Cassazione Civile, sezione III, 12 marzo 2015, n. 4936

Cassazione Civile, sezione III, 12 marzo 2015, n. 4936 Massima: Nel contratto di assicurazione della propria responsabilità civile stipulato da un ospedale (assicurazione per conto proprio), la clausola la quale preveda che la copertura assicurativa “operi in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici” ivi operanti va interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilità dell’ospedale, la medesima polizza copra altresì a secondo rischio la responsabilità personale dei medici, secondo lo schema dell’assicurazione per conto altrui (1891 c.c.). Avv. Ernesto Macrì La recente sentenza del 12 marzo 2015 n. 4936, della terza sezione civile della Corte di Cassazione (Consigliere Relatore Rossetti), va ad aggiungersi alla schiera di pronunce di legittimità dedicate alla figura dell’assicurazione della responsabilità civile, il cui schema-­‐‑
tipo molto spesso attesta una sorta di discordanza tra teoria e prassi. Nel caso di specie, un paziente si era sottoposto ad un intervento di coronarografia presso una clinica privata. In seguito all’esame insorgono delle complicanze, tanto da rendersi necessaria un’emotrasfusione e, quindi, un’operazione chirurgica. Il paziente, pertanto, ha convenuto in giudizio la casa di cura privata, sul presupposto che si dovessero ascrivere al comportamento colposo dei sanitari le complicanze insorte. La clinica, una volta costituita in giudizio, ha convenuto, tra l’altro, il medico che aveva eseguito l’esame e la propria compagnia di assicurazione. Il Tribunale, per quanto di nostro interesse, ha accolto la domanda di garanzia proposta nei confronti del proprio assicuratore. La sentenza di 1° grado è stata appellata dall’istituto di assicurazione, sulla circostanza che il contratto stipulato con la clinica privata non contemplava la copertura per la responsabilità della casa di cura derivante dal fatto illecito dei medici non dipendenti della medesima sino al limite di 1,5 miliardi di lire, e che trattandosi di un danno inferiore a tale importo, non fosse dovuto alcun indennizzo da parte della assicurazione alla struttura assicurata. La Corte di Appello ha accolto il motivo di impugnazione. Segue così la proposizione del ricorso per Cassazione da parte della casa di cura. Ricorso che viene accolto dalla sezione III del Supremo Collegio, la quale, in riforma a quanto aveva deciso il giudice di 2° grado, ha condannato l’assicuratore a tenere indenne la clinica di tutte le somme pagate o da pagare al paziente danneggiato. Invero non sono pochi i profili di interesse della sentenza in commento. Si tratta, difatti, di una sentenza caratterizzata dall’estrema articolazione e concretezza dell’analisi, che cerca di fare chiarezza su alcune formule, a tratti, di difficile lettura, di frequente utilizzate nei contratti di assicurazione. Per quanto in questa sede rileva, i giudici di legittimità, procedendo per linee dritte, di immediata comprensibilità, ricostruiscono la vicenda concreta, prendendo le mosse “da alcune regole elementari” del diritto assicurativo. Deve, innanzitutto, rilevarsi la distinzione, operata dal Supremo Collegio tra assicurazione per conto proprio e assicurazione per conto altrui (art. 1891 c.c.): la prima plasmata sulla copertura del rischio di un depauperamento del patrimonio del contraente; l’altra, viceversa, strutturata per coprire il rischio di impoverimento di soggetti diversi da colui che ha sottoscritto la polizza, a prescindere dalla circostanza che quest’ultimo debba rispondere del loro operato. Senonché, secondo il giudice di legittimità, una simile ripartizione non deve essere confusa con quella tra assicurazione della responsabilità civile per fatto proprio e assicurazione della responsabilità civile per fatto altrui, che trova il proprio fondamento sul titolo della responsabilità dedotta ad oggetto del contratto: nel primo caso, infatti, la compagnia di assicurazione coprirà il rischio di una perdita patrimoniale derivante da un comportamento tenuto personalmente dal soggetto assicurato; nel secondo caso, l’assicuratore garantirà il rischio di impoverimento dell’assicurato a causa di fatti posti in essere da persone del cui operato il medesimo debba rispondere. In buona sostanza, mentre la distinzione tra assicurazione per conto proprio e assicurazione per conto altrui, si caratterizza per la sussistenza o meno, in capo al medesimo soggetto, della qualità di contraente e di assicurato; nella seconda distinzione, l’elemento caratteristico è rappresentato dal rischio assicurato. Ebbene, tratteggiate le diverse segmentazioni tra i due tipi di assicurazione della responsabilità civile, la Corte ipotizza le possibili e multiple connessioni tra le diverse forme sopra richiamate. In particolare, precisa la Corte, <<una struttura ospedaliera può dunque teoricamente assicurare: a) la responsabilità propria, tanto se dipendente da deficit organizzativi (assicurazione di r.c. per conto proprio e per fatto proprio); quanto se dipendente da colpa dei sanitari (assicurazione di r.c. per conto proprio e per fatto altrui, espressamente prevista dall’art. 1900, comma 2, c.c.); b) la responsabilità dei medici (assicurazione di r.c. per conto altrui, ex art. 1891 c.c.)>>. Dati questi elementi, la Corte procede all’interpretazione della clausola contenuta nella polizza di assicurazione della clinica privata, così congegnata: <<7. Altre assicurazioni. La presente polizza opera in eccesso alle assicurazioni personali dei medici (…) non direttamente dipendenti dal contraente e comunque dopo la somma di lire 1.500.000.000 per sinistro e per persona che restano a carico del personale qui indicato, a titolo di franchigia assoluta (…)>>. I giudici di piazza Cavour, discostandosi dal solco tracciato dalla Corte di Appello di Genova, ritengono che una polizza di assicurazione potrà “operare in eccesso” rispetto ad un’altra assicurazione, tutte le volte che i due contratti garantiscono il medesimo rischio. Pertanto, ogniqualvolta il medico, operante all’interno di una struttura sanitaria, ha sottoscritto una polizza di assicurazione personale, questa non può che coprire la responsabilità civile del medico stesso. Diretto corollario di tale rilievo giuridico è che l’assicurazione della responsabilità civile del medico operante all’interno di una struttura sanitaria ha ad oggetto un rischio del tutto diverso rispetto a quello coperto dall’assicurazione della responsabilità civile dell’ente ospedaliero in cui il medico si trova a prestare la propria attività. Quanto dire, dunque, che <<se due contratti di assicurazione garantiscono rischi diversi, non può mai sussistere per definizione né una coassicurazione, né un’assicurazione plurima, né una copertura a “secondo rischio” (…)>>. In effetti, secondo la Cassazione, è possibile ravvisare una copertura assicurativa cd. “a secondo rischio”, quando il rischio dedotto nel contratto è già coperto da un’altra polizza. Ma, al contrario, nell’ipotesi di un contratto di assicurazione “personale” del medico e di una polizza di assicurazione della responsabilità civile della clinica, siamo di fronte a due contratti diversi, che coprono rischi diversi relativi a soggetti assicurati diversi. <<Ne consegue>>, secondo il Supremo Collegio, <<che una polizza stipulata a copertura della responsabilità civile della clinica (tanto per il fatto proprio, quanto per il fatto altrui) non può mai “operare in eccesso alle assicurazioni personali dei medici”, perché non vi è coincidenza di rischio assicurato tra i due contratti>>. In conclusione, nel caso di specie, la sola lettura interpretativa possibile della clausola contenuta nel contratto di assicurazione sopra riportata, consiste nel ritenere che la casa di cura e la compagnia di assicurazione abbiano inteso stipulare una polizza di assicurazione per conto altrui, in ragione della quale la clinica ha assunto la qualità di contraente, e i medici operanti nella struttura, ma non in regime di dipendenza dalla stessa, la qualità di assicurati. In questo lucida tensione verso la chiarezza, che percorre tutta la pronuncia, la Cassazione dà così un imprimatur assai rilevante alle interpretazioni più avanzate in tema di predisposizione di soluzioni assicurative, che, sempre più sovente, prevedono l’inserimento di una serie di clausole tese a circoscrivere la copertura.