Visita alla mostra fotografica
GIANNI BERENGO GARDIN
Un fotografo che denuncia la discriminazione e
l’emarginazione sociale
Un’opportunità di riflessione in occasione della “Giornata della
Memoria”:
Martedì 21 gennaio,accompagnati dalle nostre insegnanti di Ed. Artistica e
Lettere, ci siamo recati al Centro internazionale di fotografia agli "Scavi
Scaligeri" per vedere un'interessante mostra fotografica intitolata "Gianni
Berengo Gardin, storie di un fotografo".
L’artista nacque nel 1930, iniziò la sua carriera fotografica negli anni '50 e
venne da subito apprezzato. I suoi servizi fotografici si concentrano
prevalentemente in tre città: Venezia, Milano e Firenze; nel capoluogo veneto
iniziò a scattare le sue prime foto, agli albori della carriera.
Egli si distingue dai suoi colleghi contemporanei per l'interesse che manifesta
per i problemi di carattere sociale, per questo viene definito un "fotografo
impegnato".
Nello scattare le sue foto, viene influenzato fortemente dalla corrente pittorica
del Realismo e da quella letteraria del Verismo, infatti ritrae scene di vita
quotidiana con particolare attenzione alle classi meno agiate. Nelle sue
fotografie decide di ritrarre la realtà così com'è, senza nessun ornamento.
Usa i suoi scatti come strumento di denuncia delle ingiustizie sociali che
affliggono i ceti più disagiati. Talvolta si ispira alla letteratura statunitense,
soprattutto quella che narra della povertà diffusa a causa della crisi del '29 e
della tragica condizione del proletariato.
Gardin concentra il suo sguardo sulle persone escluse, “tagliate fuori” dal
resto del mondo, come i senzatetto o le persone rinchiuse nei manicomi, non
solo perché affette da problemi psichici, ma anche perchè scomode per la
società.
Il manicomio ,prima della legge Basaglia che lo ha abolito, potrebbe
essere paragonato ai lager del periodo nazista, dove le persone
venivano sottoposte a trattamenti disumani e veniva tolta loro la dignità.
Nelle fotografie di Gardin è ben visibile lo sguardo vuoto o disperato
negli occhi di quelle persone, la mancanza di una individualità perchè
erano state private di ogni caratteristica che le differenziava dagli altri;
per prima cosa venivano tagliati loro i capelli, poi le facevano vestire in
modo uguale rendendole omogenee e umiliandole. L'individuo in un
manicomio era privo di rapporti sociali ed ogni legame con il mondo
esterno veniva inibito: restava in completo isolamento, nell’indifferenza
della società.
Gli ambienti che fanno da sfondo alle foto sono dominati da alte mura
che aumentano la sensazione di prigionia.
Gardin è interessato anche a rappresentare le minoranze etniche come
gli zingari. In particolare si concentra sui Rom dell'Est europeo. La
comunità Rom è stata la più perseguitata dalla dittatura hitleriana, dopo
quella ebrea, perchè veniva considerata parassita e un peso per la
società tedesca. Le popolazioni dell'Europa orientale in genere
venivano considerate inferiori perché di origine slava, una razza
inferiore a quella ariana.
Gardini nella sua lunga carriera di fotoreporter ritrae inediti scorci delle
città più famose, prima mai ripresi in foto. Sviluppa il suo lavoro,
fotografando le città di Venezia, Milano, Verona. Rappresenta in particolare
il clima e l'atmosfera che vi si respirava. Negli scatti di Gardin si vede un'Italia
povera, ma dove i rapporti sociali sono veri. Frequentemente il fotografo
conduce delle inchieste sociali per scoprire qualche cosa di più sulla qualità
della vita della popolazione italiana.
Per quanto riguarda Milano, egli descrive la situazione drammatica degli
immigrati, provenienti soprattutto dal Sud Italia, che abitavano nei
quartieri popolari. Poi si concentra più in generale sul mondo del lavoro e
ritrae gli operai nelle industrie. Gardin vuole valorizzare la figura umile, ma
vera, del lavoratore italiano della metà del 1900.
L’individuo, nella società moderna, industrializzata, rischia l’isolamento, la
solitudine, l’incomunicabilità; solo l’amore ricongiunge le persone e crea
un rapporto quasi esclusivo che le isola dal contesto che le circonda.
Gardini rappresenta il momento magico del bacio, considerato come
l'attimo in cui si manifesta la massima espressione dell’amore e il tempo
sembra fermarsi.
Il fotografo rappresenta nelle sue foto prevalentemente gli umili, gli
emarginati, ma ritrae anche la borghesia, assumendo nei suoi confronti un
atteggiamento critico, ritraendola in atteggiamenti ridicoli,
a volerla
screditare. La reputa una classe sociale falsa ed ipocrita che non ha valori
morali ed è sempre avvolta in un'atmosfera di frivolezza, indifferente ai
problemi del resto della popolazione. Raffigura anche gli interni delle grandi
case dell'aristocrazia mettendole a confronto con quelle popolari.
Infine, Gardin è attirato dagli ambienti naturali, dal paesaggio della nostra
Penisola. Ritrae soprattutto i tranquilli ambienti toscani; colline, stradine filari
di cipressi, natura incontaminata, ambienti caratteristici dei versi del poeta
Giosuè Carducci. La figura umana è poco presente, se non addirittura
assente, rappresentata in proporzione molto ridotta rispetto al paesaggio che
la circonda.
L'ultima fotografia che la guida ci ha presentato è stata forse la più
significativa: nell'ambiente toscano, sono ritratte due piccole figure che
stanno camminando in una lunga e tortuosa strada. Questo sta a significare
che hanno intrapreso un nuovo inizio e che affidano completamente il loro
destino alla volontà della natura...
COMMENTO
Questa uscita didattica è stata molto interessante ed istruttiva. Attraverso le
utili spiegazioni della nostra guida abbiamo potuto elaborare molti pensieri e
riflessioni: non bisogna mai dimenticare chi sta peggio di noi, chi vive in
condizioni economiche molto disagiate, chi appartiene un’etnia diversa e per
questo viene discriminato, chi vive ai margini della società..
Le foto più toccanti sono state quelle scattate dal fotografo ai ceti più poveri,
quelle all'interno dei manicomi, quelle scattate ai rom, una comunità a lungo
discriminata e perseguitata dai tedeschi proprio come gli ebrei..
Per la classe 3 L, Fabio Grossule e Lorenzo Di Simone