Introduzione alla filosofia Dr. Marco de Angelis (Urbino) Seconda lezione Il monismo razionale (o idealistico) come punto di vista filosofico adatto a fondare la conoscenza e la scienza (mercoledì 12 novembre 2014) (attenzione: il seguente testo non è rifinito per la pubblicazione, ma da considerare soltanto una sintesi della lezione ad uso di studentesse e studenti per facilitare la comprensione della lezione) * La lezione della seconda seduta ha avuto come concetto fondamentale l'individuazione della concezione monistica del vero rapporto tra il soggetto e l'oggetto. Secondo l'interpretazione comune di tale rapporto soggetto e oggetto sono opposti l’uno all’altro, per es. l’uomo considera la natura come un oggetto fuori di sé. Questa è l'interpretazione propria per esempio della filosofia di Kant ma anche in linea generale della nostra cultura quotidiana. In particolare è il modo di considerare il rapporto tra uomo e natura proprio dell'antichità, del medioevo e dell’età moderna anche. Soltanto nell'età contemporanea a partire dalla filosofia di Schelling e di Hegel poi anche con la concezione materialistica dialettica e con l’evoluzionismo di Darwin il monismo comincia a prevalere a livello intellettuale e scientifico. Anche nell’antichità c'erano state concezioni monistiche per esempio Parmenide, Eraclito, Plotino, ma queste erano state soppiantate dalla visione sicuramente dualistica del mondo propria del cristianesimo. Lo stesso dicasi per l'età moderna, in cui alcune filosofie, come quella di Spinoza in particolare, sono state monistiche senza però prevalere. È dunque soltanto con il superamento della filosofia kantiana da parte dell’idealismo classico tedesco a cavallo tra ‘700 ed ‘800 che la visione monistica del mondo inizia a diffondersi in ambito filosofico e scientifico, suffragata poi sempre più dai risultati delle scienze empiriche. Cerchiamo ora di individuare i passaggi logici che ci hanno portato dalla definizione della filosofia come scienza della saggezza, risultato della prima seduta di seminario, alla determinazione del punto di vista monistico come del giusto punto di vista filosofico, risultato del secondo seminario. Il sistema della scienza, secondo l’immagine della biblioteca ideale, sembra essere un insieme ordinato di oggetti naturali (particelle elementari, atomi, molecole, minerali, piante, animali, essere umano, società, storia passata presente ed ancora da scrivere, quindi etica-politica) e delle loro leggi di funzionamento e di sviluppo. Tutto ciò appare come un qualcosa di esterno rispetto a noi, d’indipendente dal nostro essere soggettivo. Le stesse scienze umane e sociali come anche la storiografia sembrano occuparsi di oggettività, umane ma comunque sempre oggettive rispetto a colui che le studia, le impara etc. In realtà quel che a noi sembra un oggetto è un concetto, il concetto appunto di quell’oggetto. La scienza pertanto è costituita di concetti, il sistema della scienza, la biblioteca, è un insieme ordinato di concetti divisi per comodità ed efficacia di studio in ambiti di sapere (le singole scienze), organizzate tra di loro secondo il rapporto della propedeuticità e della presupposizione. Il tutto che ne deriva è un insieme ordinato, una visione del mondo, il cui oggetto fondamentale significato è appunto il mondo, la totalità di ciò che esiste l’essere. Noi presupponiamo infatti che la totalità, di quel che è, sia un tutto ed esprimiamo tale tutto nella parola mondo. Il concetto di mondo esprime pertanto l’oggetto della totalità dell’essere, come lo aveva individuato ed espresso per primo Parmenide, il filosofo greco ritenuto il fondatore della metafisica. I termini in gioco in questo ragionamento sono due: ordine e concetto. Entrambi però coincidono. Il concetto di un albero per es. altro non è che il rapporto che esiste tra le parti, che compongono l’albero, nel tutto che individuiamo noi con il concetto di ‘albero’. Lo stesso discorso vale per qualsiasi oggetto, dal più piccolo al più grande. Certo nel caso del più piccolo, l’atomo, l’intagliabile, che però poi è risultato invece anch’esso tagliabile e formato da più parti (neutroni, protoni, elettroni) si potrebbe pensare ad un punto oltre il quale veramente non si possa più andare e quindi ad un concetto che non sia un insieme di parti. Il poeta greco Hölderlin ha individuato nell’uomo la capacità di pensare il più piccolo del minimo ed il più grande del massimo, ossia di non arrendersi mai né verso in giù né in su, né a ritroso nel tempo né andando avanti nel tempo, per cui lo spirito si manifesta realmente come ciò che riesce a farsi più piccolo del minimo e più grande del massimo. Se un giorno l’uomo possa veramente pervenire ad un minimo e ad un massimo oltre il quale non riesce più ad andare non lo sappiamo, di certo l’essere umano continuerà sempre a cercare il più piccolo del minimo ed il più grande del massimo come anche ciò che sta prima dell’inizio e quel che sta dopo la fine, non si accontenterà mai di un punto fermo oltre il quale non si possa andare. Il sistema della scienza si presenta pertanto come un sistema di concetti, parti di un tutto che sono messe tra loro in un ordine ben preciso, che deve corrispondere all’ordine che essi hanno nella realtà. Entra qui in gioco la problematica fondamentale della verità, ossia dell’accordo tra la concezione scientifica del mondo ed il mondo reale, tra il sistema dei concetti e del sistemamondo. Il filosofo panteista Spinoza ha parlato a tal proposito di corrispondenza tra ordine delle idee ed ordine delle cose, il pensatore dialettico Hegel ha espresso lo stesso concetto come corrispondenza tra reale e razionale. Approfondiamo ora tale cruciale problematica filosofia e vediamo se e come il sistema della scienza corrisponda al mondo ch’essa vuole conoscere. La problematica fondamentale a tale riguardo è quella della verità e della conoscenza, ossia se l’essere umano possa conoscere il mondo. In realtà si tratta di una falsa problematica, in quanto la conoscenza del mondo da parte dell’essere umano è un fatto, un qualcosa testimoniato nella vita quotidiana da mille azioni anche semplici, oltre che naturalmente complesse. Per es. se usiamo il sapone per lavarci le mani e queste effettivamente poi sono pulite, ciò si basa sulla conoscenza, in quanto uno o più elementi chimici, presenti nel sapone che è stato prodotto da noi, producono tale effetto desiderato, il che significa pertanto che noi attraverso la conoscenza di parti del mondo e della loro azione su di no, siamo riusciti a pervenire ad un risultato coscientemente voluto. Una navicella spaziale che atterra sulla luna è un esempio molto più complesso dello stesso principio, ossia della tecnica come applicazione con successo di conoscenza del mondo tramite le nostre azioni. Un altro esempio è la medicina che nel giro di poco tempo ci fa passare il mal di testa o la febbre, anche in questo caso la nostra azione, ossia l’intervento nei processi biologici del corpo, produce con successo l’effetto desiderato, quindi dimostra che conosciamo il funzionamento di quella componente del mondo che è il corpo umano. Dunque la conoscenza umana del mondo è un fatto, non si può mettere in discussione. Ma esiste anche un’altra argomentazione, più forte e filosofica, che ci porta a dover ammettere da un punto di vista puramente logico il fatto che noi siamo in grado di conoscere, ossia di comprendere la verità. Se infatti sosteniamo l’opposto, ossia che non possiamo comprendere la verità, questa ammissione però di per sé si presenterebbe come una verità, ossia ci sarebbe soltanto una verità, quella che non possiamo conoscere la verità. Ma, se non possiamo conoscere la verità, per qual motivo questa stessa verità dovrebbe esser vera? Evidentemente essa per definizione non sarebbe vera, dunque dovremmo sostenere da un punto di vista logico che, essendo tale verità della non raggiungibili della verità, evidentemente falsa, allora la verità è conoscibile, è raggiungibile. In sostanza l’essere umano è condannato alla verità, noi non possiamo scappare dalla situazione, in cui ci troviamo, di essere razionali e quindi anche in grado di comprendere il mondo e di pervenire alla verità. Il problema dunque non è tanto se, quanto perché e come pervenire alla verità. La risposta alla domanda sul perché possiamo pervenire alla verità, ossia come ciò sia possibile, si fonda sull’individuazione di un qualcosa di comune che deve esistere tra l’uomo e la natura, tra soggetto ed oggetto per rendere possibile alla conoscenza. Se infatti essi fossero completamente diversi, se non vi fosse qualcosa in comune, neanche la conoscenza sarebbe possibile, non vi sarebbe un ponte tra i due, una comunicazione, un accesso del soggetto all’oggetto. Dunque vi dev’essere qualcosa di comune. In particolare, dato che la conoscenza avviene tramite il pensiero, tramite la ragione, questo qualcosa di comune dev’essere anch’esso razionale, pensiero. Le leggi della natura per es. sono qualcosa di razionale, di regolare, di spiegabile, prevedibile, che corrispondono pertanto alla nostra esigenza e capacità di razionalità, di pensiero. Ma tali leggi poi effettivamente spiegano i fenomeni e, applicate come tecnica, realmente ci consentono d’intervenire sul mondo e sui suoi processi. Dunque tale razionalità presente nelle leggi non è soltanto soggettiva, quale si trova nel libro di fisica, chimica etc., ma oggettiva, si trova nella realtà stessa. In sostanza dunque la natura, l’oggetto porta la razionalità in sé ed è per questo motivo che l’essere umano può conoscere il mondo, in quanto la sua razionalità non è diversa da quella del mondo, della natura. C’è dunque ragione sia nell’essere umano che nella natura e ciò spiega il fatto della conoscenza e della tecnica. L’essere umano, tramite la sua ragione soggettiva, comprende la ragione oggettiva presente nel mondo. Così soltanto si può spiegare la conoscenza, tramite il concetto dell’omogeneità e non eterogeneità di uomo e natura, ragione e mondo. Uomo e natura, soggetto ed oggetto sono quindi una sola cosa, la ragione, ma in due forme diverse di esistenza: la natura materiale è ragione in forma necessaria, meccanica, inconsapevole, non libera; la natura spirituale, ossia l’essere umano, è ragione in forma libera, finalistica, consapevole. In tal modo si spiega il fenomeno inoppugnabile della conoscenza ed anche la questione della verità assume una sua chiarificazione: noi possiamo conoscere la verità sul mondo oggettivo in quanto questo non è diverso da noi, è razionale come lo siamo noi. La verità non à altro dunque che far corrispondere, accordare le due forme di razionalità, quella soggettiva cosciente e quella oggettiva inconsapevole. L’omogeneità tra spirito e materia, soggetto ed oggetto consente tale accordo. Il punto fondamentale ora è capire come mai ci sia tale omogeneità. La risposta a tale domanda ci conduce direttamente alla concezione monistica. Tutti i nostri dubbi sulla conoscenza, la verità etc. dipendono da un punto di vista completamente sbagliato che noi adottiamo nel rapportarci alla natura e quindi al mondo esterno, all’oggetto del conoscere. Si tratta del punto di vista dualistico. Se noi consideriamo, infatti, soggetto ed oggetto, uomo e natura, come due enti diversi ed opposti, l’uno fuori dell’altro, di fronte all’altro, allora effettivamente ci si pone il dubbio su come metterli in rapporto, come sia possibile la comprensione dell’oggetto da parte del soggetto, in quanto enti evidentemente eterogenei (materiale la natura, immateriale lo spirito). Ma se noi consideriamo invece natura ed uomo, oggetto e soggetto nel loro giusto rapporto che è di unità, nel senso che l’uomo viene prodotto dalla natura, il soggetto dall’oggetto che gli preesiste o che comunque da un punto di vista logico ne costituisce il presupposto e da un punto di vista fisico la condizione della sua vita (niente spirito, niente soggetto senza natura e senza oggetto), allora la situazione cambia completamente. Da questo punto di vista ‘superiore’, come lo definisce Hegel riprendendo la concezione proprio di Schelling, natura e spirito, oggetto e soggetto sono un’unità, la quale è processo, sviluppo, determinato da un progressivo aumento della libertà e della consapevolezza nel passaggio graduale da forme di esistenza più semplice e meccanicamente predeterminate (atomi, molecole, minerali, vegetali) a forme di esistenza più complesse ed autodeterminantesi (animali e poi soprattutto umanità). Quel che esiste è allora soltanto una totalità, l’essere o come la si voglia definire, il monos, l’uno-tutto, che si sviluppa da forme di esistenza necessarie e prive di consapevolezza a forme di esistenza libere e consapevoli. Occorre pertanto abbandonare il punto di vista dualistico, che rende problematica la comprensione della conoscenza e della verità, per una visione del mondo monistica, la quale invece ci spiega perché possiamo conoscere e ci permette anche come possiamo farlo nel migliore dei modi. Quel che infatti determina la diversità tra materiale e spirito, oggetto e soggetto è dunque il diverso grado di quel qualcosa che forma l’identità di entrambi, quel qualcosa di comune che permette la conoscenza, ossia la ragione. Entrambi, materia e spirito, sono ragione ma secondo vari gradi sviluppo, contraddistinti da maggiore o minore necessità o libertà, consapevolezza o inconsapevolezza. Così siamo arrivati ad un punto cruciale dell’intero discorso della filosofia come scienza della saggezza, per come lo stiamo impostando noi in questo corso introduttivo, ossia alla questione fondamentale di cosa sia la ragione, l’uno-tutto che esiste come materia, ragione necessaria ed inconsapevole, e spirito, ragione libera e consapevole. Questo sarà l’argomento del quarto incontro (il terzo è stato dedicato al dibattito).