Metamorfosi di una Città di Confine. Trieste 1914.

Metamorfosi di una Città di Confine. Trieste 1914.
Trieste 1914: la Città e la Guerra.
La vita sociale e i risvolti politici.
1914: Anno di svolta nella storia dell’Europa e del Mondo, inizio di un’era traumatica per la
società, che vede il coinvolgimento di 65 milioni di persone in una guerra che costituì per molti di
essi il primo impatto con la “modernità”: tecnologia ed industria, considerata nei suoi aspetti più
devastanti e terribili. Anno d’inizio (28 luglio 1914) di una guerra di massa in cui muoiono oltre 9,5
milioni di persone e un numero enorme di altre riportano mutilazioni e danni psicologici gravissimi.
Segna profondamente il cammino dell’umanità, il destino della collettività, anche in quella che
viene chiamata “mentalità collettiva”, il modo di vedere le cose, di affrontare la realtà.
28 luglio 1914: Data epocale anche perché al tramonto di un’epoca, appunto, fa seguito la nascita di
un’altra che sarebbe stata, per molti anni, contraddistinta da conflitti sociali, politici, nazionali che
avrebbero poi portato allo scoppio della II Guerra Mondiale.
Il tema, quindi, è “problematico”, anche perché comporta l’esame di quella che era la situazione
sociale, politica, economica e culturale di Trieste all’indomani dello scoppio della I
Guerra
Mondiale.
Per Trieste ed il suo territorio finisce una storia secolare, iniziata nel 1382 quando la città entrò
nei domini ereditari della Casa d’Asburgo. Alla fine della guerra, infatti, si assisterà al passaggio dal
lungo dominio asburgico all’amministrazione del Regno d’Italia. Questo passaggio, alla fine del
conflitto, porterà ad un lungo dopoguerra per cui la sistemazione dei confini, il cosiddetto “confine
orientale” del Regno d’Italia, avverrà appena nel 1920 con il Trattato di Rapallo.
Il 1914, l’anno che porterà la “bufera” in Europa e nel mondo, curiosamente è caratterizzato da una
serie di eventi atmosferici inconsueti per Trieste.
I primissimi giorni dell’anno registrano temperature molto basse in città finchè, come riferiscono le
cronache dell’epoca, il 14 gennaio una bufera di neve, ghiaccio e bora crea il deserto nelle vie che
allora sempre pullulavano di vita, di lavoro, di scambi: quasi un preludio simbolico al prossimo
futuro.
Alcuni mesi più tardi, pochi giorni dopo il duplice assassinio di Sarajevo, ai primi di luglio, mentre
si sta discutendo sulle sorti dell’Europa e si diffonde un certo allarme fra la popolazione, un nembo
ciclonico a ciel sereno provoca improvvisamente una devastante tromba d’aria che causa danni
gravissimi: case scoperchiate, stabilimenti balneari devastati, feriti, tanto che in città si assiste ad
una mobilitazione generale per fornire aiuti d’ogni genere a chi è stato maggiormente colpito.
E’ un anno particolare, quindi, il 1914. Così era stato – tra l’altro - dobbiamo riandare al 1789,
anch’esso anno di grandi rivolgimenti che segna il passaggio da un’era ad un’altra, l’anno dello
scoppio della Rivoluzione Francese. Pochi giorni prima del fatidico 14 luglio, infatti, le campagne
di Francia, nonostante si fosse in estate, si risvegliarono coperte di neve!
Trieste nel 1914 fa parte, come si è detto, della duplice monarchia d’Austria ed Ungheria, in
particolare dell’ Imperial Regia Provincia del Litorale Austriaco, e conseguentemente la guerra
inizia proprio quell’anno e la stragrande maggioranza dei cittadini viene mobilitata nelle fila
dell’esercito austroungarico. Il Litorale Austriaco comprendeva la cosiddetta Principesca Contea di
Gradisca e di Gorizia, la città immediata di Trieste, immediata perché godeva di particolari privilegi
(il suo Consiglio Comunale svolgeva le funzioni di Dieta provinciale), e il Margraviato d’Istria. E’
un porto molto importante anche perché l’altro porto adriatico, Fiume, dipendeva dalla corona
d’Ungheria e non faceva parte del Litorale Austriaco. Le caratteristiche della città e del territorio,
che lo rendono così complesso, ed in questo caso la complessità è una ricchezza, stanno nella
presenza di diverse componenti nazionali: fondamentalmente quella italiana, quella slovena e quella
croata, i cui rapporti dal punto di vista percentuale (censimento del 1910) erano sostanzialmente
equivalenti: la somma di sloveni e croati corrispondeva al numero degli italiani.
Trieste, quindi, alla vigilia della I Guerra Mondiale è una delle maggiori città dell’Impero,
quarta per importanza dopo Vienna, Budapest e Praga, secondo porto europeo anche se dal 1891
aveva perso i privilegi di porto franco, e realtà industriale sempre più emergente. Dal 1890 al 1914
si assiste anche ad un aumento demografico costante, da 176.000 a 243.000 abitanti (+ 40%). La
città continua ad essere considerata dalle autorità asburgiche la “chiave dell’Adriatico”.
La Trieste dei primi anni del ‘900 non era poi tanto diversa da quella che vediamo in questi anni.
Oltre alle comunità italiana e slovena, allora come oggi la popolazione era composta da greci,
turchi, serbi, albanesi, rumeni, ma anche armeni, tedeschi, ecc., di diverse religioni, e tutte queste
comunità, anche se i rapporti tra di esse non erano sempre idilliaci, contribuivano alla ricchezza
della città rendendola importante. La costante crescita e il conseguente sviluppo favorivano anche
l’immigrazione, in particolar modo dal vicino Regno d’Italia (Friuli, ma anche Marche, Romagna,
Puglia) e dalla Slovenia.
La società triestina dell’epoca è una società molto variegata, con componenti molto
significative. Ad esempio, nel 1910 gli addetti all’industria sono 30.000, ci sono 54 società di
assicurazione, 19 banche, 50 redazioni di giornali e periodici, 36 società di navigazione, 8 ospedali,
21 chiese e conventi, 14 asili e nidi, 26 scuole elementari, 9 scuole medie, 47 società di
beneficienza, assistenza e igiene, 9 società cooperative, 21 società di divertimento, 118
organizzazioni sindacali e professionali, 17 società politiche, 31 società di carattere religioso (la
Chiesa triestina aveva grande influenza sulla politica), 38 società di cultura e scienza e 35 società
sportive dal mare alla montagna.
Quella triestina è quindi una società molto vitale, ricca di aspetti anche molto diversi tra loro.
E’ una società molto ricca, ma anche molto povera. Ricca di “confini”, mentali, ma anche reali,
barriere che hanno separato i ricchi dai poveri, gli italiani dai non italiani. Splendore e degrado,
tanto che da un’indagine statistica del 1912 appare che Trieste è la terza città europea per mortalità
infantile, che ci sono una serie di gravi problemi igienici in molti insediamenti abitativi nonostante
gli interventi di risanamento governativi. Alcune relazioni di medici che operano nelle zone più
degradate, Servola, Sant’Anna, le definiscono la “Siberia triestina” proprio per le situazioni di grave
problematicità. Luogo simbolo di questa povertà è Cittavecchia, cantata da Umberto Saba ed
esecrata con borghese moralismo ed indignazione da Silvio Benco, zona che confina con Piazza
Unità, luogo simbolo della Trieste del benessere e dello splendore della borghesia!
Convivono, quindi, due città, l’una accanto all’altra. Luci ed ombre.
E’ una città, la Trieste del 1914, che presenta risvolti sociali molto pesanti. Nel 1908 viene
inaugurato il grande Ospedale Psichiatrico di San Giovanni, già nel 1862 vi operava la Pia Casa dei
Poveri, oggi Itis,. Grossi problemi sono quelli dell’infanzia, soppressa o abbandonata, una
criminalità diffusa, un alto tasso di suicidi.
C’è, al contempo, un forte fermento culturale. Nasce la prima rivista letteraria femminile
slovena, c’è un gruppo di giovani intellettuali, Slataper, Stuparich per ricordarne qualcuno, che con
il loro operare si avvicinano al mondo delle riviste fiorentine, in particolare “La Voce”, e portano
fuori dai confini le notizie sulla realtà di questa città.
Anche la vita politica è molto intensa.
Il movimento irredentista porta avanti numerose rivendicazioni, prima fra tutte la necessità di
un’università italiana. Si trattava di un movimento politico che predicava i diritti italiani con diverse
declinazioni: dall’irredentismo violento di tendenza nazionalista di Ruggero Timeus all’indirizzo
mazziniano e repubblicano che, però, nei confronti del mondo slavo – in particolare di quello
sloveno - ha sempre delle forti riserve.
Altra parte rilevante nella vita politica viene svolta dal Partito Liberal Nazionale. Non
dimentichiamo, inoltre, la presenza di un forte movimento operaio (1902 - sciopero dei fuochisti del
Lloyd, represso nel sangue) afferente alla Sezione Adriatica del Partito Socialista Operaio in
Austria, che pubblicava un proprio foglio, “Il Lavoratore”. Questo, nel 1914, prende le distanze
dalle posizioni favorevoli alla guerra dei compagni socialisti austriaci. Sempre agli inizi del ‘900 si
sviluppa anche un piccolo, ma agguerrito gruppo di repubblicani mazziniani, e varie organizzazioni
slovene all’interno delle quali si sviluppano non più solo idee di liberazione dall’Austria, ma anche
di jugoslavismo.
C’è da ricordare che spesso nei caffè, dietro alle associazioni, dietro alle società sportive si
nascondevano intenti irredentistici, tanto per gli italiani (es. Società Ginnastica Triestina) che per gli
sloveni (es. Sokol). Entrambe le società, comunque, attingevano paradossalmente ad un culto dello
sviluppo del corpo e dello sport proprio del mondo tedesco.
Sintesi della lezione tenuta il 6 ottobre 2014 dal Prof. Fabio Todero curata da Mariella Marchi – Delegazione
FAI Trieste