«Io avevo sete di verità e non capivo come ero potuta capitare in
quell’inferno [il manicomio]. Disposta naturalmente al razionalismo,
avvezza a cercare il perché di tutte le cose, ero spaventata
dall’oscenità dell’ignoranza che si adoperava in quei luoghi»
«Gli inguini sono la forza dell’anima,
tacita, oscura,
un germoglio di foglie
da cui esce il seme del vivere»
(A. Merini, L’altra verità. Diario di una diversa)
(A. Merini, La Terra Santa)
Quando abbiamo iniziato il nostro lavoro a quattro mani su Alda Merini al fine di trarne un
monologo che ne evocasse la complessità, ci siamo poste due domande fondamentali: cosa
mettere in scena? E quali parole usare?
Conoscendo la poetessa, le risposte sono state immediate.
Tutto ciò che l’ha resa inafferrabile: il talento, l’amore, il delirio.
Le sole parole possibili: le sue. Parole ineffabilmente nate per il teatro: prosa e poesia,
entrambe ricche di una musicalità che va detta a voce alta e accolta in silenzio nell’animo per
poter godere degli effetti evocativi dei suoi suoni.
La strada era in parte tracciata non solo da Merini ma anche da Licia Maglietta, che nel 1995
aveva operato una trasposizione teatrale del libro di Alda, Delirio amoroso.
Ancora però non riuscivamo a mettere a fuoco ciò che ci aveva tanto colpito dell’intera sua
produzione, fino a quando la visione del documentario Più bella della poesia, la mia vita ci ha
mostrato una Merini dallo sguardo lucido, coraggioso nell’analisi della realtà e nella memoria,
capace di assumere la giusta distanza per restituire le visioni vaghe, confuse, labili di una
mente turbata dalla follia, capace di ritornare nell’abisso per risalirne grazie alla forza salvifica
della parola poetica.
È scioccante per le persone “sane” vedere nella malattia mentale frequenti barlumi di lucidità,
puntuali denunce della feroce realtà dei manicomi, il persistere del senso dell’umano
nonostante le “cure” alienanti. Come “catturare” tutto ciò? In nessun modo se non seguendo
Alda nei suoi intricati percorsi.
Ed è così che in questo monologo ci troviamo a seguirla mentre ci racconta, con intelligente
ironia, aneddoti della sua “normale” quotidianità. La seguiamo divertite, fidenti fino a quando
non ci accorgiamo che questa sua leggerezza ci ha condotto fin dentro a un luogo di cupo
dolore. Smarrite ci scopriamo nei suoi ricordi del manicomio che, con spietata nitidezza, ci
restituisce nella pienezza del loro orrore.
Parole, le sue, sempre capaci di richiamare in noi potenti emozioni. Parole così musicalmente
misteriose che ci lasciano stupiti quando, in mezzo all’inferno, percepiamo intatto il senso del
bello e il desiderio dell’amore. Alda ci ammalia, trasformandosi ora in testimone delle miserie
umane (quelle dei medici e degli infermieri, non degli ammalati), ora in cantrice del sentimento
totalizzante dell’amore (a volte violato fino a divenire vergogna, ma sempre capace di
autorigenerarsi), ora in narratrice di storie leggere nate però da interrogativi metafisici (che ci
lasciano imbarazzate di fronte alle nostre certezze).
Enrica Cavina
Francesca Mazzoni
Contatti e info: [email protected]; [email protected]
Durata del monologo: 40’
Francesca Mazzoni, dopo la Scuola di Teatro di Bologna “Galante Garrone”, continua la sua
formazione in Italia e all’estero.
Ha lavorato con registi come Mario Martone, Franco Zeffirelli, Giorgio Albertazzi, Giorgio
Barberio Corsetti, Lorenzo Salveti, Vittorio Franceschi.
Dal 2006 collabora col regista Eugenio Sideri, che l’ha diretta in “44. il coraggio della scelta”.
Sempre dal 2006 affianca all’attività di attrice e drammaturga quella di docente.
Sue la drammaturgia, la regia e l’interpretazione degli spettacoli “Liberata”, che ha debuttato
all’interno di Corposamente2007 e “Di donna rovesciata nell’erba”, scelto, nell’estate 2009, per
partecipare al Festival argentino della Iª edizione del Premio Yilania, promosso dalla
Fondazione Gentes de Yilania.
Nel 2008 partecipa a “Ravenna festival” nell’evento/concerto “..e verrà una donna”.
E’ drammaturga e interprete di “Tu sarai mia - Passione e morte di Anita Garibaldi” che ha
debuttato in prima mondiale in Brasile (2009) e in prima nazionale al “Teatro Alighieri” di
Ravenna e per la cui interpretazione ha ricevuto il Premio Speciale “Anita Garibaldi”.
Enrica Cavina, ricercatrice storica, information designer e docente di lettere, ha unito queste
professioni alla sua passione per il teatro collaborando con l’Associazione Asja Lacis per la
drammaturgia e la consulenza storica dello spettacolo La guerra negli occhi, presentato il 26
novembre 2004 a Madonna dell’Albero. Dal 2007 lavora come volontaria per la Fondazione
Gentes de Yilania impegnandosi nella realizzazione di spettacoli teatrali dedicati a storie di
donne. Scrive così la drammaturgia e cura la regia dello spettacolo Mujeres en viaje
rappresentato al Museo Mucha di Mendoza (Argentina). Nel 2009 scrive la drammaturgia e
interpreta Libertà e resistenza. Percorsi di donne d'oltreoceano, spettacolo messo in scena a
Faenza in occasione della Staffetta delle donne contro la violenza di genere. Nel 2010 è
drammaturga e interprete del recital Donne nel mondo, presentato a Bagnacavallo nella
giornata contro la violenza sulle donne.