Dispense OGPP 1 - Economia - IIS Falcone

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Organizzazione e Gestione
dei Processi produttivi
dispense a cura di Giorgio Ginelli
1.
Economia
L’industrializzazione ha origine
in Inghilterra nella seconda metà
del XVIII secolo e si propaga rapidamente ad altri paesi; questo
periodo è conosciuto con la denominazione di rivoluzione industriale, a causa delle ripercussioni economiche e sociali che
esso ha provocato, in particolare,
la nascita del capitalismo.
Nel XIX secolo, l’industria inizia
ad assumere caratteri ben precisi:
• la separazione tra la proprietà
dei mezzi di produzione e i
produttori diretti,
• l’accentramento della mano
d’opera in un unico luogo di
lavoro (la fabbrica),
• l’impiego intensivo di macchine azionate da motori (in successione: idraulici, a vapore,
elettrici),
• la produzione di massa.
Nella seconda metà del XIX
secolo, inoltre, il positivismo
fertilizzò il terreno per la crescita dell’industrializzazione. Con
industrializzazione e capitalismo
nasce l’era moderna che, nel bene
e nel male, rivoluziona la vita familiare, sociale, politica, economica e culturale dell’occidente.
1. Economia
L’economia è la scienza che studia come allocare al meglio le scarse risorse a disposizione,
dove la scarsità non ha a che vedere con la consueta distinzione tra ricchezza e povertà.
Nel contesto specifico dell’economia le risorse posso essere identificate in numerosi identità,
ognuna delle quali può essere soggetta a scarsità.
• Risorse naturali (terra e materie prime).
• Lavoro: scarso per abilità e tempo disponibile degli individui.
• Capitale (fattori produttivi a loro volta prodotti) scarsi per le condizioni produttive e lo
stato della tecnologia.
• Risorse finanziarie.
Il termine economia deriva dal greco οἴκος - oikos - (“casa”, inteso anche come “beni di famiglia”) e νόμος - nomos - (norma, legge) e denotava, in origine, le regole per la buona amministrazione della casa.
Ai giorni d’oggi l’economia politica, nell’ambito delle scienze sociali, è la scienza che studia
il comportamento umano come relazione tra fini e mezzi scarsi suscettibili di usi alternativi; è
quindi la disciplina che studia il funzionamento dei sistemi economici.
Concetti di economia sono però ravvisabili in numerose opere dell’antichità; ad esempio tra i
mali che vengono liberati dal vaso di Pandora (Esiodoro, VII secolo a.C.) vi è anche la scarsità,
mentre Aristotele (I secolo a.C.) si occupò dello scambio suddividendolo in “naturale” e “non
naturale”. Nel medio evo prevalse il dibattito teologico su argomenti quali l’usura (i prestiti ad
interesse) e la giusta ricompensa del venditore.
Le prime riflessioni economiche in senso moderno presero però forma nelle opere di Machiavelli (XIII secolo) e si ponevano inizialmente l’obiettivo di aumentare il potere economico del Principe, poi degli Stati nazionali, come condizione necessaria del potere politico e
militare. Più tardi il protestantesimo (nel XVI secolo) contribuì con una prima formulazione
del libero scambio, e via via percorrendo tutto il periodo della storia d’Europa fin dopo l’Illuminismo e l’inizio della rivoluzione industriale.
L’economia politica ha iniziato ad essere distinta da altre scienze sociali comunque molto gradualmente e solo verso la metà del XIX secolo si sono avute le prime cattedre di economia
politica.
L’impresa è l’unità economica in cui si svolge il processo produttivo. Mentre la famiglia
e gli individui che la compongono costituiscono unità economiche caratterizzate
prevalentemente dall’attività del consumo,
nell’impresa prevale l’attività della produzione.
Le famiglie concorrono alla produzione
fornendo lavoro e ricevendone in cambio
reddito.
I fattori di produzione sono sono tutti gli
elementi che servono per produrre un bene
o erogare un servizio.
Il sistema economico capitalistico è centrato
sull’impresa, che incorpora buona parte delle conoscenze tecnologiche ed è spinta a un
comportamento efficiente dalla ricerca del
massimo profitto.
1
La partizione della materia
L’economia è una componente dell’azione umana in ogni tempo. Nel campo delle azioni
umane è difficile stabilire delle vere e proprie leggi ed è più prudente accontentarsi di rilevare
delle regolarità sulle quali si compone la teoria economica contemporanea che non si presenta però come un corpus perfettamente unitario. In sostanza, nel termine “legge economica” è
riassunta la convinzione di molti economisti che si possa individuare nella società, come nella
natura, proposizioni generali e permanenti in grado di spiegare e predire la realtà.
I comportamenti individuali sono dunque il principale oggetto dell’economia. Lo studio dei
comportamenti economici dà luogo a quattro principali campi di indagine:
1) le decisioni ottimali di un individuo in merito al consumo;
2) le decisioni ottimali di un’impresa in merito ai piani di produzione;
3) la compatibilità tra le decisioni individuali di consumo e quelle di produzione;
4) la teoria dei mercati.
Il comportamento economico aggregato presenta caratteristiche che non sempre sono deducibili dal comportamento razionale degli individui. Di qui la distinzione di due campi di
studio e di applicazione della teoria economica: microeconomia e macroeconomia.
Microeconomia
La microeconomia si occupa del comportamento dei soggetti individuali, nella fattispecie
all’interrelazione tra gli agenti economici: consumatori e produttori.
I consumatori devono decidere quali beni acquistare e soprattutto quanto acquistare di ciascun bene, tenendo in debito conto le eventuali limitazioni del proprio reddito.
Da parte loro, invece, i produttori devono identificare quali sono i beni che devono produrre
e in quali quantità, identificando anche le corrette combinazioni di fattori produttivi.
La produzione è soggetta ad alcuni fattori chiave, quali la scarsità delle risorse finanziarie del
produttore e i limiti della tecnologia. Questi fattori inducono il produttore a occuparsi in
modo attento alla determinazioni dei prezzi dei prodotti, in quanto spesso fungono da segnale o da incentivo per le scelte operate dagli agenti economici.
Macroeconomia
Mentre la microeconomia analizza il comportamento delle unità che compongono il sistema
economico, la macroeconomia studia il comportamento economico a livello di sistema. Se
per la microeconomia si può considerare un singolo agente, un solo mercato o l’interazione di
tutti i mercati tra loro, per la macroeconomia l’attenzione deve spostarsi sui mercati aggregati:
prodotti finali, lavoro, capitali, moneta.
Perciò, mentre la microeconomia studia le condizioni di equilibrio nei singoli mercati, la macroeconomia si occupa di prodotto nazionale, di crescita economica e di ciclo economico,
cioè dell’andamento alterno del prodotto, di inflazione, di disoccupazione.
Il flusso circolare dell’economia
A livello teorico, il sistema economico viene rappresentato,
in via semplificata, come l’insieme di relazioni fra due blocchi di operatori: i produttori (imprese) e i consumatori di
beni finali (famiglie).
I produttori acquisiscono, dietro pagamento, i fattori di
produzione (lavoro e capitale) dagli utilizzatori finali e producono beni e servizi finali: il pagamento (salari, stipendi,
interessi, rendite e profitti) a favore degli utilizzatori costituisce il reddito.
A loro volta i consumatori, con il reddito percepito per la
fornitura dei fattori di produzione, acquistano dalle imprese i beni e i servizi prodotti: il flusso monetario (prezzi) a
favore dei produttori costituisce il ricavo di questi ultimi.
2
1. Economia
Le variabili più sorvegliate e studiate dai macroeconomisti e dai responsabili della politica
economica sono due:
• il reddito prodotto dall’economia nell’unità di tempo (trimestre, semestre, anno);
• l’occupazione, ossia la misura in cui le forze di lavoro del paese trovano effettivamente
un impiego, concorrendo così alla produzione della nuova ricchezza.
Sistema legato a forme
tradizionali di comunicazione e scambio.
Sistema sviluppato
grazie alle forme di comunicazione e scambio
legate alla tecnologia.
La new economy, in un certo senso, non è altro che estensione dell'economia nella sfera
dell'informazione, della comunicazione e della cultura.
Target
Nel linguaggio economico, indica
il segmento di mercato, costituito
da tutti i potenziali consumatori
aventi esigenze e comportamenti
omogenei, cui l’azienda intende
rivolgere l’offerta dei propri prodotti e adeguare le proprie politiche di marketing; si tratta dunque
di un gruppo specifico di consumatori, accomunati da caratteristiche e bisogni comuni.
Mercato
Il mercato dell'economia non è un luogo fisico, ma ogni incontro spontaneo di venditori e
compratori allo scopo di concludere transazioni commerciali. Questa realtà immateriale e
instabile è tuttavia il cuore della società contemporanea. In essa si confrontano le cosiddette
“forze di mercato”: la domanda (generata dal gruppo dei consumatori) e l'offerta dei prodotti immessi sul mercato.
Nel linguaggio economico, il termine domanda assume diversi significati: può evocare, infatti,
sia il concetto di quantità richiesta di un bene in un certo periodo di tempo, sia quello di relazione funzionale tra quantità richiesta di un bene e altre variabili economiche (per esempio il
prezzo del bene, il reddito del soggetto richiedente e simili).
L'offerta può essere definita come la quantità di beni o servizi che una o più imprese sono
disposte a fornire al mercato ed è costituita da tutti coloro che si presentano sul mercato con
l'intenzione di vendere beni e servizi in loro possesso. L'offerta è quindi in larga misura coincidente con i piani del settore delle imprese. Il settore delle famiglie, dal canto suo, offre un
importante fattore di produzione che è trattato in un mercato speciale: il lavoro.
Prodotti
L’attività caratteristica delle imprese è la produzione di beni (prodotti con una precisa fisicità)
e servizi (insieme diversificato di funzione, azioni o idee). La produzione è definibile come la
trasformazione di fattori di produzione in prodotto.
Il problema della produzione, da questo punto di vista, non è altro che ottenere il prodotto
desiderato con il minimo possibile di input.
Nel breve periodo la capacità produttiva degli impianti è fissa, mentre nel lungo periodo l’impresa può variare la capacità produttiva scegliendo quella più profittevole.
Rapporto tra
produzione,
distribuzione e
consumo
“Produzione, distribuzione, scambio, consumo costituiscono un sillogismo in piena regola; la produzione è
l’universale, la distribuzione e lo scambio il particolare, il consumo l’individuale, in cui il tutto si conclude.
[…] La produzione è determinata da generali leggi di natura; la distribuzione lo è dalla casualità sociale
e, quindi, può avere effetti più o meno favorevoli sulla produzione; lo scambio si colloca tra le due in quanto
movimento formalmente sociale e l’atto conclusivo del consumo, che non solo vien concepito come termine
ultimo, ma anche come scopo finale, propriamente si colloca al di fuori dell’economia, tranne che per la misura in cui torna ad agire sul punto di partenza, dando così un nuovo inizio all’intero processo.”
(Karl Marx, Per la critica dell'economia politica, 1857)
La storia del capitalismo industriale vede la formazione di uno spazio che separa produzione
e consumo: lo spazio dello scambio. Produzione e consumo si sviluppano come aree autono1. Economia
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me. La produzione è da considerare concentrata nello spazio e nel tempo, perciò dipendente
dalle potenzialità delle scoperte scientifiche e tecnologiche, oltre che guidata da obiettivi congiunti di efficienza ed appropriatezza. Il consumo invece è anzitutto legato all’evoluzione dei
bisogni e può esprimere una varietà di bisogni ed aspettative maggiore rispetto a quella ammessa dalla produzione; risulta disperso rispetto ai luoghi di produzione e con tempi diversi
da quelli della produzione.
Le tappe evolutive di questo rapporto tengono conto dell’evoluzione sociale, economica e
storica che possiamo distribuire su almeno quattro periodi di riferimento.
La produzione e consumo nel mondo pre-industriale, vale a dire prima del XVIII secolo, faceva leva sul rapporto esistente tra la produzione e il consumo nel modello artigianale, caratterizzato da metodi di produzione e prodotti riproducibili in modo limitato; questo comportava alti costi per ogni singola unità di prodotto e bassi volumi di produzione, ma anche un
vantaggio competitivo legato alla qualità e alla appropriatezza del prodotto, alla personalizzazione e alla flessibilità produttiva. Era anche possibile una concreta interazione tra domanda
e offerta.
La produzione nel periodo industriale a cavallo tra XVIII e XIX secolo, introduce alcune
fondamentali innovazioni principali rispetto alla produzione artigianale: l’artificializzazione
dell’energia, l’introduzione delle macchine specializzate e la conseguente standardizzazione
dei prodotti e delle macchine. La rivoluzione industriale si distingue per aver introdotto il
ciclo di produzione diviso in fasi, con lavorazioni distinte e poste in sequenza, oltre che la possibilità di replicazione dei prodotti, delle mansioni, dei componenti. Prende avvio in questo
periodo anche la tendenza all’aumento della divisione del lavoro e alla specializzazione.
La rivoluzione industriale determina un sistema produttivo in cui si alternano fasi ad alta intensità di capitale con altre ad alta intensità di lavoro, ma nel quale i prodotti maggiormente
complessi sono prodotti ancora in modo artigianale; la domanda influenza comunque la produzione in modo anche significativo, ma la produzione inizia a spingere la domanda.
Nasce in questa fase il concetto di produzione di massa, che consente alti volumi di prodotti
anche standard, in cui la varietà è data da diverse combinazioni di componenti standard e
intercambiabili; il ciclo di vita dei prodotti diviene più lungo. In questa fase diviene sempre
più necessaria una elevata specializzazione e standardizzazione delle mansioni del lavoro e
vengono applicati i principi dell’organizzazione scientifica del lavoro (taylorismo) teorizzati
da Frederick Taylor (1856-1915).
Nel periodo a cavallo tra quella che può essere definita rivoluzione industriale e quella commerciale tra XIX e XX secolo, si definisce un’evoluzione del ruolo della distribuzione con
differenti strategie per ottenere il controllo del canale distributivo e si raffinano i rapporti tra
l’Industria di Marca (idm) e la Grande distribuzione (gd).
Sillogismo è il termine filosofico con cui Aristotele designò
la forma fondamentale di argomentazione logica (sillogismo
categorico), costituita da tre proposizioni dichiarative connesse
in modo tale che dalle prime due,
assunte come premesse, si possa
dedurre una conclusione (ad
esempio: tutti gli uomini sono
mortali, tutti i Greci sono uomini, quindi tutti i Greci sono mortali); un ragionamento condotto
con un sillogismo è necessario
(cioè sempre corretto) e formale, nel senso che la correttezza
del ragionamento stesso dipende dalla sua struttura (forma) e
non dal significato delle parole
(come uomo, mortale ecc.).
Evoluzione del ruolo della distribuzione
Nelle imprese commerciali sono
generalmente rappresentati differenti tipi di operatori: la distribuzione organizzata (do o
gdo), la grande distribuzione
(gd), la cooperazione al consumo e i distributori indipendenti; in particolare la distribuzione organizzata (per esempio
Conad, Selex, Interdis, Sisa, Despar, Crai, ecc.) presenta solitamente due livelli di negoziazione
e gli impegni assunti in centrale
non vengono sempre trattati in
periferia.
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1. Economia
Il XX secolo vede comunque anche rapidi cambiamenti legati sia all’evoluzione della tecnologia che delle forme di comunicazione e dei mass media. Al fine di incrementare la produttività, nei primi decenni del XX secolo, la tecnologia della catena di montaggio, inventata e applicata dall’industriale statunitense Henry Ford (1863 - 1947) nell’industria automobilistica, si
estende a quasi tutti i settori produttivi. Verrà così coniato il termine fordismo che assumerà
ben presto una connotazione negativa per le ripercussioni sulla sfera individuale dei lavoratori
e sulle malattie da stress che produce.
Negli anni Settanta la produzione di massa e il fordismo entrano comunque in crisi per diverse
e complesse ragioni: anzitutto la saturazione del mercato dei beni di massa, ma anche la maggiore concorrenza dei paesi di nuova industrializzazione (con più basso costo del lavoro nelle
produzioni più semplici e di bassa qualità) e l’aumento dei prezzi del petrolio e delle materie
prime.
La forte ondata di innovazione tecnologica degli anni Ottanta poi, determina una rapida evoluzione dei bisogni a cui le imprese devono far riferimento, sia in termini di produzione che
di distribuzione. Si determina perciò una riduzione volumi di produzione e una maggior differenziazione dei prodotti, per le quali cose serve maggior flessibilità da parte delle imprese
e una capacità di risposta rapida al mercato. La produzione ormai deve rispondere alla domanda secondo un approccio customer-oriented, verso cioè un crescente potere decisionale
del consumatore.
In questo panorama, segnato da quello che è stata definita la rivoluzione digitale, si devono
poi considerare tutte le innovazioni in merito alla comunicazione e all’informazione che hanno cambiato radicalmente anche i rapporti fra industria, distribuzione e consumatore. Si tratta
di un evento tecnologico che guida la trasformazione della società in tutte le sue forme, cambia il rapporto tra le persone, modifica la comunicazione tra lo Stato e i cittadini e porta grandi
trasformazioni al mondo del lavoro.
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