai entrate in contatto con un
bianco», spiega Sidney Possuelo, responsabile del dipartimento Indios isolados del Funai (l’ente brasiliano per la difesa degli indios). «Erano 23, ma alla fine
degli anni Ottanta il territorio degli Zoè è stato violato da un gruppo di missionari protestanti nordamericani che hanno cercato in vario modo di convincerli
ad abbandonare la foresta per trasferirsi in città. Poi è
scoppiata un’epidemia di influenza che è costata agli
indios 37 morti: queste popolazioni ancora oggi, come ai tempi delle spedizioni di Francisco Pizarro, non
hanno difese immunitarie contro i germi portati dall’esterno. Siamo dovuti intervenire e i missionari hanno lasciato il territorio degli Zoè».
Il Funai ha restituito agli Zoè la loro identità: la vita
seminomade, la caccia, la pesca, la coltivazione della manioca, un sistema di relazioni sociali senza capi
e con le famiglie che si allargano e si restringono seguendo i flussi di una poligamia e di una poliandria
prive di tensione. Ma ha anche costruito una minuscola pista di atterraggio in terra battuta, nel cuore
della foresta. Accanto c’è un padiglione sanitario. E,
di tanto in tanto, a un antropologo o a un ricercatore
viene concesso il permesso di atterrare per un contatto guidato.
[…]
Il viaggio verso la terra degli Zoè parte da Santarém,
a metà strada tra Manaus e Belém […]. Il taxi aereo
impiega un’ora per arrivare al centro della riserva degli Zoè e per metà del tempo sorvola un’area che
ha perso la sua naturalità: le linee dei campi appena
creati sono offuscate dalle colonne di fumo. Ai due
lati del Rio delle Amazzoni il manto verde arretra sotto la spinta del fuoco. La foresta viene bruciata per
S
far posto alle vacche da hamburger ma soprattutto
alla soia, spesso transgenica […].
Un baratto poco conveniente, perché la ricchezza
dell’Amazzonia non sta nel terreno, povero di sostanze minerali e di nutrienti, ma nel polmone verde
alto quanto un palazzo di 15 piani. […] Una volta distrutto l’ecosistema pluviale in equilibrio da millenni,
venuta meno la capacità di evaporazione delle foglie, la fertilità del suolo svanisce in pochi anni.
[…] Il disboscamento, tra il Mato Grosso e il Parà, in
un solo anno si è quintuplicato. A bloccare gli incendi restano pochi argini: uno sono gli Zoè, il loro diritto alla terra che abitano da millenni.
[A. Cianciullo, in «Il venerdì di Repubblica», febbraio 2006]
Chiave di lettura
1. Nel brano compaiono alcuni termini piuttosto
difficili, di cui ti invitiamo a cercare il significato
su un vocabolario e di trascriverlo sul tuo
quaderno: poligamia; poliandria; antropologo; soia;
transgenico; ecosistema.
2. Chi sono gli Zoè? Dove vivono? Quali sono le loro
abitudini di vita?
3. Perché in questo caso l’opera dei missionari
protestanti non è stata positiva?
4. Perché la foresta amazzonica è stata definita
un «polmone verde»?
Leggiamo insieme
Come aiutare gli indios
a star fuori dal mondo
Le devastazioni dell’uomo nella foresta amazzonica
nei dintorni di Manaus.
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America del Sud
Esercizi
America del Sud, Brasile
1
Evidenzia, nella carta muta dell’America
del Sud, il Brasile e, con un colore diverso,
gli altri stati della regione equatoriale
amazzonica. Scrivi i rispettivi nomi nella
posizione corretta, i nomi dei mari e oceani
che li bagnano, i nomi degli stati confinanti.
rappresenta oltre metà della …………………………
ancora presente sulla Terra. Tuttavia
la ………………………… sta distruggendo
la foresta a ritmi molto sostenuti.
e. Prima dell’arrivo degli ………………………………,
la regione equatoriale era abitata da numerosi
gruppi …………………………… dediti alla caccia,
alla …………………… o a un’……………………
primitiva.
f. Il Brasile è il quinto stato al mondo per
………………………… (circa due volte l’Unione
Europea). Bagnato
dall’……………………………………………………
a est, confina con quasi tutti gli stati dell’America
del Sud: solo Ecuador e …………………………
ne sono esclusi.
g. L’Amazzonia è una pianura alluvionale formata
dal ……………………………………………………
e dai suoi affluenti. Verso nord la pianura amazzonica
è delimitata dal versante meridionale del massiccio
della …………………………. Più a sud sono invece
l’altopiano del Brasile e il …………………………….
h. Il Rio delle Amazzoni è il secondo fiume della Terra
per …………………………, ma il primo per
………………………… d’acqua e per estensione
del …………………………………………………….
Nasce sulle ………………………… peruviane
e sfocia nell’………………………………………….
2
Completa le seguenti frasi.
3
a. Dal punto di vista politico la regione equatoriale
amazzonica corrisponde ai territori di
…………………………, …………………………,
Guyana Francese, …………………………, Trinidad
e Tobago e …………………………: più di metà
dell’intera America ………………………….
b. Tutta la regione è solcata da numerosissimi fiumi,
la maggior parte dei quali sono affluenti
dell’………………………… o del
…………………………………………………….
c. Il clima della regione è per lo più di tipo
…………………………, con precipitazioni
………………………… e temperature costanti,
che favoriscono la crescita della rigogliosa
…………………………………………………….
d. La regione amazzonica è ancora in buona parte
………………………… ed è caratterizzata da
un altissimo grado di …………………………. Essa
210
Vero o falso?
a. Le Ande attraversano il territorio brasiliano
da nord a sud.
b. Un breve tratto della costa brasiliana
è bagnato dall’oceano Pacifico.
c. Il Brasile è lo stato più esteso d’America.
d. Nella regione equatoriale amazzonica
per coltivare le vaste piantagioni
vennero importati molti schiavi dall’Africa
occidentale.
e. L’economia della regione è caratterizzata
da una diseguale distribuzione della ricchezza.
f. Le foreste coprono quasi i due terzi
del territorio brasiliano.
g. Il Brasile è attraversato dall’equatore.
h. Il Brasile fu «scoperto» da un navigatore
spagnolo.
i. Oggi il Brasile è una monarchia erede
dell’impero esistente nel XIX secolo.
l. Il Brasile ha costituito un’area di libero
commercio con Argentina, Paraguay
e Uruguay.
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V
F
■■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
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4
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Sì o no?
a.
b.
c.
d.
Il Brasile è più esteso dell’Unione Europea?
Il Brasile è bagnato da due oceani?
Il Brasile è densamente abitato?
Il Brasile confina anche con qualche stato
dell’America centrale?
e. Il Brasile si trova interamente nell’emisfero
australe?
f. Il Brasile è situato a est dell’oceano Atlantico?
g. La regione equatoriale amazzonica si trova
a sud del mar del Caraibi?
h. Il Rio delle Amazzoni scorre nel nord
del Brasile?
5
a.
b.
c.
d.
e.
f.
6
Pagina 211
S ■
N
■
S ■
N
■
S ■
N
■
S ■
N
■
S ■
N
■
S
N
■■
S ■
N
■
S ■
N
■
Spiega che cos’è / che cosa sono…
… i Llanos
… l’Orinoco
… il caucciù
… il Pantanal
… il Mercosur
… la tratta degli schiavi
1. La più estesa isola fluviale del mondo
2. Grande metropoli sudamericana
3. Grande arteria stradale in costruzione tra il Brasile
e la costa pacifica
4. Stato insulare dell’America meridionale
5. Grandi cascate al confine con l’Argentina
9
Elenca quattro caratteristiche del paesaggio
e dell’ambiente naturale brasiliano
che ti sembrano particolarmente importanti.
a. …………………………………………………………
…………………………………………………………
b. …………………………………………………………
…………………………………………………………
c. …………………………………………………………
…………………………………………………………
d. …………………………………………………………
…………………………………………………………
10
Osserva la fotografia e rispondi alle seguenti
domande.
Perché…
a. … la bandiera del Brasile ha 27 stelle bianche?
b. … l’Amazzonia viene definita il «polmone verde»
della Terra?
c. … l’estensione della foresta brasiliana è in continua
diminuzione?
d. … il Brasile meridionale è molto densamente
popolato?
e. … alla fine degli anni Cinquanta venne costruita
Brasilia?
f. … in Brasile vi sono pochi spazi per l’agricoltura
di sussistenza?
g. … il progetto dell’autostrada Transamazzonica
ha suscitato molte proteste?
7
In ogni gruppo di nomi c’è un «intruso»:
eliminalo (e spiega perché).
a. Salvador, Belo Horizonte, Caracas, Manaus,
Porto Alegre
b. Tocantins, Paraná, Rio Grande, Sao Francisco, Purus
c. Uva, caffè, cacao, canna da zucchero, banane
d. Italiani, portoghesi, spagnoli, francesi, olandesi
e. Perú, Ecuador, Bolivia, Argentina, Venezuela
8
a.
b.
c.
d.
e.
Collega ogni termine o nome geografico con la
definizione o la caratteristica che lo riguarda
(in alto a destra).
Trinidad e Tobago
San Paolo
Marajó
Iguaçú
Transamazzonica
a. Che cosa illustra l’immagine? In essa vedi
un paesaggio naturale o modificato dall’uomo?
b. Come puoi definire questo tipo di agricoltura?
Quali sono le sue caratteristiche principali?
c. Questo tipo di agricoltura è diffuso solo in Brasile?
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Regioni e stati del mondo
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America del Sud
La regione andina
1
Una veduta del lago Titicaca,
il più grande dell’America del Sud
(8300 km2), dal versante boliviano.
Un’area dominata
dalle montagne
La cordigliera delle Ande è una delle maggiori catene montuose della Terra. Si estende sul territorio di Venezuela, Colombia, Ecuador, Perú, Bolivia, Cile e Argentina ma – per ragioni storiche, culturali e politiche – Venezuela, Cile e Argentina non vengono abitualmente considerate parte della
regione andina. Parleremo di «regione andina», dunque, per
identificare la porzione centro-settentrionale delle Ande,
che si affaccia sulle coste dell’oceano Pacifico; solo la Colombia ha un tratto di costa anche sul mar delle Antille,
mentre la Bolivia è priva di sbocchi sul mare.
Le Ande si innalzano con prevalente direzione nord-sud
parallelamente alla costa del Pacifico articolandosi in due (e
talora tre) catene parallele, solcate dalle vallate dei fiumi tributari dell’oceano o del Rio delle Amazzoni; nella parte
meridionale della regione le due catene si discostano molto
l’una dall’altra e racchiudono gli altipiani del Perú e della
Bolivia.
Fiumi e laghi. I fiumi che scorrono verso il Pacifico sono brevi, con regimi
torrentizi; quelli del versante atlantico hanno regimi più regolari, sono più
lunghi e defluiscono verso il mar delle Antille o alimentano i bacini dell’Orinoco, del Rio delle Amazzoni (Marañon, Ucayali) e del Paraguay-Paraná.
Sull’altopiano della Bolivia si trovano i due maggiori laghi sudamericani: il
Titicaca, in parte peruviano, e il Poopó, collegati dal fiume Desaguadero.
Il clima dipende fortemente dalla distanza dal mare e dall’altitudine. In base all’altitudine si distinguono quattro regioni climatiche:
tierras calientes («terre calde»), fino a 1000 m: è la zona della foresta pluviale;
Il clima.
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Sez3_da212a221_Argentina_3e
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La regione andina
tierras templadas («terre temperate»), fino a 2000-2500 m: il clima temperato dà vita a formazioni vegetali particolarmente ricche nelle vallate;
tierras frías («terre fredde»), fino a 4000 m: il clima è freddo e la vegetazione abbondante solo nelle zone più riparate;
tierras heladas («terre gelate»), sopra i 4000 m: il clima è di tipo subartico e
steppe e praterie lasciano gradatamente il posto alla nuda roccia. Le Ande
sono abitate fino a circa 4700 m di altitudine.
Tranne che nella parte settentrionale della regione, la costa è per lo più arida;
nelle aree orientali il clima è di tipo equatoriale, con ampie foreste pluviali.
2 L’eredità delle antiche civiltà
sudamericane
La regione andina fu la culla delle grandi civiltà sudamericane: l’altopiano
della Bolivia, le coste peruviane, le vallate delle Ande colombiane videro la nascita di culture che praticavano avanzati sistemi di pesca e di agricoltura, erigendo monumenti ed edifici i cui resti imponenti sono giunti fino a noi. Il loro culmine fu rappresentato dall’impero degli inca, i quali tra il XIV e il XVI
secolo riuscirono a unificare quasi tutta la regione.
La conquista spagnola segnò la fine di queste civiltà, le cui tradizioni sono
però spesso sopravvissute tra le popolazioni indigene ancor oggi presenti in
percentuale rilevante.
I quechua, diffusi dalla Colombia meridionale all’Argentina nord-occidentale, gli aymará, numerosi in Bolivia, Perú meridionale e Cile settentrionale, e
i chibca della Colombia sono le etnie più diffuse, ma numerosi altri gruppi indigeni vivono nella regione; sono tuttora in uso oltre 200 lingue e dialetti diversi.
In Ecuador, Bolivia e Perú la maggior parte della popolazione è di origine
indigena; nonostante ciò, gli indios occupano i gradini più bassi della società.
Sfruttati per secoli dagli spagnoli, vivono in piccoli villaggi sugli altipiani o
nelle periferie degradate delle grandi città. Di origine india è anche la maggior
parte della manodopera impiegata
nelle numerose miniere. All’estremo opposto i bianchi, che rappresentano tra l’11 e il 20% della popolazione, detengono le leve del
potere politico ed economico.
L’economia della regione andina si basa sull’agricoltura (caffè,
cacao, frutta) e sui prodotti minerari (oro, argento, ferro, rame,
piombo, stagno, zinco, petrolio, gas
naturale e altro), mentre l’industria è poco sviluppata ed è legata
soprattutto alla lavorazione delle
materie prime locali. Tuttavia la
maggior parte della ricchezza prodotta da piantagioni e miniere resta nelle mani delle grandi multinazionali statunitensi che controllano il settore.
Una veduta di Machu Picchu,
antico insediamento inca nelle
Ande peruviane.
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America del Sud
Il Cono Sud
Il delta del fiume Paraná.
1 Due oceani e le vette
più alte del continente
Glossario
Scala Richter Scala che valuta
l’energia sprigionata da un terremoto; si differenzia dalla scala
Mercalli, che valuta invece gli effetti che un sisma ha avuto sui
manufatti e sul paesaggio.
214
Il «Cono Sud» occupa la parte meridionale del Sudamerica e comprende i territori di Paraguay, Uruguay, Cile e
Argentina. Le coste dell’oceano Atlantico – a est – sono movimentate da ampie baie; quelle dell’oceano Pacifico – a ovest – sono rettilinee a nord ed estremamente frastagliate e fronteggiate da centinaia di isole verso sud.
Possiamo ripartire il rilievo in tre aree distinte:
a ovest la cordigliera delle Ande, che in questo tratto raggiunge la sua massima altezza con l’Aconcagua (6959 m), sul confine tra Cile e Argentina;
a est una vasta regione pianeggiante, con il Gran Chaco a nord, la Mesopotamia (tra i fiumi Paraná e Uruguay) a est e le Pampas argentine a sud;
a sud gli aridi altipiani della Patagonia.
All’estremo sud l’arcipelago della Terra del Fuoco è separato dal resto del
continente dallo stretto di Magellano.
La regione andina è fortemente sismica; nel 1960 il sud del Cile venne colpito
da quello che è considerato il più violento terremoto mai registrato (oltre 9 gradi della scala Richter).
I principali corsi d’acqua (Paraná, Paraguay, Uruguay e loro affluenti) solcano le pianure orientali e sfociano nell’oceano Atlantico. Paraná e Uruguay
danno vita a un profondo e vasto estuario, il Río de la Plata.
Dal punto di vista climatico il Cono Sud si estende dall’area tropicale a quella temperata. La regione costiera sul Pacifico è molto arida verso nord (deserto
di Atacama) e molto umida e fredda verso sud, dove si sviluppano fitte foreste.
La regione delle pianure riceve poche precipitazioni, ma vaste aree vengono periodicamente inondate dai fiumi: la copertura vegetale varia dal bosco
tropicale nelle aree più umide alla savana. La Pampa orientale è coperta da
una ricca vegetazione erbosa, mentre in quella occidentale e in Patagonia, più
aride, prevale la steppa.
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Il Cono Sud
2 L’area più ricca del Sudamerica
L’area del Cono Sud fu marginalmente interessata dal fiorire delle culture andine: solo il Cile settentrionale e il nord-ovest dell’Argentina fecero parte dell’impero inca. Le tribù indigene opposero poi una strenua resistenza alla conquista spagnola, ma vennero sterminate o assimilate.
In Cile e in Paraguay – dove la lotta degli indios ebbe maggior successo – la
popolazione è oggi in larga parte di origine meticcia, mentre Argentina e Uruguay – dove gli indios vennero sterminati – sono abitati per lo più da bianchi.
Indigeni e meticci occupano soprattutto i gradini più bassi della gerarchia sociale; i bianchi (sia i pochi discendenti dei colonizzatori spagnoli sia i discendenti degli emigranti europei che qui cercarono fortuna tra la fine del XIX e
gli inizi del XX secolo) controllano le leve della politica e dell’economia.
La densità di popolazione è molto bassa e vaste aree del Cono Sud sono pressoché deserte. La popolazione si addensa soprattutto nella zona del Río de la
Plata, dove sorgono le capitali di Argentina (Buenos Aires) e Uruguay (Montevideo), e nel Cile centrale. Intorno a Buenos Aires e a Santiago si sono sviluppate vaste aree metropolitane afflitte dai tipici problemi delle grandi città
sudamericane: inquinamento, periferie fatiscenti, crescita urbana disordinata.
Nel complesso, però, la popolazione del Cono Sud gode del tenore di vita
più elevato dell’America meridionale: se in Paraguay quasi un terzo della popolazione deve sopravvivere con meno di due dollari al giorno, la classifica
ISU colloca gli altri stati nel gruppo ad alto sviluppo umano.
Una bambina di San Pedro
de Atacama, in Cile.
L’economia si fonda su tre capisaldi:
i prodotti del settore primario: si coltivano cereali (soprattutto mais e riso),
frutta e ortaggi, spesso esportati come primizie; molto diffuso è l’allevamento
di bovini e di suini; in Cile è sviluppata anche la pesca;
le risorse minerarie e le fonti di energia: rame, uranio e oro sono le principali ricchezze del sottosuolo; l’Argentina possiede anche giacimenti di petrolio e
di gas naturale. I numerosi fiumi garantiscono un enorme potenziale idroelettrico che, pur non ancora completamente sfruttato, rende i paesi del Cono
Sud indipendenti per la produzione di energia elettrica;
la lavorazione delle materie prime: tranne che in Argentina, l’industria non è
ancora molto sviluppata; i suoi comparti più produttivi sono il metallurgico, il
tessile, l’agroalimentare.
I punti di forza.
L’allevamento è tra le attività
economiche più importanti
nel Cono Sud; nella fotografia,
una mandria attraversa un fiume
diretta verso i pascoli di alta quota
delle Ande.
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America del Sud
ARGENTINA
Superficie (km2)
2 780 403
Popolazione (ab.)
38 592 000
Densità (ab./km2)
14
Popolazione urbana (%)
90,1
1 Cinque grandi aree
geografiche
L’Argentina occupa gran parte del «Cono Sud».
A oriente si affaccia sull’oceano Atlantico con
una serie di ampie baie; a nord confina con la
Bolivia e con il Paraguay; a nord-est con il Brasile e l’Uruguay; a ovest con il Cile.
Sul territorio argentino si riconoscono cinque
aree geografiche:
le Ande, allungate in senso nord-sud, occupano la parte occidentale del paese e segnano il
confine con il Cile. Nella loro sezione centrale
si innalza la più alta vetta del continente americano, l’Aconcagua (6959 m);
il Gran Chaco, una vasta area semiarida nel
nord del paese, tra la sponda occidentale del
fiume Paraguay e le Ande;
la Mesopotamia, a est del Chaco, una depressione umida compresa tra i fiumi Uruguay e
Paraná;
le Pampas, fertile regione pianeggiante nel
centro dell’Argentina;
la Patagonia, un altopiano a terrazze solcato
dalle profonde vallate di alcuni fiumi, nel sud
del paese; l’estremo sud della Patagonia prende il nome di Terra del Fuoco.
Il panorama dell’Aconcagua,
vulcano oggi inattivo che costituisce
il punto di massima elevazione
dell’America meridionale.
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
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Repubblica federale
Buenos Aires (3 018 000 abitanti)
peso argentino (100 centesimi)
RA
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Argentina
La lunga storia dell’Argentina
bitato da gruppi indigeni, il
paese fu marginalmente interessato dalla civiltà degli
inca, che si fermò nel nord-ovest a
causa della strenua resistenza degli
indios mapuche (chiamati anche
araucani o patagoni), che popolavano la Pampa e la Patagonia.
Nel 1516 il navigatore spagnolo
Juan Díaz de Solís scoprì il Río de la
Plata, e in questa regione a partire
dalla seconda metà del XVI secolo
ebbe inizio la colonizzazione; la resistenza dei mapuche si protrasse fino
alla seconda metà del XIX secolo.
La colonia spagnola prosperò grazie
alle risorse minerarie dei paesi andini, ai quali forniva prodotti alimentari e dai quali riceveva i metalli da
inviare in Europa. Approfittando delle difficoltà create in Europa dalle
guerre napoleoniche, nel 1810 a
Buenos Aires si insediò una giunta
rivoluzionaria e nel 1816 venne
proclamata la repubblica ed emanata una costituzione.
A
I decenni successivi furono caratterizzati da una forte instabilità politica
ma anche da un notevole progresso economico e da una forte emigrazione dall’Europa (moltissimi
italiani cercarono fortuna in Argentina) che stravolse i tradizionali
equilibri sociali e politici.
Da Péron ai giorni nostri. Il XX
secolo fu caratterizzato dalla nascita
del peronismo, dal nome di Juan
Domingo Perón, il generale che fu
presidente dell’Argentina dal 1946
al 1955 e poi ancora nel 1973.
Perón impose una dittatura populista, che cercava l’appoggio degli
strati più poveri della popolazione;
tuttavia la sua dottrina non sopravvisse alla sua morte, avvenuta nel
1973. Nel 1976 fu instaurata una
feroce dittatura militare, durante la
quale furono fatti «scomparire» migliaia di oppositori politici (i desaparecidos); la disastrosa guerra contro il Regno Unito per il possesso
Il clima argentino è molto vario,
in funzione della latitudine e della distanza dal mare:
nel nord è di tipo subtropicale, con boschi nelle regioni più umide e steppa in quelle aride;
le Ande sono semi-aride e con temperature molto
basse ad alta quota;
le Pampas godono di un clima temperato, che le rendono la regione più abitata;
la Patagonia ha un clima di tipo subdesertico, con
scarse precipitazioni e inverni molto freddi; la temperatura media diminuisce verso sud.
Il clima e la natura.
Juan Domingo Perón in una fotografia
del 1946.
delle isole Falkland ne determinò la
fine nel 1982.
Nel 1995 entrò in vigore l’accordo
noto come Mercosur (vedi a p. 207).
Nel 2001 il paese attraversò una gravissima crisi economica: le entrate
dello stato non erano più sufficienti a
restituire l’ingente debito pubblico.
Un gruppo di pinguini in Patagonia, dove predomina un clima
freddo e arido.
La vegetazione è prevalentemente di tipo stepposo.
Le regioni settentrionali, dove le precipitazioni sono
più abbondanti, sono coperte da boschi tropicali; le
regioni più aride da boschi radi. La Pampa, oggi quasi completamente trasformata dall’uomo, era una prateria cespugliosa; nella regione andina e in Patagonia
la vegetazione è composta prevalentemente da arbusti
spinosi.
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America del Sud
I colorati edifici del celebre
Barrio Boca a Buenos Aires.
Il centro cittadino
di Córdoba.
Un’immagine
di Plaza 25 de Mayo,
nel centro di Rosario,
sulla quale si
affacciano il palazzo
del Municipio
e la cattedrale.
Lingua
spagnolo
2 Un vasto territorio poco popolato
Religione
cattolici (87,8%), protestanti
(7,5%), musulmani (1,5%)
L’Argentina è una repubblica formata da 23 province, più la capitale federale
e i 24 distretti della provincia di Buenos Aires (che contano come un’unica
provincia). L’Argentina rivendica il possesso di alcuni arcipelaghi nell’Atlantico meridionale (le isole Falkland, o Malvinas; la Georgia del Sud; le Sandwich
Meridionali; le Orcadi Meridionali), appartenenti al Regno Unito.
Ad eccezione della regione di Buenos Aires, dove si addensa circa un terzo
dell’intera popolazione, la densità abitativa del paese è molto bassa; oltre metà
della popolazione vive nelle regioni centrali. Poiché nove argentini su dieci
vivono in un centro urbano, esistono vastissime aree completamente disabitate,
soprattutto nella regione andina e in Patagonia.
La maggior parte della popolazione (86,4%) discende dagli emigranti europei giunti in Argentina tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo;
circa un terzo della popolazione è di origine italiana. Gli indigeni sono ormai
una piccola minoranza (3,4%), concentrata nelle regioni nord-orientali.
Numero di figli per donna
2,3
Popolazione < 15 anni
25,8%
Popolazione > 60 anni
14,2%
Speranza di vita
M 72, F 80
ISU
0,863 (36° posto nel mondo)
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
Buenos Aires
Córdoba
Rosario
Mendoza
San Miguel
de Tucumán
218
ABITANTI (AREA
METROPOLITANA)
11 548 000
1 368 000
1 159 000
847 000
736 000
La capitale Buenos Aires, con la sua vastissima area metropolitana (la seconda dell’America del Sud per numero di abitanti, dopo
San Paolo, e una delle più affollate del pianeta), è il motore finanziario, commerciale, culturale e industriale del paese.
Le altre principali città hanno dimensioni molto inferiori alla capitale. Córdoba, la seconda città argentina, è il centro dell’industria meccanica e un importante centro culturale; Rosario, sulle rive del Paraná, è un attivo porto; Mendoza e San Miguel de Tucumán sono notevoli centri agricoli. Ushuaia, capoluogo
della Terra del Fuoco, rivendica il titolo di città più meridionale del mondo.
Le maggiori città.
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Argentina
L’economia in cifre
3 L’economia
L’economia argentina sta faticosamente uscendo dalla gravissima crisi che tra
il 1999 e il 2003 ha provocato la chiusura di moltissime imprese e bruciato i risparmi di decine di migliaia di famiglie.
Il settore primario riveste grande importanza: alimenta le esportazioni e i
suoi prodotti sono alla base di molte industrie. L’agricoltura è molto produttiva e ha i suoi punti di forza nella cerealicoltura (frumento e mais) e nelle coltivazioni di soia, girasole e frutta. L’attività zootecnica è tra le più sviluppate
del mondo: i bovini allevati nelle Pampas e gli ovini della Patagonia fanno
dell’Argentina uno dei principali produttori ed esportatori di carne, latte, formaggi, lana e pellami.
Le risorse minerarie sono notevoli; nel sottosuolo sono presenti oro, argento,
rame, piombo e zinco, che alimentano l’industria metallurgica. Il paese è quasi autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie ai giacimenti di petrolio,
gas naturale e uranio. Enorme e ancora non pienamente sfruttato è il potenziale idroelettrico.
L’apparato industriale argentino è tra i più diversificati dell’America meridionale; accanto alla metallurgia spiccano l’agroalimentare, la petrolchimica e la
meccanica.
Il turismo ha conosciuto un grande incremento grazie ai paesaggi andini, alle spiagge atlantiche e alla recente «scoperta» della Patagonia e della Terra
del Fuoco.
L’Argentina è uno degli stati promotori del Mercosur, l’area di libero commercio con Brasile, Paraguay e Uruguay (vedi a p. 207).
PIL PRO CAPITE
4512 $
Un’azienda agricola
in Patagonia dove si
allevano enormi greggi
di ovini.
L’interno di uno
stabilimento a
Córdoba per la
produzione di
automobili di una nota
azienda francese.
ENERGIA ELETTRICA
prodotta
importata
esportata
92 074
7578
2543
GWh
GWh
GWh
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America del Sud
Leggiamo insieme
Patagonia, se il sole
segna rosso
220
Un semaforo solare indica ogni giorno il fattore di rischio: davanti alle scuole i ragazzi lo riportano su
un cartellone.
nviano messaggi dal loro cellulare, come tanti coetanei di questo Cile in corsa verso il Primo mondo.
E sognano un giorno di partire da Punta Arenas,
sonnolenta cittadina spazzata dai venti dello stretto di
Magellano, perduta in fondo alle Americhe. Camila,
Andrea e Marco hanno 17 anni e sono simili agli adolescenti di tante province profonde sparse in tutto il globo, pieni di
sogni, capaci di qualche ingenuità.
Hanno solo un problema in più: il
buco dell’ozono.
Sì, è un fenomeno ambientale,
che altrove appare così lontano
e astratto. Ma questa città dell’emisfero australe, assieme all’argentina Ushuaia, la più vicina all’Antartide, con l’allerta per le radiazioni ultraviolette ci convive
ormai da tempo.
[…]
Adesso sono le otto di mattina di
un giorno qualunque. E i ragazzi,
appena arrivati al liceo sperimentale Umag, navigano sul sito internet www.ozono.umag.cl per
controllare la situazione. Che non
è proprio delle migliori: il «semaforo solare» riporta il livello di esposizione ai raggi
ultravioletti, che oggi è «molto alto», a quota 9. «È l’allerta rossa», confermano. Tra le dieci di mattina e le
quattro di pomeriggio bisognerà esporsi il minimo al
sole: prima di uscire, occorrerà applicare una crema
solare con almeno un fattore di protezione 15, senza
dimenticare cappello e occhiali scuri. Camila e Marco
sono già usciti a collocare dinanzi alla scuola una
bandiera rossa, che ricorda anche ai passanti il tipo di
allerta. Andrea, intanto, si occupa di mettere il numero 9 su un tabellone.
[…]
Il semaforo solare è stato generalizzato. È un sistema
che consente, sulla base del colore, di capire subito
come comportarsi. Si parte dal verde (nessuna al-
I
lerta) e si passa man mano al giallo, all’arancione, al
rosso e al viola, la situazione più a rischio.
La mattina […] quasi tutti sanno già qual è il colore
del giorno. L’hanno letto nell’ultima pagina della
«Prensa Austral», il giornale locale, che lo pubblica
quotidianamente. O l’hanno visto all’entrata della
maggioranza delle scuole, dove viene esibito, perché ne siano consapevoli i genitori degli studenti, ma
pure i passanti. «Anche una delle compagnie che assicura il trasporto in comune in città pone la bandiera con il colore del semaforo solare su ogni mezzo,
al pari di tutti i pulmini scolastici», aggiunge Lidia
Amarales Osorio, direttrice regionale del Ministero
della Sanità. […]
Il primo a denunciare i rischi del buco dell’ozono è
stato Bedrich Magas […].
Professore all’Universidad
da Magallanes, anche oggi
scruta con ansia il cielo, giudicato davvero «troppo» sereno. È stato il primo in città
a occuparsi del problema,
dal 1987, quando collaborò
con una missione scientifica della Nasa che venne
nella zona a studiare in segreto il fenomeno. «Qui a
Punta Arenas mi prendevano per un pazzo», racconta.
[L. Martinelli, «Il Sole-24 Ore»,
5 giugno 2005]
Punta Arenas, una città
«lontana da ogni luogo
del mondo».
Chiave di lettura
1. Dove si trova Punta Arenas?
2. Che cos’è il «buco nell’ozono»? Quali conseguenze
comporta?
3. Con quali sistemi si avvisa la popolazione del grado
di rischio cui è esposta?
4. Nel luogo dove abiti il problema del buco
nell’ozono è importante?
5. Immagina di dover comunicare alla popolazione
della città o paese in cui abiti le variazioni
nella presenza di sostanze inquinanti nell’aria.
Quali sistemi adotteresti per raggiungere il maggior
numero possibile di persone?
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Esercizi
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Regione andina, Cono Sud, Argentina
1
Evidenzia, nella carta muta, gli stati
appartenenti al cosiddetto «Cono Sud». Scrivi
nella posizione corretta i loro nomi, i nomi
degli oceani che li bagnano, delle rispettive
capitali e degli stati confinanti.
2
Rispondi brevemente.
a. Che cosa si intende per «regione andina»?
b. Quale caratteristica fisica differenzia Bolivia e Paraguay
da tutti gli altri stati dell’America meridionale?
c. Qual è lo stato più esteso del Cono Sud?
d. Che cos’è la Terra del Fuoco?
e. Quale primato ha il lago Titicaca?
f. Che cosa sono le tierras templadas?
3
Completa le seguenti frasi.
a. La regione andina si affaccia sulle coste
dell’……………………………………………………;
solo la Colombia ha un tratto di costa anche sul
…………………………………………………….
b. Le ………………………… si innalzano con
prevalente direzione nord-sud parallelamente
alla costa dell’……………………………………….
c. La regione andina fu la culla delle grandi
………………………… sudamericane;
il loro culmine fu rappresentato dall’impero
degli ………………………………………….
d. Possiamo ripartire il rilievo della regione del Cono
Sud in tre aree distinte: a ovest la cordigliera
delle …………………………; a est una vasta
regione pianeggiante, con
il …………………………………………… a nord,
la ………………………… (tra i fiumi Paraná
e Uruguay) a est e le ………………………………
argentine a sud; più a sud gli altipiani
della ……………………………………….
e. I fiumi Paraná e Uruguay danno vita a un profondo
e vasto estuario, il ……………………………………,
che separa un tratto di Uruguay
e ……………………………………….
f. La densità di popolazione nel Cono Sud è molto
………………………… e vaste aree sono
pressoché ……………………………………….
g. Dal punto di vista climatico il Cono Sud si estende
dall’area ………………………… a quella
……………………………………………….
h. Sul territorio argentino si riconoscono cinque aree
geografiche: le ……………………………………
occupano la parte occidentale del paese;
il ……………………………………………………,
una vasta area semiarida nel nord del paese;
la ………………………………………; le fertili
…………………………; la …………………………,
nel sud del paese; l’estremo sud prende il nome
di …………………………………………………….
4
Vero o falso?
a. La Patagonia ha un clima piuttosto umido
e quindi una vegetazione rigogliosa.
b. Il Cono Sud conobbe le grandi civiltà
precolombiane.
c. Alcuni stati del Cono Sud mostrano
un elevato indice di sviluppo umano.
d. Nel loro insieme, gli stati del Cono Sud non
dispongono di grandi risorse minerarie né
di molti fonti energetiche.
e. Gli stati del Cono Sud hanno un settore
primario piuttosto sviluppato.
5
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
Spiega che cos’è / che cosa sono…
a. … l’Aconcagua
b. … lo stretto di Magellano
c.
… il Poopó
d. … le tierras calientes
e. … i quechua
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Regioni e stati del mondo
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Asia
ASIA
Superficie (km2)
Popolazione (ab.)
Densità (ab./km2)
44 590 951
3 892 323 000
87
I MONTI PIÙ ALTI
Russia (parte asiatica) ❯ 12 836 900 km
Cina ❯ 9 572 900 km2
2
Equatore
Greenwich
LO STATO PIÙ ESTESO
LO STATO PIÙ PICCOLO
Everest ❯ 8848 m
K2 ❯ 8611 m
Kanchenjunga ❯ 8586 m
Maldive ❯ 298 km2
LO STATO PIÙ POPOLATO
Cina ❯ 1 303 720 000 ab.
I LAGHI PIÙ ESTESI
I FIUMI PIÙ LUNGHI
Caspio ❯ 371 000 km2
Aral ❯ 41 000 km2 (nel 1988)
Bajkal ❯ 31 500 km2
Chang Jiang (Fiume Azzurro) ❯ 5800 km
Ob-Irtys ❯ 5410 km
Huang He (Fiume Giallo) ❯ 4845 km
LE CITTÀ PIÙ POPOLOSE
(aree metropolitane)
I MAGGIORI BACINI IDROGRAFICI
LE ISOLE PRINCIPALI
Chongqing ❯ 31 300 000 ab.
Shanghai ❯ 17 110 000 ab.
Mumbai ❯ 16 368 000 ab.
Ob-Irtys ❯ 2 975 000
Enisej ❯ 2 580 000 km2
Lena ❯ 2 490 000 km2
Nuova Guinea ❯ 785 000 km2
Borneo ❯ 736 000 km2
Sumatra ❯ 420 000 km2
LO STATO MENO POPOLATO
Maldive ❯ 299 000 ab.
222
km2
* Amministrativamente la Nuova Guinea appartiene
per metà all’Oceania (stato di Papua Nuova Guinea)
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1 Prima esplorazione dell’Asia
L’Asia è il continente più vasto della Terra: occupa infatti quasi un terzo delle terre emerse.
L’Asia è convenzionalmente separata dall’Europa dalla catena dei monti Urali, ma sappiamo che forma con essa un’unica massa continentale, l’Eurasia; è
unita all’Africa dall’istmo di Suez (dove nel XIX secolo venne aperto l’omonimo
canale) e divisa dall’America settentrionale dallo stretto di Bering (92 km).
A nord l’Asia si affaccia sul mar Glaciale Artico con coste basse e
abbastanza uniformi. Le coste orientali, bagnate dall’oceano Pacifico, sono
articolate in ampie insenature (tra cui i golfi del Tonchino e del Siam) e penisole (tra le quali Camciatca, Corea e Indocina) e fronteggiate da numerose isole (le Curili, l’arcipelago Giapponese, le Ryukyu, le Filippine, il Borneo, l’arcipelago Indonesiano). Penisole e isole delimitano numerosi bacini marini interni, come il mare di Ohotsk, il mar del Giappone e il mar Giallo.
Tutta l’Asia orientale e sud-orientale è molto instabile dal punto di vista
geologico: vi si innalzano infatti decine di vulcani attivi ed è continuamente interessata da terremoti anche molto violenti.
L’Asia meridionale è bagnata dall’oceano Indiano. Queste coste sono caratterizzate dalla presenza di tre grandi penisole: l’Indocina con la Malacca – che separa l’oceano Indiano dal Pacifico –, la penisola Indiana e la penisola Arabica.
L’Asia occidentale a sud degli Urali è caratterizzata dalla massiccia penisola dell’Anatolia, che si affaccia a nord sul mar Nero, a sud sul mar Mediterraneo e a ovest sul mar Egeo.
Le coste.
Le sconfinate pianure e i bassipiani dell’Asia settentrionale (la Siberia)
sono delimitati dai monti Urali a occidente e dai monti di Verhojansk a oriente.
La fascia centrale comprende vasti altipiani e catene montuose tra le più
imponenti dell’intero pianeta: il Caucaso (tra il mar Nero e il mar Caspio),
l’Hindukush (tra Afghanistan e Pakistan) e il grande sistema formato da Karakoram, Kunlun Shan e Himalaya, che racchiude l’immenso altopiano del
Tibet; in queste catene si trovano le montagne più alte del
mondo (quattordici tra esse superano gli 8000 m).
Nell’Asia sud-occidentale le antiche catene montuose
sono state intensamente erose e trasformate in estesi tavolati, come quelli della penisola Arabica e della penisola
Indiana (il Deccan).
Glossario
8000 m Spesso si sente parlare
dei “quattordici 8000” per indicare
le cime che superano tale altitudine; come sappiamo, le due montagne più alte in assoluto sono l’Everest (8848 m) e il K2 (8612 m).
I rilievi.
Una spiaggia di sabbia corallina
a Bali (Indonesia).
L’Annapurna, uno dei «quattordici
ottomila» della catena himalayana.
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Asia
I fiumi. Le gelide pianure siberiane sono attraversate da maestosi corsi d’acqua (i maggiori sono Ob, Enisej e Lena) che sono ghiacciati per lunghi tratti
e per molti mesi all’anno.
I fiumi dell’Asia centro-occidentale passano attraverso regioni molto aride
e spesso non arrivano a sfociare in mare, ma formano paludi e bacini interni;
il Syrdarja e l’Amudarja, ad esempio, immettono nel lago d’Aral le acque non
ancora consumate dall’intensa evaporazione e dall’irrigazione delle steppe coltivate a cotone.
I territori dell’Asia meridionale e orientale sono solcati da grandi fiumi (tra
i quali l’Indo, il Gange, il Brahmaputra, lo Huang He, il Chang Jiang) alimentati dai ghiacciai dell’Asia centrale, ma il loro regime dipende soprattutto
dall’alternanza delle condizioni climatiche: in inverno prevalgono le magre,
mentre in estate – per l’arrivo delle piogge portate dai monsoni – i fiumi si
gonfiano e spesso fuoriescono dagli argini causando gravi inondazioni.
Le acque del Gange presso
Varanasi (India nord-orientale).
Glossario
Monsoni Venti che soffiano dal
mare verso terra per metà dell’anno (giugno-metà dicembre), portando abbondanti precipitazioni, e
da terra verso il mare per l’altra
metà dell’anno, determinando
una stagione secca.
Le acque ghiacciate del lago
Bajkal, in Siberia.
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In Asia si estendono alcuni grandi laghi, per lo più posti nella fascia
centrale; qui si trova lo specchio d’acqua comunemente considerato il maggiore lago del mondo, il Caspio, chiamato di solito «mare», sia per le sue dimensioni (quanto Italia e Austria messe insieme), sia per il fatto che ha acque salate. Anche i laghi d’Aral e Balhas hanno acque salate, e dunque il più vasto lago
di acqua dolce dell’Asia è il Bajkal (che è anche il più profondo della Terra).
I laghi.
Una grande varietà di climi e di ambienti. A causa della sua enorme estensione, della disposizione di pianure e catene montuose, del decisivo influsso
dei monsoni, l’Asia mostra una estrema varietà di climi e quindi di ambienti e
di paesaggi.
Semplifichiamo, per capire meglio la situazione: procedendo da nord verso
sud possiamo individuare tre grandi regioni climatiche.
L’Asia fredda abbraccia tutta la Siberia, dai monti Urali alle coste del Pacifico, ed è caratterizzata da inverni lunghi e rigidi e da estati brevi (poco più di
due mesi).
L’Asia arida comprende la fascia degli altipiani centrali, dall’Anatolia alla
Mongolia, ma anche la penisola Arabica e i bassipiani dell’Iran. È caratterizzata da inverni rigidi (con l’eccezione dell’Arabia e dell’Iran meridionale) e da
estati caldissime e secche; le precipitazioni sono scarsissime o inesistenti.
L’Asia dei monsoni comprende la penisola Indiana, l’Indocina, la parte orientale della Cina e le isole e gli arcipelaghi tra l’oceano Pacifico e l’oceano Indiano. Molto estesa nel senso dei paralleli, la regione ha un clima abbastanza
vario, ma con il forte elemento unificante rappresentato dai monsoni, che in
inverno portano aria asciutta e in estate provocano piogge torrenziali.
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2 Grandi macroregioni
nel continente più popolato
L’Asia non è solo il continente più vasto, ma anche quello più popolato: il 30%
delle terre emerse del pianeta ospita il 61% della popolazione (e due soli stati,
India e Cina, accolgono il 36% dell’umanità). La densità media di popolazione
è superiore a quella degli altri continenti (87 ab./km2), ma la distribuzione della popolazione non è omogenea: vaste regioni dell’Asia settentrionale, centrale e
sud-occidentale sono quasi disabitate (Mongolia: 2 ab./km2; Russia asiatica:
2,6 ab./km2; Kazakistan: 6 ab./km2; Arabia Saudita: 11 ab./km2), mentre la
popolazione si concentra nelle regioni orientali, in quelle meridionali, lungo
le coste e sulle numerose isole; escludendo Singapore, che essendo una città-stato è in un certo senso «fuori classifica» (5084 ab./km2), troviamo le densità
più elevate in Bahrein (1011 ab./km2), nelle Maldive (1003 ab./km2) e nel Bangladesh (926 ab./km2).
In base a criteri geografici, storici e culturali all’interno del continente asiatico distinguiamo diverse grandi macroregioni:
Asia sud-occidentale, comprendente la regione anatolico-caucasica (Armenia,
Azerbaigian, Georgia, Turchia), il Vicino Oriente (Autorità Nazionale Palestinese, Giordania, Israele, Libano, Siria), la penisola Arabica (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Oman, Qatar, Yemen) e il Medio Oriente
(Afghanistan, Iran, Iraq, Kuwait);
Asia centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan);
subcontinente indiano (Bangladesh, Bhutan, India, Maldive, Nepal, Pakistan, Sri Lanka);
regione sino-giapponese, comprendente Cina, Corea del Nord, Corea del
Sud, Giappone, Mongolia e Taiwan;
Asia sud-orientale, comprendente l’Indocina (Cambogia, Laos, Myanmar,
Malaysia, Singapore, Thailandia, Vietnam) e l’Insulindia (Brunei, Filippine,
Indonesia, Timor Est).
Dell’Asia settentrionale, ovvero lo sterminato territorio
della Russia asiatica, e di Cipro, stato membro dell’Unione
Europea, abbiamo già parlato nel volume 2; la penisola
del Sinai, che prima del taglio del canale di Suez era unita
all’Africa, appartiene all’Egitto.
Turchia e Kazakistan estendono il loro territorio su limitate
porzioni di territorio europeo,
mentre appartiene allo Yemen
l’isola di Socotra, fisicamente
parte del continente africano.
Infine, lo stato di Papua Nuova Guinea, che occupa la parte
orientale della Nuova Guinea
(la porzione occidentale appartiene all’Indonesia), è tradizionalmente considerato parte dell’Oceania.
Il villaggio di Khudjirt, in Mongolia,
lo stato meno densamente abitato
della Terra.
Folla e traffico nel centro
di Dacca, la capitale del Bangladesh,
uno degli stati più fittamente
popolati del continente asiatico.
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Asia
3 Un continente-mosaico
I quasi quattro miliardi di abitanti dell’Asia sono suddivisi in un’infinità di
popoli parlanti oltre 2000 lingue diverse, per scrivere le quali si utilizzano 30
alfabeti diversi. Cinquantasei lingue asiatiche contano più di 10 milioni di
parlanti e il mandarino (lingua ufficiale della Cina) è la lingua parlata dal maggior numero di persone nel mondo.
Gli incroci tra i due gruppi principali, i caucasoidi (prevalenti nell’Asia
sud-occidentale e nel subcontinente indiano) e i mongoloidi (diffusi nell’Asia settentrionale e orientale), hanno dato vita a una molteplicità di tipi fisici; nell’Insulindia sono presenti anche gruppi di pelle scura, di origine melanesiana.
L’Asia, infine, è stata la culla di tutte le grandi religioni: ebraismo, cristianesimo, islamismo, induismo, giainismo, buddhismo, confucianesimo, taoismo,
shintoismo sono nate e si sono sviluppate in questo continente.
Purtroppo questa molteplicità di culture ha spesso innescato fenomeni di intolleranza e di persecuzione e oggi sono in atto
numerosi conflitti tra nazioni e tra comunità diverse.
Le principali cause di tensione nel continente asiatico sono:
il conflitto israelo-palestinese, che ha riflessi in tutto il Vicino e il Medio
Oriente;
il conflitto in Iraq seguìto all’invasione statunitense e alla deposizione del
dittatore Saddam Hussein;
la guerra per l’indipendenza del Kurdistan, che i combattenti di etnia curda
conducono soprattutto contro la Turchia, ma anche contro Siria e Iran;
il conflitto in Afghanistan seguìto all’invasione delle truppe delle Nazioni Unite e al crollo del regime dei talebani;
il conflitto tra il Pakistan e l’India per il controllo della regione del Kashmir;
il conflitto in Nepal tra ribelli comunisti e governo;
il conflitto nello Sri Lanka tra separatisti tamil e governo;
i contrasti tra minoranza cristiana e maggioranza islamica in Indonesia.
Molti di questi conflitti sono amplificati dalle minacce delle organizzazioni terroristiche islamiche contro Israele, Stati Uniti e le altre potenze occidentali.
Anche lo sviluppo del programma nucleare da parte dell’Iran e la realizzazione di esperimenti nucleari da parte della Corea del Nord sono causa di
tensioni internazionali.
Numerose aree «calde».
L’ingresso di un tempio
buddhista in Giappone.
Abitanti del Kashmir
manifestano contro l’occupazione
indiana.
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4 L’Asia alla riscossa
Dagli anni Settanta del XX secolo il panorama economico mondiale ha visto
tornare alla ribalta con sempre maggior forza l’economia asiatica. Ricchissima di materie prime, fino alla rivoluzione industriale l’Asia era la principale
area di produzione di manufatti; poi, dalla metà del XIX secolo, l’Europa
prese il sopravvento e i paesi asiatici, con l’eccezione del Giappone, non seppero adeguare le loro economie ai nuovi sistemi di produzione.
Nella seconda metà del XX secolo qualcosa ha iniziato a cambiare: mentre
gli stati petroliferi dell’Asia occidentale acquisivano sempre maggior importanza in seguito alla crescita industriale dell’Occidente, a Oriente iniziava l’ascesa delle quattro «tigri asiatiche» (Corea del Sud, Singapore, Taiwan, Hong
Kong) che, con l’esempio e l’appoggio del Giappone, si sono rapidamente industrializzate, specializzandosi nei settori più innovativi e redditizi (meccanica di precisione, informatica, settore automobilistico).
Verso la fine del secolo si è assistito al risveglio dell’India e, ancor più, della Cina, che in
pochi anni è assurta al rango di grande potenza
economica mondiale, suscitando la preoccupazione dei paesi occidentali e innescando un
processo a catena che sta coinvolgendo altri
stati asiatici.
Dunque l’Asia sta riacquistando importanza
nell’economia mondiale, per quanto riguarda
sia la produzione industriale, sia le attività finanziarie. Oggi 15 dei 25 paesi protagonisti dei
quattro quinti del commercio mondiale sono
asiatici.
Le due facce dell’Asia di oggi:
il rapido e impetuoso sviluppo
economico (qui sotto, un centro
commerciale di Hiroshima, in
Giappone) e una povertà ancora
diffusa (più in basso, bambini che
vivono per le strade di Hanoi, in
Vietnam).
Questo impetuoso sviluppo economico non è però indolore.
Esso si basa su indubbie capacità commerciali,
sulla disponibilità di manodopera a basso costo e
sugli investimenti stranieri. Ma l’industrializzazione si è sviluppata in modo irregolare e così,
accanto ad alcune aree economicamente prospere, ne rimangono molte altre dove prevale
un’economia rurale arretrata.
La distribuzione della ricchezza è molto ineguale: se dai dati economici generali si passa a
studiare le statistiche sociali, si scopre che la
maggior parte degli stati asiatici – Cina e India
comprese – rientra tra quelli a sviluppo umano
medio e che, ad esempio, in Cina un quarto degli abitanti non ha accesso all’acqua potabile e
in India i tre quarti della popolazione (un numero di individui superiore agli abitanti dell’intera Europa!) sopravvivono con meno di
due dollari al giorno.
Lo sviluppo industriale sta inoltre avendo un
pesante risvolto ambientale, a causa dell’indiscriminato utilizzo delle risorse naturali e della
mancanza di adeguate norme anti-inquinamento.
L’altra faccia della medaglia.
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Asia
L’Asia sud-occidentale
Il paesaggio della
regione di Maan, nella
Giordania meridionale.
1 Molti nomi per una grande regione
La costa turca presso Bodrum,
sul mar Mediterraneo.
L’Asia sud-occidentale corrisponde a quell’area che i mezzi di comunicazione
di solito chiamano «Medio Oriente» o, meno frequentemente, «Vicino Oriente». Le espressioni «Vicino» e «Medio Oriente» sono il frutto di una visione
del mondo che poneva l’Europa al suo centro e per la quale l’Asia rappresentava l’«Oriente» e l’America l’«Occidente».
Oggi una tale visione non ha più ragione di essere ma, come spesso accade, il
linguaggio quotidiano registra con ritardo i cambiamenti politici ed economici.
Del resto le espressioni «Vicino» e «Medio Oriente» sono generiche e possono
indicare realtà diverse a seconda di chi le usa. Per taluni il Medio Oriente può
corrispondere all’area che noi chiameremo Asia sud-occidentale, oppure estendersi ulteriormente fino a inglobare l’Egitto e tutta l’Africa settentrionale; può
comprendere quello che altri chiamano Vicino Oriente (Siria, Israele, Giordania, Libano, Egitto ed eventualmente Turchia, Iraq e penisola Arabica) oppure
escluderlo e comprendere solamente Iraq, Iran e Afghanistan.
Noi manterremo i nomi di Vicino Oriente e Medio Oriente per indicare due
sub-regioni della vasta area geografica che, geograficamente, rappresenta il
sud-ovest dell’Asia.
I confini della regione. I confini geografici dell’Asia sud-occidentale sono
definiti da bacini marini e da catene montuose:
a nord il mar Nero, la catena del Caucaso, il mar Caspio, i monti del Kopet
Dag e l’alto corso del fiume Amudarja;
a est l’Hindukush e i monti Sulaiman;
a sud il mar Arabico e il golfo Persico;
a ovest il mar Mediterraneo e il mar Rosso.
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L’ A s i a s u d - o c c i d e n t a l e
A nord-ovest la penisola Anatolica separa il mar Nero dal Mediterraneo; a
sud-ovest la penisola Arabica si protende parallelamente alla costa dell’Africa,
alla quale fino al 1869 (anno di inaugurazione del canale di Suez) era collegata attraverso la penisola del Sinai.
Il rilievo e i fiumi. La regione si divide in una parte settentrionale montuosa,
che comprende le catene del Tauro, del Caucaso, degli Zagros, degli Elburz,
del Kopet Dag, dell’Hindukush e dei Sulaiman, che circondano e racchiudono gli altipiani anatolici e iraniani, e una porzione sud-occidentale costituita dall’esteso tavolato della penisola Arabica; al centro, a far da raccordo tra
le due parti, vi è la Mesopotamia, la vasta e fertile pianura alluvionale formata dal Tigri e dall’Eufrate.
Tutta la regione è fortemente sismica e gli stati che ne fanno parte sono spesso colpiti da violenti terremoti.
I fiumi sono per lo più brevi e con regimi irregolari; fanno eccezione l’Eufrate (2760 km), il Tigri (1950 km), il Kizilirmak (1150 km), che hanno le loro sorgenti nell’Anatolia orientale. In questa stessa zona si trovano tre vasti laghi: Urmia (in Iran), Van (in Turchia) e Sevan (in Armenia).
Data l’estensione e la conformazione della regione, si succedono molti tipi
di clima: quello mediterraneo sulle coste del Mediterraneo, quello subtropicale umido sulle coste del mar Nero e del mar Caspio, quello continentale
arido nelle regioni interne dell’Anatolia e dell’Afghanistan, quello desertico in
gran parte della penisola Arabica e dell’Iran.
Il corso del fiume Tigri nei pressi
di Mosul, città dell’Iraq settentrionale.
Le cime innevate del Caucaso
in Georgia.
Le quattro maggiori sub-regioni. Possiamo suddividere
l’Asia sud-occidentale in quattro sub-regioni:
la regione anatolico-caucasica (comprendente Armenia,
Azerbaigian, Georgia e Turchia);
il Vicino Oriente (Autorità Nazionale Palestinese, Giordania, Iraq, Israele, Kuwait, Libano e Siria);
la penisola Arabica (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati
Arabi Uniti, Oman, Qatar, Yemen);
il Medio Oriente (Afghanistan e Iran).
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Asia
2 Lingue e religioni diverse
Le antiche mura di Babilonia,
oggi ricostruite sul sito originario.
Babilonia rappresenta uno dei primi
esempi di città nella storia.
L’Asia sud-occidentale è da sempre al centro della storia. Abitata fin dalla
più remota preistoria, culla delle prime civiltà urbane, ha svolto per millenni
una fondamentale funzione di tramite e di punto di incontro tra Oriente e
Occidente, che si riflette oggi nella
grande varietà di lingue parlate e di
religioni praticate (anche se la maggioranza della popolazione è musulmana).
1. Popolazioni parlanti lingue semitiche.
Arabi: partiti dalla penisola Arabica, si sono insediati in tutto il
Vicino Oriente e sono la maggioranza della popolazione di Arabia Saudita, Bahrein, Giordania,
Iraq, Libano, Oman, Qatar, Siria, Yemen.
Ebrei: si sono insediati in Palestina, dove hanno creato lo stato di
Israele.
Piccole comunità di lingua aramaica: discendono dalle popolazioni che abitavano la regione prima dell’espansione araba.
2. Popolazioni parlanti lingue indoeuropee.
Iranici: sono gran parte della popolazione di Iran e Afghanistan, oltre ai curdi che vivono tra Iran, Iraq, Siria e Turchia e ad altri piccoli gruppi.
Armeni: partendo dal Caucaso meridionale, occuparono gran parte dell’Anatolia orientale, fino al Mediterraneo; sterminati dai turchi durante il
genocidio del 1915-16, moltissimi furono costretti a trovare rifugio in Europa e in America; piccole comunità sono presenti in quasi tutti gli stati della
regione.
3. Popolazioni parlanti lingue altaiche: turchi, azeri e gruppi minori provenienti
dall’Asia centrale e stabilitisi durante il Medioevo nella penisola anatolica,
nel Caucaso orientale, in Iran e Afghanistan.
4. Popolazioni parlanti lingue caucasiche, concentrate nell’area del Caucaso centro-occidentale: sono i georgiani e una trentina di altri piccoli gruppi diffusi
anche nel Caucaso russo.
Le differenze religiose complicano ulteriormente il panorama culturale.
La grande maggioranza della popolazione è di religione islamica, nelle sue
due principali divisioni (sunniti e sciiti) e in molte sette, che spesso gli altri
musulmani considerano eretiche (come i drusi in Libano o gli alawiti in Siria).
I cristiani sono la maggioranza solo in Armenia e in Georgia; costituiscono
minoranze di rilievo in Libano (circa il 40% della popolazione), Azerbaigian,
Giordania, Iraq, Israele e Siria.
Gli ebrei, un tempo largamente presenti in tutta la regione, sono oggi concentrati in Israele.
Accanto ai fedeli delle tre religioni principali sopravvivono fedeli di antiche
religioni, anteriori alla diffusione del cristianesimo e dell’Islam, come gli zoroastriani (un tempo diffusi nell’Iran e in Asia centrale).
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L’ A s i a s u d - o c c i d e n t a l e
3 Una regione tormentata
dalla guerra
Dopo un lungo periodo di decadenza, nella seconda metà del
XX secolo l’Asia sud-occidentale è balzata al centro dell’attenzione internazionale grazie all’importanza economica delle sue
immense riserve di petrolio. La regione produce un terzo di tutto il petrolio estratto sulla Terra e custodisce il 62% di tutte le riserve note. Ecco perché le potenze occidentali hanno grandi mire economiche sull’Asia sud-occidentale e cercano di condizionarne la politica per proteggere i propri interessi.
Purtroppo numerosi conflitti hanno travagliato e travagliano
la regione.
Conflitto tra israeliani e palestinesi e guerre arabo-israeliane
(1948, 1967, 1973, 1982): dalla creazione dello stato di Israele,
gli israeliani hanno affrontato quattro guerre contro Egitto,
Giordania, Libano, Siria e la guerriglia palestinese che rivendica la creazione di uno stato palestinese autonomo.
Guerra tra Iraq e Iran (1980-1988): fu scatenata dal dittatore iracheno
Saddam Hussein, che voleva conquistare le aree petrolifere dell’Iran sudoccidentale.
Guerra civile in Libano (1975-1990): ha visto contrapporsi le une alle altre le
varie comunità religiose del paese.
Prima guerra del Golfo (1991): truppe delle Nazioni Unite invasero l’Iraq, in
risposta all’occupazione del Kuwait da parte delle truppe di Saddam Hussein.
Invasione sovietica dell’Afghanistan (1978-89) e successiva guerra civile, durante la quale salirono al potere i taleban.
Conflitto tra Armenia e Azerbaigian (dal 1988) per il controllo del NagornoKarabah, regione dell’Azerbaigian a maggioranza armena.
Invasione dell’Afghanistan da parte di truppe della Nazioni Unite dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti da parte di terroristi di al-Qaeda.
Seconda guerra del Golfo e occupazione dell’Iraq: nel 2003 gli eserciti di una
coalizione guidata dagli Stati Uniti invasero l’Iraq per rovesciare il regime di
Saddam Hussein, accusato di costruire armi di distruzione di massa e di preparare attentati contro gli Stati Uniti; l’insediamento di organi democratici
non è bastato per riportare ordine nel paese, in preda alla guerra civile.
Lotta per l’indipendenza del popolo curdo: da decenni i curdi si battono contro i governi di Iran, Iraq, Siria e Turchia per ottenere l’indipendenza; oggi il movimento è attivo soprattutto in Turchia.
Un bambino di Gaza stringe tra
le mani la bandiera della Palestina
e la foto di un «martire» della jihad
(«guerra santa»).
Glossario
Taleban Studenti delle scuole
coraniche che imposero con la
forza la rigida legge islamica su
gran parte dell’Afghanistan.
al-Qaeda Organizzazione terroristica islamica guidata dal miliardario arabo Osama bin Laden e a
lungo protetta dal governo afghano dei taleban.
Un gruppo di taleban, saliti al
potere in Afghanistan in seguito
all’occupazione sovietica e destituiti
dopo l’invasione statunitense del
2001.
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Asia
4 La Turchia e l’area caucasica
Pastori nomadi di etnia curda
in Turchia.
La Turchia e l’area caucasica rappresentano la porzione settentrionale dell’Asia sud-occidentale:
il territorio turco si identifica in pratica con l’Anatolia (la vasta penisola che
separa mar Nero e mar Mediterraneo), ma si estende per un breve tratto anche in Europa (Turchia Europea, in Tracia);
le tre repubbliche caucasiche (Armenia, Georgia e Azerbaigian) occupano il
versante meridionale del Caucaso e confinano verso nord con le repubbliche caucasiche della Federazione Russa. Fino al 1991 facevano parte dell’Unione Sovietica e ora sono parte della Comunità di Stati Indipendenti (CSI).
La regione è abitata prevalentemente da popoli di origine turco-mongola (turchi e azeri), iranica (curdi), armena e caucasica (georgiani). Turchi, azeri e curdi sono in prevalenza musulmani, armeni e georgiani sono cristiani.
Nel complesso l’economia appare ancora piuttosto arretrata; il settore primario ha un peso considerevole, mentre il terziario è poco sviluppato. Fa parzialmente eccezione la Turchia, grazie anche a investimenti stranieri e a un grande
flusso turistico, sebbene esistano fortissime differenze tra le regioni costiere
più sviluppate e quelle centrali e orientali più arretrate. Nel 2005 sono iniziati
i lunghi negoziati per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea.
I principali problemi dell’area, oltre a quelli economici, derivano dall’attività
della guerriglia curda contro il governo centrale turco: centro dell’azione degli
indipendentisti curdi è soprattutto la Turchia sud-orientale, ma attentati terroristici colpiscono periodicamente anche Istanbul e altre città della costa.
In Georgia i movimenti separatistici dell’Ossezia meridionale e dell’Abkhazia sono appoggiati dalla Russia, che
cerca di mantenere il controllo della regione caucasica dopo la scoperta del petrolio in Azerbaigian.
Dal 1988, inoltre, si trascina una guerra non dichiarata
tra Armenia e Azerbaigian per il controllo della regione
del Nagorno-Karabah, politicamente appartenente all’Azerbaigian ma abitata in maggioranza da armeni, anche se
la concessione di una vasta autonomia e di un corridoio
che collega il Nagorno-Karabah all’Armenia hanno notevolmente diminuito la violenza del contrasto.
La piccola chiesa dei Santi Apostoli
sul lago Sevan (Armenia orientale).
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5 Il Vicino Oriente
Il Vicino Oriente è la parte centrale dell’Asia sud-occidentale, comprendente Siria, Iraq, Libano, Israele, Giordania, Autorità Nazionale Palestinese e Kuwait (più Cipro, membro dell’Unione Europea); questa definizione è
più restrittiva rispetto a quella che comprende tutti i paesi dove si parla arabo (aggiungendovi, dunque, anche la
penisola Arabica, l’Egitto e gli altri stati dell’Africa settentrionale).
I confini dell’area sono:
a ovest, la regione mediterranea con una breve pianura
costiera alle spalle della quale si innalza una catena con
monti poco elevati, che verso sud, in Palestina, si riducono a una serie di rilievi collinari;
a sud-ovest le propaggini del deserto arabico, alle spalle delle catene costiere,
delimitate verso est dalla valle dell’Eufrate;
a nord-ovest la Jazira (in arabo significa «isola»), un altopiano semidesertico
e stepposo, racchiuso tra le vallate dell’Eufrate e del Tigri, prima che questi
giungano in pianura;
a sud-est la Mesopotamia, la vasta pianura alluvionale formata dal Tigri e dall’Eufrate;
a est i monti Zagros, che separano la Mesopotamia dall’altopiano iranico;
a sud-ovest la montuosa penisola del Sinai, delimitata dal Mediterraneo a
nord, dal golfo di Suez a ovest e dal golfo di Aqaba a est, che politicamente
appartiene all’Egitto.
La regione è piuttosto arida e scarsamente abitata; le popolazioni si concentrano lungo la costa mediterranea, nelle vallate dei fiumi e nella Mesopotamia centrale.
La maggioranza della popolazione è di lingua araba e di religione musulmana; il nord dell’Iraq e la Siria nord-orientale sono parte del Kurdistan. In
Israele la popolazione è formata in gran parte da ebrei provenienti da ogni
parte del mondo, ma soprattutto dall’Europa orientale e dal mondo musulmano. Comunità di cristiani vivono sparse in tutti gli stati della regione.
Le acque del fiume Eufrate
nei pressi di Al Kubar (Siria
centrale).
I «pilastri di re Salomone»
nel deserto del Negev, in Israele.
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Regioni e stati del mondo
Prima della caduta del suo
regime, Saddam Hussein
era venerato dalla maggior parte
degli iracheni; nella fotografia,
una donna di Baghdad sfila con
il ritratto del dittatore durante
i festeggiamenti per il suo
compleanno.
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Asia
Il Vicino Oriente è un’area politicamente molto turbolenta: nel corso degli ultimi sessant’anni ha visto la nascita dello stato di Israele, l’affermazione del nazionalismo arabo in Siria e Iraq e un gran numero di conflitti internazionali o
interni che hanno spesso avuto pesanti riflessi internazionali. Nella seconda
metà del XX secolo l’area ha infatti assunto un’importanza economica cruciale per la presenza di ingenti giacimenti di petrolio e gas naturale. Durante
gli anni della «guerra fredda» il Vicino Oriente è stato una delle regioni in
cui si sono affrontati gli Stati Uniti, alleati di Israele, e l’Unione Sovietica, alleata dei governi arabi ostili a Israele.
Il caso Iraq. Un’altra area di crisi è costituita dall’Iraq, dove nel 1979 divenne presidente Saddam Hussein, che instaurò una dura dittatura. Nel 1980
scatenò una guerra contro l’Iran, cercando di approfittare delle difficoltà create dalla rivoluzione islamica per impadronirsi della regione petrolifera del
Khuzestan, nel sud-ovest. Terminata la guerra nel 1988 senza un vincitore ma
con centinaia di migliaia di vittime, nel 1990 l’Iraq invase il Kuwait, altra notevole area petrolifera. L’intervento di una coalizione composta da 34 nazioni
riunite sotto la bandiera dell’ONU e guidata dagli Stati Uniti respinse gli invasori fuori dal Kuwait e invase l’Iraq, fermandosi però prima di arrivare a Baghdad e di provocare la caduta del regime di Hussein. All’Iraq venne tuttavia
imposto un rigido embargo economico, che causò il collasso dell’economia del
paese e un drammatico impoverimento della popolazione.
Nel 2003 Stati Uniti e Regno Unito accusarono Saddam Hussein di disporre di armi di distruzioni di massa e di preparare un attentato contro gli Stati
Uniti e alla testa di un’altra coalizione internazionale (ma senza l’autorizzazione delle Nazioni Unite) invasero nuovamente l’Iraq provocando la fine del
regime di Hussein, che venne catturato e consegnato al nuovo governo iracheno. L’arresto, la condanna alla pena capitale e l’esecuzione (2006) di Hussein non sono però serviti ad assicurare la pacificazione del paese, nel quale è
in atto una sanguinosa guerra civile tra i maggiori gruppi etnici e religiosi.
Secondo molti osservatori, la vera
causa scatenante dei conflitti nel
Medio e Vicino Oriente è la volontà
di assicurarsi gli approvvigionamenti
di petrolio; nella fotografia, un molo
per il carico dell’«oro nero» in Kuwait.
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L’ A s i a s u d - o c c i d e n t a l e
6 La penisola Arabica
La penisola Arabica è costituita da un vasto altopiano delimitato a est dal
golfo Persico, a sud dall’oceano Indiano e dal golfo di Aden e a ovest dal mar
Rosso. I lati occidentale e meridionale dell’altopiano sono segnati da catene
montuose che corrono parallelamente alla costa e che raggiungono i 3000 m
di altitudine. Verso est l’altopiano digrada progressivamente fino a formare
una pianura costiera. Un’altra pianura costiera borda il lato occidentale.
Il clima è generalmente arido e gran parte
della regione è occupata da deserto; solamente
le coste e la regione montuosa (soprattutto la
sua parte sud-occidentale) beneficiano di qualche precipitazione.
Il territorio della penisola Arabica è suddiviso tra Arabia Saudita (che ne occupa la porzione maggiore), Bahrein, Emirati Arabi Uniti,
Oman, Qatar e Yemen.
Una duna di bianchissima
sabbia sul litorale dell’isola
di Socotra (Yemen).
Il paesaggio dei monti Hajar
nei pressi di Nakhl (Oman).
La natura desertica del territorio fa sì che esso sia scarsamente abitato e, dunque, con una densità di popolazione molto bassa (circa 16 ab./km2); la popolazione si concentra lungo le coste – in particolare nelle città – e nelle oasi. L’isola di Bahrein (1011 ab./km2) ha una delle più alte densità abitative al mondo.
La maggiore ricchezza della regione è il petrolio: nella regione, infatti si
estrae un quinto di tutto il petrolio del mondo e vi si trova un terzo delle riserve petrolifere note. Questa grande abbondanza rende la penisola Arabica una
regione strategicamente importante per le economie avanzate del mondo occidentale e, in particolare, per quella degli Stati Uniti.
Tuttavia la grande ricchezza generata dal petrolio è distribuita in modo molto irregolare: mentre i piccoli stati della costa orientale (Bahrein, Emirati Arabi
Uniti e Qatar) figurano tra i paesi a elevato sviluppo umano, Arabia Saudita e
Oman si collocano tra quelli a sviluppo medio e lo Yemen – dove il 45% della
popolazione vive con meno di due dollari al giorno – tra quelli a sviluppo basso.
La ricchezza delle risorse petrolifere, inoltre, ha condizionato lo sviluppo
degli altri settori dell’economia: un certo rilievo hanno assunto il turismo e, soprattutto, le attività finanziarie.
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Asia
7 Il Medio Oriente
Indicheremo come «Medio Oriente» l’area comprendente Iran e Afghanistan.
La regione è per lo più montuosa e arida; si affaccia a sud sul golfo di
Oman, a sud-ovest sul golfo Persico, a nord sul mar Caspio. Alcune catene
montuose (Elburz, Kopet Dag, Zagros) racchiudono un vasto altopiano attraversato da catene minori e occupato da estese aree desertiche. A est della depressione desertica del Sistan (al confine tra Iran e Afghanistan) il territorio è
quasi interamente occupato da impervie catene montuose, la maggiore delle
quali è l’Hindukush.
La posizione geografica rende il Medio Oriente una regione di collegamento tra Mediterraneo, Asia Centrale e regione indiana. Lo sviluppo economico è stato fortemente condizionato dalle tormentate vicende politiche degli ultimi decenni.
Glossario
Scià Parola iranica che indica il titolo attribuito a re e imperatori di
Persia, che godevano di assoluti
poteri in campo politico e anche
di notevole ascendente in campo
spirituale.
L’Iran. L’Iran (chiamato Persia fino al 1935) è stato governato da una monarchia autoritaria fino al 1979, anno in cui una rivoluzione popolare guidata
dal leader religioso sciita Khomeini depose lo scià, costringendolo all’esilio. Il
nuovo governo, dopo alcuni contrasti con le componenti laiche, diede vita a
una repubblica islamica basata sulla legge coranica (chiamata sharia). Ma nel
1980 l’Iran venne attaccato dall’Iraq e la guerra si protrasse fino al 1988, con
uno lungo e tragico strascico di morti e distruzioni.
Ancora più tormentata la storia recente dell’Afghanistan, dove nel 1979 truppe sovietiche intervennero in appoggio al governo comunista:
per dieci anni i ribelli antigovernativi (mujaeddin), appoggiati dai paesi arabi
e dagli Stati Uniti, lottarono senza quartiere contro il governo e le truppe sovietiche, che nel 1988 vennero ritirate. Ma il ritiro sovietico aprì una guerra civile in cui le diverse milizie, in genere costituite su base etnica o tribale, si contesero il controllo sul paese.
Nel 1996 la milizia dei taleban, gli studenti delle scuole
coraniche, riuscì a conquistare la capitale Kabul e a imporsi su gran parte del paese, instaurando un regime islamico particolarmente repressivo, soprattutto nei riguardi
delle donne. Caratterizzato da un violento odio antioccidentale, indirizzato in particolare contro gli Stati Uniti, i
taleban offrirono rifugio e appoggio all’organizzazione integralista islamica al-Qaeda.
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti
chiesero al governo afghano la consegna di Bin Laden; di
fronte al rifiuto, una forza militare sotto l’egida delle Nazioni Unite attaccò il paese, determinando la caduta del
governo dei taleban, senza tuttavia riuscire a sconfiggerli
definitivamente né a catturare Bin Laden. L’invasione ha
anche determinato il crollo della già stentata economia afghana e il nuovo governo, pur democraticamente eletto
nel 2005, nel primo periodo della sua attività non è stato in
grado di assumere il controllo di gran parte del paese.
L’Afghanistan.
L’interno del mausoleo
di Khomeini a Teheran, capitale
dell’Iran.
L’economia dell’Afghanistan è tra le più povere del mondo e sopravvive
grazie agli aiuti internazionali e a un’agricoltura ancora molto arretrata.
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Esercizi
1
L’Asia sud-occidentale
Evidenzia con colori diversi gli stati
appartenenti alla regione dell’Anatolia
e del Caucaso, al Vicino Oriente, alla penisola
Arabica, al Medio Oriente. Scrivi i nomi
dei principali tra essi, i nomi dei mari e oceani
che li bagnano e dei continenti che confinano
con questa parte del mondo.
dell’Anatolia e dell’Afghanistan, ………………………
in gran parte della penisola …………………………
e dell’Iran.
d. L’Asia sud-occidentale è abitata fin dalla più remota
………………………… ed è stata la culla
delle prime civiltà …………………………; ha svolto
per millenni un’importantissima funzione di tramite
e di punto di incontro tra …………………………
e ………………………….
e. L’Asia sud-occidentale riveste grandissima importanza
politica ed economica grazie alle sue immense
…………………………………………………….
3
Vero o falso?
a. La Turchia è lo stato asiatico più vicino
all’Europa.
b. Il Caucaso si estende tra il mar Caspio
e il mar Mediterraneo orientale.
c. Il mar Rosso separa la penisola Arabica
dall’Africa.
d. Un tratto dell’Asia sud-occidentale
è bagnato dall’oceano Indiano.
e. Nell’Asia sud-occidentale non vi sono
grandi fiumi a causa del clima arido.
f. L’Asia sud-occidentale non ha grandi laghi.
2
Completa le seguenti frasi.
a. I confini geografici dell’Asia sud-occidentale sono
definiti da bacini marini e da catene
…………………………: a nord il
mar …………………………, la catena
del …………………………, il mar Caspio, i monti
del Kopet Dag e l’alto corso del fiume Amu Darja;
a est l’………………………… e i monti Sulaiman;
a sud il mar ………………………… e il golfo
Persico; a ovest il mar …………………………
e il mar Rosso. A nord-ovest la penisola Anatolica
separa il mar Nero dal ………………………….
b. La ………………………… è la vasta e fertile
pianura alluvionale formata dal Tigri
e dall’………………………….
c. Data l’………………………… e la conformazione
della regione, si succedono molti tipi di clima:
………………………… sulle coste
del Mediterraneo, subtropicale umido sulle coste
del mar ………………………… e del mar Caspio,
………………………… arido nelle regioni interne
4
a.
b.
c.
d.
5
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V
F
■■
Spiega che cos’è / chi sono…
… il Kizilirmak
… i taleban
… i curdi
… la penisola del Sinai
Rispondi brevemente, osservando una carta
dell’Asia sud-occidentale.
a. Quali sono gli stati più estesi dell’area?
b. Quali sono gli stati più orientali? Quali quelli
più occidentali? Quali quelli più meridionali?
c. L’oceano Atlantico bagna l’area in esame?
d. Quale stato è più vicino, dal punto di vista
geografico, all’Italia?
6
In ogni gruppo di nomi c’è un «intruso»:
eliminalo (e spiega perché).
a. Tauro, Caucaso, Zagros, Karakoram, Hindukush
b. Arabia Saudita, Egitto, Israele, Iran, Turchia
c. Lingue cuscitiche, lingue semitiche, lingue
indoeuropee, lingue altaiche, lingue caucasiche
d. Sunniti, sciiti, drusi, copti, alawiti
e. Iran, Iraq, Israele, Libano, Emirati Arabi Uniti
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Asia
TURCHIA
La bandiera
TURCHIA
La bandiera turca mostra una mezzaluna e una stella bianche su fondo rosso e ricorda quella dell’impero ottomano.
Numerose sono le leggende per spiegare la scelta della mezzaluna e della stella (poi divenute simboli dell’islam: compaiono anche sulle bandiere di altri stati islamici); l’ipotesi più
verosimile vede in esse antichi simboli religiosi, anteriori alla
conversione alla religione musulmana. L’interpretazione popolare identifica il colore rosso con il sangue versato per la
conquista dell’Anatolia e la difesa della libertà; la mezzaluna e
la stella sono la continuità con le culture che hanno preceduto quella turca in Anatolia (la luna era il simbolo della dea greca Artemide, la stella è spesso associata alla Vergine Maria).
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Superficie (km2)
783 562
Popolazione (ab.)
72 065 000
Densità (ab./km2)
92
Popolaz. urbana (%)
67,0
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
UE
4 318 387
490 490 600
114
72,8
Repubblica
Ankara (3 203 000 abitanti)
nuova lira turca (100 kurus)
TR
Un tratto della costa turca che si affaccia
sul mar Mediterraneo, nel parco naturale di Onudeliz.
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Tu r c h i a
1 Una grande penisola montuosa
La Turchia occupa il territorio dell’Anatolia, la grande penisola che separa il
mar Nero (a nord) dal mar Mediterraneo (a sud e a ovest). Gli stretti dei Dardanelli e del Bosforo e il mar di Marmara separano l’Anatolia dall’Europa, ma
la Turchia si estende anche sulla sponda europea degli stretti nella regione
della Tracia (è la cosiddetta Turchia europea).
La Turchia confina a nord-est con Georgia e Armenia, a est – per soli 9 km
– con l’Azerbaigian (repubblica autonoma del Nahicevan) e l’Iran, a sud con
Iraq e Siria, a nord-ovest con Bulgaria e Grecia.
Il territorio è per lo più montuoso: il Ponto a nord e il Tauro a sud circondano l’altopiano anatolico, mentre la parte orientale del paese è occupata dalle propaggini meridionali del Caucaso e dall’estremità settentrionale dei monti Zagros. La cima più alta è l’Ararat, al confine con l’Armenia (5137 m).
Le aree pianeggianti sono limitate alle coste e alle vallate dei maggiori fiumi;
la pianura più vasta è la Tracia.
I fiumi sono numerosi, ma generalmente hanno corso breve e regime torrentizio; l’altopiano centrale è invece povero di acque. I fiumi principali sono il
Tigri e l’Eufrate, che nascono nell’Anatolia orientale, e il Kizilirmak, l’unico
grande fiume che attraversa la regione centrale, prima di gettarsi nel mar Nero.
Sul suolo turco vi sono due grandi laghi salati: il lago di Van, a sud-est, e il
lago Tuz, nel centro; molti sono i laghi artificiali lungo il corso dei fiumi (particolarmente importanti quelli formati dalle dighe sull’Eufrate).
Tutta la regione è fortemente sismica.
Il clima è generalmente di tipo mediterraneo sulle coste, con inverni miti e piovosi ed estati calde; la piovosità è maggiore sulle coste del mar Nero, dove è distribuita lungo tutto l’arco dell’anno. La barriera
delle montagne rende continentale arido il clima dell’altopiano centrale, che
ha così inverni molto freddi ed estati molto calde. Nelle regioni orientali gli
inverni sono molto freddi e con abbondanti precipitazioni, soprattutto nevose, mentre le estati sono calde.
Le foreste, un tempo abbondanti nelle regioni montuose, coprono ormai solo il 13% del territorio, sebbene siano in corso opere di
riforestazione.
Il clima e la natura.
Il paesaggio turco nei dintorni
di Golbasi, non lontano da Ankara.
L’Ararat è il monte sulle cui pendici,
secondo la Bibbia, si arrestò l’arca di Noè.
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Asia
La lunga storia della Turchia
penisola dell’Anatolia è
abitata da epoche molto
antiche e nel corso dei
millenni ha visto nascere e tramontare civiltà e imperi diversi: hittiti, greci,
persiani, romani e bizantini si sono
succeduti e, spesso, combattuti.
Nel IV secolo d.C. l’impero bizantino ereditò i territori orientali dell’impero romano e per oltre mille
anni gli imperatori bizantini governarono la regione.
La
L’impero ottomano. Nel 1282
inizia l’espansione degli Ottomani
(dal nome del fondatore della dinastia, Othman I) in Anatolia e nell’Europa balcanica. Nel 1453 la conquista di Costantinopoli segnerà la
fine dell’impero bizantino e la definitiva consacrazione della potenza
dell’impero ottomano.
La fase di massima espansione dei
turchi si chiuse nel 1571 con la sconfitta subita nella battaglia navale di Lepanto per opera della flotta delle potenze europee coalizzate; ma ancora,
più di un secolo dopo, gli Ottomani
arriveranno per la seconda volta ad
assediare Vienna (1683).
Nel XVIII secolo iniziò un declino che
in seguito si concretizzò nella perdita
di vaste porzioni dell’impero: Grecia,
Egitto, Serbia, Montenegro, Bosnia, Algeria, Tunisia, Cipro, Bulgaria, Romania, Macedonia, Albania, Libia divennero indipendenti o passarono sotto il
controllo di Francia, Regno Unito o Italia. Nel 1914, all’inizio della prima
guerra mondiale – in cui la Turchia
entrò al fianco della Germania e dell’impero austro-ungarico – l’impero ottomano si estendeva ancora sul Vicino Oriente e sulla penisola Arabica.
Le rovine dell’antica Smirne, ricostruita
dai romani intorno al 180 d.C. dopo
essere stata distrutta da alcuni terremoti.
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La nascita dello stato turco. Alla fine del XIX secolo, intanto, era
nato in Turchia un forte movimento nazionalista che reclamava la
modernizzazione del paese e si scagliò contro le minoranze cristiane,
soprattutto greci e armeni, fatti oggetto di un vero e proprio genocidio (1915-16).
Persi tutti i territori esterni all’Anatolia in seguito alla sconfitta nella prima guerra mondiale, nel 1922 con
un colpo di stato il generale Kemal
Ataturk depose l’ultimo sultano ottomano e nel 1923 proclamò la repubblica. Ataturk varò molte riforme
per modernizzare e rendere laica la
Turchia: abolì l’islamismo come religione di stato, proibì il velo per le
donne, adottò l’alfabeto latino (al
posto di quello arabo), promulgò
una legislazione non più fondata
sulla legge coranica.
La scelta «occidentale». Dopo la
seconda guerra mondiale la Turchia si
volse al mondo occidentale, entrando a far parte della NATO (1952); all’interno i militari continuarono a esercitare un forte controllo sulla vita politica e si verificarono ripetuti colpi di
stato. Dagli anni Ottanta la politica na-
Il «padre della Turchia», Kemal Ataturk.
zionalista dei governi turchi si scontrò
con le aspirazioni all’autonomia della
minoranza curda nell’est del paese,
che chiedeva il riconoscimento della
propria cultura e che da allora diede
vita a un’intensa guerriglia.
La scelta «occidentale» ha portato la
Turchia a stringere forti legami economici con l’Unione Europea; nel
2005 sono stati avviati i negoziati
per l’ingresso del paese nella UE,
che però procedono a rilento per
l’opposizione di alcuni paesi europei e le difficoltà della Turchia di
adattarsi ad alcuni requisiti, soprattutto in materia di diritti umani e di
legislazione.
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Tu r c h i a
2 Lo stato e la popolazione
Nel corso della storia, molti popoli diversi si sono stabiliti sul territorio dell’odierna Turchia. Fino agli inizi del XX secolo, accanto all’etnia turca vi erano importanti comunità di armeni, greci, ebrei, georgiani, arabi, curdi; ma il
nazionalismo turco portò all’espulsione violenta di greci e armeni e alla «turchizzazione» delle altre etnie.
Oggi la maggiore etnia non turca è quella dei curdi (secondo le diverse stime, rappresentano dal 7 al 20% del totale della popolazione), concentrati nella parte orientale del paese e nelle grandi città. La quasi totalità dei turchi è di
fede islamica.
La bassa età media della popolazione (28 anni), unita alla situazione economica, ha alimentato nei
decenni passati una forte emigrazione, soprattutto verso l’Europa e,
in particolare, la Germania.
Una notevole parte del territorio
turco è inospitale e la popolazione è
distribuita molto irregolarmente; le
densità più alte si registrano nella
Turchia europea (371 ab./km2) e
lungo le coste del mar Egeo e del
Mediterraneo.
Ankara, la romana Ancyra, venne scelta nel 1923 come
capitale della neonata repubblica di Turchia per la sua posizione al centro del
paese; è l’unica grande città dell’interno. Accanto alle attività amministrative,
l’industria e l’agricoltura rappresentano le principali fonti di ricchezza.
Istanbul è la principale città del paese e la più conosciuta nel mondo. È anche
l’unica città che si estende su due continenti e che è stata la capitale di tre differenti
imperi (romano, bizantino e ottomano). Al centro di una fertile regione agricola,
votata al commercio grazie alla posizione dominante sul Bosforo, centro culturale di primo piano dal Medioevo, l’antica Bisanzio (poi Costantinopoli) è oggi
anche il principale centro industriale della nazione, oltre che frequentatissima
meta turistica.
Sulle coste del mar Egeo si affaccia Smirne (Izmir in turco), importante porto
e centro industriale, oltre che rilevante centro turistico.
Le maggiori città.
Lingua
turco
Religione
musulmani (99,8%)
Numero di figli per donna
2,2
Popolazione < 15 anni
26,6%
Popolazione > 60 anni
9,4%
Speranza di vita
M 69, F 74
ISU
0,757 (92° posto nel mondo)
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
Istanbul
Ankara
Smirne
Bursa
Adana
ABITANTI (AREA
METROPOLITANA)
8 832 000
4 611 000
2 250 000
1 184 000
1 133 000
Il ponte sullo stretto del Bosforo
a Istanbul.
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L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
5062 $ (UE a 25: 26 927 $)
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Asia
3 L’economia
L’economia turca, dopo una forte crisi alla fine del XX secolo, in parte conseguenza dei danni provocati dal terremoto che nel 1999 colpì il nord-ovest
dell’Anatolia – la regione più industrializzata –, ha conosciuto negli ultimi anni una forte crescita. Tuttavia essa presenta grandi problemi strutturali e soprattutto forti squilibri: le regioni occidentali beneficiano dei vantaggi della
crescita, ma quelle centrali e orientali sono ancora legate a un’economia tradizionale basata sull’agricoltura e sull’allevamento.
Un nuovo slancio per l’ammodernamento dell’economia potrebbe venire
dai progressi dei negoziati per l’ingresso nell’Unione Europea.
Il settore primario. Il settore primario impiega quasi un terzo della forza
lavoro turca. L’agricoltura è piuttosto arretrata, soprattutto nelle produzioni
per il consumo interno, mentre è più moderna per le colture industriali. La
Turchia è una grande produttrice di frumento, orzo, cotone, patate, barbabietole da zucchero, semi per la produzione di oli vegetali.
Veduta aerea di campi
coltivati nella regione di Ankara.
La fase di asciugatura
della lana tinta in una fabbrica
della Cappadocia.
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Tu r c h i a
Lungo le coste mediterranee è molto sviluppata la coltivazione di viti, olivi, ortaggi, agrumi e frutta in genere (notevole importanza commerciale hanno nocciole, uva sultanina e fichi secchi); sulle coste del mar Nero si coltivano pregiate varietà di tabacco; importante è anche la produzione di tè. Sull’altopiano
anatolico è molto diffuso il papavero da oppio, la cui coltivazione (illegale) è
controllata da organizzazioni criminali.
L’allevamento rappresenta una grande ricchezza, soprattutto per le regioni
centrali e orientali, dov’è maggiormente diffuso: le capre e i conigli d’Angora
producono lane pregiatissime (rispettivamente mohair e angora); molto diffuso è anche l’allevamento di bovini e volatili da cortile.
La Turchia è ricca di importanti risorse minerarie:
carbone, argento, ferro, bauxite, sale, zolfo, rame, oro, metalli rari. Le riserve di
petrolio sono scarse ma cospicue entrate derivano dai diritti di passaggio degli
oleodotti che trasportano sulle coste del Mediterraneo il petrolio estratto in
Azerbaigian.
L’industria, in buona parte controllata dallo stato, è in espansione, soprattutto grazie agli investimenti e agli aiuti stranieri. Siderurgia e metallurgia, meccanica (soprattutto il settore automobilistico), elettromeccanica, tessile (lavorazione del cotone, della lana e della seta), telefonia, agroalimentare sono i
comparti più produttivi. L’approvvigionamento energetico è garantito dalle
importazioni di petrolio, dal carbone e dal notevole potenziale idroelettrico,
ancora solo parzialmente sfruttato.
ENERGIA ELETTRICA
prodotta
importata
esportata
140 581
1158
588
GWh
GWh
GWh
Il settore secondario.
SOCIETÀ
medici
laureati
computer
TURCHIA
UE
1,2
4,2
45
3,2
7,3
318
dati sulla base di 1000 abitanti
La rete stradale e ferroviaria è piuttosto sviluppata, ma solo nelle regioni occidentali raggiunge un buon livello di efficienza e rappresenta un valido supporto per lo sviluppo economico.
Il turismo è una grande risorsa per il paese, ricco di splendide località balneari, città d’arte, siti archeologici e bellezze naturali: i circa 20 milioni di visitatori all’anno fanno della Turchia uno dei paesi più visitati al mondo.
Molto importanti per l’economia turca sono poi le rimesse degli emigranti.
Il settore terziario.
Il turismo è uno dei settori
trainanti dell’economia turca; nella
fotografia, una spiaggia affollata
nei pressi di Marmaris (Turchia
sud-occidentale).
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Asia
Leggiamo insieme
In Turchia
la terra insegna
ue terremoti l’hanno messa in ginocchio e
adesso aspetta i turisti! Düzce è una città
della Turchia settentrionale nella regione occidentale del mar Nero. Nel 1999 due sismi distrussero o lesionarono irreparabilmente tre abitazioni su
cinque, 980 persone morirono. […]. La gente perse
il lavoro, le proprietà; il tessuto sociale si è sfaldato e
molti dei 150 000 abitanti della regione sono emigrati. Aiuti sono arrivati da tutto il mondo e in particolare un progetto (MERP) ha messo insieme la
competenza di alcuni soggetti europei per un piano
di «riabilitazione» dell’economia che punta all’agricoltura biologica su 73 ettari di terreno, alla crescita
del volontariato e all’impianto di un centro per tali
attività e alla promozione di attività ispirate al turismo responsabile. […].
A Düzce si arriva in automobile da Istanbul con l’autostrada che porta ad Ankara: ci si lascia alle spalle la
caotica e bellissima Istanbul e si penetra nella zona
degli altipiani del mar Nero ricchi di corsi d’acqua e
di foreste. […]. Aggirandosi per la città, i segni del
terremoto sono stati cancellati: alcune case della città
vecchia sono state ricostruite ma molti degli abitanti
si sono trasferiti nella città nuova nata a est dell’altopiano e comunque sempre a rischio in questa zona
ad altissima attività sismica.
Un gruppo di circa 200 persone vive ancora però nella baraccopoli costruita dopo il terremoto: sono soprattutto famiglie con anziani e donne sole con figli;
molte sono state abbandonate dai mariti benché sposate secondo il rito musulmano, che tuttavia non è ri-
D
Tutto il territorio turco è fortemente sismico;
nella fotografia, i resti di un sito archeologico danneggiati
dal terremoto.
Le terribili conseguenze del terremoto a Düzce nel 1999.
conosciuto legalmente dal codice civile turco. «Le nostre donne sono circa 40, siamo ripartiti dalle loro
storie e da quello che sapevano fare» spiega Selma
Demirelli, sorridente responsabile di Foundation for
the support of women’s work, ente che ha gestito un
asilo, che ha fornito formazione e adesso gestisce un
laboratorio di candele, di cucito e un catering realizzato grazie a due cucine industriali fornite dalla Croce
Rossa e dalla cooperazione italiana alla baraccopoli.
«Ho sempre fatto il pane come mi ha insegnato mia
madre e lo preparo tutti i giorni da una vita» spiega
Nasan, la più anziana tra le cuoche. «Ci siamo organizzate e distribuiamo i pasti negli uffici, non sapevo
che si chiamasse catering». La mensa gestita dalle
donne di Selma è prelibata, con piatti della cucina
abkaza, laz e circassa, radici di gusti che rivelano una
convivenza tra minoranze etniche pacifica da millenni in questa zona.
[…]
Attorno a Düzce i boschi di pioppo, nocciolo, faggi,
querce, abeti, pini producono frutti e legname che
si ritrovano ancora negli usi della gente comune.
Squisita è la marmellata con frutti di bosco usata per
la colazione della mattina; per raccoglierne un chilo
ci vuole il lavoro di due donne per un giorno intero e
da un chilo si ricavano circa 10 vasetti di confettura.
Alle donne rimane l’equivalente di 10 dollari.
[Tratto da U. Di Maria, in «Territori», n. 119, novembre 2004]
Chiave di lettura
1. Scrivi sul tuo quaderno le parole di cui non conosci
il significato e spiegale con l’aiuto di un dizionario.
2. Spiega brevemente che cos’è un terremoto
(o sisma).
3. Evidenzia le frasi dell’articolo che ti sembrano
spiegare più chiaramente la situazione di Düzce
qual era subito dopo i terremoti del 1999
e qual è oggi.
244
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Israele
ISRAELE
L’altopiano roccioso di Masada, la località
della Giudea che domina la riva occidentale
del mar Morto.
Una veduta della valle del fiume Giordano.
Superficie (km2)
Popolazione (ab.)
Densità (ab./km2)
Popolazione urbana (%)
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
20 700
6 870 000
332
91,7
Repubblica
Gerusalemme (706 000 abitanti)
sciclo (sheqel,100 agorot)
IL
1 Tra mare e deserto
Il territorio di Israele è una lunga e stretta fascia di terreni bagnati a ovest dal
mar Mediterraneo; a sud lo stato si affaccia per un brevissimo tratto sul golfo di
Aqaba. Verso nord confina con il Libano e la Siria, a est con la Giordania e a
sud con l’Egitto.
Una bassa serie di rilievi separa la stretta pianura costiera lungo le coste del
Mediterraneo dalla valle del fiume Giordano, che nasce nel nord del paese e
scorre in una profonda depressione in cui si trovano il lago di Tiberiade (–209 m
sotto il livello del mare) e il mar Morto (–395 m: la massima depressione del
mondo sulla terraferma). A sud del mar Morto si estende il deserto del Negev.
Il clima è mediterraneo sulle coste, più arido nell’interno e propriamente
desertico nel Negev. L’aridità del clima e la forte presenza dell’uomo confinano le foreste in poco più del 6% del territorio, oltre un quinto del quale è
però protetto in parchi e riserve naturali.
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Regioni e stati del mondo
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Asia
2 Lo stato e le città principali
Lingua
ebraico
Religione
ebrei (76,2%),
musulmani (16,1%)
Numero di figli per donna
2,9
Popolazione < 15 anni
28,3%
Popolazione > 60 anni
12,9%
Speranza di vita
M 78, F 82
ISU
0,927 (23° posto nel mondo)
Dopo il Bahrein, Israele è lo stato dell’Asia sud-occidentale con la più alta
densità di popolazione; solo l’area del Negev è scarsamente popolata.
Tre quarti della popolazione è costituita da ebrei. Nonostante l’Israele moderno corrisponda in gran parte all’antica patria del popolo ebraico, la maggioranza degli ebrei israeliani vi giunse a partire dalla fine del XIX secolo e,
soprattutto, dopo la fine della seconda guerra mondiale. La restante parte
della popolazione è costituita quasi interamente da arabi.
Accanto all’ebraismo sono professati anche l’islamismo e il cristianesimo.
La percentuale di popolazione urbana è molto alta; due terzi degli abitanti
vivono nelle tre maggiori aree metropolitane del paese.
Le maggiori città. La capitale di Israele è Gerusalemme, che però non è riconosciuta come tale dalle Nazioni Unite e da molti stati, in quanto la risoluzione dell’ONU che sanciva la nascita dello stato di Israele prevedeva anche uno
status internazionale per la città. Abitata da oltre cinquemila anni, la città vecchia si erge su una collina cinta dalle possenti mura del XVI secolo e racchiude al suo interno i luoghi sacri per le tre religioni ebraica, cristiana e islamica.
Tel Aviv, capitale di Israele fino alla conquista di Gerusalemme, è la più
importante città del paese. Di aspetto moderno (fu fondata alla fine del XIX
La lunga storia di Israele
stato di Israele nacque
ufficialmente il 14 maggio 1948, quando terminò il mandato britannico sulla Palestina: fu il coronamento del sogno
dei sionisti, che dalla fine del XIX secolo si battevano per il ritorno degli
ebrei in Israele e la creazione di uno
stato indipendente.
Gli ebrei erano stati costretti ad abbandonare (diàspora) la Palestina in seguito a due violente rivolte antiromane
(70 e 132-135 d.C.) e si erano dispersi tra tutte le città dell’impero. Dopo la
conquista da parte degli arabi (638),
gran parte della popolazione si convertì
all’Islam e in Palestina sopravvissero
poche migliaia di famiglie ebree.
Lo
Il ritorno degli ebrei in Palestina.
Con la diffusione delle idee sioniste,
molti ebrei emigrarono in Palestina,
allora parte dell’impero ottomano,
dove spesso diedero vita a comunità
agricole (i kibbutz; vedi la scheda a
246
p. 249), introducendo nuovi metodi
di coltivazione e recuperando terreni
abbandonati.
Alla fine della prima guerra mondiale
la Palestina venne posta sotto il mandato britannico, nonostante nel 1917 il
ministro degli Esteri britannico Balfour
si fosse dichiarato favorevole alla creazione di una patria ebraica in Palestina.
Ma l’immigrazione ebraica non si
fermò; anzi, aumentò a causa del
I funerali di un cittadino palestinese
morto in seguito agli scontri tra forze
di occupazione israeliane in Cisgiordania
e palestinesi nel 1976.
diffondersi delle persecuzioni antisemite in Germania e nell’Europa orientale. Il continuo afflusso di persone
non era però ben visto né dagli inglesi,
che imposero delle restrizioni, né dalle
comunità arabe, che insorsero reclamando la fine dell’immigrazione.
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Israele
secolo), è un vivacissimo centro culturale e tecnologico e
si è ormai saldata all’antico porto di Giaffa, formando la
più vasta area metropolitana israeliana.
Alle pendici del monte Carmelo si estende Haifa, la seconda città del paese, importante centro industriale.
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
Tel Aviv-Giaffa
Haifa
Gerusalemme
ABITANTI (AREA
METROPOLITANA)
Il panorama di Tel Aviv, la
città più popolosa di Israele.
2 987 000
988 000
832 000
Una veduta della parte più antica di Gerusalemme.
Dopo la seconda guerra mondiale il
problema si ripropose con maggiore drammaticità: migliaia di sopravvissuti ai campi di concentramento
chiedevano di poter recarsi in Palestina, ma arabi e inglesi continuavano a essere fortemente contrari.
La nascita dello stato di Israele.
Nel 1947 le Nazioni Unite stabilirono la fine del mandato britannico
sulla Palestina e la divisione del territorio in due stati, uno a maggioranza ebraica e uno a maggioranza
palestinese. Il 14 maggio 1948 le
autorità ebraiche proclamarono la
nascita dello stato di Israele. I leader arabi rifiutarono la spartizione e
attaccarono il neonato stato.
Le guerre arabo-israeliane. Gli
israeliani, tuttavia, ebbero la meglio
sia in questa sia nelle guerre che seguirono (guerra dei Sei giorni,
1967; guerra del Kippur, 1973), arrivando a conquistare non solo Gerusalemme e il territorio destinato allo stato palestinese, ma anche tutta
la penisola del Sinai e altri territori
appartenenti a Siria e Giordania. Nel
frattempo, tra i palestinesi che avevano abbandonato le loro terre erano nati movimenti (riuniti nell’Organizzazione per la Liberazione della
Palestina, OLP) che rivendicavano
anche con metodi terroristici la creazione di uno stato palestinese indipendente.
dei coloni ebrei dalla striscia di Gaza
(agosto 2005) è servito a migliorare
i rapporti tra le due comunità, tanto
che il governo israeliano ha avviato
la costruzione di un muro per separare fisicamente il territorio dello stato ebraico dai territori palestinesi.
Una pace sempre più lontana.
Nel 1993 il primo ministro israeliano Yztak Rabin e il leader palestinese Yasser Arafat firmarono a Washington uno storico accordo che
prevedeva l’autonomia della striscia
di Gaza (lungo la costa del Mediterraneo) e della Cisgiordania in vista
di una futura indipendenza. Ma l’assassinio di Rabin per mano di un
estremista ebreo (1995) e l’incapacità dell’Autorità palestinese di far
cessare gli attentati suicidi da parte
delle fazioni estremistiche palestinesi contro gli israeliani hanno impedito la piena realizzazione degli accordi e nemmeno il ritiro dei militari e
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Regioni e stati del mondo
L’economia in cifre
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Asia
3 L’economia
L’economia israeliana è la più evoluta dell’Asia sud-occidentale; la presenza di
tecnici altamente qualificati tra gli immigrati che hanno dato origine allo stato
ebraico ha infatti contribuito a indirizzarla fin dalle origini verso modelli di
produttività ed efficienza paragonabili a quelli degli stati più sviluppati. L’economia risente pesantemente delle ingenti spese militari, ma Israele è oggi,
dopo il Giappone, il paese asiatico con il più elevato tenore di vita, come testimonia anche la posizione nella classifica in base allo sviluppo umano.
PIL PRO CAPITE
18 266 $
Il lavoro all’interno di una fabbrica
per la produzione di cosmetici.
La coltivazione e la raccolta
delle arance nei dintorni di Haifa.
ENERGIA ELETTRICA
prodotta
importata
esportata
47 041
0
1470
GWh
GWh
GWh
L’agricoltura è praticata con sistemi avanzatissimi ed è
molto produttiva. I prodotti più importanti sono gli agrumi e in generale la
frutta (il clima caldo permette la coltivazione di piante tropicali, quali avocado,
ananas, mango, di cui Israele è un forte esportatore), gli ortaggi e le olive. La
produzione destinata al consumo interno è sufficiente a soddisfare la domanda. Anche l’allevamento bovino è praticato con criteri moderni; scarsa importanza ha invece la pesca.
Il settore primario.
Il settore secondario. Israele è poverissima di risorse minerarie e dipende
dalle importazioni per la produzione di energia. Anche per questo motivo
l’industria, per lo più concentrata tra Tel Aviv e Haifa, è orientata soprattutto
verso il settore manifatturiero, in particolare quello ad alta tecnologia (aeronautica, robotica, informatica, ottica, elettronica), strettamente legato alla produzione di armi e di sistemi per la difesa.
Importanti settori tradizionali sono la metallurgia, la chimica, l’agroalimentare e la lavorazione dei diamanti (la principale voce delle esportazioni).
SOCIETÀ
ISRAELE
medici
laureati
computer
4
10,5
243
dati sulla base di 1000 abitanti
248
Il settore terziario. Strettamente legato alla produzione industriale è il settore della ricerca tecnologica e della formazione (Israele vanta un’alta percentuale di laureati). Anche il turismo, soprattutto quello religioso, è molto sviluppato, sebbene risenta pesantemente della difficile situazione politica.
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I kibbutz
el 2009 Degania, il primo kibbutz, festeggerà i cento anni dalla sua fondazione. Ma
che cos’è un kibbutz?
Nella lingua ebraica la parola kibbutz (il plurale è kibbutzim) significa «gruppo», «riunione». Rappresenta
un sistema sociale ed economico del tutto originale,
basato sull’uguaglianza, sul principio di condivisione
della proprietà e della cooperazione di produzione, di
consumo e di formazione; inoltre si fonda sulla partecipazione volontaria dei suoi componenti. Un kibbutz è un’azienda agricola, artigianale e industriale organizzata in modo tale che le capacità di tutti i suoi
membri vengano messe a disposizione della comunità per sostenere in ogni momento della vita le persone che ne fanno parte. Fondamentale nel sistema
dei kibbutz è l’assoluta uguaglianza di tutti i membri: i vari compiti vengono sorteggiati e periodicamente si ha una rotazione negli incarichi; non vi sono
lavoratori stipendiati, non si usa denaro nei rapporti
interni al kibbutz e tutti rinunciano alla proprietà individuale poiché ogni membro deve dare secondo le
sue capacità e ricevere secondo le sue necessità.
I primi kibbutz vennero fondati nel primo decennio
del XX secolo e al primo venne appunto dato il nome Degania (degan in ebraico significa «chicco»).
Fondatori furono giovani ebrei, provenienti principal-
N
Alcuni coloni ebrei provenienti dalla Boemia lavorano la
terra in un kibbutz da loro fondato negli anni Cinquanta.
mente dall’Europa Orientale, che si proponevano di
creare un nuovo modo di vivere. Nonostante le grandi difficoltà, rappresentate in parte dalla penuria di
acqua, dal terreno poco fertile e dalla scarsità dei
fondi monetari, riuscirono a prosperare a svilupparsi.
Nel corso degli anni, i coltivatori dei kibbutz hanno ridato vita a una terra che sembrava sterile, con campi coltivati, frutteti, allevamenti con il cui rendimento
poterono creare una vera e propria economia. Con il
passare del tempo oltre a queste attività sono nate e
si sono sviluppate fabbriche e industrie e anche il
turismo ha avuto un suo sviluppo: molti kibbutz gestiscono pensioni, hotel o sistemazioni rurali, insieme
a tutti i servizi e strutture correlati come le attività
sportive, i centri di divertimento e tour guidati.
Il kibbutz è stato uno degli elementi fondamentali nello sviluppo di Israele; nel corso dei decenni la maggior
parte di essi ha attraversato lunghi periodi di mutamenti e anche di crisi, sia economiche, sia ideologiche: dagli anni Settanta in poi la maggioranza dei giovani nati nei kibbutz ha scelto di non rimanerci, ma di
inserirsi nella società israeliana «normale». Dagli anni
Novanta, però, molti di coloro che erano rimasti nei
kibbutz hanno scelto di rimanervi cercando di cambiare dall’interno il sistema, per adattarlo gradatamente alle norme della società esterna. Nei primi anni del XXI secolo vi sono ancora 240 kibbutz, nei quali vivono e lavorano decine di migliaia di persone.
Un passo in avanti
Israele
Miniverifica
1.
2.
3.
4.
Spiega in non più di 40 parole che cos’è un kibbutz.
Quando sorse questa forma di organizzazione?
Quali rapporti regolano la vita nei kibbutz?
In quali settori economici sono più attivi i kibbutz?
249
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Regioni e stati del mondo
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Asia
Esercizi
1
Turchia, Israele
Evidenzia con colori differenti Turchia e Israele
e scrivi i nomi dei mari che bagnano i due stati.
e. Il fiume ………………………… nasce nel nord
di Israele e scorre in una profonda depressione
in cui si trovano il lago di …………………………
e il mar …………………………. A sud di esso
si estende il deserto del ………………………….
f. Lo stato di Israele nacque ufficialmente il 14 maggio
…………………………, quando terminò il mandato
britannico sulla ………………………….
4
2
Completa la seguente tabella.
a nord confina con…
a est confina con…
a sud confina con…
a ovest confina con…
3
TURCHIA
ISRAELE
…………
…………
…………
…………
…………
…………
…………
…………
Completa le seguenti frasi.
a. La Turchia occupa il territorio
dell’…………………………, la grande penisola
che separa il mar Nero (a …………………………)
dal mar ………………………… (a sud e a ovest).
b. Il territorio turco è per lo più montuoso:
il ………………………… a nord e il
………………………… a sud circondano l’altopiano
anatolico, mentre la parte orientale del paese
è occupata dalle propaggini meridionali
del ………………………… e dall’estremità
settentrionale dei monti Zagros. La cima più alta
è l’…………………………, al confine con l’Armenia.
c. I principali fiumi turchi sono il ………………………
e l’…………………………, che nascono
nell’Anatolia orientale.
d. Il territorio di Israele è una lunga e stretta fascia
di terreni bagnati a ovest dal mar
…………………………; a sud lo stato si affaccia
per un brevissimo tratto sul golfo
di ………………………….
250
Vero o falso?
a. La Turchia è prevalentemente pianeggiante
o debolmente ondulata.
b. La Turchia confina anche con Bulgaria
e Grecia.
c. I fiumi turchi sono numerosi ma per lo
più brevi.
d. La Turchia fa parte dell’Unione Europea
dal 2007.
e. Istanbul è la più importante città turca.
f. Buona parte del territorio di Israele
è interessato da un clima arido.
g. Secondo la decisione dell’ONU, nel 1947
l’intera Palestina avrebbe dovuto essere
occupata dal popolo ebraico.
h. La totalità della popolazione di Israele
è costituita da ebrei.
i. La capitale di Israele è Tel Aviv.
5
a.
b.
c.
d.
e.
f.
6
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
Spiega che cos’è...
… il Kurdistan
… una depressione (in senso geografico)
… il Bosforo
… Smirne
… la diaspora degli ebrei
… un kibbutz
Perché...
a. … Ankara venne scelta come capitale turca, sebbene
non sia la città principale dello stato?
b. … Gerusalemme non è riconosciuta dall’ONU
e da molti stati come capitale di Israele?
c. … l’economia turca presenta ancora forti squilibri
territoriali?
d. … moltissimi ebrei si trasferirono in Israele alla fine
della seconda guerra mondiale?
e. … l’economia di Israele risente pesantemente
di ingenti spese militari?
7
Rispondi brevemente.
a. Qual è la posizione geografica della Turchia
nell’ambito del continente asiatico? Qual è invece
la posizione geografica di Israele?
b. La popolazione della Turchia è etnicamente
omogenea? Quali sono le principali etnie che vivono
sul territorio turco?
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Pagina 251
c.
Quali sono i principali prodotti del settore primario
in Turchia?
d. La Turchia dispone di risorse minerarie? Se sì, quali?
e. Quali sono i principali prodotti del settore primario
in Israele?
f. Quali sono le caratteristiche del settore secondario
israeliano?
g. In Turchia e in Israele il turismo è sviluppato? Se sì,
con quali caratteristiche?
8
Elenca le tre caratteristiche che ti paiono
più importanti relativamente all’economia
della Turchia.
a. …………………………………………………………
…………………………………………………………
b. …………………………………………………………
…………………………………………………………
c. …………………………………………………………
…………………………………………………………
9
Elenca le tre caratteristiche che ti paiono
più importanti relativamente all’economia
di Israele.
a. …………………………………………………………
…………………………………………………………
b. …………………………………………………………
…………………………………………………………
c. …………………………………………………………
…………………………………………………………
10
Osserva la fotografia, che mostra una folla
di turisti in visita alle rovine di Efeso, e rispondi
alle domande.
a. Dove si trova Efeso?
b. A quale epoca e a quale civiltà risalgono gli edifici
che si vedono in fotografia?
c. Quali grandi popoli e civiltà dell’antichità abitarono
il territorio dell’attuale Turchia?
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Regioni e stati del mondo
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Asia
L’Asia centrale
Un bosco alle pendici della catena montuosa degli Altaj.
1 Il cuore dell’Asia
Il deserto del Karakum,
in Turkmenistan.
252
L’Asia centrale occupa il «cuore» del continente asiatico. Non esiste una definizione univoca di che cosa si intenda per «Asia centrale»; due sono le definizione più usate, una di tipo geografico, l’altra di tipo politico:
dal punto di vista geografico è la vasta zona compresa tra il mar Caspio e il
deserto del Gobi in senso ovest-est e tra il limite della taiga e l’Himalaya in
senso nord-sud; questo vastissimo territorio comprende le repubbliche ex
sovietiche di Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Turkmenistan e Tagikistan, la Siberia meridionale, la Mongolia, la Cina occidentale (compreso il
Tibet), l’India nord-occidentale, l’Afghanistan e il Pakistan settentrionali;
in senso politico – ed è la definizione che adotteremo noi – si comprende
nell’Asia centrale il territorio delle cinque repubbliche ex sovietiche.
Si tratta comunque di un’area molto
vasta, delimitata a sud e a est da alte
catene montuose (Kopet Dag, Hindukush, Pamir, Tian Shan e Altaj) e
aperta verso nord. Il resto del territorio è pianeggiante o leggermente ondulato e ospita vaste distese erbose
estese dai confini della Cina fino all’Europa orientale e due ampi deserti
sabbiosi: il Karakum (tra Turkmenistan e Uzbekistan) e il Kyzylkum (tra
Uzbekistan e Kazakistan).
Pochi fiumi attraversano la regione.
I principali sono l’Amudarja e il
Syrdarja, che sfociano nel lago d’Aral,
l’Hari Rud/Tedzen e il Murghab, che
si perdono nelle sabbie del Karakum,
formando le oasi di Tedzen e Merv.
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L’ A s i a c e n t r a l e
Nell’Asia centrale si trovano anche due vasti bacini lacustri, il lago d’Aral (vedi la scheda a p. 255) e il lago Balqash (o Balkash).
Il clima è di tipo continentale arido, con una forte escursione termica stagionale: dove non predomina il deserto è diffusa una vegetazione steppica;
rare foreste di conifere crescono nelle aree montuose.
2 Un’area multietnica
La regione dell’Asia centrale nel passato era spesso chiamata Turkstan, in quanto terra di origine delle popolazioni di origine turca. Ancor oggi gran parte delle genti di Kazakistan, Kirghizistan, Turkmenistan e Uzbekistan è di stirpe turca,
mentre i tagiki, che abitano non solo nel Tagikistan, ma anche nell’Uzbekistan
sud-orientale e nel Turkmenistan orientale (e sono una delle minoranze più numerose in Afghanistan), sono di stirpe iranica e parlano una variante del farsi, la
lingua ufficiale dell’Iran. Un’altra minoranza numericamente consistente, soprattutto in Kazakistan, è quella russa, retaggio dell’epoca sovietica.
La maggior parte della popolazione è di fede musulmana sunnita, ma sono
ancora numerosi gli atei e i cristiani ortodossi.
Gran parte del territorio è di natura desertica e la popolazione si concentra soprattutto nelle aree montuose, lungo le valli fluviali e nelle oasi; la densità di popolazione è bassa (da 6 ab./km2 in Kazakistan a 59 ab./km2 in Uzbekistan), così
come la percentuale di popolazione urbana, che non va oltre il 56% del Kazakistan, anche perché parte della popolazione continua a praticare il nomadismo.
L’agricoltura coinvolge una fetta consistente della popolazione, anche se i
terreni coltivabili sono limitati; è praticata lungo il corso dei fiumi e nelle oasi e le produzioni più abbondanti sono cotone, frumento e frutta (soprattutto
meloni e cocomeri); l’allevamento è abbastanza sviluppato (in particolare ovini, caprini e cammelli).
Il sottosuolo è ricco di risorse minerarie: petrolio, gas naturale, carbone, ferro,
oro, rame, piombo, argento, zinco, bauxite, stagno. L’industria è limitata ai settori agroalimentare, metallurgico e meccanico (produzione di macchine agricole).
La raccolta del cotone in
una piantagione dell’Uzbekistan.
Bambine tagike studiano il Corano.
253
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Regioni e stati del mondo
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Asia
3 Il «Grande gioco»
La Via della Seta in una carta
geografica del XIII secolo.
254
L’Asia centrale ha svolto un ruolo fondamentale nella storia non solo dell’Asia
ma anche dell’Europa. Fin dall’antichità le sue steppe sono state popolate da
agguerriti popoli nomadi che a più riprese si sono espansi a est verso la Cina,
a sud verso l’India e l’Iran e a ovest verso l’Europa. Dall’Asia centrale sono
venuti sciti, sarmati, unni, avari, turchi e mongoli, per citare solo le popolazioni che hanno lasciato un più marcato segno nella storia.
Inoltre, attraverso l’Asia centrale passava la Via della seta, il percorso lungo
il quale, per secoli, la seta cinese raggiunse i porti del Mediterraneo. Nelle città
sorte nelle oasi lungo la via si incontravano mercanti di tutte le razze e fedeli
di tutte le religioni: buddhismo, cristianesimo, ebraismo, manicheismo e, poi,
l’islam hanno lasciato tracce importanti nella storia di questa regione.
A partire dal XIX secolo l’Asia centrale assunse una grande importanza
strategica a causa dell’espansione della Russia e della conquista inglese
dell’India: i russi cercavano di raggiungere il Medio Oriente e la regione
indiana per disturbare il commercio inglese e gli inglesi tentarono in tutti i
modi di conquistare l’Afghanistan per contenere questa espansione; il complesso di mosse militari, economiche, diplomatiche e spionistiche messe in
atto dai due contendenti venne definito dagli inglesi il «Grande gioco».
Una nuova fase del «Grande gioco» si è aperta con la caduta dell’Unione
Sovietica e l’indipendenza delle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale.
Ma in questa nuova partita i contendenti sono quattro: Stati Uniti, Russia,
Turchia e Iran, ai quali si è poi aggiunta la Cina. Dal punto di vista strategico la regione è fondamentale per controllare Russia, Cina e Medio Oriente,
mentre dal punto di vista economico fanno gola le risorse energetiche di cui
è ricco il sottosuolo.
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L’ A s i a c e n t r a l e
egli ultimi decenni il lago d’Aral è diventato
uno dei simboli dei danni ambientali che
l’uomo è capace di causare con i suoi interventi dissennati.
Posto tra Kazakistan e Uzbekistan, fino all’inizio degli
anni Sessanta del XX secolo il lago aveva un’estensione di circa 68 000 km2 (era il quarto del mondo
per superficie). Nel 2004 la sua superficie si era ridotta a un quarto (17 160 km2) e dal 1987 appare
diviso in due bacini a causa dell’emergere di una lingua sabbiosa. Nonostante le sue acque abbiano un
elevato tasso di salinità, il lago d’Aral costituiva un’importantissima riserva idrica in un ambiente prevalentemente arido; ospitava inoltre abbondante pesce e
mitigava il clima continentale e arido della regione.
N
po costituiva il fondo del lago è oggi coperto da un
crosta di finissima polvere di sali e di inquinanti che
il vento disperde, causando gravi problemi di salute
alla popolazione.
Ma il canale del Karakum ha fallito il suo obiettivo: se
infatti ha permesso di destinare all’agricoltura (soprattutto cotone) nuovi territori un tempo incolti per
mancanza di acqua e di rifornire di acqua dolce
Asgabat – la capitale del Turkmenistan –, l’incredibile
dispersione causata dalle obsolete tecniche costruttive (si stima che metà dell’acqua trasportata dal canale vada perduta) ha determinato l’innalzamento
delle falde acquifere e la salificazione dei terreni, che
sono diventati così nuovamente improduttivi.
Porre rimedio all’immane disastro non sarà facile: alcuni provvedimenti, quali il miglioramento dei canali di irrigazione, l’adozione di varietà di cotone che richiedano meno acqua o la limitazione nell’uso dei
pesticidi e dei fertilizzanti chimici, potranno evitare
la morte definitiva di ciò che
resta del lago; per poter farlo
tornare alle condizioni originarie, tuttavia, saranno necessari
progetti faraonici, quali la deviazione di parte delle acque
di Volga, Ob e Irtys, che nell’arco di decenni potrebbero
nuovamente colmare il bacino
lacustre.
Un passo in avanti
L’agonia
del lago d’Aral
Alcuni pescherecci nel lago d’Aral nel 1960.
Le cause del disastro
All’origine del disastro ecologico vi è la costruzione –
iniziata nel 1954 – del canale del Karakum, che preleva le acque dell’Amudarja (il principale immissario
del lago insieme al Syrdarja) e le conduce attraverso
il deserto del Karakum fino al mar Caspio. L’opera
venne terminata nel 1988 e in questi decenni il prelievo d’acqua è stato talmente intenso da determinare il progressivo prosciugamento dell’Aral, le cui
acque, a causa della forte evaporazione e del mancato ricambio, sono diventate ancora più salate e risultano gravemente inquinate. Il suolo che un tem-
Un’immagine attuale del lago d’Aral: dove un tempo vi
erano i porti ora si incontrano carcasse di navi, testimoni
eloquenti dello scempio compiuto.
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Asia
La regione indiana
1 La regione
dei monsoni
Il massiccio Kanchenjunga (8586 m)
nell’Himalaya indiano al confine con il Nepal.
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L’atollo di Villivaru, una
piccola isola delle Maldive.
La regione indiana (o «subcontinente indiano»)
comprende il territorio a sud delle grandi catene montuose dell’Himalaya e dell’Hindukush,
delimitato a ovest dalla valle dell’Indo e dai
monti Sulaiman e a est dalla valle del Brahmaputra e dal versante occidentale dei monti
Letha.
Al suo interno possiamo distinguere:
una regione montuosa, comprendente i versanti meridionali dell’Hindukush, del Karakoram e dell’Himalaya, in cui si trovano le
più alte vette del mondo (Everest, 8848 m, e
K2, 8611 m);
la pianura indo-gangetica, formata dalle vallate dell’Indo, del Gange e del Brahmaputra;
il Deccan, estesissima penisola triangolare
che si protende nell’oceano Indiano, separando il mare Arabico a ovest dal golfo del
Bengala a est;
numerose isole: oltre all’isola di Ceylon (Sri
Lanka), a sud-est dell’estremità meridionale
del Deccan, le isole Laccadive e Maldive nel
mare Arabico e le isole Andamane e Nicobare
nel golfo del Bengala.
Il clima, soprattutto nella parte orientale della
regione, è dominato dai monsoni, venti stagionali che nella stagione estiva portano abbondantissime piogge (vedi anche a p. 224). L’area
nord-occidentale e il centro del Deccan hanno
invece un clima tropicale asciutto che diventa
arido all’estremità occidentale della regione.
I differenti tipi di clima condizionano naturalmente la crescita della vegetazione e così si
trovano:
vaste foreste nelle aree monsoniche (coste del
Deccan, valli del Gange e del Brahmaputra,
pendici meridionali dell’Himalaya;
steppe e savane all’interno del Deccan e nell’ampia area tra le valli dell’Indo e del Gange;
deserto nella parte occidentale.
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La regione indiana
2 Grandi contrasti, grandi povertà
Il territorio della regione indiana è oggi diviso tra Pakistan, Unione Indiana
(o, più brevemente, India), Nepal, Bhutan, Bangladesh, Sri Lanka e le isole
Maldive. Si tratta di una regione densamente popolata: su una superficie pari a
un decimo dell’intera Asia vive infatti oltre il 36% della popolazione. Particolarmente affollata è l’area dei delta del Gange e del Brahmaputra, quasi interamente occupata dal Bangladesh (densità 926 ab./km2).
La posizione geografica ha da sempre reso la regione indiana un crocevia di
popoli, culture e religioni.
Le centinaia di lingue differenti parlate nella regione appartengono a tre
gruppi principali:
lingue indoeuropee, le più diffuse;
lingue dravidiche, parlate soprattutto nell’India meridionale e nello Sri Lanka
(ma piccoli gruppi sono presenti anche in Pakistan);
lingue tibeto-birmane, parlate nella regione himalayana e nell’India nordorientale (Assam).
La religione più praticata è l’induismo, alla quale aderisce l’81% degli indiani
e l’86% dei nepalesi; l’islamismo è seguito dalla maggioranza della popolazione di Pakistan, Bangladesh e Maldive e da minoranze significative negli altri
paesi; il buddhismo, infine, è diffuso soprattutto nello Sri Lanka e nel Bhutan.
Le differenze religiose sono spesso sfociate in violenti conflitti; in particolare l’ostilità tra induisti e musulmani portò, al termine della dominazione britannica (1947), alla nascita di due stati distinti: il Pakistan, a maggioranza musulmana, e l’Unione Indiana, a maggioranza indù. La rivalità tra i due stati
continua ancora oggi per il controllo della regione settentrionale del Kashmir.
Altra area «calda» è lo Sri Lanka, dove da decenni la minoranza tamil conduce nel nord dell’isola una feroce guerra per ottenere il riconoscimento dell’indipendenza; movimenti di guerriglia sono attivi anche nel Nepal e negli
stati nord-orientali dell’India.
Gran parte della popolazione della regione indiana vive in estrema povertà,
a causa dell’arretratezza del sistema economico, ancora largamente basato sull’agricoltura tradizionale e sull’allevamento, e di un’ineguale ripartizione della
ricchezza; nonostante il recente boom economico, ad esempio, che ha portato
l’India a divenire una delle maggiori potenze industriali del mondo, poco meno
dell’80% della sua popolazione vive ancora con l’equivalente di 2 $ al giorno.
Le misere «botteghe» di alcuni
calzolai di Mumbai (India).
Donne indù pregano e fanno offerte lungo le rive del Gange.
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Asia
UNIONE INDIANA
Superficie (km2)
3 287 263
Popolazione (ab.)
1 093 000 000
Densità (ab./km2)
332
Popolazione urbana (%) 28,3
forma di governo
capitale
moneta
La bandiera
sigla internazionale
Repubblica federale
Nuova Delhi (295 000 ab.)
rupia indiana (100 paise)
IND
La bandiera indiana è costituita da un tricolore orizzontale con bande di uguale altezza di colore zafferano, bianco e verde; al centro della banda bianca vi è una ruota con 24 raggi di colore blu. La bandiera, adottata nel 1947 al momento
dell’indipendenza, si basa su quella del Partito del Congresso, la principale forza politica artefice della svolta. Secondo l’interpretazione ufficiale, il color zafferano simboleggia il disinteresse personale che l’uomo politico deve dimostrare nel servire gli interessi dello stato; il bianco la luce che illumina l’azione dei servitori dello stato; il verde il legame con la terra;
la ruota, simbolo di movimento, rappresenterebbe la legge del dharma, la verità. Secondo un’interpretazione religiosa,
invece, lo zafferano simboleggia l’induismo, il verde l’islam, il bianco il giainismo e il cristianesimo, la ruota il buddhismo.
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Unione Indiana
1 Una grande penisola
L’Unione Indiana (o, più brevemente, India) occupa una grande penisola di
forma triangolare protesa nell’oceano Indiano. A est è bagnata dal golfo del Bengala e a ovest dal mar Arabico. L’India confina a nord con la Cina, il Nepal e il
Bhutan; a est con il Myanmar e a ovest con il Pakistan. Lo stato del Bangladesh
separa quasi completamente l’India orientale dal resto del paese.
Il territorio può essere diviso in tre grandi regioni:
a nord la catena dell’Himalaya separa la regione indiana dall’altopiano del
Tibet;
a sud dell’Himalaya la regione delle grandi pianure è formata dalle valli dei fiumi Gange, Brahmaputra e Indo;
a sud la regione peninsulare è formata dall’altopiano del Deccan, bordato a est
e a ovest dai modesti rilievi dei Ghati Orientali e Occidentali.
I maggiori fiumi indiani sono il Gange, l’Indo e il
Brahmaputra.
Il Gange (2700 km) nasce nell’Himalaya, scorre dapprima verso sud e poi
verso est e si getta nel golfo del Bengala. Le sue acque sono considerate sacre
dagli induisti.
L’Indo (3180 km) nasce in Tibet e scorre verso sud, entrando in Pakistan;
tuttavia la parte orientale del suo bacino, occupata dal deserto del Thar, appartiene all’India.
Anche il Brahmaputra nasce sull’altopiano tibetano e scorre nell’India orientale solo per la prima parte del suo corso, prima di entrare nel Bangladesh e
gettarsi nel golfo del Bengala.
Il Deccan è solcato da numerosi fiumi, i maggiori dei quali sfociano nel golfo
del Bengala.
I grandi fiumi indiani.
Il clima e la natura. Spesso si immagina l’India come un paese di foreste impenetrabili; in realtà solo
poco più di un quinto della sua superficie è occupato da foreste, che assumono caratteri differenti in
relazione al clima e all’altitudine.
Il clima è fortemente condizionato dai monsoni (vedi
a p. 224), il cui effetto è più
intenso lungo le coste orientali che lungo quelle occidentali; procedendo verso
l’interno le precipitazioni diminuiscono, tanto che vi sono aree steppose o addirittura desertiche e il clima assume caratteri più continentali, soprattutto nel nord
del paese. Sull’Himalaya il clima è influenzato anche dall’altitudine.
L’India è un paese ricchissimo dal punto di vista degli ambienti naturali e
della biodiversità, ma purtroppo solo il 5% del suo territorio è protetto e molte specie vegetali e animali sono a rischio di estinzione.
Un tratto dell’altopiano
del Deccan in una fotografia aerea.
Un paesaggio del distretto
di Ladakh, regione dell’India
settentrionale racchiusa tra
le catene montuose del Karakoram
e dell’Himalaya.
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Asia
La lunga storia dell’India
La civiltà dell’Indo e gli arii. A
partire dalla metà del III millennio
a.C. nella valle dell’Indo emerge
una progredita civiltà umana, che ci
è nota soprattutto attraverso i ritrovamenti effettuati nelle località di
Harappa e di Mohenjo-Daro.
La civiltà dell’Indo scomparve verso la metà del II millennio a.C. dopo
un breve periodo di decadenza causato dall’arrivo di popolazioni parlanti una lingua indoeuropea (gli arii).
Questi popoli colonizzarono l’India
settentrionale e la valle del Gange,
respingendo verso sud le popolazioni locali e creando una serie di
regni indipendenti. I nuovi arrivati
portarono anche un nuovo credo
religioso, la religione vedica: dall’incontro con i culti locali si svilupperà
l’induismo classico.
Dall’impero Maurya alla dinastia
Gupta. Alla fine del IV secolo a.C.
iniziò a formarsi l’impero Maurya,
che gradualmente si affermò sulla
regione indiana; il suo sovrano più
famoso, Aśoka, dopo aver portato
l’impero alla massima espansione,
disgustato dalla violenza della guerra
abbracciò il buddhismo e fece prosperare il suo vasto regno.
Alla morte di Aśoka l’impero si disgregò e l’India settentrionale venne a più riprese invasa da popolazioni provenienti dall’Asia centrale;
solamente tra la metà del III secolo
e la metà del VI secolo d.C. gran
parte dell’India venne riunita sotto i
sovrani della dinastia Gupta.
L’islam e i primi europei. Alla fine
del X secolo la dinastia turca dei
Ghaznavidi avviò la penetrazione
islamica in India. Si formarono così i
primi sultanati islamici ed ebbe inizio una sanguinosa lotta tra principati induisti e regni musulmani, culmi-
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nati nel XVI secolo nella creazione
dell’impero Moghul da parte di un
discendente del condottiero turco
Tamerlano. In quel secolo giunsero
anche i primi europei: portoghesi,
danesi, francesi, inglesi e olandesi.
La colonizzazione britannica e
la figura di Gandhi. Il declino dell’impero Moghul (inizio del XVIII secolo) coincise con la sempre più aggressiva penetrazione britannica mediante la Compagnia delle Indie
Orientali. Nel 1876 la regina Vittoria
fu incoronata imperatrice dell’India.
Intanto nel paese si era sviluppato
un forte movimento nazionalista,
che nel periodo tra le due guerre
mondiali avviò una campagna per rivendicare l’indipendenza. Grande
protagonista di questa lotta, in cui
non mancarono gli episodi di violenza, fu Mohandas Karamchand
Gandhi, soprannominato il Mahatma («Grande Anima»), che seppe
creare un vastissimo movimento di
disobbedienza civile non violento.
Dall’indipendenza a oggi. Al termine della seconda guerra mondiale il Regno Unito si vide costretto a
riconoscere l’indipendenza dell’India, proclamata il 15 agosto 1947.
Per il paese fu tuttavia un momento
tragico: a causa dei contrasti tra
maggioranza indù e minoranza islamica, l’India britannica venne divisa
tra il Pakistan, musulmano, e la Repubblica Indiana, induista.
Milioni di persone migrarono tra i
due stati, con violenze e massacri di
ogni tipo, aggravati dall’uccisione
di Gandhi – l’unica figura capace di
mantenere l’unità del paese – per
mano di un fanatico indù (1948).
I decenni successivi furono contraddistinti dalle continue tensioni
con il Pakistan (contro il quale ven-
Il Mahatma Gandhi e Indira Gandhi,
che non era sua parente e che fu a capo
del governo indiano durante gli anni
Sessanta-Settanta del XX secolo.
nero combattute due guerre) per il
controllo della regione del Kashmir.
Dal secondo dopoguerra a oggi
(tranne che dal 1999 al 2004) la
politica indiana è stata guidata dal
Partito del Congresso, già protagonista della lotta per l’indipendenza,
prima sotto la guida di Nehru, poi
di sua figlia Indira Gandhi (fino al
suo assassinio, avvenuto nel 1984)
e in seguito del figlio di questa,
Rajiv, che cercò di pacificare i contrasti interni e di modernizzare il
paese, prima di venire anch’egli assassinato (1991).
Dopo la morte di Rajiv la guida del
partito venne assunta da sua moglie Sonia Gandhi, di origine italiana, che nel 2004 ha però rinunciato a guidare in prima persona il governo.
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Unione Indiana
2 La più popolata democrazia
del mondo
L’India è una repubblica federale, formata da 28 stati e 7 territori amministrati dal governo centrale.
L’India è il secondo paese più popolato della Terra (dopo la Cina). Ogni
anno la sua popolazione aumenta di oltre 17 milioni di unità e si calcola che,
se il tasso di accrescimento dovesse mantenersi sugli attuali valori, entro poche
decine di anni la popolazione indiana supererà quella cinese.
Le vicende storiche della regione
hanno fatto sì che in India convivano oltre 2000 etnie diverse, ciascuna con
una propria lingua o dialetto. La situazione è ulteriormente complicata dal
fatto che molte lingue possono essere scritte con alfabeti diversi.
Le lingue indiane appartengono a due famiglie principali, indoeuropea e
dravidica. Il 74% degli indiani parla una lingua del gruppo indoeuropeo e il
24% una lingua dravidica (diffuse soprattutto nel Deccan); il restante 2%
parla lingue appartenenti ad altri gruppi. A livello federale le lingue ufficiali
sono l’hindi e l’inglese, ma sono riconosciute altre 18 lingue.
Un mosaico di popoli e lingue differenti.
Lingua
hindi, inglese
Religione
induisti (81,4%),
musulmani (12,4%),
cristiani (2,2%), sikh (1,9%)
Numero di figli per donna
2,9
Popolazione < 15 anni
31,7%
Popolazione > 60 anni
7,5%
Speranza di vita
M 63, F 65
ISU
0,611 (126° posto nel mondo)
Una mamma indiana con il suo
bambino.
Altrettanto composito risulta il panorama
religioso dell’India, che è stata la culla dell’induismo, del buddhismo, del
giainismo e del sikhismo.
I quattro quinti degli indiani praticano l’induismo, che presenta numerose
correnti al suo interno; nonostante al momento dell’indipendenza (1947) la
maggior parte dei musulmani indiani si fosse trasferita in Pakistan, nel paese
un indiano su otto è musulmano: l’India risulta così uno dei paesi con la comunità islamica più numerosa. Vi sono poi anche cristiani, sikh e altre fedi.
Un retaggio del passato che continua a pesare sulla società indiana è il sistema
delle caste, imposto dalla religione induista (vedi la scheda a p. 262).
India, culla di grandi religioni.
Suddivisione amministrativa e densità di popolazione
Un’antica pagoda
indù (VII secolo d.C.)
a Mahabaliphuram,
nell’India sud-orientale.
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Asia
Un passo in avanti
Una società
rigidamente strutturata
Un brahmano
in un tempio dello
stato del Tamil Nadu
(India meridionale).
Contadini di un villaggio dell’Andhra Pradesh attingono
acqua a un pozzo; essi appartengono alla casta dei vaisya.
società induista tradizionale è da oltre
3000 anni suddivisa in caste, ossia in
gruppi sociali rigorosamente separati gli
uni dagli altri.
Il sistema delle caste (definito da Gandhi «l’elemento
che porterà l’induismo alla morte») si basa su due criteri di divisione: la varna («colore») e la jati («nascita»).
La varna riguarda l’organizzazione complessiva della
società. Secondo un inno contenuto nel Rig Veda, uno
dei più antichi testi sacri dell’induismo, dal corpo del
dio Purusha sarebbero nati quattro gruppi di uomini:
dalla testa i brahmani (sacerdoti, studiosi ed educatori), identificati dal colore bianco;
dalle braccia gli kshatriya (re e prìncipi, guerrieri, amministratori del potere), identificati dal colore rosso;
dalle gambe i vaisya (commercianti, uomini d’affari, proprietari terrieri, contadini e allevatori), identificati dal colore giallo;
dai piedi i sudra (servi), identificati dal colore nero.
La
Con il tempo, a questi quattro gruppi se ne è aggiunto un quinto, quello dei dalit («oppressi»), ovvero gli
«intoccabili», coloro che per il loro modo di vita non
possono trovare posto nella gerarchia sociale indù.
262
Le struttura sociale è ulteriormente complicata dalla
jati. Ognuna delle cinque caste è infatti a sua volta
suddivisa in ben 4635 jati, generalmente in base alla professione svolta. Ogni jati ha abitudini di vita e
usi religiosi propri, che la differenziano dalle altre;
l’appartenenza alla jati e alla varna è ereditaria e immutabile, tranne che in casi particolari.
I matrimoni tra caste diverse sono proibiti, eccetto quelli tra esponenti delle due classi superiori; i dalit sono
completamente emarginati, essendo ritenuti impuri
poiché svolgono mansioni che li pongono a contatto
con la morte o con i rifiuti. Un tempo, se un dalit per
sbaglio sfiorava un brahman, poteva essere ucciso senza che l’uccisore incorresse in alcuna sanzione.
I dalit sono circa 160 milioni; la costituzione indiana
(il cui «padre» fu B. R. Ambedkar, proprio un dalit) afferma che nessun cittadino deve subire trattamenti
discriminatori e ha abolito il sistema delle caste; la legislazione riserva ai dalit circa un quarto degli impieghi pubblici e dei posti nelle scuole, tuttavia il sistema
continua a esistere e – soprattutto nelle campagne
– i fuori casta sono ancora oggetto di discriminazioni
e persecuzioni e spesso sono ridotti in schiavitù.
Ecco perché tra i dalit si registrano molte conversioni al cristianesimo o al buddhismo; al loro interno,
tuttavia, è sorto anche un vivace movimento che rivendica il rispetto dei diritti sanciti dalla costituzione.
Miniverifica
1. Quali sono le caste in cui è suddivisa la società
indiana?
2. Chi sono gli «intoccabili»?
3. Quali rapporti intercorrono tra le varie caste?
4. La costituzione indiana ammette le caste?
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Unione Indiana
3 Le città
L’India ha una bassa percentuale di popolazione urbana: solo tre indiani su dieci vivono in una città. Tuttavia qui esistono alcune tra le più grandi metropoli del mondo e sono numerose le città e le aree metropolitane che ospitano più
di un milione di abitanti, tanto più che lo sviluppo economico richiama moltissimi contadini verso i centri più industrializzati.
La capitale federale è Nuova Delhi (New Delhi), un sobborgo moderno di Delhi, l’antica capitale degli imperatori Moghul e, dal 1911, del vicereame britannico. L’area metropolitana di Delhi, la terza del paese, conta quasi
13 milioni di abitanti. La città vecchia conserva importanti monumenti a testimonianza del suo passato; Nuova Delhi è invece un centro moderno, edificato
dagli inglesi tra il 1912 e il 1931, con grandi giardini e viali alberati (intasati però
da un traffico tra i più caotici del pianeta). Centro politico e amministrativo del
paese, è un importante nodo di comunicazioni e ospita una rinomata università.
La capitale.
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
Mumbai
(Bombay)
Kolkata
(Calcutta)
Delhi
Chennai
(Madras)
Bangalore
Hyderabad
Ahmadabad
Pune
ABITANTI (AREA
METROPOLITANA)
16 368 000
13 217 000
12 791 000
6 425 000
5 687 000
5 534 000
4 519 000
3 756 000
Mumbai (in inglese Bombay), sulla costa occidentale, è la città più popolosa dell’India e una delle più grandi aree urbane del
mondo. Cresciuta in modo disordinato, anche a causa della forte immigrazione, le sue baraccopoli si sono estese anche al centro della città. È il maggiore
porto indiano (durante il dominio inglese era definita la «porta» dell’India) e
un grande polo industriale, commerciale, finanziario e culturale. È inoltre il
principale centro dell’industria cinematografica indiana, alla quale spetta il primato mondiale per numero di film prodotti e numero di spettatori.
La seconda area urbana indiana è Kolkata (Calcutta), sul delta del Gange.
Capitale dell’India Britannica dal 1722 al 1911, la sua importanza economica è
legata allo sviluppo delle tecnologie dell’informazione, che ha portato la città a
essere il principale centro industriale indiano.
Chennai (Madras), nel sud, è il principale polo industriale dell’India meridionale (in particolare, è il principale centro dell’industria automobilistica).
Bangalore, altro importante centro industriale dell’India meridionale, spicca per le produzioni ad alta tecnologia (aeronautica, informatica, elettronica) e
la produzione di servizi.
Varanasi (Benares), nella pianura del Gange, è la città santa per gli induisti:
ogni anno è meta di imponenti pellegrinaggi da parte di milioni di fedeli che si
purificano immergendosi nelle acque del grande fiume.
Le altre maggiori città.
Traffico in un mercato di Delhi;
sullo sfondo si scorge la moschea
Jama Masijd (XVII secolo), la più
grande dell’India.
La periferia di Mumbai,
sviluppatasi in modo disordinato
e caotico.
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Regioni e stati del mondo
L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
714 $
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Asia
4 L’economia
La lunga dominazione britannica diede all’India una tipica economia coloniale, basata sulle colture industriali, lo sfruttamento delle risorse minerarie e
un’industria limitata alla lavorazione delle materie prime locali (si sviluppò
soprattutto l’industria tessile). Lasciò però anche una buona rete di comunicazioni, soprattutto ferroviarie, e alcuni grandi porti.
Nei decenni successivi all’indipendenza, i governi indiani hanno cercato di
sviluppare l’economia puntando sulla modernizzazione della produzione
agricola e – seppure con scarso successo – sullo sviluppo dell’industria pesante. Negli anni Settanta il paese poté così raggiungere l’autosufficienza alimentare, ma l’economia rimase nel complesso stagnante.
La lavorazione della canna da zucchero a Kamareddi (India centro-meridionale).
Turisti a bordo di un elefante
a Jaipur, nel Rajasthan.
Dagli anni Novanta, grazie alle privatizzazioni e all’apertura del mercato indiano agli investitori stranieri, l’economia indiana ha conosciuto un improvviso sviluppo che ha fatto balzare il paese tra le principali economie emergenti. Un particolare impulso hanno ricevuto le produzioni ad alta tecnologia (soprattutto quelle legate all’informatica
e all’elettronica); grazie all’informatica anche il settore dei servizi si è fortemente sviluppato, con la creazione di centri di calcolo di cui si servono molte
grandi multinazionali occidentali.
Un impetuoso sviluppo economico.
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Unione Indiana
Le attività economiche principali
aree coltivate
riso
campagna
urbanizzata
boschi, prati
e pascoli
ortofrutta
legname
aree incolte
bovini
frumento
industria
conserviera
siderurgia
meccanica,
elettrotecnica
informatica,
elettronica
tessile e
abbigliamento
pelletterie,
calzature
carta, stampa,
editoria
autoveicoli
cantieristica
aree industriali
centrali elettriche
raffinerie
chimica
Purtroppo, però, lo sviluppo non è stato omogeneo e gran parte del paese resta legato a un’economia di tipo tradizionale. Le grandi città indiane sono
l’emblema di questo squilibrio: accanto a grattacieli e ville si estendono le
baraccopoli dei contadini che hanno perso la terra o sono emigrati in città alla ricerca di migliori occasioni di lavoro e di vita, senza però in molti casi
trovarle.
L’India è uno dei maggiori produttori agricoli del pianeta, ma gran parte della produzione è destinata al consumo interno. Il principale problema dell’agricoltura indiana è la frammentazione e l’ineguale distribuzione della proprietà terriera: da un lato vi è un gran numero di piccoli o
piccolissimi proprietari che lavorano una minima parte dei terreni agricoli;
dall’altro lato, la maggior parte dei terreni è in mano a un numero limitato di
grandi proprietari e di multinazionali straniere.
Le principali produzioni riguardano i cereali (frumento, mais, riso, miglio),
patate, soia, canna da zucchero, frutta, tè, tabacco e cotone.
Le vaste foreste forniscono grandi quantità di essenze pregiate (come tek e
sandalo), tanto che l’India è il secondo produttore mondiale di legname; importante è anche lo sfruttamento del bambù per la produzione di carta.
L’allevamento è molto sviluppato e diffuso. L’India è il paese che alleva il
maggior numero di bovini ed è il maggior produttore mondiale di latte e burro;
la produzione di carne dipende però da ovini, caprini, suini e volatili, poiché
la religione indù non consente di consumare carne bovina. Nel Kashmir si alleva una particolare varietà di capre che fornisce l’omonima varietà di pregiatissima lana. Anche la pesca è fiorente.
Il settore primario.
Dal sottosuolo indiano si estraggono petrolio e gas
naturale (insufficienti a coprire il fabbisogno del paese), carbone, ferro, rame,
piombo, zinco, cromo, bauxite, oro e altri minerali.
Il settore secondario.
PRODOTTO
POSIZIONE
DELL’INDIA
NEL MONDO
Frumento
Riso
Mais
Patate
Soia
Canna da zucchero
Zucchero
Tè
Tabacco
Frutta
Banane
Cotone
Legname
Bovini
Ovini
Caprini
Latte, burro
Carne
Pesca
2
2
6
3
5
2
2
2
3
2
1
3
2
1
3
2
1
5
3
265
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Regioni e stati del mondo
ENERGIA ELETTRICA
prodotta
importata
esportata
633 275
1748
58
GWh
GWh
GWh
SOCIETÀ
UNIONE INDIANA
medici
laureati
computer
0,5
1,4
72
dati sulla base di 1000 abitanti
Tecnici informatici al lavoro in un
centro di ricerca di Bangalore.
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Asia
L’India è la quattordicesima potenza industriale al mondo. Dopo l’indipendenza il governo favorì la diversificazione dell’industria, senza però riuscire a
raggiungere l’autosufficienza della produzione. La liberalizzazione del mercato ha permesso la crescita del settore.
Il comparto che ha conosciuto la maggiore crescita è quello ad alta tecnologia (aeronautica, elettromeccanica, informatica, biotecnologie), concentrato
soprattutto nel sud del paese e, in particolare, nella regione di Bangalore.
L’industria di base lavora le materie prime locali producendo ferro, acciaio,
ghisa e altri materiali, prodotti petrolchimici, prodotti alimentari e tessuti di cotone, lana e seta. L’industria automobilistica è ben sviluppata, grazie anche a investimenti di grandi compagnie straniere.
Importante infine l’industria cinematografica, che contende agli Stati Uniti il
primato economico nel settore.
Il settore terziario. Lo straordinario sviluppo dell’industria informatica ha
anche favorito lo sviluppo dei servizi per le imprese che si basano sulla tecnologia informatica; molti centri di elaborazione dati sono nati o sono stati
trasferiti dai paesi più sviluppati nella regione di Bangalore. Tale successo è
stato reso possibile anche dall’elevato livello dell’insegnamento fornito dal sistema scolastico indiano, sebbene nel paese permangano gravissimi problemi di analfabetismo (39%): la grande povertà rende tuttora impossibile l’accesso all’istruzione per moltissime persone.
Un altro fattore che ha favorito
lo sviluppo industriale dell’India
è il buon sistema di comunicazioni, soprattutto per quanto riguarda il trasporto ferroviario, il più
esteso dell’Asia. Il turismo è abbastanza sviluppato, ma la scarsità
di strutture ricettive non permette
di sfruttare le grandi potenzialità
di un paese ricchissimo di testimonianze storico-artistiche e di La locandina di uno dei numerosissimi film realizzati
paesaggi naturali unici.
ogni anno dall’industria cinematografica indiana.
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Unione Indiana
Una scienziata
indiana in un
laboratorio di ricerca
sui semiconduttori.
Dominique Lapierre è uno scrittore francese noto
per aver scritto molti libri di grande successo (La
città della gioia, Mezzanotte e cinque a Bhopal, Un
dollaro mille chilometri); da decenni è impegnato
in progetti umanitari per aiutare le popolazioni del
delta del Gange. In questa intervista ci parla dell’India.
alcutta, primo scalo indiano della nostra
luna di miele» racconta Lapierre. «Là, un
giorno, agli inizi degli anni Ottanta, incontrammo Madre Teresa e padre Gaston Dayanand
che ci avrebbero cambiato la vita. Il loro coraggio, la
fede e l’amore mi avrebbero ispirato La città della
gioia e il desiderio di aiutare quella gente».
Oggi però, quando si parla di India, non si pensa solo ai poveri che muoiono in mezzo alla spazzatura, al
sistema delle caste […]. Oggi l’India […] è diventata
sinonimo di sviluppo economico soprattutto nel
campo dell’informatica più raffinata e della telefonia
mobile. Abbiamo chiesto a Dominique Lapierre se il
nuovo corso indiano stia modificando la sua percezione di questo paese.
«C
Che effetto le fa sapere che questo paese è diventato, insieme con la Cina, uno dei motori economici del pianeta?
«I dati parlano chiaro. Il tasso di sviluppo annuo in
India si aggira attorno all’8%. Giganti informatici
americani come IBM e Google hanno trasferito migliaia di loro tecnici in India e gli ingegneri indiani sono tra i più apprezzati del pianeta. Prima o poi doveva accadere che questo popolo meraviglioso riuscisse a mettere a frutto le sue enormi capacità, il suo
grande ingegno. […].
Lei che va spesso a Calcutta, ha potuto notare dei
cambiamenti, degli effetti positivi?
«[…] Ci sono degli effetti curiosi, divertenti. Io vado a
chiedere aiuto a tutti per i miei poveri, anche ai nuovi imprenditori, naturalmente. E allora, quando mi
trovo là, fanno a gara nell’aiutarmi. L’impiegato semplice – il cui grado di importanza si riconosce dal numero e dalla grandezza dei condizionatori d’aria che
ha a disposizione – mi presenta il manager. E il manager mi presenta il top manager, che di condizionatori d’aria ne ha tre. Oppure mi diverto moltissimo in banca, quando vado a cambiare i dollari in rupie. In tutte le banche indiane un dollaro può valere
42, 44 o 47 rupie. Dipende dall’umore dell’impiegato. A quel punto io tiro fuori il mio album di foto
dei bambini poveri, dicendo che i soldi servono a loro. Allora l’impiegato vuol far bella figura e mi concede il cambio più favorevole. […]
Ma non va dimenticato che, se in India lo sviluppo
economico è inarrestabile, altrettanto inarrestabile è
lo sviluppo demografico. Per adesso esistono due
Indie: una ricca e brillante, un’altra poverissima. La
speranza è che, prima o poi, gli effetti positivi dell’una si possano riversare, in maniera sempre più significativa, anche sull’altra».
Leggiamo insieme
Il doppio volto
del miracolo indiano
[Adattato da un’intervista di P. Baglioni,
in www.30giorni.it]
Chiave di lettura
1. Chi è Dominique Lapierre? Quali sono le sue
principali attività?
2. Quale immagine dell’India e del suo popolo
emerge dalle parole dello scrittore?
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Regioni e stati del mondo
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Asia
Leggiamo insieme
Cindia,
l’impero d’Oriente
baricentro del mondo si sta spostando a
Oriente e, con lui, la nostra quotidianità.
«Quella parte del mondo ha una capacità di
traino che coinvolge tutti», spiega Federico Rampini,
corrispondente da Pechino per il quotidiano «la Repubblica» e autore de L’impero di Cindia. E quella
parte di mondo comprende oggi più che mai anche
l’India, considerata dagli amministratori delle più importanti imprese mondiali la seconda meta più attraente per gli investimenti dopo la Cina, e il paese
che offre la maggiore stabilità politica.
Cindia è la derivazione di un agglomerato geografico
composto dalla Cina e dall’India, abitato da quasi
due miliardi e mezzo di persone, circa un terzo della popolazione mondiale, con una forte identità storica. Fino a vent’anni fa era anche una delle zone
più povere del globo. Oggi è la regione a maggiore
sviluppo economico. […]
Le civiltà più antiche del mondo sono nate qui, 5
mila anni fa. All’inizio l’Europa fu un’immensa colonia
dell’Oriente, conquistata a ondate successive. […]
«Le civiltà cinese e indiana meritano rispetto e attenzione non solo sotto un profilo economico», spiega
Rampini: «Stanno tornando a essere centrali nella
geopolitica globale due paesi che lo sono storicamente sempre stati». La necessità di studiarne le tradizioni, capirne i mutamenti e conoscerne le pecu-
Il
Alcuni contadini indiani lavorano in una risaia nella regione
di Orissa, nella parte orientale dell’India.
liarità nasce dal fatto che tra questi due giganti potrebbero svilupparsi alleanze che ci faranno sentire
sempre più piccoli, accentuando il senso di marginalità e di declino dell’Europa. Lo sanno bene gli Stati Uniti, che seguono con ansiosa attenzione la dinamica delle relazioni tra Nuova Delhi e Pechino, sempre più rivolte a una calorosa collaborazione economica, anche se frenate dalla profonda differenza dei
due regimi politici: l’India è la più grande democrazia
d’Asia, mentre la Cina ne è la maggiore dittatura. Se
la Cina e l’India stabilissero una solida alleanza potrebbero rappresentare una formidabile minaccia
economica e politica all’egemonia mondiale statunitense. Non a caso Washington sta tentando di spostare l’India nella sua sfera d’influenza in funzione
anticinese, così come ha gia fatto con la Corea del
Sud e il Giappone […].
«Mentre la Cina ci mette in difficoltà, l’India dimostra
che non basta nemmeno posizionarsi sui settori
avanzati per sentirsi più tranquilli». L’India è il leader
globale nel software informatico, il suo numero di
laureati supera l’intera popolazione della Francia […].
Quello che colpisce degli abitanti di Cindia è l’ottimismo sfacciato: un sentimento candido e unificante
che spiazza gli europei di ultima generazione. A differenza nostra, gli abitanti di Cindia hanno un’età giovane e una grande fiducia nel domani: sono profondamente convinti che il futuro appartenga loro.
La Cina e l’India sono temute e rispettate anche e
soprattutto in virtù della loro massa demografica che
non solo impone di per sé attenzione ma costituisce un bacino immenso sia di lavoratori a basso costo sia di consumatori benestanti.
[…] «Prediligo il modello di crescita indiano perché
sono convinto che la democrazia a lungo andare è
più flessibile e può gestire tutte le inevitabili crisi verso la modernizzazione in maniera più indolore e con
più rispetto per i diritti degli individui».
[Adattato da F. Bianchi, in «L’espresso», 4 maggio 2006]
Chiave di lettura
1. Che cosa indica la parola «Cindia»?
2. Che cosa significa, secondo te, affermare che «Il
baricentro del mondo si sta spostando a Oriente»?
3. Quali principali caratteristiche accomunano India e
Cina? Che cosa le differenzia profondamente?
4. Che cosa si intende per «egemonia mondiale
statunitense»? In che cosa, in particolare, si
manifesta?
5. Sottolinea le parole o le frasi dell’articolo che ti pare
descrivano meglio la situazione di grande crescita
economica di India e Cina.
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Esercizi
1
2
Regione indiana, India
Colora gli stati appartenenti alla regione
indiana, scrivendo i loro nomi nella posizione
corretta.
Scegli il completamento corretto (attenzione:
potrebbe essercene anche più di uno).
1. L’India
■ a. ha un territorio più esteso di quello italiano
■ b. ha un territorio meno esteso di quello italiano
■ c. ha un territorio di estensione confrontabile
con quello dell’Italia
■ d. è più popolata dell’Italia
■ e. è meno popolata dell’Italia
■ f. ha una popolazione confrontabile
con quella dell’Italia
■ g. ha una densità di popolazione superiore
a quella dell’Italia
■ h. ha una densità di popolazione inferiore
con quella dell’Italia
2. Il Pakistan:
■ a. si trova a est dell’India
■ b. si trova a ovest dell’India
■ c. è più esteso dell’India
■ d. è più popolato dell’India
3. L’India
■ a. si trova nell’emisfero australe
■ b. si trova nell’emisfero boreale
■ c. è attraversata dall’equatore
■ d. è attraversata dal 45° parallelo
4. Le maggiori città indiane
■ a. hanno tutte un’origine recente
■ b. sono le città più popolate del continente
asiatico
■ c. soffrono di gravi squilibri sociali ed economici
a causa del massiccio afflusso di contadini
dalle campagne
■ d. non possiedono edifici moderni
né un quartiere degli affari
3
Sottolinea le affermazioni sbagliate
e correggile.
a. Gange, Indo e Brahmaputra scorrono interamente
in territorio indiano.
…………………………………………………………
…………………………………………………………
b. Il clima indiano è fortemente condizionato dai
monsoni, che apportano copiose piogge invernali.
…………………………………………………………
…………………………………………………………
c. L’India è un paese ricchissimo dal punto di vista
degli ambienti naturali e della biodiversità.
…………………………………………………………
…………………………………………………………
d. L’India è il paese più popolato della Terra.
…………………………………………………………
…………………………………………………………
e. In India si parlano centinaia di lingue diverse.
…………………………………………………………
…………………………………………………………
4
Osserva la fotografia e rispondi alle domande
seguenti.
a. Vediamo una folla di persone che si bagna nelle
acque del Gange: qual è il motivo di questa pratica?
b. Quali religioni sono maggiormente praticate in India?
c. Che cosa puoi dire a proposito della presenza
dei musulmani in India?
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Regioni e stati del mondo
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Asia
La regione sino-giapponese
Una veduta aerea delle isole Amakusa (Giappone).
1 Tra mari e montagne
I rilievi della Cina meridionale
fanno da sfondo alla vallata
del fiume Xi Jiang.
La regione sino-giapponese occupa oltre un quarto dell’Asia e corrisponde
in parte all’area spesso chiamata «Estremo Oriente». Vi comprendiamo Cina,
Mongolia, Corea del Nord, Corea del Sud e gli stati insulari del Giappone e
di Taiwan. La porzione continentale si affaccia a est e a sud-est sul mar del
Giappone, sul mar Giallo, sul mar Cinese Orientale e sul mar Cinese Meridionale; l’arcipelago del Giappone separa il mar del Giappone dall’oceano Pacifico, mentre l’isola di Taiwan separa il mar Cinese Orientale dal mar Cinese Meridionale. A nord la penisola di Corea delimita a nord-est il mar Giallo.
Oltre che dal mare il territorio della regione è delimitato da catene montuose: Himalaya e Karakoram a sud, Hindukush, Tian Shan e Altaj a ovest,
Saiani e Jablonovy a nord.
Le aree principali. All’interno della regione possiamo distinguere alcune
sub-regioni:
la regione tibetana, la porzione sud-occidentale della regione, è una serie di
aridi altipiani con un’altezza media di 3000 m, circondati dalle montagne più
alte del mondo;
la regione dei deserti, posta a nord, è occupata dalle aree desertiche o semidesertiche del Taklimakan, della Zungaria e dei Gobi;
la regione delle pianure settentrionali è a nord e a ovest della penisola di Corea;
la regione sud-orientale è occupata da catene di rilievi poco elevati che si irraggiano dalla regione tibetana verso est e verso sud;
le pianure centrali, attraversate dai principali fiumi cinesi, il Chang Jiang (o
Fiume Azzurro) e lo Huang He (o Fiume Giallo) e dai loro affluenti;
la penisola di Corea, protesa tra il mar del Giappone e il mar Giallo, montuosa nella porzione orientale e pianeggiante in quella occidentale;
la regione insulare, comprendente l’arcipelago giapponese (formato da quattro isole principali e oltre 3000 isole minori), le isole Ryukyu, tra mar Cinese
Orientale e oceano Pacifico, e l’isola di Taiwan (o Formosa).
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La regione sino-giapponese
2 La regione più popolata del mondo
La regione sino-giapponese corrisponde al territorio di Repubblica Popolare
Cinese, Mongolia, Corea del Nord, Corea del Sud, Taiwan (Repubblica della
Cina Nazionale) e Giappone e ospita circa il 40% della popolazione asiatica e
circa un quarto di tutta la popolazione del pianeta. Le aree più densamente popolate sono quelle insulari (con l’esclusione dell’isola di Hokkaido, la più settentrionale dell’arcipelago giapponese) e costiere, mentre le regioni occidentali e quelle settentrionali hanno densità abitative molto basse (circa 2 ab./km2
in Tibet e in Mongolia).
All’interno dei vari stati si registra una notevole omogeneità etnica: nella Repubblica Popolare Cinese il 91% della popolazione appartiene all’etnia han; nelle due Coree oltre il 97% è di etnia coreana; in Giappone è di etnia giapponese il
98,5% degli abitanti, in Mongolia l’85% appartiene a una popolazione mongola.
Il cinese mandarino è la lingua più parlata, non solo nella regione,
ma nel mondo intero; viene scritto con caratteri ideografici, utilizzati anche per
scrivere la maggior parte delle 56 lingue parlate in Cina, in modo che i parlanti
di lingue diverse possano intendersi tra loro; il cinese, inoltre, ha profondamente influenzato le altre lingue della regione (mongolo, coreano e giapponese).
Le lingue.
Le religioni. I non credenti superano percentualmente i credenti in Cina, nelle due Coree e a Taiwan e, del resto, la concezione di religione elaborata dalle
culture cinese, coreana e giapponese è molto diversa da quella occidentale. Tra
coloro che si dichiarano religiosi, il maggior numero è seguace di una delle religioni tradizionali cinesi, seguite dal buddhismo, la religione più diffusa nella
Corea del Sud, in Giappone (dove si è fuso con lo shintoismo, la religione tradizionale giapponese), in Mongolia e a Taiwan, oltre che in alcune regioni della Cina (tra cui il Tibet). I cristiani sono poco numerosi, anche a causa delle numerose persecuzioni di cui sono stati oggetto, in quanto il cristianesimo è stato spesso visto come uno strumento di penetrazione culturale da parte delle
potenze occidentali; l’islam è diffuso soprattutto tra le popolazioni di lingua
turca della Mongolia e della Cina nord-occidentale, anche
se non mancano comunità di cinesi musulmani (hui).
Una mamma della Mongolia
con la sua bambina.
Giovani monaci buddhisti in Tibet.
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Regioni e stati del mondo
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Asia
Un passo in avanti
Lotte fratricide
Due Cine
Grazie alla sua potenza economica e militare e alla
sua raffinatissima cultura, spesso la Cina ha svolto
un ruolo egemonico; sebbene nella sua millenaria
storia sia stata più volte invasa da stranieri, ha saputo mantenere intatta la sua identità culturale, anche
dopo lo scontro con le potenze occidentali.
Oggi gran parte del territorio dell’antico impero cinese fa parte della Repubblica Popolare Cinese, retta
da un governo comunista. Ad essa si contrappone
ideologicamente la Repubblica della Cina Nazionale, erede del governo che resse tutta la Cina nel
periodo tra le due guerre mondiali e oggi limitata all’isola di Taiwan.
Dunque quando si parla di Cina, senza altre specificazioni, ci si riferisce alla Repubblica Popolare Cinese; la Repubblica della Cina Nazionale viene spesso
chiamata «Cina nazionalista», «Cina Taipei» (dal nome
della capitale) o, appunto, Taiwan.
Taiwan ha uno statuto internazionale ambiguo. Considerata dalla Cina popolare una provincia ribelle, dal
1971 non è più riconosciuta dalle Nazioni Unite come stato sovrano e il suo seggio è stato trasferito alla Cina popolare; oggi solo 24 stati hanno relazioni
diplomatiche con essa, anche se quasi tutte le grandi potenze mantengono contatti informali e gli Stati
Uniti hanno minacciato un intervento armato contro
la Cina popolare se questa cercherà di annettere
Taiwan.
Un panorama di Taipei, la capitale di Taiwan.
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Un tratto del confine tra le due Coree, lungo il 38° parallelo.
Due Coree
Se le relazioni tra le due Cine sono sostanzialmente
pacifiche, altrettanto non può dirsi dei rapporti tra la
Corea del Nord e la Corea del Sud.
Già colonia giapponese, alla fine della seconda guerra mondiale la penisola coreana si trovò divisa in due
parti:
a nord del 38° parallelo la zona liberata dalle truppe sovietiche;
a sud la zona liberata dall’esercito degli Stati Uniti.
Questa divisione provocò la nascita di due distinte
entità statali:
la Repubblica Democratica Popolare della Corea, comunista, a nord;
la Repubblica di Corea a sud.
Un tentativo di invasione della Corea del Sud da parte della Corea del Nord portò allo scoppio di una
guerra (1950-53) che contrappose le truppe delle
Nazioni Unite, guidate dagli Stati Uniti, intervenute a
difesa della Corea del Sud, e quelle nordcoreane, appoggiate dall’Unione Sovietica e dalla Cina. La guerra
non modificò una situazione che ancor oggi sussiste.
La Corea del Sud ha raggiunto un notevole sviluppo
economico, mentre la Corea del Nord è uno stato
poverissimo; gran parte della sua popolazione è ridotta alla fame, ma il paese mantiene un ingente potenziale militare e sta dotandosi di un arsenale nucleare, che utilizza per ricattare le grandi potenze (soprattutto Stati Uniti e Giappone, oltre alla Corea del
Sud) e per ottenere finanziamenti e aiuti economici.
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La regione sino-giapponese
3 Due giganti economici
Giappone, Cina, Taiwan e Corea del Sud costituiscono una delle principali
aree economiche del pianeta.
Il Giappone, dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale, ha saputo
rapidamente riprendersi e ricostruire il proprio apparato industriale, che ne
ha fatto la seconda potenza economica mondiale.
Insieme con Singapore e Hong Kong, Taiwan e Corea del Sud formano il
gruppo delle «tigri asiatiche» che, tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta,
sono giunte al livello economico degli stati più sviluppati, basandosi su un’industria manifatturiera orientata all’esportazione grazie a investimenti stranieri, a un basso costo e a un alto livello di preparazione della manodopera e a un
potenziamento dei servizi finanziari.
Glossario
Hong Kong Possedimento britannico fino al 1997, oggi fa parte
della Repubblica Popolare Cinese,
sia pure con una grande autonomia economica e amministrativa
(vedi la scheda a p. 279).
La Cina rappresenta il fenomeno economico dell’ultimo
decennio. La progressiva apertura agli investimenti stranieri e all’economia
di mercato ha promosso un intenso sviluppo industriale che l’ha portata a essere (2007) la quinta potenza industriale mondiale. Punto di forza della sua
industria è la produzione di massa di prodotti di livello qualitativo mediocre
ma di bassissimo costo, rispetto ai quali le produzioni dei paesi occidentali, di
qualità migliore ma molto più costosi, non riescono a reggere la concorrenza.
Inoltre la Cina promuove attivamente le attività di ricerca, in modo da colmare il divario anche nelle produzioni ad alta tecnologia e di proporsi come
potenza, anche politica, alternativa agli Stati Uniti.
Tuttavia, nonostante da anni l’economia cresca a ritmi vertiginosi, gran parte
della popolazione cinese è ancora tagliata fuori dai benefici di questo boom economico; inoltre il partito comunista mantiene un ferreo controllo sulla vita intellettuale e politica del paese, respingendo ogni richiesta di apertura democratica.
Il boom della Cina.
L’interno di una
fabbrica tessile alla
periferia di Shanghai
(Cina).
Lavori agricoli manuali in Corea del Sud.
L’economia di questo stato, nonostante
il grande «balzo in avanti», poggia ancora
in parte su attività di tipo tradizionale.
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Asia
CINA
CINA
La bandiera
Superficie (km2)
9 572 900
Popolazione (ab.)
1 303 720 000
Densità (ab./km2)
136
Popolazione urbana (%)
41,8
UE
3 970 450
490 490 600
114
72,9
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
repubblica popolare
Pechino (7 699 000 abitanti)
yuan (100 fen)
VRC
La bandiera della Repubblica Popolare di Cina, in uso dal 1949, è rossa con nell’angolo superiore sinistro una stella più grande e quattro stelle più piccole. Il colore rosso simboleggia il sangue versato dai soldati durante la lunga
guerra civile, mentre sul significato delle stelle esistono varie interpretazioni: la stella più grande rappresenterebbe
il ruolo di guida del partito comunista, le stelle più piccole le quattro classi sociali della Cina rivoluzionaria (operai,
contadini, piccola borghesia, capitalisti patriottici) oppure le quattro classi rivoluzionarie (operai, contadini, studenti e soldati); secondo un’altra interpretazione, la stella più grande sarebbe il simbolo degli han, l’etnia maggioritaria, e le stelle più piccole i simboli delle etnie minoritarie (mongoli, manchu, uighuri e tibetani).
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Cina
1 Uno stato immenso
La Cina è il terzo paese del mondo per superficie, dopo Federazione Russa e
Canada. A est si affaccia sull’oceano Pacifico, che forma una serie di bacini interni: mar Giallo, mar Cinese Orientale, stretto di Formosa, mar Cinese Meridionale e golfo del Tonchino.
Confina con ben 14 stati: Mongolia e Russia a nord, Corea del Nord a nordest, Vietnam, Laos, Myanmar, India, Bhutan e Nepal a sud; Pakistan, Afghanistan e Tagikistan a sud-ovest; Kirghizistan e Kazakistan a nord-ovest.
L’immenso territorio presenta una grande varietà di paesaggi naturali e di
aree climatiche.
La parte sud-occidentale è occupata dal vasto altopiano del Tibet, circondato da imponenti catene montuose (tra le quali l’Himalaya e il Karakoram,
che comprendono le montagne più alte del pianeta); a nord del Tibet si estende un immenso altopiano desertico, occupato dal Taklimakan, delimitato a
settentrione dalla catena del Tian Shan. Un altro grande deserto, quello del
Gobi, si estende verso la Mongolia. Nel sud-est e nel nord-est vi sono colline
e rilievi di modesta altezza e la parte centro-orientale del paese è una vasta e
fertile pianura che fu la culla della civiltà cinese.
I grandi fiumi cinesi. I maggiori fiumi hanno origini in Tibet e scorrono per
lo più da ovest verso est o da nord verso sud. Il Chang Jiang (o Fiume Azzurro, 5800 km) e lo Huang He (o Fiume Giallo, 4845 km) dall’Himalaya si
dirigono verso il mar Giallo: a questi fiumi e ai loro affluenti si deve la formazione della vasta pianura alluvionale centro-orientale. Sempre nella regione
tibetana nascono il Brahmaputra e i principali fiumi della penisola indocinese (Mekong e Fiume Rosso). A nord, l’Amur segna per un lungo tratto il confine tra Cina e Federazione Russa.
In gran parte della Cina il clima è continentale, con inverni rigidi e
asciutti ed estati molto calde e più piovose. La distanza dai mari e la presenza
di alte montagne conferiscono al Tibet un clima secco con scarsissime precipitazioni e temperature basse tutto l’anno. La regione sud-orientale beneficia ancora dell’influenza dei monsoni (vedi a p. 224) e gode di un clima umido, di tipo subtropicale. Le coste sul mar Cinese Orientale sono spesso esposte a violenti tifoni.
Il clima.
Un paesaggio dell’altopiano
del Tibet al confine con il Nepal.
Le cime arrotondate della
regione di Guilin, nella Cina
meridionale.
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Asia
2 Il paese più popolato del mondo
Lingua
cinese
Religione
religioni popolari cinesi (20,1%),
buddhisti (8,5%),
cristiani (6%), musulmani (1,4%),
atei (63,9%)
Numero di figli per donna
1,7
Popolazione < 15 anni
21,4%
Popolazione > 60 anni
10,8%
Speranza di vita
M 70, F 74
ISU
0,768 (81° posto nel mondo)
La Cina è una repubblica popolare, governata dal Partito comunista. Alla fine
degli anni Novanta del XX secolo sono tornate sotto la sovranità cinese le ultime due colonie europee: Hong Kong e Macao (vedi la scheda a p. 279). Esse godono di uno statuto speciale: il governo cinese si è impegnato a garantire per cinquant’anni il rispetto del loro sistema economico e sociale.
La Repubblica Popolare Cinese considera Taiwan alla stregua di una provincia ribelle e continua a rivendicare la sovranità sull’isola di Formosa.
La Cina è il paese più popoloso al
mondo (oltre 1,3 miliardi di abitanti), nonostante da decenni il governo abbia
avviato una politica di limitazione delle nascite, ponendo il limite di un solo figlio per coppia (chi ne procrea di più va incontro a pesanti sanzioni economiche). La popolazione cinese è molto giovane; purtroppo la limitazione delle nascite ha aggravato il triste fenomeno della soppressione delle femmine
(considerate un peso inutile per la famiglia) attraverso l’aborto selettivo, nonostante tale pratica sia proibita dal governo.
La politica di controllo delle nascite ha incontrato molte resistenze tra le
ben 56 minoranze etniche cinesi, che temono di essere completamente assorbite dagli han, l’etnia di gran lunga prevalente (91,6% della popolazione).
La lingua ufficiale è il cinese mandarino (dialetto di Pechino); alcune lingue minoritarie sono ufficialmente riconosciute a livello provinciale.
Le politiche di limitazione delle nascite.
La lunga storia della Cina
territorio della Cina è abitato da tempi remotissimi:
già 600 000 anni fa vi viveva Homo erectus. Intorno
al VII millennio a.C. nella valle dello Huang He sorsero villaggi in cui era praticata l’agricoltura, dai quali si sviluppò la prima civiltà urbana cinese. I primi documenti
scritti risalgono al XIII secolo a.C. circa.
Il
L’unificazione dell’impero e le grandi dinastie cinesi. Per molti secoli la Cina fu divisa in stati feudali,
spesso in lotta tra loro; solo nel 221 a.C. Qin Shi Wang, il
primo imperatore della dinastia Qin, unificò la Cina in un
unico impero, avviando anche la costruzione della ciclopica Grande Muraglia per difendere il regno dalle invasioni dei nomadi delle steppe settentrionali.
Ma l’impero Qin fu di breve durata: nel 206 a.C. salì al
potere la dinastia Han, che lo mantenne fino al 220 d.C.
Il periodo Han è ritenuto uno dei più splendidi della civiltà cinese; questi sovrani estesero la propria influenza
politica e culturale su Corea, Tibet, Vietnam, Mongolia e
Asia centrale.
Nei secoli successivi più dinastie si alternarono sul trono
imperiale cinese e spesso l’impero si divise in regni indipendenti. Tra il 1271 e il 1368 i mongoli conquistarono
la Cina; ad essi seguirono le dinastie Ming (1368-1644)
276
e Qing (1666-1911), durante il cui governo iniziarono i
contatti con le potenze europee e il declino dell’autorità
imperiale.
I contrasti con gli europei e la nascita della repubblica. Nel XIX secolo, infatti, le potenze europee costrinsero il governo imperiale ad abolire le restrizioni al commercio
e a permettere la creazione di stanziamenti europei nelle
principali città cinesi.
Un tratto della Grande Muraglia, che si sviluppa per oltre
2000 km nella Cina settentrionale.
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Cina
Fede religiosa e ateismo di stato.
Suddivisioni amministrative e densità di popolazione
Dal punto di vista religioso, sebbene
prevalga l’ateismo, propagandato
dallo stato, un quinto della popolazione è ancora fedele alle religioni
tradizionali (confucianesimo e taoismo). Nella regione nord-occidentale
del Sinkiang vivono numerosi musulmani, di etnia uighur (di origine turca), mentre i cristiani – la cui presenza
nel paese risale almeno al VII secolo
d.C. – sono diffusi soprattutto nelle
grandi città.
Una popolazione irregolarmente distribuita. La popolazione cinese vi-
ve ancora per lo più nelle campagne e
si concentra soprattutto nelle regioni
centro-orientali, mentre quelle centrooccidentali e quelle settentrionali, a
causa del clima inospitale, sono poco
abitate – se non quasi del tutto disabitate – sebbene il governo incoraggi la popolazione a spostarsi dalle aree sovrappopolate a quelle più spopolate.
Parallelamente alla debolezza della dinastia e al crescere
dell’ingerenza europea negli affari interni cinesi crebbe
anche il sentimento nazionalistico, che sfociò dapprima
nella rivolta antieuropea dei Boxer (1899-1901) e poi nel
colpo di stato con cui venne proclamata la Repubblica cinese (1912). Seguì un decennio di anarchia, ma negli
anni Venti l’energico leader del Partito nazionalista Chiang
Kai-shek, grazie anche all’alleanza con il Partito comunista, riuscì a riunire gran parte del paese.
La Lunga marcia. Nel 1927 Chiang Kai-shek si volse
contro il Partito comunista, costringendo i suoi militanti
ad abbandonare le basi nel sud e nell’est del paese per rifugiarsi nelle inospitali regioni del nord, in quella che è
conosciuta come la «Lunga marcia»: nel 1934-35 centinaia di migliaia di militanti percorsero a piedi 12 500 km,
decimati dagli attacchi dei nazionalisti e delle tribù ostili ai
cinesi, dalla mancanza di rifornimenti e dalle difficoltà del
cammino. Circa 300 000 militanti iniziarono la ritirata, solo 40 000 la conclusero.
Le due Cine. Le ostilità tra comunisti e nazionalisti terminarono nel 1937 a causa dell’invasione giapponese,
durante la quale morirono almeno 21 milioni di cinesi. Al
termine di tale terribile conflitto riesplose la guerra civile,
ma questa volta i comunisti, guidati da Mao Zhedong e
appoggiati dall’Unione Sovietica, ebbero la meglio; nel
1949 Chiang Kai-shek e i suoi sostenitori si rifugiarono
sull’isola di Taiwan, proclamando la Repubblica della Cina Nazionale, sotto la protezione degli Stati Uniti.
Il 1° ottobre 1949 nacque ufficialmente la Repubblica
Popolare Cinese. Venne abolita la proprietà privata delle terre e delle industrie e imposta la gestione statale di
ogni forma di attività economica.
Verso la Cina di oggi. Mao Zhedong morì nel 1976; il
suo successore, Deng Xiaoping, avviò una serie di riforme
economiche (creazione delle zone economiche speciali –
ZES – aperte agli investimenti stranieri, privatizzazione delle
terre e delle imprese industriali e commerciali; vedi a pag.
280) che resero più efficiente il sistema economico cinese,
consentendo una crescita dei redditi e della produttività.
Era l’inizio del boom economico cinese, che nei primi
anni del XXI secolo ha portato il paese tra le grandi potenze economiche mondiali; ma il benessere ha per ora
raggiunto solo una piccola parte della popolazione. La liberalizzazione in campo economico non ha avuto effetti in
campo politico e sociale; il partito comunista mantiene un
ferreo controllo sulla società e reprime ogni forma di dissenso. Nel 1989 l’esercitò pose brutalmente fine alla protesta studentesca che chiedeva aperture democratiche: tra
le migliaia di giovani che protestavano pacificamente in
piazza Tienanmen, nel cuore di Pechino, vi fu un numero
imprecisato di morti e migliaia di feriti.
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Asia
3 Le maggiori metropoli
Solo poco più di quattro cinesi su dieci vivono nei centri urbani. Questo non
significa che in Cina non esistano grandi città, anzi vi sono alcune tra le aree
metropolitane più affollate (e, purtroppo, più inquinate) del pianeta.
La capitale della Cina è Pechino (Beijing); fondata nel I millennio a.C., divenne capitale dell’impero nel XIII secolo d.C. sotto i sovrani mongoli, che la scelsero per la sua posizione, più vicina alle loro terre d’origine. Al
centro dell’insediamento sorge la famosa Città Proibita, il vasto palazzo imperiale la cui costruzione iniziò nel XV secolo: comprende più di 800 edifici e
8000 ambienti che ospitavano l’imperatore e la sua corte, separati dal resto del
paese da mura possenti.
Negli ultimi decenni il volto architettonico di Pechino – secondo polo industriale e principale centro politico, amministrativo e culturale del paese – è molto
cambiato: la crescente prosperità economica e le moderate aperture del governo alle influenze occidentali hanno fatto fiorire la città di edifici modernissimi.
La capitale.
Veduta notturna di una via
centrale di Pechino.
Chongqing è l’unica grande area metropolitana nella parte occidentale del paese; nei progetti governativi dovrà servire da «testa di ponte» per lo sviluppo economico delle province occidentali,
tra le meno sviluppate della Cina. Fondata nell’XI secolo a.C., dal 1937 al 1945
fu capitale della Cina nazionalista. Posta a monte della ciclopica diga delle Tre
Gole (vedi la scheda a p. 284), è il maggior porto fluviale della Cina; la regione
circostante è ricca di risorse minerarie (carbone, gas naturale, stronzio) e nella
metropoli ha sede il più grande centro asiatico di produzione dell’alluminio.
La più grande metropoli del mondo.
Shanghai sorge alla foce del Chang
Jiang; cittadina di provincia fino al XIX secolo, in seguito all’apertura al commercio estero e alla concessione di territori alle potenze straniere, divenne il
principale porto cinese e uno dei maggiori del mondo. Lo sviluppo moderno è
iniziato con le riforme del 1992, ma da allora prosegue ininterrotto e tumultuoso, tanto che oggi Shanghai rivaleggia con Hong Kong quale principale
centro economico del paese.
Il principale centro economico cinese.
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
Chongqing
Shanghai
Pechino
Tientsin
Hong Kong
Canton
Wuhan
ABITANTI (AREA
METROPOLITANA)
31 300 000
17 110 000
14 560 000
10 110 000
6 936 000
4 653 000
4 593 000
I palazzi del centro di Canton.
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La principale metropoli del sud. Canton (Guangzhou), sul delta del Fiume
delle Perle, è un attivo porto, al centro di una delle aree maggiormente industrializzate della Cina. Le sue origini risalgono al III secolo a.C.; negli ultimi anni ha conosciuto un profondo rinnovamento architettonico e urbanistico, anche se una parte significativa dei suoi abitanti continua a vivere sulle tradizionali case galleggianti.
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Cina
Hong Kong
territorio di Hong Kong (Xianggang in cinese) si trova all’estremità sud-orientale del lungo estuario del Fiume delle Perle (Cina meridionale). L’area è per lo più montuosa e con pochi
terreni edificabili, per cui la città si è in gran parte
sviluppata in altezza, con innumerevoli grattacieli.
La zona è abitata fin dal Neolitico e durante la conquista mongola vi trovò rifugio la corte imperiale cinese; ma balzò alla ribalta mondiale durante la prima
guerra dell’Oppio, quando l’isola di Hong Kong fu occupata dagli inglesi. Nel 1898 l’isola, insieme alla vicina penisola di Kowloon e al territorio retrostante (i
cosiddetti «Nuovi Territori»), venne ceduta al Regno
Unito per 99 anni: la concessione è scaduta nel 1997,
tuttavia il governo cinese ha garantito per un periodo
di cinquant’anni il rispetto dell’autonomia economica
e sociale di Hong Kong, riservandosi le decisioni nel
campo della difesa e della politica estera.
La dominazione inglese trasformò il territorio in un
trafficatissimo porto e vi sviluppò un attivo apparato industriale.
Con il ritorno sotto la sovranità cinese Hong Kong, pur
restando un porto importante, ha trasformato la propria
economia, delocalizzando molte attività industriali nella vicina ZES di Shenzhen e specializzandosi nel settore terziario, (commercio, servizi finanziari). Il reddito
pro capite di Hong Kong è uno dei più alti al mondo.
Il
Macao
acao sorge su una penisola all’estremità sudoccidentale dell’estuario del Fiume delle Perle, praticamente di fronte a Hong Kong.
Nel XVI secolo i portoghesi vi stabilirono un insediamento commerciale per il quale pagavano un tributo
annuale all’imperatore cinese; fino al XIX secolo la città
fu il principale porto attraverso cui passava il commercio estero cinese (particolarmente redditizi i traffici con il Giappone, paese con cui la Cina non aveva
contatti diretti). Nel 1849 il Portogallo dichiarò Macao
territorio d’oltremare e cessò di pagare il tributo; tuttavia l’insediamento degli inglesi a Hong Kong, che ha
un porto migliore, ridusse l’importanza di Macao come centro commerciale internazionale. Nel 1999 Macao è tornata sotto la sovranità della Cina, che ne ha
garantito l’autonomia economica per cinquant’anni.
Oggi l’economia di Macao dipende in gran parte dal
turismo, attirato dai numerosi casinò, e dalle attività bancarie; vi sono anche industrie tessili e dell’abbigliamento.
M
Un hotel con annesso casinò
a Macao.
Un passo in avanti
Le ex colonie
europee
L’interno del modernissimo
aeroporto di Hong Kong, costruito
su progetto dell’architetto di fama
internazionale N. Foster.
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Regioni e stati del mondo
L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
1703 $ (UE a 25: 26 927 $)
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Asia
4 L’economia
Nel corso dei primi anni del XXI secolo la Cina ha conosciuto un eccezionale sviluppo economico, che l’ha portata a divenire la quinta potenza mondiale e a suscitare la preoccupazione delle nazioni a economia più avanzata.
Al contrario di quanto è successo nell’Unione Sovietica, il governo comunista cinese ha saputo introdurre nel suo sistema economico elementi di novità quali la proprietà privata o la libera iniziativa, che hanno stimolato la ben
nota intraprendenza economica dei cinesi, senza tuttavia rinunciare al ferreo
controllo della politica e della società.
Al termine della guerra civile contro i nazionalisti (1949) il governo comunista abolì la proprietà privata dei mezzi di produzione (terre e capitali) e
proibì la libera iniziativa. Alle prime riforme del 1979, che reintrodussero la
proprietà privata nell’agricoltura e che aprirono l’economia cinese agli scambi con l’Occidente, introducendo le Zone economiche speciali (ZES), ne seguirono altre nel 1997, con la privatizzazione delle grandi imprese pubbliche.
Un incredibile sviluppo economico.
Il fatto di essere divenuta una potenza economica non ha però risolto i problemi della Cina, anzi ne ha enfatizzato gli
squilibri. Osserviamo le carte che illustrano le attività produttive (vedi alle
pagine 281-82): notiamo subito la forte differenza di sviluppo tra la parte
orientale, più evoluta, e quella occidentale.
Anche lo sviluppo industriale non è uniforme, ma riguarda soprattutto le aree
costiere, più facilmente raggiungibili. Inoltre il marcato sviluppo industriale ha
accentuato le differenze economiche e sociali tra i lavoratori – costretti spesso a
lavorare in condizioni di sfruttamento e di scarsa sicurezza – e i «nuovi ricchi»,
il cui livello di benessere è ormai paragonabile a quello dei paesi occidentali.
L’intenso sviluppo agricolo e industriale ha comportato pesanti risvolti a livello ambientale: all’inizio del XXI secolo sette delle dieci città più inquinate
del mondo sono cinesi. L’uso intensivo del carbone per generare energia, la mancanza di severi controlli sulle emissioni, la realizzazione di enormi opere pubbliche
(come la diga delle Tre Gole, che ha sconvolto uno delle più belle regioni naturali cinesi; vedi la scheda a p. 284) hanno gravi ripercussioni sulla salute pubblica e sul degrado dell’ambiente, non solo localmente, ma su scala planetaria.
Uno sviluppo non omogeneo.
Terrazzamenti per lo
sfruttamento dei terreni agricoli
nell’altopiano del Loess (Cina
settentrionale).
Glossario
ZES (Zona economica speciale) Regione dotata di leggi in materia di economia diverse da
quelle vigenti nella nazione di appartenenza. Le
ZES sono di solito create per attrarre maggiori
investimenti stranieri; oltre che in Cina ne esistono in altri paesi, tra cui India, Polonia, Kazakistan, Filippine e Russia. Le ZES cinesi sono
Shenzhen, Zhuhai e Shantou (provincia del
Guangdong), Xiamen (provincia del Fujian) e la
provincia dell’Hainan.
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Cina
Il settore primario ha un
grandissimo peso nell’economia cinese: tuttora
impiega il 49% della forza lavoro e partecipa
per il 13% alla formazione del PIL. Già tali
due cifre sono sufficienti a evidenziare il principale problema dell’agricoltura cinese: la scarsa produttività.
Prima delle riforme del 1979, i lavoratori
agricoli erano organizzati in cooperative: lo
scarso impiego di macchinari moderni e di fertilizzanti rendeva necessario l’impiego di moltissima manodopera. La riforma del 1979 permise la proprietà privata della terra e la libera
vendita sul mercato dei prodotti, incentivando
così il ricorso a macchinari e a fertilizzanti per
aumentare la produzione. Da allora il numero
di addetti al settore è andato costantemente calando e la produttività è aumentata: nel 1984 la
Cina raggiunse finalmente l’autosufficienza alimentare e da allora è in testa alle classifiche delle produzioni di quasi tutti i principali prodotti agricoli, favorita anche dalla presenza di terreni molto fertili e da
una varietà di climi che permette produzioni molto differenziate, sebbene solo
un quarto delle aziende agricole sia organizzato secondo criteri moderni.
La Cina è, comunque, il maggior produttore al mondo di frumento, riso,
patate, patate dolci, arachidi, tè, tabacco, frutta, cotone e lino ed è ai primi posti per la produzione di mais, soia, oli vegetali e canna da zucchero. È anche il
paese dove si allevano più ovini, caprini, suini e volatili e il terzo per numero
di bovini; il settore della pesca produce oltre un terzo dell’intera produzione
mondiale; dalle foreste si ricavano grandi quantità di legname e di caucciù.
Il settore primario.
Alcune contadine piantano
il riso nel distretto di Menghai
(Cina sud-occidentale).
Le attività economiche principali
aree coltivate
campagna
urbanizzata
boschi, prati
e pascoli
aree incolte
frumento
riso
tè
ortofrutta
legname
bovini
ovini
suini
pesca
industria
conserviera
birra
tabacco
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Regioni e stati del mondo
L’interno di un’acciaieria
a Pechino.
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Asia
Il settore secondario. L’industria, in particolare quella manifatturiera, è stato il motore dello sviluppo dell’economia cinese. Dopo la seconda guerra
mondiale la Cina, che era un paese molto arretrato dal punto di vista industriale, avviò un programma di industrializzazione basato sulla siderurgia e
sulla meccanica, favorito anche dalle abbondanti risorse minerarie. Il sottosuolo della Cina, infatti, è ricco di carbone, petrolio, gas naturale, ferro, oro, argento, zinco, piombo, stagno, bauxite, zolfo e fosfati naturali.
Alla fine degli anni Settanta la creazione delle ZES e l’apertura agli investimenti stranieri ha dato il via allo sviluppo dell’industria manifatturiera; inizialmente rivolta soprattutto all’esportazione, la produzione è oggi sostenuta anche
da un vivace mercato interno, grazie alle migliorate condizioni di vita di parte
della popolazione. Le ZES sono quasi tutte localizzate presso le coste o lungo
i fiumi navigabili, per facilitare le comunicazioni
e il trasporto dei materiali.
Da un lato l’industria cinese si è specializzata
nelle produzioni di massa, di scarsa qualità ma
di bassissimo costo, che hanno invaso i mercati
di tutto il mondo, dall’altro ha puntato sull’industria ad alta tecnologia, i cui prodotti costituiscono il 30% dei manufatti esportati.
L’enorme quantità di energia elettrica necessaria all’apparato industriale cinese è fornita per
quasi l’80% da centrali termoelettriche funzionanti a carbone, altamente inquinanti. Per ridurre la dipendenza dal carbone, il governo ha
avviato un programma che prevede l’incremento della produzione idroelettrica (oggi il 15%
del totale) attraverso la costruzione di nuove dighe, e lo sviluppo del nucleare, con la costruzione di 30 nuove centrali entro il 2020.
Le attività economiche principali
aree industriali
centrali elettriche
oleodotti
raffinerie
chimica
siderurgia
meccanica,
elettrotecnica
informatica,
elettronica
tessile e
abbigliamento
cantieristica
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Cina
ENERGIA ELETTRICA
prodotta 1 907 384
importata
2980
esportata 10 339
GWh
GWh
GWh
Prima del grande boom economico, la produzione di sete pregiate era un punto di eccellenza del
settore secondario cinese; nella fotografia, un setificio a Wanxian (Cina centrale).
Il commercio interno ed estero è in continua crescita e
la bilancia commerciale è largamente attiva. La rete delle comunicazioni è però
ancora largamente insufficiente: i trasporti di merci e persone avvengono soprattutto tramite ferrovie e vie d’acqua interne; la rete stradale è sviluppata in
modo soddisfacente solamente nelle regioni costiere.
Anche il turismo è in continua crescita: con quasi 42 milioni di visitatori all’anno la Cina è il quarto paese più visitato al mondo, potendo contare su
grandi attrazioni quali i paesaggi naturali, Pechino e le altre città storiche, la
Grande Muraglia, le tombe degli imperatori Ming e i siti archeologici.
Il settore terziario.
SOCIETÀ
medici
laureati
computer
CINA
UE
1,6
1,4
41
3,2
7,3
318
dati sulla base di 1000 abitanti
Turisti in visita al mausoleo dell’imperatore Hongwu, fondatore della dinastia Ming, a Nanchino.
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Asia
Leggiamo insieme
La grande diga
e la grande estinzione
È stata inaugurata in Cina la diga delle Tre Gole. Gli
alti costi umani ambientali ed ecologici valgono i
benefici economici?
la più grande diga del mondo. Ed è considerata anche la più pericolosa. Perché è stata
costruita lì, nel cuore della Cina, a interrompere e a frammentare in mille pezzi un luogo ove è
massima la biodiversità.
Stiamo parlando della grande diga delle Tre Gole, costruita nella provincia cinese dello Hubei per interrompere il flusso, che ormai in prossimità della pianura sta per diventare placido, dello Yangtze, il grande
Fiume Azzurro. Lunga 2335 metri e alta, nel suo punto massimo, 185, la diga ha iniziato ad allagare un
invaso che, a regime, si estenderà per oltre 436 km
di lunghezza, coprirà una superficie superiore ai mille
km2 e conterrà 22,15 miliardi di metri cubi di acqua.
Il più grande bacino artificiale del pianeta intanto ha
già iniziato a inghiottire 13 città, 116 villaggi e uno
dei paesaggi più belli del paese della seta.
[…]
È
Un battello in navigazione sul
Fiume Azzurro nella regione delle
Tre Gole.
284
La Grande Diga sorge proprio dove c’è la Grande Riserva: la riserva delle Tre Gole, che si estende per
58 000 km2, una superficie grande quanto l’intera
Italia meridionale (isole escluse). L’area è, manco a
dirlo, la più ricca in biodiversità dell’intera Cina. E una
delle più ricche, per genere e famiglie, del mondo.
Ospita, per esempio, 6388 specie di piante superiori,
che appartengono a 1508 diversi generi e a 238 diverse famiglie. Insomma la riserva, pur coprendo solo
lo 0,6% del territorio cinese, ospita oltre il 20% di tutte le piante produttrici di semi della Cina. Il 57% di
queste piante è considerato in via di estinzione. […]
Che ne sarà di tutto ciò? […]
La Grande Diga determinerà una grande estinzione?
Alcuni indizi ci portano a credere di sì.
[…]
Capire gli effetti di un’azione umana sugli ecosistemi
è necessario. Ma occorre anche avere ben chiare le
cause. Perché la Cina ha deciso di costruire quella
che è considerata la peggiore tra le 20 dighe peggiori del mondo?
La prima risposta è, ovviamente, quella più banale.
Per ottenere energia elettrica. Un’energia necessaria
a sostenere la più dinamica economia del pianeta,
che da qui a qualche anno trasformerà un paese povero nella più grande economia del mondo. Con 26
turbine da 700 megawatt a regime, nel 2009, il sistema delle Tre Gole produrrà
84,7 miliardi di kilowattora
ogni anno. Più o meno quanto
una ventina di centrali nucleari. Si tratta solo di una frazione
dell’energia necessaria alla Cina. Ma una frazione significativa, che si inquadra nel tentativo cinese di aumentare la sua
indipendenza energetica. Che,
come tutti sanno, significa anche autonomia geopolitica.
Il progetto della grande diga
delle Tre Gole persegue almeno altri due antichi
obiettivi […]: migliorare la navigazione interna del
paese e prevenire le periodiche inondazioni del Fiume Azzurro. Nei prossimi mesi il primo obiettivo potrà essere raggiunto e navi fino a 10 000 tonnellate
di stazza potranno navigare dal Pacifico fino alla città
di Chongqing, almeno nella stagione umida che è
quella estiva, risalendo in tre ore le cinque chiuse
del bacino. Il secondo è tutt’altro che certo.
Perché, dicono i critici della grande diga, per quanto
titanico il bacino delle Tre Gole non tratterrà che il
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Cina
10% della portata che ha lo Yangtze nella stagione
della piogge. Sia perché a produrre le inondazioni
non è tanto il Fiume Azzurro, quanto i suoi tributari
che si trovano a valle delle Tre Gole e, quindi, della
Grande Diga.
[Tratto da P. Greco, in www.scienzaesperienza.it,
19 giugno 2003]
Cerimonia modesta per il completamento
della diga delle Tre Gole
I costruttori della diga delle Tre Gole, il più grande
progetto idroelettrico del mondo, hanno partecipato
sabato a una cerimonia modesta per marcare il completamento dei lavori del genio civile della diga. L’impresa di costruzioni China Yangtze River Three Gorges Developpement Corp. ha scelto una maniera
modesta per celebrare l’avvenimento, costata qualche migliaio di yuan. «Benché la costruzione della diga sia completata, la costruzione degli edifici accessori e la messa in opera dei gruppi elettrogeni continueranno fino al 2008» ha spiegato Li Yong’an, direttore generale della compagnia. […].
La diga delle Tre Gole si stende sul corso medio e
superiore del fiume Yangtze (6360 km). È costruita
sulle tre gole Qutang, Wuxia e Xiling lungo 200 km:
si tratta di una destinazione turistica conosciuta nel
mondo per la bellezza dei paesaggi e un gran numero di vestigia culturali e storiche.
Con l’approvazione del 3 aprile 1992 da parte della
quinta sessione della settima Assemblea popolare
nazionale (parlamento cinese), questo progetto è
stato ufficialmente lanciato il 14 dicembre 1994 in
presenza dell’anziano Primo ministro Li Peng.
L’investimento totale del progetto è di 126 miliardi di
yuan (16 miliardi di dollari), comprese le spese destinate alla costruzione della diga, alla rilocazione degli abitanti e all’installazione delle attrezzature di trasmissione dell’elettricità.
Il progetto si stende su una superficie di 1084 km2
con una diga di 2309,47 m di lunghezza costruita
con 27,15 milioni di metri cubi di cemento e
530 000 tonnellate di acciaio. La capacità di tenuta
dell’acqua aumenterà a 39,3 miliardi di metri cubi,
con un dislivello di 120 m tra il bacino a monte e il
livello del fiume a valle.
[…]
26 gruppi di generatori di una capacità installata di 18,2
milioni di KW sono e saranno installati sulle due rive, 14
sulla riva sinistra e 12 su quella destra. I 14 gruppi della riva sinistra sono già in opera mentre i 12 della riva
destra, in corso di installazione, entreranno in funzione
L’immagine da satellite evidenzia la posizione
e l’imponenza della diga della Tre Gole.
nell’agosto del 2007. Quando tutte le centrali saranno
installate, la Cina potrà economizzare un consumo di
carbone tra 400 e 500 milioni di tonnellate per anno.
Un ascensore è stato installato nella chiusa per issare le
navi di 3000 tonnellate mentre quelle più grandi seguiranno la chiusa a cinque livelli. La diga ha totalmente o parzialmente cancellato 13 città e 1,13 milioni di
abitanti sono stati trasferiti e rialloggiati in altre città e
province del paese. La costruzione di questa opera, un
tempo solo un sogno per i cinesi, era stata pensata circa cento anni fa da Sun Yat-sen, il padre della Repubblica Cinese, ma anche dal fondatore della Repubblica
Popolare Mao Zhedong 50 anni fa.
[Tratto da www.cinaoggi.it, 22 maggio 2006]
Chiave di lettura
1. In queste pagine hai letto due articoli che parlano
dell’inaugurazione della grande diga delle Tre Gole.
Ti pare che in essi vengano espressi gli stessi
concetti?
2. Chi ha scritto gli articoli è favorevole o contrario
alla faraonica opera?
3. Quali dati fanno capire la grandiosità del progetto?
4. Quali aspetti positivi dovrebbe comportare
la costruzione della diga? Quali aspetti negativi?
5. Perché moltissimi cinesi hanno dovuto trasferirsi
a seguito della costruzione dell’impianto?
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Asia
GIAPPONE
Superficie (km2)
372 824
Popolazione (ab.)
127 757 000
Densità (ab./km2)
343
Popolazione urbana (%) 78,9
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
286
UE
3 970 450
490 490 600
114
72,9
Monarchia costituzionale
Tokyo (8 483 000 abitanti)
yen (100 sen)
J
La bandiera giapponese è formata da un cerchio rosso al
centro di un campo bianco. Il disco rosso rappresenta il
sole che sorge: in Giappone la bandiera è infatti chiamata
Hinomaru (disco solare) o Nisshoki (bandiera del sole).
L’adozione del disco rosso come simbolo imperiale (l’imperatore del Giappone è considerato discendente della
dea del sole Amaterasu) viene fatta risalire al XIII secolo e
ai tentativi di invasione da parte dei mongoli. La bandiera
moderna venne adottata nel 1870, ma il suo uso è stato
ufficialmente ratificato solamente nel 1999. La bandiera di
guerra aggiunge al disco solare 8 o 16 raggi.
La bandiera
GIAPPONE
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Giappone
1 Il paese del Sol Levante
Il lago Mashu, nel Parco
nazionale di Akan (isola di
Hokkaido).
Il Giappone è un arcipelago formato da quattro isole principali (da nord a
sud: Hokkaido, Honshu, Shikoku e Kyushu) e circa 3000 isole minori; a nord
le quattro isole principali separano il mar del Giappone (a ovest) dall’oceano
Pacifico (a est); a sud, le isole Ryukyu delimitano il mar Cinese Orientale.
Le isole maggiori rappresentano il relitto di un’antica catena montuosa, un
tempo parte del continente asiatico; di conseguenza il territorio è quasi interamente occupato dai rilievi (le Alpi Giapponesi), con poche e limitate pianure. Numerosi sono i vulcani (165, di cui una sessantina attivi) e uno di essi,
il celebre Fuji Yama, è anche la cima più alta del paese (3776 m).
I fiumi hanno corso breve e rapido; numerosi sono i laghi di origine vulcanica.
A sud l’arcipelago delle Ryukyu è formato da centinaia di isole di origine
corallina o vulcanica; la principale è Okinawa.
A nord di Hokkaido si trovano le isole Curili, appartenenti alla Federazione Russa ma in parte rivendicate dal Giappone.
L’arcipelago Giapponese si trova sulla «cintura di fuoco» del Pacifico e ai
margini della placca continentale eurasiatica ed è una zona fortemente sismica.
Il clima e la natura. Il Giappone è molto esteso nel senso della latitudine e
questo determina condizioni climatiche molto varie, dal clima subtropicale
delle Ryukyu a quello rigido, soprattutto in inverno, di Hokkaido. In generale, la parte centrale e settentrionale dell’arcipelago subisce l’influenza della
corrente fredda delle Curili, che mitiga le alte temperature estive, e dei freddi
venti siberiani, che in inverno fanno scendere la temperatura sotto lo zero e
portano la neve su Hokkaido e il nord di Honshu.
Le regioni meridionali, invece, dal clima mite, risentono dell’azione dei monsoni e della corrente calda di Kuro Shiwo, che
diventa subtropicale all’estremità meridionale del paese.
Su tutto l’arcipelago sono abbondanti le precipitazioni,
in particolare nelle regioni sottoposte ai monsoni.
Le condizioni climatiche, la conformazione del territorio (poco adatto all’agricoltura) e il profondo rispetto per la natura che è proprio dei giapponesi,
fanno sì che il 68% del territorio sia coperto da boschi e foreste e il 14% sia tutelato in parchi e riserve
naturali.
L’Aso, nell’isola di Kyushu,
è il più alto vulcano tuttora attivo
in Giappone (1592 m).
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Regioni e stati del mondo
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Asia
La lunga storia del Giappone
oco è noto delle fasi più antiche della storia del Giappone. Circa 10 000 anni prima
di Cristo vivevano sull’isola popolazioni di cacciatori-raccoglitori, in parte imparentate con gli attuali ainu.
Successive migrazioni dal continente
e dalle isole asiatiche introdussero
l’agricoltura e la lavorazione dei metalli.
P
Soldati giapponesi scavano trincee
durante l’occupazione della Manciuria.
Secondo la tradizione giapponese il
primo imperatore iniziò a regnare nel
660 a.C.; quasi tutti gli storici, però, ritengono inverosimile tale data e pongono la nascita dell’impero intorno al
V secolo d.C. Nel 552 venne introdotto il buddhismo, che si diffuse rapidamente, spesso fondendosi con
le credenze dello scintoismo, la religione tradizionale giapponese.
Gradualmente il potere imperiale si
impose sulle isole principali (tranne
Hokkaido), mentre venivano stabiliti
contatti commerciali e politici con la
Corea e la Cina. Nel 1192 il potere
effettivo passò dalle mani dell’imperatore a uno shogun, esponente
delle famiglie nobili più potenti del
paese. Così, per 675 anni gli shogun
288
esercitarono il potere, mentre nel
paese si instaurava una società di tipo feudale, che vedeva ai vertici i
nobili (daimyo) e la casta militare
dei samurai, mentre i settori produttivi (commercianti, artigiani e contadini) non godevano di alcun potere
politico.
L’arrivo degli europei. Nel XVI
secolo giunsero i primi navigatori
europei; san Francesco Saverio vi
introdusse il cristianesimo (1548).
L’invadenza degli occidentali provocò la reazione dello shogun, che
proibì il cristianesimo e cacciò tutti
gli stranieri, ad eccezione di olandesi e cinesi, confinati però su un’isoletta nel porto di Nagasaki.
Nel 1853 una flotta militare statunitense impose con la forza l’apertura
dei porti al commercio straniero; nel
1867 l’imperatore Mutsuhito pose
fine al governo degli shogun e riprese il potere, avviando la rapida
modernizzazione del paese.
L’espansione del Giappone. Alla
fine del XIX secolo iniziò l’espansione militare del Giappone; bisognoso
di materie prime per le sue nascenti industrie, approfittando della debolezza della Cina, nel 1894 il Giappone invase la Corea (trasformata
in colonia nel 1910) e l’isola di Formosa. Si rivolse poi verso la Manciuria (nell’attuale Cina nord-orientale), ricca di carbone, entrando in
concorrenza con la Russia. Il contrasto sfociò in guerra aperta (1904) e
la vittoria impose il Giappone come
potenza emergente.
L’età contemporanea. Nel 1937
ebbe inizio l’invasione della Cina, a
cui fece seguito, nel periodo 194145, l’occupazione di gran parte dell’Asia sud-orientale e di alcuni arcipelaghi dell’Oceania. Le bombe
atomiche su Hiroshima e Nagasaki misero però definitivamente fine alle ambizioni giapponesi; gli
Stati Uniti imposero al Giappone la
smilitarizzazione e l’adozione di istituzioni democratiche: l’imperatore
perse le sue prerogative divine, vennero legalizzati i partiti politici e
creato un sistema parlamentare,
che permisero al paese di ritornare
a essere una grande potenza.
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Giappone
2 Una popolazione molto omogenea
Il Giappone è oggi una monarchia costituzionale, ma fino al 1946 l’imperatore veniva considerato di origine divina e godeva di amplissimi poteri.
Dal punto di vista etnico, la popolazione giapponese è una delle più omogenee al mondo: ben il 98,5% è infatti di origine giapponese; il rimanente
1,5% è rappresentato da immigrati (coreani, cinesi, filippini, brasiliani). L’unica minoranza indigena (0,01% della popolazione) è costituita dagli ainu,
discendenti delle popolazioni che un tempo abitavano gran parte dell’arcipelago e oggi relegati nell’isola di Hokkaido; la loro cultura e la loro lingua sono
ormai in via di estinzione.
Il giapponese è la lingua ufficiale; sull’isola di Okinawa si parla una lingua
sviluppatasi indipendentemente dal giapponese.
Anche in campo religioso si registra una grande omogeneità: oltre il 90%
della popolazione segue i princìpi dello scintoismo (religione nazionale giapponese) o del buddhismo, due fedi che si sono profondamente influenzate nel
corso dei secoli.
La società giapponese è la più anziana al mondo dopo quella del Principato
di Monaco: le persone con più di 60 anni sono infatti più del doppio dei giovani con meno di 15 anni e la speranza di vita è la più alta al mondo; l’età media della popolazione è di quasi 43 anni.
La densità di popolazione è molto elevata, tuttavia le condizioni
climatiche e le caratteristiche fisiche del territorio hanno determinato una distribuzione piuttosto irregolare: nell’isola di Hokkaido la
densità è di soli 72 ab./km2, mentre nelle principali aree metropolitane è dalle 10 alle 17 volte più alta della media nazionale.
Lingua
giapponese
Religione
scintoisti e buddhisti (90,8%),
cristiani (1,2%)
Numero di figli per donna
1,3
Popolazione < 15 anni
13,7 %
Popolazione > 60 anni
26,7 %
Speranza di vita
M 79, F 86
ISU
0,949 (7° posto nel mondo)
L’entrata di un
tempio scintoista
a Kobe.
I giapponesi sono
il popolo più longevo
del mondo; nella
fotografia, due anziani
di Kyoto.
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Asia
Una veduta del modernissimo
quartiere di Shinjuku a Tokyo.
3 Le città principali
Quasi quattro giapponesi su cinque vivono in città. La rete urbana comprende due aree metropolitane molto estese (Tokyo e Osaka), una decina di città
con più di un milione di abitanti e molte con più di 100 000 abitanti; in realtà,
tranne Sapporo, tutte le maggiori città del Giappone fanno parte della vasta
megalopoli chiamata «cintura del Pacifico» (circa 83 milioni di persone), che
comprende la parte centro-meridionale di Honshu e la parte settentrionale
di Shikoku e Kyushu.
Tokyo («capitale orientale» in giapponese) divenne capitale del
Giappone nel 1869, dopo essere stata per 263 anni residenza degli shogun, con
il nome di Edo. Il suo sviluppo è coinciso con la modernizzazione del paese,
che ha permesso di creare un efficiente sistema di comunicazioni su rotaia.
Nel 1923 un violentissimo terremoto causò la morte di circa 140 000 persone ed estese distruzioni; la ricostruzione della città subì un arresto durante la
seconda guerra mondiale, a causa dei bombardamenti aerei. Tokyo è poi cresciuta inglobando i villaggi circostanti, in modo spesso caotico e irrazionale.
Si tratta dell’area urbana che produce il più alto reddito al mondo; la sua regione è il principale centro industriale, commerciale e culturale del paese e la
sua Borsa valori è una delle più importanti al mondo.
La capitale.
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
ABITANTI
Tokyo
12 571 000 *
Osaka
8 817 000 *
Yokohama
3 579 000
Sapporo
1 881 000
Kobe
1 525 000
Kyoto
1 475 000
Fukuoka
1 401 000
Kawasaki
1 327 000
Saitama
1 176 000
Hiroshima
1 155 000
* area metropolitana
290
Le altre grandi città. Sulla costa occidentale della baia di Tokyo si trova
Yokohama, il primo porto giapponese aperto al commercio con gli occidentali
(1859). Da allora la città è il secondo porto del Giappone.
Osaka, la seconda città giapponese e una delle più antiche (fu fondata nel
VII secolo), è un importante centro commerciale che forma con Kyoto – l’antica capitale, ricca di monumenti – e con Kobe – il maggiore porto del paese
– un’unica conurbazione di oltre 18 milioni di abitanti.
Sapporo è la principale città dell’isola di Hokkaido. Fondata nel 1868, è
un importante centro commerciale, industriale e turistico.
Hiroshima è tristemente famosa per essere stata il bersaglio della prima
bomba atomica (6 agosto 1945), che rase al suolo i due terzi della città e uccise decine di migliaia di persone. Tuttavia la città è risorta dalle sue ceneri ed è
oggi un grande centro industriale e città simbolo della lotta per l’abolizione
delle armi nucleari, insieme a Nagasaki, su Kyushu, colpita tre giorni dopo
Hiroshima dalla seconda bomba atomica.
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Giappone
4 L’economia
Il Giappone è una delle principali
potenze economiche mondiali ed è ai primi posti in quasi i settori industriali.
L’industrializzazione del Giappone, avviata nella seconda metà del XIX secolo, raggiunse in breve tempo un altissimo tasso di sviluppo, soprattutto nel
settore tessile. Negli anni Trenta del XX secolo la preparazione alla guerra favorì lo sviluppo dell’industria pesante (metallurgia e chimica) e di quella meccanica e la nascita dei grandi gruppi famigliari (zaibatsu).
Durante la seconda guerra mondiale i bombardamenti statunitensi distrussero almeno un terzo dell’apparato produttivo industriale. Ma la ripresa fu
rapidissima e negli anni Sessanta-Settanta conobbe un vero e proprio boom
che riportò il Giappone tra le grandi potenze economiche. Nei due decenni
successivi i prodotti giapponesi, soprattutto quelli legati all’elettrotecnica e all’elettronica, invasero i mercati mondiali.
Il successo dell’economia giapponese è anche da attribuire all’attenta politica governativa: liberista all’interno, per stimolare la concorrenza, e protezionista verso l’esterno, per ridurre la concorrenza da parte delle produzioni straniere.
Negli anni Novanta le proteste di Stati Uniti e Unione Europea hanno costretto il Giappone ad attenuare la politica protezionista. Alla fine del decennio una grave crisi finanziaria causò una fase di recessione: per la prima volta
dal dopoguerra diminuirono le vendite e molte industrie si videro costrette a
licenziare dei dipendenti. Negli ultimi anni, tuttavia, vi sono segnali di ripresa,
con crescita del PIL, riduzione dell’ingente debito pubblico e aumento dei
consumi.
I successi dell’economia giapponese.
L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
35 787 $ (UEa 25: 26 927 $)
A causa della conformazione geografica del territorio, la
superficie coltivabile è ridotta (13% del totale). L’agricoltura si fonda su imprese di piccole dimensioni, altamente meccanizzate e che adottano le più moderne tecniche agronomiche, che permettono un’alta produttività. Malgrado
Il settore primario.
La coltivazione in serra
delle fragole nei pressi di Shizuoka
(Honshu).
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Regioni e stati del mondo
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Asia
Il Giappone è l’ottavo produttore
mondiale di tè; nella fotografia,
enormi distese di piante di tè
nell’isola di Kyushu.
Lavori in un cantiere navale
di Kure (Shikoku).
ciò, la produzione agricola giapponese
è insufficiente a soddisfare la richiesta
interna e il paese è costretto a importare molti prodotti agricoli.
Circa metà della superficie agricola
è destinata alla coltivazione del riso;
altre importanti piante alimentari sono frumento, soia, patata e patata dolce. Rilevante è la produzione di tè e
agrumi, in gran parte destinati all’esportazione.
L’allevamento è poco sviluppato, a
differenza della pesca, una delle più
redditizie al mondo, praticata da navi-officina che permettono il trattamento
del pescato direttamente a bordo. Altri prodotti marini ampiamente sfruttati
sono le alghe, utilizzate per l’alimentazione e per la concimazione dei campi, e
le perle, per la cui coltivazione il Giappone è famoso in tutto il mondo.
Il Giappone non dispone di rilevanti risorse minerarie:
il sottosuolo ospita modeste quantità di carbone, petrolio, ferro, rame, zinco,
oro, argento e altri minerali. L’apparato industriale giapponese dipende perciò
Il settore secondario.
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Giappone
Le attività economiche
principali
legname
aree industriali
autoveicoli
bovini
centrali elettriche
pesca
raffinerie
aree incolte
industria
conserviera
chimica
meccanica,
elettrotecnica
informatica,
elettronica
carta, stampa,
editoria
frumento
birra
siderurgia
cantieristica
aree coltivate
campagna
urbanizzata
boschi, prati
e pascoli
riso
fortemente dalle importazioni, sia per il settore energetico sia per le materie
prime. Per diminuire la dipendenza in campo energetico, il Giappone ha avviato un programma di potenziamento del settore nucleare, che già oggi produce oltre un quarto dell’energia elettrica del paese.
L’industria è altamente diversificata e copre praticamente qualsiasi settore
produttivo. Il sistema produttivo si basa sulla coesistenza di grandi gruppi industriali, gli zaibatsu, con una diffusa rete di piccole industrie; in ogni caso il
secondario può contare su una manodopera altamente specializzata ed è appoggiata da una ricerca scientifica all’avanguardia. Settori di punta sono i
comparti automobilistico, elettronico e informatico, ma la siderurgia e la metallurgia in generale, la chimica, la petrolchimica e la cantieristica (specializzata nella produzione di superpetroliere) contribuiscono in maniera significativa alla ricchezza del paese.
Fiorentissimo è il commercio internazionale: il Giappone è il terzo paese esportatore al mondo, dopo Stati Uniti e Germania. Il settore finanziario sta riprendendosi dopo la crisi del 1997-98, durante la quale
fallirono numerosi istituti bancari; la Borsa di Tokyo continua però a essere
una delle più importanti al mondo.
Il territorio, prevalentemente montuoso, ha reso difficile la creazione della
rete di comunicazioni, che si sviluppa soprattutto lungo le coste e che ha spesso adottato ardite soluzioni tecniche. Tutte le isole principali sono collegate
tra loro da ponti ferroviari e stradali. Fin dal XIX secolo è stata prestata particolare cura allo sviluppo della rete ferroviaria, che oggi è una delle più efficienti al mondo e conta numerosi treni ad alta velocità, come il famoso
Shinkasen, il «treno proiettile» in grado di raggiungere i 580 km/h. Le ferrovie giapponesi utilizzano anche la più lunga galleria ferroviaria al mondo (oltre 20 km sotto i monti dell’Honshu centro-settentrionale) e il più lungo ponte sospeso, che collega la città di Kobe con l’isola di Awaji.
Il Giappone dispone inoltre della più numerosa flotta commerciale al mondo.
ENERGIA ELETTRICA
prodotta 1 080 124
importata
0
esportata
0
GWh
GWh
GWh
Il settore terziario.
SOCIETÀ
medici
laureati
computer
GIAPPONE
UE
2
4,2
541
3,2
7,3
318
dati sulla base di 1000 abitanti
293
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Asia
Esercizi
1
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La regione sino-giapponese, Cina, Giappone
Evidenzia gli stati appartenenti alla regione
sino-giapponese. Scrivi nella posizione corretta
i loro nomi, i nomi delle rispettive capitali,
dei mari e oceani che li bagnano, degli stati
confinanti.
d.
e.
2
Completa le seguenti frasi.
a. La regione sino-giapponese occupa oltre
………………………… dell’Asia e corrisponde
in parte all’area definita
«……………………………………………………».
Vi comprendiamo …………………………………,
Mongolia, Corea del Nord,
……………………………………………………
e gli stati insulari del ………………………………
e di Taiwan.
b. Il territorio della regione è delimitato dal mare
ma anche da elevate
……………………………………………………:
………………………… e Karakoram a sud,
Hindukush, Tien Shan e Altaj a
…………………………, Saiani e Jablonovy a nord.
c. All’interno della regione possiamo distinguere alcune
sub-regioni: la regione …………………………, una
serie di alti e aridi altipiani, circondati dalle montagne
più ………………………… del mondo; la regione
dei …………………………, a nord; la regione
delle pianure settentrionali; la regione sud-orientale,
occupata da catene di rilievi poco elevati;
le ………………………… centrali, attraversate
dai principali fiumi cinesi, il Chiang Jiang
(o ……………………………………………………)
e lo …………………………………………………
294
f.
g.
h.
3
………………………… (o Fiume Giallo); la penisola
di …………………………; la regione insulare,
comprendente l’arcipelago …………………………,
le isole Ryukyu e l’isola di …………………………
(o Formosa).
…………………………, …………………………,
………………………… e Corea del Sud
rappresentano una delle principali aree economiche
del pianeta. Il …………………………, dopo la
catastrofe della seconda guerra mondiale, ha saputo
rapidamente riprendersi e ricostruire il proprio
apparato industriale, che ne ha fatto la
……………………………………………………
economica mondiale.
La Cina è il ………………………… paese
del mondo per superficie, dopo
……………………………………………………
e Canada. A est si affaccia
sull’……………………………………………………,
che forma una serie di bacini interni, e confina
con ben ………………………… stati.
In gran parte della Cina il clima è
…………………………; la distanza dai mari
e la presenza di alte montagne conferiscono
al ………………………… un clima secco con
temperature basse tutto l’anno. La regione
sud-orientale beneficia dell’influenza
dei …………………………………………….
Il Giappone è un ………………………… formato
da quattro ………………………… principali
(da nord a sud: Hokkaido, …………………………,
Shikoku e Kyushu) e circa 3000
…………………………………………… minori.
Il territorio giapponese è quasi interamente occupato
da rilievi (le …………………………………………),
con poche e limitate pianure. Numerosi sono
i ………………………… e uno di essi, il celebre
……………………………………………………,
è anche la cima più alta del paese.
Vero o falso?
a. La Cina nel suo complesso è uno
degli stati con la densità di popolazione
più alta al mondo.
b. Il Giappone ha una densità di popolazione
superiore a quella italiana.
c. La popolazione giapponese è pari a più
del doppio di quella italiana.
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
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d. In Giappone il governo ha messo in atto
una serie di politiche per la limitazione
delle nascite.
e. La Cina occidentale è in parte semidesertica.
f. Il Giappone settentrionale ha un clima
piuttosto rigido.
g. La Cina è ai primi posti nella classifica
delle grandi potenze economiche.
4
a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.
h.
5
V ■
F
■
V
F
■■
V ■
F
■
a.
b.
c.
d.
e.
7
Osserva la cartina e rispondi alle domande.
V ■
F
■
Spiega che cos’è…
… il Tian Shan
… l’Amur
… una ZES
… il mandarino (e non stiamo parlando di alimenti…)
… Hokkaido
… uno shogun
… lo scintoismo
… Osaka
Perché…
a. … nel 1949 venne proclamata la Repubblica
della Cina Nazionale separata dalla Repubblica
Popolare Cinese?
b. … in Cina da decenni il governo ha avviato
una politica di limitazione delle nascite?
c. … la parte occidentale della Cina è molto meno
densamente popolata della parte orientale?
d. … Hong Kong e Macao, pur essendo poste
sul territorio cinese, da pochi anni appartengono
effettivamente alla Cina?
e. … il Giappone è detto «il paese del Sol levante»?
f. … il Giappone presenta condizioni climatiche
piuttosto varie?
g. … in Giappone i fiumi hanno un corso breve
e rapido?
h. … nel 1945 le città di Hiroshima e Nagasaki
vennero quasi completamente rase al suolo?
i. … in Giappone i terreni destinati alle coltivazioni
non sono molto estesi?
6
3. La principale delle isole Ryukyu
4. La più meridionale delle quattro maggiori isole
giapponesi
5. Ex colonia portoghese oggi appartenente alla Cina
a.
b.
c.
d.
8
Che cosa illustra?
Quali sono le principali città comprese in essa?
Su quali isole si estende?
Nel resto del Giappone vi sono altre importanti città?
Osserva la fotografia e rispondi alle domande
seguenti.
Collega ogni termine o nome geografico
qui di seguito elencato con la definizione o
la caratteristica che lo riguarda (più in basso).
Canton
Macao
Kyushu
Sapporo
Okinawa
1. La più settentrionale delle maggiori città giapponesi
2. Grande città del sud della Cina
a. Che cosa illustra?
b. A che cosa doveva servire la costruzione che vedi
nella fotografia?
c. Quando fu eretta?
d. Descrivi il paesaggio visibile nella fotografia.
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Asia
L’Asia sud-orientale
Una spiaggia
dell’isola di Phi Phi,
in Thailandia.
1 Una regione
molto composita
L’Asia sud-orientale è composta da
due distinte unità territoriali: la penisola Indocinese e l’arcipelago Malese.
1. La penisola Indocinese, posta a est
dell’India e a sud della Cina, è bagnata a ovest dal golfo del Bengala e
dal mar delle Andamane e a est dal
mar Cinese Meridionale. Ha un profilo piuttosto articolato; a nord-est si apre il golfo del Tonchino, a sud il golfo
del Siam e la costa occidentale è bordata da migliaia di isolette. Verso sud la
penisola si prolunga con la lunga e stretta penisola di Malacca, separata dall’isola di Sumatra dallo stretto di Malacca.
Il territorio è in gran parte montuoso; il rilievo è costituito da numerose catene parallele che dal Tibet si diramano verso sud-est. Le aree pianeggianti
si allargano lungo le coste o nelle vallate dei maggiori fiumi; molto estese sono le pianure che costituiscono il cuore di Thailandia e Cambogia.
2. L’arcipelago Malese, posto tra oceano Indiano e oceano Pacifico, comprende migliaia di isole di ogni dimensione raggruppate in quattro arcipelaghi
principali:
le Grandi isole della Sonda, con Borneo, Giava, Sulawesi (Celebes) e Sumatra;
le Piccole isole della Sonda, comprendenti l’arco di isole tra Giava e la Nuova Guinea (le più note sono Bali, Flores e Timor);
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L’ A s i a s u d - o r i e n t a l e
l’arcipelago delle Molucche, tra Sulawesi e la Nuova Guinea;
l’arcipelago delle Filippine, a nord-est del Borneo.
Anche le isole sono prevalentemente montuose, con pianure costiere
generalmente poco estese ad eccezione di quelle orientali di Sumatra
e quelle meridionali del Borneo, che sono in gran parte paludose.
Appartiene politicamente alla regione del Sud-Est asiatico anche
la parte occidentale della Nuova Guinea, una delle più estese isole
del mondo.
Tutta l’area è fortemente sismica e gran parte delle isole che formano l’arcipelago Malese sono di origine vulcanica. Il 26 dicembre
2004 un violentissimo terremoto con epicentro a ovest di Sumatra
ha provocato oltre 100 000 morti nella parte settentrionale dell’isola, mentre lo tsunami generato dal sisma ha colpito le coste di molti stati che si affacciano sull’oceano Indiano causando altre decine di
migliaia di morti e gravissime distruzioni.
I fiumi più lunghi scorrono nella penisola indocinese:
l’Irrawaddy (2250 km) attraversa tutto il Myanmar, da nord a sud, e si getta
con un vasto delta nel mar delle Andamane;
il Salween (2550 km) nasce in Tibet, per poi entrare in Myanmar e segnare
per un tratto il confine con la Thailandia;
il Mekong (4500 km) è il principale fiume della regione e uno dei più lunghi
al mondo; nasce in Tibet e attraversa Cina, Myanmar, Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam, prima di gettarsi nel mar Cinese Meridionale;
il Fiume Rosso (1200 km) nasce dai monti della Cina meridionale e si getta
nel golfo del Tonchino.
La rete idrografica.
Il clima è di tipo tropicale e risente fortemente dell’influenza dei
monsoni nelle aree costiere. Procedendo verso l’interno della penisola Indocinese, diminuiscono le precipitazioni e le temperature si fanno più temperate. Tutta la regione è ancora in buona parte coperta dalla foresta tropicale,
che conserva un alto tasso di biodiversità.
Gli effetti dello tsunami che ha
colpito l’Asia sud-orientale nel
dicembre 2004; nella fotografia, il
litorale di Banda Aceh, in Indonesia.
Il clima.
Il corso del fiume Mekong,
nel Laos.
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Regioni e stati del mondo
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Asia
2 Una costellazione di popoli diversi
L’Asia sud-orientale comprende Cambogia, Laos, Malaysia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam nella penisola Indocinese; Filippine, Indonesia,
Brunei e Timor Orientale (lo stato di più recente indipendenza) nell’arcipelago malese. Nell’Asia di Sud-Est vivono oltre 550 milioni di persone (circa 14
asiatici su 100), appartenenti a quattro gruppi etnici principali:
mon khmer, diffuso soprattutto in Cambogia, Vietnam, Laos e Thailandia
nord-orientale;
thai, diffuso in Thailandia, Laos e Myanmar;
tibeto-birmano, a cui appartiene l’etnia dominante nel Myanmar, ma presente anche in Thailandia;
malese, diffuso in Malesia, Indonesia, Filippine e Timor Orientale.
A causa della conformazione del territorio, questi gruppi si sono polverizzati
in un grandissimo numero di popoli con tradizioni e lingue differenti.
Esistono anche consistenti minoranze di cinesi, indiani ed europei, in percentuale diversa nei vari stati. I cinesi, in particolare, si sono installati da secoli
in tutta l’Asia sud-orientale, dedicandosi con successo al commercio.
Le popolazioni si concentrano nelle aree pianeggianti, lungo i fiumi e sulle
coste; la percentuale di popolazione urbana è nel complesso bassa, in particolare nella penisola indocinese.
Tre sono le fedi predominanti:
buddhismo, la religione più seguita in Cambogia, Laos, Myanmar, Singapore,
Thailandia e Vietnam;
islamismo, diffuso soprattutto nel Brunei, in Malaysia e in Indonesia (il
maggiore stato islamico del mondo, se ci si riferisce al numero di abitanti);
cristianesimo, predominante nelle Filippine e a Timor Orientale.
I rapporti tra le varie etnie e le differenti religioni sono spesso molto tesi e
non di rado sfociano in conflitti armati.
Le religioni.
L’interno di un tempio buddhista
a Bangkok, capitale della Thailandia.
Danzatrici di Bali (Indonesia), nei costumi della tradizione.
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L’ A s i a s u d - o r i e n t a l e
Agricoltori al lavoro nelle risaie
delle Filippine.
3 Una regione in bilico
L’Asia sud-orientale presenta aspetti molto contraddittori.
Singapore, una delle quattro «tigri asiatiche», è uno degli stati più prosperi del continente, grazie a un’economia basata sull’industria ad alta tecnologia,
sul commercio internazionale e sulle attività finanziarie; anche il Brunei, grazie a buone riserve di petrolio e di gas naturale e al ridotto numero di abitanti, gode di un elevato tenore di vita.
All’estremo opposto Cambogia, Laos, Myanmar, Timor Orientale e Vietnam
hanno per lo più economie arretrate, basate soprattutto sull’agricoltura (che impiega, in media, oltre il 60% della forza lavoro), praticata con sistemi tradizionali, e sullo sfruttamento delle risorse minerarie. L’agricoltura produce riso e altri cereali, patate dolci e manioca per il consumo interno e caffè, tè, cacao, canna
da zucchero, frutta tropicale, oli vegetali, tabacco per l’esportazione.
Un ruolo importante ha lo sfruttamento delle foreste, che forniscono legname pregiato e caucciù. Molto sviluppato è l’allevamento di bovini, suini e volatili da cortile; la pesca, sia nelle acque marine sia in quelle interne, svolge un
ruolo insostituibile nell’alimentazione.
Solo il Vietnam sta sperimentando una certa crescita nel settore industriale.
Tra i due estremi si trovano Filippine, Indonesia, Malaysia e Thailandia,
stati che hanno avviato un programma di ammodernamento delle strutture
produttive, grazie soprattutto agli investimenti stranieri attirati dal basso costo
della manodopera e dalle facilitazioni offerte dai governi. In tali economie l’agricoltura mantiene un ruolo importante sia per la percentuale di addetti sia
per la partecipazione alla formazione del PIL; più produttivo è il settore secondario (in particolare l’industria ad alta tecnologia), mentre ancora poco
sviluppate risultano le attività del terziario, legate in special modo al turismo.
Il disastroso terremoto del 2004 ha comportato una brusca frenata nello sviluppo di alcuni stati (soprattutto Indonesia e Thailandia).
La regione è anche uno dei principali centri della coltivazione illegale del
papavero da oppio, concentrata nel cosiddetto «Triangolo d’oro» al confine
tra Laos, Thailandia e Myanmar.
Tutti gli stati della regione, tranne Timor Orientale, fanno parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni dell’Asia sud-orientale), fondata nel 1967
per creare un’area di libero scambio tra gli stati membri.
La fluitazione del legname
ricavato dalla foresta del Borneo sul
fiume Mahakam (Indonesia).
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Asia
4 Una vicenda molto travagliata
Soldati francesi in trincea
durante la guerra per il dominio
sull’Indocina contro il Vietnam
nel 1953.
Un edificio costruito
per celebrare l’indipendenza
della Malaysia (1957), nella città
di Malacca.
300
La storia recente del Sud-Est asiatico è stata particolarmente travagliata, in
quanto essa si collocava al confine tra le aree di influenza del mondo comunista e quelle del mondo occidentale ed è, perciò, stata oggetto di contesa durante il periodo della guerra fredda.
Durante il XIX secolo le potenze coloniali europee si spartirono l’Asia sudorientale:
gli inglesi imposero il controllo sul Myanmar (allora noto come Birmania),
sulla Malaysia (compresa Singapore) e su parte del Borneo;
gli olandesi consolidarono la dominazione sulle isole della Sonda, sulle Molucche, sulla Nuova Guinea e sulla parte del Borneo non controllata dagli
inglesi;
i francesi si stabilirono in Cambogia, Laos e Vietnam (che costituirono l’Indocina francese);
gli statunitensi alla fine del secolo si sostituirono agli spagnoli come potenza dominante nelle Filippine. Solamente la Thailandia (Siam) riuscì a mantenere una certo grado di indipendenza.
Durante la seconda guerra mondiale i paesi del Sud-Est asiatico vennero occupati dai giapponesi, spesso con l’aiuto dei nazionalisti locali.
La guerra del Vietnam. Al termine della guerra le potenze coloniali dovettero riconoscere l’indipendenza delle colonie, talvolta solo dopo cruente guerre, come in Vietnam o in Indonesia. In Vietnam la lotta contro i francesi, conclusasi nel 1954, portò alla divisione del paese: al nord del 17° parallelo la
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L’ A s i a s u d - o r i e n t a l e
Repubblica Democratica del Vietnam (Vietnam del
Nord), con un governo comunista appoggiato dalla
Cina, a sud la Repubblica del Vietnam (Vietnam del
Sud), con un governo autoritario, appoggiato dagli
Stati Uniti.
Le crescenti difficoltà del governo sudvietnamita
nel contrastare gli assalti dei guerriglieri comunisti
(vietcong) spinse gli Stati Uniti a inviare truppe sempre più numerose e a impegnarsi duramente a favore
del Vietnam del Sud. Nonostante gli sforzi, però, nel
1973 gli Stati Uniti ritirarono le proprie truppe e nel
1976 venne completata la riunificazione del paese
con la creazione della Repubblica Socialista del Vietnam. La guerra del Vietnam e la sconfitta degli Stati Uniti ebbe ripercussioni anche in Laos e in Cambogia, dove nel 1975 i khmer rossi instaurarono una feroce dittatura comunista, che in quattro anni di potere fece un numero di vittime
imprecisato, ma comunque stimato in uno-due milioni.
Le distruzioni causate dalla guerra in Indocina furono di tale portata che
ancora oggi condizionano lo sviluppo economico dell’area.
Le attuali aree di crisi. Oggi le principali aree di crisi sono rappresentate dal
Myanmar, dove dal 1988 è al potere una dittatura militare e dove numerose minoranze da decenni conducono una lotta armata per il riconoscimento delle
proprie peculiarità culturali e per una maggiore autonomia amministrativa; e
dalle regioni dove si registrano scontri a sfondo religioso tra musulmani e cristiani (Filippine e Indonesia) o tra musulmani e buddhisti (Thailandia meridionale). Numerosi movimenti terroristici islamici operanti nella regione sono accusati dagli Stati Uniti di far parte dell’organizzazione al-Qaeda, creata dal
miliardario saudita Osama Bin Laden.
Un soldato sudvietnamita scorta
un vietcong preso in ostaggio
durante la guerra del Vietnam
(1960-75).
Profughi musulmani provenienti
dal Myanmar in viaggio verso un
campo di raccolta nel Bangladesh.
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Africa
AFRICA
Superficie (km2)
Popolazione (ab.)
Densità (ab./km2)
30 198 835
876 938 000
29
I LAGHI PIÙ ESTESI
Vittoria ❯ 68 100 km2
Tanganica ❯ 32 893 km2
Malawi (Niassa) ❯ 30 800 km2
I FIUMI PIÙ LUNGHI
I MONTI PIÙ ALTI
Nilo-Kagera ❯ 6671 km
Congo-Zaire ❯ 4200 km
Niger ❯ 4160 km
Kilimangiaro ❯ 5895 m
Kenya ❯ 5199 m
Ruwenzori ❯ 5109 m
LE CITTÀ PIÙ POPOLOSE
Lagos ❯ 13 427 000 ab.*
Il Cairo ❯ 10 834 000 ab.*
Kinshasa ❯ 5 277 000 ab.
* Area metropolitana
LO STATO PIÙ PICCOLO
Seicelle ❯ 455 km2
LO STATO PIÙ ESTESO
Sudan ❯ 2 503 890 km2
LO STATO PIÙ POPOLATO
Nigeria ❯ 128 220 000 ab.
LO STATO MENO POPOLATO
Seicelle ❯ 84 000 ab.
Madagascar ❯ 587 000 km
Socotra ❯ 3626 km2
Riunione ❯ 2510 km2
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I MAGGIORI BACINI IDROGRAFICI
2
Congo ❯ 3 690 000 km2
Nilo-Kagera ❯ 2 867 000 km2
Niger ❯ 2 092 000 km2
Equatore
Greenwich
LE ISOLE PRINCIPALI
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1 Prima esplorazione dell’Africa
L’Africa è un continente ampio quasi tre volte l’Europa dalla forma piuttosto
tozza. È bagnata a nord dal mar Mediterraneo, a est dal mar Rosso e dall’oceano Indiano, a ovest dall’oceano Atlantico. Separata dall’Europa dallo stretto di Gibilterra (oltre che dal Mediterraneo), si collega all’Asia attraverso la penisola del Sinai (anche se il canale di Suez ha diviso i due continenti).
Le coste africane sono poco articolate, con l’unica eccezione della penisola Somala, a est, tra il golfo di Aden e l’oceano Indiano. Nell’Atlantico si apre l’ampio golfo di Guinea.
Appartiene all’Africa il Madagascar, la quarta isola del mondo per superficie, nell’oceano Indiano (così come gli arcipelaghi delle Comore e delle Seicelle); nell’Atlantico sorgono gli arcipelaghi delle Canarie e di Capo Verde.
Caratteristica di gran parte dell’Africa è la presenza di altipiani a forma di tavolato; le catene montuose sono insolitamente
rare. Nel nord-ovest si innalza il sistema dell’Atlante, mentre all’interno spiccano alcuni massicci vulcanici: il Tassili n’Ajjer, l’Hoggar, il Tibesti. Rilievi simili sono presenti anche nella regione centrale (massicci del Gebel Marra, Adamaoua, Camerun).
A oriente, poco a sud dell’acrocoro Etiopico, imponenti fenomeni geologici hanno determinato la formazione di un lunghissimo sistema di fratture, la
Rift Valley, e di grandi montagne di origine vulcanica tra cui il Kilimangiaro, il
Kenya e il Ruwenzori (le maggiori vette del continente).
A sud, i tavolati che occupano gran parte del territorio dell’Africa meridionale si rialzano nei monti dei Draghi e nel Gran Karroo.
Un rilievo molto particolare.
Dai rilievi dell’Africa centrale nasce il Nilo (6671 km), il più
lungo fiume del mondo, la «spina dorsale» del Sudan e, soprattutto, dell’Egitto. Nel Nordafrica i pochi corsi d’acqua hanno regime di uadi.
Nell’Africa centrale scorrono il Congo, che forma un estesissimo bacino e
sfocia nell’Atlantico; il Niger, che si getta nel golfo di Guinea; lo Zambesi e il
Limpopo, che sfociano nell’oceano Indiano.
Grandi laghi profondi e dalla forma allungata (Malawi, Tanganica, Alberto,
Turkana) occupano la Rift Valley; non lontano è il più vasto lago africano, il
Vittoria, il terzo al mondo per superficie; il lago Ciad, a sud del Sahara, è paludoso e poco profondo e la sua estensione varia a seconda dell’apporto idrico stagionale.
Un tratto della costa egiziana
che si affaccia sul mar Rosso.
I fiumi e i laghi.
Glossario
Uadi (al plurale uidian). Letto di
un corso d’acqua tipico delle regioni desertiche, di solito asciutto
tranne che nei brevi periodi di
pioggia. Spesso non arriva al mare, ma si esaurisce nelle depressioni dei bacini interni (chott), dove
le acque evaporano o si infiltrano
nel terreno.
Un elefante «passeggia» su un isolotto sul fiume Zambesi.
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Africa
I CLIMI E GLI AMBIENTI. In Africa si possono distinguere quattro grandi zone climatiche (zona equatoriale, zona
subequatoriale, zona subtropicale, zona tropicale desertica), alle quali corrispondono altrettanti tipi di vegetazione,
di fauna e di risorse naturali.
La foresta equatoriale nei dintorni di Kuma Konda, nel Togo.
Un tipico paesaggio della savana in Tanzania.
Zona tropicale desertica settentrionale
Zona subtropicale temperata settentrionale
La sottile fascia costiera sul versante settentrionale
dell’Atlante ha un clima di tipo mediterraneo; le piogge
cadono soprattutto in inverno. La vegetazione è
tipicamente mediterranea, con arbusti sempreverdi, pini
e querce. Più a est il clima assume caratteri subdesertici.
Qui si estende il Sahara, un immenso tavolato che copre quasi un
terzo del continente (circa 9 milioni di km2), dall’oceano Atlantico
al mar Rosso. In territorio algerino il deserto è caratterizzato
dall’erg, deserto di dune di sabbia, e dall’hammada, deserto
roccioso. Verso est è anche presente il serir, una distesa
pianeggiante coperta di ciottoli. Ove l’acqua contenuta nelle falde
profonde giunge presso la superficie, si formano le oasi, nelle quali
sono possibili gli insediamenti e l’agricoltura.
Zona subequatoriale
settentrionale
Si estende fino ai margini del
Sahara e comprende anche
buona parte dell’altopiano
Etiopico; la temperatura è elevata
tutto l’anno ma, mentre l’inverno
è caldo e asciutto, l’estate è la
stagione delle piogge.
Zona equatoriale
Comprende il bacino del fiume Congo
e le regioni affacciate sul golfo di
Guinea. Il caldo è intenso (media
annua 25 °C), l’atmosfera satura di
umidità e le piogge molto abbondanti.
Il clima favorisce lo sviluppo della
foresta equatoriale (vedi a p. 22).
La vita per l’uomo è resa problematica
da caldo, umidità, miriadi di insetti
apportatori di malattie.
Zona tropicale desertica meridionale
I deserti dell’Africa meridionale non sono estesi come il Sahara: il
Namib, lungo la costa atlantica, e il deserto del Kalahari, lungo il
tropico del Capricorno. Le piogge, scarsissime, sono rovesci brevi
e violenti, e l’acqua piovana scompare immediatamente per
effetto dell’evaporazione o per assorbimento nel terreno poroso.
I forti venti (simun) provocano spaventose tempeste di sabbia.
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Zona subequatoriale
meridionale
Ne fanno parte gli altipiani che
delimitano la conca del fiume
Congo. L’estate è asciutta e
piove in inverno; è la regione
delle savane, formate da alte
erbe e da alberi sparsi, spesso
giganteschi, come il baobab.
Lungo i corsi d’acqua si
sviluppa una foresta di tipo
equatoriale, detta «a galleria».
Zona subtropicale
temperata meridionale
Nella stretta fascia costiera posta all’estremo
sud, intorno al capo di Buona Speranza, il clima
è di tipo mediterraneo. Negli altri tratti costieri il
clima è invece subdesertico, tranne che nell’area
sudafricana dei monti dei Draghi, che godono
di un clima temperato, con estati fresche.
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2 Un popolamento «a macchie»
Dopo l’Asia, l’Africa è il continente più popolato, anche se la densità di popolazione è bassa (29 ab./km2). In realtà il popolamento del continente è fortemente condizionato dalla presenza di vaste aree inospitali: il deserto del Sahara occupa circa un terzo dell’area continentale; il deserto
del Kalahari e la foresta pluviale del bacino del fiume
Congo sono altre due aree
pochissimo abitate.
La popolazione africana si
concentra soprattutto sulle
coste del mar Mediterraneo,
su quelle del golfo di Guinea, lungo la valle del Nilo e
in poche altre aree. Anche la
percentuale di popolazione
urbana è piuttosto bassa
(mediamente meno del
50%); ciò non significa che
in Africa non esistano grandi metropoli (l’area metropolitana di Lagos, in Nigeria, conta oltre 13 milioni di
abitanti; quella del Cairo, in
Egitto, oltre 10), ma piuttosto che manca una rete di
centri urbani medi e piccoli.
Abbiamo suddiviso l’Africa in sei macroregioni,
in base alle caratteristiche geografiche, culturali ed economiche dei paesi che
le compongono:
Africa settentrionale: comprende gli stati a nord del Sahara (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto), conquistati nel VII-VIII secolo d.C. dagli arabi,
che si sovrapposti all’originaria popolazione berbera;
Sahel: comprende l’area immediatamente a sud del Sahara e a ovest della valle del Nilo (Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Sudan);
Corno d’Africa: è la regione a est del Nilo, compresa tra la regione dei Grandi Laghi a sud e il mar Rosso a nord (Eritrea, Etiopia, Gibuti e Somalia);
area del golfo di Guinea: comprende gli stati tra il Sahel e le coste settentrionali del golfo di Guinea, allargandosi a ovest sull’oceano Atlantico (Senegal,
Gambia, Guinea Bissau, Guinea, Sierra Leone, Liberia, Costa d’Avorio, Ghana, Togo, Benin, Nigeria e Camerun, più l’arcipelago di Capo Verde al largo
delle coste del Senegal);
Africa equatoriale: comprende gli stati a ridosso dell’equatore (Guinea Equatoriale, Gabon, Repubblica Centrafricana, Congo, Repubblica Democratica
del Congo, Uganda, Ruanda, Burundi, Kenya, Tanzania, Angola, Zambia,
Malawi e l’arcipelago di São Tomé e Príncipe nel golfo di Guinea);
Africa meridionale: comprendi gli stati che occupano il sud del continente
(Namibia, Botswana, Zimbabwe, Mozambico, Sudafrica, Lesotho e Swaziland) e alcuni stati insulari dell’oceano Indiano (Seicelle, Comore, Madagascar e Maurizio).
Le principali macroregioni.
Un villaggio tradizionale
di capanne in Ciad, paese dove
la densità media di popolazione
è molto bassa (7 ab./km2).
Una veduta di Lagos, capitale
della Nigeria e la più estesa
metropoli del continente africano.
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Africa
3 Molti popoli differenti
I masai sono una popolazione
di stirpe nilo-camitica che vive in
Kenya e Tanzania; nella fotografia,
un momento di una danza rituale.
La popolazione africana si presenta molto varia dal punto di vista etnico e
culturale: la presenza delle «barriere naturali» (deserti, foreste ecc.) ha favorito l’isolamento di molte popolazioni che si sono così evolute in modo caratteristico; si stima che in tutto il continente si parlino circa 2500 lingue diverse.
Possiamo riassumere la situazione come segue:
Nell’Africa settentrionale, nel Sahel occidentale e in parte del Corno d’Africa
troviamo popolazioni di tipo mediterraneo (berberi, arabi, popolazioni etiopiche ed eritree discendenti da immigrati provenienti dalla regione meridionale della penisola arabica);
il Sahel orientale e la regione lungo la costa settentrionale del golfo di Guinea
sono abitati da popoli di etnia sudanese;
lungo la valle del Nilo, fino alla regione dei Grandi Laghi da cui il fiume ha
origine si sono diffuse le tribù di ceppo nilotico;
nel Corno d’Africa abitano anche i popoli del gruppo cuscitico (o etiopico),
con forti influenze provenienti dall’Asia sud-occidentale;
l’Africa equatoriale e meridionale sono abitate dalle popolazioni del gruppo
bantu, che partendo dalle sedi originali nell’Africa occidentale si sono diffusi
in tutta l’area;
nelle regioni aride dell’Africa meridionale vivono la ultime popolazioni khoisanidi (ottentotti e boscimani), sopravvissute alla penetrazione dei popoli
bantù e alla colonizzazione europea;
nella foresta pluviale del bacino del Congo vivono i pigmei, un particolare
gruppo caratterizzato dalla bassa statura e da una cultura materiale adatte alla sopravvivenza nell’ambiente forestale.
Islam e cristianesimo contano il maggior numero di fedeli.
L’islam è religione maggioritaria in tutto il Nordafrica, nei paesi del Sahel e
in molti stati dell’Africa occidentale e del Corno d’Africa; forti comunità musulmane si trovano lungo la costa e sulle isole dell’oceano Indiano.
La diffusione del cristianesimo ha conosciuto due fasi distinte:
una prima penetrazione, in
epoca antica, portò alla
creazione della chiesa copta
d’Egitto e di quella etiope,
entrambe sopravvissute alla diffusione dell’islam;
una seconda, legata alla colonizzazione, ha portato in
Africa il cattolicesimo e le
numerose chiese protestanti e ha interessato soprattutto l’Africa equatoriale e
meridionale.
In tutta l’Africa subsahariana sono poi ancora vitali le
credenze tradizionali. Nel
Sahel, nell’Africa occidentale e nel Corno d’Africa la
coesistenza tra le differenti
fedi sfocia spesso in violenti
contrasti.
Le religioni.
La moschea Sidi Bou Makhlouf
a El Kef, in Tunisia.
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ricerche dei paleontologi hanno dimostrato che l’Africa, e in particolare la
grande Rift Valley (Africa orientale), è la
«culla dell’umanità».
A partire dall’antichità la storia del continente si è sviluppata in modo diverso a nord e a sud del Sahara.
A nord, a partire dal III millennio a.C., fiorì la grande
civiltà egizia; successivamente, fenici, greci e romani diffusero su tutta la costa mediterranea uno stile di
vita basato sull’urbanizzazione, su sistemi politici
complessi e sui commerci ad ampio raggio.
A sud la struttura cittadina e l’economia commerciale rimasero a lungo ignote, mentre si sviluppò un
modello sociale basato sulla tribù e sul villaggio. Ma
dai primi secoli dopo Cristo il modello egiziano di
impero fondato su un re divino si diffuse anche a
sud del Sahara e nella regione del Sahel nacquero
alcuni grandi imperi, la cui ricchezza si basava sul
commercio con il mondo mediterraneo, reso possibile dalla diffusione del dromedario, grazie al quale il
deserto diveniva più facilmente valicabile. Lungo le
stesse piste percorse dalle carovane si diffuse anche
l’islam, penetrato in Africa nel VII secolo con la conquista araba dell’Africa settentrionale.
Nel XV secolo ebbe inizio l’epoca delle esplorazioni
europee; tuttavia, a parte alcuni casi, la presenza europea fino al 1880 fu limitata alle regioni costiere, dove vennero creati empori e centri portuali
per il commercio con i potentati locali. A
partire dal XVII secolo, fra le voci principali di tali commerci vi furono gli schiavi, deportati dai commercianti europei verso le
piantagioni delle colonie americane, dove
le popolazioni locali erano state sterminate o erano troppo esigue. Si stima che in
circa due secoli di tratta degli schiavi vennero trasportati in America da 10 a 28 milioni di giovani neri.
Nel 1884-85 il congresso di Berlino stabilì che solo l’occupazione effettiva di un
territorio da parte di una potenza coloniale ne avrebbe stabilito il reale possesso: si
Le
aprì così la corsa alla conquista dell’Africa. All’inizio
del XX secolo l’Etiopia e la Liberia erano gli unici stati realmente indipendenti di tutto il continente. Francesi, inglesi, portoghesi, spagnoli, tedeschi, italiani e
belgi si spartirono il continente avviandone lo sfruttamento indiscriminato delle risorse, forti anche del
pregiudizio che vedeva negli africani esseri geneticamente inferiori agli europei.
Solo dopo la seconda guerra mondiale i paesi africani si resero gradualmente indipendenti, talvolta a
prezzo di sanguinose guerre di liberazione. Tuttavia i
nuovi stati vennero creati mantenendo i vecchi confini coloniali, senza tenere conto dei desideri delle
popolazioni: genti ostili da secoli si trovarono così a
convivere entro uno stesso stato, mentre tribù appartenenti al medesimo popolo si trovarono a vivere
in stati diversi. Da qui nacquero i conflitti etnici e religiosi che ancora oggi insanguinano molte regioni.
Inoltre le compagnie europee mantennero uno stretto controllo sullo sfruttamento delle risorse del paese, favorendo gli uomini politici che garantivano loro
il massimo profitto: le classi dominanti africane si arricchirono a spese dei propri paesi e, dalla loro indipendenza, la maggior parte degli stati africani ha conosciuto un susseguirsi di colpi di stato e di dittature, senza che la vita delle popolazioni sia minimamente migliorata.
Un passo in avanti
Grandi civiltà e lunghi
sfruttamenti
La Sfinge e la piramide di Micerino ad al-Giza
(Egitto), illustri testimonianze della civiltà egizia.
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Africa
4 Sottosviluppo
e degrado ambientale
Secondo le statistiche, l’Africa è l’unico continente i cui indicatori economici e sociali continuano a peggiorare.
Ancora in gran parte esclusi dalla moderna civiltà tecnologica, quasi tutti gli
stati africani si trovano in condizioni di sottosviluppo economico e sociale. L’unico paese che compare tra gli stati ad alto sviluppo umano è il piccolo arcipelago delle Seicelle, nell’oceano Indiano. In realtà, l’unico paese dotato di infrastrutture e di industrie sviluppate è il Sudafrica, che deve però fare i conti
con la pesante eredità di degrado sociale causata da decenni di politica discriminatoria nei confronti dei neri. Di un discreto livello medio di reddito gode anche la Libia, grazie alla ricchezza ricavata dal petrolio.
Tuttavia, anche nei paesi in cui è stato avviato un programma di sfruttamento delle abbondanti risorse (soprattutto minerarie), la ricchezza rimane
concentrata nelle mani di pochi.
In tutta l’Africa le condizioni di vita sono particolarmente arretrate nei villaggi rurali, dove si pratica un’agricoltura di sussistenza. Nelle città le attività economiche più comuni sono il commercio, la piccola manifattura, i servizi amministrativi; ma per milioni di persone che vivono nelle sterminate baraccopoli i lavori sono occasionali e la sopravvivenza una scommessa da fare
giorno per giorno.
La grave crisi dell’Africa.
Un bambino tra le macerie
di Huambo, in Angola, paese
sconvolto da una sanguinosa
guerra civile durata ben 27 anni
(1975-2002).
Una piantagione di caffè
nei dintorni di Nairobi, in Kenya.
308
Alcune ragioni del sottosviluppo. I principali fattori che impediscono lo
sviluppo sono:
le precarie condizioni igieniche e le frequenti carestie, che sono spesso causa di gravi malattie come la malaria, l’AIDS e la lebbra;
i sanguinosi conflitti per contrasti etnici o religiosi, che ostacolano il progresso economico e gli investimenti di capitali stranieri;
le colture di piantagione (eredità dell’epoca coloniale), i cui prodotti sono
destinati all’esportazione e non a sfamare la popolazione locale, che in tal
modo non riesce a raggiungere l’autosufficienza alimentare.
Nell’ultimo decennio il boom demografico, le siccità e le guerre civili in molti paesi hanno provocato la crisi delle strutture sanitarie esistenti: per tale mo-
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Lavori di deforestazione in Benin per ottenere carbone.
tivo si sono propagate terribili epidemie, in primo luogo di AIDS.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS),
da anni l’Africa subsahariana detiene il triste primato del più alto
numero di sieropositivi al mondo (circa 30 milioni di ammalati).
Per quanto poco sviluppata, l’industria genera un forte inquinamento in molte aree, perché spesso gli impianti mancano dei più elementari sistemi di sicurezza e di smaltimento delle scorie. In molti paesi (Nigeria,
Benin, Congo, Guinea…), inoltre, sono stati creati depositi di rifiuti tossici
pericolosi «importati» dall’Europa e dal Nordamerica: anche se illecito e condannato dalle organizzazioni internazionali, questo traffico di rifiuti continua,
grazie alla connivenza delle autorità locali.
Nelle regioni dell’Africa centro-settentrionale negli ultimi decenni il deserto è avanzato, a danno della savana e dei terreni coltivabili. Tra le cause della
desertificazione, oltre che cause climatiche vi sono lo sfruttamento eccessivo
dei pascoli e la deforestazione massiccia. Molte iniziative sono state prese per
fronteggiare il fenomeno, con l’aiuto di organismi internazionali (come la
FAO) e di associazioni private europee e nordamericane. Negli ultimi anni,
grazie anche a lievi mutazioni positive del clima, alcune aree un tempo desertiche sono tornate verdi.
Un numero altissimo di persone
in Africa riesce a sopravvivere
soltanto grazie agli aiuti umanitari;
nella fotografia, la distribuzione
di cibo in Mauritania.
La carenza di acqua e di cibo. I gravissimi problemi dell’acqua e della fame
affliggono i popoli africani da decenni e sono divenuti una vera e propria
emergenza non solo per l’agricoltura. Il divario tra fabbisogno d’acqua e scorte disponibili è in costante aumento in molte aree dell’Africa. Ogni anno 3,4
milioni di uomini, donne e bambini muoiono a causa di malattie legate alla carenza d’acqua. La questione è ancora aggravata dal fatto che in molti paesi
mancano le strutture per il trattamento delle acque di scarico, poiché non esistono fognature e impianti di depurazione. In molti paesi africani accade allora che corsi d’acqua e laghi, quando presenti, vengano usati sia per attingere acqua a scopo alimentare e igienico, sia per il deposito dei rifiuti, con gravi ripercussioni sulle condizioni di salute della popolazione.
Povertà e sottosviluppo mettono a rischio anche il ricchissimo patrimonio
faunistico africano. In poco più di cinquant’anni i grandi mammiferi si sono ridotti di almeno venti volte: questa strage è stata causata dall’espansione delle
città e delle coltivazioni, dall’allevamento del bestiame e dalla caccia.
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Africa
L’Africa mediterranea
Dune di sabbia nel deserto
del Sahara algerino.
Una veduta aerea del Nilo
e della pianura circostante
nei pressi di Assuan (Egitto).
1 Una regione omogenea
L’Africa mediterranea comprende, da ovest a est, Marocco, Algeria, Tunisia,
Libia ed Egitto; è una regione molto omogenea dal punto di vista ambientale
e culturale: il deserto del Sahara la isola infatti dal resto del continente.
Il territorio comprende tre regioni ben distinte:
le pianure costiere, lungo le coste dell’oceano Atlantico e del mar Mediterraneo;
la catena dell’Atlante, che attraversa il territorio di Marocco, Algeria e Tunisia e comprende alcune cime che superano i 4000 metri;
il deserto del Sahara, che si estende a sud dell’Atlante e delle pianure costiere.
A est la stretta e fertile valle del Nilo separa il deserto Libico dal deserto
Orientale. Il Nilo è l’unico grande fiume della regione: altrove i fiumi hanno
corsi brevi e regimi stagionali. Prima della formazione del lago Nasser – a seguito della costruzione della diga di Assuan sul Nilo – nella regione non esistevano laghi di acqua dolce, ma solo dei chott, bacini di acqua salata.
Appartengono fisicamente all’Africa settentrionale ma politicamente all’Europa gli arcipelaghi delle Canarie (Spagna) e di Madera (o Madeira, Portogallo) al largo delle coste atlantiche; la penisola del Sinai, che politicamente
appartiene all’Egitto, fisicamente è asiatica.
Il clima è condizionato dalla presenza del mare e del deserto. Sulle zone costiere regna un clima mediterraneo, con estati calde e inverni miti e umidi,
che permettono lo sviluppo dell’agricoltura e di foreste nelle regioni montuose. L’umidità diminuisce rapidamente verso l’interno, dove si passa al deserto,
caratterizzato anche da ampie escursioni termiche giornaliere.
310
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L’ A f r i c a m e d i t e r r a n e a
2 Lunghe dominazioni
prima dell’indipendenza
Strettamente legata al resto del mondo mediterraneo, l’Africa settentrionale
vide fiorire la civiltà degli egizi e grandi città fenicie, greche e romane, come
Alessandria, Cirene, Cartagine e Leptis Magna.
Questa unità culturale fu infranta dalla penetrazione degli arabi, che intorno al VII secolo conquistarono la regione, imponendo la loro religione (l’islam), la loro lingua e i loro costumi. La dominazione araba durò quasi mille
anni e la sua influenza fu così profonda che né il successivo dominio turco né
la colonizzazione europea modificarono sostanzialmente le tradizioni sociali di
questa parte del mondo arabo-islamico.
Anche negli ultimi decenni l’islam svolge un ruolo decisivo nel rafforzare
l’identità politica e culturale dei paesi nordafricani.
A partire dal 1830 circa, dopo il lungo dominio turco, l’Africa settentrionale
fu conquistata e spartita tra Francia (che si impose nel Maghreb: Algeria, Marocco e Tunisia) e Regno Unito (che instaurò un protettorato in Egitto, la cui
rilevanza militare e commerciale crebbe dal 1869 grazie all’apertura del canale di Suez). La Libia, invece, prima di passare sotto l’autorità britannica e francese, fu colonia italiana (1912-43).
L’indipendenza politica degli stati della regione si realizzò tra gli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo. In Algeria, dove erano numerosi i coloni francesi, la lotta per la liberazione fu particolarmente lunga (1954-62) e sanguinosa.
Il dittatore Benito Mussolini
durante una visita a Tripoli, in Libia,
nel 1937.
L’unico popolo che ha mantenuto una sua identità rispetto agli arabi,
pur accettando la religione islamica, è stato quello dei berberi. Originari abitanti di queste regioni, i berberi si definiscono «uomini liberi», fieri di una tradizione di indipendenza che risale all’antichità, quando seppero resistere alle invasioni dei popoli provenienti dal mare (fenici, romani, vandali, bizantini). Organizzati
in società a struttura tribale, sono in prevalenza agricoltori sedentari nel nord e
nomadi nel sud. Le comunità berbere sono concentrate negli stati del Maghreb:
in Marocco rappresentano il 33% della popolazione, in Algeria il 26%.
I berberi.
Le aree «calde». La regione è percorsa da tensioni legate alla nascita di movimenti «integralisti» che rifiutano i valori e le istituzioni politiche dell’Occidente, molto attivi soprattutto in Egitto e in Algeria (paese in cui dal 1993 è in
atto una feroce guerra civile). Un’altra area calda è rappresentata dal Sahara
Occidentale, che il Marocco si è annesso contro la volontà della popolazione
locale (vedi a p. 315).
Un gruppo di berberi
dell’Algeria.
Glossario
Maghreb In arabo significa «occidente»: indica la macroregione
africana nord-occidentale, comprendente le catene dell’Atlante e
le pianure costiere di Marocco, Algeria e Tunisia.
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Regioni e stati del mondo
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Africa
3 Una popolazione in forte crescita
Alcuni bambini ad Hammamet
(Tunisia).
Le popolazioni dell’Africa mediterranea godono di un benessere economico e
sociale più elevato rispetto agli altri stati africani (a parte il Sudafrica). Il pieno sviluppo della regione è stato però ostacolato dalla crescita impetuosa della popolazione, quasi triplicata dal 1960; ma negli ultimi anni la natalità è in
diminuzione, per effetto delle politiche di pianificazione familiare, e l’età del matrimonio tende a salire (da una media di 16-18 anni nel 1950-60 a 26-28 anni
all’inizio del XXI secolo). Anche la mortalità infantile, benché elevata, sta riducendosi e la speranza di vita è in aumento.
L’esplosione demografica ha alimentato l’esodo dalle campagne e una rapida e disordinata espansione delle città. Queste, sorte soprattutto nella fascia
litoranea (la più industrializzata), accolgono i due terzi della popolazione; le
aree interne mantengono un forte carattere rurale. Si accentua così lo squilibrio, presente fin dall’antichità, tra le aree costiere e l’entroterra.
La povertà diffusa, la mancanza di case e la disoccupazione
spingono una parte della popolazione, soprattutto i giovani, a emigrare in
cerca di migliori condizioni di vita. I flussi migratori sono diretti verso i paesi avanzati dell’altra sponda del Mediterraneo, in particolare verso le ex potenze coloniali: importanti minoranze di nordafricani risiedono in Francia e,
da tempi più recenti, in Italia.
Le emigrazioni.
I rapporti con l’Europa. I paesi nordafricani hanno mantenuto intensi rapporti commerciali e di cooperazione tecnico-economica con le ex potenze coloniali europee anche dopo l’indipendenza politica. I due terzi degli scambi di
questi paesi avvengono infatti con l’Unione Europea: la Francia è uno dei
principali partner commerciali di Marocco, Algeria e Tunisia; l’Italia è uno
dei più importanti destinatari delle esportazioni della Libia. Il francese (in
Marocco, Algeria e Tunisia) e l’inglese (in Egitto) sono ancora usati negli affari, nel commercio e nell’insegnamento.
Nel corso degli ultimi decenni i
governi nazionali, anche con il concorso di capitali stranieri, hanno
tentato di affiancare alle attività
tradizionali (agricoltura, pastorizia,
artigianato) nuove attività economiche, per lo più collegate allo
sfruttamento delle risorse minerarie. Si sono così sviluppate alcune
industrie legate al petrolio (Algeria,
Libia, Egitto) e ai fosfati (Marocco,
Tunisia).
In anni più recenti il turismo è
divenuto una voce sempre più importante nell’economia di Marocco, Tunisia ed Egitto, dove sono
sorte moderne strutture ricettive.
Operai al lavoro presso un impianto
per l’estrazione di petrolio in Egitto.
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Marocco
MAROCCO
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
Superficie (km2)
Popolazione (ab.)
Densità (ab./km2)
Popolazione urbana (%)
458 730
29 948 000
65
55,1
monarchia costituzionale
Rabat (628 000 abitanti)
dirham (100 franchi)
MA
1 Alte montagne e pianure costiere
Affacciato a ovest sull’oceano Atlantico e a nord sul mar Mediterraneo, il Marocco confina a est e a sud-est con l’Algeria e a sud-ovest con il Sahara Occidentale. È lo stato africano più vicino all’Europa (al di là dello stretto di Gibilterra, a 14,5 km, vi sono le coste spagnole). Le coste sono basse e sabbiose
sull’Atlantico, alte e frastagliate sul
Mediterraneo (per l’estendersi in
prossimità della costa della catena
del Rif).
Il territorio è dominato dai due
sistemi montuosi del Rif e dell’Atlante; quest’ultimo è costituito da
tre catene parallele separate da altipiani e pianure e raggiunge i 4165
m nel monte Toubkal. Le aree fertili (il cosiddetto «Marocco utile») si
estendono lungo le fasce litoranee.
A sud il Marocco è lambito dal
Sahara.
Il clima è mediterraneo lungo la
costa e continentale nell’interno.
Le precipitazioni, relativamente
abbondanti sul Rif e sulle pendici
settentrionali dell’Atlante, permettono lo sviluppo di foreste di querce e cedri.
Il paesaggio nei dintorni
di Marrakech.
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Africa
2 La popolazione e le città
Lingua
arabo
Religione
musulmani (99,8%)
Numero di figli per donna
2,7
Popolazione < 15 anni
32,1%
Popolazione > 60 anni
7,1%
Speranza di vita
M 68, F 73
ISU
0,631 (124° posto nel mondo)
Una veduta di Fès, terza città
del Marocco per numero di abitanti
e antica capitale imperiale.
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
ABITANTI
Rabat
1623 000 *
Casablanca
2 934 000
Fès
947 000
Marrakech
823 000
Tangeri
670 000
* area metropolitana
La facciata del Palazzo reale a
Rabat, capitale del paese.
314
Il Marocco è il paese del Maghreb con la più alta percentuale di berberi (vedi
a p. 311), insediati per lo più nelle aree di montagna. La popolazione araba vive soprattutto nelle pianure e nel Rif occidentale. La maggior parte degli abitanti si concentra nel «Marocco utile»: i valori massimi di densità si registrano
nella zona di Tangeri e Casablanca, per poi decrescere all’interno del paese,
con minimi nella regione sahariana.
I flussi migratori verso i paesi europei (soprattutto verso Spagna, Francia e
Italia) sono molto intensi. La popolazione urbana è in costante aumento, per
effetto delle migrazioni dalle campagne.
La lingua ufficiale è l’arabo, ma l’insegnamento scolastico viene impartito anche
in francese, inglese e nella lingua berbera. La religione dominante è l’islamismo.
La capitale, Rabat, sorge sulla costa atlantica: antica città islamica imperiale, oggi è sede di attività commerciali, industriali e turistiche.
A sud-ovest, la vivace e moderna Casablanca (la città più popolosa del paese)
è ricca di interessanti testimonianze dell’architettura coloniale; nel 1993 vi è stata inaugurata una grande moschea (seconda per dimensioni solo a quella della
Mecca) e il suo porto è tra i maggiori del Nordafrica per volume di traffici.
Nell’interno si trovano invece Marrakech, chiamata «la Rossa» per il colore delle sue mura e della terra su cui sorge, e Fès, sede della più antica università islamica.
Tangeri, antichissima città sullo stretto di Gibilterra, oggi è scalo marittimo
di rilievo e fiorente stazione turistica.
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Marocco
SAHARA OCCIDENTALE
Colonia spa252 120
gnola fino al 1976, il territorio del Sahara Superficie (km2)
Popolazione
(ab.)
417 000
Occidentale venne subito annesso dal Maal-Ayoune
rocco. Nello stesso anno il Fronte Polisa- Capoluogo
(184 000 abitanti)
rio (movimento indipendentista del popolo saharawi, che abita la parte occidentale
del deserto) costituì una «repubblica araba sahariana» nell’area presso il confine
con l’Algeria, opponendosi con le armi all’occupazione marocchina, mai riconosciuta a livello internazionale. Un piano di pace del 1988, patrocinato dall’ONU, prevede un referendum per l’autodeterminazione della regione, ma il voto è
stato sempre rimandato per l’opposizione del governo marocchino, che non vuole abbandonare un territorio su cui sono presenti ricchi giacimenti di fosfati e
minerali di ferro. Il re del Marocco si è dichiarato favorevole a concedere al Sahara Occidentale una larga autonomia, ma contrario all’indipendenza.
Da tempo gli indipendentisti saharawi denunciano la politica persecutoria
delle autorità marocchine nei confronti della popolazione e il continuo afflusso di lavoratori marocchini, destinato, a loro parere, ad alterare l’equilibrio
tra le etnie in vista del futuro referendum.
Il Sahara Occidentale.
L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
1725 $
3 L’economia
Più di un terzo della popolazione attiva lavora nell’agricoltura. Per aumentare la produttività, il governo ha finanziato nel centro e nel sud del paese la costruzione di opere idrauliche che hanno esteso la superficie irrigua. Le colture principali sono quelle di cereali (primo produttore africano di orzo), canna
da zucchero e cotone; in gran parte destinati all’esportazione sono agrumi, uva,
fichi, datteri, olive, pomodori, patate e legumi. Nel Rif è molto diffusa la coltivazione clandestina della canapa indiana, da cui si ricava l’hashish.
Molto diffuso è l’allevamento (soprattutto ovini e caprini) e fiorente la pesca.
Il Marocco dispone di buone riserve minerarie (fosfati, cobalto, manganese, piombo, argento, zinco) ma di scarse fonti energetiche.
Le industrie principali sono quelle alimentari, tessili (rinomata è la produzione di tappeti) e le manifatture dei tabacchi. In fase di crescita sono i comparti
chimico, siderurgico, metallurgico, petrolchimico e meccanico; i prodotti industriali ad alta tecnologia costituiscono ormai il 10% dei manufatti esportati.
Il turismo, attirato dal patrimonio naturale e storico-artistico, è una delle
maggiori fonti di reddito.
Glossario
Hashish Sostanza resinosa che,
se fumata, induce euforia, allucinazioni e altri gravi problemi fisici
e psichici.
I tappeti marocchini sono
celebri e apprezzati in tutto
il mondo.
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Africa
EGITTO
Superficie (km2)
Popolazione (ab.)
Densità (ab./km2)
Popolazione urbana (%)
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
1 001 449
69 997 000
70
42
Repubblica
Il Cairo (7 629 866 abitanti)
lira egiziana (100 piastre)
ET
1 Il paese del Nilo
Il corso del Nilo nella Nubia
(Egitto meridionale).
Glossario
Limo Sabbia molto fine, trasportata in sospensione dalla corrente
dei fiumi, che durante le piene si
deposita sui terreni circostanti le
sponde e dona fertilità ai terreni.
316
Bagnato a nord dal mar Mediterraneo e a est dal mar Rosso, l’Egitto confina a
nord-est con Israele, a sud con il Sudan e a ovest con la Libia.
Il territorio egiziano è quasi interamente occupato dal deserto. La vita è stata resa possibile dal fiume Nilo, che attraversa il paese da sud a nord e sfocia
nel Mediterraneo con un vasto delta. Il Nilo, infatti, non solo è la principale
fonte di acqua per l’irrigazione, ma con le sue piene annuali da millenni rendeva fertili i campi, depositandovi periodicamente uno spesso strato di limo.
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Egitto
La lunga storia dell’Egitto
storico greco Erodoto
(V secolo a.C.) definì
l’Egitto «un dono del
Nilo», alludendo al fatto che la maggior parte del territorio egiziano è
desertica e solo lungo la valle e il
delta del grande fiume, oltre che
nelle oasi, è possibile l’insediamento
umano. Lungo il Nilo, le periodiche
piene hanno consentito sin dall’antichità l’irrigazione delle terre e lo sviluppo dell’agricoltura, ponendo così
le basi della luminosa civiltà egizia,
che raggiunse il suo culmine nella
seconda metà del II millennio a.C.
con i sovrani del Nuovo Regno.
Dopo un lungo periodo di declino,
l’Egitto rinacque sotto la dinastia dei
Tolomei (323-30 a.C.), i sovrani di
origine macedone insediatisi nel
paese dopo la sua conquista da
parte di Alessandro Magno nel 332
a.C. Alessandria d’Egitto, la nuova
capitale, divenne il principale centro
Lo
culturale del Mediterraneo e il suo
prestigio sopravvisse alla dominazione romana (30 a.C.-394 d.C.) e
a quella bizantina (394-639 d.C.).
Tra il 639 e il 646 gli arabi assunsero il controllo dell’Egitto, portandolo nell’orbita dell’Islam, anche se
la conversione alla nuova religione
da parte della popolazione egiziana
procedette lentamente.
Nel 1517 l’Egitto cadde sotto il potere dei turchi ottomani; dal 1798
al 1801 venne occupato da Napoleone Bonaparte.
Occupato dagli inglesi (1882), l’Egitto divenne poi una monarchia indipendente (1922), ma sotto il controllo del Regno Unito. Nel 1952
una rivolta militare rovesciò la monarchia e l’anno successivo fu proclamata la repubblica, di tipo presidenziale, con a capo G. A. Nasser.
Nel 1956 la nazionalizzazione del
canale di Suez causò una grave crisi
Gamal Abdel Nasser, primo presidente
della repubblica egiziana.
internazionale e una guerra con
Israele, che occupò la penisola del
Sinai e la striscia di Gaza. Le tensioni
con Israele sfociarono in un nuovo
aperto conflitto nel 1967 (guerra dei
Sei giorni) e nel 1973 (guerra del
Kippur). Solo nel 1979 i due stati
conclusero accordi di pace che sancirono il ritorno del Sinai all’Egitto.
Oggi, tuttavia, il limo non raggiunge più i campi egiziani: l’alta diga di Assuan, realizzata tra il 1964 e il 1971 con l’assistenza tecnica e finanziaria dell’ex
Unione Sovietica, ha infatti sbarrato il corso del fiume, creando il grande invaso del lago Nasser e impedendo il libero deflusso delle acque e dei detriti
da esse trasportati.
La diga ha una grandissima importanza economica per l’Egitto, in quanto consente la produzione di energia elettrica e il controllo delle piene del Nilo, nonché di estendere l’irrigazione permanente all’insieme delle terre agricole. Tuttavia ha generato anche fenomeni negativi: il limo che si deposita
sul fondo del lago Nasser ne provoca il lento interramento e giunge in quantità sempre più ridotte ai campi. I contadini devono allora ricorrere a fertilizzanti chimici, con costi maggiori e problemi di inquinamento dei terreni e
delle falde freatiche.
A ovest del Nilo si estende il deserto Libico, una distesa di dune sabbiose
punteggiata da oasi. Tra il Nilo e il mar Rosso si estende invece l’estremità occidentale del deserto arabico (deserto Orientale), formato da una serie di rilievi
e di tavolati.
Fa parte dell’Egitto anche la penisola del Sinai, elemento di congiunzione tra il continente africano e quello asiatico, sebbene dal 1869 sia stata
artificialmente separata dal resto del paese con l’apertura del canale di Suez
(vedi a p. 319).
Lungo la fascia costiera il clima è di tipo mediterraneo, ma nel resto dell’Egitto è tropicale arido.
Glossario
Falda freatica Una falda è una
zona sotterranea impregnata d’acqua, delimitata da strati di roccia
impermeabile. A partire dalla superficie si possono incontrare più
livelli di falde acquifere, la prima
delle quali si chiama falda freatica
o di superficie.
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Regioni e stati del mondo
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Africa
Lingua
arabo
2 Una popolazione in forte aumento
Religione
musulmani (89,9%),
cristiani copti (10%)
Nel XX secolo si è verificato un fortissimo incremento demografico (da meno di 10 milioni di abitanti nel 1900 a 70 milioni nel 2006), sebbene il tasso di
crescita nei primi anni del XXI secolo sia in diminuzione. Intensi flussi migratori sono diretti verso i paesi arabi e l’Europa. La popolazione vive soprattutto sulla costa mediterranea e lungo la valle del Nilo, dove la densità raggiunge valori superiori ai 2000 ab./km2.
La lingua ufficiale è l’arabo e prevale la religione islamica.
Numero di figli per donna
3
Popolazione < 15 anni
33,1%
Popolazione > 60 anni
6,9%
Speranza di vita
M 68, F 73
ISU
0,659 (119° posto nel mondo)
LE MAGGIORI CITTÀ
CITTÀ
ABITANTI
Il Cairo
10 834 000*
Alessandria
3 756 000*
Porto Said
530 000
Suez
479 000
* area metropolitana
Il forte che il sultano Quaitbay
decise di erigere nel XV secolo ad
Alessandria per fortificare i sistemi
di difesa della città.
Nel nord del paese, nella pianura del Nilo, sorge la capitale, Il Cairo, una delle più popolose città africane, centro di gravità politico e culturale del mondo arabo. La fortissima densità, determinata sia dal
boom demografico, sia dal continuo flusso di contadini attirati in città dalla
speranza di una vita migliore, ha reso drammatico il problema della casa, inducendo parte della popolazione a insediarsi persino nella città dei morti, l’antico cimitero ai piedi della cittadella. Il Cairo è anche uno dei più importanti
centri del turismo internazionale: nella sua area metropolitana si trova infatti alGiza, che conserva alcuni dei più grandiosi monumenti della civiltà egizia: le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, la gigantesca Sfinge, la necropoli di Menfi.
La seconda città del paese è Alessandria: fondata nel IV secolo a.C. da
Alessandro Magno, sorge sulla costa del Mediterraneo, presso il braccio più
occidentale del delta del Nilo, ed è il maggiore porto del paese. Nell’antichità
la sua biblioteca, con i suoi 700 000 manoscritti, era considerata una delle sette meraviglie del mondo. Incendiata (47 a.C.) dalle legioni di Giulio Cesare e
poi completamente distrutta (391 d.C.) per ordine del vescovo Teofilo, che la
considerava un luogo pagano, la biblioteca è stata ricostruita e riaperta nel
2002 grazie a un’iniziativa dell’Unesco e del governo egiziano. Il nuovo edificio è formato da 11 piani, ognuno dei quali dedicato a un ramo del sapere, e
contiene 8 milioni di libri, 100 000 manoscritti e migliaia di dischi multimediali. La parete esterna reca incisi tutti gli alfabeti
dell’umanità.
Porto Said e Suez sono i due porti sorti agli opposti imbocchi del canale di Suez, al quale devono
il loro sviluppo.
La capitale e le altre città.
Una veduta del Cairo, nella parte che si affaccia sul Nilo.
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Egitto
3 L’economia
L’economia si basa ancora largamente sull’agricoltura, condizionata dall’irrigazione e dunque praticata sulle sponde e presso il delta del Nilo. La fertilità
dei terreni permette di ottenere anche tre raccolti l’anno: vi sono così le colture invernali (frumento, fagioli, orzo, fave, cipolle, lino), estive (cotone, riso, mais,
canna, arachidi, sesamo) e autunnali (riso e mais); tuttavia la produzione è inferiore alle necessità del paese. Molto praticata è la pesca (spugne e, nel mar Rosso, madreperla e coralli, a rischio di estinzione per l’eccessivo sfruttamento).
Le risorse minerarie sono ingenti (petrolio, gas naturale, fosfati, zolfo, minerali metallici). La disponibilità di energia elettrica è stata triplicata dall’entrata
in funzione delle grandi centrali idroelettriche di Assuan, che hanno consentito lo sviluppo di settori industriali avanzati (siderurgia, meccanica, petrolchimica) accanto a quelli più tradizionali (tessile, alimentare, lavorazione delle pelli).
Malgrado i periodici attentati da parte di estremisti islamici contro gli stranieri, il turismo – attratto dai siti archeologici della valle del Nilo e dalle località balneari sul mar Rosso – rimane molto attivo e rappresenta un settore
fondamentale nell’economia egiziana.
L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
1316 $
Il canale di Suez collega mar Mediterraneo e mar Rosso.
Venne inaugurato nel 1869, dopo dieci anni di lavori: permise comunicazioni
molto più rapide e meno costose tra paesi asiatici ed europei, avvantaggiando
in particolare quelli affacciati sul Mediterraneo.
Più volte ampliato per far fronte al continuo aumento del tonnellaggio delle navi, il canale, lungo 170 km, ha oggi una larghezza compresa fra 286 e 352
m (in superficie) e una profondità massima di 20 m. Le navi in transito pagano un pedaggio all’ente che amministra il canale (che dal 1956 è gestito dal
governo egiziano); ciò assicura all’Egitto cospicue entrate.
Il canale è stato più volte chiuso a causa dei conflitti arabo-israeliani. Le conseguenze sono state notevolissime, soprattutto per il traffico del petrolio diretto in Europa dal golfo Persico. Per diminuire i costi di trasporto (le navi
erano costrette a circumnavigare l’Africa), vennero costruite petroliere gigantesche. Così, quando fu riaperto (1975), il canale era diventato troppo stretto
per queste superpetroliere e l’Egitto dovette avviare lavori per rendere il canale transitabile anche a navi con un tonnellaggio superiore alle 250 000 t. Oggi
attraverso il canale passano circa 14 000 navi all’anno, che trasportano soprattutto idrocarburi, cemento, metalli, cereali, prodotti dell’industria meccanica.
Il canale di Suez.
Il dissodamento del terreno
nella fertile pianura del Nilo.
Una nave in transito attraverso
il canale di Suez.
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Regioni e stati del mondo
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Pagina 320
Africa
Esercizi
1
Africa mediterranea, Marocco, Egitto
Evidenzia gli stati appartenenti all’Africa
mediterranea. Scrivi i loro nomi nella posizione
corretta, i nomi dei mari e oceani che
li bagnano, degli stati confinanti.
c.
d.
e.
f.
2
Completa la seguente tabella.
a nord confina con…
a est confina con…
a sud confina con…
a ovest confina con…
3
MAROCCO
EGITTO
…………
…………
…………
…………
…………
…………
…………
…………
Completa le seguenti frasi.
a. L’Africa mediterranea è isolata dal resto del
continente dal ……………………………………….
Il territorio comprende tre differenti regioni:
le pianure costiere, lungo le coste
dell’……………………………………………………
e del …………………………………………………;
la catena dell’………………………………………;
il …………………………………………………… .
b. Appartengono fisicamente
all’………………………………… settentrionale
ma politicamente all’……………………………
gli arcipelaghi delle …………………………………
(Spagna) e di ………………………… (Portogallo)
al largo delle coste atlantiche; la penisola
320
g.
h.
4
del ……………………………, che politicamente
appartiene all’…………………………, fisicamente
è asiatica.
L’Africa settentrionale vide fiorire la civiltà
degli ………………………… e sorgere grandi città
fenicie, ………………………………………………
e …………………………………………, come
…………………………, Cirene, Cartagine e Leptis
Magna. Questa unità culturale fu infranta
dalla penetrazione degli ………………………….
L’area dell’Africa mediterranea è caratterizzata
dall’impetuosa crescita della
…………………………; l’esplosione demografica
ha alimentato l’esodo dalle …………………………
e una rapida e disordinata espansione
delle ……………………………………………….
Dal Marocco i flussi …………………………… verso
i paesi europei (soprattutto verso
…………………………, ……………………………
e Italia) sono molto intensi.
Bagnato a nord dal …………………………………
e a est dal ……………………………………………,
il territorio egiziano è quasi interamente occupato
dal ………………………………. Solamente il fiume
………………………………, che attraversa il paese
da sud a …………………………………… e sfocia
nel ……………………………… con un vasto delta.
A ovest del fiume ……………………………………
si estende il deserto ………………………………;
tra il ………………………… e il mar ………………
si estende invece l’estremità occidentale del deserto
arabico (deserto …………………………).
Lungo il corso del ……………………………………,
le periodiche ………………………………… hanno
consentito sin dall’antichità l’irrigazione delle terre
e lo sviluppo dell’…………………………………,
ponendo così le basi della luminosa civiltà
………………………………, che raggiunse il suo
culmine nella seconda metà del II millennio a.C.
con i sovrani del …………………………………….
Vero o falso?
a. L’Algeria è il più esteso stato dell’Africa
mediterranea.
b. La Tunisia è lo stato africano più vicino
all’Italia.
c. L’Egitto è lo stato più occidentale dell’Africa
mediterranea.
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d. L’Africa mediterranea è in parte attraversata
dal tropico del Cancro.
e. L’Africa mediterranea è totalmente desertica.
f. L’Atlante è l’unica catena montuosa
della regione.
g. Il Sinai è una penisola separata dal resto
dell’Egitto dal canale di Suez.
h. Tutte le maggiori città dell’Africa mediterranea
si trovano nell’interno, a una certa distanza
dalla costa.
i. Le coste dell’Africa mediterranea sono nel
complesso abbastanza lineari, poco frastagliate.
5
V ■
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V ■
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V ■
F
■
Perché…
a. … l’Egitto venne già nell’antichità definito
«un dono del Nilo»?
b. … oggi in tutta l’Africa mediterranea si parla arabo
e la religione di gran lunga prevalente è l’islam?
c. … vi è una situazione di continua tensione
tra il Marocco e il Sahara Occidentale?
d. … una consistente parte della popolazione
dell’Africa settentrionale emigra in Europa?
e. … l’apertura del canale di Suez ebbe un’importanza
economica fondamentale?
6
4. Catena montuosa del Marocco
5. Popolazione dell’Africa settentrionale
8
Elenca tre caratteristiche peculiari
del paesaggio del Marocco.
a. …………………………………………………………
…………………………………………………………
b. …………………………………………………………
…………………………………………………………
c. …………………………………………………………
…………………………………………………………
9
Osserva la fotografia, che mostra coltivazioni
in Marocco, e rispondi alle domande.
Rispondi brevemente.
a. Chi sono i berberi?
b. Che cosa si intende, in senso geografico-politico,
con l’espressione «Sahara Occidentale»?
c. Che cosa attira maggiormente i turisti in Marocco
e in Egitto?
d. Che cos’è il «Marocco utile»?
e. Per quali motivi il francese (in Marocco, Algeria
e Tunisia) e l’inglese (in Egitto) sono ancora usati
negli affari, nel commercio e nell’insegnamento?
f. Che cos’è il limo? Qual è la sua importanza
per l’agricoltura egiziana?
7
a.
b.
c.
d.
e.
Collega ogni termine o nome geografico
qui di seguito elencato con la definizione o
la caratteristica che lo riguarda (più in basso).
Rif
Tangeri
Berberi
Assuan
Nasser
1. Città del Marocco
2. Città egiziana presso cui sorge una grande diga
3. Presidente egiziano dagli anni Cinquanta
agli anni Settanta
a. Ti pare che si tratti di coltivazioni estensive o intensive?
b. Questo tipo di paesaggio denota la presenza
di un clima arido?
c. Come definiresti questo paesaggio? Naturale,
antropizzato, urbanizzato o altro?
d. Quali sono i prodotti tipici dell’agricoltura
del Marocco?
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Africa
La regione
del Sahel
Il deserto del Sahara in territorio sudanese.
1 Il dominio del clima desertico
Il Sahel è l’ampia fascia di terre aride a sud del deserto del Sahara. A ovest la
regione si affaccia sull’oceano Atlantico, mentre a est la valle del Nilo la separa dal Corno d’Africa (vedi a p. 326).
Il Sahel è tradizionalmente suddiviso in due regioni, prive di confini netti:
il Sahel dei nomadi, a nord, a ridosso del Sahara, un’area arida abitata solamente da tribù di pastori e allevatori nomadi;
il Sahel dei sedentari, a sud, dove alcuni grandi fiumi (Senegal, Niger, Chari,
Nilo e loro affluenti) permettono lo sviluppo dell’agricoltura e della pesca.
Al centro di quest’area è il lago Ciad, formato dal fiume Chari.
Il clima è desertico; nel sud le precipitazioni sono un po’ più frequenti, ma
molto irregolari.
L’area, complessivamente poco popolata, comprende Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Sudan. A nord,
nella parte desertica, vivono popolazioni arabe o arabo-berbere, per lo più
nomadi; nella fascia meridionale, dove le condizioni di vita sono meno difficili, vivono popolazioni nere sudanesi, concentrate in villaggi lungo i fiumi.
Una popolazione ovunque scarsa.
Il Sahel, periodicamente colpito da calamità naturali, è la regione più povera dell’Africa; i suoi paesi sono agli ultimi
posti nella classifica basata sull’indice di sviluppo umano. Negli ultimi decenni si sono registrati due tragici periodi di siccità (1968-73 e 1984-85).
L’economia è molto arretrata: le uniche attività possibili sono la pastorizia
nomade e, quando le piogge lo consentono, un’agricoltura di sussistenza, per lo
più itinerante. Il sottosuolo è ricco di minerali (petrolio, gas naturale, fosfati,
rame). Forte è l’emigrazione verso i paesi vicini più ricchi.
I danni dovuti alla siccità sono aggravati dagli effetti di un pascolo troppo
intenso e dall’espandersi della monocoltura (piantagioni di arachidi, tabacco,
piretro). La crescita della popolazione ha spinto a sovrasfruttare terreni già
poco fertili, rendendoli così, in poco tempo, del tutto sterili; inoltre l’incremento del bestiame ha distrutto grandi estensioni di pascoli e ha contribuito
a provocare l’espansione del deserto.
I paesi della povertà assoluta.
Glossario
Piretro Pianta cespugliosa perenne con capolini bianco-giallastri che, polverizzati, sono usati
come insetticida.
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La regione del Sahel
2 Un’area tormentata
da continui conflitti
Nel corso dei secoli, per la sua posizione, il Sahel fu un’area di passaggio tra le
regioni dell’Africa mediterranea e quelle affacciate sul golfo di Guinea: si formarono così alcuni importanti centri di traffico (come Timbuctù – o Tombouctou – e Nouakchott) per le carovane che attraversavano il Sahara: da
nord provenivano rame, sale e stoffe, da sud oro, avorio e schiavi. In quest’area, durante il Medioevo sorsero alcuni potenti regni che estesero il proprio
controllo fino ai paesi del golfo di Guinea. La ricchezza e la magnificenza di
Timbuctù erano proverbiali sia in Europa sia nel mondo arabo.
Gli attuali confini tra gli stati sono il risultato delle spartizioni coloniali: occupati fra Ottocento e Novecento dalle potenze europee, questi paesi conquistarono l’indipendenza nella seconda metà del XX secolo.
Le difficili condizioni di vita e le diversità religiose, etniche e culturali alimentano le rivalità tra le diverse comunità, che molto spesso sfociano in sanguinosi scontri. Semplificando, le popolazioni del nord sono di etnia araba o
berbera, dedite al nomadismo e all’allevamento e di religione islamica; quelle
sedentarie del sud, dedite all’agricoltura e alla pesca, sono di etnia sudanese e
di religione cristiana o animista.
Un drammatico esempio di queste rivalità è fornito
dal Sudan, dove un conflitto durato oltre cinquant’anni ha opposto le popolazioni del Sudan meridionale, cristiane e animiste, al governo centrale, dominato dalla minoranza di origine araba e di religione islamica. La guerra civile si è conclusa nel 2005 con il riconoscimento dell’autonomia della regione,
in previsione di un futuro referendum per l’indipendenza.
Negli ultimi anni è inoltre riesplosa la guerriglia nella regione occidentale del
Darfur, dove le forze dei gruppi indipendentisti affrontano l’esercito regolare sudanese e le milizie paramilitari dei janjaweed, formate da miliziani di etnia araba. Il feroce conflitto ha pesantemente coinvolto la popolazione civile, esposta a
continui attacchi, causando centinaia di migliaia di morti e obbligando circa
due milioni di persone ad abbandonare le loro case per cercare rifugio nei campi profughi o nel vicino Ciad. Un accordo di pace del 2006 non ha avuto effetto pratico e gli operatori umanitari incontrano grandi difficoltà nel portare aiuto alle popolazioni civili, anche a causa degli ostacoli posti dal governo sudanese, che considerano il Darfur un problema esclusivamente interno.
Il dramma del Sudan.
Una bambina bozo,
tribù che vive in Mali.
Un campo profughi nel Darfur.
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Africa
L’area del golfo di Guinea
Un tratto della costa del golfo
di Guinea in Costa d’Avorio.
1 Tra la savana, la foresta e l’oceano
Affacciata sull’oceano Atlantico, l’area del golfo di Guinea è per lo più pianeggiante, limitata all’interno da modesti altipiani su cui si innalzano rari massicci isolati dai quali nascono i grandi fiumi della regione: Senegal, Gambia,
Volta, Niger. Il clima è di tipo tropicale, con precipitazioni più abbondanti
sulle zone costiere meridionali.
Nel nord si estende la savana e verso sud, avvicinandosi all’equatore, la foresta pluviale, sempre più a rischio a causa del disboscamento, effettuato per
ricavare legname e per ampliare le terre destinate alle piantagioni.
Una popolazione in forte crescita. Nell’area del golfo di Guinea (e dell’Africa occidentale) comprenderemo Senegal, Capo Verde, Gambia, GuineaBissau, Guinea, Sierra Leone, Liberia, Costa d’Avorio, Ghana, Togo, Benin,
Nigeria, Camerun.
È l’area più densamente abitata dell’Africa. La crescita incontrollata della popolazione – senza corrispondenti miglioramenti nelle produzioni agricole e industriali – è uno dei principali fattori del sottosviluppo dell’Africa occidentale.
Esistono centinaia di gruppi etnici diversi; prevalgono i neri sudanesi, con
numerosi altri gruppi neri (bantu, pigmei, haussa, yoruba, ibo) e popolazioni
arabe e berbere.
L’islamismo è la religione più diffusa, soprattutto nelle regioni occidentali e
settentrionali, ma non mancano culti animisti tradizionali e anche il cristianesimo. Alla grande varietà etnica corrisponde un’ancor più ampia varietà linguistica. L’area è caratterizzata da frequenti conflitti etnico-religiosi e da una
notevole instabilità politica.
La povertà. La pressione demografica, le guerre e la povertà delle campagne
spingono verso le città consistenti flussi migratori, costituiti soprattutto da giovani in cerca di lavoro; le opportunità sono però scarse e gran parte di essi rimane inattiva o lavora con compensi irrisori. L’urbanizzazione incontrollata ha
impoverito di manodopera il mondo rurale e ha accentuato i gravi problemi
che già affliggevano le città (mancanza di alloggi, scarsità di servizi pubblici,
diffusione della criminalità). La difficoltà della vita delle popolazioni si riflette anche nell’alto numero di analfabeti, nella bassa speranza di vita e nel crescente numero di ammalati di AIDS.
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L’ a r e a d e l g o l f o d i G u i n e a
2 Il dominio politico ed economico
dell’Occidente
Tutti i paesi dell’Africa occidentale e dell’area guineana, con l’eccezione della
Liberia, sono stati per lungo tempo colonie o possedimenti europei. Anche
dopo il raggiungimento dell’indipendenza politica per questi stati la sovranità
appare solo formale: essi sono rimasti in condizioni di dipendenza politica ed
economica nei confronti dei paesi ricchi, non riuscendo così a creare strutture
produttive moderne e autonome.
Nonostante la disponibilità di risorse naturali, dunque, quasi tutta l’area si
trova in condizioni di sottosviluppo. La situazione è aggravata dalle frequenti
calamità naturali e dall’alto grado di instabilità politica, che si manifesta con
frequenti colpi di stato, guerre e conflitti etnici.
Nelle terre migliori domina l’agricoltura di piantagione, controllata da compagnie straniere e rivolta prevalentemente all’esportazione. Le piantagioni sottraggono spazio alle coltivazioni per il consumo interno, che vengono praticate con tecniche rudimentali sui terreni meno favorevoli; quasi tutti i paesi africani sono perciò costretti a importare cereali dal Nordamerica e dall’Europa.
Questo tipo di economia, basata sulla produzione e sull’esportazione di uno o
pochi prodotti, espone i paesi ai rischi commerciali della monocoltura.
La regione è ricca di risorse minerarie. Buona parte delle attività estrattive
è però gestita dalle ex potenze coloniali e la popolazione non beneficia della
ricchezza derivante dallo sfruttamento di tali prodotti.
L’abbondanza di manodopera a basso costo ha attirato alcune società di
paesi occidentali, che hanno impiantato attività industriali di livello tecnologico modesto (tessile, alimentare) e stabilimenti molto inquinanti nei comparti petrolchimico e siderurgico.
Gli stessi aiuti economici inviati dagli stati più ricchi vengono distribuiti tenendo conto più degli interessi delle classi dominanti locali che delle reali necessità della popolazione; spesso, come hanno dimostrato alcune indagini giudiziarie, sono serviti da copertura a traffici illegali (soprattutto di armi) o come
finanziamento a fazioni politiche in lotta per la conquista del potere interno.
Le piantagioni di cacao sono
tra le più diffuse nei paesi dell’area
del golfo di Guinea; nella fotografia,
la fase dell’essiccazione dei frutti
del cacao.
Operai in una miniera d’oro in Ghana.
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Africa
Il Corno d’Africa
1 Grandi risorse naturali
e una diffusa povertà
La regione del Corno d’Africa comprende due regioni
distinte.
L’Acrocoro Etiopico è un massiccio di origine vulcanica, con montagne dalle cime spianate (amba), alte più
di 4000 metri, e profonde vallate; è attraversato da sudovest a nord-est dalla depressione della Rift Valley. Verso sud-est digrada formando l’altopiano dell’Ogaden,
mentre a nord-est si interrompe a strapiombo.
Il Corno d’Africa vero e proprio è una vasta penisola
triangolare che si protende nell’oceano Indiano, chiudendo il mar Rosso e il golfo di Aden. È formato dalle
propaggini orientali e meridionali dell’Acrocoro Etiopico e da una pianura costiera.
Il Corno d’Africa è occupato dai territori di Eritrea, Etiopia, Gibuti e Somalia. La densità abitativa è piuttosto bassa e una parte consistente della popolazione, soprattutto in Somalia, è nomade. Numerosi
gruppi etnici e tribali parlano lingue che rientrano nelle
famiglie delle lingue semitiche (amharico, lingua ufficiale
dell’Etiopia, e tigrino, lingua ufficiale dell’Eritrea) e delle
lingue cuscitiche. Nelle regioni meridionali sono inoltre
presenti popoli di stirpe sudanese e bantu.
Le popolazioni dell’interno sono per lo più cristiane,
seguaci della chiesa copta etiopica, mentre quelle delle
regioni costiere, dove nel corso dei secoli si è maggiormente fatto sentire l’influsso arabo, hanno aderito all’islam.
I paesi del Corno d’Africa sono tra i più poveri dell’Africa: calamità naturali ricorrenti, sistemi produttivi arretrati, mancanza di infrastrutture, malattie, guerre contribuiscono a rendere estremamente precarie le condizioni
di vita della popolazione.
L’agricoltura e l’allevamento impiegano la maggior parte della forza lavoro, ma la produzione è indirizzata soprattutto all’autoconsumo ed è fortemente condizionata
da lunghe e frequenti siccità. Caffè, banane, cotone, canna
da zucchero e cereali sono i principali prodotti destinati
all’esportazione.
Il sottosuolo è ricco di risorse minerarie, solo in piccola parte sfruttate. L’apparato industriale è poco sviluppato
(fabbriche tessili e per la lavorazione del pellame, qualche impianto petrolchimico, meccanico e per la lavorazione dei prodotti alimentari).
Le popolazioni.
Glossario
Rift Valley Immenso
sistema di faglie che ha
origine in Mozambico e
si dirige verso nord fino
a raggiungere il mar
Rosso (Eritrea), per poi
continuare in Asia fino
alla valle del Giordano.
Il paesaggio naturale nei pressi di Gondar
(Etiopia nord-occidentale).
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Il Corno d’Africa
2 Guerre civili
e conflitti internazionali
Il Corno d’Africa è travagliato da continue guerre, sia civili sia tra stati diversi,
che ne hanno fortemente compromesso le possibilità di sviluppo.
Colonizzati da italiani, inglesi e francesi dalla fine del XIX secolo, gli stati della regione hanno raggiunto o riconquistato l’indipendenza dopo la seconda guerra mondiale: l’Etiopia, occupata dall’Italia nel 1936, recuperò la piena sovranità
nel 1944: l’Eritrea, colonia italiana dal 1890, venne federata all’Etiopia nel 1952,
annessa nel 1961 e resa indipendente nel 1993; la Somalia, nata dall’unione della colonia italiana e di quella inglese e privata
della regione dell’Ogaden a favore dell’Etiopia,
divenne indipendente nel 1960; la piccola repubblica di Gibuti, colonia francese, solamente
nel 1977 vide riconosciuti i propri diritti.
Alle tradizionali rivalità tra cristiani copti
(il cristianesimo penetrò nella regione nel IV
secolo, grazie a missionari provenienti dall’Arabia meridionale) e musulmani e tra popoli
semitizzati e popoli di stirpe cuscita, si sono
sommate le rivendicazioni sorte dopo le scelte
operate al momento della decolonizzazione,
di associare all’Etiopia l’Eritrea e la regione
somala dell’Ogaden.
A partire dagli anni Settanta in Eritrea si sviluppò un forte movimento indipendentista
che impegnò l’esercito etiopico in una lunga guerra di liberazione, coronata
dall’indipendenza proclamata nel 1993. I rapporti tra Eritrea ed Etiopia rimasero molto tesi, tanto che nel 1998 scoppiò una guerra per il possesso di alcune regioni di confine; la vertenza tra i due stati è ancora aperta.
Truppe italiane in Eritrea in una
fotografia degli anni Trenta.
La situazione in Somalia. Tra il 1977 e il 1978 la Somalia, guidata dal dittatore Siad Barre – salito al potere pochi anni dopo l’indipendenza –, invase la
regione dell’Ogaden, abitata in prevalenza da popoli di stirpe somala. Dopo
iniziali successi, le truppe somale vennero duramente sconfitte, ma nella regione continua a essere attivo un movimento indipendentista.
La sconfitta nella guerra dell’Ogaden ebbe pesanti riflessi
anche in Somalia, dove l’appoggio popolare al regime diminuì fortemente. Nel 1991 il regime di Siad Barre venne
rovesciato, ma il nuovo governo non fu in grado di assumere il controllo del paese, che precipitò in una
guerra civile (non ancora conclusa) tra i diversi
clan tribali, guidati da vari «signori
della guerra».
Un sacerdote copto dell’Etiopia
mostra a due giovani i testi sacri.
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Africa
L’Africa
equatoriale
Alcuni bufali al pascolo nelle savane alle pendici
del Kilimangiaro, in Tanzania.
1 Fiumi, laghi, foreste, montagne
L’Africa equatoriale si affaccia a ovest sull’oceano Atlantico e a est sull’oceano
Indiano. Il suo territorio comprende tre aree distinte:
la regione dei Grandi Laghi, corrispondente alla grande Rift Valley, che attraversa il continente da sud a nord e che ospita una collana di grandi bacini
lacustri, tra cui il Malawi (o Niassa), il Tanganica, l’Alberto, il Vittoria, il
Turkana (o Rodolfo);
il bacino del fiume Congo, a ovest della Rift Valley, un vastissimo catino bordato da rilievi montuosi e altipiani;
l’altopiano dell’Africa Orientale, a est della Rift Valley, che digrada verso l’oceano Indiano; qui si trovano le più alte cime dell’Africa, il Kilimangiaro
(5895 m) e il Kenya (5199 m), entrambi di origine vulcanica.
Dalla regione dei Grandi Laghi nascono i due più
grandi fiumi dell’Africa: il Nilo e il Congo.
Il Nilo nasce in Ruanda con il nome di Kagera, forma il lago Vittoria, da cui
esce con il nome di Nilo Vittoria e, dopo aver formato il lago Alberto, si dirige verso nord. Il Congo forma il secondo bacino più grande al mondo dopo
quello del Rio delle Amazzoni; nasce al confine con lo Zambia e descrive un
ampio arco in territorio congolese prima di sfociare nell’oceano Atlantico.
Il clima della regione è di tipo equatoriale, molto umido nel bacino del
Congo, più asciutto a oriente, dove predomina la savana. La foresta del Congo è la più vasta estensione di foresta equatoriale dopo quella amazzonica.
I maggiori fiumi africani.
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L’ A f r i c a e q u a t o r i a l e
I molti stati dell’Africa equatoriale
non sono densamente abitati; la popolazione si concentra soprattutto nella
regione dei Grandi Laghi, sulla costa tanzaniana, nella regione mineraria tra
Repubblica Democratica del Congo e Zambia e alle foci del fiume Congo.
In gran parte dell’Africa equatoriale vivono popoli di origine bantu; nelle
foreste del Congo abitano le ultime tribù di pigmei; tribù di origine nilotica,
tra i quali i masai (Kenya e Tanzania) e i tutsi (Uganda, Ruanda, Burundi e Repubblica Democratica del Congo), sono nel corso dei secoli penetrate nella regione dei Grandi Laghi e sull’altopiano orientale.
Una popolazione molto differenziata.
2 Instabilità politica
e drammatici conflitti
Come gli altri stati africani, anche gli stati dell’Africa equatoriale divennero
colonie delle potenze europee tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo.
La conquista dell’indipendenza, negli anni Sessanta, ha aperto la strada a una
serie di regimi autoritari e di dittature personali che hanno finora impedito lo
sviluppo democratico e lo sviluppo sociale ed economico dell’area, peraltro
ricca di risorse minerarie e di fertili terreni.
Proprio le ricchezze del sottosuolo hanno risvegliato la cupidigia delle compagnie occidentali, che hanno spesso appoggiato dittature e movimenti indipendentisti pur di appropriarsi di tali ricchezze. L’instabilità politica è particolarmente forte nella regione dei Grandi Laghi (basti pensare al genocidio dell’etnia
tutsi in Ruanda nel 1994, con almeno un milione di vittime) e nella Repubblica
Democratica del Congo, dove si susseguono guerre civili e colpi di stato.
Le ricchezze sono così trattenute nelle mani di pochi, mentre gran parte
della popolazione vive in povertà, tanto che molti degli stati dell’Africa equatoriale condividono con quelli del Sahel, del
Corno d’Africa e dell’Africa occidentale il
triste primato di stati meno sviluppati.
L’agricoltura è il settore che impiega la
maggior parte della popolazione, ma il suo
contributo alla ricchezza è limitato, soprattutto perché gran parte della produzione è
indirizzata all’autoconsumo. Tra le principali colture industriali si segnalano tè, caffè,
frutta tropicale, arachidi, cotone e tabacco.
Le ricchezze del sottosuolo contemplano petrolio, gas naturale, diamanti, oro, rame, stagno, zinco e metalli rari, ma il loro
sfruttamento è frenato dalla mancanza di
infrastrutture e dall’insicurezza creata dalle
precarie condizioni politiche. Particolarmente attivo è il commercio illegale dei diamanti, utilizzato dalle varie formazioni
combattenti per finanziare la propria lotta.
Il turismo è un’importante risorsa solo
per Kenya e Tanzania, grazie a un clima politico più disteso, alla bellezza dei panorami naturali e alla ricchezza della fauna selvatica, protetta in numerosi parchi naturali.
Soldati del Fronte patriottico
ruandese, guidato dai tutsi,
posizionano mine anticarro.
Una colata di rame
in un impianto metallurgico
a Lubumbashi (Repubblica
Democratica del Congo).
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Regioni e stati del mondo
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Africa
L’Africa australe
Il paesaggio semi-desertico del Damaraland,
nella Namibia centro-occidentale.
1 Non solo il Sudafrica
L’Africa australe occupa la porzione meridionale del continente e comprende
anche alcune isole e arcipelaghi. Dal punto di vista fisico riconosciamo cinque
grandi aree:
la conca occupata dal deserto del Kalahari;
il sistema di altipiani che la circonda;
le fasce costiere pianeggianti;
il Madagascar, la più grande isola africana (la quarta al mondo);
gli arcipelaghi dell’oceano Indiano.
La regione è attraversata da tre grandi fiumi: lo Zambesi e il Limpopo, che
sfociano nell’oceano Indiano, e l’Orange, che si getta nell’Atlantico.
Fanno parte dell’Africa meridionale anche gli arcipelaghi delle isole Seicelle, Comore e Maurizio, di origine vulcanica o corallina.
Il clima, tropicale a nord, a est e in Madagascar, è invece desertico nell’interno e temperato lungo la costa meridionale. In Mozambico e Zimbabwe esistono ancora vaste estensioni di foreste, mentre nel resto della regione predomina la savana; circa un quarto della regione è occupato dal deserto del Kalahari. Molte isole godono di un clima equatoriale, molto umido, che favorisce
la crescita di una vegetazione lussureggiante.
La presenza dell’uomo. Dal XVI secolo iniziarono a giungere gli europei (portoghesi, olandesi, inglesi e francesi), che colonizzarono la regione. Anche dopo la
fine del colonialismo i bianchi hanno mantenuto la loro supremazia, esercitata
attraverso la gestione della vita politica e delle principali risorse economiche.
La maggioranza degli abitanti appartiene al gruppo bantu, che nel passato
respinse nelle aree più aride le popolazioni originarie (boscimani e ottentotti).
Da decenni la Repubblica Sudafricana è il paese più ricco e industrializzato
del continente africano. A lungo la comunità bianca ha privato i neri dei diritti politici e civili, dando vita a un regime di segregazione razziale (l’apartheid)
e condizionando la vita politica degli stati della regione. La situazione è cambiata dopo il 1991, quando l’apartheid venne abolito e il Sudafrica avviò una
politica di collaborazione con i paesi vicini.
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L’ A f r i c a a u s t r a l e
2 Grandi ricchezze e grandi problemi
L’Africa meridionale è una regione di grandissime ricchezze naturali e, grazie
al ruolo di guida assunto dal Sudafrica e all’adesione alla SADC (Comunità
per lo sviluppo dell’Africa australe), composta da 14 paesi, gli stati della regione hanno realizzato una crescita economica superiore a quella degli altri
stati subsahariani. Per il Botswana si è
addirittura parlato di «miracolo africano»: grazie allo sfruttamento dei giacimenti di diamanti e a un’efficiente gestione degli aiuti internazionali, il PNL
del paese è cresciuto negli ultimi anni a
un tasso medio annuo tra i più alti del
mondo.
Lo sviluppo economico dell’area è
però fortemente minacciato dalla diffusione dell’AIDS: Botswana, Lesotho,
Namibia, Swaziland, Sudafrica e Zimbabwe sono gli stati con la più alta percentuale di adulti ammalati, con percentuali comprese tra il 21,3% e il 38,8%.
Questo significa che nei prossimi anni si
assisterà a una consistente riduzione della popolazione attiva, oltre che a una
crescita dei costi sociali per l’assistenza.
L’economia si basa soprattutto sull’agricoltura e sul settore minerario.
L’agricoltura è particolarmente produttiva in Sudafrica, dove è praticata
con criteri moderni (vedi a p. 335). L’allevamento è molto sviluppato, sia quello
ovino e caprino in Sudafrica, sia quello
bovino in Botswana, Namibia e Zimbabwe; le foreste forniscono essenze
pregiate e la pesca è un’importante risorsa per tutti gli stati rivieraschi.
La grande ricchezza è però data dalle
risorse minerarie: innanzitutto i diamanti, di cui la regione è la principale produttrice mondiale, ma anche oro, platino,
argento, carbone, ferro, uranio, zinco, alluminio, tungsteno, gas naturale.
Il Sudafrica è l’unico stato dotato di
un settore industriale sviluppato e diversificato; negli altri stati predominano
impianti metallurgici e per il trattamento dei prodotti alimentari.
Il turismo rappresenta una grande risorsa per gli stati insulari ma anche negli
stati continentali, in particolare il Sudafrica, è in continua espansione, grazie all’attrazione rappresentata dai grandi
parchi naturali.
Gaborone (Botswana): la sede
della maggiore società che
commercia in diamanti. Il Botswana
è il maggior produttore mondiale
di questi preziosi minerali.
Le isole Seicelle sono l’unico
stato africano classificato ad alto
sviluppo umano; tuttavia
l’economia è molto fragile,
dipendendo quasi interamente
dal turismo internazionale.
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Regioni e stati del mondo
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Africa
SUDAFRICA
forma di governo
capitale
moneta
sigla internazionale
Superficie (km2)
1 219 090
Popolazione (ab.)
46 888 000
Densità (ab./km2)
38
Popolazione urbana (%)
57,0
Repubblica federale
Città del Capo (987 000 abitanti)
rand sudafricano (100 centesimi)
ZA
Il paesaggio dei monti dei Draghi
nella Riserva naturale Giant’s Castle.
1 Tra i deserti e gli oceani
Un tratto della costa sudafricana
nei pressi di Città del Capo.
332
Bagnato a est e sud-est dall’oceano Indiano e a sud-ovest e ovest dall’oceano
Atlantico, il Sudafrica (o Repubblica Sudafricana) confina a nord con il Botswana, a nord-est con Zimbabwe e Mozambico e a nord-ovest con la Namibia. Il territorio circonda anche il Lesotho e lo Swaziland ed è formato da un
vasto altopiano che si abbassa gradualmente verso il deserto del Kalahari e la
valle del fiume Limpopo a nord, mentre a sud scende rapidamente sul mare
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Sudafrica
formando litorali alti e quasi rettilinei; solo nei pressi del capo di Buona Speranza la costa è frastagliata e ricca di porti naturali. Oltre al Limpopo, importante è il fiume Orange, con il suo affluente Vaal.
I monti dei Draghi, nel sud-est del paese, sono la maggior catena montuosa
della regione.
Il clima, per lo più tropicale temperato, diventa di tipo mediterraneo lungo
la costa meridionale ed è più fresco e umido nell’area dei monti dei Draghi.
La lunga storia del Sudafrica
nticamente abitato da cacciatori boscimani, da allevatori ottentotti e dai fieri
guerrieri zulu, il territorio del Sudafrica fu colonizzato nel XVII secolo
dagli olandesi (boeri), ai quali si aggiunsero, all’inizio del XIX secolo,
migliaia di coloni inglesi, che fondarono le colonie del Capo e del
Natal. Tra boeri e inglesi scoppiò
ben presto la rivalità, che culminò
nella guerra anglo-boera (18991902) conclusasi con la vittoria degli inglesi, che crearono la colonia
dell’Africa Australe, autonoma dal
1910 con il nome di Unione Sudafricana.
A
L’apartheid. L’oligarchia angloboera privò la popolazione nera dei
diritti politici e civili (apartheid). Il
regime di segregazione razziale
venne ufficialmente istituito nel
Un cartellone esposto nelle città
sudafricane in occasione della Conferenza
mondiale dell’ONU contro il razzismo
tenutasi a Durban nel 2001.
1948, con la promulgazione di un
sistema di leggi che privava i neri
dei diritti fondamentali – il diritto di
voto, la libertà di stampa, la possibilità di spostarsi liberamente nel
paese – e li costringeva a vivere separati dalla minoranza bianca, in
speciali «stati riserva» (i bantustan)
situati nelle aree più povere del
paese.
Negli anni Cinquanta l’opposizione
nera si organizzò nell’ANC (African
National Congress) guidato da Nelson Mandela, che fu a lungo imprigionato. Isolato e condannato dall’ONU, il paese uscì dal Commonwealth e proclamò la Repubblica
Sudafricana (1961).
Verso il futuro. Dopo molte rivolte della comunità nera, represse
con la violenza dal governo dei
bianchi, dal 1990 il regime di
apartheid è stato progressivamente
smantellato. Nel 1994, alle prime
elezioni libere multirazziali, l’ANC
ebbe la maggioranza e Mandela
venne eletto presidente della repubblica.
Nelson Mandela non solo è stato il
primo presidente di colore della
Repubblica Sudafricana, ma si è anche
visto assegnare il premio Nobel per la
pace nel 1993.
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Regioni e stati del mondo
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Africa
2 Pari diritti tra neri e bianchi
Lingua
afrikaaner, inglese,
lingue indigene
Religione
protestanti (31,2%),
cattolici (7,2%),
anglicani (3,6%)
Numero di figli per donna
2,8
Popolazione < 15 anni
32,4%
Popolazione > 60 anni
7,6%
Speranza di vita
M 45, F 49
ISU
0,658 (120° posto nel mondo)
LE CITTÀ PRINCIPALI
CITTÀ
ABITANTI (AREA
METROPOLITANA)
Città del Capo
Soweto
Johannesburg
Durban
Pretoria
2 893 000
1 098 000
1 481 000
2 118 000
1 104 000
Alcuni grattacieli fanno
da sfondo agli edifici più antichi
(XIX secolo) del centro di Durban.
Dopo una lunga e travagliata
storia di segregazione, oggi in
Sudafrica l’integrazione tra la
popolazione bianca e quella nera
può in qualche modo dirsi
compiuta.
334
L’assetto del nuovo Sudafrica è disciplinato dalla costituzione in vigore dal
1997, la quale garantisce parità di diritti a tutti i cittadini, indipendentemente dal gruppo etnico cui appartengono. Il paese è una repubblica presidenziale suddivisa in 9 province, dotate di ampia autonomia.
Le aree più popolose sono le regioni orientali del Natal e del Transvaal. Il
saldo naturale della popolazione è molto alto: l’incremento è dovuto soprattutto ai neri, il cui tasso di crescita (3% annuo) è circa tre volte maggiore rispetto a quello dei bianchi e quasi il doppio di quello delle altre etnie.
Quattro sudafricani su cinque sono neri, appartenenti per lo più a etnie
bantu; meno numerosi sono boscimani e ottentotti. Caso unico nel continente africano, una minoranza consistente è formata da bianchi di origine europea (9,3%), divisi più o meno a metà tra afrikaaners (i discendenti dei coloni
olandesi) e inglesi. Essi non si considerano più coloni appartenenti a una madrepatria straniera, ma si sentono africani a pieno titolo. Sono inoltre presenti minoranze di meticci e di asiatici (in prevalenza indo-pakistani).
Dal 1994 lingue ufficiali sono l’afrikaans, un idioma di origine olandese,
l’inglese e le lingue delle nove principali etnie del paese.
La popolazione bianca è in maggioranza di religione protestante; anche i
neri e i meticci sono in maggioranza cristiani, ma numerosi sono i seguaci di
culti animisti; gli asiatici sono di religione induista o islamica.
Le città. Il cuore urbano del paese è l’area metropolitana situata nel nord-est,
presso il grande bacino aurifero di Witwatersrand, che comprende le città di
Pretoria, la capitale amministrativa, e di Johannesburg, il centro più importante del paese dal punto di vista economico.
La sede del parlamento si trova a Città del Capo, fondata poco a nord del
capo di Buona Speranza ai tempi della prima colonizzazione europea. Nel
Natal si trova invece Durban, attivo porto sull’oceano Indiano, la cui popolazione è per metà circa asiatica.
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Sudafrica
3 Lo stato più sviluppato dell’Africa
Il Sudafrica è l’unico stato africano dotato di un sistema economico sviluppato: gli europei che lo colonizzarono non si limitarono a sfruttarne le risorse,
ma crearono anche le condizioni necessarie per la trasformazione delle materie prime e per reinvestire il ricavato sul territorio. Nel paese convivono, tuttavia, realtà diverse e contrastanti, eredità del lungo periodo di apartheid:
i bianchi gestiscono i settori più produttivi e avanzati dell’economia (le industrie estrattive, siderurgiche, metallurgiche e le piantagioni specializzate) e
occupano la maggior parte delle posizioni dirigenziali e di controllo;
i neri svolgono quasi sempre mansioni subordinate e mal retribuite (minatori, braccianti, operai ecc.) e sono i più colpiti dalla disoccupazione e dai gravi disagi del paese. La situazione è però in progressiva evoluzione, con l’emergere di una nuova élite nera desiderosa di partecipare attivamente alla
crescita economica, creando nuove società a capitale africano o inserendosi in
ruoli di responsabilità nelle imprese dei bianchi.
L’economia in cifre
PIL PRO CAPITE
5100 $
Una forte ipoteca sull’avvenire del paese è però posta dalla diffusione dell’AIDS, che colpisce il 21,5% della popolazione adulta. Anche se la messa a
punto di nuove cure a costi ridotti permette di allungare la vita dei malati, si
prevede che nel prossimo futuro si registrerà una contrazione della manodopera a causa dei decessi dovuti alla malattia, senza contare i costi sociali che il
paese dovrà affrontare per fornire assistenza ai malati e alle loro famiglie.
L’agricoltura è fiorente: si coltivano cereali (mais,
frumento), cotone, canna da zucchero, tabacco, ortaggi e frutta. Molto diffusi
sono l’allevamento, soprattutto ovini, e la pesca nell’oceano Atlantico.
Lo sfruttamento delle ingenti risorse minerarie ha avviato il processo di industrializzazione e di urbanizzazione del paese. Il paese è il primo produttore mondiale di oro, platino, manganese, cromo e il sesto di diamanti; cospicue sono anche
le riserve di minerali di vanadio, titanio, ferro, uranio, carbone, fosfati e altri.
Grande rilievo hanno le industrie di trasformazione legate alle attività minerarie (impianti siderurgici e metallurgici). Vi sono poi industrie chimiche, meccaniche (automobili, navi, aerei), tessili (cotone, lana) e alimentari (zuccherifici).
Importante è il turismo: il Sudafrica è (con il Marocco) uno dei paesi africani che attirano più visitatori, soprattutto grazie al ricco patrimonio naturalistico.
Le principali produzioni.
ENERGIA ELETTRICA
prodotta
importata
esportata
244 607
9818
13 254
GWh
GWh
GWh
Una veduta aerea
di una miniera d’oro presso
Johannesburg.
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Africa
Esercizi
Africa centro-meridionale, Sudafrica
1
Evidenzia con colori diversi le differenti aree
storico-geografiche studiate nelle pagine
precedenti: la regione del Sahel, l’area
del golfo di Guinea, il Corno d’Africa, l’Africa
equatoriale, l’Africa australe; prepara anche
un’adeguata legenda. Scrivi poi i nomi dei mari
e oceani che bagnano tali aree.
2
Completa le seguenti frasi.
a. Il Sahel è l’ampia fascia di terre aride a sud
del deserto del …………………………. A ovest
la regione si affaccia sull’……………………………,
mentre a est la valle del …………………………
la separa dal Corno d’Africa.
b. L’area del golfo di Guinea è pianeggiante,
limitata all’interno da una serie di modesti
………………………… su cui si innalzano rari
………………………… isolati dai quali nascono
i grandi fiumi della regione: …………………………,
Gambia, Volta, ………………………… . Il clima
è di tipo …………………………, con precipitazioni
abbondanti sulle zone costiere meridionali.
Nel nord si estende la …………………………
e verso sud, avvicinandosi all’equatore,
la ……………………………… (sempre più a rischio
a causa del …………………………, effettuato
sia per ricavare legname, sia per ampliare le terre
destinate alle piantagioni).
c. L’Africa equatoriale si affaccia a ………………………
sull’oceano Atlantico e a …………………………
336
sull’oceano Indiano. Il suo territorio comprende:
la regione dei ………………………………………,
corrispondente alla grande Rift Valley, che attraversa
il continente da sud a ………………………… e che
ospita una collana di grandi bacini lacustri: Malawi,
……………………, Alberto, ………………………,
Rodolfo; il bacino del fiume …………………………,
a ovest della Rift Valley; l’altopiano dell’Africa
…………………………, a est della Rift Valley,
che digrada verso l’…………………………………;
qui si trovano le più alte cime dell’Africa,
il ………………………… e il Kenya, entrambi
di origine vulcanica.
d. L’Africa australe occupa la porzione
………………………… del continente.
La regione è attraversata da tre grandi fiumi:
lo ……………………… e il Limpopo, che sfociano
nell’oceano ………………, e l’Orange, il più lungo,
che si getta nell’………………………………….
Circa un quarto della regione è occupato dal deserto
del …………………………….
e. L’area del golfo di Guinea è l’area più densamente
………………………… dell’Africa. La crescita
incontrollata della popolazione è uno dei principali
fattori del ………………………… dell’Africa
occidentale. In questa regione comprendiamo
…………………………, Capo Verde, Gambia,
Guinea-Bissau, Guinea, Sierra Leone, Liberia,
……………………………………………………,
Ghana, Togo, Benin, …………………………,
Camerun.
f. Bagnato a est e sud-est dall’…………………………
e a sud-ovest e ovest dall’……………………………,
il Sudafrica confina a nord con il
…………………………, a nord-est con Zimbabwe
e Mozambico e a nord-ovest con la Namibia.
3
Vero o falso?
a. Etiopia e Somalia costituiscono
il Corno d’Africa.
b. In Congo si estende una grande foresta
pluviale, seconda per estensione solo
a quella amazzonica.
c. Bantu, pigmei, masai e tutsi vivono nell’Africa
del Sahel.
d. L’unico stato dell’Africa australe bagnato
da due oceani è il Sudafrica.
e. Nell’Africa australe non vi sono estese regioni
desertiche.
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
V ■
F
■
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V ■
F
■
f. Il Sudafrica ha tre capitali.
g. Il Madagascar è la maggiore isola
dell’oceano Atlantico.
4
V ■
F
■
Spiega che cos’è… (attenzione: qualche
termine può avere più di un significato)
a. … il Niger
b. … il Sahel
c. … il Darfur
5
Pagina 337
d. … l’amharico
e. … la Rift Valley
f. … l’apartheid
6
a.
b.
c.
d.
e.
7
In ogni gruppo di nomi c’è un «intruso»:
eliminalo (e spiega perché).
Mauritania, Mali, Libia, Niger, Sudan
bantu, pigmei, yoruba, quechua, ibo
Senegal, Gambia, Volta, Niger, Nilo
Eritrea, Kenya, Etiopia, Gibuti, Somalia
Ciad, Tanganica, Alberto, Vittoria, Rodolfo
Osserva le fotografie e rispondi alle domande.
Osserva con attenzione la tabella e rispondi
alle domande.
POSIZIONE
STATO
165
166
167
168
169
170
171
172
173
174
175
176
177
Zambia
Malawi
Rep. Dem. Congo
Mozambico
Burundi
Etiopia
Ciad
Rep. Centrafricana
Guinea Bissau
Burkina Faso
Mali
Sierra Leone
Niger
ISU
SPERANZA
DI VITA ALLA
NASCITA
0,407
0,400
0,391
0,390
0,384
0,371
0,368
0,353
0,349
0,342
0,338
0,335
0,311
37,7
39,8
43,5
41,6
44,0
47,8
43,7
39,1
44,8
47,9
48,1
41,0
44,6
Fonte: Human Development Report 2006. Dati del 2004
a. Che cosa si intende con la sigla ISU?
b. Che cos’è la speranza di vita alla nascita?
c.
Che cosa indicano i numeri nella prima colonna?
d. Dove si trovano gli stati elencati nella tabella?
e. Se modificassimo la classifica in base alla speranza
di vita, le posizioni rimarrebbero le stesse?
f.
Tra le seguenti, cancella le affermazioni che ti paiono
sicuramente errate.
– In molti paesi africani la qualità della vita
è veramente scadente.
– La speranza di vita in molti paesi africani è pari
a poco più della metà della speranza di vita
nei paesi del mondo occidentale.
– Molti stati africani si distinguono per la qualità
dei servizi che possono offrire ai loro cittadini.
– In Etiopia mediamente si vive meno che
nello Zambia.
– Il Sudafrica soffre di una qualità di vita peggiore
della media degli altri stati africani.
– Gli stati dell’Africa mediterranea si classificano
oltre il 177° posto.
a. Quale immagine si riferisce a un’agricoltura
per l’autoconsumo, e quale a un’agricoltura
di piantagione?
b. Perché in molti paesi africani convivono i due tipi
di agricoltura?
c.
Per quale tipo di agricoltura si parla di «monocoltura»?
d. Quali problemi economici e sociali comporta
la presenza di grandi piantagioni nei paesi africani?
e. Quale dei due tipi di agricoltura è più redditizio?
f.
Fai qualche esempio di produzioni agricole
destinate all’esportazione e di produzioni destinate
all’autoconsumo.
337