La coppia umana di Carlo Molari in “Rocca” n. 20 del 15 ottobre 2014 L'acquisizione che anche la donna è immagine di Dio ha consentito uno sviluppo inatteso nella considerazione della coppia uomo/donna e in generale nella scoperta della relazione come ragione prima della similitudine con Dio. Il passaggio si è realizzato logicamente per il senso che il testo della Genesi, letto nel nuovo orizzonte culturale ha acquistato: «E Dio creò l'uomo a sua immagine: a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela» Gen. 1,27-28a). L'affermazione è ripresa all'inizio del capitolo quinto «il libro della discendenza di Adamo» che risale alla stessa tradizione sacerdotale: «Nel giorno in cui Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati» (Gen. 5, 1). difficoltà antiche Sorprende il fatto che gli autori antichi anche coloro che utilizzano l'interpretazione allegorica non cogliessero alcun collegamento tra la funzione simbolica e la distinzione dei sessi. Origene (185202), ad esempio, sostiene che la formula di Gen. 1,27 presa alla lettera anticipa la distinzione fra i sessi che ancora non era apparsa perché la donna non era ancora stata creata, per cui solo Adamo è immagine di Dio. Scrive: «Sembra conveniente, in questo punto, ricercare, secondo la lettera, come, non essendo ancora stata fatta la donna, la Scrittura dica: Li fece maschio e femmina. Forse, penso io, a motivo della benedizione, con cui li ha benedetti, dicendo: Crescete e moltiplicatevi, e riempite la terra, prevenendo quel che sarebbe accaduto, dice: «Maschio e femmina» li fece, giacché in verità l'uomo non poteva crescere e moltiplicarsi, se non con la donna. Dunque, affinché si credesse che la sua benedizione senza dubbio si sarebbe attuata, dice: «Maschio e femmina li fece»... O forse: poiché di tutte le cose fatte da Dio si dice che sono congiunte e unite, come cielo e terra, sole e luna; così dunque, per mostrare come anche l'uomo sia opera di Dio, e sia stato creato con armonia e unione adeguata, dice, prevenendo: 'Maschio e femmina li fece'» (Origene, Omelie sulla Genesi 1,14, a cura di M.I. Danieli, Città Nuova, Roma 1978). Ma poi Origene passa all'interpretazione allegorica a lui più congeniale e pone la distinzione all'interno dell'uomo stesso: «Il nostro uomo interiore consta di spirito e anima: si dice maschio lo spirito, l'anima si può denominare femmina; se essi hanno mutua concordia e consenso, unendosi scambievolmente, crescono e si moltiplicano, e generano figli: i buoni sentimenti, le idee e i pensieri utili, mediante i quali riempiono la terra e la dominano; cioè, assoggettato a sé il sentimento della carne, lo volgono a migliori disposizioni, e lo dominano, s'intende quando in nulla la carne insolentisce contro il volere dello spirito» (Origene, ib. 1,15). Ma in questa interpretazione la donna come tale scompare dalla scena. Che il testo sollevasse incertezze appare chiaramente dal Vescovo Epifanio di Salamina (315-403) il quale nega tutte la varie interpretazioni dell'uomo come immagine di Dio per concludere che si tratta di un mistero. Proprio riferendosi ad Origene Epifanio rivendicava l'interpretazione letterale del testo: «Molti spiegano allegoricamente anche il paradiso terrestre; e quell'invasato di Origene pretese annunziare al mondo la vera interpretazione fantasticando che esso non sarebbe da collocare sulla terra» (L'ancora della fede, 54, a cura di Calogero Riggi, Città Nuova, Roma 1977, p. 120). A proposito dell'uomo creato a immagine di Dio Epifanio sostiene che non possiamo determinare il senso della formula. «Creò l'uomo veramente, e lo pose nel Paradiso dopo averlo plasmato. Lo plasmò ad immagine, ad immagine di Dio. Non indagare indiscretamente i doni che Dio per grazia ha dato all'uomo. Ci basti non negare che ogni uomo è ad immagine di Dio, ma non siamo curiosi di sapere come siamo ad immagine» (ib. n. 55, p. 122). Precisa poi che non è per il corpo né per l'anima né per la mente, né per la virtù che l'uomo è immagine di Dio. Ma «come con tutta precisione ciò vada inteso, lo sa soltanto Dio» (ib. n. 56, p. 123). «In che cosa consista l'essere ad immagine di Dio, ineffabile non è definibile; ma ce ne fa fede la sua parola» (n. 57, p. 124). Epifanio elenca tutte le possibili interpretazioni ma non fa cenno di Eva e tanto meno ad un rapporto di Adamo con lei. Tutto riguarda sempre e solo Adamo. l'antropologia cristiana Alcuni hanno attribuito a Giovanni Paolo II il tentativo di interpretare l'immagine come comunione coniugale nell'enciclica Mulieris dignitatem (15 agosto 1988). Dopo avere precisato che «la verità rivelata sull'uomo come «immagine e somiglianza di Dio» costituisce l'immutabile base di tutta l'antropologia cristiana» (n. 6), egli scrive: «L'immagine e somiglianza di Dio nell'uomo, creato come uomo e donna... esprime pertanto anche l"unità dei due' nella comune umanità. Questa 'unità dei due', che è segno della comunione interpersonale, indica che nella creazione dell'uomo è stata inscritta anche una certa somiglianza della comunione divina ('communio'). Questa somiglianza è stata inscritta come qualità dell'essere personale di tutt'e due, dell'uomo e della donna, ed insieme come una chiamata e un compito. Sull'immagine e somiglianza di Dio, che il genere umano porta in sé fin dal 'principio', è radicato il fondamento di tutto l"ethos' umano: l'Antico e il Nuovo Testamento svilupperanno tale 'ethos', il cui vertice è il comandamento dell'amore» (n. 7). «Perciò tutto quanto nel generare umano è proprio dell'uomo, come pure tutto quanto è proprio della donna, ossia la 'paternità' e 'la maternità' umane, porta in sé la somiglianza, ossia l'analogia col 'generare' divino e con quella 'paternità' che in Dio è 'totalmente diversa': completamente spirituale e divina per essenza. Nell'ordine umano, invece, il generare è proprio dell"unità dei due': ambedue sono `genitori', sia l'uomo sia la donna» (n. 8). Benedetta Zorzi esprime la sua critica per le «derive che può facilmente prendere l'antropologia teologica `duale' quando intende l'espressione di Giovanni Paolo II `unità dei due'... come se solo insieme l'uomo e la donna fossero a immagine di Dio» (Al di là del genio femminile, Carocci 2014 p. 161). Carlo Baldelli, invece, interpreta le espressioni di Giovanni Paolo II nel senso che «la differenza sessuale è parte integrante dell'imago Dei e che l'immagine e somiglianza di Dio si manifesta, oltre che nella natura umana libera e razionale, anche nell'unità uomo-donna. Ecco perché mi sono permesso di affermare che è riduttivo riferire l'immagine di Dio soltanto al singolo individuo; riduttivo non vuol dire sbagliato, ma significa che è un approccio parziale che ci fa cogliere soltanto un aspetto di quella verità, non tutta». Carlo Baldelli infatti riassumendo un suo libro (Li sposò ogni giorno. Amati da Dio per amarsi fino alla fine, Ed. Porziuncola, Assisi 2013) nel settimanale della Chiesa umbra «la Voce» (24/1) nell'articolo: «Siamo tutti sposi. Il mistero grande delle nozze» sostiene che sia riduttivo riferire l'immagine di Dio soltanto al singolo individuo. In un numero successivo rispondendo alle critiche Egli scrive: «Esprimendomi in questo modo intendevo fare eco ai seguenti versetti biblici: 'Non è bene che l'uomo sia solo'; 'Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò'. Certamente ogni singola persona è creata a immagine di Dio, ma tale immagine non potrà esprimersi compiutamente se non nella relazione comunionale... ». Giustificava le sue affermazioni richiamandosi a Giovanni Paolo II. Anche il biblista Gianfranco Ravasi allarga l'orizzonte dell'immagine divina: «Non è solo il maschio a incarnare questa similitudine, è l'umanità in quanto fatta di maschi e femmine, come si dice nel canto dei versetti 27-28: 'secondo la sua immagine li creò: maschio e femmina li creò'. L'amore matrimoniale e la fecondità della vita sono il riflesso luminoso del creatore. La storia della salvezza che è ora agli esordi, si snoderà proprio nella successione delle `genealogie', che sono le generazioni, frutto dell'amore coniugale. Per questo ad essi è data una benedizione solenne, segno non solo di fecondità - come era avvenuto negli animali ma anche di signoria, di primato, di grandezza» (G. Ravasi, Il racconto della Bibbia, Periodici S. Paolo, 2006p. 21). Con molta chiarezza Papa Francesco nella catechesi del 7 aprile scorso ha espresso la convinzione che la coppia umana rappresenti una particolare immagine di Dio quando ha detto: «l'immagine di Dio è la coppia matrimoniale: l'uomo e la donna; non soltanto l'uomo, non soltanto la donna, ma tutti e due. Questa è l'immagine di Dio: l'amore, l'alleanza di Dio con noi è rappresentata in quell'alleanza fra l'uomo e la donna. E questo è molto bello! Siamo creati per amare, come riflesso di Dio e del suo amore. E nell'unione coniugale l'uomo e la donna realizzano questa vocazione nel segno della reciprocità e della comunione di vita piena e definitiva». Sul tema della donna, immagine di Dio in poco tempo è stato compiuto un passo avanti notevole.