Parere sul testo del disegno di legge concernente: “Delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di procedura penale. Modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per l'estero: termine per la consegna e durata massima delle misure coercitive”. (Delibera consiliare del 6 aprile 2016) «1. Premessa Il disegno di legge attualmente all’esame del Senato della Repubblica, contiene disposizioni relative alla “Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e delega al Governo per la sua attuazione. Delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di procedura penale. Modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per l’estero: termine per la consegna e durata massima delle misure coercitive”. Il testo, operando su diversi piani di intervento – consistenti nella ratifica di accordi internazionali, proposte di delega legislativa, nonché diretto intervento di modifica su alcune norme del codice di procedura penale – riguarda la materia della cooperazione ed assistenza giudiziaria per il contrasto dei fenomeni criminali. Si muove sull’assunto, chiarito nella originaria relazione introduttiva, della “inadeguatezza dell’attuale sistema normativo di assistenza giudiziaria a fronte di una criminalità, specialmente quella organizzata, che ha esteso il raggio di azione ben oltre i confini del territorio di un singolo Stato e che sa ben sfruttare tutte le opportunità offerte dalla globalizzazione dei mercati e dalle nuove tecnologie di comunicazione e di gestione dell’informazione”. Propone, quindi, una serie di interventi finalizzati a rendere il coordinamento e la collaborazione investigativa, istruttoria ed esecutiva tra ordinamenti diversi, in relazione ai procedimenti giudiziari di rilievo penale, più rapida ed efficace, in particolare dotando l’ordinamento nazionale di nuovi strumenti, e semplificando e deburocratizzando una serie di passaggi procedimentali previsti dall’attuale apparato regolatorio in relazione a quelli esistenti. Si procederà, di seguito, alla illustrazione delle norme proposte in relazione a ciascuno degli interventi oggetto del testo. 2. La ratifica della Convenzione di Bruxelles del 29 maggio 2009 e l’evoluzione delle fonti sovranazionali. L’articolo 1 del disegno di legge in parola autorizza il Presidente della Repubblica a ratificare la Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, in conformità all’articolo 34 del Trattato sull’Unione Europea allora vigente. Prima di andare ad esaminare il contenuto della Convenzione, ai fini della sua ratifica, è necessario prospettare alcuni rilievi critici in ordine alla sua perdurante attualità rispetto alla successiva evoluzione dell’ordinamento sovranazionale. Infatti, giova segnalare che, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, hanno avuto emersione giuridica numerose direttive volte a dare attuazione alla cooperazione giudiziaria penale, quali: la Direttiva 2014/41/UE relativa all’ordine europeo di indagine penale, la Direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea e la Direttiva 2013/48/UE relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari. In particolare, la Direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa all’ordine europeo di indagine penale, sembra essere intervenuta a regolare ex novo ed esaustivamente la materia dell’assistenza giudiziaria in ambito euro unitario, con superamento ed assorbimento di ogni precedente strumento regolativo. Tale conclusione viene qui rassegnata sulla base di un preciso dato normativo, contenuto nell’articolo 34 della Direttiva, rubricato “Relazioni con altri strumenti giuridici, accordi e intese”, che prevede: “1. Fatta salva la loro applicazione tra Stati membri e Stati terzi e la loro applicazione temporanea in virtù dell’articolo 35, la presente direttiva sostituisce, a decorrere dal 22 maggio 2017, le corrispondenti disposizioni delle seguenti convenzioni applicabili tra gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva: a)convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del Consiglio d’Europa, del 20 aprile 1959, i relativi due protocolli aggiuntivi e gli accordi bilaterali conclusi a norma dell’articolo 26 di tale convenzione; b)convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen; c)convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea e relativo protocollo”. La norma prevede altresì che la decisione quadro 2008/978/GAI sia sostituita per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva. Le disposizioni della decisione quadro 2003/577/GAI sono sostituite per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva per quanto riguarda il sequestro probatorio (cfr. le osservazioni svolte nel paragrafo 2. aspetti problematici conseguenti al mancato tempestivo recepimento della decisione quadro e alle sopravvenienze normative eurounitarie della delibera consiliare del 20 gennaio 2016, concernente il parere, richiesto dal Ministro della giustizia ex art 10, legge 195/1958, sullo schema di decreto legislativo concernente: “Attuazione della decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio”). 2 Il comma 3, della stessa disposizione, precisa altresì che “in aggiunta alla presente direttiva gli Stati membri possono concludere o continuare ad applicare accordi o intese bilaterali o multilaterali con altri Stati membri successivamente al 22 maggio 2017, solo laddove i medesimi consentano di rafforzare ulteriormente gli obiettivi della presente direttiva e contribuiscano a semplificare o agevolare ulteriormente le procedure di acquisizione delle prove e a condizione che sia rispettato il livello delle salvaguardie di cui alla presente direttiva. 4. Entro il 22 maggio 2017, gli Stati membri notificano alla Commissione gli accordi e le intese esistenti di cui al paragrafo 3 che desiderano continuare ad applicare. Gli Stati membri notificano altresì alla Commissione, entro tre mesi dalla firma, i nuovi accordi o le nuove intese di cui al paragrafo 3”. Dunque, come anche chiarito nel 35° Considerando, “nei casi in cui è fatto riferimento all’assistenza giudiziaria nei pertinenti strumenti internazionali, come nelle convenzioni concluse in seno al Consiglio d’Europa, dovrebbe essere inteso che l’applicazione della presente direttiva tra gli Stati membri vincolati dalla stessa è preminente rispetto a dette convenzioni”. Tale è del resto la opzione interpretativa che va chiaramente emergendo in subiecta materia (cfr. la Decisione del Consiglio del 10 dicembre 2014). Dunque, sul piano sovranazionale, a decorrere dal 22 maggio 2017, la Direttiva 2014 dovrebbe sostituirsi alla Convenzione del 2000, salvo il meccanismo rafforzativo aggiuntivo riconosciuto al comma 3. Resta poi fermo, sul piano del diritto transitorio, il disposto dell’articolo 35, per cui le richieste di assistenza giudiziaria ricevute anteriormente al 22 maggio 2017 continuano ad essere disciplinate dagli strumenti esistenti relativi all’assistenza giudiziaria in materia penale. Ne segue che – almeno nei limiti in cui possa riscontrarsi l’identità di ambito applicativo – resta allo stato rimessa al legislatore nazionale la valutazione di opportunità circa l’utilità di attuale ratifica della Convenzione, a fronte del ius superveniens. In proposito, debbono richiamarsi le affermazioni operate dal Consiglio Superiore con la cennata delibera del 20 gennaio 2016, affinché, in un’ottica di better regulation “volta a favorire una tecnica legislativa che semplifichi la struttura dell’ordinamento giuridico, facilitando la conoscenza e l’applicazione delle disposizioni normative, al contempo rafforzando la loro possibilità di un’esatta adeguazione al caso concreto, si proceda all’immediato recepimento delle direttive 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014 (in GUUE, 1° maggio 2014, L 130/1), relativa all’ordine europeo di indagine penale (OEI)”, soprassedendo dal recepimento delle disposizioni dello strumento convenzionale in rassegna. 3 In disparte tale preliminare, eppur virtualmente esiziale questione sull’effettiva convenienza giuridica dell’opzione di procedere al recepimento della menzionata Convenzione del 2000, va in ogni caso ricordato che la stessa costituisce uno strumento normativo, che, inserendosi nel quadro normativo in materia di assistenza giudiziaria penale già costituito dalla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 (legge n. 215 del 1961), e dal relativo protocollo aggiuntivo del 17 marzo 1978 (legge n. 436 del 1985), dalla Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (legge n. 388 del 1993) e dal Trattato Benelux di estradizione e di assistenza giudiziaria in materia penale del 27 giugno 1962, agevola e rende più idonee ed efficienti le formalità e le procedure inerenti alle richieste di assistenza giudiziaria, introducendo forme e tecnicalità specifiche di collaborazione “rafforzata” fra le autorità giudiziarie dei Paesi europei (ad es., audizioni mediante videoconferenza e teleconferenza, squadre investigative comuni, intercettazioni di telecomunicazioni, operazioni di infiltrazione e consegne sorvegliate, ecc.). Nell’ambito dell’U.E., unicamente l’Italia, la Grecia, la Croazia e l’Irlanda non ha ancora ratificato la Convenzione, la quale risulta in vigore nei rapporti reciproci tra gli Stati che hanno provveduto al deposito dello strumento di ratifica, con date che variano in funzione dei tempi del deposito medesimo. Ovviamente, la condivisibile ratio legis muove da un’opzione di politica giudiziaria per cui in un mondo sempre più globalizzato ed interconnesso anche la risposta giudiziaria, per essere realmente efficace ed adeguata alle moderne emergenze criminali, deve uscire dagli angusti ed antiquati confini nazionali, così da inquadrarsi nell’ambito di una sempre più crescente collaborazione internazionale sul piano investigativo e processuale, così orientandosi in un piano sovranazionale di collaborazione non solo delle forze di polizia o di sicurezza, ma anche, se non soprattutto, delle autorità giudiziarie, siano esse requirenti o giudicanti. La Convenzione si compone di un preambolo e di trenta articoli, suddivisi in cinque titoli. Il Titolo I ha principalmente ad oggetto le indicazioni per uniformare le procedure e le formalità con cui devono svolgersi le rogatorie. Il Titolo II, che comprende gli articoli dall’8 al 16, disciplina le richieste relative a forme specifiche di assistenza giudiziaria. Il terzo Titolo (articoli dal 17 al 22) attiene al tema dell’intercettazione delle telecomunicazioni. Il quarto titolo, composto dal solo articolo 23, detta una diciplina a tutele della protezione dei dati personali. Infine, nel Titolo V (articoli dal 24 al 30) sono contenute le disposizioni finali 3. L’adeguamento dell’ordinamento interno alla Convenzione di Bruxelles 4 Il secondo articolo del disegno di legge contiene l’ordine di esecuzione, in conformità al quale piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto previsto dall’articolo 27 della Convenzione stessa. L’articolo 3, quindi, dà delega all’Esecutivo di provvedere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in rassegna, ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la sua compiuta attuazione. Tale disposizione indica altresì i princìpi ed i criteri direttivi, cui il legislatore delegato deve attenersi in sede di emanazione della normativa avente sostanza di legge. Essi, esattamente, sono: a) previsione di norme volte a migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale da parte dell’Italia verso gli Stati parte della Convenzione, senza pregiudizio delle norme poste a tutela della libertà individuale; b) modifica e integrazione delle disposizioni dell’ordinamento al fine di assicurare che l’assistenza giudiziaria dell’Italia verso gli Stati parte della Convenzione sia attuata in maniera rapida ed efficace, fermo restando il rispetto dei diritti individuali e dei princìpi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848; c) previsione dei necessari adeguamenti dell’ordinamento interno al fine di garantire, conformemente a quanto stabilito dalla Convenzione, l’assistenza giudiziaria nei procedimenti per l’applicazione di sanzioni amministrative con riferimento alle richieste di assistenza giudiziaria ad altri Stati membri dell’Unione europea; e) previsione di forme specifiche di assistenza giudiziaria, quali le condizioni per la restituzione di cose pertinenti al reato conformemente a quanto previsto dall’articolo 8 della Convenzione; le procedure e l’autorità competente atta a consentire il trasferimento di persone detenute a fini investigativi, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione; la previsione della disciplina dell’efficacia processuale delle audizioni compiute mediante videoconferenza o conferenza telefonica secondo quanto previsto dagli articoli 10 e 11 della Convenzione; previsione della possibilità per la polizia giudiziaria o per il pubblico ministero di ritardare od omettere provvedimenti di propria competenza in caso di indagini riguardanti delitti per i quali è prevista l’estradizione o quando appare necessaria ai fini della cattura dei responsabili; g) disciplina delle richieste, delle informazioni e delle operazioni di intercettazione delle telecomunicazioni all’estero, conformemente a quanto stabilito dal titolo III della Convenzione. 5 La norma delinea l’iter procedimentale da seguire per l’emanazione dei cennati decreti legislativi, i quali sono adottati su iniziativa dei Ministri della giustizia, degli affari esteri e per gli affari europei, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Essi, quindi, saranno trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti entro trenta giorni dalla trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può essere comunque adottato. Qualora il termine per l’espressione del parere scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine finale per l’esercizio della delega, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni. Valga evidenziare che nel corso dei lavori di Commissione sono stati espunti dal testo originario i seguenti due principi o criteri direttivi: disciplina della procedura e dell’esecuzione delle rogatorie, avendo particolare riguardo all’utilizzabilità degli atti assunti per la rogatoria, alla possibilità di effettuare indagini e sequestri a fini di confisca, alla previsione dell’acquisizione e dell’utilizzazione delle informazioni trasmesse spontaneamente dall’autorità straniera nonché alla previsione dell’irrevocabilità del consenso nell’ambito di procedure di cooperazione giudiziaria; disciplina delle modalità e delle procedure per la costituzione di gruppi investigativi comuni tra le autorità giudiziarie degli Stati membri dell’Unione europea, qualora il pubblico ministero proceda a indagini collegate con quelle di altre autorità giudiziarie straniere, anche assicurando la necessaria comunicazione del gruppo investigativo comune ai diversi uffici del pubblico ministero. Tali espunzioni, probabilmente, si giustificano in ragione del recente recepimento nell’ordinamento interno delle decisioni quadro n. 2003/577/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio e n. 2002/465/GAI del Consiglio, adottata il 13 giugno 2002, di squadre investigative comuni. Giova segnalare che il disegno di legge non fa menzione del Protocollo del 16 ottobre 2001 alla Convenzione di Bruxelles del 29 maggio 2000, volto ad agevolare le richieste di informazioni sui conti correnti bancari e sulle operazioni bancarie, introducendo ulteriori e specifiche misure ai fini della lotta contro la criminalità organizzata, il riciclaggio del denaro e la criminalità finanziaria (la cui ratifica sarebbe dovuta avvenire contestualmente alla Convenzione del 29 maggio 2000 e, comunque, in tempi estremamente rapidi, già entro la fine del 2002, secondo l’auspicio formulato dai Ministri della Giustizia nelle conclusioni adottate all’esito del Consiglio congiunto GAI – ECOFIN di Lussemburgo del 16 ottobre 2001). L’entrata in vigore del Protocollo, soggetta alle stesse disposizioni previste dalla Convenzione, ha riguardato sinora 23 dei 28 Stati membri: infatti, oltre all’Italia, non risultano aver ratificato il Protocollo Estonia, Grecia, Croazia e Irlanda. Ciò 6 nondimeno, il Protocollo risulta in vigore nei rapporti bilaterali tra tutti gli Stati ratificanti, in date diverse, dipendenti dalle date di deposito delle rispettive ratifiche. 4. I rapporti giurisdizionali con le autorità straniere: criteri e direttive. All’art. 4 il disegno di legge propone di conferire al Governo la delega per la riforma del libro XI del codice di procedura penale relativo ai Rapporti giurisdizionali con autorità straniere, individuandone in maniera specifica i criteri e principi direttivi. La lettera a) del comma 1 contiene i criteri ed i principi relativi alla materia dell’assistenza giudiziaria ai fini di giustizia penale. Le modifiche promosse con la proposta di legge delega sono tutte orientate alla maggiore semplificazione e velocizzazione delle cd. rogatorie passive, quelle cioè relative alle ipotesi in cui autorità straniere richiedano assistenza di carattere giudiziario penale all’ordinamento italiano. La nuova normativa proposta distingue le modalità di adempimento alla richiesta in dipendenza dell’appartenenza o meno del Paese richiedente all’Unione Europea. Mantenendo fermo, infatti il ruolo formale di filtro alla richiesta del Ministro della Giustizia, limita nel primo caso il suo potere discrezionale di non dare corso alla attività processuale conseguente richiesta, soltanto “nei casi e nei limiti stabiliti dalle convenzioni in vigore tra gli Stati ovvero dagli atti adottati dal Consiglio dell’Unione Europea”. In sostanza, in ambito eurounitario vi è una sostanziale depoliticizzazione della relazione fra Stati, cosicché il nostro ordinamento, anche in sede di rappresentanza esecutiva, non può che limitarsi a verificare la corretta attuazione delle norme sovranazionali. Nei rapporti con Stati estranei all’Unione europea, al Ministro è conferito il potere di verificare – prima di dare corso alla richiesta di assistenza – che non ne derivino pericoli per la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato. In tale esame rientrano probabilmente gli accertamenti fino ad ora previsti in maniera più dettagliata dal secondo comma dell’attuale art. 723 c.p.p.1 In caso in cui la verifica abbia esito positivo, il Ministro ne dà comunicazione all’autorità giudiziaria. Anche in sede di esecuzione giudiziaria della richiesta, una volta che il Ministro vi abbia dato corso, la delega persegue evidenti propositi di decisa semplificazione. A mente del quale: “Il ministro non dà corso alla rogatoria quando risulta evidente che gli atti richiesti sono espressamente vietati dalla legge o sono contrari a principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano. Il ministro non dà altresì corso alla rogatoria quando vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali possano influire negativamente sullo svolgimento o sull’esito del processo e non risulta che l’imputato abbia liberamente espresso il suo consenso alla rogatoria”. 1 7 L’esecuzione non è più affidata alla Corte d’appello competente per il distretto in cui gli atti devono essere compiuti, perché, come si legge nella relazione di accompagnamento alle norme, si è registrata la “difficoltà, per un giudice come la Corte d’appello, di governare materie ed esigenze investigative affidate ordinariamente alle competenze di organi diversi.” Ed in effetti, coerente con tale impostazione, fondata sulla specificità delle funzioni requirenti e di investigazione, è la scelta di affidare l’incombente, per le richieste che comportino l’attività di acquisizione probatoria e sequestro di beni a fini di confisca, al procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto nel quale si deve procedere. Il procuratore darà senza ritardo esecuzione alla richiesta con decreto motivato; ed ove la richiesta riguardi acquisizioni probatorie da compiere davanti al giudice, ovvero attività che secondo la legge dello Stato non possono svolgersi senza l’autorizzazione del giudice, presenterà senza ritardo le proprie richieste al giudice delle indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto. Rispetto alla normativa vigente è anche escluso – sempre all’evidente finalità di contenere gli incombenti procedimentali ritenuti sovrabbondanti – l’ulteriore momento di verifica, oggi affidato alla Corte d’Appello competente per l’esecuzione, stabilito dal comma 5 dell’art. 724, relativo alla compatibilità della richiesta con i principi dell’ordinamento giuridico dello Stato, con la legge penale ed all’assenza di pregiudizio persecutorio nei confronti dell’imputato. La novella delega inoltre il Governo ad eliminare la procedura per la determinazione della competenza in caso di pluralità di atti da sconvolgersi in distretti diversi, che nell’attuale disciplina prevede il coinvolgimento della Corte di Cassazione nelle forme del conflitto disciplinato dall’art. 32 c.p.p., in camera di consiglio, con avviso al procuratore generale presso la Corte medesima. Si tratta, evidentemente, di una procedura articolata e defatigante, che impegna il giudice supremo centrale di legittimità, già notoriamente gravato da numerose e impegnative competenze. E’ quindi assolutamente ragionevole la disposizione in commento che incarica il legislatore delegato di stabilire criteri predeterminati per la concentrazione delle procedure di esecuzione da compiersi in distretti diversi, e procedure semplificate per la risoluzione di eventuali conflitti. Il disegno di legge propone che l’autorità giudiziaria procedente possa autorizzare la presenza di rappresentanti ed esperti dell’autorità straniera richiedente alle attività da compiere. Ove lo Stato richiedente non appartenga all’Unione europea, deve esserne data comunicazione al Ministro della giustizia. Allo stesso modo, ove durante l’esecuzione della richiesta emerga l’opportunità o la necessità di compiere atti ulteriori non indicati nella originaria richiesta, la stessa autorità giudiziaria italiana ne informerà quella straniera richiedente, perché integri la richiesta tempestivamente. Si tratta, queste ultime, di disposizioni commendevolmente orientate nell’ottica della collaborazione tra ordinamenti e della flessibilità ed efficacia dello strumento, per 8 massimizzarne la funzionalità, evitando prevedibili duplicazioni dei procedimenti burocratici o impedimenti formali che ne depotenzino l’utilità. Il numero 7) del comma 1 dell’art. 4, estende la procedura, così come descritta, anche alle ipotesi in cui l’assistenza giudiziaria, sempre relativa ad un procedimento concernente un reato, sia richiesta da autorità amministrativa, e non giudiziaria, di altri Stati. E’ promosso l’utilizzo, per l’audizione di testimoni e periti, degli strumenti di videoconferenza o conferenza telefonica, di cui devono essere disciplinate le modalità e le condizioni di utilizzabilità, ma solo – per intuibili ragioni di affidamento istituzionale presuntivo – nei rapporti con gli Stati membri dell’Unione europea e nei casi previsti da convenzioni internazionali. I numeri 9, 10 ed 11 del comma 1 dell’articolo 4 contengono previsioni di delega relative alla possibilità che siano costituite, previo accordo con le competenti autorità degli Stati membri dell’Unione europea, ovvero quando previsto da accordi internazionali con altri Stati, squadre investigative comuni. Vale la pena in proposito ricordare che la specifica materia è oggetto di un diverso atto normativo di origine eurounitaria. E’ in particolare in via di definitivo perfezionamento il procedimento di approvazione dello schema di decreto legislativo concernente: “Norme di attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa alle squadre investigative comuni” attuativo delle delega conferita al Governo in merito con la la legge n. 114 del 9 luglio 2015, all’art. 18, comma 1, lett. a), delega al Governo all’adozione dei decreti legislativi recanti le norme occorrenti per l’attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni. Come è dimostrato dalla data della legge, tale ultima delega è stata conferita in epoca successiva alla proposizione del disegno di legge in commento, ed anche alla sua approvazione da parte della Camera dei Deputati. Questo è il motivo per cui esso non poteva tenerne conto. Il parallelo procedimento normativo è, come si è detto, in via di definizione, essendo stati già, il 16 dicembre 2015, approvati i relativi pareri della Camera e del Senato. Anche il Consiglio Superiore ha già offerto il proprio parere ai sensi dell’art. 10 l. 195 del 1958, con delibera del 20 gennaio 2016. E’ quindi ragionevolmente prevedibile che, non avendo più motivo di essere adottata ulteriore normazione primaria, dal contenuto della nuova delega conferita sarà espunto il tema delle squadre investigative comuni che ha già trovato altrove la propria compiuta e recente regolamentazione. Il numero 12) della lettera a) del comma 1 dell’articolo 4 riguarda l’acquisizione e l’utilizzazione di atti ed informazioni trasmessi spontaneamente da autorità dia altro Stato. 9 Una diversa forma specifica di assistenza è oggetto del numero 13) che assegna al Ministro, previa interlocuzione con l’autorità giudiziaria, il compito di provvedere sulle richieste di trasferimento temporaneo ai fini di indagine di persone detenute o internate, sulla base di accordi internazionali in vigore per lo Stato. L’art. 4, comma 1, lett. b), del disegno di legge delega indica i principi e criteri direttivi cui dovranno essere informati gli emanandi decreti legislativi in materia di estradizione, materia che, in atto, trova la propria disciplina al titolo II del libro XI, ove sono compiutamente regolamentati gli aspetti procedimentali dell’istituto, ai capi I (artt. 697-719 c.p.p.) e II (artt. 720-722 c.p.p.), dedicati, rispettivamente, all’estradizione verso l’estero (c.d. “passiva”) ed a quella dall’estero (c.d. “attiva”). Il primo di tali principi, declinato ai numeri 1), 2) e 5), contiene l’esplicita attribuzione al Ministro della giustizia di un potere di interdizione delle procedure estradizionali attive e passive a tutela di interessi supremi della Repubblica (sovranità, sicurezza o altri interessi essenziali), con onere, a suo carico, di comunicazione all’autorità giudiziaria e, in caso di estradizione passiva, anche allo Stato richiedente. Al Ministro della giustizia spetterà, del pari, il potere di subordinare a specifiche condizioni la concessione dell’estradizione e di rifiutare, in casi predeterminati, l’estradizione del cittadino prevista da accordi internazionali. Le modifiche proposte sono dirette, secondo quanto esposto nella Relazione illustrativa, a differenziare – sul presupposto della conservazione della tradizionale regola di esclusione della possibilità di estradizione di un imputato o di un condannato all’estero senza garanzia giurisdizionale, regola che, tuttavia, consente l’adozione di procedure semplificate in caso di consenso dell’avente diritto - le aree di esercizio delle concorrenti potestà dell’autorità politica e di quella giudiziaria2, sì da evitare la sovrapposizione di valutazioni riferite ai medesimi parametri. Al numero 3) sono, poi, enucleati i poteri del Procuratore generale della Repubblica a fronte di una richiesta di estradizione (identificare ed interrogare la persona di cui è chiesta l’estradizione e richiedere direttamente all’autorità straniera, con contestuale comunicazione al Ministro della giustizia, la documentazione e le informazioni che ritiene necessarie). La disposizione mira a colmare il sostanziale vuoto regolamentare in ordine a portata e limiti dei poteri inquirenti del procuratore generale e, di conseguenza, a rafforzare, nel quadro di una più generale manovra di semplificazione e di accelerazione della relativa procedura e di contestuale rafforzamento delle garanzie difensive, i meccanismi di interlocuzione diretta dell’autorità Il vigente sistema ha infatti, al pari di quello contenuto nel codice di rito del 1930, natura mista, e si ispira al canone del tendenziale ridimensionamento dei poteri ministeriali a vantaggio di quelli giudiziari, finalizzato ad aumentare le garanzie dell’estradando, e del maggior rigore nella ripartizione delle rispettive attribuzioni al fine di fugare i preesistenti dubbi ed incertezze. 2 10 giudiziaria con le competenti autorità dello Stato richiedente, in vista dell’acquisizione di elementi informativi, nel rigoroso rispetto delle garanzie giurisdizionali, del principio del contraddittorio e, in ultimo, del giusto processo ex art. 111 Cost.. I numeri 6) e 7) disciplinano i rapporti tra custodia cautelare e domanda di estradizione nel senso, da un canto, che la custodia cautelare subita all’estero ai fini dell’estradizione sia computata ad ogni effetto processuale3 e, dall’altro, che, in caso di presentazione di una richiesta di estensione dell’estradizione, possa essere adottata un’ordinanza che dispone la custodia cautelare, la cui esecuzione è destinata a restare sospesa fino alla concessione dell’estradizione suppletiva e della quale è prevista la revoca per il caso di rifiuto della stessa estradizione suppletiva. Il numero 4) interviene, invece, sul principio di specialità dell’estradizione4 – in base al quale lo Stato richiedente non può processare e punire l’estradando per fatti diversi da quelli indicati nella domanda di estradizione – stabilendo l’irrevocabilità, per l’ipotesi di estradizione sia attiva che passiva, del potere di rinunzia, che la persona estradata può esercitare, salvo il caso che norme convenzionali lo escludano, solo mediante dichiarazione raccolta dal giudice. La revoca alla rinunzia al principio di specialità è, tuttavia, possibile laddove intervengano fatti nuovi che modificano la situazione di fatto esistente al momento della rinunzia: disposizione, quest’ultima, che traduce in diritto positivo quanto già sancito dalle sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 11971 del 29 novembre 2007. In forza della previsione del numero 8), l’applicazione del principio di specialità determinerà, sul piano processuale, la sospensione del procedimento - cui conseguirà ipso jure la sospensione del decorso della prescrizione - e dell’esecuzione della pena relativi ai fatti non compresi nella domanda di estradizione. Gli effetti processuali5 del principio di specialità vengono, quindi, regolati in modo tale da coniugare la massima portata espansiva di quello che costituisce fondamentale garanzia di civiltà giuridica con l’esigenza di pienezza dell’esercizio della funzione giurisdizionale nella misura compatibile con l’attuazione del medesimo principio. In concreto, si prevede che la sospensione non precluda il compimento di atti urgenti e l’assunzione di prove non rinviabili o comunque idonee a determinare il proscioglimento dell’estradato per fatti anteriori alla consegna. In conformità, peraltro, a quanto stabilito, ai fini della determinazione della durata massima della custodia cautelare, dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cassazione penale, I, 13 gennaio 2009, n. 3862). 4 Generalmente riconosciuto nell’ambito del diritto internazionale, garantisce l’estradando dal pericolo di incolpazioni postume diverse da quelle per cui l’estradizione viene concessa e determina, per lo Stato assistito, l’autolimitazione della giurisdizione, che rappresenta uno dei massimi attributi della sovranità, a patto che ciò trovi contropartita nel diritto di pretendere dagli altri Stati un trattamento di reciprocità. 5 In ordine ai quali è vivo il dibattito in dottrina e giurisprudenza, versandosi, secondo la tesi più diffusa, in ipotesi di carenza di un presupposto processuale piuttosto che, in senso proprio, di una condizione di procedibilità o proseguibilità dell’azione penale. 3 11 Al numero 9), infine, con disposizione che, al pari di quella relativa al computo della custodia cautelare patita all’estero a fini estradizionali, risponde ad obiettive istanze di equità, si prevede la riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta all’estero ai medesimi fini. L’art. 4, comma 1, lett. c), del disegno di legge delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di riconoscimento di sentenze penali di altri Stati ed esecuzione di sentenze penali italiane all’estero, prevedendo forme e condizioni “secondo criteri di massima semplificazione” (n. 1) e disciplinando “condizioni e forme del trasferimento delle procedure” (n. 2). Si tratta, all’evidenza, di criteri estremamente generici, del tutto privi di qualunque indicazione contenutistica. In argomento, va peraltro rilevato che recentemente il Consiglio dei ministri, nella seduta del 10 febbraio 2016, ha approvato, in esame definitivo, due decreti legislativi recanti, rispettivamente, disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2009/829/GAI sull’applicazione tra gli Stati membri dell’Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare, nonché disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/947/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive. Pertanto, le disposizioni contenute nel disegno di legge qui esaminato dovranno armonizzarsi con le previsioni di tali decreti attuativi, peraltro relativi, come osservato, ad ambiti materiali più specifici. L’art. 4, comma 1, lett. d), del disegno di legge delega, invece, il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie nei rapporti con gli altri Stati membri dell’Unione europea. In argomento il numero 1) prevede, innanzitutto, che le decisioni adottate dalle autorità giudiziarie degli Stati dell’Unione europea possano essere eseguite nel territorio dello Stato. Inoltre, secondo il numero 2) l’autorità giudiziaria italiana può essere destinataria diretta delle decisioni giudiziarie che devono essere eseguite nel territorio dello Stato e può richiedere, in conformità al principio del mutuo riconoscimento, l’esecuzione di proprie decisioni alle autorità degli altri Stati dell’Unione europea; mutuo riconoscimento che, secondo quanto previsto dal numero 4), concerne anche le pronunce emesse nei confronti di persone giuridiche. Il numero 5) prevede, poi, che la decisione sul riconoscimento debba essere adottata con la massima urgenza e in modo da assicurarne tempestività ed efficacia, con la previsione di regole speciali nel caso in cui l’interessato abbia prestato il consenso all’esecuzione. 12 Secondo quanto stabilito dal numero 3), il Ministro della giustizia mantiene il potere di garantire, nei casi e nei modi previsti dalla legge, l’osservanza delle condizioni eventualmente richieste, in casi particolari, per l’esecuzione all’estero o nel territorio dello Stato della pronuncia della quale è stato chiesto il riconoscimento, fermo restando il venir meno del potere di preventiva valutazione ministeriale. A mente della previsione del numero 6), l’autorità giudiziaria italiana, nei casi previsti dalla legge, dà esecuzione alle decisioni giudiziarie degli altri Stati dell’Unione europea anche nel caso in cui il fatto non sia previsto come reato dalla legge nazionale e non possa essere sindacato il merito della decisione giudiziaria, salvo il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico. Il disegno di legge delega, inoltre, prevede che debba essere stabilita l’impugnabilità - in genere senza effetto sospensivo - del provvedimento che disponga l’esecuzione della pronuncia di cui sia stato chiesto il riconoscimento da parte dell’autorità giudiziaria di altro paese membro dell’Unione europea (cfr. numero 7). Infine, il disegno di legge prevede l’introduzione di rimedi a tutela dei diritti dei terzi di buona fede, i quali siano stati eventualmente pregiudicati dall’esecuzione della sentenza (numero 8). 5. Modifiche del codice di procedura penale. L’art. 5 del disegno di legge in commento introduce alcune modifiche agli articoli 708 e 714 del codice di procedura penale, in materia di estradizione per l’estero. In particolare, il primo comma modifica il comma 5 dell’art. 708 c.p.p., che detta disposizioni sul termine per la consegna della persona della quale sia stata chiesta l’estradizione. Si riporta di seguito il testo comparato delle due disposizioni: Testo vigente art. 708, comma 5. Testo modificato “Il termine per la consegna è di quindici “Il termine per la consegna è di quindici giorni dalla data stabilita a norma del comma 4 giorni dalla data stabilita a norma del comma 4 e, su domanda motivata dello Stato richiedente, e, a domanda motivata dello Stato richiedente, può essere prorogato di altri venti giorni. Il può essere prorogato di altri venti giorni” termine per la consegna è sospeso in caso di sospensione dell’efficacia della decisione del Ministro della competente giustizia giudice da parte amministrativo del e riprende a decorrere dalla data di deposito del 13 provvedimento di revoca del provvedimento cautelare o del provvedimento con cui è accolto il gravame proposto avverso il provvedimento cautelare o della sentenza che rigetta il ricorso ovvero della decisione che dichiara l’estinzione del giudizio». Dall’esame comparativo è agevole evincere che la novella si limita ad introdurre un’ipotesi di sospensione del termine per la consegna dell’estradando per l’eventualità in cui il giudice amministrativo sull’estradizione. abbia sospeso l’efficacia della decisione del Ministro della giustizia Al contempo, individua anche il momento dal quale in termine deve riprendere a decorrere (trattandosi di sospensione e non di interruzione) e, segnatamente: - dalla data di deposito del provvedimento di revoca del provvedimento cautelare; o dalla data di deposito del provvedimento con cui è accolto il gravame contro il provvedimento cautelare; - o dalla data di deposito della sentenza che rigetta il ricorso ovvero della decisione che dichiara l’estinzione del giudizio». Il secondo comma dell’art. 5 del disegno di legge in esame interviene, invece, sull’art. 714 c.p.p. (in tema di misure coercitive e sequestro) inserendo un nuovo comma 4-bis del quale si riporta di seguito il contenuto: «Le misure coercitive sono altresì revocate se sono trascorsi tre mesi dalla pronuncia della decisione favorevole del Ministro della giustizia sulla richiesta di estradizione senza che l’estradando sia stato consegnato allo Stato richiedente. Il termine è sospeso dalla data di deposito del ricorso presentato al giudice amministrativo avverso la decisione del Ministro della giustizia, fino alla data di deposito della sentenza che rigetta il ricorso o della decisione che dichiara l’estinzione del giudizio, comunque per un periodo non superiore a sei mesi». Ora, com’è noto, l’articolo l’art. 714 c.p.p. prevede che, su richiesta del Ministro della giustizia, la persona di cui stata chiesta l’estradizione possa essere sottoposta a misura coercitiva. Ebbene, la novella può essere favorevolmente accolta a fronte del contrasto giurisprudenziale formatosi sul tema dell’applicabilità o meno, in caso di sospensione 14 dell’esecuzione dell’estradizione, dei termini di durata massima previsti dagli articoli 303, comma 4, e 308 c.p.p., anche alle misure cautelari in corso o che siano adottate durante la sospensione. Secondo un indirizzo giurisprudenziale, infatti, la sospensione dell’esecuzione del provvedimento estradizionale, non comportando la perdita di efficacia del decreto di estradizione, imporrebbe la revoca della misura cautelare applicata, in quanto la durata massima delle misure coercitive adottate a fini estradizionali va stabilita solo sulla base della disciplina dettata dall’articolo 70 c.p.p. e non anche sul regime dei termini massimi di durata fissato all’articolo 303 c.p.p. Ciò, tra l’atro, sul rilevo che nell’ambito della disciplina del procedimento estradizionale alla custodia cautelare va riconosciuta una funzione strumentale rispetto alla consegna dell’estradando, per cui ove anche il Ministro della Giustizia sospendesse l’esecuzione dell’estradizione per ragioni di giustizia interna a norma dell’articolo 709 c.p.p., la misura coercitiva a cui l’estradando sia eventualmente sottoposto deve essere revocata, non potendo la decisione del Ministro comportare un prolungamento a tempo indeterminato del trattamento cautelare (v., tra le altre, Cass., sez. VI, 9 giugno 2003, n. 36549; Cass., sez. VI, 17 febbraio 2004, n. 28033). Secondo altro orientamento giurisprudenziale, invece, in caso di sospensione dell’esecuzione dell’estradizione devono ritenersi applicabili alle misure cautelari in corso o che siano adottate durante la sospensione, i termini di durata massima previsti dagli articoli 303, comma 4, e 308 c.p.p., in ragione del richiamo operato dall’articolo 714, comma 2, c.p.p. alle disposizioni dettate in materia di misure coercitive (Cass., sez. VI, 20 settembre 2000, n. 3374; Cass., sez. VI, 11 luglio 1995, n. 2931). Ebbene, con la disposizione in commento viene esplicitamente introdotto un termine massimo di durata (tre mesi) delle misure coercitive per la fase successiva all’emissione del decreto ministeriale, prevedendosi, al contempo, che i termine rimanga sospeso, comunque per un periodo non superiore a sei mesi, dal deposito del ricorso al giudice amministrativo contro la decisione del ministro della giustizia sino alla data di deposito della sentenza che rigetta il ricorso o della decisione che dichiara l’estinzione del giudizio. L’art. 6 del disegno di legge contiene una clausola di invarianza finanziaria e alcune disposizioni correttive finalizzate a garantire la copertura finanziaria dei decreti legislativi implicanti nuovi o maggiori oneri. L’art. 7, infine, prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.» Il presente parere viene trasmesso al Ministro della Giustizia. 15