Parere sul testo del disegno di legge concernente: “Delega al

Parere sul testo del disegno di legge concernente: “Delega al Governo per la riforma del libro
XI del codice di procedura penale. Modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per
l'estero: termine per la consegna e durata massima delle misure coercitive”.
(Delibera consiliare del 6 aprile 2016)
«1. Premessa
Il disegno di legge attualmente all’esame del Senato della Repubblica, contiene disposizioni
relative alla “Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia
penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e delega al
Governo per la sua attuazione. Delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di
procedura penale. Modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per l’estero: termine per la
consegna e durata massima delle misure coercitive”.
Il testo, operando su diversi piani di intervento – consistenti nella ratifica di accordi
internazionali, proposte di delega legislativa, nonché diretto intervento di modifica su alcune norme
del codice di procedura penale – riguarda la materia della cooperazione ed assistenza giudiziaria per
il contrasto dei fenomeni criminali.
Si muove sull’assunto, chiarito nella originaria relazione introduttiva, della “inadeguatezza
dell’attuale sistema normativo di assistenza giudiziaria a fronte di una criminalità, specialmente
quella organizzata, che ha esteso il raggio di azione ben oltre i confini del territorio di un singolo
Stato e che sa ben sfruttare tutte le opportunità offerte dalla globalizzazione dei mercati e dalle
nuove tecnologie di comunicazione e di gestione dell’informazione”.
Propone, quindi, una serie di interventi finalizzati a rendere il coordinamento e la
collaborazione investigativa, istruttoria ed esecutiva tra ordinamenti diversi, in relazione ai
procedimenti giudiziari di rilievo penale, più rapida ed efficace, in particolare dotando
l’ordinamento nazionale di nuovi strumenti, e semplificando e deburocratizzando una serie di
passaggi procedimentali previsti dall’attuale apparato regolatorio in relazione a quelli esistenti.
Si procederà, di seguito, alla illustrazione delle norme proposte in relazione a ciascuno degli
interventi oggetto del testo.
2. La ratifica della Convenzione di Bruxelles del 29 maggio 2009 e l’evoluzione delle
fonti sovranazionali.
L’articolo 1 del disegno di legge in parola autorizza il Presidente della Repubblica a
ratificare la Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri
dell’Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, in conformità all’articolo 34 del Trattato
sull’Unione Europea allora vigente.
Prima di andare ad esaminare il contenuto della Convenzione, ai fini della sua ratifica, è
necessario prospettare alcuni rilievi critici in ordine alla sua perdurante attualità rispetto alla
successiva evoluzione dell’ordinamento sovranazionale.
Infatti, giova segnalare che, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, hanno avuto
emersione giuridica numerose direttive volte a dare attuazione alla cooperazione giudiziaria penale,
quali: la Direttiva 2014/41/UE relativa all’ordine europeo di indagine penale, la Direttiva
2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato
nell’Unione europea e la Direttiva 2013/48/UE relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel
procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di
informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone
private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari.
In particolare, la Direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile
2014 relativa all’ordine europeo di indagine penale, sembra essere intervenuta a regolare ex novo ed
esaustivamente la materia dell’assistenza giudiziaria in ambito euro unitario, con superamento ed
assorbimento di ogni precedente strumento regolativo.
Tale conclusione viene qui rassegnata sulla base di un preciso dato normativo, contenuto
nell’articolo 34 della Direttiva, rubricato “Relazioni con altri strumenti giuridici, accordi e intese”,
che prevede: “1. Fatta salva la loro applicazione tra Stati membri e Stati terzi e la loro
applicazione temporanea in virtù dell’articolo 35, la presente direttiva sostituisce, a decorrere dal
22 maggio 2017, le corrispondenti disposizioni delle seguenti convenzioni applicabili tra gli Stati
membri vincolati dalla presente direttiva: a)convenzione europea di assistenza giudiziaria in
materia penale del Consiglio d’Europa, del 20 aprile 1959, i relativi due protocolli aggiuntivi e gli
accordi bilaterali conclusi a norma dell’articolo 26 di tale convenzione; b)convenzione di
applicazione dell’accordo di Schengen; c)convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia
penale tra gli Stati membri dell’Unione europea e relativo protocollo”.
La norma prevede altresì che la decisione quadro 2008/978/GAI sia sostituita per gli Stati
membri vincolati dalla presente direttiva. Le disposizioni della decisione quadro 2003/577/GAI
sono sostituite per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva per quanto riguarda il sequestro
probatorio (cfr. le osservazioni svolte nel paragrafo 2. aspetti problematici conseguenti al mancato
tempestivo recepimento della decisione quadro e alle sopravvenienze normative eurounitarie della
delibera consiliare del 20 gennaio 2016, concernente il parere, richiesto dal Ministro della giustizia
ex art 10, legge 195/1958, sullo schema di decreto legislativo concernente: “Attuazione della
decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa all’esecuzione
nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio”).
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Il comma 3, della stessa disposizione, precisa altresì che “in aggiunta alla presente direttiva
gli Stati membri possono concludere o continuare ad applicare accordi o intese bilaterali o
multilaterali con altri Stati membri successivamente al 22 maggio 2017, solo laddove i medesimi
consentano di rafforzare ulteriormente gli obiettivi della presente direttiva e contribuiscano a
semplificare o agevolare ulteriormente le procedure di acquisizione delle prove e a condizione che
sia rispettato il livello delle salvaguardie di cui alla presente direttiva.
4. Entro il 22 maggio 2017, gli Stati membri notificano alla Commissione gli accordi e le
intese esistenti di cui al paragrafo 3 che desiderano continuare ad applicare. Gli Stati membri
notificano altresì alla Commissione, entro tre mesi dalla firma, i nuovi accordi o le nuove intese di
cui al paragrafo 3”.
Dunque, come anche chiarito nel 35° Considerando, “nei casi in cui è fatto riferimento
all’assistenza giudiziaria nei pertinenti strumenti internazionali, come nelle convenzioni concluse
in seno al Consiglio d’Europa, dovrebbe essere inteso che l’applicazione della presente direttiva
tra gli Stati membri vincolati dalla stessa è preminente rispetto a dette convenzioni”.
Tale è del resto la opzione interpretativa che va chiaramente emergendo in subiecta materia
(cfr. la Decisione del Consiglio del 10 dicembre 2014).
Dunque, sul piano sovranazionale, a decorrere dal 22 maggio 2017, la Direttiva 2014
dovrebbe sostituirsi alla Convenzione del 2000, salvo il meccanismo rafforzativo aggiuntivo
riconosciuto al comma 3.
Resta poi fermo, sul piano del diritto transitorio, il disposto dell’articolo 35, per cui le
richieste di assistenza giudiziaria ricevute anteriormente al 22 maggio 2017 continuano ad essere
disciplinate dagli strumenti esistenti relativi all’assistenza giudiziaria in materia penale.
Ne segue che – almeno nei limiti in cui possa riscontrarsi l’identità di ambito applicativo –
resta allo stato rimessa al legislatore nazionale la valutazione di opportunità circa l’utilità di attuale
ratifica della Convenzione, a fronte del ius superveniens.
In proposito, debbono richiamarsi le affermazioni operate dal Consiglio Superiore con la
cennata delibera del 20 gennaio 2016, affinché, in un’ottica di better regulation “volta a favorire
una tecnica legislativa che semplifichi la struttura dell’ordinamento giuridico, facilitando la
conoscenza e l’applicazione delle disposizioni normative, al contempo rafforzando la loro
possibilità di un’esatta adeguazione al caso concreto, si proceda all’immediato recepimento delle
direttive 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014 (in GUUE, 1°
maggio 2014, L 130/1), relativa all’ordine europeo di indagine penale (OEI)”, soprassedendo dal
recepimento delle disposizioni dello strumento convenzionale in rassegna.
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In disparte tale preliminare, eppur virtualmente esiziale questione sull’effettiva convenienza
giuridica dell’opzione di procedere al recepimento della menzionata Convenzione del 2000, va in
ogni caso ricordato che la stessa costituisce uno strumento normativo, che, inserendosi nel quadro
normativo in materia di assistenza giudiziaria penale già costituito dalla Convenzione europea di
assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 (legge n. 215 del 1961), e dal relativo
protocollo aggiuntivo del 17 marzo 1978 (legge n. 436 del 1985), dalla Convenzione di
applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (legge n. 388 del 1993) e dal Trattato
Benelux di estradizione e di assistenza giudiziaria in materia penale del 27 giugno 1962, agevola e
rende più idonee ed efficienti le formalità e le procedure inerenti alle richieste di assistenza
giudiziaria, introducendo forme e tecnicalità specifiche di collaborazione “rafforzata” fra le autorità
giudiziarie dei Paesi europei (ad es., audizioni mediante videoconferenza e teleconferenza, squadre
investigative comuni, intercettazioni di telecomunicazioni, operazioni di infiltrazione e consegne
sorvegliate, ecc.). Nell’ambito dell’U.E., unicamente l’Italia, la Grecia, la Croazia e l’Irlanda non ha
ancora ratificato la Convenzione, la quale risulta in vigore nei rapporti reciproci tra gli Stati che
hanno provveduto al deposito dello strumento di ratifica, con date che variano in funzione dei tempi
del deposito medesimo.
Ovviamente, la condivisibile ratio legis muove da un’opzione di politica giudiziaria per cui
in un mondo sempre più globalizzato ed interconnesso anche la risposta giudiziaria, per essere
realmente efficace ed adeguata alle moderne emergenze criminali, deve uscire dagli angusti ed
antiquati confini nazionali, così da inquadrarsi nell’ambito di una sempre più crescente
collaborazione internazionale sul piano investigativo e processuale, così orientandosi in un piano
sovranazionale di collaborazione non solo delle forze di polizia o di sicurezza, ma anche, se non
soprattutto, delle autorità giudiziarie, siano esse requirenti o giudicanti.
La Convenzione si compone di un preambolo e di trenta articoli, suddivisi in cinque titoli.
Il Titolo I ha principalmente ad oggetto le indicazioni per uniformare le procedure e le
formalità con cui devono svolgersi le rogatorie. Il Titolo II, che comprende gli articoli dall’8 al 16,
disciplina le richieste relative a forme specifiche di assistenza giudiziaria. Il terzo Titolo (articoli dal
17 al 22) attiene al tema dell’intercettazione delle telecomunicazioni. Il quarto titolo, composto dal
solo articolo 23, detta una diciplina a tutele della protezione dei dati personali. Infine, nel Titolo V
(articoli dal 24 al 30) sono contenute le disposizioni finali
3. L’adeguamento dell’ordinamento interno alla Convenzione di Bruxelles
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Il secondo articolo del disegno di legge contiene l’ordine di esecuzione, in conformità al
quale piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione a decorrere dalla data della sua entrata in
vigore, in conformità a quanto previsto dall’articolo 27 della Convenzione stessa.
L’articolo 3, quindi, dà delega all’Esecutivo di provvedere, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della legge in rassegna, ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la sua
compiuta attuazione.
Tale disposizione indica altresì i princìpi ed i criteri direttivi, cui il legislatore delegato deve
attenersi in sede di emanazione della normativa avente sostanza di legge.
Essi, esattamente, sono:
a) previsione di norme volte a migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale da
parte dell’Italia verso gli Stati parte della Convenzione, senza pregiudizio delle norme poste a
tutela della libertà individuale;
b) modifica e integrazione delle disposizioni dell’ordinamento al fine di assicurare che
l’assistenza giudiziaria dell’Italia verso gli Stati parte della Convenzione sia attuata in maniera
rapida ed efficace, fermo restando il rispetto dei diritti individuali e dei princìpi della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4
novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848;
c) previsione dei necessari adeguamenti dell’ordinamento interno al fine di garantire,
conformemente a quanto stabilito dalla Convenzione, l’assistenza giudiziaria nei procedimenti per
l’applicazione di sanzioni amministrative con riferimento alle richieste di assistenza giudiziaria ad
altri Stati membri dell’Unione europea;
e) previsione di forme specifiche di assistenza giudiziaria, quali le condizioni per la
restituzione di cose pertinenti al reato conformemente a quanto previsto dall’articolo 8 della
Convenzione; le procedure e l’autorità competente atta a consentire il trasferimento di persone
detenute a fini investigativi, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione; la previsione
della disciplina dell’efficacia processuale delle audizioni compiute mediante videoconferenza o
conferenza telefonica secondo quanto previsto dagli articoli 10 e 11 della Convenzione; previsione
della possibilità per la polizia giudiziaria o per il pubblico ministero di ritardare od omettere
provvedimenti di propria competenza in caso di indagini riguardanti
delitti per i quali è prevista l’estradizione o quando appare necessaria ai fini della cattura
dei responsabili;
g) disciplina delle richieste, delle informazioni e delle operazioni di intercettazione delle
telecomunicazioni all’estero, conformemente a quanto stabilito dal titolo III della Convenzione.
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La norma delinea l’iter procedimentale da seguire per l’emanazione dei cennati decreti
legislativi, i quali sono adottati su iniziativa dei Ministri della giustizia, degli affari esteri e per gli
affari europei, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
Essi, quindi, saranno trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica
affinché su essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti entro trenta giorni
dalla trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può essere comunque adottato. Qualora il
termine per l’espressione del parere scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine
finale per l’esercizio della delega, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni.
Valga evidenziare che nel corso dei lavori di Commissione sono stati espunti dal testo
originario i seguenti due principi o criteri direttivi:
disciplina della procedura e dell’esecuzione delle rogatorie, avendo particolare riguardo
all’utilizzabilità degli atti assunti per la rogatoria, alla possibilità di effettuare indagini e sequestri
a fini di confisca, alla previsione dell’acquisizione e dell’utilizzazione delle informazioni trasmesse
spontaneamente dall’autorità straniera nonché alla previsione dell’irrevocabilità del consenso
nell’ambito di procedure di cooperazione giudiziaria;
disciplina delle modalità e delle procedure per la costituzione di gruppi investigativi comuni
tra le autorità giudiziarie degli Stati membri dell’Unione europea, qualora il pubblico ministero
proceda a indagini collegate con quelle di altre autorità giudiziarie straniere, anche assicurando la
necessaria comunicazione del gruppo investigativo comune ai diversi uffici del pubblico ministero.
Tali espunzioni, probabilmente, si giustificano in ragione del recente recepimento
nell’ordinamento interno delle decisioni quadro n. 2003/577/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003
relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro
probatorio e n. 2002/465/GAI del Consiglio, adottata il 13 giugno 2002, di squadre investigative
comuni.
Giova segnalare che il disegno di legge non fa menzione del Protocollo del 16 ottobre 2001
alla Convenzione di Bruxelles del 29 maggio 2000, volto ad agevolare le richieste di informazioni
sui conti correnti bancari e sulle operazioni bancarie, introducendo ulteriori e specifiche misure ai
fini della lotta contro la criminalità organizzata, il riciclaggio del denaro e la criminalità finanziaria
(la cui ratifica sarebbe dovuta avvenire contestualmente alla Convenzione del 29 maggio 2000 e,
comunque, in tempi estremamente rapidi, già entro la fine del 2002, secondo l’auspicio formulato
dai Ministri della Giustizia nelle conclusioni adottate all’esito del Consiglio congiunto GAI –
ECOFIN di Lussemburgo del 16 ottobre 2001). L’entrata in vigore del Protocollo, soggetta alle
stesse disposizioni previste dalla Convenzione, ha riguardato sinora 23 dei 28 Stati membri: infatti,
oltre all’Italia, non risultano aver ratificato il Protocollo Estonia, Grecia, Croazia e Irlanda. Ciò
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nondimeno, il Protocollo risulta in vigore nei rapporti bilaterali tra tutti gli Stati ratificanti, in date
diverse, dipendenti dalle date di deposito delle rispettive ratifiche.
4. I rapporti giurisdizionali con le autorità straniere: criteri e direttive.
All’art. 4 il disegno di legge propone di conferire al Governo la delega per la riforma del
libro XI del codice di procedura penale relativo ai Rapporti giurisdizionali con autorità straniere,
individuandone in maniera specifica i criteri e principi direttivi.
La lettera a) del comma 1 contiene i criteri ed i principi relativi alla materia dell’assistenza
giudiziaria ai fini di giustizia penale.
Le modifiche promosse con la proposta di legge delega sono tutte orientate alla maggiore
semplificazione e velocizzazione delle cd. rogatorie passive, quelle cioè relative alle ipotesi in cui
autorità straniere richiedano assistenza di carattere giudiziario penale all’ordinamento italiano.
La nuova normativa proposta distingue le modalità di adempimento alla richiesta in
dipendenza dell’appartenenza o meno del Paese richiedente all’Unione Europea.
Mantenendo fermo, infatti il ruolo formale di filtro alla richiesta del Ministro della Giustizia,
limita nel primo caso il suo potere discrezionale di non dare corso alla attività processuale
conseguente richiesta, soltanto “nei casi e nei limiti stabiliti dalle convenzioni in vigore tra gli Stati
ovvero dagli atti adottati dal Consiglio dell’Unione Europea”. In sostanza, in ambito eurounitario
vi è una sostanziale depoliticizzazione della relazione fra Stati, cosicché il nostro ordinamento,
anche in sede di rappresentanza esecutiva, non può che limitarsi a verificare la corretta attuazione
delle norme sovranazionali.
Nei rapporti con Stati estranei all’Unione europea, al Ministro è conferito il potere di
verificare – prima di dare corso alla richiesta di assistenza – che non ne derivino pericoli per la
sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato. In tale esame rientrano probabilmente
gli accertamenti fino ad ora previsti in maniera più dettagliata dal secondo comma dell’attuale art.
723 c.p.p.1 In caso in cui la verifica abbia esito positivo, il Ministro ne dà comunicazione
all’autorità giudiziaria.
Anche in sede di esecuzione giudiziaria della richiesta, una volta che il Ministro vi abbia
dato corso, la delega persegue evidenti propositi di decisa semplificazione.
A mente del quale: “Il ministro non dà corso alla rogatoria quando risulta evidente che gli atti richiesti sono
espressamente vietati dalla legge o sono contrari a principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano. Il
ministro non dà altresì corso alla rogatoria quando vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative
alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o
sociali possano influire negativamente sullo svolgimento o sull’esito del processo e non risulta che l’imputato abbia
liberamente espresso il suo consenso alla rogatoria”.
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L’esecuzione non è più affidata alla Corte d’appello competente per il distretto in cui gli atti
devono essere compiuti, perché, come si legge nella relazione di accompagnamento alle norme, si è
registrata la “difficoltà, per un giudice come la Corte d’appello, di governare materie ed esigenze
investigative affidate ordinariamente alle competenze di organi diversi.” Ed in effetti, coerente con
tale impostazione, fondata sulla specificità delle funzioni requirenti e di investigazione, è la scelta di
affidare l’incombente, per le richieste che comportino l’attività di acquisizione probatoria e
sequestro di beni a fini di confisca, al procuratore della Repubblica presso il Tribunale del
capoluogo del distretto nel quale si deve procedere. Il procuratore darà senza ritardo esecuzione alla
richiesta con decreto motivato; ed ove la richiesta riguardi acquisizioni probatorie da compiere
davanti al giudice, ovvero attività che secondo la legge dello Stato non possono svolgersi senza
l’autorizzazione del giudice, presenterà senza ritardo le proprie richieste al giudice delle indagini
preliminari del tribunale del capoluogo del distretto.
Rispetto alla normativa vigente è anche escluso – sempre all’evidente finalità di contenere
gli incombenti procedimentali ritenuti sovrabbondanti – l’ulteriore momento di verifica, oggi
affidato alla Corte d’Appello competente per l’esecuzione, stabilito dal comma 5 dell’art. 724,
relativo alla compatibilità della richiesta con i principi dell’ordinamento giuridico dello Stato, con la
legge penale ed all’assenza di pregiudizio persecutorio nei confronti dell’imputato.
La novella delega inoltre il Governo ad eliminare la procedura per la determinazione della
competenza in caso di pluralità di atti da sconvolgersi in distretti diversi, che nell’attuale disciplina
prevede il coinvolgimento della Corte di Cassazione nelle forme del conflitto disciplinato dall’art.
32 c.p.p., in camera di consiglio, con avviso al procuratore generale presso la Corte medesima. Si
tratta, evidentemente, di una procedura articolata e defatigante, che impegna il giudice supremo
centrale di legittimità, già notoriamente gravato da numerose e impegnative competenze. E’ quindi
assolutamente ragionevole la disposizione in commento che incarica il legislatore delegato di
stabilire criteri predeterminati per la concentrazione delle procedure di esecuzione da compiersi in
distretti diversi, e procedure semplificate per la risoluzione di eventuali conflitti.
Il disegno di legge propone che l’autorità giudiziaria procedente possa autorizzare la
presenza di rappresentanti ed esperti dell’autorità straniera richiedente alle attività da compiere. Ove
lo Stato richiedente non appartenga all’Unione europea, deve esserne data comunicazione al
Ministro della giustizia. Allo stesso modo, ove durante l’esecuzione della richiesta emerga
l’opportunità o la necessità di compiere atti ulteriori non indicati nella originaria richiesta, la stessa
autorità giudiziaria italiana ne informerà quella straniera richiedente, perché integri la richiesta
tempestivamente. Si tratta, queste ultime, di disposizioni commendevolmente orientate nell’ottica
della collaborazione tra ordinamenti e della flessibilità ed efficacia dello strumento, per
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massimizzarne la funzionalità, evitando prevedibili duplicazioni dei procedimenti burocratici o
impedimenti formali che ne depotenzino l’utilità.
Il numero 7) del comma 1 dell’art. 4, estende la procedura, così come descritta, anche alle
ipotesi in cui l’assistenza giudiziaria, sempre relativa ad un procedimento concernente un reato, sia
richiesta da autorità amministrativa, e non giudiziaria, di altri Stati.
E’ promosso l’utilizzo, per l’audizione di testimoni e periti, degli strumenti di
videoconferenza o conferenza telefonica, di cui devono essere disciplinate le modalità e le
condizioni di utilizzabilità, ma solo – per intuibili ragioni di affidamento istituzionale presuntivo –
nei rapporti con gli Stati membri dell’Unione europea e nei casi previsti da convenzioni
internazionali.
I numeri 9, 10 ed 11 del comma 1 dell’articolo 4 contengono previsioni di delega relative
alla possibilità che siano costituite, previo accordo con le competenti autorità degli Stati membri
dell’Unione europea, ovvero quando previsto da accordi internazionali con altri Stati, squadre
investigative comuni. Vale la pena in proposito ricordare che la specifica materia è oggetto di un
diverso atto normativo di origine eurounitaria. E’ in particolare in via di definitivo perfezionamento
il procedimento di approvazione dello schema di decreto legislativo concernente: “Norme di
attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa alle
squadre investigative comuni” attuativo delle delega conferita al Governo in merito con la la legge
n. 114 del 9 luglio 2015, all’art. 18, comma 1, lett. a), delega al Governo all’adozione dei decreti
legislativi recanti le norme occorrenti per l’attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI del
Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni.
Come è dimostrato dalla data della legge, tale ultima delega è stata conferita in epoca
successiva alla proposizione del disegno di legge in commento, ed anche alla sua approvazione da
parte della Camera dei Deputati. Questo è il motivo per cui esso non poteva tenerne conto. Il
parallelo procedimento normativo è, come si è detto, in via di definizione, essendo stati già, il 16
dicembre 2015, approvati i relativi pareri della Camera e del Senato. Anche il Consiglio Superiore
ha già offerto il proprio parere ai sensi dell’art. 10 l. 195 del 1958, con delibera del 20 gennaio
2016.
E’ quindi ragionevolmente prevedibile che, non avendo più motivo di essere adottata
ulteriore normazione primaria, dal contenuto della nuova delega conferita sarà espunto il tema delle
squadre investigative comuni che ha già trovato altrove la propria compiuta e recente
regolamentazione.
Il numero 12) della lettera a) del comma 1 dell’articolo 4 riguarda l’acquisizione e
l’utilizzazione di atti ed informazioni trasmessi spontaneamente da autorità dia altro Stato.
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Una diversa forma specifica di assistenza è oggetto del numero 13) che assegna al Ministro,
previa interlocuzione con l’autorità giudiziaria, il compito di provvedere sulle richieste di
trasferimento temporaneo ai fini di indagine di persone detenute o internate, sulla base di accordi
internazionali in vigore per lo Stato.
L’art. 4, comma 1, lett. b), del disegno di legge delega indica i principi e criteri direttivi cui
dovranno essere informati gli emanandi decreti legislativi in materia di estradizione, materia che, in
atto, trova la propria disciplina al titolo II del libro XI, ove sono compiutamente regolamentati gli
aspetti procedimentali dell’istituto, ai capi I (artt. 697-719 c.p.p.) e II (artt. 720-722 c.p.p.), dedicati,
rispettivamente, all’estradizione verso l’estero (c.d. “passiva”) ed a quella dall’estero (c.d. “attiva”).
Il primo di tali principi, declinato ai numeri 1), 2) e 5), contiene l’esplicita attribuzione al
Ministro della giustizia di un potere di interdizione delle procedure estradizionali attive e passive a
tutela di interessi supremi della Repubblica (sovranità, sicurezza o altri interessi essenziali), con
onere, a suo carico, di comunicazione all’autorità giudiziaria e, in caso di estradizione passiva,
anche allo Stato richiedente.
Al Ministro della giustizia spetterà, del pari, il potere di subordinare a specifiche condizioni
la concessione dell’estradizione e di rifiutare, in casi predeterminati, l’estradizione del cittadino
prevista da accordi internazionali.
Le modifiche proposte sono dirette, secondo quanto esposto nella Relazione illustrativa, a
differenziare – sul presupposto della conservazione della tradizionale regola di esclusione della
possibilità di estradizione di un imputato o di un condannato all’estero senza garanzia
giurisdizionale, regola che, tuttavia, consente l’adozione di procedure semplificate in caso di
consenso dell’avente diritto - le aree di esercizio delle concorrenti potestà dell’autorità politica e di
quella giudiziaria2, sì da evitare la sovrapposizione di valutazioni riferite ai medesimi parametri.
Al numero 3) sono, poi, enucleati i poteri del Procuratore generale della Repubblica a fronte
di una richiesta di estradizione (identificare ed interrogare la persona di cui è chiesta l’estradizione e
richiedere direttamente all’autorità straniera, con contestuale comunicazione al Ministro della
giustizia, la documentazione e le informazioni che ritiene necessarie).
La disposizione mira a colmare il sostanziale vuoto regolamentare in ordine a portata e limiti
dei poteri inquirenti del procuratore generale e, di conseguenza, a rafforzare, nel quadro di una più
generale manovra di semplificazione e di accelerazione della relativa procedura e di contestuale
rafforzamento delle garanzie difensive, i meccanismi di interlocuzione diretta dell’autorità
Il vigente sistema ha infatti, al pari di quello contenuto nel codice di rito del 1930, natura mista, e si ispira al canone
del tendenziale ridimensionamento dei poteri ministeriali a vantaggio di quelli giudiziari, finalizzato ad aumentare le
garanzie dell’estradando, e del maggior rigore nella ripartizione delle rispettive attribuzioni al fine di fugare i
preesistenti dubbi ed incertezze.
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giudiziaria con le competenti autorità dello Stato richiedente, in vista dell’acquisizione di elementi
informativi, nel rigoroso rispetto delle garanzie giurisdizionali, del principio del contraddittorio e, in
ultimo, del giusto processo ex art. 111 Cost..
I numeri 6) e 7) disciplinano i rapporti tra custodia cautelare e domanda di estradizione nel
senso, da un canto, che la custodia cautelare subita all’estero ai fini dell’estradizione sia computata
ad ogni effetto processuale3 e, dall’altro, che, in caso di presentazione di una richiesta di estensione
dell’estradizione, possa essere adottata un’ordinanza che dispone la custodia cautelare, la cui
esecuzione è destinata a restare sospesa fino alla concessione dell’estradizione suppletiva e della
quale è prevista la revoca per il caso di rifiuto della stessa estradizione suppletiva.
Il numero 4) interviene, invece, sul principio di specialità dell’estradizione4 – in base al
quale lo Stato richiedente non può processare e punire l’estradando per fatti diversi da quelli
indicati nella domanda di estradizione – stabilendo l’irrevocabilità, per l’ipotesi di estradizione sia
attiva che passiva, del potere di rinunzia, che la persona estradata può esercitare, salvo il caso che
norme convenzionali lo escludano, solo mediante dichiarazione raccolta dal giudice.
La revoca alla rinunzia al principio di specialità è, tuttavia, possibile laddove intervengano
fatti nuovi che modificano la situazione di fatto esistente al momento della rinunzia: disposizione,
quest’ultima, che traduce in diritto positivo quanto già sancito dalle sezioni unite della Corte di
Cassazione con la sentenza n. 11971 del 29 novembre 2007.
In forza della previsione del numero 8), l’applicazione del principio di specialità
determinerà, sul piano processuale, la sospensione del procedimento - cui conseguirà ipso jure la
sospensione del decorso della prescrizione - e dell’esecuzione della pena relativi ai fatti non
compresi nella domanda di estradizione.
Gli effetti processuali5 del principio di specialità vengono, quindi, regolati in modo tale da
coniugare la massima portata espansiva di quello che costituisce fondamentale garanzia di civiltà
giuridica con l’esigenza di pienezza dell’esercizio della funzione giurisdizionale nella misura
compatibile con l’attuazione del medesimo principio.
In concreto, si prevede che la sospensione non precluda il compimento di atti urgenti e
l’assunzione di prove non rinviabili o comunque idonee a determinare il proscioglimento
dell’estradato per fatti anteriori alla consegna.
In conformità, peraltro, a quanto stabilito, ai fini della determinazione della durata massima della custodia cautelare,
dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cassazione penale, I, 13 gennaio 2009, n. 3862).
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Generalmente riconosciuto nell’ambito del diritto internazionale, garantisce l’estradando dal pericolo di incolpazioni
postume diverse da quelle per cui l’estradizione viene concessa e determina, per lo Stato assistito, l’autolimitazione
della giurisdizione, che rappresenta uno dei massimi attributi della sovranità, a patto che ciò trovi contropartita nel
diritto di pretendere dagli altri Stati un trattamento di reciprocità.
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In ordine ai quali è vivo il dibattito in dottrina e giurisprudenza, versandosi, secondo la tesi più diffusa, in ipotesi di
carenza di un presupposto processuale piuttosto che, in senso proprio, di una condizione di procedibilità o proseguibilità
dell’azione penale.
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Al numero 9), infine, con disposizione che, al pari di quella relativa al computo della
custodia cautelare patita all’estero a fini estradizionali, risponde ad obiettive istanze di equità, si
prevede la riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta all’estero ai medesimi fini.
L’art. 4, comma 1, lett. c), del disegno di legge delega il Governo ad adottare uno o più
decreti legislativi in materia di riconoscimento di sentenze penali di altri Stati ed esecuzione di
sentenze penali italiane all’estero, prevedendo forme e condizioni “secondo criteri di massima
semplificazione” (n. 1) e disciplinando “condizioni e forme del trasferimento delle procedure” (n.
2).
Si tratta, all’evidenza, di criteri estremamente generici, del tutto privi di qualunque
indicazione contenutistica. In argomento, va peraltro rilevato che recentemente il Consiglio dei
ministri, nella seduta del 10 febbraio 2016, ha approvato, in esame definitivo, due decreti legislativi
recanti, rispettivamente, disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro
2009/829/GAI sull’applicazione tra gli Stati membri dell’Unione europea del principio del
reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare, nonché
disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/947/GAI relativa
all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di
sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e
delle sanzioni sostitutive. Pertanto, le disposizioni contenute nel disegno di legge qui esaminato
dovranno armonizzarsi con le previsioni di tali decreti attuativi, peraltro relativi, come osservato, ad
ambiti materiali più specifici.
L’art. 4, comma 1, lett. d), del disegno di legge delega, invece, il Governo ad adottare uno o
più decreti legislativi in materia di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie nei rapporti con
gli altri Stati membri dell’Unione europea.
In argomento il numero 1) prevede, innanzitutto, che le decisioni adottate dalle autorità
giudiziarie degli Stati dell’Unione europea possano essere eseguite nel territorio dello Stato.
Inoltre, secondo il numero 2) l’autorità giudiziaria italiana può essere destinataria diretta
delle decisioni giudiziarie che devono essere eseguite nel territorio dello Stato e può richiedere, in
conformità al principio del mutuo riconoscimento, l’esecuzione di proprie decisioni alle autorità
degli altri Stati dell’Unione europea; mutuo riconoscimento che, secondo quanto previsto dal
numero 4), concerne anche le pronunce emesse nei confronti di persone giuridiche.
Il numero 5) prevede, poi, che la decisione sul riconoscimento debba essere adottata con la
massima urgenza e in modo da assicurarne tempestività ed efficacia, con la previsione di regole
speciali nel caso in cui l’interessato abbia prestato il consenso all’esecuzione.
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Secondo quanto stabilito dal numero 3), il Ministro della giustizia mantiene il potere di
garantire, nei casi e nei modi previsti dalla legge, l’osservanza delle condizioni eventualmente
richieste, in casi particolari, per l’esecuzione all’estero o nel territorio dello Stato della pronuncia
della quale è stato chiesto il riconoscimento, fermo restando il venir meno del potere di preventiva
valutazione ministeriale.
A mente della previsione del numero 6), l’autorità giudiziaria italiana, nei casi previsti dalla
legge, dà esecuzione alle decisioni giudiziarie degli altri Stati dell’Unione europea anche nel caso in
cui il fatto non sia previsto come reato dalla legge nazionale e non possa essere sindacato il merito
della decisione giudiziaria, salvo il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.
Il disegno di legge delega, inoltre, prevede che debba essere stabilita l’impugnabilità - in
genere senza effetto sospensivo - del provvedimento che disponga l’esecuzione della pronuncia di
cui sia stato chiesto il riconoscimento da parte dell’autorità giudiziaria di altro paese membro
dell’Unione europea (cfr. numero 7).
Infine, il disegno di legge prevede l’introduzione di rimedi a tutela dei diritti dei terzi di
buona fede, i quali siano stati eventualmente pregiudicati dall’esecuzione della sentenza (numero 8).
5. Modifiche del codice di procedura penale.
L’art. 5 del disegno di legge in commento introduce alcune modifiche agli articoli 708 e 714
del codice di procedura penale, in materia di estradizione per l’estero.
In particolare, il primo comma modifica il comma 5 dell’art. 708 c.p.p., che detta
disposizioni sul termine per la consegna della persona della quale sia stata chiesta l’estradizione.
Si riporta di seguito il testo comparato delle due disposizioni:
Testo vigente art. 708, comma 5.
Testo modificato
“Il termine per la consegna è di quindici
“Il termine per la consegna è di quindici giorni dalla data stabilita a norma del comma 4
giorni dalla data stabilita a norma del comma 4 e, su domanda motivata dello Stato richiedente,
e, a domanda motivata dello Stato richiedente, può essere prorogato di altri venti giorni. Il
può essere prorogato di altri venti giorni”
termine per la consegna è sospeso in caso di
sospensione dell’efficacia della decisione del
Ministro
della
competente
giustizia
giudice
da
parte
amministrativo
del
e
riprende a decorrere dalla data di deposito
del
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provvedimento
di
revoca
del
provvedimento
cautelare
o
del
provvedimento con cui è accolto il gravame
proposto avverso il provvedimento cautelare
o della sentenza che rigetta il ricorso ovvero
della decisione che dichiara l’estinzione del
giudizio».
Dall’esame comparativo è agevole evincere che la novella si limita ad introdurre un’ipotesi
di sospensione del termine per la consegna dell’estradando per l’eventualità in cui il giudice
amministrativo
sull’estradizione.
abbia
sospeso
l’efficacia
della
decisione
del
Ministro
della
giustizia
Al contempo, individua anche il momento dal quale in termine deve riprendere a decorrere
(trattandosi di sospensione e non di interruzione) e, segnatamente:
-
dalla data di deposito del provvedimento di revoca del provvedimento cautelare;
o dalla data di deposito del provvedimento con cui è accolto il gravame contro il
provvedimento cautelare;
-
o dalla data di deposito della sentenza che rigetta il ricorso ovvero della decisione
che dichiara l’estinzione del giudizio».
Il secondo comma dell’art. 5 del disegno di legge in esame interviene, invece, sull’art. 714
c.p.p. (in tema di misure coercitive e sequestro) inserendo un nuovo comma 4-bis del quale si
riporta di seguito il contenuto:
«Le misure coercitive sono altresì revocate se sono trascorsi tre mesi dalla pronuncia
della decisione favorevole del Ministro della giustizia sulla richiesta di estradizione senza che
l’estradando sia stato consegnato allo Stato richiedente. Il termine è sospeso dalla data di
deposito del ricorso presentato al giudice amministrativo avverso la decisione del Ministro
della giustizia, fino alla data di deposito della sentenza che rigetta il ricorso o della decisione
che dichiara l’estinzione del giudizio, comunque per un periodo non superiore a sei mesi».
Ora, com’è noto, l’articolo l’art. 714 c.p.p. prevede che, su richiesta del Ministro della
giustizia, la persona di cui stata chiesta l’estradizione possa essere sottoposta a misura coercitiva.
Ebbene, la novella può essere favorevolmente accolta a fronte del contrasto
giurisprudenziale formatosi sul tema dell’applicabilità o meno, in caso di sospensione
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dell’esecuzione dell’estradizione, dei termini di durata massima previsti dagli articoli 303, comma
4, e 308 c.p.p., anche alle misure cautelari in corso o che siano adottate durante la sospensione.
Secondo un indirizzo giurisprudenziale, infatti, la sospensione dell’esecuzione del
provvedimento estradizionale, non comportando la perdita di efficacia del decreto di estradizione,
imporrebbe la revoca della misura cautelare applicata, in quanto la durata massima delle misure
coercitive adottate a fini estradizionali va stabilita solo sulla base della disciplina dettata
dall’articolo 70 c.p.p. e non anche sul regime dei termini massimi di durata fissato all’articolo 303
c.p.p. Ciò, tra l’atro, sul rilevo che nell’ambito della disciplina del procedimento estradizionale alla
custodia cautelare va riconosciuta una funzione strumentale rispetto alla consegna dell’estradando,
per cui ove anche il Ministro della Giustizia sospendesse l’esecuzione dell’estradizione per ragioni
di giustizia interna a norma dell’articolo 709 c.p.p., la misura coercitiva a cui l’estradando sia
eventualmente sottoposto deve essere revocata, non potendo la decisione del Ministro comportare
un prolungamento a tempo indeterminato del trattamento cautelare (v., tra le altre, Cass., sez. VI, 9
giugno 2003, n. 36549; Cass., sez. VI, 17 febbraio 2004, n. 28033).
Secondo
altro
orientamento
giurisprudenziale,
invece,
in
caso
di
sospensione
dell’esecuzione dell’estradizione devono ritenersi applicabili alle misure cautelari in corso o che
siano adottate durante la sospensione, i termini di durata massima previsti dagli articoli 303, comma
4, e 308 c.p.p., in ragione del richiamo operato dall’articolo 714, comma 2, c.p.p. alle disposizioni
dettate in materia di misure coercitive (Cass., sez. VI, 20 settembre 2000, n. 3374; Cass., sez. VI, 11
luglio 1995, n. 2931).
Ebbene, con la disposizione in commento viene esplicitamente introdotto un termine
massimo di durata (tre mesi) delle misure coercitive per la fase successiva all’emissione del decreto
ministeriale, prevedendosi, al contempo, che i termine rimanga sospeso, comunque per un periodo
non superiore a sei mesi, dal deposito del ricorso al giudice amministrativo contro la decisione del
ministro della giustizia sino alla data di deposito della sentenza che rigetta il ricorso o della
decisione che dichiara l’estinzione del giudizio.
L’art. 6 del disegno di legge contiene una clausola di invarianza finanziaria e alcune
disposizioni correttive finalizzate a garantire la copertura finanziaria dei decreti legislativi
implicanti nuovi o maggiori oneri.
L’art. 7, infine, prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione
in Gazzetta Ufficiale.»
Il presente parere viene trasmesso al Ministro della Giustizia.
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